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221 L’INDUSTRIA / n.s., a. XXVII, n. 2, aprile-giugno 2007 La valutazione degli effetti economici degli incentivi alle imprese/3 Gli incentivi per la ricerca e lo sviluppo industriale stimolano la produttività della ricerca e la crescita delle imprese? Evidenza sul caso italiano Monica Merito, Silvia Giannangeli, Andrea Bonaccorsi Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Politecnico di Milano, Università di Pisa Classificazione JEL: L2; H2; O3 1. INTRODUZIONE Il sostegno pubblico alla R&S privata è una misura tradizionale delle po- litiche industriali dei paesi occidentali ormai da diversi decenni. Negli ultimi anni l’incremento dell’intensità generale dell’attività innovativa, e in partico- lare degli investimenti privati in R&S, è stato riconosciuto quale componente chiave delle politiche di innovazione da molti governi europei (Commissione Europea, 2004). Com’è noto, l’argomento principe a favore dell’intervento pubblico è la di- screpanza sistematica tra il tasso di rendimento privato e quello pubblico degli investimenti in R&S (Nelson, 1959; Arrow, 1962). Il meccanismo di mercato non soddisfa l’equilibrio tra la domanda e l’offerta di nuova conoscenza, poiché essa non è appropriabile e non rivale nel consumo. In queste condizioni, gli in- centivi privati all’investimento in R&S sono inferiori al livello sociale ottimale. Un secondo argomento giustifica l’intervento pubblico in base all’esistenza di imperfezioni nei mercati finanziari. Gli investimenti in R&S sono soggetti a for- ti asimmetrie di informazione tra inventori o innovatori e finanziatori esterni (Hall, 2002). I mercati finanziari possono essere riluttanti a fornire capitale di rischio o di debito, generando un aumento del costo dei finanziamenti ester- ni riducendo in maniera significativa il valore netto attuale dei progetti di ri- cerca. Erogando contributi alle attività di R&S, i governi mirano ad aumentare il numero di progetti intrapresi (Hall, Van Reenen 2000). La dimensione delle imprese ha un ruolo importante nel determinare gli incentivi a intraprendere progetti di R&S. Il valore attuale degli investimenti in R&S, infatti, dipende dalla possibilità per l’impresa di escludere i concorrenti dallo sfruttamento dei risultati innovativi della ricerca. La possibilità di escludere dipende, oltre che

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221L’INDUSTRIA / n.s., a. XXVII, n. 2, aprile-giugno 2007

La valutazione degli effetti economici degli incentivi alle imprese/3

Gli incentivi per la ricerca e lo sviluppo industriale stimolano la produttivitàdella ricerca e la crescita delle imprese?Evidenza sul caso italianoMonica Merito, Silvia Giannangeli, Andrea Bonaccorsi

Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Politecnico di Milano, Università di Pisa

Classificazione JEL: L2; H2; O3

1. INTRODUZIONE

Il sostegno pubblico alla R&S privata è una misura tradizionale delle po-litiche industriali dei paesi occidentali ormai da diversi decenni. Negli ultimi anni l’incremento dell’intensità generale dell’attività innovativa, e in partico-lare degli investimenti privati in R&S, è stato riconosciuto quale componente chiave delle politiche di innovazione da molti governi europei (Commissione Europea, 2004).

Com’è noto, l’argomento principe a favore dell’intervento pubblico è la di-screpanza sistematica tra il tasso di rendimento privato e quello pubblico degli investimenti in R&S (Nelson, 1959; Arrow, 1962). Il meccanismo di mercato non soddisfa l’equilibrio tra la domanda e l’offerta di nuova conoscenza, poiché essa non è appropriabile e non rivale nel consumo. In queste condizioni, gli in-centivi privati all’investimento in R&S sono inferiori al livello sociale ottimale. Un secondo argomento giustifica l’intervento pubblico in base all’esistenza di imperfezioni nei mercati finanziari. Gli investimenti in R&S sono soggetti a for-ti asimmetrie di informazione tra inventori o innovatori e finanziatori esterni (Hall, 2002). I mercati finanziari possono essere riluttanti a fornire capitale di rischio o di debito, generando un aumento del costo dei finanziamenti ester-ni riducendo in maniera significativa il valore netto attuale dei progetti di ri-cerca. Erogando contributi alle attività di R&S, i governi mirano ad aumentare il numero di progetti intrapresi (Hall, Van Reenen 2000). La dimensione delle imprese ha un ruolo importante nel determinare gli incentivi a intraprendere progetti di R&S. Il valore attuale degli investimenti in R&S, infatti, dipende dalla possibilità per l’impresa di escludere i concorrenti dallo sfruttamento dei risultati innovativi della ricerca. La possibilità di escludere dipende, oltre che

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da fattori legali e di regolamentazione, dal potere di mercato delle imprese. Le imprese piccole spesso mancano di assets complementari e di potere di mercato nei mercati finali, pertanto sono spesso incapaci di internalizzare i benefici che derivano dalle attività di ricerca e scoraggiate a intraprendere investimenti in R&S (Cohen, Klepper 1996). Allo stesso tempo, le imprese di piccole dimen-sioni possono essere soggette a limitazioni finanziarie più severe (Cooley, Qua-drini 2001; Carpenter, Petersen 2002).

È interessante notare come negli ultimi vent’anni la maggior parte dei go-verni e delle organizzazioni internazionali abbia sviluppato, accanto ad argo-menti completamente fondati sull’ipotesi del fallimento dei mercati, anche ar-gomenti di natura politica e nuovi fondamenti logici de facto. Tra questi nuovi fondamenti possiamo individuare i seguenti.

