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Ottobre 2015 numero 2 SIGASCOT • www.sigascot.com • [email protected] SIGASCOT “Olympic games…olympic games…winners and losers, fortune and fame”. Cosi recitava il ritornello di una canzone anni ottanta sul tema delle Olimpiadi. Ogni 4 anni si ripete la manifestazione sportiva per eccellenza ed ogni volta è una storia a se stante. Ho avuto l’onore di partecipare in qualità di medico alle ultime 3 Olimpiadi ed ogni volta le sensazioni di affrontare un evento così coinvolgente si rinnovano. La nostra spedizione ha ottenuto nn medaglie ed in particolare le federazioni da me seguite hanno ottenuto eccellenti risultati: la federazione Italiana Nuoto ha conquistato il maggiore numero di medaglie nella sua storia olimpica, ben otto. Essere a bordo vasca in una finale olimpica e vedere conquistare medaglie ad atleti che hai seguito ti ripaga di tutto il tempo dedicato a seguirli in ogni dove, sottratto alla sala operatoria, al tuo tempo libero e soprattuto alla famiglia. Il CONI ha predisposto in modo ottimale la spedizione….ma non aveva fatto i conti con l’organizzazione carioca….villaggio olimpico non terminato, stanze mancanti di finestra, servizi igienici non funzionanti, carenza di personale addetto alla pulizia, organizzazione dei trasporti ai campi di gara ed allenamento ed altre…marachelle. Tutti i servizi per atleti e staff sia nel villaggio che intorno ai campi di gara sono stati organizzati in enormi tendoni. In uno di questi, all’interno del villaggio olimpico, era posizionato il policlinico di cui abbiamo avuto modo di testarne l’efficenza. Due RMN di cui una da 3 Tesla, radiologia convenzionale ed ecografia con specialisti, personale infermieristico e fisioterapico. Ho avuto modo di incontrare Lars Engebretsen in qualità di medico del CIO ed il presidente ISAKOS Moses Cohen che ha prestato la sua opera di consulente ortopedico, durante tutto il periodo dei Giochi, come volontario! Per i traumi o malattie da codice rosso e giallo, erano predisposti accessi preferenziali negli ospedali limitrofi ai campi di gara ed al villaggio. Nel complesso abbiamo avuto meno traumi rispetto ai Giochi di Pechino e Londra, segno che il cambi di regolamento in alcune discipline e la maggiore attenzione nel campo della prevenzione, hanno dato i loro frutti. Le due aree mediche approntate dal CONI, una all’interno del villaggio ed una in prossimità del parco olimpico, hanno consentito una copertura e rapidità d’intervento maggiore rispetto alle precedenti edizioni. Tale aspetto è stato ben apprezzato dagli atleti, tecnici e staff medici federali. Casa Italia ha accolto e festeggiato gli atleti medaglisti e non, in una location veramente da brivido per la sua esoticità adattata allo stile italiano. Centro nevralgico per la propaganda a favore di Roma 2024. Chissà se ci sarà ancora un barlume di possibilità per accogliere i Giochi del 2024, ma nel frattempo…si riparte per un nuovo quadriennio che ci porterà a Tokyo dove rispetto a Rio…..le infrastrutture sono già pronte! Sempre forza azzurri!!! HighLights REPORT DALLA XXXI OLIMPIADE DI RIO DE JANEIRO Un socio SIGASCOT a Rio de Janerio per un pieno di emozioni e tanto lavoro Collezione Eventi …da non perdere Pearls of Rehab Approfondimenti in tema di Riabilitazione Biomech…lights Un po' di biomeccanica…. Faccia a Faccia Il legamento anterolaterale del ginocchio PFJ Corner Spunti riguardo alle patologie della femoro-rotulea Learning from gazza Spunti di traumatologia dello sport dal “quotidiano rosa” Meeting…Art&Decò Non solo cultura medica… Imagi..g I radiologi ci aiutano a leggere meglio le immagini Tempo Libero by Craccon Spunti con….spuntini

