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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIII n. 252 (46.496) Città del Vaticano sabato-domenica 2-3 novembre 2013 . IN ALLEGATO y(7HA3J1*QSSKKM( +@!=!#!"!% Il Papa al Verano prega anche per i migranti morti e chiede procedure più snelle per l’accoglienza dei superstiti Vite stroncate tra deserto e mare E all’Angelus presenta i santi non come superuomini ma persone che si sono fidate di Gesù Vite stroncate tra deserto e mare mentre «cercavano una liberazione, una vita più degna». Vite che Papa Francesco non può proprio dimenti- care. E così ieri, venerdì 1° novem- bre, solennità di Tutti i Santi, le vit- time delle ennesime tragedie delle migrazioni sono state al centro di Le vittime delle migrazioni ricordate in Niger e in Tunisia Lutto africano NIAMEY, 2. Il Governo del Niger ha proclamato ieri tre giorni di lut- to nazionale per la tragedia dei 92 migranti morti di sete nel deserto. Le autorità di Niamey hanno deci- so anche la chiusura immediata dei campi di raccolta ad Agadez, nel nord del Paese, principale punto di transito verso la Libia o l’Algeria. Anche in Tunisia è stata procla- mata, per domani, nel trigesimo del naufragio del 3 ottobre a Lam- pedusa, una giornata di lutto na- zionale in ricordo delle centinaia di vittime africane. In una nota del Governo di Tunisi si esprime, insie- me con la piena solidarità per le famiglie delle oltre trecento vittime, la convinzione che sia necessario adottare una strategia in più dire- zi0ni «per fare fronte, in maniera più efficace, all’emigrazione degli africani verso le rive nord del Me- diterraneo». Miglior sorte delle tante persone uccise dal deserto o dal mare — o meglio dai trafficanti di esseri uma- ni che ve li portano in condizioni inaccettabili — hanno avuto in Li- bia altri 48 migranti che erano stati dati per dispersi. Sono stati infatti rintracciati ieri dalle autorità libi- che nel deserto nella parte orientale del Paese, tra Ajdabiya e Tobruk. La notizia è stata resa nota dall’ambasciata egiziana a Tripoli. Secondo le autorità circa sessanta persone, di nazionalità egiziana e sudanese, si erano perdute dopo essere entrate illegalmente in Libia dall’Egitto qualche giorno fa. I trafficanti ai quali si erano affidati li avevano appunto abbandonati nel deserto. Dieci persone erano già state salvate giovedì vicino alla località di Baida, mentre due, en- trambe egiziane, erano state ritro- vate morte. A Lampedusa, dove si svolgono oggi cerimonie commemorative delle vittime del 3 ottobre, la situa- zione nel centro di accoglienza tor- na intanto a farsi drammatica. Il piazzale antistante alla struttura, dove i migranti hanno costruito delle capanne, è stato trasformato in una sorta di palude dalla piog- gia torrenziale di ieri pomeriggio. La protesta dei migranti per le condizioni nelle quali si trovano ha provocato un nuovo incidente nel centro di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, dove proprio ieri erano state inviate ottanta per- sone da Lampedusa. Gli ospiti del centro hanno dato fuoco alle stan- ze risparmiate dall’incendio di mer- coledì scorso, rendendo di fatto completamente inagibili gli spazi coperti della struttura. Due immi- grati, lievemente intossicati, sono stati trasportati al Pronto soccorso di Monfalcone. Gli altri hanno an- nunciato di voler dare vita a un nuovo sciopero della fame e della sete. Oggi il mensile «donne chiesa mondo» Isabella Ducrot, «Félicité et Perpétue» (2013) NOSTRE INFORMAZIONI Alla vigilia della nuova missione di Kerry nell’area Scontri al confine tra la Striscia di Gaza e Israele La sepoltura di alcuni migranti morti nel deserto (LaPresse/Ap) una giornata vissuta nel segno del ri- cordo, della commemorazione di quanti ci hanno preceduto su quella «riva» dove si getta «l’ancora della speranza» cristiana. Una speranza che al Verano è stata simbolicamente rappresentata dalla rosa rossa depo- sta su una delle tombe storiche del cimitero monumentale romano, dove Papa Francesco ha celebrato la mes- sa per i defunti, riprendendo un’an- tica tradizione interrotta vent’anni orsono. Niente fogli per un discorso che il Pontefice ha voluto fosse compreso nella sua spontanea semplicità. Ca- pace quindi di far cogliere nella sua immediatezza l’immagine «tanto bel- la» di quel cielo — di cui parlava il brano dell’Apocalisse letto durante la celebrazione — al quale si può ac- cedere solo se lavati dal sangue di Cristo. Un sangue — ha ricordato il ve- scovo di Roma al termine della mes- sa — simile a quello versato da quan- ti sono morti per cercare la libertà da violenze e miseria. Anche se Papa Francesco non ha dimenticato i vivi, quelli scampati alle tragedie, che og- gi però vivono «ammucchiati» in centri di accoglienza incapaci di ospitarli adeguatamente. Per loro il Pontefice ha invocato una rapida conclusione delle procedure legali in vista di una sistemazione più degna. Poche ore prima, in piazza san Pietro, dinanzi a una folla di fedeli, Papa Francesco aveva rilanciato la stessa immagine di umanità sofferen- te a causa dell’odio portato nel mon- do «dal diavolo». E aveva chiesto preghiere per le vittime di quell’odio. Come sconfiggerlo? I santi, aveva detto, ci hanno indicato la strada: «Mai odiare, ma servire gli altri, i più bisognosi; pregare e vive- re nella gioia: questa è la strada del- la santità». E percorrerla non signifi- ca essere «superuomini» ma persone disposte a fidarsi di Gesù «che non delude mai» e dunque capaci di vi- vere con «la gioia nel cuore» e di trasmetterla agli altri. PAGINA 8 TEL AVIV, 2. È stato lo scontro a fuoco più grave da un anno a questa parte al confine tra la Striscia di Ga- za e Israele. Cinque militari israelia- ni sono stati feriti e quattro miliziani di Hamas uccisi. Ieri l’esercito israeliano ha lancia- to un’operazione per distruggere due tunnel utilizzati dagli uomini del movimento islamico per il traffi- co di armi e di merci. La deflagra- zione di un ordigno all’interno di uno dei due tunnel ha innescato le violenze, con diversi carri armati israeliani che hanno aperto il fuoco contro gruppi di miliziani. È interve- nuta anche l’aviazione di Tsahal, che ha lanciato raid in due zone della Striscia. Per rappresaglia, un razzo da Gaza ha colpito una zona della regione di Eshkol, a sud di Israele. In seguito agli scontri, un alto esponente di Hamas, Khalil Al Hayya, ha sottolineato che il movi- mento, che controlla la Striscia di Gaza dal giugno 2007, non è interes- sato «a una ingiustificata escalation, ma abbiamo il diritto di difendere il nostro popolo». Israele ha invece so- stenuto la necessità di bloccare i tunnel, che — a suo giudizio — po- trebbero essere usati per azioni ter- roristiche. Lo scontro al confine s’inserisce in una situazione di profondo stallo nei negoziati. La prossima settimana do- vrebbe recarsi nella regione il segre- tario di Stato americano, John Kerry, nell’ambito di una missione diplo- matica nel mondo arabo. Kerry do- vrebbe vedere martedì prossimo Abu Mazen a Betlemme; non ci sono, al momento, notizie su un possibile in- contro con il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Nei giorni scorsi i palestinesi han- no fortemente contestato l’annuncio del via libera israeliano a 1.500 nuo- ve abitazioni a Gerusalemme est. In segno di protesta — come riporta l’agenzia palestinese Man — i due negoziatori dell’Olp (organizzazione per la liberazione della Palestina), Saeb Erekat e Mohammed Shtaye, hanno rassegnato le dimissioni, ma non è ancora chiaro se il presidente Abu Mazen le accetterà o meno. Inoltre, l’Autorità palestinese ha an- nunciato che sta «studiando seria- mente» la possibilità di promuovere denunce in sedi internazionali con- tro Israele nel tentativo di fermare le costruzioni di nuove case in Cisgior- dania. «Israele — ha dichiarato una fonte palestinese — sta cercando di distruggere la soluzione dei due Sta- ti e di minare ogni sforzo per assicu- rare il successo dei negoziati di pa- ce». I nuovi piani di costruzione israeliani sono stati contestati aperta- mente anche dalle Nazioni Unite e dall’Unione europea. L’alto rappre- sentante Ue per la Politica estera e di sicurezza comune, Catherine Ashton, ha detto che «deve essere evitata qualsiasi azione che possa danneggiare i negoziati in corso». La decisione di costruire nuove abitazioni a Ramat Shlomo è stata approvata la scorsa settimana dal premier Netanyahu e dal ministro dell’Interno, Gideon Saar. D’altron- de, la mossa era attesa: i media israeliani avevano già riferito, alcuni giorni prima dell’annuncio, che Ne- tanyahu avrebbe accompagnato la li- berazione di un secondo gruppo di prigionieri palestinesi con l’autoriz- zazione alla costruzione di centinaia di nuovi alloggi israeliani in Cisgior- dania. Nelle ultime ore, a far aumentare la tensione è stata un’altra indiscre- zione riportata dal quotidiano israe- liano «Haaretz», secondo cui il via libera ai 1.500 nuovi alloggi sarebbe soltanto una parte di un piano ben più vasto, che prevede la costruzione di 5.000 abitazioni, in diverse aree della Cisgiordania. Non riconosciuto il referendum sul futuro della regione Dall’Abyei nuove minacce alla pace sudanese PIERLUIGI NATALIA A PAGINA 2 In data 1° novembre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidio- cesi di Mombasa (Kenya), pre- sentata da Sua Eccellenza Re- verendissima Monsignor Boni- face Lele, in conformità al ca- none 401 § 2 del Codice di Di- ritto Canonico. In data 1° novembre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare della Diocesi di Cleveland (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Roger W. Gries, O.S.B., in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Di- ritto Canonico. Nomina di Arcivescovo Coadiutore In data 1° novembre, il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Coadiutore di Cap-Haïtien (Haiti) Sua Eccellenza Reveren- dissima Monsignor Max Leroy Mésidor, finora Vescovo della Diocesi di Fort-Liberté. In data 1° novembre, il Santo Padre ha nominato Amministra- tore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis dell’Ar- cidiocesi di Mombasa (Kenya) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Emmanuel Barbera, O.F .M. Cap., Vescovo della Dio- cesi di Malindi. Convegno in Vaticano sulla tratta La schiavitù moderna ai raggi X GIULIA GALEOTTI A PAGINA 5

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLIII n. 252 (46.496) Città del Vaticano sabato-domenica 2-3 novembre 2013

.

IN A L L E G AT O

y(7HA3J1*QSSKKM( +@!=!#!"!%

Il Papa al Verano prega anche per i migranti morti e chiede procedure più snelle per l’accoglienza dei superstiti

Vite stroncate tra deserto e mareE all’Angelus presenta i santi non come superuomini ma persone che si sono fidate di Gesù

Vite stroncate tra deserto e marementre «cercavano una liberazione,una vita più degna». Vite che PapaFrancesco non può proprio dimenti-care. E così ieri, venerdì 1° novem-bre, solennità di Tutti i Santi, le vit-time delle ennesime tragedie dellemigrazioni sono state al centro di

Le vittime delle migrazioni ricordate in Niger e in Tunisia

Lutto africanoNI A M E Y, 2. Il Governo del Nigerha proclamato ieri tre giorni di lut-to nazionale per la tragedia dei 92migranti morti di sete nel deserto.Le autorità di Niamey hanno deci-so anche la chiusura immediata deicampi di raccolta ad Agadez, nelnord del Paese, principale punto ditransito verso la Libia o l’Algeria.

Anche in Tunisia è stata procla-mata, per domani, nel trigesimodel naufragio del 3 ottobre a Lam-pedusa, una giornata di lutto na-zionale in ricordo delle centinaia divittime africane. In una nota delGoverno di Tunisi si esprime, insie-me con la piena solidarità per lefamiglie delle oltre trecento vittime,la convinzione che sia necessarioadottare una strategia in più dire-zi0ni «per fare fronte, in manierapiù efficace, all’emigrazione degliafricani verso le rive nord del Me-diterraneo».

Miglior sorte delle tante personeuccise dal deserto o dal mare — omeglio dai trafficanti di esseri uma-ni che ve li portano in condizioniinaccettabili — hanno avuto in Li-bia altri 48 migranti che erano statidati per dispersi. Sono stati infattirintracciati ieri dalle autorità libi-che nel deserto nella parte orientaledel Paese, tra Ajdabiya e Tobruk.La notizia è stata resa notadall’ambasciata egiziana a Tripoli.Secondo le autorità circa sessantapersone, di nazionalità egiziana esudanese, si erano perdute dopoessere entrate illegalmente in Libiadall’Egitto qualche giorno fa. Itrafficanti ai quali si erano affidatili avevano appunto abbandonati

nel deserto. Dieci persone eranogià state salvate giovedì vicino allalocalità di Baida, mentre due, en-trambe egiziane, erano state ritro-vate morte.

A Lampedusa, dove si svolgonooggi cerimonie commemorativedelle vittime del 3 ottobre, la situa-zione nel centro di accoglienza tor-na intanto a farsi drammatica. Ilpiazzale antistante alla struttura,dove i migranti hanno costruitodelle capanne, è stato trasformatoin una sorta di palude dalla piog-gia torrenziale di ieri pomeriggio.

La protesta dei migranti per lecondizioni nelle quali si trovano haprovocato un nuovo incidente nelcentro di Gradisca d’Isonzo, inprovincia di Gorizia, dove proprioieri erano state inviate ottanta per-sone da Lampedusa. Gli ospiti delcentro hanno dato fuoco alle stan-ze risparmiate dall’incendio di mer-coledì scorso, rendendo di fattocompletamente inagibili gli spazicoperti della struttura. Due immi-grati, lievemente intossicati, sonostati trasportati al Pronto soccorsodi Monfalcone. Gli altri hanno an-nunciato di voler dare vita a unnuovo sciopero della fame e dellasete.

Oggi il mensile«donne chiesa mondo»

Isabella Ducrot, «Félicité et Perpétue» (2013)

NOSTRE INFORMAZIONI

Alla vigilia della nuova missione di Kerry nell’a re a

Scontri al confine tra la Striscia di Gaza e Israele

La sepoltura di alcuni migranti morti nel deserto (LaPresse/Ap)

una giornata vissuta nel segno del ri-cordo, della commemorazione diquanti ci hanno preceduto su quella«riva» dove si getta «l’ancora dellasperanza» cristiana. Una speranzache al Verano è stata simbolicamenterappresentata dalla rosa rossa depo-sta su una delle tombe storiche del

cimitero monumentale romano, dovePapa Francesco ha celebrato la mes-sa per i defunti, riprendendo un’an-tica tradizione interrotta vent’anniorsono.

Niente fogli per un discorso che ilPontefice ha voluto fosse compresonella sua spontanea semplicità. Ca-

pace quindi di far cogliere nella suaimmediatezza l’immagine «tanto bel-la» di quel cielo — di cui parlava ilbrano dell’Apocalisse letto durantela celebrazione — al quale si può ac-cedere solo se lavati dal sangue diCristo.

Un sangue — ha ricordato il ve-scovo di Roma al termine della mes-sa — simile a quello versato da quan-ti sono morti per cercare la libertàda violenze e miseria. Anche se PapaFrancesco non ha dimenticato i vivi,quelli scampati alle tragedie, che og-gi però vivono «ammucchiati» incentri di accoglienza incapaci diospitarli adeguatamente. Per loro ilPontefice ha invocato una rapidaconclusione delle procedure legali invista di una sistemazione più degna.

Poche ore prima, in piazza sanPietro, dinanzi a una folla di fedeli,Papa Francesco aveva rilanciato lastessa immagine di umanità sofferen-te a causa dell’odio portato nel mon-do «dal diavolo». E aveva chiestopreghiere per le vittime diquell’odio. Come sconfiggerlo? Isanti, aveva detto, ci hanno indicatola strada: «Mai odiare, ma servire glialtri, i più bisognosi; pregare e vive-re nella gioia: questa è la strada del-la santità». E percorrerla non signifi-ca essere «superuomini» ma personedisposte a fidarsi di Gesù «che nondelude mai» e dunque capaci di vi-vere con «la gioia nel cuore» e ditrasmetterla agli altri.

PAGINA 8

TEL AV I V, 2. È stato lo scontro afuoco più grave da un anno a questaparte al confine tra la Striscia di Ga-za e Israele. Cinque militari israelia-ni sono stati feriti e quattro milizianidi Hamas uccisi.

Ieri l’esercito israeliano ha lancia-to un’operazione per distruggeredue tunnel utilizzati dagli uominidel movimento islamico per il traffi-co di armi e di merci. La deflagra-zione di un ordigno all’interno diuno dei due tunnel ha innescato leviolenze, con diversi carri armatiisraeliani che hanno aperto il fuococontro gruppi di miliziani. È interve-nuta anche l’aviazione di Tsahal, cheha lanciato raid in due zone dellaStriscia. Per rappresaglia, un razzoda Gaza ha colpito una zona dellaregione di Eshkol, a sud di Israele.

In seguito agli scontri, un altoesponente di Hamas, Khalil AlHayya, ha sottolineato che il movi-mento, che controlla la Striscia diGaza dal giugno 2007, non è interes-sato «a una ingiustificata escalation,ma abbiamo il diritto di difendere ilnostro popolo». Israele ha invece so-stenuto la necessità di bloccare itunnel, che — a suo giudizio — p o-trebbero essere usati per azioni ter-ro r i s t i c h e .

Lo scontro al confine s’inserisce inuna situazione di profondo stallo neinegoziati. La prossima settimana do-vrebbe recarsi nella regione il segre-tario di Stato americano, John Kerry,nell’ambito di una missione diplo-matica nel mondo arabo. Kerry do-vrebbe vedere martedì prossimo AbuMazen a Betlemme; non ci sono, almomento, notizie su un possibile in-contro con il premier israeliano,Benjamin Netanyahu.

Nei giorni scorsi i palestinesi han-no fortemente contestato l’annunciodel via libera israeliano a 1.500 nuo-ve abitazioni a Gerusalemme est. Insegno di protesta — come riportal’agenzia palestinese Man — i duenegoziatori dell’Olp (organizzazioneper la liberazione della Palestina),Saeb Erekat e Mohammed Shtaye,hanno rassegnato le dimissioni, manon è ancora chiaro se il presidenteAbu Mazen le accetterà o meno.Inoltre, l’Autorità palestinese ha an-nunciato che sta «studiando seria-mente» la possibilità di promuoveredenunce in sedi internazionali con-tro Israele nel tentativo di fermare lecostruzioni di nuove case in Cisgior-dania. «Israele — ha dichiarato unafonte palestinese — sta cercando didistruggere la soluzione dei due Sta-

ti e di minare ogni sforzo per assicu-rare il successo dei negoziati di pa-ce». I nuovi piani di costruzioneisraeliani sono stati contestati aperta-mente anche dalle Nazioni Unite edall’Unione europea. L’alto rappre-sentante Ue per la Politica estera edi sicurezza comune, CatherineAshton, ha detto che «deve essereevitata qualsiasi azione che possadanneggiare i negoziati in corso».

La decisione di costruire nuoveabitazioni a Ramat Shlomo è stataapprovata la scorsa settimana dalpremier Netanyahu e dal ministrodell’Interno, Gideon Saar. D’a l t ro n -de, la mossa era attesa: i media

israeliani avevano già riferito, alcunigiorni prima dell’annuncio, che Ne-tanyahu avrebbe accompagnato la li-berazione di un secondo gruppo diprigionieri palestinesi con l’autoriz-zazione alla costruzione di centinaiadi nuovi alloggi israeliani in Cisgior-dania.

Nelle ultime ore, a far aumentarela tensione è stata un’altra indiscre-zione riportata dal quotidiano israe-liano «Haaretz», secondo cui il vialibera ai 1.500 nuovi alloggi sarebbesoltanto una parte di un piano benpiù vasto, che prevede la costruzionedi 5.000 abitazioni, in diverse areedella Cisgiordania.

Non riconosciuto il referendumsul futuro della regione

D all’Abyeinuove minacce alla pacesudanese

PIERLUIGI NATA L I A A PA G I N A 2

In data 1° novembre, il SantoPadre ha accettato la rinuncia algoverno pastorale dell’A rc i d i o -cesi di Mombasa (Kenya), pre-sentata da Sua Eccellenza Re-verendissima Monsignor Boni-face Lele, in conformità al ca-none 401 § 2 del Codice di Di-ritto Canonico.

In data 1° novembre, il SantoPadre ha accettato la rinunciaall’ufficio di Ausiliare dellaDiocesi di Cleveland (StatiUniti d’America), presentata daSua Eccellenza ReverendissimaMonsignor Roger W. Gries,O.S.B., in conformità ai canoni411 e 401 § 1 del Codice di Di-ritto Canonico.

Nominadi Arcivescovo Coadiutore

In data 1° novembre, il SantoPadre ha nominato ArcivescovoCoadiutore di Cap-Haïtien(Haiti) Sua Eccellenza Reveren-dissima Monsignor Max LeroyMésidor, finora Vescovo dellaDiocesi di Fort-Liberté.

In data 1° novembre, il SantoPadre ha nominato Amministra-tore Apostolico sede vacante etad nutum Sanctae Sedis dell’Ar-cidiocesi di Mombasa (Kenya)Sua Eccellenza ReverendissimaMonsignor Emmanuel Barbera,O.F.M. Cap., Vescovo della Dio-cesi di Malindi.

Convegno in Vaticano sulla tratta

La schiavitù modernaai raggi X

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Non riconosciuto il referendum sul futuro della regione

D all’Abyeiminacce alla pace

sudanesedi PIERLUIGI NATA L I A

La questione dell’Abyei, la regionepetrolifera tuttora contesa tra Su-dan e Sud Sudan a oltre due annidall’indipendenza di quest’ultimo,minaccia di riaccendersi e di sfuggi-re dal controllo dei due Governi,proprio mentre le autorità di Jubamostrano un netto cambiamento dilinea e rilanciano i negoziati conKhartoum sulla sicurezza come as-soluta priorità.

Due settimane fa, infatti, il Go-verno sudsudanese aveva bloccatoogni iniziativa a sostegno del refe-rendum con il quale la popolazionedell’Abyei deve scegliere se far par-te del Sudan o del Sud Sudan. Laconsultazione nella regione, dove lapresenza di caschi blu dell’O nunon è finora stata sufficiente a fre-nare le violenze, avrebbe dovuto te-nersi già nel 2011, in concomitanzacon quella che ha sancito l’indip en-denza del Sud Sudan. Il referen-dum, però è stato sempre rinviato acausa dei disaccordi tra Sudan eSud Sudan sulla definizione degliaventi diritto a votare. A parere delGoverno di Juba, a pronunciarsidovrebbe essere solo la comunitàresidente dei Dinka, mentre quellodi Khartoum vuole che lo faccianoanche i pastori arabi Misseriya, suoitradizionali alleati, che si spostanonella regione solo alcuni mesi l’an-no. Secondo la corte internazionaledi arbitraggio, l’Abyei appartiene ainove regni delle comunità Dinka,ma tale parere non è mai stato rico-nosciuto dai Misseriya che diconodi aver accolto le comunità agricolesulle loro terre.

Nel frattempo, Khartoum, checon l’indipendenza sudsudanese haperso la maggior parte delle risorsepetrolifere, ha continuato a incame-rare quelle dell’Abyei, dove ha an-che inviato truppe a proteggere ipozzi, nonostante appunto la pre-senza nella regione dei caschi blu.

Sulla base di una propostadell’Unione africana, il referendumavrebbe dovuto infine tenersi a ot-tobre e per mesi il Sud Sudan ave-va insistito affinché la scadenza fos-se rispettata. Poi c’era stato appun-to un brusco cambio di linea.Un’implicita conferma l’aveva datadue settimane fa l’a m b a s c i a t o resudsudanese a Khartoum, MayamDut Wol, che aveva ipotizzato unnuovo rinvio, aggiungendo che idue Paesi «continuano a cooperaresulle questioni attinenti alla sicurez-za». Uguale sottolineatura era statafatta in un precedente incontro tra

il presidente sudanese Omar Has-sam el Bashir e quello sudsudaneseSalva Kiir Mayardit.

A giudizio di molti osservatori,entrambe le parti hanno preso attoche la questione centrale, in questomomento, è la presenza di gruppiribelli da una parte e dell’altra delconfine, in particolare nello Statosudsudanese dello Jonglei e inquelli sudanesi del Nilo Azzurro edel Kordofan meridionale, oltre chenell’Abyei stessa. Una presenza cheminaccia di compromettere a lungoandare l’accordo generale di pace,firmato il 9 gennaio 2006, per porrefine all’ultraventennale conflitto ci-vile sudanese.

Fino a non molto tempo fa i dueGoverni si erano limitati ad accu-sarsi a vicenda di sostenere i rispet-tivi gruppi ribelli, ma da ultimo glisviluppi del negoziato mediatodall’Unione africana avevano rivela-to una condivisa presa d’atto che lapacificazione del confine è unapriorità assoluta.