In primo luogo, dopo le profonde crisi industriali dei tardi anni ’70 e dei primi anni ’80, l’obiettivo della creazione di occupazione ha assunto crescente rilevanza e motivato l’intervento dei governi attraverso una pluralità di stru-menti, comprese le politiche dell’innovazione. L’obiettivo occupazionale è tut-tora visibile negli obiettivi dichiarati dei governi per le politiche di R&S e di innovazione (European Commission, 2004). In secondo luogo, negli anni ’90 la nozione di competitività delle imprese ha guadagnato una importanza pri-maria nella riflessione economica (Fagerberg et al., 1999). L’enfasi sulla com-petitività è stata istituzionalizzata attraverso organismi quali il Competitive-ness Council negli Stati Uniti ed è entrata nell’agenda europea con il summit di Lisbona nel 2000. Il lascito di Lisbona ha portato una nuova enfasi su temi legati alla formazione e l’uso produttivo della conoscenza e l’accumulo di ca-pitale umano, noti come economia della conoscenza. Il concetto che l’uso pro-duttivo della conoscenza possa condurre a rendimenti crescenti e ad effetti permanenti di crescita della produttività affonda le radici sia nella teoria della crescita endogena che in quella evolutiva. In base alla prima, la conoscenza è l’unico fattore produttivo il cui valore non diminuisce con l’uso, anzi aumen-ta, producendo spillovers ed esternalità positive e dando origine a opportuni-tà di crescita prolungata (Romer, 1990; Aghion, Howitt 1992). In particolare, questa prospettiva ha enfatizzato il ruolo della produttività nella crescita di lungo termine, riaprendo un ampio dibattito sul ruolo della produttività del lavoro e della produttività totale dei fattori. Il punto fondamentale è quindi l’apprendimento, o l’abilità di assorbire, sviluppare e impiegare la conoscenza in maniera produttiva. Questo non può avvenire attraverso imprese isolate, ma solo con imprese inserite in complessi sistemi di innovazione, formati da una pluralità di istituzioni sia private che pubbliche (Freeman, 1987; Nelson, 1990; Edquist, 1997; Carlsson et al., 2002). In questa prospettiva l’intervento pubblico va ad aggiungersi all’apprendimento collettivo e istituzionalizzato di sistemi di innovazione. Mentre la competitività per sé può implicare un certo numero di politiche infrastrutturali, del mercato del lavoro, del mercato fi-

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nanziario ovvero fiscali, l’attenzione alla conoscenza e all’apprendimento por-ta a concentrare gli obiettivi delle politiche sugli individui.

Non è sempre facile collegare i benefici attesi dei contributi pubblici e i loro obiettivi a grandezze economiche osservabili. In primo luogo, i governi che credono che i contributi per R&S possano essere un aiuto nella lotta alla disoccupazione si aspettano che i contributi pubblici generino nuova occupa-zione. In secondo luogo, l’accento sulla competitività può assumere diverse forme in termini di specifici obiettivi delle politiche. Una di queste possibili forme è supporre che i contributi per R&S producano non solo un incremen-to di fattori produttivi innovativi, ma anche un incremento di risultati tecno-logici, per esempio in termini di numero di brevetti. Un’altra forma è quella di aspettarsi che una migliore competitività si traduca in un incremento di fatturato. In terzo luogo, l’accento sulla conoscenza può portare ad aspettarsi che l’intervento pubblico favorisca la creazione di capitale umano. Ciò può tradursi in un incremento di impiego di personale qualificato, in particolare nelle attività di R&S o comunque connesse all’innovazione, e di produttività del lavoro. Tutte queste variabili sono ragionevoli traduzioni in termini opera-tivi dell’ampio obiettivo delle politiche per la competitività.

Che il sostegno pubblico alle attività private di R&S raggiunga effettiva-mente uno o più dei suoi obiettivi dichiarati è una domanda a cui è possibile rispondere soltanto attraverso un’indagine empirica ex post.

Questo articolo affronta il tema della valutazione ex post delle politiche pubbliche per l’innovazione attraverso un’analisi approfondita dell’impatto di specifiche misure per incentivare le attività di R&S nel contesto italiano. Ci siamo concentrati sugli ultimi anni del Fondo Speciale per la Ricerca Appli-cata (FSRA), lo strumento principale della ricerca industriale e della politica dell’innovazione in Italia fino al 2000, e ne abbiamo valutato gli effetti su va-rie dimensioni della performance delle imprese.

Il contributo di questo articolo alla letteratura esistente è duplice. In pri-mo luogo, esso amplia lo spettro delle variabili di risultato attraverso le quali gran parte della letteratura empirica ha misurato l’efficacia delle sovvenzioni pubbliche per R&S. In secondo luogo, in base alla nostra conoscenza, questo articolo è il primo esercizio formale di valutazione di un programma nazionale di sostegno pubblico alla R&S in Italia 1.

1 Tra gli studi empirici sull’argomento dei programmi di sostegno pubblico alle attivi-tà imprenditoriali in Italia, Del Monte e Scalera (2001) studiano l’efficacia dei programmi di start-up sulla durata della vita delle imprese, Santarelli e Vivarelli (2002) discutono gli effetti di tali programmi alla luce del processo della selezione del mercato e delle correzioni di scala post-ingresso. Colombo e Grilli (2006) forniscono una tassonomia dei programmi nazionali ita-liani di sostegno diretto e mettono in discussione l’efficacia dell’allocazione dei fondi pubblici attraverso meccanismi generici orizzontali di sostegno.