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“Olympic games…olympic games…winners and losers, fortune and fame”. Cosi recitava il ritornello di una canzone anni ottanta sul tema delle Olimpiadi. Ogni 4 anni si ripete la manifestazione sportiva per eccellenza ed ogni volta è una storia a se stante. Ho avuto l’onore di partecipare in qualità di medico alle ultime 3 Olimpiadi ed ogni volta le sensazioni di affrontare un evento così coinvolgente si rinnovano. La nostra spedizione ha ottenuto nn medaglie ed in particolare le federazioni da me seguite hanno ottenuto eccellenti risultati: la federazione Italiana Nuoto ha conquistato il maggiore numero di medaglie nella sua

storia olimpica, ben otto. Essere a bordo vasca in una finale olimpica e vedere conquistare medaglie ad atleti che hai seguito ti ripaga di tutto il tempo dedicato a seguirli in ogni dove, sottratto alla sala operatoria, al tuo tempo libero e soprattuto alla famiglia. Il CONI ha predisposto in modo ottimale la spedizione….ma non aveva fatto i conti con l ’organizzazione carioca….villaggio olimpico non terminato, stanze mancanti di finestra, servizi igienici non funzionanti, carenza di personale addetto alla pulizia, organizzazione dei trasporti ai campi di gara ed allenamento ed altre…marachelle. Tutti i servizi per atleti e staff sia nel villaggio che intorno ai campi di gara sono stati organizzati in enormi tendoni. In uno di questi, all’interno del villaggio olimpico, era posizionato il policlinico di cui abbiamo avuto modo di testarne l’efficenza. Due RMN di cui una da 3 Tesla, radiologia convenzionale ed ecografia con specialisti, personale infermieristico e fisioterapico. Ho avuto modo di incontrare Lars Engebretsen in qualità di medico del CIO ed il

presidente ISAKOS Moses Cohen che ha prestato la sua opera di consulente ortopedico, durante tutto il periodo dei Giochi, come volontario! Per i traumi o malattie da codice rosso e giallo, erano predisposti accessi preferenziali negli ospedali limitrofi ai campi di gara ed al villaggio. Nel complesso abbiamo avuto meno traumi rispetto ai Giochi di Pechino e Londra, segno che il cambi di regolamento in alcune discipline e la maggiore attenzione nel campo

della prevenzione, hanno dato i loro frutti. Le due aree mediche approntate dal CONI, una all’interno del villaggio ed una in prossimità del parco olimpico, hanno consentito una copertura e rapidità d’intervento maggiore rispetto alle precedenti edizioni. Tale aspetto è stato ben apprezzato dagli atleti, tecnici e staff medici federali. Casa Italia ha accolto e festeggiato gli atleti medaglisti e non, in una location veramente da brivido per la sua esoticità adattata allo stile italiano. Centro nevralgico per la propaganda a favore di Roma 2024. Chissà se ci sarà ancora un barlume di possibilità per accogliere i Giochi del 2024, ma nel frattempo…si riparte per un nuovo quadriennio che ci porterà a Tokyo dove rispetto a Rio…..le infrastrutture sono già pronte! Sempre forza azzurri!!!

HighLights

REPORT DALLA XXXI OLIMPIADE DI RIO DE JANEIRO Un socio SIGASCOT a Rio de Janerio per un pieno di emozioni e tanto lavoro

Collezione Eventi …da non perdere Pearls of Rehab Approfondimenti in tema di Riabilitazione Biomech…lights Un po' di biomeccanica….