In questa luce si comprende per-ché Juba abbia frenato sulla que-stione dell’Abyei, nonostante le suericchezze petrolifere, nel timore cheil referendum avesse come primoesito quello di riaccendere il conflit-to. I Dinka però, nello scorso finesettimana hanno fatto ugualmenteil loro referendum, dall’esito sconta-to: in 63.433 hanno votato per unir-si al Sud Sudan, contro 12 favore-voli all’unione con il Sudan. Secon-do il quotidiano «Sudan Tribune»a promuovere la consultazione sa-rebbe stata l’organizzazione nongovernativa Kush, guidata da dueesponenti del Governo di Juba ori-ginari dell’Abyei, cioè Deng Alor eLuka Biong. Il referendum unilate-rale, peraltro, non è stato ricono-sciuto né da Juba né da Khartoum,ed è stato stigmatizzato dall’Unioneafricana come illegale e una minac-cia per la pace.

Subito dopo, il National Youthand Student Organization forAbyei, composto da esponenti siaMisseriya sia Dinka, ha annunciatoa Khartoum un nuovo voto, defini-to aperto a tutti, e ha invitato la co-munità internazionale a monitorar-ne lo svolgimento. Ma anche inquesto caso non c’è stato sostegnoné dei due Governi né dell’Unioneafricana.

D all’Abyei, intanto, il leader diMisseriya, Mukhtar Babu Nimir, haaccusato quelli che ha definito ge-nericamente intellettuali e leaderpolitici Dinka di aver voluto farsvolgere una consultazione allaquale gli stessi capi tribali Dinkasono contrari. Babu Nimir, peraltro,ha in un certo senso preso le di-stanze da Khartoum. «Il nord rico-nosce le nostre rivendicazioni, perquesto siamo in linea con loro», haspiegato in un’intervista al quotidia-no «Al Meghar», ammonendo peròche «se Khartoum dovesse accor-darsi per un referendum che nonpreveda la nostra partecipazione,saremmo pronti a difendere la no-stra terra».

In ogni caso, la vicendadell’Abyei resta aperta e, petrolio aparte, non risolverla minaccia di la-sciare un focolaio di tensioni che inogni momento può innescare nuoviconflitti.

Dopo il successo dell’esercito congolese contro i ribelli nel Nord Kivu

Kinshasa rilanciail confronto diplomatico

KINSHASA, 2. «Il successo militarenon esclude le opzioni politiche ediplomatiche per risolvere la crisi eristabilire una pace durevole». Lo hadetto il presidente della RepubblicaDemocratica del Congo, Joseph Ka-bila, in un discorso alla Nazione te-nuto subito dopo l’i n g re s s odell’esercito a Bunagana, il feudopolitico in Nord Kivu degli sconfittiribelli del Movimento del 23 marzo(M23). Kabila ha invitato i cittadinia «cogliere l’occasione della nuovasituazione in Nord Kivu per raffor-zare la coesione nazionale» e hachiesto ai ribelli dell’M23 ancora at-tivi, oltre che agli altri gruppi armatipresenti nell’est congolese, nellostesso Nord Kivu, ma anche in SudKivu, nell’Ituri e nella provinciaOrientale, di consegnare le armi e di«smetterla di seminare desolazionetra la gente». Il presidente congole-se ha inoltre auspicato che i Paesivicini «applichino concretamente ein modo effettivo» l’accordo di pacefirmato lo scorso febbraio ad AddisAbeba da 11 Paesi della regione deiGrandi Laghi. Il riferimento, a giu-dizio concorde degli osservatori, èsoprattutto a Rwanda e Uganda, datempo accusate sia dal Governo diKinshasa sia dai rapporti dell’O nudi sostenere formazioni ribellinell’est congolese, compreso appun-to l’M23.

Dopo la conquista di Bunagana,l’esercito sta proseguendo la sua of-fensiva per riprendere il controllodelle ultime posizioni occupate dallaribellione. Un imponente dispositi-vo militare è stato dispiegato nellazona. Secondo Radio Okapi, l’emit-tente della Monusco, la missionedell’Onu, le prossime operazioniavranno come obiettivi Tshanzu,Mbuzi, Chanzu, Runyoni, Jomba eKisigari. Molti miliziani dell’M23,comunque, hanno varcato nelle ulti-me ore la frontiera con l’Uganda.

Un soldato congolese nei pressi di Goma (Reuters)

Nuovo interventom i l i t a re

aumenta la tensionein Mozambico

MA P U T O, 2. Nella crisi in Mo-zambico, riaccesasi da mesi sulpiano politico e riesplosa da diecigiorni su quello militare, il Go-verno continua ad alternare di-chiarazioni di disponibilità nego-ziale a interventi armati nella pro-vincia di Sofala. La provincia, nelcentro del Paese, è la principaleroccaforte degli ex ribelli dellaResistência Nacional Moçambica-na (Renamo), che da mesi minac-cia di boicottare le elezioni politi-che e amministrative di dicembree quelle presidenziali del prossi-mo anno.

La polizia militare ha di nuovooccupato ieri la sede della Rena-mo a Beira e la residenza del suoleader, Afonso Dhlakama, chia-mato a un incontro al quale duegiorni prima si era detto dispostoil presidente Armando EmilioGuebuza, leader del Frente deLibertaçao de Moçambique (Fre-limo), il partito ininterrottamenteal potere fin dall’indip endenzadal Portogallo nel 1975.

Secondo l’agenzia di stampaportoghese Lusa, durante l’op era-zione a Beira sono stati uditi spa-ri, ma non ci sono notizie di vitti-me. Gli edifici sono stati isolati ei soldati hanno avviato ricerche alloro interno. Guilherme Chaù-que, capo delle operazioni a So-lofa della polizia militare, ha det-to che si è trattato di una perqui-sizione per ordine del tribunaleper «neutralizzare le minacce»del boicottaggio elettorale.

Il 21 ottobre l’esercito mozam-bicano aveva attaccato e occupatola base principale della Renamo,quella a Sadjundjira, nelle monta-gne di Gorongosa, sempre nellaprovincia centrale di Solofa, doveda un anno viveva Dhlakama, daallora irreperibile. Nei giorni se-guenti ci sono stati scontri armatia Maringue e Sitatonga, tra il fiu-me Save e la città di Muxunguesulla Statale 1, la principale stra-da del Mozambico.

La crisi politica e militare inatto è la più grave dalla firma, il4 ottobre 1992 a Roma, dell’ac-cordo che mise fine a sedici annidi guerra civile tra Frelimo e Re-namo.

Basedi Al Shabaab

d i s t ru t t adagli aerei kenyani

MO GADISCIO, 2. Aerei da com-battimento del Kenya hannobombardato ieri, e resa inutiliz-zabile, una base del movimentojihadista degli Al Shabaab nelsud della Somalia. Lo ha riferitoil ministero della Difesa kenya-no, precisando che nella struttu-ra — situata nei pressi del villag-gio di Hurguun, nella regione diBay, circa 300 chilometri a sud-ovest di Mogadiscio — venne ad-destrato il commando dell’assal-to, il 21 settembre scorso, al cen-tro commerciale Westgate diNairobi. Nei tre giorni di assedioseguiti all’attacco, rimasero ucci-se almeno settantadue persone ealtre ventitré restano tuttora di-sperse. Il blitz in Somalia è statocondotto nell’ambito delle ope-razioni dell’Amisom, la missionedell’Unione africana che ha co-me obiettivo principale quello didebellare gli Al Shabaab, puntadi lancia di Al Qaeda nel Cornod’Africa, e di restituire al Gover-no centrale somalo il controllodell’intero territorio nazionale.

Il Governo annuncia l’invio di 380 soldati e quattro elicotteri

Rinforzi olandesialla missione internazionale in Mali

BA M A KO, 2. Il Governo olandese haannunciato l’invio in Mali di 380soldati e quattro elicotteri, in rispo-sta alla richiesta dell’Onu di raffor-zare la Missione internazionale disostegno al Mali (Minisma), forteattualmente di circa seimila uomini,dispiegata nel nord del Paese, dovela pace è tutt’altro che consolidata.Accanto alle persistenti tensioni trail Governo di Bamako e i movimentituareg e arabi del nord, infatti, per-siste l’attività dei gruppi di matricefondamentalista islamica, in granparte formati da combattenti stranie-ri, contro i quali all’inizio dell’annoaveva sferrato un intervento armatola Francia. Le truppe francesi avreb-bero dovuto ritirarsi entro lo scorsoaprile — lasciando il posto appuntoa quelle della Minusma, finora tutteafricane — ma sono tuttora impegna-te in combattimenti.

Di recente, appunto, l’inviatodell’Onu in Mali, l’olandese BertKoenders, aveva chiesto rinforzi perla missione internazionale, sottoli-neando che la situazione nel nord ri-mane a dir poco precaria. Il Gover-no olandese ha specificato che tra icompiti del contingente che verràinviato in Mali c’è anche quello diaddestrare la polizia locale.

Si è appreso, intanto, che il Malisarà la prima tappa di una missioneche la settimana prossima vedrà im-pegnati insieme nel Sahel il Segreta-

rio generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e il presidente della Bancamondiale, Jim Yong Kim, accompa-gnati dall’inviato dell’Onu nella re-gione, Romano Prodi. Ban Ki-moonha spiegato che lo scopo della mis-sione, che condurrà i tre anche inNiger, Burkina Faso e Ciad, è dimo-strare il forte sostegno alla gente delSahel, e l’impegno congiunto per

porre fine alle sofferenze della po-polazione della regione, dove oltre11 milioni di persone, più di unaogni otto, soffrono di insicurezzaalimentare. Analoghe missioni BanKi-moon e Jim Yong Kim avevanocondotto quest’anno nella regioneafricana dei Grandi Laghi, dove laBanca mondiale ha promesso inve-stimenti per un miliardo di dollari.

Epidemia di malarianell’estremo nord del Camerun

YO AU N D É , 2. La città camerunensedi Maroua è l’epicentro di unanuova epidemia di malaria che hainvestito la regione dell’e s t re m onord del Paese. In soli due mesisono morte 1.000 persone, mentre icasi accertati sono 40.000.

Gli ospedali di Maroua non rie-scono più a far fronte all’e m e rg e n -za sanitaria. L’anno scorso, aMaroua, oltre 25.000 persone si so-no ammalate di malaria. Preoccu-panti i dati su scala nazionale dif-fusi dal ministero della Sanità: inmedia, ogni anno, la malaria causa100.000 decessi, con un tasso dimortalità nei casi più gravi che si

avvicina al 20-25 per cento.Nell’agosto 2011 il Governo ha lan-ciato una campagna che prevedevala distribuzione gratuita di novemilioni di zanzariere. Secondol’Oms, ogni anno la malaria è re-sponsabile della morte di oltre660.000 persone in Africa, soprat-tutto tra i bambini di meno di cin-que anni. Una speranza nella lottaalla malattia endemica è arrivatapoche settimane fa con l’annunciodi un vaccino destinato all’Africasubsahariana e che potrebbe esserecommercializzato nel 2015 dopouna serie di test definiti incorag-gianti.

Tagliati negli Stati Uniti gli aiuti alimentari per i poveriWASHINGTON, 2. Quarantasette milioni di cittadini ame-ricani si trovano a fare i conti con i tagli ai programmi diaiuti alimentari decisi dall’Amministrazione Obama. Daieri, infatti, i bollini per l’acquisto di cibo — altrimenticonosciuti come «Food Stamps» — da parte delle classipiù povere sono stati ridotti di 36 dollari al mese per unafamiglia di quattro persone. Circa un americano su settebeneficia degli aiuti del programma Snap (SupplementalNutrition Assistance Program). Durante la recessione eco-nomica, i coupon erano stati aumentati per stimolarel’economia, ma la spesa federale per gli aiuti alimentari ècresciuta troppo (circa ottanta miliardi di dollari) senzaprodurre segni effettivi di ripresa. I recenti problemi conil debito federale hanno riportato in primo piano la que-stione, e il Congresso ha deciso il taglio.Una senzatetto a Los Angeles (LaPresse/Ap)

Inizio difficileper la riforma

sanitaria di Obama

WASHINGTON, 2. La riforma sani-taria promossa da Barack Obamanon vive certo un momento faci-le. Per motivi non ancora certi,questa mattina, alcune ore dopol’attivazione del sito su cui regi-strarsi per usufruire dei servizi,solo sei persone si erano iscritte.Sei su 48 milioni di cittadini sta-tunitensi non coperti da un’assi-curazione sanitaria. Il dato è sta-to reso noto dalla Commissionedel Congresso che monitoral’azione dell’Esecutivo.

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato-domenica 2-3 novembre 2013 pagina 3

Brahimi lascia Damasco senza conferme sulla partecipazione dell’opp osizione

Sempre più incertala conferenza di pace sulla Siria

Presentata all’Onu una bozza di risoluzione

Germania e Brasilein difesa

della privacyDA M A S C O, 2. C’è crescente incertez-za sulla possibilità di tenere la con-ferenza internazionale sulla Siria, lacosiddetta Ginevra 2. In questo sen-so vanno le dichiarazioni rilasciateieri dall’inviato per la Siria dell’O nue della Lega araba, LakhdarBrahimi, al termine di quattro giornidi colloqui a Damasco.

Il Governo del presidente BasharAl Assad ha ribadito la disponibilitàa partecipare alla conferenza, pro-mossa da Onu, Russia e Stati Uniti,senza porre condizioni preliminari eha già formato la delegazione da in-viare a Ginevra, con a capo il mini-stro degli Esteri, Walid Moallem.

Tuttavia, «senza l’opp osizionel’iniziativa non potrà svolgersi», hadetto Brahimi, ammettendo che nonc’è nessuna conferma che le opposi-zioni possano formare una delega-zione unitaria. «Stiamo facendosforzi molto seri per organizzare laconferenza, ma vedremo cosa succe-derà», ha aggiunto Brahimi. L’inco-gnita è appunto l’atteggiamentodell’opposizione. L’unico punto sulquale le sue diverse componentisembrano d’accordo è una condizio-ne preliminare inaccettabile per ilGoverno, cioè l’uscita di scena diAssad prima ancora che ci si sieda altavolo delle trattative.

Brahimi incontrerà martedì prossi-mo a Ginevra rappresentanti di Rus-

sia e Stati Uniti, prima di un collo-quio allargato agli altri tre membripermanenti del Consiglio di sicurez-za, Cina, Francia e Gran Bretagna.

In un’intervista all’agenzia distampa britannica Reuters, il primoministro russo, Dmitri Medvedev, hainvitato le parti al compromesso, au-spicando che la conferenza si possasvolgere almeno entro la fine dell’an-

no, se non nella data del 23 e 24 no-vembre, indicata nelle scorse setti-mane da diverse fonti. Medvedev hagiudicato irrealistiche le richiestedell’opposizione circa l’allontana-mento di Assad.

Nel frattempo, l’esercito siriano haannunciato ieri la riconquista di AlSafira, alle porte di Aleppo, cittàstrategica per i rifornimenti alle

truppe che nell’area si battono con-tro le milizie ribelli. La televisionestatale ha mandato in onda immagi-ni di militari all’interno della città,sulla strada tra Hama e Aleppo.L’esercito ha annunciato anche diaver ripreso il controllo delle localitàdi Sbina Assoghra e Sbina AlKubra, nelle vicinanze di Duma,cinquanta chilometri a nord-est diD amasco.

Della violenza contro le comunitàcristiane in Siria ha parlato il nunzioapostolico a Damasco, arcivescovoMario Zenari. In un’intervistaall’Ansa il presule ha sottolineatoche i pericoli per i cristiani sono co-minciati da quando il conflitto non èpiù stato tra siriani. «Ho vissutoquesta guerra giorno per giorno —ha detto l’arcivescovo — e posso direche il punto di svolta è arrivato nelfebbraio-marzo del 2012, con l’esplo-sione di alcune autobombe ad Alep-po e Damasco, i primi grandi atten-tati terroristici. Allora è apparsochiaro che gli attori coinvolti nonerano più soltanto siriani, ma fonda-mentalisti venuti da fuori. E da quelmomento i rischi sono andati au-mentando per i cristiani». Il nunzioapostolico ha comunque espressodubbi sulle notizie circa uccisioni dicristiani che avevano rifiutato diconvertirsi all’Islam.

Combattimenti ad Aleppo (Reuters)

D roneuccide il leader

dei talebanipakistani

ISLAMABAD, 2. Il leader dei tale-bani pakistani, HakimullahMehsud, è rimasto ucciso ieri du-rante un raid compiuto dai dronistatunitensi (velivoli senza pilota)sul Nord Waziristan. La notizia èstata confermata prima da fontidi intelligence e poi dagli stessitalebani. L’ultima apparizionepubblica di Mehsud risale all’ini-zio di ottobre, quando in un’in-tervista alla Bbc aveva detto diessere disponibile al dialogo conIslamabad. L’uccisione diMehsud, rilevano gli analisti, po-trebbe avere l’effetto di assestareun duro colpo ai tentativi di dia-logo compiuti recentemente dalleautorità di Islamabad con i tale-bani che controllano parte dei ter-ritori di etnia pashtun del nord-ovest. Lo dimostra il fatto cheuna delegazione governativa, cheoggi si sarebbe dovuta recare inquei territori per prendere contat-to con alcuni esponenti talebani,ha rinviato la missione perché imiliziani, riferiscono fonti locali,si sono rifiutati di partecipare alprevisto incontro.

Sul fronte afghano, intanto, sisegnala che quattro bambini sonomorti, e un quinto è rimasto gra-vemente ferito, nella provincia diMaidan Wardak, per lo scoppiodi un proiettile di mortaio cheavevano trovato e portato a casa.

Elezionilo cali

in Kosovo

PRISTINA, 2. In Kosovo si è con-clusa ieri la campagna elettoraleper il voto locale di domenica, pas-saggio cruciale per la normalizza-zione dei rapporti tra Pristina eBelgrado e per il futuro della con-vivenza interetnica tra la maggio-ranza albanese e la minoranza ser-ba. Per la prima volta, le elezionilocali (alle quali partecipano un to-tale di 103 fra partiti politici, movi-menti, iniziative civiche e candidatiindipendenti) si tengono anche nelnord del Kosovo a maggioranzaserba, in gran parte ostile alla so-vranità di Pristina.

Il voto locale — previsto dallostorico accordo del 19 aprile scorsoa Bruxelles fra i premier serbo,Ivica Dačić, e kosovaro, HashimThaçi, con la mediazione del capodella diplomazia Ue, CatherineAshton — è destinato in primo luo-go a dare forma concreta alle nuo-ve comunità autonome dei serbi(Associazione delle municipalitàserbe), previste dall’accordo diaprile e che sostituiranno le istitu-zioni parallele di Governo serbe(scuole, sanità, tribunali, ammini-strazione) nel nord del Kosovo, ap-poggiate e finanziate da Belgrado econsiderate illegali da Pristina e dagran parte della comunità interna-zionale. A favore delle elezioni lo-cali sono schierati i Governi di Bel-grado e Pristina, mentre le frangepiù estremiste e radicali da entram-be le parti — contrarie all’a c c o rd odi aprile e ostili a ogni ipotesi diavvicinamento e riconciliazione fraserbi e albanesi in Kosovo — hannoinvitato al boicottaggio.

In Kosovo, su una popolazionedi circa 2 milioni di abitanti, oltreil 90 per cento è di etnia albanese,mentre i serbi sono circa 120.000,40.000 dei quali concentrati nelnord confinante con la Serbia, e ilresto nelle tante enclavi serbe spar-se su tutto il territorio del Paese,che ha proclamato unilateralmentel’indipendenza dalla Serbia il 17febbraio del 2008.

Vertice a Tokyo tra i ministri degli Esteri e della Difesa

Giappone e Russiarilanciano la cooperazione

Incentrato sulla sicurezza l’incontro con Obama

Al Malikialla Casa Bianca

Il premier iracheno a colloquio con il presidente statunitense (Reuters)

TO KY O, 2. I ministri della Difesa edegli Esteri di Giappone e Russiahanno annunciato oggi di aver stabi-lito una forte cooperazione nell’am-bito della lotta al terrorismo e allapirateria. A Tokyo il ministro dellaDifesa nipponico, Itsunori Onodera,e degli Esteri, Fumio Kishida, han-no incontrato gli omologhi russi,Serghei Shoigu e Serghei Lavrov. Ri-ferisce la France Presse, che si trattadel primo incontro di questo generetra i due Paesi. Tokyo e Mosca han-no concordato di condurre esercita-zioni congiunte: le forze giapponesidi autodifesa e la marina russa agi-ranno di comune intesa per intensifi-care la lotta al terrorismo e alla pira-teria marittima. In un comunicato sidichiara poi che la cooperazione trai due Paesi contemplerà anche di-

scussioni e confronti sugli attacchicibernetici, che possono rappresenta-re una seria minaccia alla sicurezzainternazionale.

Durante una conferenza stampacongiunta, tenuta al termine dell’in-contro, il ministro degli Esteri nip-ponico si è detto particolarmente fe-lice del fatto che si è inaugurato «unnuovo capitolo» nelle relazioni fra idue Paesi. A tale riguardo il capodella diplomazia giapponese haespresso l’auspicio che questa rinno-vata intesa possa abbracciare in mo-do costruttivo anche l’ambito com-m e rc i a l e .

Sottolineano gli analisti che l’ine-dito incontro di Tokyo riveste un’im-portanza particolare proprio per ilfatto che finora il Giappone avevaavuto questo tipo di colloqui solocon l’Australia e con gli Stati Uniti.Fonti diplomatiche, citate dallaFrance Presse, hanno indicato che idue Paesi si incontreranno di nuovoall’inizio del 2014, a livello di viceministri degli Esteri.

Ricorda l’agenzia Reuters che ilprimo ministro giapponese, ShinzoAbe, e il presidente russo, VladimirPutin, si sono incontrati quattro vol-te negli ultimi sei mesi. In questeoccasioni entrambi avevano espressola volontà di rafforzare i legami tra idue Paesi.

Uccisi in Greciadue militanti

di Alba Dorata

ATENE, 2. Agguato al partito diestrema destra greco Alba Dorata.Due persone su una moto digrossa cilindrata sono passate ieridavanti alla sede del partito nelquartiere Neo Eraklio di Atene,sparando diversi colpi di arma dafuoco. Due giovani attivisti sonorimasti uccisi. Una delle vittime —secondo quanto riporta il quoti-diano «El Kathimerini» — s a re b -be il segretario della sezione. Unaterza persona è rimasta gravemen-te ferita. L’agguato — che al mo-mento non è stato ancora accerta-to se motivato politicamente —giunge a poche settimane dall’in-criminazione di sei deputati dellaformazione neonazista per asso-ciazione a delinquere, dopo l’omi-cidio di un musicista antifascista.

SA R A J E V O, 2. Gli esperti continuanoil lavoro di recupero dei resti umanisepolti nella fossa comune diTo m a šica, una miniera di ferro nelnord-ovest della Bosnia ed Erzegovi-na, dove si ritiene siano sepolte cen-tinaia di vittime della guerra che hainsanguinato la ex Jugoslavia più divent'anni fa. L’area, molto vasta, na-sconde i cadaveri di uomini, donne ebambini musulmani e croati dellacittà settentrionale di Prijedor, truci-dati dalle milizia serbo-bosniachenei primi mesi della guerra. Il sito èuna delle più grandi tombe di massatrovate nella Bosnia ed Erzegovina:al momento sono stati riesumati 231cadaveri e i resti di altre 112 persone.Ma si teme che le vittime possanoessere molte di più. Stando alle cifreufficiali, nell’area di Prijedor risulta-no ancora disperse 1.200 persone.Esperti al lavoro nella fossa comune di Tomašica (Reuters)

Rinvenuti centinaia di corpi nella miniera bosniaca di Tomašica

Una fossa comune che riapre le ferite

P ro t e s t eantigovernative

a Lisbona

LISBONA, 2. Migliaia di portoghe-si hanno manifestato ieri davantialla sede del Parlamento per pro-testare contro i severi tagli allaspesa pubblica previsti nel bilan-cio 2014, provvedimento attual-mente al vaglio dell’Assemblea. Imanifestanti hanno scandito slo-gan contro l’Unione europea econtro la troika (la squadra diispettori finanziari dell’Ue,dell’Fmi e della Bce). Non sonostati registrati episodi di violenzanel corso delle manifestazioni. Al-tre proteste erano state registratepochi giorni fa, in tutte le princi-pali città lusitane.

Il Portogallo è uno dei Paesiche ha più sofferto gli effetti dellacrisi economica globale. La bozzadi bilancio, la cui versione finalesarà votata dal Parlamento il 26novembre, prevede risparmi edentrate supplementari pari a 3,9miliardi di euro, equivalenti al 2,3per cento del prodotto internolordo. Secondo il Governo delpremier Pedro Passos Coelho,esponente del Partito socialdemo-cratico, la legge di bilancio per-metterà al Paese di concludere nelgiugno 2014, come previsto, ilprogramma di rigore e riformenegoziate con l’Ue, la Bce e conl’Fmi nel maggio 2011, in cambiodi un prestito di 78 miliardi die u ro .