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Il resto dell’articolo è strutturato come segue. Nel paragrafo 2 passiamo brevemente in rassegna la letteratura empirica sull’impatto dei contributi pubblici alla R&S privata sull’innovatività e la performance di mercato delle imprese. Il paragrafo 3 descrive il programma di sostegno pubblico in esame. Nel paragrafo 4 descriviamo il dataset e lo stimatore matching adottato men-tre i risultati empirici sono riportati nel paragrafo 5. Il paragrafo 6 contiene alcuni commenti conclusivi.

2. QUALI SONO GLI EFFETTI OSSERVATI DEI CONTRIBUTI PUBBLICI ALLE ATTIVI-TÀ DI R&S? UNA RASSEGNA DELLA LETTERATURA ESISTENTE

Come in molti altri casi nel mondo reale, i desideri dei governi non si ma-terializzano facilmente. Questo è dovuto in parte a una cattiva progettazio-ne e attuazione delle politiche, in parte a problemi strutturali. Questi ultimi sono stati identificati con chiarezza nella letteratura esistente: è probabile che i contributi pubblici spiazzino gli investimenti privati (David et al., 2000; Jaffe, 2002). Questo effetto può avere origini diverse. In primo luogo, se l’offerta di fattori produttivi per la ricerca, in particolare scienziati e ingegneri, non è elastico nel breve periodo, assegnare fattori produttivi a progetti beneficiati da contributi pubblici implica ridurre le attività su altri progetti (Goolsbee, 1998). In secondo luogo, le agenzie governative possono essere inclini a sele-zionare progetti ad alto tasso di successo, allo scopo di dimostrare l’efficacia delle politiche pubbliche. Questi progetti in genere hanno un profilo di rischio più basso, e sarebbero probabilmente avviati dalle imprese anche in assenza di contributi. Tale effetto è contrario all’obiettivo degli incentivi pubblici, che è quello di generare una spesa aggiuntiva per R&S. In terzo luogo, esistono asimmetrie informative tra le agenzie governative incaricate del processo di selezione dei progetti e le imprese proponenti. Può avvenire che i contributi pubblici siano assegnati a cattive imprese, che usano tali contributi per obietti-vi diversi dalla ricerca, e che ciò nonostante non incorrono in sanzioni.

In quanto effetto di molti fattori, l’impatto netto dei contributi pubbli-ci sulle spese per la ricerca è una questione che è possibile affrontare solo attraverso un’analisi empirica ex post. La letteratura esistente trova risulta-ti eterogenei su questo tema. Una serie di studi ha esaminato la questione della complementarietà, contrapposta alla sostituzione, tra la spesa pubblica in R&S e quella privata. David et al. (2000), dopo un’attenta rassegna della letteratura esistente, traggono la conclusione che l’evidenza empirica sembra «essere a favore della complementarietà degli investimenti pubblici e priva-ti». Tuttavia una meta-analisi più recente conclude che i risultati dipendono dal livello di aggregazione a cui l’analisi è svolta (Garcia-Quevedo, 2005). Ad esempio, Wallsten (2000) ritiene che i contributi pubblici all’interno del

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programma statunitense Small Business Innovation Research (SBIR) spiazzino completamente l’investimento privato. Al contrario, Branstetter e Sakakibara (2002) traggono la conclusione che i contributi pubblici ai consorzi di ricerca in Giappone hanno prodotto un incremento della spesa per la ricerca delle imprese coinvolte, una conclusione condivisa da Lach (2002) per le imprese israeliane.

Risultati ancora più ambigui si riscontrano negli studi che non mirano a esaminare l’impatto degli incentivi pubblici sulla spesa in R&S (un input del processo di innovazione), bensì sulla produzione e sugli output del processo di innovazione stesso. In effetti, prevedere l’impatto del finanziamento pub-blico per la R&S sulla performance tecnologica ed economica delle imprese richiede l’attenta valutazione di una serie di fattori che operano a livello in-dustriale, di impresa e delle caratteristiche dei singoli progetti di R&S.

La relazione causale tra input e output dei processi di innovazione delle imprese è oggetto di un ampio filone di letteratura empirica che pone l’ac-cento sul rischio e l’incertezza insiti nel processo di R&S, e indaga l’impatto delle attività di R&S sulla produttività tecnologica delle imprese (cfr. Crépon et al., 1998 per un modello formale). In aggiunta all’incertezza strutturale sui risultati delle attività di R&S, la valutazione empirica dell’impatto degli in-centivi pubblici sull’attività di innovazione delle imprese è complicata anche dalle differenze nel time-to-market dei risultati della R&S dovute, ad esem-pio, alle caratteristiche delle dinamiche di innovazione industriale (Utterback, 1994) o agli specifici aspetti del progetto di R&S posto in essere. Cooper e Kleinschmidt (1994) trovano, su un campione di imprese di ingegneria chi-mica, che l’organizzazione del progetto, le attività di pre-sviluppo e quelle di marketing hanno un impatto significativo sui tempi di immissione sul mercato delle scoperte tecnologiche. I tempi di commercializzazione delle innovazioni di prodotto o della messa in atto delle innovazioni di processo influenzano la capacità delle imprese di produrre, attraverso le loro attività di R&S ed innovazione, effetti considerevoli sulla performance di mercato, misurabili in base alle vendite o alla redditività (Powell, Moris 2004). Infine, anche se il fi-nanziamento pubblico alla R&S si traduce in un livello maggiore di spesa per R&S e in un aumento dell’attività di innovazione delle imprese, il suo effetto finale sull’occupazione è lungi dall’essere chiaro. Il processo di innovazione può indurre sia la creazione che la distruzione di posti di lavoro a causa di variazioni nella domanda dei fattori, come pure cambiamenti nella struttura della manodopera qualificata dell’impresa. Benché sia possibile un impatto positivo dell’innovazione sull’impiego di capitale umano, Piva et al. (2005) mostrano, in un campione di imprese manifatturiere italiane, che i processi di upskilling sono funzione delle strategie di riorganizzazione delle imprese, più che un effetto diretto del cambiamento tecnologico per sé. Chennels e Van

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Reenen (2002) offrono una rassegna delle evidenze microeconomiche sull’ef-fetto del cambiamento tecnico sulla struttura dell’occupazione e dei salari.