Faccia a Faccia Il legamento anterolaterale del ginocchio PFJ Corner Spunti riguardo alle patologie della femoro-rotulea

Learning from gazza Spunti di traumatologia dello sport dal “quotidiano rosa” Meeting…Art&Decò Non solo cultura medica…

Imagi..g I radiologi ci aiutano a leggere meglio le immagini Tempo Libero by Craccon Spunti con….spuntini

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SPECIAL EVENTS L’evento clou SIGASCOT di fine anno sarà sicuramente

COMBINED MEETING SIGASCOT - INTERNATIONAL PATELLOFEMORAL

STUDY GROUP 4° Corso su Femoro - Rotulea

2 – 3 dicembre 2016 Salone d’Onore – Palazzo del CONI (ROMA)

Si conclude a Roma il corso sull’articolazione femoro-rotulea di SIGASCOT!

L’evento sarà realizzato in collaborazione con l’International Patellofemoral Study Group!

Per tutti coloro che si occupano di dolore anteriore, instabilità rotulea e chirurgia del ginocchio l’evento sarà di notevole rilevanza scientifica e didattica, permettendo un confronto tra i massimi esperti di tutto il mondo!

Presidente: Alfredo Schiavone Panni Informazioni generali: [email protected]

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SIGASCOT

Barefoot running La corsa senza scarpe sta diventando ogni giorno più popolare (1). Da sempre più parti viene sostenuta l’idea che il barefoot running potrebbe ridurre l’incidenza degli infortuni all’arto inferiore, al contrario di quello che è stata la tendenza negli ultimi anni dovuta a l la r icerca tecnologica industriale e la diffusione nel mercato di scarpe molto consistenti. Diverse aziende hanno infatti invaso il mercato con calzature dal differente supporto e cushioning sempre maggiori. Le cosiddette scarpe massimaliste, sono nate e si sono diffuse proprio con l’idea di proteggere i runners dall’impatto ripetuto sul terreno e come sostegno del la vol ta plantare nei di fet t i d’appoggio (vedi anti-pronazione). Ciò nonostante, l’incidenza degli infortuni nella corsa con le scarpe moderne è sempre molto alto, circa il 79% dei praticanti incappa ogni anno in un infortunio (2). L’eziologia di questi infortuni è sicuramente multifattoriale, ma le moderne scarpe da corsa hanno modificato completamente l’appoggio e, di conseguenza, potrebbero avere un r u o l o i m p o r t a n t i s s i m o . L’ammortizzazione protegge il piede e la tibiotarsica che e’ un bene per chi ha patologie specifiche, ma induce carichi e stress elevati alle altre articolazioni quali ginocchio anca e colonna con relativo overuse muscolare. Correre a piedi nudi può essere molto complicato ai giorni nostri per diversi e ovvi fattori, ma il ritorno a scarpe minimaliste che hanno solo la funzione di proteggere la pianta del piede dal contatto diretto sul terreno senza alterare il feedback sensoriale, potrebbe

avere una cer ta e fficacia ne l la prevenzione di traumi oltre che nel miglioramento della performance sportiva e sembra sostenuto da discrete evidenze scientifiche (3), evidenze invece che non supportano l’utilizzo delle correzioni dell’appoggio (4,5). Ho di recente partecipato ad una conferenza tenuta da Blaise Dubois, fisioterapista canadese anima del “movimento” the running clinic (6). Questa società scientifica nata in Canada, ma diffusa ormai in diversi paesi, propone corsi per la prevenzione e la riabilitazione degli infortuni tipici del runner nonchè consigli su calzature, alimentazione e tutto ciò che può essere interessante per l’atleta amatoriale e professionista. Sono rimasto molto colpito dai dati proposti. Eliminare il sostegno plantare e ridurre la consistenza della suola, porta la muscolatura intrinseca del piede ad eseguire un lavoro molto maggiore (anche utilizzandolo come esercizio costante per qualche minuto al giorno), con un evidente rinforzo della fascia plantare (7). Nella corsa con scarpe massimaliste, si è spinti inoltre ad allungare il passo ed impattare il terreno con il tallone (8); nell’utilizzo di scarpe minimaliste invece, proprio per l’assenza del ammortizzatore sotto il tallone si tende a prendere contatto con il terreno con l’avampiede e ad aumentare la frequenza del passo (cadenza) (9), riducendo il carico su ginocchio anca ed aumentando il lavoro della fascia plantare e del polpaccio. Malgrado il dibattito nella comunità scientifica siamo tuttora in corso, per noi riabilitatori si aprono nuove prospettive nel trattamento e nella