NEW YORK, 2. Germania e Brasilehanno chiesto all’Assemblea gene-rale delle Nazioni Unite di adotta-re una bozza di risoluzione per ildiritto alla privacy nell’era digitale.Lo ha riferito la Bbc. La bozzachiede la fine dell’eccessiva sorve-glianza elettronica, sostenendo chela raccolta illegale di dati personali«costituisce un atto altamente inva-dente». L’iniziativa dei due Paesi ènata dopo le ultime rivelazioni, e leconseguenti accese polemiche, inmerito alle intercettazioni effettuatedall’Agenzia nazionale di sicurezzastatunitense (Nsa). La bozza di ri-soluzione sarà discussa da unacommissione dell’Assemblea gene-rale incentrata sui diritti umani. Ildocumento chiede a tutti i membridell’Assemblea di dichiararsi «pro-fondamente preoccupati per le vio-lazioni dei diritti umani e per gliabusi che possono derivare dallacondotta di qualsiasi sorveglianzadelle comunicazioni». La risoluzio-ne sarà votata a fine mese.

Sul Datagate è intervenuto il se-gretario di Stato americano, JohnKerry, il quale ha detto: «Ammettoche in certi casi gli Stati Uniti nel-la loro attività di intelligence sonoandati troppo lontano». E ha ag-giunto: «Dobbiamo assicurarci chequesto non accada più in futuro».Il capo della diplomazia statuni-

tense ha quindi ribadito che l’unicoobiettivo dell’attività svoltadall’Nsa è quello di contrastare ilterrorismo e di proteggere gli inte-ressi degli Stati Uniti e dei suoi al-leati. Ed è intervenuto anche il ca-po dell’Nsa, Keith Alexander, ilquale ha affermato che se l’intelli-gence cessasse la sua attività e nonmettesse più in pratica i suoi pro-grammi, si creerebbe un vuotomolto pericoloso: potrebbe infattiverificarsi un altro 11 settembre. «Ecosì non avremmo fatto il nostrodovere» ha dichiarato Alexander ilquale, citato dalle agenzie di stam-pa internazionali, ha voluto rimar-care che l’Nsa ha raccolto informa-zioni sui leader mondiali «su ri-chiesta» di responsabili politici.Alexander ha quindi respinto leaccuse secondo cui l’Nsa porte-rebbe avanti programmi al di fuoridel controllo dell’AmministrazioneO bama.

Nel frattempo dalla difesa i gi-ganti del web sono passati all’attac-co. Per mesi si sono limitati a chie-dere una maggiore trasparenza su-gli inviti alla cooperazione chel’Nsa aveva rivolto loro nel corsodegli anni. Ora, invece, sulla sciadelle nuove rivelazioni, sono andatioltre fino a spingere apertamenteper una riforma che imponga re-strizioni all’operato delle agenziedi intelligence statunitensi. Face-book, Google, Apple, Yahoo!, Mi-crosoft e Aol hanno scritto una let-tera congiunta ai leader del Senatoin cui affermano che «la trasparen-za è il primo passo per un dibattitopubblico informato». Ma la letterapoi sottolinea che su questo ver-sante «c’è ancora molto da fare».In un altro passo della missiva siafferma che «le nostre aziende ri-tengono che le pratiche di sorve-glianza dovrebbero essere riforma-te, affinché includano sostanzialirafforzamenti alla protezione dellaprivacy e appropriate supervisioni emeccanismi di responsabilità per irelativi programmi».

WASHINGTON, 2. L’impegno adarginare le sanguinose violenze inIraq è stato sottolineato durante ilcolloquio, svoltosi ieri alla CasaBianca, tra il presidente statuni-tense, Barack Obama, e il primoministro iracheno, Nouri Al Mali-ki. In particolare, riferiscono fontidiplomatiche, è stato fatto riferi-mento ai sanguinosi attacchi com-piuti dal ramo iracheno di AlQaeda e quindi all’esigenza di

sconfiggere i miliziani con il chia-ro obiettivo di riportare nel Paeseun sufficiente livello di ordine estabilità. Intanto il Governo diBaghdad ha comunicato che nelmese di ottobre le violenze hannoprovocato la morte di 964 perso-ne. Si tratta di un triste record.Un bilancio di vittime così pesan-te, infatti, non si registravadall’aprile del 2008, mese in cui imorti furono 1.073.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato-domenica 2-3 novembre 2013

Chesterton e l’elogio delle sottigliezze teologiche

Quando è utilespaccare il capello

in quattrodi INOS BIFFI

La storia qualche volta faincontrare degli autenticiprofeti. Essi però non so-no quelli che rivelano leovvietà che tutti pensa-

no, o quelli che sono abili a leggerei segni dei tempi alla rovescia obravi a proclamare quello che tuttisi aspettano.

I rari profeti autentici sono quelliche vedono in anticipo e proclama-no cose che pochi o nessuno pensao gradisce, e che sono destinate adavverarsi.

Tra questi credo si debba anno-verare l’originalissima ed esuberantefigura di Gilbert Keith Chesterton,le cui affermazioni, pur risalenti aiprimi decenni del secolo passato(muore nel 1936), si stanno rivelan-do, nei campi più diversi, di unaimpressionante antiveggenza: unp o’ come tutto il suo pensiero, do-ve, mediante il genere letterario del

tile, se non deviante rispetto allasemplice accoglienza nella fede del«Dio di Abramo, di Isacco e diGiacobbe». Salvo poi, da parte diuna certa teologia, associarsi filoso-fie di ispirazione antimetafisica, checoncorrono fatalmente al fraintendi-mento della teologia stessa e quindiproprio del «Dio di Abramo diIsacco e di Giacobbe».

Le “sottigliezze”, di cui parlaChesterton, non sono quindi le in-vestigazioni sofistiche e vane chedirottano dal contenuto del mistero,ma la passione per la sua intelligen-za luminosa e illuminata, grazie allaquale sono stati definiti i dogmi,che non si impongono dall’esterno,ma che emergono più nitidamentedall’intimo del mistero, come resopiù accessibile.

Chi studi la Summa Theologiae diTommaso si imbatte certamente inuna infinità di distinzioni che quasifrantumano il tema, e corre il ri-schio di smarrirsi e di confondersi;ma, se ha la pazienza e l’abilità di

più inatteso paradosso e della piùpenetrante ironia, vediamo brillaretutto un fascio di luci inaspettate.

Prendiamo come esempio quelloche diceva — siamo nel 1934 — aproposito delle «sottigliezze teolo-giche»: «Le discussioni teologichesono sottili ma non magre. In tuttala confusione della spensieratezzamoderna, che vuol chiamarsi pen-siero moderno, non c’è nulla forsedi così stupendamente stupidoquanto il detto comune: “La reli-gione non può mai dipendere daminuziose dispute di dottrina”. Sa-rebbe lo stesso affermare che la vitaumana non potrà mai dipendere daminuziose dispute di medicina.L’uomo che si compiace dicendo:“Non vogliamo teologi che spacchi-no capelli in quattro”, sarebbe forsed’avviso di aggiungere; “e non vo-gliamo dei chirurghi che dividanofilamenti ancora più sottili”».

Chesterton aggiungeva: «È unfatto che molti individui oggi sareb-bero morti se i loro medici non sifossero soffermati sulle minime sfu-mature della propria scienza: ed èaltrettanto un fatto che la civiltà eu-ropea oggi sarebbe morta se i suoidottori di teologia non avessero ar-gomentato sulle più sottili distin-zioni di dottrina» (“Capelli spaccatiin quattro”, in Il soprannaturale ènaturale. Scritti per l’Italia, Genova-Milano, Marietti 1820, 2012).

Le rigorose analisi teologiche —osservava il geniale scrittore inglese— lasciarono tracce nella civiltà eu-ropea: «I grandi Concili religiosisono di un’importanza pratica digran lunga superiore a quella deiTrattati internazionali, perni suiquali si ha l’abitudine di far giraregli avvenimenti e le tendenze deipopoli». A giudizio di Chesterton,«i nostri affari di oggi stesso(...) so-no ben più influenzati da Nicea edEfeso, da Trento e Basilea», con ladottrina relativa alla divinità di Cri-sto vero uomo e vero Dio, alla na-scita verginale di Gesù, al valoredei sette sacramenti, all’indissolubi-lità del matrimonio, al celibato ec-clesiastico, alla verginità, al dirittodi proprietà, alla legittima difesa, alculto delle immagini.

Noi potremmo rilevare che è tut-tora diffusa la persuasione chel’analisi teologica, intesa a esplorarele ragioni del mistero cristiano conle sue intime connessioni e quindi aelaborare le forme più adeguate delsuo linguaggio, sia un’impresa inu-

muove con fervore verso l’Infinito,anche se non arriva mai, tuttavia vasempre avanti. Però non presumeredi penetrare il mistero, e non ti im-mergere nell’arcano di una naturadivina, immaginando di compren-dere il tutto dell’intelligibile, macerca di capire che si tratta di unarealtà incomprensibile» (I, 8).

coglierne il senso e laprospettiva, si accorgeche alla fine lo stesso te-ma emerge nella sua so-stanziosa e più variegataluminosità.

All’origine delle “sotti-gliezze” si trova esatta-mente l’intenzionedell’Angelico, il quale af-ferma: «Quando la vo-lontà è ben disposta inrapporto alla fede, essaama la verità creduta, viritorna senza posa nel suopensiero, e ne fa oggettodella sua riflessione pervedere se mai possa tro-vare delle ragioni a suofavore» (Summa Theolo-giae, II-II, 2, 10, c), mentrenella Summa contra Genti-les esorta alla teologiacon le parole di Ilario diPoitiers: «Nella tua fedeinizia, progredisci, insisti;sebbene io sappia chenon arriverai mai alla fi-ne, mi rallegrerò del tuoprogresso. Chi, infatti, si

Nel centenario della nascita di Romana Guarnieri

L’ultima beghinadi FELICE ACCRO CCA

Il 2 novembre 1913 nasceva aL’Aia, in Olanda, RomanaGuarnieri: i suoi genitori —Romano Guarnieri (1883-1955) e Iete van Beuge

(1890-1971) — vi si erano trasferitidopo il loro matrimonio nel 1909 aNimega, città natale della madre, equi nacque anche il fratello Leo-nardo (1915). Suo padre Romano,spirito indipendente e avventuroso,dopo la licenza liceale conseguita aFirenze, a soli diciassette anni ave-va lasciato la famiglia e si era ar-ruolato nell’esercito. Tornato nelcapoluogo toscano, si legò agli in-tellettuali del «Leonardo» e de«La Voce» (Giovanni Papini, Giu-seppe Prezzolini e altri), così comeal gruppo dei futuristi di Marinet-ti; più tardi sarebbe stato tra i co-fondatori dell’università per Stra-nieri di Perugia.

Romano e Iete si divisero nel1919; il divorzio portò, qualche an-no dopo, anche alla separazione deidue figli: nel 1925 Romana fu con-dotta a Roma dalla madre, che vi sistabilì con il suo nuovo compagno(l’architetto Gaetano Minnucci),mentre Leonardo rimase a Nimega,

In una lettera del 6 febbraio1940, frammento di una corrispon-denza ricchissima e preziosa, DeLuca le scriveva: «Darei e do unaparte della mia felicità, perché tupossa conoscer meglio Gesù, e nonsperimentarlo come Legge ma co-me Grazia; non come un dovere,ma come un amore; non come coa-zione, ma come liberazione». Ro-mana stessa pubblicò questo stral-cio in un volume straordinario, chevarrebbe la pena ripubblicare (Unasingolare amicizia. Ricordando donGiuseppe De Luca, Genova, Mariet-ti, 1998, p. 26). L’incontro con De

bandonò mai, fino agli ultimi gior-ni di vita.

Fu lei stessa, su segnalazione dimonsignor Mario Sensi, amico co-mune, a cercarmi, poiché volevaconfrontarsi — così mi disse — suuna questione che in quelle setti-mana la intrigava particolarmente.Era l’autunno del 1996.

Passai a trovarla un sabato mat-tina, dopo la mia lezione in Gre-goriana: sospettava potesse ascri-versi alla mano di Ubertino da Ca-sale la P e ro ra t i o che diversi mano-scritti affiancano al Me m o r i a l e diAngela da Foligno. Nacque quel

Soprattutto, Romana era unadonna di fede. Scrisse nei suoi ri-cordi dell’amico sacerdote: «Dallamorte di don Giuseppe, ormait re n t ’anni fa (19 marzo 1962), hospesso riflettuto, con nostalgia, aquei nostri familiari incontri in uf-ficio, a Palazzo Lancellotti, la do-menica mattina, al suo tavolo di la-voro, presenti tra noi a riscaldarciil cuore come cari, fidati amici ditutte le ore, Dio, Padre misericor-dioso, “Lui”, Gesù, compagno sututte le vie e di tutte le ore, e loSpirito Santo, luce e consiglio econforto nei frangenti più difficili

Fu un’intellettuale finissimaCapace di rendere i risultatidi lunghe ricercheappassionate ed eruditein una prosa sciolta e frizzante

affidato ai nonni materni, con iquali visse fino a diciotto anni, al-lorché si trasferì anch’egli nella ca-pitale per frequentare l’università.

Nel 1938 Romana si laureò inLetteratura tedesca alla Sapienza ein quello stesso anno incontrò donGiuseppe De Luca, una delle men-ti più vivaci e geniali della culturacattolica del XX secolo: con lui da-rà inizio a uno straordinario soda-lizio intellettuale, interrotto solodalla prematura morte di De Luca,nel 1962.

Fino all’incontro con il fondato-re dell’Archivio italiano per la sto-ria della pietà, Romana, che pureera stata battezzata, non aveva maiavuto alcun rapporto con la fede.Non solo: mi confidò lei stessa,quando la intervistai per «L’O sser-vatore Romano»: «Nella mia fami-glia di artisti e di intellettualiagnostici nessuno mi aveva maiparlato di Lui. Non dico di Dio,ma di Gesù» (edizione del 1° gen-naio 2000, p. 3).

giorno la nostra amicizia, che simantenne salda fino al giorno del-la sua morte, il 23 dicembre 2004,stesso giorno e mese — quasi unoscherzo della Provvidenza — dellamorte di mia madre, scomparsagiovanissima nel 1982.

Studiosa attenta, Romana eradotata di una straordinaria libertàinteriore: era sempre se stessa, sen-za pregiudizi e senza sconti. Nonnascondeva la propria fede, non siaggregava a nessuna consorteria,non negava mai la sua comprensio-ne, che scrivesse per «Liberal» oper «Noidonne», per «l’Unità» oper «L’Osservatore Romano».L’Osservatore, peraltro, fu il quoti-diano cui restò più legata nel tem-po: cominciò con il celeberrimo ar-ticolo sul ritrovamento dello Spec-chio delle anime semplici di Marghe-rita Porete citato in precedenza,per poi scrivervi più volte negli an-ni 1950-1951, quindi fece di nuovocomparsa sulle sue pagine nel 1975e tornò infine a collaborarvi tra il1998 e il 2003.

e disperati» (Una singolare amicizia,p. 251).

Monsignor Sensi ha rivelato cheil 15 dicembre 2004 ricevette il via-tico da monsignor Ottorino Alber-ti. «Era di mercoledì — p re c i s aSensi — e, circa un’ora dopo, io,come tutti i mercoledì scolastici,ero da lei. Per tre volte Romana miha parlato della gioia per il grandedono ricevuto. Quella sera, nono-stante i miei tentativi di dirottare ildiscorso su problemi di storia dellapietà, a lei tanto cari, mi parlò diGesù» [Bio-bibliografia di RomanaGuarnieri, in Archivio Italiano per laStoria della Pietà, XVIII (2005), p.56]. Otto giorni dopo entrava nellapace di Dio.

Parlare di lei oggi, a cento annidalla sua nascita, vuol dire ricorda-re una straordinaria lezione di vitaoltre che un’esemplare attività diricerca e di studio; soprattutto, co-stituisce un auspicio affinché qual-cuno si decida a tracciare un profi-lo biografico il più possibile sicurodi colei che amava definirsi come«l’ultima beghina».

Luca significò per lei an-che l’inizio di un diversopercorso intellettuale: siorientò infatti decisa-mente verso gli studi distoria religiosa.

Nel 1944, mentre i duelavoravano fianco a fian-co, ai banchi della Bi-blioteca Apostolica Vati-cana, Romana s’imbattéin un piccolo manoscrit-to pergamenaceo della fi-ne del XIV o forse degliinizi del XV secolo: fuanzi don Giuseppe apassarglielo, dicendoleche a prima vista sem-brava trattarsi di «robasua», cioè di testi affinialle sue ricerche.

In breve tempo Roma-na capì che, in realtà,quel piccolo codice con-teneva lo straordinarioSpecchio delle anime semplici dellabeghina di lingua francese Mar-gherita Porete, una donna geniale,portatrice di un pensiero ardito epericoloso, che nel 1310 era salitasul rogo, a Parigi. Fu una scopertasensazionale, che annunciò alla co-munità scientifica internazionaleproprio dalle pagine dell’O sserva-tore Romano, il 16 giugno 1946.

Romana, in effetti, fu intellettua-le di razza e scrittrice finissima, ca-pace di rendere i risultati di lunghericerche erudite in una prosa agilee frizzante che ne facilitava la let-tura. Era felice quando poteva tra-scorrere ore e ore in biblioteca o inarchivio e perdersi dietro alle suecare beghine; del resto, nutriva unatale predilezione per le eremite, lepellegrine, le tante donne rimastequasi totalmente anonime e consu-matesi nell’esercizio di una caritàeroica a servizio dei malati negliospedali e nei lebbrosari, che lesentiva ormai parte di sé. Ebbi lafortuna di stringere amicizia conlei proprio a motivo della sua cu-riosità intellettuale, che non l’ab-

Uberto Pestalozza pioniere della storia delle religioni in Italia

Quell’osmosi interrottadi PIER ANGELO CAROZZI*

La Storia delle religioni in Italia è legata alnome di Uberto Pestalozza; nell’autunno del1912 diventò primo libero docente italiano diquesta materia presso la Reale Accademiascientifico-letteraria di Milano (ne aveva ot-tenuto l’abilitazione l’anno precedente). Pe-stalozza veniva da un tirocinio di lunga da-ta: si era laureato a Milano in Filologia clas-sica nel 1895 sotto la guida dell’antichistaAttilio De Marchi, e con questi si specializzòin Antichità classiche (di cui fu libero do-cente dal 1904). Gli furono amici, tra gli al-tri, intorno al noto periodico «Il Rinnova-mento» (1907-1909), Alessandro Casati, Tom-maso Gallarati Scotti, Stefano Jacini, nonchéalcuni dottori dell’Ambrosiana, quali monsi-

ti della materia in Italia e sul suo affermarsilento, ma continuo.

Con la nomina di Pestalozza si venne fi-nalmente a concretizzare l’articolo 2 dellalegge Scialoia-Correnti (26 gennaio 1873, n.1251) che, a tre anni dall’unificazione territo-riale (e non nazionale) in Stato unitario conRoma capitale, abolì le facoltà teologiche fi-no allora esistenti negli atenei italiani. Si eragiunti a siffatta decisione nel clima non pro-prio pacifico tra Stato e Chiesa, susseguentealla presa di Roma, con la breccia di PortaPia aperta il 20 settembre 1870, che avevadato avvio alla cosiddetta “questione roma-na”, con la perdita dello Stato della Chiesa edella sua capitale da parte del Papa, il qualerivendicava gli usurpati diritti. Curia romanae diocesi italiane decisero, unanimemente, diproibire la frequenza delle Facoltà teologichestatali al personale ecclesiastico e lo Statoitaliano si affrettò a sua volta a sciogliereun’istituzione che, priva di studenti e conpochi disoccupati docenti, gravava sul go-verno per motivi finanziari — questa la ragio-ne ufficiale — oltre che per motivi politici le-gati al nuovo progetto di laicizzazione dellacultura.

L’articolo 2 di scioglimento delle facoltàteologiche così recitava: «Gli insegnamentidi questa Facoltà di Teologia, i quali hannoun generale interesse di cultura storica, filo-logica e filosofica, potranno essere dati nelleFacoltà di Lettere e Filosofia, giusto il pareredel Consiglio Superiore della Pubblica Istru-zione».

Purtroppo il provvedimento legislativosortì un duplice effetto negativo: da un latorelegò nei seminari e nelle facoltà ecclesiasti-che gli studi teologici (che da allora assunse-ro più di una patina clericale), ipotecando inparte sulla cultura italiana quella mancataosmosi con le scienze religiose che invece hasempre continuato ad agire altrove in Euro-pa; dall’altro, impoverì la ricerca universita-ria, privandola di un terreno d’indagine, se

non altro complementare alle scienze umane,quale da sempre è stato l’ambito teologico.Rimasero attivate soltanto le discipline diStoria della Chiesa a Napoli e di Storia delcristianesimo a Roma. Si dovette attenderequarant’anni perché un auspicio di leggeprendesse forma e figura nella persona e ne-gli studi di Uberto Pestalozza.

Da parte della cultura ufficiale italianatuttavia — liberalismo in testa — c o n t i n u a ro -no a reiterarsi nei confronti della nuova di-sciplina, la Storia delle religioni, i tipici at-

Oltre un secolo fa tuttavia non solo iniziòe si sviluppò la Storia delle religioni con unsuo metodo, ma si creò una scuola a partiredagli anni Venti grazie all’impegno di Uber-to Pestalozza a Milano e al dinamismoscientifico e organizzativo di Raffaele Pettaz-zoni a Roma. Venne fondata nel 1925 unaprestigiosa rivista, «Studi e Materiali di Sto-ria delle Religioni», che sta per compierenovant’anni, si sono condotte e si conduco-no ricerche che, con le conseguenti pubbli-cazioni e gli scambi interdisciplinari, tengo-no aperto un dialogo internazionale fondatosu senso della tradizione e progresso meto-dologico.

Con la creazione del Segretariato per i

Nell’autunno del 1912 divenneil primo libero docente italiano della materiapresso la Reale Accademiascientifico-letteraria di Milano

gnor Ceriani e monsignor Ratti. Fu lui, laicodi formazione cattolica e tra gli esponenti dispicco del modernismo milanese ad aprirealla Storia delle religioni un’autentica stradamaestra, accreditandola nella ricerca scienti-fica italiana e internazionale.

Pestalozza trascorse gli anni giovanili do-po la laurea, ricchi di incontri e di esperien-ze di cultura e di vita, a Roma, dal 1896 al1903, come precettore dei figli dell’allora mi-nistro degli Affari Esteri, Emilio Visconti-Ve-nosta, abitando nel Palazzo della Consulta e,oltre le istituzioni scientifiche dell’Urbe, fre-quentando, in casa e in città, gli esponentipiù in vista della vita culturale, sociale e po-litica italiana ed europea. Senza elencare tut-ti i nomi, va ricordato che alcuni di loro —come Antonio Fogazzaro, Luigi Luzzatti,Louis Duchesne, Geremia Bonomelli — in-tervennero, seppure indirettamente, sulle sor-

nata scienza storica delle religioni.Nonostante indifferenza e chiusura si sia-

no oggi non poco diradate, la conseguenzadi questa polemica non si è del tutto esauri-ta e se tuttora traspare o si palesa operativa-mente, tale interazione avviene peraltro inun contesto multiculturale e multireligioso incui l’Italia, nell’attuale temperie di globaliz-zazione socio-culturale, si viene assimilandoall’E u ro p a .

demica più che quarantennale conservato trale sue carte oggi depositate presso la Biblio-teca Ambrosiana. «La battaglia per l’inse-gnamento ufficiale universitario della Storiadelle religioni fu vinta da me», aggiungenella consapevolezza di essere stato un pio-n i e re .

*Università di Verona

teggiamenti di ostilità e diignoranza, dovuti alle pre-comprensioni di ambienticontrapposti. Da parte cat-tolico-ecclesiastica, nel pro-trarsi del clima di sospettoe cautela diffusosi con lacrisi modernista, si osteg-giava il metodo storico-comparativo che contestavail primato religioso del cri-stianesimo cattolico, soprat-tutto come religione di Sta-to; da parte laicistico-anti-cattolica si snobbava, cen-surandolo, il problema reli-gioso come pseudo-cultura,o, per dirla con certa tradi-zione filosofica, come cul-tura di una massa ignoran-te e incolta. Di qui la chiu-sura e l’indifferenza genera-le nei confronti della neo-

non cristiani, voluto daPaolo VI nel 1964, sulla sciadel concilio ecumenico Va-ticano II — dal 1988 ha as-sunto la denominazione diPontificio Consiglio per ildialogo interreligioso — èiniziato un lento, ma profi-cuo dialogo tra Storia dellereligioni e Teologia cattoli-ca in prospettiva, da partecattolico-romana, di unateologia delle religioni.Non pochi riconoscono imeriti di monsignor PietroRossano e del cardinaleSergio Pignedoli, per faresoltanto due nomi.

«Fui il primo libero do-cente universitario di Storiadelle religioni», scrive Pe-stalozza in un memoran-dum sulla sua attività acca-

Page 5: GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt · 2019. 11. 14. · GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIII n. 252 (46.496) Città

L’OSSERVATORE ROMANOsabato-domenica 2-3 novembre 2013 pagina 5

Coercizione e umanità degradata al convegno in Vaticano

La schiavitù modernaai raggi X

Il traffico interessa ormaipressocché ogni Paese del mondoCoinvolto in quantoterra di origine, di transitoo di destinazione delle vittime

Padre Gemelli e la nascita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Quei ruggenti (e cattolici) anni Venti

Vita e PensieroAnticipiamo brani di un articolopubblicato sul numero 5/2013 di«Vita e Pensiero», bimestraleculturale dell’Università Cattolicadel Sacro Cuore, in uscita nellelibrerie delle principali cittàitaliane il 6 novembre.

lettuali”, che si verifi-cò anche in Italia ne-gli anni della vigilia,poi della guerra e deldopoguerra. I nuovi“convertiti” appartene-vano al mondo delleriviste, delle case edi-trici, dei quotidianid’opinione, insommaalla letteratura mili-tante: si muovevanocioè in ambienti in cuipressoché nulla erastata nei decenni pre-cedenti la presenzacattolica e parvero ilsintomo di un’inver-

rono un fenomeno chein qualche modo inci-se sulla visibilità e sul-la rilevanza sociale delmondo cattolico.