Poiché l’effetto, sia in termini di segno che di orizzonte temporale, dei fi-nanziamenti pubblici alla R&S può differire a seconda dell’aspetto della per-formance delle imprese che si voglia prendere in esame, e poiché i risultati sono spesso soggetti a trade off (per esempio, è difficile raggiungere simul-taneamente gli obiettivi di crescita dell’occupazione e della produttività del lavoro), è opportuno che la valutazione empirica di tali effetti comprenda un insieme di variabili più ampio rispetto alle sole attività di R&S dell’impresa.

La letteratura empirica che ha valutato l’impatto dei programmi pubblici di R&S su misure di performance diverse dalla spesa in R&S delle imprese è relativamente scarsa e i risultati non sono univoci. Hujer e Radic (2005) hanno osservato 2.714 stabilimenti nella Germania occidentale e orientale che hanno ricevuto sostegno pubblico alla R&S privata nel 1997 e nel 1998 e non hanno trovato alcun effetto sulle attività di innovazione, misurate dal-l’introduzione di nuovi prodotti o servizi durante il 1999 e il 2000. Irwin e Klenow (1996) valutano il programma SEMATECH, un grande consorzio di ri-cerca istituito negli Stati Uniti nel 1987. Esaminando i dati delle imprese nel periodo 1970-1993, traggono la conclusione che le imprese consorziate hanno una crescita maggiore di quelle non consorziate in termini di redditività, ma non significativamente diversa in termini di investimenti e di produttività del lavoro. Esaminando le imprese che hanno ricevuto sostegno pubblico trami-te il programma SBIR nel periodo 1983-1985, Lerner (1999) trova che, in un periodo piuttosto prolungato successivo all’incentivo (1985-1995), esse sono cresciute più del campione di controllo in termini di fatturato e di occupa-zione. Al contrario, Wallsten (2000) dimostra che, una volta tenuto conto del problema dell’endogeneità delle assegnazioni degli incentivi pubblici, l’effetto nel breve periodo del programma SBIR sull’occupazione è trascurabile. Recen-temente, Hyytinen e Toivanen (2005) hanno trovato che in un campione di 519 imprese finlandesi analizzate nel 2001, quelle che ricevono sostegno pub-blico per R&S mostrano investimenti più alti in R&S e maggiori prospettive di crescita, specialmente se operano in industrie in media molto dipendenti dal finanziamento esterno.

3. R&S DELLE IMPRESE IN ITALIA E IL FONDO FSRA

La propensione delle imprese a investire in attività di R&S in Italia è da sempre bassa. Questo è principalmente dovuto alla struttura dimensionale dell’industria manifatturiera italiana, caratterizzata da una prevalenza di pic-cole imprese (secondo l’Istat nel 2004 le imprese con meno di 20 dipendenti rappresentavano il 92,9 per cento delle imprese attive nel settore industriale),

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e dalla specializzazione in settori tradizionali, due fattori negativamente asso-ciati alla propensione a innovare del settore privato. D’altra parte, l’ammon-tare dei fondi pubblici a sostegno della ricerca privata sono più alti che negli altri paesi europei occidentali. Nel 2003, il 14,1 per cento delle spese di R&S delle imprese italiane è stato finanziato dal governo, in confronto con l’11,1 per cento, il 10,9 per cento e il 6,1 per cento rispettivamente di Spagna, Re-gno Unito e Germania (dati Eurostat).

In questo articolo ci concentriamo sul Fondo Speciale per la Ricerca Ap-plicata (FSRA), che per almeno vent’anni è stato lo strumento principale della politica per la ricerca industriale e l’innovazione in Italia, sostituito nel 2001 dal Fondo per il sostegno alla Ricerca industriale (FAR). In attesa di qualche evidenza sull’applicazione e l’efficacia di tale riforma, analizzeremo gli ultimi anni di attività del FSRA, il 1999 e il 2000. In quanto intervento di carattere bottom-up, il Fondo ha sostenuto progetti sia di ricerca applicata che di svi-luppo industriale presentati dalle imprese in autonomia dopo una procedura di valutazione ampiamente modificata nel 1997, allo scopo di garantire criteri di selezione omogenei e decisioni rapide.

Le imprese che richiedevano i contributi dovevano evidenziare l’interesse industriale del progetto di R&S in relazione all’impatto economico e occupa-zionale previsto, come pure il suo carattere addizionale rispetto alle attività di ricerca ordinarie. Tuttavia l’aspetto dell’addizionalità era solo presunto per le PMI. Le imprese localizzate nelle regioni del sud e le PMI potevano bene-ficiare anche di finanziamenti più ingenti (da definire in base al costo totale del progetto). Nella procedura di selezione il Ministero italiano per la Ricerca e l’innovazione (MURST) valutava le richieste delle imprese in merito ai be-nefici di crescita previsti, unitamente all’adeguatezza delle risorse finanziarie da dedicare al progetto. Inoltre, l’organo di valutazione pubblico esaminava numerosi aspetti tecnici della proposta, a partire dalla novità e originalità del progetto, fino alla sua realizzabilità tecnica, alle competenze specifiche delle imprese e alle probabili applicazioni delle nuove conoscenze per produrre o sviluppare le innovazioni con conseguente crescita della competitività dell’im-presa e del suo successo di mercato.