prevenzione delle patologie tipiche dei runners; lavorare non solo sul rinforzo della muscolatura del piede ma anche sulla qualità dell’appoggio e soprattutto sulla frequenza di corsa può consentire di approcciare queste problematiche da un punto di vista diverso. Inoltre pone in evidenza l’importanza fondamentale che il tonotrofismo e il riequilibrio muscolare oltre ad un adeguata programmazione e timing di allenamenti sono fondamentali: il muscolo non cresce con la corsa, come con nessuno sport, ma una corretta prevenzione parte dal rieducare la corsa e i diversi distretti muscolari interessati per proseguire poi con un graduale r i a t l e t i z zaz ione e a l l enamen to funzionale.

1-Barefoot Runners Society: www.barefootrunners.org 2-van Gent RN, Siem D, van Middelkoop. Incidence and determinants of lower extremity running injuries in long distance runners: a systematic review. Br J Sports Med 2007;41:469-80. 3-Altman AR, Davis IS. Prospective comparison of running injuries between shod and barefoot runners. Br J Sports Med. 2015;o:1-6. 4- Knapnik JJ, Trone DW, Tchandia J, Jones BHSee comment in PubMed Commons below Injury-reduction effectiveness of prescribing running shoes on the basis of foot arch height: summary of military investigations. J Orthop Sports Phys Ther. 2014;44(10):805-12. 5- Ryan MB, Valiant GA, McDonald K. The effect of three different levels of footwear stability on pain outcomes in women runners: a randomised control trial. Br J Sports Med 2011;45(9):715-21 6-the running clinic. www.therunningclinic.com 7-Brugemann GP, Potthast W, Braunstein B. Effect of increased mechanical stimuli on foot muscles functional capacity. Exercise & Sport Sciences Reviews: 2012;40(2):63-72 8 -Hasegawa H, Yamauchi T, Kraemer WJ Foot strike patterns of runners at the 15-km point during an elite-level half marathon. J Strength Cond Res 2007;21:888-93 9-Larson P. Comparison of foot strike patterns of barefoot and minimally shod runners in a recreational road race. J Sport Health Sci 2014;3:137-42

a cura di Milco Zanazzo - Comitato Riabilitazione

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Con questo primo contributo sulla storia dell’Imaging in Italia inizia la collaborazione di Maurizio Busacca, esperto radiologo del Rizzoli di Bologna, con HIGHLIGHTS: Immagini, tagli, indici, nuovi e tradizionali criteri radiologici di valutazione spiegati all’Ortopedico, per aiutarlo a capire, interpretare, leggere.