E di tale mobilita-zione ancora una voltaGemelli è personaggiocentrale: nel 1909, fon-da nel capoluogo lom-bardo la «Rivista difilosofia neo-scolasti-ca» e poi, nel 1914, unperiodico indirizzatoal grande pubblico,«Vita e pensiero», chevuole essere qualcosacome una «Voce» cat-

Il cardinale Barbarin a «l’E s p re s s o »

La necessitàdi uscire da se stessiDurante le congregazioni generaliprecedenti il conclave l’a rc i v e s c o v odi Buenos Aires «ha parlato coninsistenza della necessità che laChiesa “esca fuori” da se stessa»ricorda il cardinale Barbarin a PaoloRodari in un’intervista pubblicatasul sito dell’Espresso. «Ha detto —continua il porporato francese — chela Chiesa è malata, che deveprendersi cura di se stessa. Il suobreve discorso ha colpito tutti. Hadetto testualmente: “Hol’impressione che Gesù è statorinchiuso all’interno della Chiesa eche bussa perché vuole uscire, vuoleandare via”». Il cardinale Bergoglio— spiega l’arcivescovo di Lione —«parlava della necessità di guardarealtrove. Ha chiesto ai vescovi diessere veramente pastori e non degliamministratori. Del resto, è ciò cheegli ha fatto a Buenos Airesrifiutando, ad esempio, di andare adabitare nella residenza vescovile.Così ora che è Papa con la decisionedi abitare nel convitto di SantaMarta. Egli ha bisogno di vederegente e incontrare semplicemente lagente per parlare con loro neicorridoi, durante i pasti... La parola“fuori”, si sa, è importante.Possiamo dire che questa è la parolache meglio definisce la missione diGesù, egli è uscito fuori in qualchemodo da se stesso per andare inperiferia, dove l’uomo vive perso ein difficoltà». E ancora: «Ci èapparso come un uomo di grandeautorità che sa come impostare ilproprio cammino e prendere ledecisioni giuste. Già in questi mesivediamo come tutte queste qualitàsiano state messe in campo.Soprattutto colpisce la semplicità ela chiarezza delle sue omelie, einsieme il grande programmalanciato per la riforma della curiaromana. Questa è la riforma che laChiesa si aspetta e di cui essa hagrande bisogno».

di GIULIA GALEOTTI

Oltre ventisette milionidi persone questa mat-tina si sono svegliateessendo non esseriumani ma schiavi mo-

derni. Un dato atroce in costantecrescita: il traffico di donne, uominie bambini — attualmente la terzafonte di reddito per la criminalitàorganizzata, dopo la droga e le armi— è fenomeno che interessa ormaipressocché ogni Paese del mondo,coinvolto in quanto terra di origine,di transito o di destinazione dellevittime.

Con l’espressione tratta si inten-dono le vittime di sfruttamento ses-suale, lavoro forzato e commercio diparti del corpo umano. E se i traffi-canti sono per lo più maschi adulti,cittadini del Paese in cui operano, le

vittime sono invece per la gran partedi sesso femminile: circa il sessantaper cento delle vittime adulte sonodonne; su tre vittime minorenni, duesono bambine; il settantacinque percento delle vittime complessive (tra

Casina Pio IV in Vaticano, organiz-zato dalle Pontificie Accademie delleScienze e delle Scienze Sociali, conla collaborazione della Federazioneinternazionale delle associazioni deimedici cattolici. Due giorni di lavoro

derubati con gravissime conseguenzedue volte: della loro infanzia e delloro futuro.

I delegati ecclesiastici e civili riu-niti a Roma provengono da ogniparte del mondo, presenti in rappre-sentanza sia di organizzazioni inter-nazionali delle Nazioni Unite che dialcune delle Conferenze episcopalipiù coinvolte dal fenomeno. Se losfruttamento sessuale, infatti, è mag-giormente diffuso in Europa, Asiacentrale e nelle Americhe, il lavoroforzato è presente per lo più in Afri-ca, Medio Oriente, Asia dell'Est edel Sud, e nelle zone del Pacifico. Èdel resto proprio grazie alla varietàdelle situazioni analizzate dalle tanterelazioni, che è potuto uscire unquadro dettagliato nelle sue ramifi-cazioni e preciso nel suo aspetto glo-bale: contrariamente a ciò che si cre-de, i fattori economici da soli nonsono in grado di spiegare tutto il fe-nomeno, ma vanno combinati conaltri imprescindibili elementi.

Povertà; disoccupazione o sottoc-cupazione; basso livello di istruzio-ne; situazioni di grande solitudine edi disgregazione familiare (isolamen-to, lutti, divorzi, abusi domestici).V’è però un altro elemento che giocaa favore della diffusione della tratta,e cioè la sua pacifica accettazione —

sia pure a livelli diversi — da partesia delle autorità locali (polizia, me-dici, magistrati), sia delle famigliedelle vittime.

Del resto, la gran parte di costoronon sono le persone più vulnerabiliin assoluto. Sono sì persone poveree bisognose, ma sono persone in sa-lute, di bell’aspetto e forti — fattori

schiavi moderni proviene da zone incui v'è una normativa pressoché as-sente verso la tratta, zone caratteriz-zate da alta corruzione e alta inci-denza di criminalità organizzata.

Colpisce, del resto, il bassissimonumero di condanne emanate pertraffico di persone: la complicità del-le autorità locali — lo hanno ripetuto

Contrariamente a ciò che si credegli elementi economici da solinon spiegano tuttoVi sono infatti altri fattoritra cui la connivenza delle autorità

Sabato mattina, 2 novembre, Papa Francesco ha salutato i partecipanti all’incontro promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze

Migranti latinoamericani stipati in un camion passato ai raggi X al confine tra Messico e Stati Uniti (LaPresse/Ap)

minorenni e maggiorenni) sono don-ne e bambine.

Tutto ciò sta emergendo dalle re-lazioni presentate al convegno «Latratta delle persone: la schiavitù mo-derna. Le persone indigenti e il mes-saggio di Gesù Cristo», in corso alla

meno che, come ogni altro, è indot-to dalla crescita esponenziale delladomanda. Un’attenzione particolareè stata data alla tratta che coinvolgei bambini. Minori a cui viene impe-dito di fatto il normale sviluppo bio-logico, emotivo, cognitivo e morale,

per analizzare la vergo-gna della tratta da di-versi angoli prospettici:situazione sociale, esi-stenziale ed economicadelle vittime; conniven-ze a vari livelli, aspetticriminali; problemi tra-lasciati e possibili vieper contrastare un feno-

questi molto apprezzati dal lato del-la domanda —, persone che hannoaspirazioni più elevate rispetto aquanti non sono disposti a lasciarela loro terra di origine, ma che vo-gliono migliorarsi emigrando dallacampagna alla città, dalle città allemegalopoli, o in altri Paesi.

Tra i fattori di rischio sociali, gio-ca a sfavore delle vittime il fatto divivere in Paesi poveri limitrofi aiPaesi ricchi, e di vivere in città o re-gioni con un rapidissimo tasso dicrescita. Dunque, fattori politici insenso lato: la maggior parte degli

ternazionale sono infatti stati emanatia partire dal Duemila.

Tra i tanti aspetti del fenomeno sucui nessuno si sofferma, e che invecesono stati analizzati con grande at-tenzione alla Casina Pio I V, ce n’èuno particolarmente urgente: per levittime che riescono a uscire dallatratta, vi è vita sociale dopo la mortecivile? «Nina, ci vogliono scarpebuone, pane e pane e fortuna e cosìsia — cantava Ivano Fossati nel 2003— ma soprattutto ci vuole coraggio atrascinare le nostre suole da una ter-ra che ci odia a un'altra che non civuole». Le vittime che riescono a li-berarsi, rimangono straniere in terrastraniera? Possono davvero dimenti-care il loro passato e riiniziare? Nonlo sappiamo. Non sappiamo nulladella loro vita dopo la morte sociale.La strada contro la schiavitù moder-na è ancora tutta in salita.

in molti durante il con-vegno — è un incentivoaltissimo. E colpisce an-che il fatto che il feno-meno, tutt’altro che re-cente, abbia iniziato aessere criminalizzatosolo da pochissimotempo: convenzioni eprotocolli a livello in-

di ROBERTO PERTICI

Gemelli fu un homo novus nel mondo catto-lico italiano, provenendo da un ambienteche gli era completamente estraneo. Era na-to da una famiglia di tradizioni laiche e an-ticlericali e aveva conosciuto la militanza so-cialista e positivistica. Dopo gli studi a Pa-via, si era specializzato a Parigi e in Germa-nia (in psicologia): ma si era convertito alcattolicesimo ed era entrato nell’ordine fran-cescano.

La sua era stata la prima di una serie diconversioni di uomini di cultura e di “intel-

sto renouveau d’inizio secolo, che forse nonha ancora goduto nella nostra storiografiadell’attenzione complessiva che merita. An-che per motivi comprensibili, legati alle sug-gestioni conciliari e post-conciliari degli anniSessanta, la sua attenzione si è concentrataper decenni sul modernismo come fenome-no centrale della vita cattolica italianadell’anteguerra: senza volerne ovviamentesminuire la portata, si deve però ricordareche esso ebbe prevalentemente una portataintra-ecclesiale, mentre la nascita e la primamobilitazione dell’intellettualità cattolica,con le sue riviste e le sue reti associative, fu-

del Paese e una parte consistente della classepolitica liberale si mostra ormai disposta arivedere in profondità i rapporti fra Stato eChiesa, così come erano fissati da mezzo se-colo nella legge delle guarentigie.

Analogamente i passi fondamentali per lasua nascita furono dovuti a ministri liberalicome Croce e Casati e rispondevano al prin-cipio della “libertà della scuola” a cui questafrazione del mondo liberale era approdatanel dopoguerra, non si può credere per merifini di contingente tattica politica.

Nella fondazione e poi nella guida delsuo ateneo, Gemelli si dimostrò straordina-rio organizzatore di cultura, probabilmenteil maggiore — insieme a Giovanni Gentile —della prima metà del Novecento italiano;nella seconda metà, tale ruolo è stato svoltocon pari efficacia solo da forze politiche or-ganizzate. Nella sua concezione, l’UniversitàCattolica costituiva una “comunità educan-te” organicamente e coerentemente concepi-ta. Lo dimostra con grande efficacia il quar-to volume della Storia curato da Aldo Care-ra, a partire dal vasto saggio del curatorestesso: nei lavori che vi sono raccolti, vienedelineata la progressiva formazione di un si-stema complesso e integrato fra le Facoltà, iCentri di ricerca, i Collegi maschili e quellofemminile, le varie associazioni gravitanti in-torno all’Università, le prime esperienze diformazione permanente (corsi per laureati eper persone colte), gli interventi a favore deldiritto allo studio. Il tutto nella prospettivadi un progetto culturale e religioso al tempostesso, che si realizzava anche in una vastapolitica editoriale.

I modi in cui il fondatore, nei lunghi anniin cui fu alla guida della sua università, det-tava la linea (venga passata l’e s p re s s i o n e ) ,impostava analisi della situazione, segnalavaproblemi e ventilava soluzioni, si manifesta-no nei discorsi d’inizio d’anno, che tenne,con pochissime eccezioni, dal 1921 (il primoanno della neonata università) al 1958 e chesono riuniti a cura di Alberto Cova nel pri-mo dei volumi della Storia. A essi fanno se-guito quelli che i suoi successori (FrancescoVito, Ezio Franceschini e Adriano Bausola)hanno tenuto fino al 1997. È completamenteassente il rettorato di Giuseppe Lazzati(1968-1983), perché durante gli anni del“lungo Sessantotto” italiano si evitò di tene-re la tradizionale, solenne inaugurazionedell’anno accademico, che quasi sempre eracoincisa con l’8 dicembre, festa dell’Imma-colata Concezione di Maria. Forse, tuttavia,sarà utile prima o poi mettere a fuoco l’altraesperienza che segnò per anni la vitadell’ateneo, quella dello sviluppo di una cul-

tura cattolica “alternativa” negli anni del po-st-concilio, fino all’esplosione della contesta-zione studentesca nell’inverno 1967-1968, contutto ciò che seguì: la fine anticipata e trau-matica del rettorato di Franceschini, l’iniziodel lungo rettorato di Lazzati che proponevaun modello di cultura cattolica in qualchemodo speculare a quello di Gemelli, le lace-razioni degli anni Settanta, a partire daquelle sul referendum sul divorzio, il cambiodi clima che sopraggiunse con il pontificato

sione di tendenza. Giosuè Borsi, DomenicoGiuliotti, Federigo Tozzi, Giuseppe Fanciul-li, Ferdinando Paolieri, Guido Battelli, piùtardi Clemente Rebora e perfino ex gentilia-ni come Mario Casotti (poi professore inUniversità Cattolica) e Armando Carlini, ri-proposero, in modi talora risentiti e aggres-sivi, il problema di una cultura cattolica.

Ma — com’è noto — fu la conversione diGiovanni Papini, la sua Storia di Cristo ap-parsa nell’aprile del 1921, a segnare l’“uscitadalle catacombe” di una cultura nuova, chesi venne organizzando negli anni successivi,senza attendere, come si continua a ripetere,il nuovo clima concordatario. Pochi mesidopo si apriva il primo anno accademicodella neonata Università Cattolica a Milano.Da decenni si discuteva nel mondo cattolicoitaliano dell’istituzione di una tale universi-tà, quella “papale”, che comprendeva i do-centi dell’ex Sapienza pontificia che nonavevano aderito al nuovo regime e che avevasede a palazzo Altemps a Roma, era statachiusa dal ministro Ruggiero Bonghi nelmarzo del 1876, nonostante che — o forseproprio perché — fosse frequentata da diver-se centinaia di studenti. Ma la sua nascitanel 1921 non si comprenderebbe senza que-

tolica (la rivista fiorentina in quell’anno dasettimanale era diventata quindicinale). Lacultura che vi si afferma (anche qui in sinto-nia con quanto accadeva in Francia, in Ger-mania e in Gran Bretagna) coniugava ele-menti di modernità con altri di critica dellamodernità (il suo famoso “medievalismo”) einsisteva sull’importanza di una We l t a n -schauung cattolica, animata dal ricupero cri-tico del tomismo — un’operazione analoga aquella che Maritain compiva in Francia ne-gli stessi anni — e dalla ribadita fedeltà allaChiesa e al Papa.

Gemelli era un filosofo e uno scienziato eavvertiva nettamente che un movimento pu-ramente intellettuale, se già costituiva unprogresso rispetto all’impegno quasi esclusi-vamente sociale del cattolicesimo dell’O peradei Congressi, non era però sufficiente: perdare frutti duraturi esso doveva in qualchemodo “istituzionalizzarsi”. Di tale processol’Università Cattolica fu, nel dopoguerra, ilrisultato: sono gli anni — il pionieristico li-bro di Maurice Vaussard, L’intelligence catho-lique dans l’Italie du XXe siècle, pubblicatonel 1921, percepisce nettamente questa nuovaStimmung — in cui il neonato Partito Popo-lare diventa essenziale per la governabilità

di Giovanni Paolo II (quante assonanze coni temi del suo magistero nei discorsi inaugu-rali di Bausola!).

Il passato, scrive Marrou, per essere og-getto di storia, deve essere diventato un«non presente». Ma crediamo che in questosecondo decennio del XXI secolo si possa or-mai godere della necessaria distanza per de-lineare temi, questioni e protagonisti anchedi quegli anni vorticosi.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato-domenica 2-3 novembre 2013

Soddisfazione degli ortodossi russi per il provvedimento del ministero dell’Istruzione e della Scienza

La teologia corre da solaMOSCA, 2. La creazione di un inse-gnamento in teologia concepito co-me gruppo di discipline autonomoper il diploma, la laurea e il terzo ci-clo «consentirà di legalizzare il po-tenziale scientifico che esistenell’ambito della teologia naziona-le»: è il commento del metropolitadi Volokolamsk, Hilarion, presidentedel Dipartimento per le relazioni ec-clesiastiche esterne del patriarcato diMosca, alla pubblicazione di un de-creto del ministero dell’Istruzione edella Scienza della Federazione rus-sa con il quale la formazione in teo-logia diviene una disciplina allargatae a sé stante nella preparazione allamaturità, alla laurea e alla specializ-zazione post-universitaria.

Il provvedimento, riguardantel’approvazione della lista delle spe-cializzazioni e degli orientamentidella formazione nell’insegnamentosuperiore, firmato il 12 settembre, èstato pubblicato una settimana fa sulsito del ministero. Secondo Hilarion,che è anche presidente del gruppointerministeriale di coordinamentodella Chiesa ortodossa russa sull’in-segnamento della teologia negli isti-tuti superiori, nonché rettore dellaScuola di dottorato e alti studi teo-

logici «Santi Cirillo e Metodio», lacomponente scientifica del processodi insegnamento è «estremamenteimportante e più il livello è elevatopiù il ciclo di insegnamento va lon-tano. Il meccanismo così creato per-metterà di valutare la qualità del la-voro di ricerca degli studenti di teo-logia del terzo ciclo». Ma il cammi-no teso al ritorno della teologia nel-lo spazio universitario laico non èterminato: «La prossima tappa è larealizzazione delle condizioni per ilriconoscimento da parte dello Statodei diplomi conseguiti con la discus-sione di una tesi in teologia, comeavviene in tutto il mondo. La crea-zione del Consiglio di dottorato ac-cademico della Chiesa ortodossarussa, formato seguendo i requisitiesistenti nello spazio scientifico lai-co, è un passo in tale direzione. Noicontinueremo a dialogare su questotema con il ministero dell’I s t ru z i o n ee della Scienza». È stato proprio ildialogo costruttivo tra patriarcato diMosca e ministero a consentire losviluppo della disciplina di Teologianelle università statali. Un tema digrande attualità — sottolinea il me-tropolita — «nella misura in cui di-partimenti o sezioni di teologia

aprano in numerosi istituti superiorisuscitando grande interesse da partedi allievi e insegnanti. Posso parlar-ne in virtù della mia esperienza co-me docente all’Istituto scientifico diricerca nucleare: fra i trecento e iquattrocento studenti assistono aimiei corsi». Nell’estate scorsa, il pa-triarcato aveva affidato a un gruppodi coordinamento interdipartimenta-le il compito di formulare la posizio-ne ufficiale della Chiesa ortodossarussa. Fra le strutture chiamate afornire il proprio contributo figura-no il Consiglio pedagogico e meto-dologico sulla teologia e l’universitàortodossa di scienze umane «SanTichon». Alla fase di consultazionehanno partecipato esperti del mini-stero dell’Istruzione e della Scienza.Alcuni di loro proponevano di isti-tuire un gruppo di specializzazionisotto la denominazione comune di«Filosofia, etica, scienze religiose,teologia», ma il patriarcato di Mo-sca si è opposto sostenendo che «lateologia, come scienza, si distingueradicalmente dalle altre citate disci-pline, comprese le scienze religiose,le quali si presentano come studiodelle religioni, spesso da un puntodi vista ateista».

A Busan interventi del metropolita Hilarion e dell’arcivescovo Welby

Un’azione decisa per l’unitàe la difesa dei cristiani

BUSAN, 2. «La situazione attualeesige da noi un’azione più decisa,maggiore coesione e dinamismo»:con queste parole il metropolita Hi-larion, presidente del Dipartimentoper le relazioni esterne del patriarca-to di Mosca, si è rivolto ai duemiladelegati che sono riuniti a Busan, inCorea del Sud, in occasione dei la-vori dell’assemblea del WorldCouncil of Churches (Wcc) che sichiuderanno l’8 novembre. Questaorganizzazione ecumenica, ha dettoil rappresentante ortodosso, costitui-sce «uno strumento di cooperazionetra i cristiani che non ha alcunaanalogia nel mondo». La sua crea-zione, ha ricordato Hilarion, «è sta-ta determinata dal tentativo di tro-vare risposte alle sfide del periodopost bellico». Tuttavia, ha puntua-lizzato, «in questi ultimi anni ilmondo è cambiato enormemente eoggi i cristiani stanno affrontandonuove sfide». Da qui l’invito a ri-lanciare l’azione del movimento ecu-menico e dell’organizzazione che hasede a Ginevra.

Il rappresentante del patriarcatodi Mosca si è soffermato sul rischiodell’avanzamento del secolarismo edell’intolleranza religiosa. «La reto-rica anticristiana di molti politici estatisti — ha sottolineato Hilarion —sta diventando ancora più apertaper i tentativi di espellere totalmen-te la religione dalla vita pubblica eil rifiuto delle norme morali di basecomuni a tutte le tradizioni religio-se». La questione del contrasto trale visione del mondo religioso equello laico, ha proseguito, «è en-trata in una nuova dimensione e ri-guarda gli aspetti fondamentali del-la vita quotidiana e pubblica». Ilrappresentante del patriarcato diMosca ha tratteggiato i caratteriodierni dell’intolleranza religiosa.«Manifestazioni di discriminazionenei confronti della comunità cristia-na — ha evidenziato Hilarion — in

alcune regioni del mondo sono di-ventate una tendenza ben consolida-ta». Oggi, ha concluso, «dobbiamoessere consapevoli che uno dei no-stri impegni più importanti è la di-fesa dei nostri fratelli e delle nostresorelle perseguitati in varie parti delmondo».

Imparare ad amarsi nella diversitàè invece il messaggio che ha fattoda sfondo a un’intervista concessaalla Radio Vaticana dall’a rc i v e s c o v odi Canterbury, Justin Welby, presen-te a Busan. Le questioni del dialogotra le diverse confessioni e denomi-nazioni cristiane e la situazione del-le comunità religiose in Asia sonostate al centro dei primi interventi edelle prime sessioni di discussioneche si sono articolati a partire dal 30ottobre, giornata di avvio dell’even-to ecumenico. L’arcivescovo di Can-terbury ha sottolineato che le comu-nità cristiane devono porre il loroimpegno nelle questioni dogmatichee dottrinali alla luce della considera-zione «che nessun sacrificio è trop-po grande per ubbidire alla chiama-ta di Cristo affinché noi siamo unasola cosa». Il presule anglicano haaggiunto che nonostante le difficol-tà nel dialogo è importante «impa-rare che cosa è amarsi l’uno con l’al-tro nella diversità» seguendo «l’uni-co Signore Gesù Cristo come il cen-tro della nostra vita e come coluidel quale noi siamo discepoli». Nelcorso dell’intervista, il primate an-glicano ha speso parole di grandeammirazione per Papa Francesco:«Dio — ha affermato — ha dato avoi e ha dato a tutti noi un grandePapa». Si tratta, ha aggiunto, di unPontefice che sta riservando piace-voli sorprese: «Penso che le personesiano ispirate e traggano sostegnoda quello che vedono in questo Pa-pa, così come lo sono io».

Il tema dell’unità è stato centraleanche nell’intervento che lo stessoarcivescovo di Canterbury ha svolto

di fronte ai delegati a Busan. «Esse-re qui insieme — ha affermato Wel-by — fornisce una nuova visione diciò a cui siamo chiamati. Insiemerinnoviamo il nostro impegno per ilcammino ecumenico» ed è questo,ha aggiunto, «un compito che ri-chiede una rinnovata determinazio-ne se vogliamo fare progressi». Nelcorso di una cerimonia di preghieraper i delegati dell’Anglican Com-munion presenti a Busan, l’a rc i v e -scovo di Canterbury ha sottolineato«che gli anglicani hanno sempreavuto una vocazione a costruireponti di dialogo».

I lavori dell’assemblea stannoproseguendo affrontando diverse te-matiche, tra le quali la ricerca dellapace con giustizia, la tutela dei di-ritti e la salvaguardia del creato. Inparticolare, durante la giornata del1° novembre, sono state presentateuna serie di testimonianze da partedi delegati ecumenici dell’Asia. Mi-grazioni, fondamentalismo religioso,sviluppo economico nel rispetto deiprincipi etici: questi sono stati i filiconduttori degli interventi. Il reve-rendo Henriette Hutabarat Lebang,segretario generale della ChristianConference of Asia, ha affermatoche le comunità religiose devonoportare le loro risposte di fronte aiconflitti armati, lo sfruttamento del-le persone e la discriminazione. Lecomunità religiose in Asia, ha speci-ficato Lebang, «stanno riflettendosul vero significato della preghiera“Dio della vita, guidaci alla giustiziae alla pace”». Da lungo tempo ilWcc sta portando avanti un’agendadi lavori che vede il tema della pacee della giustizia sociale al centrodella riflessione: si tratta della vo-lontà di operare con gesti concretiall’interno delle comunità per pro-muovere il superamento di ogni for-ma di violenza e di discriminazionefavorendo il dialogo anche con lealtre religioni.