4. METODI E DATI

4.1. Metodologia econometrica

La nostra analisi empirica intende valutare se i contributi pubblici alle imprese per R&S abbiano fatto migliorare la performance delle imprese negli anni successivi. Idealmente, avremmo voluto poter osservare quello che sa-rebbe accaduto all’attività innovativa, alla produttività e alla crescita di ogni

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impresa sovvenzionata se essa non avesse ricevuto i contributi del FSRA. Que-sto risultato controfattuale chiaramente non è osservabile e lascia, come uni-co possibile termine di confronto con le imprese finanziate, le imprese che non hanno ricevuto contributi. Uno dei problemi principali connessi all’uso di imprese che non hanno ricevuto finanziamenti quale gruppo di controllo in questo esercizio di valutazione ex post è che i contributi non vengono as-segnati in modo casuale. Anzi, da un lato, le imprese con specifiche caratteri-stiche ex ante possono autoselezionarsi nella procedura di richiesta di finan-ziamenti (Lichtenberg, 1984). D’altra parte, l’agenzia pubblica che assegna i fondi seleziona appositamente i destinatari tra le imprese che fanno domanda in base a specifici criteri di selezione (Busom, 2000; Wallsten, 2000). In ul-tima analisi, le imprese finanziate dal governo sono con maggiore probabi-lità quelle con le idee migliori o dotate di una competenza riconosciuta in determinate tipologie di R&S, il che significa che esse avranno più incentivi a investire privatamente in ricerca, come pure maggiori capacità di ottenere fondi di terzi rispetto alle imprese che non sono finanziate, e che i loro pro-getti avrebbero comunque il maggior rendimento atteso anche in assenza di finanziamenti pubblici. In generale, nello stimare l’impatto dei programmi di sostegno alla R&S si pone il problema di un bias di selezione quando le stes-se caratteristiche latenti dell’impresa influenzano sia l’assegnazione dei sussidi che il risultato finale. Affrontare tale bias di selezione richiede l’imputazione di un appropriato risultato controfattuale per il campione di imprese finan-ziate.

Formalmente, ci interessa stimare l’effetto causale di un trattamento bina-rio (T = 0,1) – presenza/assenza di contributo – su una variabile scalare con-tinua (Y) – attività innovativa, produttività, o crescita – nel nostro campione non casuale di imprese trattate. Questa misura di impatto è nota come effetto medio del trattamento sul campione di soggetti trattati (SATT: Sample Avera-ge Treatment Effect on the Treated). Se (Yi(0), Yi(1)) indicano i due risultati potenziali per l’unità i, cioè, Yi(0) è il risultato dell’impresa i se essa non è sottoposta al trattamento, e Yi(1) è il risultato ottenuto dall’impresa i quando essa è esposta al trattamento, e se N1 è il numero delle unità trattate, il SATT è pari a:

t = –=

11 0

1 1NY Yi i

i Ti

( ( ) ( ))|∑ .

Per essere sicuri che l’effetto interessante del trattamento possa essere identificato e stimato in modo consistente, assumiamo una forma rilassata di «strong ignorability» (Rosenbaum, Rubin 1983; Abadie, Imbens 2002): i) date le caratteristiche pre-trattamento osservabili X, l’assegnazione del trat-tamento è indipendente dal risultato potenziale Y(0) (unconfoundedness per i

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controlli); e ii) la probabilità di essere trattati è sempre inferiore a 1 (overlap). L’effetto medio del trattamento sui soggetti trattati può poi essere ottenuto prima stimando l’effetto medio del trattamento per tutte le x nel supporto di X per le imprese trattate, e poi calcolando la media sulla distribuzione di X condizionale a T = 1.

A questo punto dobbiamo affrontare il problema della stima del risultato in assenza di trattamento, Yi(0), per l’impresa i con covariate x che è stata sottoposta al trattamento. Useremo un approccio di matching che per ogni impresa trattata imputa come risultato non osservabile il risultato medio tra le imprese di controllo con covariate pre-trattamento più simili. Abadie e Im-bens (2002) mostrano che questo semplice stimatore di matching è distorto in campioni finiti quando il matching non è esatto. Per risolvere questo proble-ma essi sviluppano uno stimatore di matching con correzione della distorsio-ne (bias-corrected matching estimator), che corregge la differenza fra le unità abbinate per la differenza nei valori delle rispettive covariate per mezzo di una stima consistente del valore atteso condizionale:

m0(x) = E[Y(0)�X = x].

Essi usano uno stimatore di nearest neighbor matching, che consente a ciascuna unità di essere usata come match più di una volta. Sia JM(i) l’insieme degli indici dei controlli che, in base a una distanza metrica predefinita, sono vicini almeno come l’M-simo match all’unità trattata i. Il risultato potenziale mancante, Yi(0), è quindi imputato come

ˆ ( )# ( )

( ( ) ˆ ( ) ˆ (( )

YJ i

Y X XiM

l il J i

lM

01

0 0 0= + –m m∈∑ )))

dove # JM(i) è il numero di elementi di JM(i), e ˆ ( )m0 x denota la stima di regres-sione da imputare per i controlli con valori delle covariate X = x. Il corrispon-dente stimatore per il SATT è:

ˆ ( ( ) ˆ ( )),|

tM bcm i ii TN

Y Yi

= –=

11 0

1 1∑ ,

dove bcm sta per bias-corrected matching.Abadie e Imbens (2002) dimostrano che il loro stimatore con correzione

della distorsione è consistente e ha una distribuzione campionaria asintotica-mente normale. Inoltre, essi forniscono formule esatte per calcolarne la va-

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rianza consentendo di verificare la significatività dell’effetto del trattamento evitando il bootstrap.