Nel 1983 il Prof Passariello, pioniere nelle nuove tecniche di Imaging, insieme ai suoi collaboratori, pubblicava sul Journal of Computer Assisted Tomography, un articolo sulla tecnica di esecuzione della Tomografia Computerizzata (TC) nello studio dell’articolazione del ginocchio (fig 1). La TC veniva allora denominata anche TAC, ovvero Tomografia Assiale Computerizzata, in quanto lo studio si effettuava mediante una serie di scansioni “assiali”. Tale denominazione riferita ad un unico piano di scansione venne poi sostituita dalla odierna denominazione, in quanto sia in acquisizione che, soprattutto, in fase di post processing, si iniziò a rielaborare gli esami su tutti i piani dello spazio con ricostruzioni bidimensionali e tridimensionali. Fu la prima tecnica di Diagnostica per Immagini a consentire di entrare dal vivo in un articolazione a cute “integra”, permettendoci, pur con qualche limite, di comprendere meglio l’anatomia articolare e di conseguenza riconoscere gli elementi patologici delle varie strutture articolari. Ovviamente la comprensione dell’anatomia TC, ma soprattutto la messa a punto di tale metodica non fu immediata. Era infatti una tecnica di difficile esecuzione, piuttosto lenta e con possibilità di artefatti determinati dal movimento e dalla sovrapposizione di altre strutture all’interno del campo d’esame. Per minimizzare gli artefatti conseguenti alla presenza dell’arto controlaterale, era necessario studiare il ginocchio con un solo arto dentro il gantry della TC, ma essendoci degli intervalli di diversi secondi tra le varie scansioni , con movimenti sia pur minimi del lettino per ogni scansione, in una posizione piuttosto scomoda, esisteva un'alta probabilità di movimenti involontari, anche da parte dei soggetti più collaboranti. Tali movimenti determinavano degli artefatti che inficiavano la qualità della indagine, limitando la possibilità di ricostruire le immagini sui piani sagittale e coronale, seguendo l'obliquità dei legamenti crociati, dei legamenti collaterali e dei menischi, essenziali per dimostrare eventuali lesioni. A ritroso sembrano tempi lontanissimi e ci sembra incredibile, con i ritmi attuali, che per dimostrare la efficacia diagnostica di una metodica quale la TC e la sua conseguente diffusione in ambito muscolo-scheletrico trascorressero molti anni; al contrario è da sottolineare come il Prof Passariello pubblicava questo articolo nel 1983 e nel mio ospedale, l'Istituto Ortopedico Rizzoli, la prima TC arrivò addirittura nel 1990. Ricordo che il mio maestro, Carlo Monti, Direttore della Radiologia dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, fece costruire dai falegnami (allora gli Ospedali più grandi avevano anche i falegnami) una tavola di legno, che consentisse di tenere fermo il piede fissato mediante delle strisce di velcro ed in asse il ginocchio in esame, limitando così sia gli artefatti da movimento che quelli da non corretto posizionamento del ginocchio ed asimmetria delle emirime articolari asimmetriche. In tempi precedenti l’avvento di Internet e le conseguenti enormi fonti oggi disponibili in rete per qualunque argomento, per apprendere piccole scoperte o trucchi "tecnici", esistevano solo la lettura delle pubblicazioni scientifiche e lo scambio di informazioni tra gli operatori in meeting e congressi.