Nella Repubblica Ceca iniziative ecumeniche e progetti per l’integrazione dei rom

Nomadi figli di DioPRAGA, 2. Numerose iniziative pro-mosse dalla Chiesa cattolica e unamobilitazione ecumenica sono incorso nella Repubblica Ceca a so-stegno della popolazione rom. NelPaese, secondo il censimento del2011, circa 13.000 abitanti si dichia-rano di etnia rom. Stando alle stimedel Centro europeo dei diritti deirom, il loro numero è invece di250.000. Benché siano diffusi datempo in Boemia e Moravia, le ten-sioni etniche tra la maggioranza del-la popolazione e la minoranza no-made si sono intensificate negli ulti-mi mesi.

La Conferenza episcopale ceca, ilConsiglio ecumenico delle Chiese (oWorld Council of Churches) e laFederazione delle comunità ebraichehanno emesso una dichiarazionecongiunta sul tema del “c re s c e n t eradicalismo nella società”, in cui sirichiama l’attenzione sul numero dimanifestazioni pubbliche e dimo-strazioni che si sono svolte nel 2013,spesso degenerate in violenza. «Ri-sulta molto pericoloso — scrivono iresponsabili religiosi — che le ten-denze razziste vengano legittimatenel quadro di argomentazioni politi-ce. Non vogliamo far finta che iproblemi di convivenza non esista-no. Tuttavia, rifiutiamo l’idea che laviolenza, il nazionalismo e il razzi-smo possano risolverli. I rom sonocittadini di questo Paese e dal pun-to di vista religioso sono figli diDio, come tutti noi». Il documentosi rivolge agli abitanti del Paese alfine di rifiutare ogni forma di vio-lenza, di populismo e di dimostra-zione di odio, perché tali comporta-menti «portano a tragedie che pri-ma o poi potrebbero colpire l’interasocietà». L’educazione dei bambini,l’offerta di opportunità per un usosignificativo del tempo libero deigiovani, l’assistenza ai gruppi dirom socialmente emarginati, la tute-la dell’identità rom sono le principa-li aree d’interesse della Chiesa catto-

lica. L’attenzione si concentra suibambini e i giovani. La loro forma-zione è ad esempio al cuore deglisforzi dei salesiani del Centro Ste-pán Trochta che da diversi annicontribuiscono a una migliore inte-grazione della minoranza rom a Te-plice attraverso programmi pedago-gici e sociali. Nella diocesi di Ostra-va-Opava, la Chiesa cattolica haistituito una scuola, a Premysl Pittr,con il cento per cento di alunni

rom. «Il concetto di istruzione inquesta scuola — spiega Pavel Siuda,portavoce della diocesi — consiste inun approccio individuale ai bambi-ni, che sono riuniti in gruppi piùpiccoli rispetto alle scuole ordinarie,con l’obiettivo di dedicare attenzio-ne a ciascuno di loro. L’obiettivo èraggiungere un livello d’istruzione edi comportamento paragonabile airisultati di qualsiasi altra scuola dibase nel Paese».

Il patriarca Cirillo sull’importanza del dialogo con i cattolici

Comune sintoniaMOSCA, 2. Quella con la Chiesa cat-tolica sui temi della salvaguardia deivalori morali e della giustizia è unasintonia che merita di essere appro-fondita. Perché «se la Chiesa smettedi essere la coraggiosa testimonedella verità divina, se inizia a parla-re la lingua dei potenti di questomondo, lei tradisce sua vocazione».È quanto ha detto il patriarca orto-dosso di Mosca, Cirillo, incontran-do nei giorni scorsi, il presidentedell’Ecuador, Rafael Correa. Dasempre attento ai temi sociali — sidefinisce «uomo di sinistra, umani-sta e cattolico» — il presidente ecua-doregno si è distinto nelle scorsesettimane per avere minacciato ledimissioni se il suo partito, Alianza

País, continuerà a fare pressioni perapprovare una riforma che legalizzil’interruzione volontaria della gravi-danza.

Proprio i temi della morale e del-la giustizia sociale, nel quadro diuna più stretta collaborazione conun Paese di tradizione cattolica, so-no stati al centro dei colloqui. Inparticolare, il primate della Chiesarussa — come riportato dal sito uffi-ciale del Dipartimento delle relazio-ni esterne del patriarcato di Mosca— ha dimostrato di apprezzare l’at-teggiamento «coraggioso» e «fer-mo» di Correa sulla questione dellalegalizzazione dell’aborto in Ecua-dor, così come il suo rifiuto di lega-lizzare le unioni omosessuali. La

Chiesa ortodossa russa, è stato os-servato, rispetta la libertà di ciascu-no, ma insiste sul fatto che il matri-monio è solo l’unione di un uomo euna donna. «Ecco perché oggi lanostra Chiesa difende attivamente ivalori morali tradizionali contro illiberalismo aggressivo», ha detto ilpatriarca. Da parte sua, spiegandole proprie posizioni, il presidenteCorrea ha detto: «A volte sono ac-cusato di voler imporre il punto divista religioso. Ma io sono in primoluogo convinto di rappresentare laposizione della maggioranza dei cit-tadini del mio Paese. La nuova co-stituzione dell’Ecuador promette didifendere la vita umana dal momen-to del concepimento, il matrimonioè definito come l’unione di un uo-mo e una donna. E, ripeto, non èun punto di vista religioso, ma unanecessità umana, di una realtà socia-le. Perché il matrimonio ha unobiettivo: la creazione di una fami-glia e la famiglia è il nucleo dellaso cietà».

Correa ha anche espresso il suoaccordo con l’analisi delle causedell’attuale crisi economica indivi-duate dal Patriarca in una più am-pia e radicata «crisi dell’uomo». In-fatti, ha detto il leader ortodosso,«non è possibile sviluppare un’eco-nomia solo per se stessa, in mondoche solo poche persone ne abbianoprofitto. Questo tipo di approccioallo sviluppo economico è inaccetta-bile dal punto di vista cristiano».Allo stesso tempo, «se si mettono indiscussione i principi etici, non sipuò nemmeno capire che cosa sial’ingiustizia». Così, «il compito delGoverno è di livellare le sproporzio-ni economiche e di realizzare la giu-stizia sociale». Ma non basta. «So-no profondamente convinto chequesto riguarda non solo i progettieconomici nazionali, ma anche l’or-ganizzazione dell’economia interna-zionale». In questo senso, il patriar-ca ha individuato nuovi spazi dicollaborazione con la Chiesa cattoli-ca, soprattutto in America latina,dove i sacerdoti sono chiamati adaffrontare la questione della giusti-zia sociale e della povertà. Temi —ha rilevato Cirillo — particolarmentecari a Papa Francesco, «la cui posi-zione coincide in molti punti con laposizione della nostra Chiesa».

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato-domenica 2-3 novembre 2013 pagina 7

Francesco d’Assisi e l’economia del dono e della giustizia

Senzaappropriarsi di nulla

Perché la povertà?Perché la povertà è così importante perFrancesco d’Assisi? In che cosa differiscedalla povertà praticata dagli eremiti? E,soprattutto, qual è il suo rapporto conCristo? Interrogativi che trovano unarisposta nella categoria della“d i s a p p ro p r i a z i o n e ”, istitutiva di unaspeciale “economia”. È quanto suggeriscel’autore di Francesco e l’altissima povertà.Economia del dono e della giustizia ( Pa d o v a ,Edizioni Messaggero Padova, 2013, pagine174, euro 14). Dal volume, dedicato al«primo Papa di nome Francesco»,pubblichiamo uno stralcio tratto dal secondocapitolo, intitolato «La povertà francescana:gli scritti di Francesco».

La situazione del settore agroalimentare preoccupa i vescovi della Bretagna

Sostegnoai lavoratori colpiti dalla crisi

Appello della fondazione Migrantes alla preghiera

Per i migranti morti in mare

Annuncio del cardinale Dziwisz

Dal 25 luglioal 1° agosto 2016

la Gmgdi Cracovia

Lutto nell’episcopatoNella mattina di giovedì 31 ot-tobre è morto, in una clinica diParma, l’arcivescovo Bruno Ber-tagna, vice presidente emeritodel Pontificio Consiglio per iTesti Legislativi, già UditoreGenerale della Camera Aposto-lica. Aveva settantotto anni. Erainfatti nato il 12 ottobre 1935 aTiedoli di Borgo Val di Taro,nella diocesi di Piacenza-Bob-bio e in provincia di Parma. Erastato ordinato sacerdote il 23maggio 1959. Cappellano di SuaSantità dal 1973, era stato nomi-nato segretario generale del Go-vernatorato dello Stato dellaCittà del Vaticano il 6 aprile1990. E il successivo 15 dicem-bre era stato eletto vescovo tito-lare di Drivasto. Aveva quindiricevuto l’ordinazione episcopa-le il 6 gennaio 1991 da GiovanniPaolo II. Al servizio della SantaSede aveva svolto numerosi in-carichi. Il 19 dicembre 1994 eradivenuto segretario del Pontifi-cio Consiglio per l’I n t e r p re t a -zione dei Testi Legislativi. Il 18dicembre 2006 aveva ricevuto lanomina a uditore generale dellaCamera Apostolica. Il 15 feb-braio 2007 Benedetto XVI loaveva promosso arcivescovo ti-tolare della stessa sede di Driva-sto, assegnandogli l’ufficio divice presidente del PontificioConsiglio per i Testi Legislativi.Aveva rinunciato all’incarico il12 ottobre 2010. Le esequie dimonsignor Bertagna saranno ce-lebrate lunedì 4 novembre alleore 14.30 nella sua parrocchianatale di Tiedoli di Borgo Valdi Taro.

Si terrà a Nazarethla prossima

Giornata del malato

NAZARETH, 2. Si svolgerà a Nazare-th l’edizione 2016 della Giornatamondiale del malato. A dare la noti-zia è stato l’arcivescovo ZygmuntZimowski, presidente del PontificioConsiglio per la Pastorale della Sa-lute, nel corso di una visita compiu-ta in Terra Santa alle strutture sani-tarie che sono gestite dalla Chiesalo cale.

Tale Giornata, come è noto, vienecelebrata ogni anno a livello dioce-sano e in modo solenne ogni tre an-ni sempre nei pressi di un santuariomariano. L’occasione per l’annuncioè stata data dalla festa della VergineMaria, Regina della Palestina, per laquale nei giorni scorsi si sono riuniticirca duemila fedeli nel santuario diDeir Rafat, che si trova fra le cittàdi Tel Aviv e di Gerusalemme.

†Il Presidente S.E.R. il Card. FrancescoCoccopalmerio, il Segretario S.E.R.Mons. Juan Ignacio Arrieta, gli Officialied il Personale tutto del Pontificio Con-siglio per i Testi Legislativi, sostenutidalla speranza della risurrezione, parte-cipano con profonda commozione il ri-torno alla Casa del Padre di

Sua Eccellenza Reverendissima

MO N S. BRUNO BE R TA G N A

Arcivescovo titolare di DrivastoVice Presidente Emeritodel Pontificio Consiglio

per i Testi Legislativigià Uditore Generale

della Camera Apostolica

Nell’elevare al Signore la loro preghie-ra, ne ricordano con gratitudine la si-gnorile umanità, la generosa dedizione,con profondo spirito pastorale, negli uf-fici da Lui ricoperti nella Curia Romanae particolarmente presso questo Pontifi-cio Consiglio, e si uniscono al doloredei suoi cari e di coloro che lo hannoconosciuto ed amato.

PARIGI, 2. Solidarietà alle famiglieduramente colpite dalla crisi agroali-mentare in Bretagna è stata espressanei giorni scorsi dai vescovi della re-gione francese. Nell’occasione, ipresuli hanno lanciato un appelloalla solidarietà e un invito al dialo-go a tutte le parti impegnate nelcontenzioso che vede contrappostiappunto i lavoratori agricoli e il Go-verno. L’appello porta la firmadell’arcivescovo di Rennes, monsi-gnor Pierre d’Ornellas, del vescovodi Vannes, monsignor RaymondCentène, del vescovo di Saint-

Brieuc, monsignor Denis Moutel, edel vescovo di Quimper, monsignorJean-Marie Le Vert.

Sabato scorso, a Pont-de-Buis,nel dipartimento bretone di Finistè-re, si è svolta una manifestazione diprotesta contro l’attuale sistema ditassazione che sta colpendo un set-tore già fortemente indebolito dallacrisi. La dimostrazione è poi dege-nerata in scontri violenti tra manife-stanti e forze dell’ordine. Da qui ilmessaggio di pacificazione congiun-to dei vescovi della Bretagna che lo

hanno pubblicato sui siti delle lororispettive diocesi.

«Difficile parlare — scrivono i ve-scovi — quando un gran numero dipersone vivono gravi difficoltà eco-nomiche dovute alla precarietà dellavoro e alla disoccupazione e quin-di sentono collera, disperazione e latentazione di cedere alla violenza».Ma i presuli della Bretagna lancianoun appello accorato: «Non cediamoa questa tentazione, anche se la crisidell’agroalimentare ha preso unasvolta drammatica per la sua am-piezza e per le sue conseguenze so-ciali». Il pensiero va pertanto «atutte le persone e le famiglie colpiteduramente dalla crisi. La solidarietàè urgente e invitiamo le comunitàcattoliche a fare tutto il possibileper mettere in atto azioni locali disostegno e di conforto».

In merito alle manifestazioni vio-lente dei giorni scorsi a Pont-de-Buis, i vescovi hanno invitato tuttele parti a collaborare. Il dialogo,spiegano i presuli, «è indispensabileper trovare soluzioni giuste e rispet-tose delle persone e delle famiglie»e, allo stesso tempo, «inevitabile perelaborare un nuovo modello econo-mico del sistema agroalimentarebretone con la sua produzione diqualità, in un contesto di mondializ-zazione che esige, in maniera urgen-te, regole di equità. La Chiesa —concludono i vescovi — è convintache la solidarietà e il dialogo tra idifferenti attori sono la condizioneessenziale perché un modello econo-mico rinnovato, giusto e duraturopossa emergere».

CRACOVIA, 2. Si riuniranno tra il 25luglio e il 1° agosto 2016 a Cracoviai partecipanti alla Giornata mondia-le della Gioventù, in programmaappunto nella città che ha dato inatali a Giovanni Paolo II. Ad an-nunciarlo è stato il cardinale arcive-scovo di Cracovia, Stanisław Dziwi-sz, secondo quanto riportato da uncomunicato del Catholic PilgrimO ffice.

Il 28 luglio scorso, come si ricor-derà, al termine della celebrazioneeucaristica conclusiva della Giornatamondiale della gioventù svoltasi inBrasile, a Rio de Janeiro, PapaFrancesco aveva annunciato comesede del prossimo appuntamento lacittà di Cracovia, in omaggio a Pa-pa Wojtyła, che verrà canonizzato il27 aprile prossimo e che è statol’ideatore dei grandi raduni mondia-li della gioventù. Sull’evento, subitodopo l’annuncio dato in Brasile, èstato attivato il sito krakow2016.comnel quale è possibile trovare tutte leinformazioni utili per la preparazio-ne della Giornata.

di CARMINE DI SANTE

Qualificata come «santa» e come«altissima», enfatizzata con il riferi-mento alla «profondità» o «altezza»(celsitudo) e chiamata «ora sposa,ora sorella, ora madre, ora signora,ora regina» (Fonti francescane, 2073),la povertà si riveste di una pluralitàdi significati a seconda dei testi edei contesti. Francesco, però, ricorrea questo termine per dire soprattut-to come i frati devono comportarsiimitando Gesù: «senza appropriarsidi nulla». Povertà, per Francesco, èl’impossibilità dell’a p p ro p r i a z i o n e ,l’impossibilità, per l’io, di dire«mio» su ciò che esiste. C’è un epi-sodio divertente ma illuminante, ri-portato nella Compilazione di Assisi(o Leggenda perugina), che mostral’avversione di Francesco alla «mii-tà», a dire «mio» e a tollerare chequalcuno dicesse «mio». Un giornochiese a un suo compagno: «Dondevieni, fratello?». Alla risposta delfrate: «Vengo dalla tua cella», Fran-cesco reagii con durezza: «Poichéhai detto che è mia, d’ora innanzi ciabiterà un altro, e non io». Al chegli autori anonimi della Leggendacommentano: «Noi che siamo staticon lui, lo abbiamo udito dire a piùriprese quella parola del Vangelo:“Le volpi hanno la tana e gli uccellidel cielo il nido, ma il figlio dell’uo-mo non ha dove posare il capo”. Eseguitava: “Il Signore, quando stavain disparte a pregare e digiunò qua-ranta giorni e quaranta notti, non sifece apprestare una cella o una casa,ma si riparò sotto le rocce dellamontagna”. Così, sull’esempio delSignore, non volle avere in questomondo né casa né cella, e neanchevoleva gli fossero edificate. Anzi, segli sfuggiva la raccomandazione:“Preparatemi questa cella così”, do-po non ci voleva dimorare, in osse-quio alla parola del Vangelo: “Nonvi preoccupate”» (Fonti francescane,1581).

L’essenza della povertà francesca-na è in questa radicale e intransi-gente volontà di disappropriazione,intesa come sottrazione delle cose alpotere dell’io per riconsegnarle alloro luogo originario da cui proven-gono: l’amore creatore. Due sono lemodalità linguistiche alle qualiFrancesco ricorre per esprimere lasua concezione della povertà comedisappropriazione. La prima è il sin-tagma sine proprio tradotto in ita-liano con «senza nulla di proprio».Questa formula si trova sia nellaRegola non bollata (Fonti francescane,4) che nella Regola bollata (Fo n t if ra n c e c s a n e , 75) e nelle Am m o n i z i o n iritorna in un contesto del tutto par-ticolare che riguarda l’atteggiamentoda assumere nei confronti di chi fail male: «Al servo di Dio nessunacosa deve dispiacere eccetto il pec-cato. E in qualunque modo unapersona pecchi, il servo di Dio chesi lasciasse prendere dall’ira o dallosdegno per questo, a meno che nonlo faccia per carità, “accumula persé come un tesoro” (Cfr. Romani, 2,5) la colpa degli altri. Quel servo diDio che non si adira né si turba peralcunché, vive giustamente e senzanulla di proprio (recte vivit sine pro-prio, nell’originale latino). Ed è bea-to colui che non si trattiene nullaper sé, “rendendo a Cesare quelloche è di Cesare e a Dio quello che èdi Dio” (Ma t t e o , 22, 21)» (Fonti fran-cescane, 160). Beato, per Francesco, èchi non si adira di fronte al fratelloche pecca (a meno che la sua «ira»non nasca dalla carità ma in questocaso allora non si tratterebbe più diira ma di compassione!) perché adi-rarsi di fronte al peccatore sarebbefarsene proprietario, come se appar-tenesse a me piuttosto che a Dio.Di qui la duplice conclusione para-dossale che chi «non si adira né siturba per alcunché, recte vivit sinep ro p r i o » e che «beato [è] colui chenon si trattiene nulla per sé», la-sciando che sia Dio e non l’io a giu-d i c a re .

La seconda modalità alla qualeFrancesco ricorre è l’uso del verbo“a p p ro p r i a r s i ” o del sostantivo “ap-p ro p r i a z i o n e ” preceduti dalla nega-zione: «Si guardino i frati, ovunquesaranno, negli eremi o in altri luo-ghi, di non appropriarsi di alcunluogo (nullum locum sibi approprient,nell’originale latino) né lo contenda-no ad alcuno» (Fonti francescane,26). Però è soprattutto nella Regolabollata che al verbo è dato un rilievoparticolare: «I frati non si appropri-no di nulla (nihil sibi approprient),né casa, né luogo, né alcuna altra

A fondamento della sua fraternitàFrancesco pone il sine proprio e ilnihil sibi appropriare: «Ammettevaall’Ordine solo chi aveva rinunciatoalla proprietà e non aveva tenuto as-solutamente nulla per sé. Così face-va, in omaggio alla parola del Van-gelo» (Fonti francescane, 1121). Inquesto radicalismo egli fu duramen-te contestato da molti dei seguaciancora in vita, come narra la Leggen-da perugina o Compilazione di Assisi:«I frati ministri cercavano di con-vincere Francesco a permettere chesi possedesse qualcosa, almeno co-munitariamente, in maniera che unnumero così grande di religiosiavesse una riserva cui attingere.Raccoltosi in preghiera, il santochiamò Cristo e lo consultò su que-sto punto. E immediatamente il Si-gnore gli diede la sua risposta: “nonci doveva essere proprietà alcuna népersonale né comunitaria”. Questaera la sua famiglia, disse, alla qualelui avrebbe immancabilmente prov-veduto per quanto numerosa fosse,e sempre avrebbe avuto cura di essa

“Sono dei ministri. Venuti a sapereche stai facendo una nuova Regolae temendo sia troppo aspra, diconoe protestano che non intendono es-servi obbligati. Scrivila per te, e nonper loro”. Francesco levò la faccia alcielo e parlò a Cristo: “Signore, nonlo dicevo che non ti avrebbero cre-duto?”. E subito si udì nell’aria lavoce di Cristo: “Francesco, nulla dituo è nella Regola, ma ogni prescri-zione che vi si contiene è mia. E vo-glio sia osservata alla lettera, allalettera, alla lettera! Senza commenti,senza commenti, senza commenti”.Aggiunse: “So ben io quanto può ladebolezza umana, e quanto può lamia grazia. Quelli dunque che nonvogliono osservare la Regola, escanodall’O rdine!”. Si volse allora Fran-cesco a quei frati e disse: “Avetesentito? avete sentito? Volete che velo faccia ripetere?”. E così i ministrise ne tornarono scornati e ricono-scendosi in colpa» (Fonti francescane,1672).

ROMA, 2. Nel commemorare nellecomunità cristiane i defunti «nonpossiamo dimenticare i nostri fra-telli e le nostre sorelle morti tragi-camente nel Mediterraneo durantei viaggi della speranza e sepoltinei cimiteri del nostro Paese». Èl’appello lanciato dalla FondazioneMigrantes alla vigilia della com-memorazione dei defunti. Dall’ini-zio dell’anno sono stati oltre sette-cento i morti accertati nel canaledi Sicilia: eritrei, somali, egiziani,palestinesi, nigeriani, sudanesi,«persone di cui non conosciamo ilnome e che sono diventati numeri.Altre morti sono avvenute duranteil viaggio nel deserto, nelle carcerilibiche, nelle violenze di gruppo».

Per monsignor Giancarlo Pere-go, direttore generale di Migran-tes, si tratta di «una morte assur-da, vergognosa, come ha ricordatoPapa Francesco, che richiama laresponsabilità dell’Italia e dell’Eu-ropa a nuove forme e strumenti di

protezione internazionale, ma an-che di cooperazione per lo svilup-po e la pace dei popoli». Di quil’invito alla preghiera per ricordare«i tanti morti di questi anni nelMare nostrum».

La corona di fiori lanciata dal Papa durante la sua visita a Lampedusa facendovi poveri di cose e ricchi divirtù. Questa sia la vostra “p orzio-ne” che vi conduce “alla terra dei vi-venti” (Cfr. Salmi, 141, 6). E a que-sta povertà, fratelli carissimi, total-mente uniti, non vogliate aver altrosotto il cielo, per sempre, nel nomedel Signore nostro Gesù Cristo»(Fonti francescane, 90).

era andato smarrito il testo dellaprima, dettatogli da Cristo. Nume-rosi ministri si recarono da frateElia, vicario di Francesco, e gli dis-sero: “Abbiamo sentito che questofratello Francesco sta facendo unanuova Regola, e temiamo la renda

così dura da riuscireinosservabile. Noi vo-gliamo che tu vada dalui e gli riferisca checi rifiutiamo di assog-gettarci a tale Regola.Se la scriva per sé, enon per noi”. FrateElia osservò che nonaveva coraggio di an-darci, per paura deirimproveri di France-sco. Ma siccome quel-li insistevano, ribattéche non intendeva re-carsi là senza di loro.Così partirono tuttiinsieme. Quando frateElia, accompagnatodai ministri fu giuntoa Fonte Colombo,chiamò il santo. Fran-cesco uscì e vedendo iministri chiese: “Cosavogliono questi fratel-li?”. Rispose Elia:

cosa. E come “pellegrini e forestieri”(1 Pietro, 2, 11) in questo mondo,servendo al Signore in povertà edumiltà, vadano per l’elemosina confiducia. Né devono vergognarsi,perché il Signore si è fatto poveroper noi in questo mondo. Questa è,fratelli miei carissimi, l’eccellenzadell’altissima povertà (Cfr. 2Corinzi, 8, 9), che vi costitui-sce eredi e re del regno deicieli (Cfr. Giacomo, 2, 5),

finché la fraternità avesse nutrito fi-ducia in Lui» (Fonti francescane,1671).

L’episodio viene ripreso una se-conda volta dalla stessa Leggenda pe-rugina con particolari più circostan-ziati e drammatici: «DimoravaFrancesco sopra un monte assieme a

frate Leone d’Assisi eBonizo da Bologna

per comporre laRegola, giacché

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato-domenica 2-3 novembre 2013

Papa Francesco celebra la messa al cimitero del Verano

I giorni della speranzaLa preghiera per i migranti morti e l’appello all’accoglienza

L’Angelus di Tutti i Santi

Non superuomini ma amici di Dio

In Pakistan il cardinale Filoni ordina il nuovo vescovo di Faisalabad

In dialogo con tutti

Nomina episcopalein Haiti

Tra le nomine di oggi, una ri-guarda la Chiesa in Haiti.