In questo studio abbiamo applicato il loro stimatore di matching con un solo match e la norma di Mahalanobis come distanza metrica tra valori di-versi delle covariate. La distanza di Mahalanobis pesa la differenza dei valori pre-trattamento delle covariate in base all’inverso della loro matrice di varian-ze e covarianze. La correzione della distorsione è stata stimata per mezzo di una regressione lineare sui match nel gruppo di controllo. L’analisi nel suo complesso è stata effettuata per mezzo del modulo nnmatch in Stata (Abadie et al., 2001). Oltre a calcolare l’effetto del trattamento sul valor medio delle variabili di risultato, abbiamo anche esaminato se i trattati e i rispettivi match tra i controlli differivano rispetto all’intera distribuzione post-trattamento del-le variabili di risultato, disegnando le funzioni di distribuzione cumulate delle misure di performance nei due gruppi di imprese e testandone l’uguaglianza.

4.2. Campione e dati

Le informazioni sui progetti di R&S e le imprese selezionate per i finan-ziamenti tra il 1999 e il 2000 vengono dal Ministero italiano per la Ricerca. Si sono quindi cercate le imprese trattate nella banca dati Amadeus (Bureau van Dijk), la fonte più ampia di dati finanziari per le imprese europee, che comprende anche i bilanci riclassificati delle imprese italiane con un fatturato di almeno 500 mila euro. Abbiamo potuto reperire i bilanci di esercizio di 208 imprese che hanno beneficiato di sussidi pubblici su 380 totali. A cau-sa dello scarso numero di imprese di servizi tra quelle destinatarie di contri-buti (secondo il loro codice NACE di attività economica principale segnalato da Amadeus), e dell’incompletezza delle loro informazioni finanziarie, oltre che per esigenze di confrontabilità con gran parte della letteratura applicata internazionale, abbiamo concentrato l’analisi empirica solo su imprese mani-fatturiere 2. Il campione finale di unità trattate consisteva di 185 imprese ma-nifatturiere selezionate per ricevere un finanziamento del FSRA tra il 1999 e il 2000, e per le quali erano disponibili le informazioni finanziarie.

Un gruppo di controllo è stato in seguito selezionato, per mezzo di una procedura di campionamento casuale stratificato, tra le industrie manifattu-riere italiane in Amadeus. Il campionamento è stato stratificato in base alla classe dimensionale, cioè, a seconda che l’impresa avesse almeno 250 dipen-denti o un numero inferiore, e dunque che fosse, rispettivamente, una grande

2 Non siamo riusciti a reperire tra le imprese italiane un controllo adeguato relativo a STMicroelectronics srl, un produttore di semiconduttori a livello mondiale, per questo lo ab-biamo escluso dall’esercizio di valutazione.

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impresa o una PMI. Le differenze nell’accesso agli interventi del FSRA tra le PMI e le grandi imprese, come pure la distribuzione dimensionale delle impre-se trattate distorta verso l’alto rispetto alla popolazione generale delle imprese italiane, ha richiesto un tale criterio di stratificazione. All’interno di ogni stra-to per ogni impresa trattata sono state estratte cinque unità di controllo tra quelle che non hanno ricevuto alcun incentivo.

Il dataset finale comprendeva 1.110 imprese con dati di stato patrimoniale e conto economico compresi nel periodo 1998-2004. Inoltre, dalla banca dati Delphion (Thomson) abbiamo ricavato le informazioni sul numero di doman-de di brevetto presentate in tutto il mondo a uffici brevetti nazionali e inter-nazionali (ufficio brevetti italiano, USPTO, altri uffici brevetti nazionali, EPO e WIPO) tra il 1998 e il 2004 da ciascuna impresa nel gruppo dei trattati e dei controlli.

Sulla base della disponibilità dei dati finanziari abbiamo stimato l’effetto medio del trattamento sulle seguenti variabili di performance che misurano, rispettivamente, la crescita dell’occupazione, il successo di mercato, la pro-duttività del lavoro, e la composizione della forza lavoro: logaritmo del nu-mero di dipendenti; logaritmo del fatturato (in migliaia di euro); logaritmo del valore aggiunto per dipendente (in migliaia di euro per dipendente), e logaritmo del costo medio del lavoro (in migliaia di euro per dipendente).

Inoltre, abbiamo stimato l’effetto medio dei contributi pubblici sulla per-formance innovativa, misurandolo con il numero di domande di brevetto.

Allo scopo di differenziare gli effetti temporanei e quelli di lunga durata dei contributi alla R&S sulle performance delle imprese, l’impatto sulle varia-bili di risultato è stato valutato sia nel 2002 che nel 2004, cioè a dire almeno due e quattro anni, rispettivamente, dopo che il contributo è stato assegnato.

Il nostro set di variabili di matching comprende diverse caratteristiche aziendali pre-trattamento alla data del 1998, che possono influenzare sia l’as-segnazione del trattamento che le successive performance:

– un indicatore della classe dimensionale (grandi imprese o PMI) identifi-ca i due strati delle PMI e delle grandi aziende, che differiscono sia per le con-dizioni di accesso ai fondi FSRA che per i benefici attesi dal sostegno pubblico alla R&S (Blanes, Busom 2004).