Fig 1

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Sempre nel 1983 venivano installate le prime Risonanze Magnetiche, come la TC inizialmente deputate agli studi neuroradiologici e solo successivamente all'apparato muscolo-scheletrico e agli altri distretti corporei. Anche per la Risonanza Magnetica fu necessario un lungo tempo di messa a punto, peraltro ancor più complesso della TC, in quanto entrarono in gioco ancor più elementi di variabilità. Solo per citarne alcuni : piani di studio ( a differenza della TC è una metodica multiplanare anche in acquisizione), posizionamento dell'arto, scelta delle antenne di ricezione (bobine), campo di vista, grandezza del campo magnetico e soprattutto numerosi tipi di sequenze di impulsi con conseguente “multiparametricità” della indagine RM. Ricordo che per un lungo periodo si dibatté sui vantaggi e gli svantaggi delle due metodiche, elaborando tabelle comparative e spesso arrivando ad una idea allora piuttosto diffusa: meglio la RM rispetto alla TC, ma meglio una TC eseguita correttamente che una RM effettuata in maniera incorretta. Fino a circa metà del 2000 venivano ancora richieste moltissime TC del ginocchio per la valutazione dei menischi e dei legamenti e solo da una decina di anni, la RM è considerata la metodica d'Imaging per eccellenza nello studio del ginocchio e delle altre articolazioni, divenendo ormai uno strumento indispensabile sia nella diagnosi che nella valutazione dopo qualunque tipo di terapia praticata. E' però essenziale che la RM, come per gli RX e la TC, indipendentemente dalle apparecchiature in uso e dalla diversa potenza del campo magnetico espressa in Tesla, sia eseguita tecnicamente in modo corretto. A cominciare dall'utilizzo delle bobine specifiche e dal posizionamento ottimale dell'articolazione in esame, che deve essere più vicino possibile al centro del magnete (isocentro), con l'atteggiamento atto alla valutazione delle varie strutture articolari da esaminare, sempre su due o ancor meglio tre piani e con un mix di sequenze, comprendenti tutti i parametri più importanti ed in particolare la cosiddetta "pesatura" in T1, DP, T2 e le essenziali sequenze con soppressione dei tessuti adiposi, enfatizzanti soprattutto l'edema osseo. Sfruttando in tal modo le caratteristiche, da subito considerate peculiari della RM, ovvero la multiplanarietà e la muliparametricità, necessarie per discriminare in modo incomparabile le diverse strutture articolari. Ormai nella gran parte dei centri dove vengono eseguiti routinariamente studi RM delle articolazioni, vengono utilizzati dei protocolli di studio che seguono queste semplici regole e consentono di valutare tutte le diverse strutture articolari e di conseguenza differenziare il normale dal patologico, con sequenze di impulsi mirate all'esame dell’osso spongioso e compatto, della cartilagine articolare, della membrana sinoviale, dei menischi, dei legamenti e della capsula articolare, delle componenti muscolo-tendinee ecc, strutture che spesso vengono evidenziate in modo differente nelle varie sequenze, rendendo necessari degli “adattamenti” ai diversi protocolli di studio in corso d'opera, in base alla patologia sospettata o rilevata durante l’esame. Questa miriade di variabili nelle indagini RM, è alla base delle notevoli differenze che nella pratica quotidiana vengono riscontrate dai clinici nelle immagini RM e nei relativi referti , portate in visione dai pazienti, con risultati talvolta inaspettati ed incongruenti con l’esame clinico e con l’anamnesi, a volte difformi negli eventuali controlli, se eseguiti in due distinti centri di Risonanza Magnetica. Differenze determinate da esami che spesso sono condotti in maniera non adeguata al quesito clinico e per questo, nell’ottica di limitare tali incongruenze, è buona norma specificare nella richiesta d’esame un preciso quesito diagnostico con gli elementi clinici più importanti, per agevolare il radiologo nella esecuzione e nella interpretazione delle indagini RM.

Maurizio Busacca

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Tenodesi del tendine rotuleo secondo Neyret nel trattamento dell’ instabilità rotulea obiettiva Paolo Ferrua, Francesco Mattia Uboldi SSD Chirurgia Articolare del Ginocchio Istituto Ortopedico Gaetano Pini Milano Inquadramento L’ altezza rotulea eccessiva è uno dei fattori primari di instabilità descritta dalla Scuola Lionese (1). Per convenzione l’altezza rotulea viene considerata patologica in presenza di un indice di Caton-Deschamps o di Insall-Salvati maggiore di 1.2. Negli ultimi anni il concetto di altezza rotulea patologica è stato ulteriormente integrato da nuove misure tra cui l’engagement sagittale (2) e la lunghezza del tendine rotuleo. L’aumentata prevalenza di tendini rotulei lunghi all’interno della popolazione affetta da instabilità rotulea obiettiva era già stata descritta da Reider et al. (3) e Kujala et al. (4) ma si deve la sua caratterizzazione come fattore di instabilità associata a Neyret et al. (5) nel 2002. Gli Autori descrivevano una specifica popolazione in cui l’abbassamento della tuberosità tibiale anteriore non era sufficiente a limitare il cosiddetto effetto “windshield wiper” proprio in presenza di un tendine rotuleo di lunghezza patologica. Comparando i dati ottenuti nella popolazione instabile e paragonandoli con una popolazione di controlli veniva descritta una soglia patologica di 52 mm (misura ottenuta con RMN). (Fig.1)