Max Leroy Mésidorc o a d i u t o re

di Cap-Haïtien

Nato il 6 gennaio 1962 aSaint-Marc, nella diocesi di LesGonaïves, dopo gli studi secon-dari nel Collège de l’Immaculée-Conception nella città di LesGonaïves, è entrato nel seminariomaggiore nazionale a Port-au-Prince, dove ha ottenuto il bac-calaureato in sacra teologia nel1987. Dal settembre 1998 al set-tembre 2000 ha studiato teologiapastorale e catechesi presso l’uni-versità di Lovanio (Belgio), ot-tennendo la licenza. È stato ordi-nato sacerdote il 10 gennaio 1988per la diocesi di Les Gonaïves.Ha ricoperto i seguenti incarichi:vicario parrocchiale a Petite-Ri-vière de l’Artibonite (1988-1989);amministratore della medesimaparrocchia (1989-1992); vicarionella cattedrale di Les Gonaïves(1992-1993); parroco della dellaVisitazione (1993-1998); parrocodi Saint-Marc (2000-2008); vica-rio generale della diocesi e parro-co della cattedrale di Les Gonaï-ves (2008-2012). È stato ancheresponsabile del centro pastoralediocesano Pastor Bonus e ha pre-sieduto le commissioni diocesaneper la catechesi e la liturgia. No-minato vescovo di Fort-Liberté il9 giugno 2012, ha ricevuto l’o rd i -nazione episcopale il 28 lugliosuccessivo.

Annuncio del Vangelo e dialogo contutti, particolarmente «con i fratellimusulmani e con quanti professanoaltre religioni». Un invito e, allostesso tempo, un programma di vitaquello che il cardinale Fernando Fi-loni, prefetto della Congregazioneper l’Evangelizzazione dei Popoli,ha affidato a monsignor Joseph Ar-shad, nuovo vescovo di Faisalabad,in Pakistan. Lo stesso porporato hapresieduto il rito dell’o rd i n a z i o n eepiscopale, venerdì mattina, 1° no-vembre, in una tenda allestita nelpiazzale della Lasalle school di Fai-salabad, alla presenza di circa 3.000p ersone.

Nell’omelia il cardinale Filoni haricordato tra l’altro che non bastal’annuncio del Vangelo, ma occorreanche e soprattutto la testimonianzadi vita, che «è sale e luce in questanobile terra, e contribuisce alla vitadi tutta la Chiesa secondo l’insegna-mento del concilio Vaticano II». Ifedeli, ha fatto notare, partecipanoalla missione affidata alla Chiesauniversale «attraverso la loro profes-sione di fede, la testimonianza gene-rosa ed eroica di vita cristiana, inqualunque situazione si trovano»,offrendo «il loro contributo nei varisettori della vita, quali la famiglia, illavoro, la professione, così come nelsettore civile, politico e sociale». Aquesto proposito il porporato ha ri-cordato «la brillante ed eroica testi-monianza di Shahbaz Bhatti, arden-te promotore di amore tra le religio-ni e nel dare voce alle minoranze re-ligiose».

La testimonianza di vita è fonda-mentale per un vescovo — ha dettorivolgendosi al neo ordinato — inquanto, tendendo alla santità perso-nale, egli «realizza il suo servizio al-la Chiesa con l’esempio». Infatti ilpastore «non è uno che comandacon forza per essere obbedito. At-traverso la sua vita esemplare, gua-dagna molto rispetto e ammirazio-ne», e diventa così «meritevole diessere obbedito». In questo senso, è«molto simile al Signore Gesù che“insegna come uno che ha autorità enon come gli scribi”. Attraverso unavita degna di emulazione, ogni suaparola attrae ascoltatori e ogni suogesto evoca stima». Il cardinale hapoi invitato monsignor Arshad a es-sere «un uomo di carità e a guidareil suo gregge con un vero senso di

amore pastorale, consapevole e mo-tivato dal fatto che il Signore Gesù,a cui si sarà ulteriormente configu-rato “è venuto per servire e non peressere servito” senza chiedere guada-gno personale o privilegi».

Il porporato ha quindi ricordatole parole di Benedetto XVI, quando,il 15 settembre 2011, incontrò ungruppo di nuovi vescovi. «La santi-tà della vostra vita e la vostra caritàpastorale — disse in quell’o ccasione— sarà un esempio e sostegno ai vo-stri sacerdoti, che sono anche chia-mati a costruire la comunità con iloro doni, carismi, e la testimonian-za della loro vita, in modo che lacorale comunione della Chiesa puòrendere testimonianza a Gesù Cri-sto, affinché il mondo creda». Ri-volgendosi a monsignor Arshad, il

cardinale Filoni lo ha invitato inparticolare a essere «uomo di pa-zienza», a confermare nel bene i fra-telli, a essere padre «per tutti i sa-cerdoti» e a stare «in pace con tutti,amico in ogni circostanza».

Come può un vescovo soddisfarequesta missione a lui affidata? Checosa garantisce la fecondità del suoministero episcopale? A questi dueinterrogativi, il cardinale ha rispostocitando le parole di Giovanni PaoloII, il quale, il 5 luglio 2001, ricorda-va che «la santità personale è lacondizione per la fecondità del no-stro ministero di vescovi della Chie-sa». Per questo, non si può «disso-ciare il ministero episcopale dal per-seguimento della santità personale».Essa, infatti, ha «la stessa funzionedell’anima in un corpo»; cioè «dà«senso, significato ed efficacia perl’esercizio stesso del ministero epi-scopale». È proprio nella santifica-zione di vita che un vescovo «rag-giunge una “unità di vita”, che gliconsente di evitare doppiezza o ipo-crisia». In questo modo, «non c’èdiscrepanza tra ciò che predica e ciòche pratica. In altre parole, egli di-venta un testimone credibile delVa n g e l o » .

Prima di concludere, il prefetto,ha invitato tutti i fedeli a sostenereil nuovo vescovo con lealtà e con af-fetto. E rivolgendosi ai presenti hachiesto loro di fare della vita delladiocesi «un capolavoro di Dio, poi-ché Dio mette questa Chiesa nellevostre mani. Siate “sacramentodell’incontro con Dio” per tutti eDio sia con voi».

Con ancora negli occhi le drammatiche immagini deimigranti sterminati dal «deserto crudele» del Saharae nel cuore le grida dei cristiani trucidati nelvillaggio siriano di Sadad, il Papa ha rinnovato aifedeli l’invito a pregare per le vittime di questetragedie. E ha lanciato un appello affinché isopravvissuti possano rapidamente risolvere lepratiche per legalizzare la loro posizione e trovaredegna accoglienza. Quando nel pomeriggio di venerdì1° novembre — riprendendo una tradizioneinaugurata da Giovanni Paolo II nel 1979 einterrotta nel 1993 — è andato a celebrare la messanel cimitero monumentale romano del Verano, non hapotuto fare a meno di rivolgere il suo pensiero allevittime di queste tragedie. E come l’8 luglio scorso

aveva lasciato una corona di fiori sul grande cimiterod’acqua che si apre dinanzi all’isola di Lampedusa,così ieri ha lasciato una rosa rossa su una delleprime tombe poste all’ingresso del Verano. PapaFrancesco è giunto poco prima delle 16. Adaccoglierlo il cardinale vicario Agostino Vallini e ilsindaco di Roma Ignazio Marino. Lo hannoaccompagnato processionalmente all’altare iconcelebranti, tra i quali l’arcivescovo FilippoIannone, vicegerente della diocesi di Roma, alcunivescovi ausiliari e il parroco di San Lorenzo Fuori leMura, padre Armando Ambrosi.Il Papa aveva nella mano destra una nuova ferula.Si tratta di una croce astile realizzata con materieprime etiche — legno di kaoba, bronzo e argento —

donatagli dal Gruppo per la ricerca su metalli etici.I materiali usati provengono dall’Honduras, dovevengono estratti con metodologie rispettosedell’ambiente. L’opera, realizzata per iniziativa delcardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga,arcivescovo di Tegucigalpa e coordinatore delConsiglio di cardinali, si deve all’orafo trasteverinoMaurizio Lauri. Il Cristo crocifisso è raffigurato nelladimensione della gloria, come si intuisce dai raggi checircondano la croce, a rappresentare proprio larisurrezione. Non a caso il titolo dato all’opera èCrux gloriosa. Numerosissimi i romani che hannovoluto stringersi al loro vescovo in una giornataparticolarmente sentita. All’omelia il Pontefice hapronunciato a braccio il seguente discorso.

A quest’ora, prima del tramonto, inquesto cimitero ci raccogliamo epensiamo al nostro futuro, pensiamoa tutti quelli che se ne sono andati,che ci hanno preceduti nella vita esono nel Signore.

È tanto bella quella visione delCielo che abbiamo sentito nella pri-ma Lettura: il Signore Dio, la bel-lezza, la bontà, la verità, la tenerez-za, l’amore pieno. Ci aspetta tuttoquesto. Quelli che ci hanno precedu-ti e sono morti nel Signore sono là.Essi proclamano che sono stati sal-vati non per le loro opere — hannofatto anche opere buone — ma sonostati salvati dal Signore: «La salvez-za appartiene al nostro Dio, sedutosul trono, e all’Agnello» (Ap 7, 10).È Lui che ci salva, è Lui che alla fi-ne della nostra vita ci porta per ma-no come un papà, proprio in quelCielo dove sono i nostri antenati.Uno degli anziani fa una domanda:«Questi, che sono vestiti di bianco,chi sono e da dove vengono?» (v.13).Chi sono questi giusti, questi santiche sono in Cielo? La risposta: «So-no quelli che vengono dalla grandetribolazione e che hanno lavato leloro vesti, rendendole candide nelsangue dell’Agnello» (v.14).

Possiamo entrare nel Cielo soltan-to grazie al sangue dell’Agnello, gra-zie al sangue di Cristo. È proprio ilsangue di Cristo che ci ha giustifica-ti, che ci ha aperto le porte del Cie-lo. E se oggi ricordiamo questi no-stri fratelli e sorelle che ci hannopreceduto nella vita e sono in Cielo,è perché essi sono stati lavati dalsangue di Cristo. Questa è la nostrasperanza: la speranza del sangue diCristo! Una speranza che non delu-de. Se camminiamo nella vita con ilSignore, Lui non delude mai!

Abbiamo sentito nella secondaLettura quello che l’Apostolo Gio-vanni diceva ai suoi discepoli: «Ve-dete quale grande amore ci ha datoil Padre per essere chiamati figli diDio, e lo siamo realmente! Per que-sto il mondo non ci conosce... Sia-mo figli di Dio, ma ciò che saremo

non è stato ancora rivelato. Sappia-mo però che quando egli si sarà ma-nifestato, noi saremo simili a lui,perché lo vedremo come egli è» (1Gv 3, 1-2). Vedere Dio, essere similia Dio: questa è la nostra speranza. Eoggi, proprio nel giorno dei Santi eprima del giorno dei Morti, è neces-sario pensare un po’ alla speranza:questa speranza che ci accompagnanella vita. I primi cristiani dipinge-vano la speranza con un’ancora, co-me se la vita fosse l’ancora gettatanella riva del Cielo e tutti noi in-camminati verso quella riva, aggrap-pati alla corda dell’ancora. Questa èuna bella immagine della speranza:avere il cuore ancorato là dove sonoi nostri antenati, dove sono i Santi,dove è Gesù, dove è Dio. Questa èla speranza che non delude; oggi edomani sono giorni di speranza.

La speranza è un po’ come il lie-vito, che ti fa allargare l’anima; cisono momenti difficili nella vita, macon la speranza l’anima va avanti eguarda a ciò che ci aspetta. Oggi èun giorno di speranza. I nostri fra-telli e sorelle sono alla presenza diDio e anche noi saremo lì, per puragrazia del Signore, se cammineremosulla strada di Gesù. Concludel’Apostolo Giovanni: «Chiunque haquesta speranza in lui, purifica sestesso» (v.3). Anche la speranza cipurifica, ci alleggerisce; questa puri-ficazione nella speranza in Gesù Cri-sto ci fa andare in fretta, prontamen-te. In questo pre-tramonto d’oggi,ognuno di noi può pensare al tra-monto della sua vita: «Come sarà ilmio tramonto?». Tutti noi avremoun tramonto, tutti! Lo guardo consperanza? Lo guardo con quellagioia di essere accolto dal Signore?Questo è un pensiero cristiano, checi dà pace. Oggi è un giorno digioia, ma di una gioia serena, tran-quilla, della gioia della pace. Pensia-mo al tramonto di tanti fratelli e so-relle che ci hanno preceduti, pensia-mo al nostro tramonto, quando ver-rà. E pensiamo al nostro cuore e do-mandiamoci: «Dove è ancorato il

mio cuore?». Se non fosse ancoratobene, ancoriamolo là, in quella riva,sapendo che la speranza non deludeperché il Signore Gesù non delude.

Al termine della celebrazione, dopo lapreghiera per i defunti, il Papa haaggiunto le seguenti parole.

Vorrei anche pregare in modo spe-ciale per i nostri fratelli e le nostresorelle che in questi giorni sono mor-

ti mentre cercavano una liberazione,una vita più degna. Abbiamo vistole immagini, la crudeltà del deserto,abbiamo visto il mare dove tanti so-no affogati. Preghiamo per loro. Epreghiamo anche per quelli che sisono salvati, e in questo momentosono in tanti posti d’accoglienza,ammucchiati, sperando che le prati-che legali si affrettino per poterseneandare da un’altra parte, più como-di, in altri centri di accoglienza.

La santità non è un privilegiodi pochi «superuomini»ma «una vocazione per tutti».Lo ha detto Papa Francescoall’Angelus recitato a mezzogiornodi venerdì 1° novembre, solennitàdi Tutti i Santi.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!la festa di Tutti i Santi, che oggi ce-lebriamo, ci ricorda che il traguardodella nostra esistenza non è la mor-te, è il Paradiso! Lo scrive l’ap osto-lo Giovanni: «Ciò che saremo nonè stato ancora rivelato. Sappiamoperò che quando egli si sarà mani-festato, noi saremo simili a lui, per-ché lo vedremo così come egli è» (1Gv 3, 2). I Santi, gli amici di Dio,ci assicurano che questa promessanon delude. Nella loro esistenza ter-rena, infatti, hanno vissuto in co-munione profonda con Dio. Nelvolto dei fratelli più piccoli e di-sprezzati hanno veduto il volto diDio, e ora lo contemplano faccia afaccia nella sua bellezza gloriosa.

I Santi non sono superuomini, nésono nati perfetti. Sono come noi,

come ognuno di noi, sono personeche prima di raggiungere la gloriadel cielo hanno vissuto una vitanormale, con gioie e dolori, fatichee speranze. Ma cosa ha cambiato laloro vita? Quando hanno conosciu-to l’amore di Dio, lo hanno seguitocon tutto il cuore, senza condizionie ipocrisie; hanno speso la loro vitaal servizio degli altri, hanno soppor-tato sofferenze e avversità senzaodiare e rispondendo al male con ilbene, diffondendo gioia e pace.Questa è la vita dei Santi: personeche per amore di Dio nella loro vitanon hanno posto condizioni a Lui;non sono stati ipocriti; hanno spesola loro vita al servizio degli altri perservire il prossimo; hanno soffertotante avversità, ma senza odiare. ISanti non hanno mai odiato. Capitebene questo: l’amore è di Dio, mal’odio da chi viene? L’odio non vie-ne da Dio, ma dal diavolo! E i San-ti si sono allontanati dal diavolo; iSanti sono uomini e donne chehanno la gioia nel cuore e la tra-smettono agli altri. Mai odiare, maservire gli altri, i più bisognosi; pre-

gare e vivere nella gioia; questa è lastrada della santità!

Essere santi non è un privilegiodi pochi, come se qualcuno avesseavuto una grossa eredità; tutti noinel Battesimo abbiamo l’eredità dipoter diventare santi. La santità èuna vocazione per tutti. Tutti perciòsiamo chiamati a camminare sullavia della santità, e questa via ha unnome, un volto: il volto di GesùCristo. Lui ci insegna a diventaresanti. Lui nel Vangelo ci mostra lastrada: quella delle Beatitudini (cfr.Mt 5, 1-12). Il Regno dei cieli, infat-ti, è per quanti non pongono la lo-ro sicurezza nelle cose, manell’amore di Dio; per quanti hannoun cuore semplice, umile, non pre-sumono di essere giusti e non giudi-cano gli altri, quanti sanno soffrirecon chi soffre e gioire con chi gioi-sce, non sono violenti ma misericor-diosi e cercano di essere artefici diriconciliazione e di pace. Il Santo,la Santa è artefice di riconciliazionee di pace; aiuta sempre la gente ariconciliarsi e aiuta sempre affinchéci sia la pace. E così è bella la santi-tà; è una bella strada!

Oggi, in questa festa, i Santi cidanno un messaggio. Ci dicono: fi-datevi del Signore, perché il Signo-re non delude! Non delude mai, èun buon amico sempre al nostrofianco. Con la loro testimonianza iSanti ci incoraggiano a non averepaura di andare controcorrente o diessere incompresi e derisi quandoparliamo di Lui e del Vangelo; cidimostrano con la loro vita che chirimane fedele a Dio e alla sua Paro-la sperimenta già su questa terra ilconforto del suo amore e poi il“centuplo” nell’eternità. Questo èciò che speriamo e domandiamo alSignore per i nostri fratelli e sorelledefunti. Con sapienza la Chiesa haposto in stretta sequenza la festa diTutti i Santi e la Commemorazione ditutti i fedeli defunti. Alla nostra pre-ghiera di lode a Dio e di venerazio-ne degli spiriti beati si unisce l’ora-zione di suffragio per quanti ci han-no preceduto nel passaggio da que-sto mondo alla vita eterna.

Affidiamo la nostra preghieraall’intercessione di Maria, Regina diTutti i Santi.

Al termine della recitadella preghiera mariana, il Ponteficeha salutato alcuni dei gruppi presenti,annunciando che nel pomeriggiosi sarebbe recato al cimitero romanodel Verano per celebrare la messa.

Cari fratelli e sorelle,vi saluto tutti con affetto, special-mente le famiglie, i gruppi parroc-chiali e le associazioni.

Un caloroso saluto rivolgo aquanti hanno partecipato questamattina alla Corsa dei Santi, orga-nizzata dalla Fondazione «Don Bo-sco nel mondo». San Paolo direbbeche tutta la vita del cristiano è una“corsa” per conquistare il premio

della santità: voi ci date un buonesempio! Grazie per questa corsa!

Questo pomeriggio, mi recherò alcimitero del Verano e celebrerò là laSanta Messa. Sarò unito spiritual-mente a quanti in questi giorni visi-tano i cimiteri, dove dormono colo-ro che ci hanno preceduti nel segnodella fede e attendono il giorno del-la risurrezione. In particolare, pre-gherò per le vittime della violenza,specialmente per i cristiani che han-no perso la vita a causa delle perse-cuzioni. Pregherò anche in modospeciale per quanti, fratelli e sorellenostri, uomini, donne e bambini so-no morti assaliti dalla sete, dalla fa-me e dalla fatica nel tragitto perraggiungere una condizione di vitamigliore. In questi giorni abbiamovisto nei giornali quell’immaginecrudele del deserto: facciamo tutti,in silenzio, una preghiera per questifratelli e sorelle nostre.

A tutti auguro una buona festa diTutti i Santi. Arrivederci e buonpranzo!

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L’OSSERVATORE ROMANO novembre 2013 numero 17

Sua madre confrontavatutte queste cose nel suo cuoredonne chiesa mondo

Suore e carceriSbarre, muri, lucchetti, catene. Uomini, donne eanche bambini; detenuti colpevoli, detenuti innocenti,immigrati clandestini, bracci della morte, campi diprigionia nella storia di ieri e di oggi; martirio.Insieme, per mano, nell’ascolto, nella preghiera enell’abbraccio, suore che trovano e hanno trovatonell’assistenza ai carcerati un modo concreto perlenire tante ferite, anche perché — come harecentemente ricordato Papa Francesco (accogliendo ildono di una borsa confezionata a mano per lui dalledetenute del carcere romano di Rebibbia) — «nessunacella è così isolata da escludere il Signore, nessuna».Entrare nelle carceri per essere davvero vicine a chi viè rinchiuso richiede una grande forza diimmedesimazione perché tempo, suoni, colori,priorità, tutto cambia dietro le sbarre. Dove laconseguenza più terribile è la perdita della speranza.Non tanto il cuore spezzato, ma il cuore che diventapietra. Alla relazione tra suore e carceri è dedicatoquesto numero. Alle suore che vi entrano per stareaccanto ai detenuti, ma anche alle suore che lacarcerazione l’hanno vissuta sulla loro pelle. Perché inentrambe le situazioni, le religiose si dimostranocapaci di vivere questo momento come autenticacomprensione della loro missione di donne e direligiose. Per questo numero, Isabella Ducrot —appassionata di rose che coltiva da anni con sapienzae amore — ha disegnato una specifica varietà diquesto fiore. Sono cespugli composti di piccoli,perfetti pon pon bianco latte tra cui fanno capolino,qua e là, boccioli rosso rubino; le foglie sono piccole,ordinate, scure e sempreverdi. Queste rose sichiamano Félicité et Perpétue, e prendono il nome dadue giovani donne che subirono il martirio sottoSettimio Severo. E che morendo ci hanno lasciato untesto di passione, dignità e coraggio. Di fede, dicarcere e di femminilità. (g.g.)

Sdraiate sull’asfalto per i clandestiniIntervista a suor Pat e suor JoAnn che operano nel sistema carcerario di Chicago

di ELIZABETH SIMARI

«Come suore della Misericordia siamochiamate a essere solidali con le nostre so-relle e i nostri fratelli immigrati clandesti-namente». Suor Pat Murphy e suorJoAnn Persch hanno preso sul serio que-sta vocazione e stanno facendo la loroparte nell’aiutare gli undici milioni di im-migrati privi di documenti negli StatiUniti. Per anni hanno svolto il loro mini-stero nelle carceri di Chicago, in Illinois,lavorando in particolare presso il Broad-view Immigration Processing Center, luo-go in cui gli immigrati illegali sono rin-chiusi fino al processo. Le due religiose sisono conosciute quando erano ancora gio-vani suore, e non c’è voluto molto perchéscoprissero che la loro spiritualità e il lorosenso di giustizia erano molto compatibili.La partecipazione a programmi sulla dot-trina sociale della Chiesa, gestiti dai gesui-ti, le ha aiutate ad ascoltare la loro chia-mata: dedicarsi alle questioni di giustizia.Oggi s’impegnano a tutti i livelli per con-tribuire a fare approvare dal Congressostatunitense una legge che darebbe ad al-cuni giovani privi di documenti e alle lorofamiglie la possibilità di ottenere la citta-dinanza. «Siamo donne di speranza, quin-di non ci arrenderemo».

Come siete arrivate a interessarvi di immi-grazione clandestina?

La giustizia sociale è sempre stata alcentro dei nostri interessi. Siamo cresciutein città diverse, ma entrambe abbiamo fat-

to parte di gruppi di azione cattolica. Lamorte di tre suore e di una missionaria lai-ca nel Salvador, di monsignor Romero,dei gesuiti e della loro governante, ci haspinte a reagire. È stata questa, in parte, lanostra prima chiamata a dedicarci agli im-migrati, e, nel caso specifico, ai rifugiaticentroamericani che scappavano dalla vio-lenza. Nel 1990 abbiamo inaugurato e in-cominciato a gestire Su Casa, una casadella comunità cattolica per i rifugiati cen-tramericani. Accoglievamo uomini, donnee bambini provenienti da quelle terre, tuttivittime di torture. Per sei anni abbiamovissuto e lavorato a Su Casa, che è ancoraaperta e accoglie donne e bimbi ispaniciche non hanno un tetto.

Poi è entrato in scena anche il BroadviewImmigration Processing Center...

Nel 2006 la nostra comunità ci ha chie-sto di andare a conoscere dei “veri” immi-

granti, quindi abbiamo cercato una nuovasfida. Abbiamo sentito parlare di un avvo-cato, Royal Berg, che proprio in quell’an-no aveva deciso di andare a pregare nelcentro dell’immigrazione di Broadview do-ve la gente veniva rinchiusa in attesa dicontrolli. Ci siamo unite a lui nel gennaiodel 2007: abbiamo capito che la nostra vo-cazione era di essere lì ogni venerdì. Quel-la prima settimana c’erano solo tre suoredella Misericordia e l’avvocato. Ora, inve-ce, ogni settimana partecipano circa unaquarantina di persone. Cinque di noi en-trano prima che sia consentito l’accesso aifamiliari; due si dedicano alle famiglie,dando loro notizie su dove andranno i lo-ro cari e i recapiti di case sicure; altre par-lano con quanti verranno spostati in altrestrutture in attesa di giudizio.

Il permesso di salire sui pullman dei clande-stini e di entrare nel centro avete dovutoc o n q u i s t a rl o .