– L’età dell’impresa (in anni) tiene conto degli effetti di dimensione ed esperienza, quali le capacità manageriali e la capacità di ottenere risorse ester-ne (Wallsten, 2000; Busom, 2000; Almus, Czarnitzki 2003; Hussinger, 2003; Görg, Stobl 2006).

– Il rapporto fra le immobilizzazioni materiali e il fatturato, che rappre-senta l’intensità di capitale dell’impresa, a sua volta una misura sia dell’ac-cesso al mercato del capitale, che delle riserve di conoscenza incorporate e dell’aggiornamento tecnologico (Hyytinen, Toivanen 2005).

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– Il numero di domande di brevetto controlla per le passate attività inno-vative dell’impresa. Tuttavia, le piccole imprese devono solitamente affronta-re maggiori costi per presentare le domande, e questo riduce la propensione a brevettare (Acs, Audretsch 1988; Arundel, Kabla 1998). Abbiamo dunque utilizzato l’intensità di attività immateriali, espressa come immobilizzazioni immateriali sul fatturato, come misura dello stock di R&S nelle PMI. In effetti, se ipotizziamo una strategia «premia il migliore» nell’assegnazione dei fondi pubblici per la R&S, la probabilità di ricevere una sovvenzione è influenzata dalla storia dell’impresa in termini di attività innovativa, sia per quanto ri-guarda le competenze accumulate in R&S, sia come risultati innovativi pro-dotti (Wallsten, 2000; Hussinger, 2003).

– Il flusso di cassa scalato per il fatturato individua i possibili vincoli di liquidità. Come abbiamo argomentato sopra, le imperfezioni dei mercati fi-nanziari possono limitare gli investimenti in R&S, e i vincoli di liquidità pos-sono diventare un fattore determinante della propensione a far domanda per un contributo pubblico.

– La localizzazione dell’impresa in base all’area geografica (nordest, nord-ovest, centro e sud) controlla per la distribuzione disomogenea della R&S privata nel paese e il più facile accesso ai fondi pubblici per le imprese che si trovano nelle regioni del sud.

– L’essere una società capogruppo, informazione desunta dalla redazione di un bilancio consolidato, è stato incluso come indicazione di complessità organizzativa di un’impresa.

– Una variabile categoriale per l’intensità tecnologica del settore di ap-partenenza, fondata sulla classificazione OECD dei settori ad alta, media e bas-sa tecnologia, prende in considerazione le notevoli differenze settoriali nel-la tendenza a svolgere regolare attività di R&S e, di conseguenza, a fare do-manda per ricevere sovvenzioni pubbliche (Busom, 2000; Almus, Czarnitzki 2003; Blanes, Busom 2004). Essa controlla anche i diversi andamenti di mer-cato settoriali nel tempo, per es. il declino degli ultimi anni nella performance delle industrie manifatturiere tradizionali italiane sotto la crescente pressione competitiva internazionale.

Poiché, da un lato, l’effetto del trattamento può non essere costante per livelli di risultato diversi, e, dall’altro, le nostre misure di performance pos-sono rivelarsi altamente persistenti nel tempo (Bottazzi et al., 2006), anche le variabili di risultato ritardate al 1998 sono state inserite tra le variabili pre-trattamento in tutte le stime di matching.

Come specificato nella legenda della tabella 2, talvolta termini di ordine superiore delle variabili menzionate sopra sono stati inclusi come covariate pre-trattamento sia nell’esercizio di matching che nella regressione lineare per la correzione della distorsione in aggiunta ai termini lineari.

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Tutte le variabili nominali sono state opportunamente deflazionate ai prezzi del 2000. Per fatturato, valore aggiunto, immobilizzazioni materiali e immateriali, e flusso di cassa sono stati impiegati i deflatori appropriati di set-tore (al livello di codice NACE a due cifre), mentre i costi del lavoro sono stati deflazionati in base all’indice dei prezzi al consumo.

5. RISULTATI EMPIRICI

I risultati empirici riportati nella tabella 2 sottolineano che, a due anni dal ricevimento dei finanziamenti, le imprese finanziate non hanno sperimenta-to una crescita dimensionale o nella produttività del lavoro significativamen-te maggiore rispetto al gruppo di controllo. Alcuni effetti dei finanziamenti pubblici si possono registrare nella crescita di breve periodo delle domande di brevetto e, in modo piuttosto sorprendente, in una diminuzione del costo medio del lavoro. Mentre l’effetto medio negativo degli incentivi alla R&S sul costo del lavoro delle imprese sussidiate è un risultato abbastanza sorpren-dente, l’effetto positivo sul numero di domande di brevetto da parte delle im-prese sussidiate è coerente con l’ipotesi che i finanziamenti pubblici abbiano stimolato le attività di innovazione nelle imprese finanziate. Tuttavia, l’impat-to sul numero di domande di brevetto nel medio/lungo termine non è risul-tato significativo, suggerendo che le imprese con progetti di R&S già in corso nel momento i cui ricevono l’assegnazione dell’incentivo hanno beneficiato al meglio del finanziamento. Più in generale, l’effetto dei finanziamenti alla R&S sono nulli su tutte le variabili osservate dopo quattro anni dall’assegnazione.

Questi risultati suggeriscono che, nel nostro campione di imprese, i con-tributi pubblici per R&S sono stati in grado di produrre solo un limitato ef-fetto sull’attività delle imprese finanziate in materia di innovazione e nessun effetto su qualsiasi altra misura di performance, sollevando qualche dubbio sull’efficacia complessiva dello strumento pubblico.

I risultati discussi sopra lasciano aperta la possibilità che l’assenza di im-patto trovata nella nostra analisi sia dovuta al fatto che, guardando ai sempli-ci effetti medi dei finanziamenti pubblici, si possano sommare effetti diversi (perfino di segno opposto) su distinti ed eterogenei gruppi di imprese.