È una lunga storia. Parlando con i fa-miliari che venivano a salutare coloro chevenivano rinchiusi, abbiamo capito cheavremmo dovuto essere presenti all’internodella struttura per offrire loro cure pasto-rali. Lo abbiamo chiesto, ma la risposta èstata negativa. Ci siamo allora accordatecon un gruppo di pressione per sdraiarcidavanti ai pullman diretti all’aeroporto al-lo scopo di denunciare la violazione deidiritti umani e religiosi. Il fatto che fosse-ro coinvolte nella protesta due arzille suo-re anzianotte ha suscitato grande scalporenei media. Così i servizi deputati all’immi-grazione ci hanno chiamate: volevano trat-tare. Il risultato è stato che dall’aprile del2009 siamo state autorizzate a salire sugliautobus diretti all’aeroporto per pregarecon i “passeggeri”. Ci sono volute peròancora altre trattative perché fossimo auto-rizzate anche a entrare per parlare e pre-gare con gli immigrati clandestini. Un

degli uomini e delle donne che ospitiamoe assistiamo stringono stretti legami connoi e con il nostro personale. Se ci pren-diamo cura di loro è perché non hannouna famiglia in questo Paese, non hannoun permesso di lavoro e per essere ascolta-ti in tribunale talvolta devono attendereanni.

Vi recate settimanalmente anche nel carceredistrettuale McHenry.

Ogni martedì, una squadra compostada una quindicina tra uomini e donne si

reca nel carcere distrettuale McHenry. Idetenuti si mettono in lista per incontrar-ci. Si tratta di visite a contatto personale ediretto, poiché vengono in una stanza connoi. Dialoghiamo, forniamo loro informa-zioni su ciò che accade quando si vienerimpatriati, trasmettiamo messaggi quandoci chiedono di fare qualche telefonata, di-stribuiamo materiale di lettura religioso eBibbie, se lo desiderano. Terminiamo sem-pre con una preghiera. Ci dicono ancheper che cosa vogliono che si preghi, e noilo scriviamo e lo mandiamo alle diversecomunità confessionali. Quando non han-no soldi per telefonare a casa o comprarecose necessarie, versiamo dieci dollari sulloro conto per le spese personali.

Perché è importante per gli Stati Uniti lavo-rare nel campo dell’immigrazione? Quali iproblemi fondamentali da risolvere?

L’immigrazione è al centro del nostroPaese e della nostra Chiesa. Quando te-niamo qualche discorso in pubblico, spes-so usiamo le basi scritturali per spiegare ilnostro bisogno di essere accoglienti e diandare incontro agli altri. La questionepiù importante è l’unità della famiglia.Continuiamo a vedere famiglie lacerate,bambini senza genitori, coniugi lasciati so-li; assistiamo al formarsi di una nuova ca-tegoria di poveri, laddove spesso la fami-glia era solida e le persone erano membriproduttivi della società.

Papa Francesco ha condannato la globalizza-zione dell’indifferenza, proponendo una globa-lizzazione della fraternità. Come può una glo-balizzazione della fraternità aiutare a risolve-re le questioni relative all’i m m i g ra z i o n e ?

Amiamo molto l’omelia pronunciata aLampedusa. La citiamo nei nostri discorsie ne distribuiamo copia. La globalizzazio-ne dell’indifferenza è letale per la questio-ne dell’immigrazione e per il mondo ingenerale. È un’omelia di una tale forza:che dono sarebbe la globalizzazione dellafraternità! Significherebbe vivere il Vange-lo. Spesso diciamo: è difficile fare il Van-gelo. Questo perché viviamo in una cultu-ra di isolamento e di paura. Non esiste-rebbe un problema dell’immigrazione sepraticassimo la globalizzazione della fra-ternità. Invece di riconoscere che siamofratelli e sorelle, viviamo nella cultura delnoi e del loro: siamo convinti che se gli al-tri non sono come noi, non possono esse-re buoni.

Il Papa ha invitato ad aiutare quanti sononelle periferie. Che ruolo hanno le religiosenell’aiutare gli emarginati, e quali doni speci-fici possiedono le donne nel prestare questoaiuto?

Le religiose sono in prima linea nel la-voro con gli emarginati. La nostra comu-nità è impegnata a lavorare con i poveri egli oppressi, ma questo vale per tutte lereligiose. Andiamo dove c’è bisogno e la-voriamo con tutti. Dobbiamo far saperealle nostre sorelle e ai nostri fratelli chenon sono soli. Abbiamo la capacità dischierarci e di parlare a favore di coloroche non possono o non sanno farlo. Ledonne sono dotate di gentilezza e di sensomaterno, ma sono anche molto forti ed èproprio dell’istinto materno proteggere gliindifesi e schierarsi in loro favore. Nondobbiamo aver paura di rischiare per amo-re del Vangelo.

Ogni martedì ci rechiamonel carcere distrettuale McHenryI detenuti si mettono in lista per incontrarciCi dicono per cosa vogliono che si preghie noi lo facciamo sapere alle diverse comunità

Nel 1990 suor Pat Murphye suor JoAnn Perschhanno avviato a Chicagola comunità cattolicaper lavoratori Su Casa,destinata ai rifugiaticentramericani richiedentiasilo e sopravvissuti alletorture. Qualche anno dopo,hanno quindi avviato CasaNotre Dame per le donnein cura dalle dipendenzee i loro figli. Oggi operanocome volontarie di giustiziaper le suoredella Misericordia di Chicago,nell’area del West/Midwest.Hanno creatoe ora coordinano il comitatoi n t e rc o n f e s s i o n a l eper gli immigrati detenuti.

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Suore filippine visitano una prigione di Manila (foto Asia News)

Che rapporto sviluppatecon coloro che vengonorinchiusi e le loro fami-glie?

Alcune di queste per-sone vengono detenuteper mesi o perfino peranni. Molte di loro sipresentano regolarmen-te, quindi riusciamo astabilire un legame che,in parte, continua anchedopo. Uno dei detenutiche è venuto a incon-trarci aveva moglie e unfiglio a Chicago. Questihanno incominciato avenire a Broadview, ecosì abbiamo conosciutoanche loro. Il maritoadesso è fuori su cauzio-ne, e quindi a volte par-tecipa alla veglia. Siamoandate a casa loro e lafamiglia è venuta da noi.Stiamo tutti pregandoperché l’uomo non ven-ga trasferito quando cisarà il processo. Ora ab-biamo un programmapost-detenzione e molti

gruppo di sostegno ha intanto preparatoun disegno di legge per consentire aglioperatori pastorali di entrare nelle carceridell’Illinois e incontrare i detenuti per im-migrazione clandestina. Eravamo ciò chedefinivano “il volto della legge”. E così cisiamo messe a fare pressione e alla fine lalegge è stata approvata. Era il 2008. Con-cretamente, però, abbiamo dovuto aspetta-re fino al 2010 prima di poter effettiva-mente entrare. Il nostro motto è: «Lo fac-ciamo in modo pacifico e rispettoso, manon accettiamo mai un no come risposta».

Isabella Ducrot,«Félicité et Perpétue» (2013)

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L’OSSERVATORE ROMANO novembre 2013 numero 17

Inserto mensile a cura di RI TA N N A ARMENI e LU C E T TA SCARAFFIA, in redazione GIULIA GALEOTTIwww.osservatoreromano.va - per abbonamenti: [email protected] a

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Noi prigioniere in Sierra LeoneTra violenze terribili, nel 1995 sette religiose furono rinchiuse con giovani, adulti e bambini in un campo di detenzione

di RI TA N N A ARMENI

Suor Rita e suor Carla ogni settima-na si recano all’istituto penale ma-schile di Rebibbia, a Roma. La do-menica ascoltano la messa con i de-tenuti. Alcuni dopo si avvicinano e

chiedono di parlare con loro. Altri li cono-scono da tempo e anche con loro trovano iltempo per qualche parola. Quegli uomini so-no in prigione da anni e hanno ancora moltotempo da trascorrere in carcere. Hanno unpassato cupo, un presente triste, un futurobuio, ma con quella richiesta mostrano chequalcosa in loro non si è definitivamente rot-to. Il desiderio di comunicare, di farsi ascol-tare è rimasto.

Suor Lucia è infermiera e si reca invece nelreparto dell’ospedale Sandro Pertini, semprea Roma, dove ci sono i detenuti malati.

Suor Rita a Rebibbia ci va da dieci anni.Da dieci anni ascolta le loro storie e i lorodrammi. «Tutti — mi racconta all’uscita dauna delle sue visite — hanno qualcosa dentro

tare, i detenuti hanno desiderio e bisogno dip a r l a re .

Ma perché proprio con le suore? Perché idetenuti spesso preferiscono parlare con loropiuttosto che con altri? Nelle carceri, anchein quelle dell’inadeguato sistema penitenzia-rio italiano, ci sono i medici, gli psicologi, gliassistenti sociali, eppure — è constatato — siparla più volentieri con le suore.

Suor Carla ne è pienamente consapevole:«Sanno bene che noi non possiamo far nien-te per loro dal punto di vista pratico, masanno anche che non abbiamo alcun secondofine se non l’ascolto. Per questo ci accolgonovolentieri». E — aggiunge suor Rita — «capi-scono che siamo lì per loro, solo per loro ece lo dicono. Ci tengono a precisare chequello che dicono a noi ad altri non lo direb-b ero».

Così l’accoglienza diventa reciproca espontanea. Il conforto conosce le vie semplicidella parola, della comprensione, dell’atten-

che vogliono tirare fuori, che vogliono rac-contare. Sono storie terribili che spesso nonsi sanno neppure spiegare. Uno di loro incarcere per omicidio ancora non sa chiarireneppure a se stesso perché un giorno ha uc-ciso un uomo e poi lo ha fatto a pezzi e hanascosto ogni pezzo in un luogo diverso.Continua a ripetere: “perché? perché?”».

Lei non sembra sconvolta da narrazionicosì drammatiche, le sue parole sono calme,

che devo andare lì, fra di loro, che hanno bi-sogno di me. Nel reparto dove viene ricove-rato chi ha problemi psichiatrici qualcuno loha detto esplicitamente: “Non voglio lo psi-chiatra, voglio la suora”. E un altro mi hapregato: “Suora, non mi abbandoni”. Io nonfaccio domande, li ascolto, ma so che così liposso aiutare».

Ricorda suor Carla che un giorno, dopo lamessa, un detenuto le si è avvicinato perchiederle se poteva ancora dire il Padre no-stro. «Perché no? Che dubbi hai?» le hachiesto la religiosa. «Perché non sono dispo-sto a perdonare» le ha risposto il detenuto.Lui aveva ammazzato l’uomo che aveva vio-lentato e ucciso sua moglie. Era in carcereper quel delitto, stava scontando una durapena, sapeva di aver fatto una cosa orribilema, nonostante questo, non era disponibileal perdono, non aveva intenzione di «rimet-tere» alcun debito e in quella preghiera, sisa, lo si dice chiaramente.

Suor Carla ha ascoltato e capito. Chi leparlava non era ancora pronto al pentimentoe al perdono, i tempi dovevano essere piùlunghi, il percorso era più difficile. «Puoidirlo il Padre nostro — gli ha risposto — conquella preghiera chiedi a Dio di aiutarti a fa-re quello che finora non hai fatto. Chiedi cheti dia la forza che non hai. È lo stesso validae importante».

Su suor Rita, suor Carla e suor Lucia inquelle ore che trascorrono in carcere si river-sano tutti i dolori e i dubbi e anche le incer-tezze del futuro di coloro che in quell’istitutodi pena sono costretti a stare per anni.

Anche le paure di chi all’apparenza è unprivilegiato perché in qualche modo ha cer-cato di pareggiare i suoi conti con la giusti-zia. Suor Rita ha conosciuto molti che si so-no pentiti, che sono diventati collaboratori digiustizia che forse, in seguito a questo, po-trebbero avere un futuro migliore. «Ma an-che per loro — mi spiega — i giorni che ver-ranno sono bui. Devono cambiare tutto: fac-cia, abitudini, Paese e poi, dopo alcuni anniin cui hanno l’aiuto dello Stato, comunquesono di nuovo soli. Devono pensare intera-mente alla loro vita, al loro lavoro, ai loro af-fetti. Hanno paura e alle suore lo confessa-no».

Dopo aver parlato con le tre religiose chesi recano a Rebibbia mi sono chiesta se il la-voro delle suore nelle carceri è coordinato ediretto da qualcuno, se ci sono dei numeri,dei dati sulla loro presenza negli istituti dipena, se la loro capacità di ascolto è cono-sciuta e apprezzata.

Ho appreso da Virgilio Balducchi, ispetto-re capo dei cappellani carcerari italiani, che inumeri sono incerti, che solo in questi ultimitempi si sta tentando un censimento, che per

questo si è messo in contatto con l’Unionesuperiore maggiori d’Italia per costruire in-sieme progetti e proposte. Per ora, da un pri-mo parziale censimento, si può dire che lesuore che vanno negli istituti di pena sonocirca duecento, tutte volontarie, perché dal1975 è finito per legge il loro ruolo di vigila-trici.

Rimane la domanda su che cosa spingequesto gruppo di religiose che probabilmentefra di loro non si conoscono, che non sonocoordinate da alcun organismo superiore, al-la loro missione nelle carceri.

«C’è qualcosa che mi spinge, qualcosa dimolto forte — cerca di spiegare suor Lucia —e anche se ci metto ben due ore per arrivarea Rebibbia o all’ospedale Pertini, non saltoun giorno di visita. Mi accorgo che le miepreghiere sono sempre rivolte a loro. Ho ca-pito che non potevo abbandonarli per nessu-na ragione fin dalla mia prima visita in unistituto di pena. Ricordo che il giorno dopoaver visto per la prima volta un carcere misono recata per una cerimonia a San Pietro etutto il tempo ho pensato solo a quei malati,a quei detenuti. Sono scoppiata a piangereper il loro dolore, la loro miseria».

La loro miseria. Le religiose, malgrado laloro consuetudine al carcere, ne sono semprecolpite. «Fin dal primo giorno — raccontasuor Carla — mi è stato chiaro che erano ipoveri che pagavano più di tutti, erano loroche non avevano un lavoro, che non avevanouna famiglia, che spesso non sapevano nep-pure leggere e scrivere a finire poi in carcere.Alcuni volevano fare la cresima, io davo loroqualcosa da leggere per prepararsi e vergo-gnandosi mi chiedevano se potevo farlo io...Loro non erano capaci».

Di fronte a questa solitudine, a questo ab-bandono, a questa inimmaginabile povertà laparola delle religiose appare la sola ricchezza,la sola attenzione, il solo dono che chi è ingalera riesce ad avere.

Per questo i detenuti non smettono di cer-carle e loro non smettono di andare a trovar-li. Anche se solo per un saluto, una preghie-ra insieme e la promessa: «Ci rivediamo fraqualche giorno».

Il romanzo

Il corpo docileMilena è nata in carcere e lì è rimasta finoa tre anni quando, come prevede la legge,è uscita, andando a vivere con il padre.La mamma invece è rimasta in cella ascontare la pena. Tutta la vita di Milena èsegnata da quell’esperienza e da queldistacco. Le hanno detto che in carcere cistanno i cattivi e lei all’asilo cerca didiventarlo per poter tornare dallamamma. Da grande ogni sabato,attraverso un’associazione, tornerà aRebibbia a prendere i bimbi che vivono lìcon le madri per portarli a conoscere ilmondo. Il libro di Rosella Postorino Ilcorpo docile (Einaudi, 2013) racconta lasegregazione che rende i corpi di chi lasubisce inermi e obbedienti. «Decidonoloro quando e quanto dobbiamo mangiarequando e quanto dobbiamo dormire,quando e quanto dobbiamo parlare. Sichiama civiltà. Una pena senza dolore».Una pena ancora più grande e tremendaperché, sempre loro decidono quando equanto un bimbo deve restare in queldolore e in quella pena e quando deveandarsene (obbligatoriamente a tre anni)separandosi dalla mamma con cui èvissuto in simbiosi. Il corpo docile non è unsaggio di sociologia o un pamphlet sullecondizioni carcerarie: è un bel romanzo,intenso, pieno di dolore e di affanno, incui si dipana la vita di una donna che èstata bambina in carcere e che da quelcarcere non sa più liberarsi. Milenacontinua a sentire una colpa e un dolore;la strada per guarire è ancora lunga. Sonocirca sessanta i bimbi che vivono ogginelle prigioni italiane con le loro mamme.Il numero, che sembra basso, non puòoccultare la grandezza e la profondità deldolore e dell’ingiustizia. Postorino ha ilgran merito di raccontarcelo in tutta lasua verità. (@ritannaarmeni)

Il film

Dead man walkingDead man walking (1995) narra l’i n c o n t rotra suor Helen Prejean (Susan Sarandon)e Matthew Poncelet (Sean Penn):

a pochi giornidall’esecuzione,l’uomo — razzista,violento, stupratoree omicida — scegliela religiosa comeguida spirituale.Tratto (con qualchevariazione)dall’omonimoro m a n z oautobiografico disuor Helen Prejean,la pellicola di TimRobbins ha alcentro un incontrodifficilissimo.

Specie per la donna, che si vedrà attaccatada tutti per la sua scelta di vicinanza conun individuo così negativo. Dead manwalking è un film contro la pena di morte,contro un sistema che salva i ricchi econdanna i poveri, contro l’odio checorrode. Ma è, soprattutto, la storia di unascolto reciproco. «Gesù era un uomopericoloso» dice durante uno dei loroincontri suor Helen a Poncelet, che ribatte«Cosa vi è di pericoloso nell’amare ilproprio fratello?». Il pericolo sta nellaforza travolgente dell’amore, capace dicambiare radicalmente le cose, rispondelei. E a soli quindici minuti dall’iniezioneletale, la religiosa saprà di non aver amatoinvano. (@GiuliGaleotti)

SUOR MAŁG O R Z ATA E LE D ONNE NELLA CHIESA

Suor Małgorzata Chmielewska, interpellata dalsettimanale di Cracovia «Tygodnik Powszechny» sulleparole di Papa Francesco riguardo al ruolo delle donnenella Chiesa pronunciate nel corso dell’intervista alla«Civiltà cattolica», ha dichiarato che la Chiesa almaschile può funzionare come istituzione, ma non comecomunità: «Dio infatti ha creato l’uomo e la donna, e ilmondo diviso o privo di una delle due parti èincompleto. Non si tratta di scambiare i compiti: nonvedo differenza di valore — ha detto la religiosa, superioradella Comunità Pane della Vita — tra il ministero di unvescovo e l’assistenza ai bimbi disabili. Il primo è uncompito maschile, il secondo più spesso femminile. Ilproblema consiste nel fatto che la voce delle persone cheassistono i bimbi (e si tratta solo di un esempio) nellavita della Chiesa non si sente. Non è presente nel suoinsegnamento e nella sua vita quotidiana. Sembrerebbeche l’esperienza della fede dei milioni di donne abbianella Chiesa un significato minore. Forse per questomotivo il linguaggio della predicazione spesso apparemenomato, staccato dal quotidiano, forgiato nelleistituzioni accademiche da uomini lontani dalla realtà.Così quando arriva dall’Argentina un Papa che lava ipiedi di una ragazza si ha una sorta di shock. Perché? Unp o’ provocatoriamente, direi che le donne, occupate come

sono di cose concrete, non hanno né tempo né voglia dicombattere per avere più spazio. Il Papa non invita alottare, ma invece a costruire un modello di relazioni trafratelli e sorelle, relazioni non corporative in questa stranacorporazione dove dirigenti sono solo uomini. Ilproblema non è il sacerdozio femminile, il mio sogno nonè di diventare vescovo: vorrei soltanto che l’esp erienzadelle mie sorelle che vivono la fede fosse considerata unaricchezza della Chiesa. Gesù era circondato da donne,apprezzava la loro fede e il loro impegno, invitava aseguire il loro esempio. Penso, non senza malizia, cheabbia scelto gli apostoli tra gli uomini perché sapeva chese avesse chiamato le donne, i bimbi sarebbero rimastisenza pranzo, nelle case avrebbe regnato il disordine e gliuomini, invece di darsi da fare, si sarebbero messi adibattere su politica e religione. Le parole del Papa sonoun invito a cercare non solo la riconciliazione tra i sessi,ma anche la loro unione nel servizio a Cristo».

L’ELEZIONE DI ANTJE JACKELÉN

Il 15 ottobre scorso Antje Jackelén, vescovo della diocesiluterana svedese di Lund (intervistata per noi da UllaGudmundson nel numero di maggio 2013), è stata elettaarcivescovo della Chiesa svedese. Ha ottenuto il 55 percento dei voti.

ESSERE BAMBINE IN COLOMBIA

Si è svolto in ottobre a Bogotá il congresso «Le bambineal centro», celebrato all’interno della campagna «Essereuna bambina», promossa dalla ong Plan International,che opera in cinquanta Paesi in via di sviluppoimpegnandosi nella tutela dei diritti dell’infanzia. Nelcorso dei lavori un gruppo di adolescenti ha fattoesplicita richiesta di avere le stesse opportunità deibambini, oltre al rispetto in qualità di esseri umani e allatutela da parte dello Stato. Le cifre presentate hannorivelato le condizioni di violenza e abuso in cui vivonomigliaia di bambine colombiane. Carenze sanitarie enutrizionali, enorme mole di lavoro domestico, saluteprecaria e violenze subite nell’ambito familiare: sonoquesti gli ostacoli che le piccole incontrano nel lorocammino verso l’istruzione. Secondo i dati ufficiali, su100 bimbe che iniziano a istruirsi, 77 riescono a portare atermine la scuola primaria e solo 22 l’intero ciclo.

DIECI ANNI DALL’OMICIDIO DI ANNALENA TONELLI

Sono passati dieci anni dall’uccisione di Annalena Tonelli,la volontaria italiana che per oltre tre decenni ha assistitole popolazioni somale colpite dalla tubercolosi. Annalenavenne uccisa da due uomini armati la sera del 5 ottobre2003 nella struttura sanitaria da lei diretta e fondata a

Borama, nel nord della Somalia. Nel giugno dello stessoanno le era stato conferito il Premio Nansen per iRifugiati, assegnato ogni anno dall’Alto Commissariatoper le Nazioni Unite (Unhcr) a chi si distingue nelservizio ai rifugiati. «Sono partita per l’Africa decisa agridare il Vangelo con la vita, sulla scia di Charles deFoucauld», ripeteva spesso Annalena. A Boramal’ospedale e la scuola per bambini sordi da lei fondaticontinuano a operare, come riporta il documentariorealizzato per l’occasione dall’Unhcr che è stato direcente proiettato a Nairobi.

DUEMILA BIMBI BOLIVIANI IN CARCERE CON LE MADRI

Per mancanza di alternativa, sarebbero circa duemila ibambini boliviani costretti a vivere in carcere con le madridetenute. Preoccupato dal fenomeno, reso ancora piùdrammatico a causa dei maltrattamenti e delle violenze

che i piccoli subiscono nelle prigioni, il Governo stacorrendo ai ripari. Il primo passo è stato l’avvio deltrasferimento altrove degli ultraundicenni. La speranza èdi liberare la maggior parte dei bimbi entro fine anno.

PRIMA VITTORIA PER LE DONNE DEL MURO

Dal lontano 1988 (come ha raccontato Anna Foa su«donne chiesa mondo» dello scorso aprile) aGerusalemme le Donne del Muro rivendicano il diritto dipregare ad alta voce, come gli uomini, al Muro delPianto. Ebbene, grazie alla mediazione di NatanSharansky (presidente dell’Agenzia ebraica), d’ora in poianche le donne potranno farlo come gli uomini (conscialle, copricapo e filatteri) e potranno leggerepubblicamente la Torah. Le donne, però, hanno dovutoaccettare di ritirarsi dalla loro postazione nel settore

femminile, pregando a una decina di metri di distanza dalmuro. La prima vittoria è dunque un compromesso. Ma èugualmente un passo avanti storico.

L’INDIA NON FIRMA CONTRO LE SPOSE BAMBINE

L’India, che detiene il record mondiale di spose bambinecon 24 milioni di matrimoni (circa il quaranta per centodel totale nel globo), si è rifiutata di firmare la primarisoluzione globale contro le nozze forzate, premature etra bambini, promossa dalle Nazioni Unite. Larisoluzione è sostenuta da 107 Paesi, compresi quelli incui le nozze tra minori sono legali come Etiopia, Sudan,Sierra Leone, Ciad, Guatemala, Honduras e Yemen.

MADRE LAU R A D OTTORE DELLA CHIESA?

Laura Montoya (1874-1949), la prima santa colombiana,potrebbe ricevere il più importante titolo che la Chiesacattolica conferisce dopo la santità. In occasione delsessantaquattresimo anniversario della morte di madreLaura, canonizzata lo scorso 12 maggio da PapaFrancesco, infatti, «El Tiempo» ha rivelato che il casosarà presentato a breve alla Congregazione delle Causedei Santi. Se la richiesta venisse accolta, madre Lauraentrerebbe a far parte del ristretto gruppo di dottori della

Chiesa cattolica (34 santi), andando ad affiancare Teresad’Avila, Caterina da Siena, Teresa di Lisieux e Ildegardadi Bingen. «È possibile che madre Laura diventi dottore.Oltre a essere stata un grande pastore della Chiesa, èstata una grande intellettuale», ha affermato il gesuitaCarlos Novoa, docente della Pontificia UniversidadJaveriana. Padre Novoa ha poi ricordato che, mentresvolgeva la sua opera missionaria tra gli indios, lareligiosa si distinse come scrittrice. Pubblicò infatti più ditrenta libri, tra i quali l’autobiografia, considerata ungioiello prezioso della letteratura religiosa e mistica. «Ma,oltre a ciò, sarebbe una conferma della lotta che madreLaura condusse contro la discriminazione delle donne.Sarebbe un grande contributo a un Paese maschilistacome la Colombia», ha aggiunto il gesuita, il quale haricordato che madre Laura Montoya dovette lottareduramente contro la Chiesa e la società per portare avantila sua opera evangelizzatrice e sociale tra gli indios, inun’epoca in cui alla donna veniva proibito quasi tutto. LaSanta Sede impiegherà più o meno cinque anni perstudiare i testi e le proposte evangelizzatrici della santacolombiana, soprattutto sul ruolo della donna nellaChiesa.