Se questo è il caso, la distribuzione delle variabili di risultato per il grup-po delle imprese sussidiate e per quello delle non sussidiate dovrebbe differi-re in maniera significativa almeno in alcuni intervalli. Le figure 1 e 2 mostra-no la funzione di ripartizione empirica di tutte le variabili di risultato per le imprese trattate e per quelle di controllo nel 2002 e nel 2004.

Un semplice esame visivo delle funzioni suggerisce che, con l’unica ec-cezione del costo medio del lavoro (anno 2002) e delle domande di brevet-to (anno 2002) manca una chiara evidenza di dominanza stocastica di primo

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TAB. 2. Stime di «matching» dell’effetto medio del trattamento per i contributi pubblici alla R&S

Performance delle imprese nel 2002*

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Performance delle imprese nel 2004*

Nfinanziate

Nnon finanziate

SATT S.E. P value

Occupazione (log) 127 107 –0,008 0,076 0,914Fatturato (log) 126 105 –0,027 0,077 0,730Produttività del lavoro (log) 123 106 0,052 0,074 0,487Costo medio del lavoro (log) 126 110 0,053 0,047 0,261Numero di domande di brevetto 185 151 0,320 0,290 0,271

* Per qualsiasi risultato a eccezione delle domande di brevetto, il matching è basato sulla distanza di Mahalanobis calcolata sui valori ritardati (1998) di: variabile di risultato, età (in log), intensità di capitale, domande di brevetto, flusso di cassa (scalato per il fatturato). Per le domande di brevetto il matching è basato sulla distanza di Mahalanobis calcolata sui valori ritardati (1998) di: variabile di risultato, età (in log), intensità di capitale, intensità di attività immateriali, intensità di attività immateriali al quadrato, flusso di cassa (scalato per il fatturato). Il matching è esatto sulle variabili categoriali (PMI, area geografica, capogruppo, intensità tecnologica del settore).

FIG. 1. Funzioni di distribuzione cumulate delle variabili di performance per le imprese trattate e per quelle di controllo nel 2002

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ordine di una distribuzione sull’altra. Questa conclusione è confermata dai risultati del test di Wilcoxon dei segni per ranghi, in base al quale la proba-bilità di un risultato migliore nel gruppo trattato in confronto al gruppo di controllo abbinato non è mai maggiore di 0,65 3. Inoltre, in nessuna porzio-ne del supporto delle distribuzioni emergono differenze considerevoli tra il gruppo trattato e quello di controllo abbinato, inducendo a rigettare l’ipotesi che l’impatto medio nullo dei contributi per R&S sull’attività delle imprese nasconda rilevanti ed eterogenei effetti del finanziamento pubblico sulle sin-gole imprese.

6. NOTE CONCLUSIVE

Abbiamo studiato la relazione tra i finanziamenti pubblici alla R&S pri-vata e una pluralità di misure di performance delle imprese sia nel breve che nel medio periodo usando dati microeconomici relativi a un campione

3 Non abbiamo potuto effettuare un test della dominanza stocastica di primo ordine, del tipo di Kolmogorov-Smirnov, a causa del numero insufficiente di osservazioni disponibili.

FIG. 2. Funzioni di distribuzione cumulate delle variabili di performance per le imprese trattate e per quelle di controllo nel 2004

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(2004)

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di imprese manifatturiere italiane. Abbiamo affrontato il potenziale bias di selezione combinando una procedura non parametrica di matching con una regressione ausiliare per la correzione della distorsione della stima. I nostri risultati suggeriscono che in media i finanziamenti pubblici non hanno effetti significativi sulla produttività o la crescita delle imprese, e hanno un impatto positivo solo temporaneo sugli output innovativi, fornendo un quadro piutto-sto scoraggiante dell’impatto globale dei contributi per R&S. La nostra anali-si empirica rappresenta, in base alla nostra conoscenza, la prima valutazione formale ex post della politica dei finanziamenti pubblici per la R&S in Italia. Inoltre, contribuisce alla letteratura empirica internazionale sull’impatto di questo strumento, ampliando la gamma delle misure di performance utiliz-zate e consentendo così una stima diretta dell’adeguatezza dei contributi per R&S rispetto ai loro molteplici obiettivi, dichiarati o impliciti. È importante notare che il presente studio ha esaminato la misura di intervento pubblico nel suo complesso, comprendendo sia il processo di selezione dei progetti di ricerca privati a cui assegnare il finanziamento pubbliche, sia l’impatto di tali finanziamenti sulle attività di innovazione, la produttività e la crescita delle imprese. Benché l’unità di analisi più appropriata per la valutazione dell’im-patto degli interventi di finanziamento di progetti di R&S sia il singolo pro-getto, non disponendo di alcuna informazione circa la qualità tecnica di ogni progetto candidato, abbiamo potuto controllare solo l’«effetto impresa» sul-l’impatto dei contributi.

La rilevanza economica del finanziamento pubblico per R&S privata nel contesto delle politiche industriali, come pure l’ampiezza dei possibili effetti, incoraggiano ulteriori esercizi di valutazione a livello nazionale lungo due li-nee di ricerca principali: in primo luogo, è ipotizzabile che non sia, o non sia soltanto, rilevante il fatto che un’impresa riceva un finanziamento per R&S, ma anche quanto essa riceva; in secondo luogo, la tempistica dell’effettiva erogazione del finanziamento su progetti di ricerca pluriennali può giocare un ruolo importante per imprese finanziate soprattutto in presenza di vincoli finanziari.

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