Il saggio

Il buio dietro di meNel 1993 in Arkansas, Jason Baldwin,Jessie Misskelley e Damien Echolsvengono arrestati con l’accusa di averucciso tre bambini. Nell’isteria collettiva,tra false testimonianze e prove inesistenti,Baldwin e Misskelley sono condannatiall’ergastolo, Echols alla pena di morte.Ci vorranno poco meno di vent’anniperché la loro totale innocenza siariconosciuta. Nel libro Il buio dietro di me(Einaudi, 2013) Damien Echols raccontain prima persona la sua vita e la follia diquei diciotto anni di carcere da innocente.A salvarlo, due donne. Lorri, conosciuta esposata durante la detenzione, anima ecorpo del movimento di opinionepubblica che chiese la revisione delprocesso. E, soprattutto, la nonna: sono iricordi dell’infanzia passata accanto a lei,il calore e gli insegnamenti da ella ricevutiche hanno permesso a questo giovaneuomo di non impazzire. (@GiuliGaleotti)

I guerriglieri non venivanoda noi alla ricerca di coseVenivano a cercare la nostra povertàamata e abitata da DioE vi trovavano uno spazio di riposo

All’improvviso il carcere diventò per me una reggiaDal diario di Perpetua e Felicita, martirizzate a Cartagine il 7 marzo 203

Perché voglio la suoraInchiesta sulla presenza delle religiose nel carcere romano di Rebibbia

I detenuti hanno un passato cupoun presente triste e un futuro buioMa con quella richiesta mostranoche qualcosa in loronon si è definitivamente rotto

Tutti hanno qualcosa dentroche vogliono tirare fuori e raccontareSono storie terribili che spessonon si sanno neppure spiegare

di TERESA BELLO*

Relazione accessibile ad altri, farsispazio abitato da Dio dove altripossano entrare. Farsi spazio.Questa categoria che mi ritornaalla mente mi riporta di colpo nel

1995, indietro di diciotto anni, all’esp erienzadella prigionia in Sierra Leone, più esattamen-te nel campo militare, dove noi sette sorellefummo condotte dai ribelli dopo il nostro se-q u e s t ro .

Centinaia i civili catturati come noi, di pun-to in bianco, dalle loro case. Soprattutto gio-vani e bambini, ma non mancavano gli adulti.

Anche noi come loro, senza nulla di nostro,in tutto dipendenti dai guerriglieri e testimonidi una violenza assurda, inflitta del tutto gra-tuitamente su una popolazione innocente eignara. Tutti esposti all’insicurezza per la pro-pria vita. Giovani e bambini obbligati ad ad-destrarsi per essere guerriglieri. Tentativi difuga. Catture ed esecuzioni.

L’orrore che ho sentito a volte fino alle ossaper quel che succedeva, la consapevolezza del-la mia piccolezza e impotenza in quel nonsen-so assoluto e insieme la verità della preghierache poteva anche lì metterci in relazione conDio. È lì, che per la prima volta ho vissuto lamissione nella sua essenzialità. Urgenza di ve-rità, bisogno di vita, ricerca di Dio.

Era questo grido che io avvertivo dai mieifratelli guerriglieri e dalle loro vittime. Nelbraccio che colpiva e nella vittima che subiva icolpi risuonava il silenzio di Dio. Ma il mira-

colo è che quel silenzio non è stato un silen-zio muto, ma di rivelazione.

Una scena a cui sono tornata tante voltedurante questi anni sempre cercando di capirecome ha potuto quel silenzio svelarmi la pre-senza. Non so ancora dirlo. Ma è stata quellapresenza che mi ha salvato, portandomi attra-

verso quei giorni senza che il male mi toccassein profondità.

È questa presenza che i guerriglieri veniva-no a cercare facendo sosta nell’angolo delcampo militare dove eravamo confinate ed èqui che per la prima volta ho avvertito la mis-sione come un grembo che accoglie e nutre la

vita, non per sua capacità ma per la presenzache lo abita.

Ci fu dato per grazia, e in particolare incerti momenti, di essere spazio di accoglienzaove quei nostri fratelli in preda a una violenza

armati, si lasciavano scappare espressioni co-me: sono confuso... benedicimi! Odiano senzaragione... voglio anch’io quel segno... (la crocesulla nostra fronte, quel mercoledì delle cene-ri), vengo a stare un po’ con voi... insegnamia pregare... Che grazia incredibile la missione!

Davvero un tesoro in vasi d’argilla, propriocome lo spazio nel quale noi stesse ci ritrovia-mo grazie al dono del Figlio, uno spazio abi-tato da Dio e accessibile ai fratelli, dove l’in-contro può avvenire non grazie alla nostrasantità, sempre lontana, ma grazie alla santitàdi Dio che nella sua onnipotenza misericor-diosa sa usare strumenti poveri e deboli, vasid’argilla, appunto, per raggiungere i suoi figli.

Come donna mi piace pensarmi così, atten-ta a quelle possibilità di vita a volte appenapercettibili, come le visite dei guerriglieri, ledomande del tassista e mille altre occasioniquotidiane per accoglierle nello spazio vitaledella mia relazione con Dio sapendo che lagrazia saprà fecondarle e farle crescere. Non cisarà sempre dato di vedere lo svolgersi di que-sta crescita che rimane un mistero, ma sappia-mo che avviene certamente, e allora proseguia-mo il nostro cammino con la speranza che cidà la nostra fede, vale a dire una speranza cheè già garanzia di vita piena perché porta la fir-ma di Dio.

Voglia il Signore renderci sempre più Chie-sa, casa abitata da lui dove altri possono en-trare perché avvenga l’i n c o n t ro .

*Missionaria di Maria, saveriana

Proprio in quell’intervallo di po-chi giorni fummo battezzati, e ame lo Spirito suggerì di non

chiedere all’acqua null’altro se non laforza di resistere nella carne. Dopopochi giorni siamo rinchiusi in carce-re, e mi spaventai perché mai avevosperimentato tali tenebre.

Oh giorno terribile! Caldo soffo-cante provocato dall’affollamento,estorsioni da parte dei soldati. E infi-ne mi struggevo di preoccupazioneper il mio bambino, lì.

Allora Terzio e Pomponio, i diaconibenedetti che ci assistevano, pagandouna mancia, ci ottennero di essere tra-sferiti per poche ore in una parte mi-gliore del carcere, dove potevamo tro-vare ristoro.

Allora, uscendo dal carcere (sotter-raneo) tutti avevano modo di pensarea sé: io allattavo il bambino ormaistremato dall’inedia; preoccupatacom’ero per lui, parlavo con mia ma-dre, facevo coraggio a mio fratello,raccomandavo mio figlio. Mi tormen-tavo proprio perché li vedevo tormen-tarsi a causa mia.

Sopportai tali preoccupazioni permolti giorni e ottenni che il bambinorimanesse con me in carcere; e subitosi riprese e fui sollevata dalla pena edalla preoccupazione per il bambino,e il carcere diventò per me all’i m p ro v -viso una reggia, tanto che preferivoessere lì piuttosto che in qualsiasi al-tro luogo. (...)

Il giorno prima del combattimentovedo questo in visione. Il diaconoPomponio era venuto alla porta delcarcere e bussava con forza.

E uscii incontro a lui e gli aprii: eravestito di una tunica bianca senza cin-tura e aveva sandali intrecciati.

E mi disse: «Perpetua, ti aspettia-mo: vieni». E mi prese per mano e

cominciammo a camminare per luoghiaspri e tortuosi.

A stento e trafelati giungemmo fi-nalmente all’anfiteatro e mi condussein mezzo all’arena. E mi disse: «Nonaver paura: sono qui con te e lottocon te». E se ne andò.

E vedo un’immensa folla in mutaattesa; e poiché sapevo di essere statacondannata alle fiere mi stupivo cheper me non si facessero uscire le fiere.

E uscì contro di me un Egizio diorribile aspetto con i suoi aiutanti,per combattere con me. Anche versodi me vengono giovani di bell’asp ettomiei aiutanti e sostenitori.

E fui spogliata e fui fatta maschio.E i miei aiutanti presero a strofinarmicon olio, come si usa nella lotta: percontro vedo quell’Egizio rotolarsi nel-la polvere.

E uscì un uomo di straordinariagrandezza, che superava perfino lasommità dell’anfiteatro: era vestito diuna tunica senza cintura, con in mez-

zo al petto una striscia di porpora fradue chiodi e aveva sandali dall’i n t re c -cio complicato d’oro e d’argento; eportava una verga come un lanista eun ramo verde con mele d’o ro .

E chiese silenzio e disse: «QuestoEgizio, se vincerà costei, la uccideràcon la spada; e, se sarà lei a vincerelui, riceverà questo ramo». E si ritirò.

E ci avvicinammo l’uno all’altra eincominciammo a scambiarci i primicolpi: lui voleva afferrarmi i piedi, maio gli colpivo il volto con i calci.

E fui sollevata in aria e presi a col-pirlo come chi non tocca terra. E co-me avvertii un attimo di pausa, giunsile mani in modo da intrecciare le ditae gli afferrai il capo, ed egli caddefaccia a terra; e gli calcai il capo.

E la folla cominciò ad acclamare e imiei sostenitori a cantare salmi. E miavvicinai al lanista e ricevetti il ramo.

E mi baciò e mi disse: «Figlia, lapace sia con te». E mi avviai in trion-fo alla porta Sanavivaria.

E mi svegliai, e compresi che noncon le fiere, ma contro il diavolo avreicombattuto; ma sapevo che mia era lavittoria.

Questo è ciò che ho fatto fino algiorno precedente il combattimento;quanto poi allo svolgimento del com-battimento, altri lo descriva, se vorrà.(...)

Quanto a Felicita, il Signore con-cesse anche a lei una grazia di tal ge-n e re .

Poiché era già all’ottavo mese digravidanza (infatti era stata arrestataincinta), all’avvicinarsi del giorno del-lo spettacolo era in grande pena, neltimore che (il martirio) venisse rinvia-to per la gravidanza (non è lecito in-fatti che le gestanti siano condotte alsupplizio) e di dover versare il pro-prio sangue santo e innocente più tar-di fra altri criminali.

Ma anche i compagni di martirioerano profondamente addolorati allaprospettiva di lasciare sola sulla viadella medesima speranza una compa-gna così valida, che aveva percorsoquasi tutto il viaggio con loro.

Pertanto rivolsero la preghiera alSignore unendo i loro gemiti concordidue giorni prima del combattimento.

Subito dopo la preghiera la colserole doglie. E poiché si lamentava sof-frendo per le naturali difficoltà di unparto di otto mesi, uno degli inser-vienti del carcere le disse: «Se ora tilamenti così, cosa farai quando saraiesposta alle fiere, che pure hai di-sprezzato quando ti sei rifiutata di sa-c r i f i c a re ? » .

Ed ella rispose: «Ora sono io a sof-frire ciò che soffro; là invece ci sarà inme un altro che soffrirà per me per-ché anch’io soffrirò per lui».

Così partorì una bambina che unasorella allevò come una figlia propria.

assurda, potevano ogni tanto accedere e ripo-sare un momento.

Quel venire dei guerriglieri non era dettatodalla ricerca di cose: anche noi, per una volta,non avevamo nulla di nostro, neppure damangiare. Non venivano alla ricerca di cosedunque, ma venivano a cercare la nostra po-vertà amata e abitata da Dio. E vi trovavanouno spazio di riposo.

È la meraviglia della missione. È questal’immagine più cara che ancora mi porto nelcuore, dopo tanti anni. In quel loro venire, lanostra sensibilità di donne ci permetteva di in-tuire bisogni non detti e ricerche non dichiara-te, ma qualche volta il loro cuore era troppopieno di violenza fatta e subita, e allora, sedu-ti per terra, nella loro tenuta di soldati sempre

intrise di pietà. «Hanno bisogno di qualcunoche li ascolti, che ascolti il loro disagio, checomprenda la difficoltà della loro vita». Espesso il disagio, il dolore non riguarda soloil passato, le colpe commesse, ma anche perla loro vita presente, così come si svolge nellec a rc e r i .

Quando una suora si avvicina a un dete-nuto non sa nulla di lui. In genere si è recatain quell’istituto di pena spontaneamente,spinta dal desiderio di ascoltare ed è stataammessa dopo un accordo con la direzione.La relazione fra lei e il detenuto si svolgequindi senza alcuna formalità, senza alcunadirettiva. Le suore sono disponibili ad ascol-

zione, della possibilità di esprimere i dubbi,tutti i dubbi, anche quelli che nessun altrocapirebbe. Loro, è evidente, in quella vita disofferenza continuano a cercare una madre,una donna che rimane al loro fianco qualun-que cosa abbiano fatto.

Racconta suor Carla che spesso i detenuticon cui parla alla fine le fanno delle promes-se. «Sorella — le dicono — io cercherò di faretutto quello che lei mi dice perché lei per meè come la mia mamma». Suor Lucia passafra le celle dell’ospedale e si sente salutare.«Buon giorno mamma», le dicono. Lei si fer-ma per scambiare due parole. «Non facciograndi cose — mi racconta — ma ho capito

Perpetua è una giovane catecumena, arrestata nel 203 nell’Africa proconsolare,probabilmente a Thiburbo Minus, e poi processata e giustiziata a Cartagine. Dinobile origine e con una buona istruzione — scriverà lei stessa il diario della pri-gionia — ha ventidue anni e un figlio lattante. La sua famiglia d’origine, che sidispera per la cattura, è pagana, tranne uno dei fratelli, e il padre cerca in tutti imodi di farla recedere dalla sua dichiarazione di fede. Accanto a lei è prigio n i e raFelicita, di umile origine, forse sua schiava, che partorisce dietro le sbarre. Quan-do il padre sottrae a Perpetua il bambino, che lei custodiva in carcere, lei accetta

perché vede anche lì la mano di Dio: «Come Dio volle non desiderò più il seno».Prima del supplizio Perpetua ha una visione, densa di richiami biblici, e ottienedai secondini un ultimo pasto collettivo dei catecumeni, che diventa un’agape. Lapassione di Felicita è uno dei primi testi scritti da mano femminile, con passione,dignità e coraggio. Ne riportiamo alcuni stralci tratti da «“E fui fatta maschio”.la donna nel cristianesimo primitivo (secoli I-III)» di Clementina Mazzucco (Ca-sa Editrice Le Lettere, 1989)

Santa Perpetua (Cappella arcivescovile,mosaico del V secolo, Ravenna)

Santa Felicita (Cappella arcivescovile,mosaico del V secolo, Ravenna)

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L’eucaristia di Papa Francesco a Santa Marta

Gabrielae le ostie dal carcere

di LU C E T TA SCARAFFIA

Le ostie costituiscono la materia più preziosa che si usa nelrito liturgico perché diventano — nella consacrazione — ilcorpo di Cristo. Proprio per questo è sempre stata tradizio-

ne che venissero preparate dalle mani più pure, quelle delle ver-gini dedicate a Dio, le suore di clausura. E con procedimenti an-tichi, non certo in modo industriale. Proprio per questo non es-sere semplice materia, ma materia che si appresta a trasformarsinella transustanziazione, possono esercitare un’influenza positivasu chi le prepara.

È proprio quello che devono avere pensato le suore benedetti-ne di San Isidro, sobborgo di Buenos Aires, posto nelle vicinan-ze di un penitenziario, che hanno deciso di condividere l’o n o redella preparazionedelle ostie con le de-tenute.

Nel realizzare lapreparazione — checomprende un ciclocompleto a partiredalla macina del gra-no per arrivareall’ostia finita — si èdistinta una detenu-ta, reclusa nella Uni-dad 47 del peniten-ziario di Buenos Ai-res, che da un annoprepara ostie di otti-ma qualità. L’idea dicoinvolgere le dete-nute nella prepara-zione delle ostie èstata accolta e ap-poggiata dal cappel-lano della prigione,Jorge García Cueva,e dal presbitero JuanIgnacio Pandolfini, iquali hanno notatocome, da quando èstata indirizzata allapreparazione delleostie, la detenutaGaby C. è «riuscitaa dare un senso allasua vita di reclusio-ne» tanto da non cadere più nelle sue fasi di depressione.

La produzione di questo laboratorio serve a rifornire varie par-rocchie e collegi della diocesi, e la domanda cresce in momentidell’anno speciali, come la Settimana santa, il Corpus Domini eil Natale. Ma non solo: da qualche mese queste ostie — p ro p r i ole migliori, quelle preparate dalla detenuta Gaby C. — sono arri-vate al Papa, che dal 10 luglio celebra con queste la sua messaquotidiana nella cappella di Santa Marta.

Pochi giorni dopo aver ricevuto il regalo delle ostie, Francescoha scritto una lettera alla detenuta: «Cara Gabriela, monsignorOjea mi ha portato la sua lettera. La ringrazio per la fiducia… eper le ostie. Da domani celebrerò la messa con esse e le assicuroche questo mi emoziona. Il suo racconto mi ha fatto pensare, equesto mi porta a pregare per lei… ma mi dà gioia e sicurezzache lei preghi per me. La terrò vicina. Grazie ancora di avermiscritto e di avermi mandato le foto: le terrò davanti a me sullamia scrivania. Che Gesù la benedica e la Vergine Santa abbia cu-ra di lei. Cordialmente, Francesco».

La gioia e l’emozione provocata da questa lettera nella squadradella pastorale carceraria e soprattutto in Gaby sono indicibili.La donna si è sentita rimarginare le ferite provocate dalla prigio-nia — molestie, maltrattamenti e in sostanza un regime che pro-voca la sua svalutazione come persona — e ha commentato: laparola del Papa «mi dà conforto, non solo per me, ma anche peri miei genitori, che sono molto credenti».

Il successo della scelta di inserire le detenute nel processo dipreparazione delle ostie ha fatto riflettere i membri della pastora-le carceraria, che hanno così trovato modo di fare un bilancio delproprio lavoro. Ci sono molte e molti Gaby — confermano i re-sponsabili della pastorale nelle carceri — e «oggi lei è il simbolodegli incarcerati, è la voce di tutti gli esclusi che accompagniamoe visitiamo in ogni padiglione, in ogni cella. Non abbiamo dubbiche sia la voce di Gesù incarcerato in ognuno di essi, che gridaalla società per essere ascoltato, accompagnato e riconosciuto. Ilcarcere ci porta la misericordia di Dio per fare udire questa vocedei dimenticati ed emarginati, che nella nostra società ci rifiutia-mo di vedere e di ascoltare».

Latte, ruota e libroLa santa del mese raccontata da Luisa Muraro

«L a santa Caterina era fi-glia d’un re». Così co-minciava una filastroc-ca scherzosa che can-tavamo da ragazze.

Raccontava il conflitto tra Caterinad’Alessandria e suo padre pagano. In real-tà, cioè nella leggenda ufficiale (non c’èstoria documentata), il conflitto che laporta al martirio è con l’imperatore roma-no Massimino. Ma sempre di uomini chefanno la legge si tratta.

Le origini regali sono un attributo me-taforico delle donne che danno provad’indipendenza simbolica, quelle cheAnnarosa Buttarelli chiama «sovrane» inun libro che ha proprio questo titolo. DiGuglielma Boema dicevano che era figliae sorella di re (e forse era vero allalettera); ascendenze regali Margherita Po-rete attribuisce simbolicamente alle «ani-me annientate» e la poetessa EmilyDickinson a sé.

L’iconografia conferma le origini regalidi Caterina, che tra i santi è riconoscibileper alcuni simboli che sono la corona intesta, un libro in una mano, spesso la pal-ma del martirio nell’altra, e una ruota aisuoi piedi.

L’imperatore l’aveva condannata allatortura della ruota, che miracolosamentenon funzionò; ordinò allora il taglio della

testa che si staccò dal corpo facendo sgor-gare non sangue ma latte. Lei divenne co-sì la patrona dei fabbricanti di ruote e del-le donne che allattano. E il libro? L’imp e-ratore tentò di riportarla al culto degli deie le mandò a questo scopo cinquanta filo-sofi, ma fu lei a convincere loro della su-periorità del messaggio cristiano, diven-tando così la patrona dei filosofi. Latte,ruota, libro, davvero una magnifica costel-lazione di simboli.

Di questa grande santa della Chiesaorientale molte cose evocano la figura sto-rica di Ipazia d’Alessandria, filosofa neo-platonica martirizzata nel 415 da un grup-po di cristiani fanatici al tempo del vesco-vo e padre della Chiesa Cirillo, che laconsiderava con un’ombra di gelosia per ilgrande seguito di cui godeva. Alcuni han-no avanzato l’ipotesi che santa Caterinad’Alessandria sia una figura creata per ri-parare e coprire questo misfatto. Non cisono prove. D’altra parte non ci sono pro-ve nemmeno dell’esistenza storica dellamartire cristiana. È per questo che il suoculto è stato limitato ma, fortunatamente,non soppresso.

Il vantaggio delle figure leggendarie èche si offrono alla nostra fantasia senzapreclusioni. Caterina è stata per secoli unapresenza viva nella pietà popolare e unesempio di grandezza femminile. Quando,dall’Oriente si diffusero in Occidente iracconti dei pellegrini e dei crociati, l’Eu-ropa si popolò di donne di nome Cateri-na, e di cappelle o chiese con lo stesso ti-tolo.

Nella basilica di San Clemente in Romaa santa Caterina è intitolata una cappellaaffrescata da Masolino da Panicale. Fra lechiese, la più imponente è forse la basilicadi Galatina, nel Salento. Il ciclo pittoricoa lei dedicato comincia mostrandola cheentra, seguita da altre donne, nel luogo diun culto pagano, alza il braccio indicando

Dio. Il documento più impressionante diciò lo offre il processo di condanna diGiovanna d’Arco. Santa Caterina, insiemea santa Margherita, anche questa venutadall’Oriente, è una presenza costante alfianco di Giovanna, accusata di essere unastrega e un’eretica: «Santa Caterina hadetto che verrà in mio aiuto», «Santa Ca-terina mi risponde subito», «Su questo miconsiglierà santa Caterina» e così via.

Nelle prime udienze, lei parla delle vociche le trasmettono la volontà divina, masenza dargli un nome. L’inquisitore la in-calza, vuole che dica se era la voce di unangelo, di un santo o di una santa, oppu-re «quella di Dio senza intermediari».Formula insidiosa, quest’ultima, del che la

giovane donna — aveva diciannove an-ni — sembra avvertita, perché a

questo punto dà al giudice l’in-formazione richiesta: «Erano

le voci di santa Caterina e disanta Margherita, che han-no il capo cinto di bellecorone, ornate e prezio-se». Aggiunge: «Dio miha permesso di rivelar-lo», spiegando così la suapassata reticenza.

Il testo del processorappresenta un documen-to, storico e spirituale in-

sieme, stupefacente. Illustraun conflitto che sembra fatal-

mente impari, tutto essendodalla parte del tribunale, auto-

rità, esperienza, dottrina, potere,e tutto invece che finisce per sbi-lanciarsi dall’altra parte, di unadiciannovenne che difende il suoonore di cristiana e la sua libertàdi coscienza.

A questo servono le sante e isanti, suppongo.

Filosofa e scrittrice,Luisa Muraroha insegnato a lungoall’università di Verona.È stata tra le fondatricidella Libreriadelle Donne di Milanoe della comunità filosoficaD iotima.È autrice, tra gli altri, diIl pensiero della differenzasessuale (1987),L’ordine simbolicodella madre (1991),Oltre l’uguaglianza.Le radici femminilidell’autorità (1994),Lingua materna,scienza divina. Scrittisulla filosofia misticadi Margherita Porete (1995),Le amiche di Dio (2001),Il Dio delle donne (2003),Non è da tutti.L’indicibile fortunadi nascere donna (2011),Dio è violent (2012),Au t o r i t à (2013).

Statua di legno dipintodi santa Caterina,

vincitrice dell’i m p e ra t o re(XV secolo)

«Era figlia d’un re» cantavamoIn realtà il conflitto di Caterinaera con l’imperatore, non con il padreMa si tratta comunque dello scontrocon maschi che fanno la legge

Questa donna liberache disobbedisce agli uominiper obbedire a Dioè stata per secoli una presenza vivanella pietà popolare

il cielo e predica; gli adoratori degli idoli— alcuni vestiti da prelati! — non le presta-no attenzione ma l’imperatore sì: dal tro-no punta un dito sulla contestatrice e idue, entrambi incoronati, si fronteggianoin primo piano, a destra e a sinistra delq u a d ro .

Ci sono anche testimonianze scritte. Silegge, negli atti del processo contro la“setta” guglielmita, ai tempi di PapaBonifacio VIII, che le devote di Guglielmaaggiravano i divieti dell’Inquisizionevenerando la loro santa sotto le sembianzedi santa Caterina che facevano dipingerein questa o quella chiesa della città.

Arrivando in Europa Caterina non per-se il suo tratto di donna libera capace didisobbedire agli uomini per obbedire a