Alla luce di questi risultati veniva anche descritta una tecnica di tenodesi del tendine rotuleo da associare all’ abbassamento della tuberosità tibiale in questa particolare tipologia di pazienti: Una volta distaccata completamente la bratta ossea della tuberosità tibiale anteriore vengono infisse due ancore di sutura vicino all’ origine della bratta sulla tibia (approssimativamente 3 cm dall’emirima articolare). Si procede poi alla fissazione della bratta ossea con due viti corticali da 4.5 mm all’altezza programmata per ottenere la normalizzazione dell’indice di Caton Deschamps. A questo punto il tendine viene adeso alla superficie tibiale e solidarizzato a essa con le suture dell’ancora ottenendo una tenodesi stabile della porzione distale del tendine rotuleo. (Fig.2)

Fig 1 Fig

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1. Dejour H, Walch G, Nove-Josserand L et al. Factors of patellar instability: an anatomic radiographic study. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 1994;2(1):19-26

2. Dejour D, Ferrua P, Ntagiopoulos PG et al. The introduction of a new MRi index to evaluate sagittal patellofemoral engagement Orthop Traumatol Surg Res 2013 Dec;99(8 Suppl):S391-8

3. Reider B, Marshall JL, Koslin B et al. The anterior aspect of the knee joint- an anatomical study. J Bone Joint Surg (Am) 1981; 63-A:351-356

4. Kujala UM, Osterman K, Kormano M et al. Patellofemoral relationships in recurrent patellar dislocation J Bone Joint Surg (Br) 1989;71- B: 788-792

5. Neyret P, Robinson AH, Le Coultre B et al. Patellar tendon length – the factor in patellar instability? Knee 2002;9(1):3-6

6. Mayer C, Magnussen RA, Servien E et al. Patellar tendon tenodesis in association with tibial tubercle distalization for the treatment of episodic patellar dislocation with patella alta. Am J Sports Med 2012 Feb;40(2):346-51

Bibliografia

Fig 3

In presenza di un tendine rotuleo di larghezza non eccessiva è anche possibile utilizzare una cambra metallica posta a cavaliere del tendine in sostituzione delle due ancore. (Fig.3) La procedura può essere poi completata dalla ricostruzione del MPFL. Il protocollo riabilitativo standard è analogo a quello della distalizzazione isolata e prevede la deambulazione in carico parziale con ausilio di due bastoni canadesi e un tutore in estensione durante la deambulazione per le prime 4-6 settimane. La ripresa del ROM passivo completo può cominciare fin dall’immediato postoperatorio anche con CPM mentre va evitata per i primi tre mesi l’estensione attiva contro resitenza. Il ritorno all’attività fisica con cambi di direzione è generalmente concesso dopo 6-8 mesi dall’ intervento. In un lavoro successivo (6) venivano descritti i risultati della procedura su un gruppo di 27 pazienti rivisti clinicamente e radiograficamente a un follow-up medio di 9.6 anni (range 6-14). I risultati clinici erano molto soddisfacenti con un IKDC medio di 75.6±9.5, indici di altezza rotulea normalizzati e soprattutto con nessun caso di recidiva a distanza. Nella valutazione di un’instabilità rotulea è fondamentale un’analisi accurata di tutti i fattori di instabilità che andranno poi trattati utilizzando un’appropriata associazione di procedure secondo il principio della “chirurgia à la carte”. In quest’ottica la tenodesi sec. Neyret rappresenta un intervento efficace da associare alla distalizzazione della tuberosità tibiale anteriore nei pazienti che presentino un’altezza rotulea patologica (Caton-Deschamps >1.2) e un tendine rotuleo di eccessiva lunghezza (> di 52 mm alla RMN)

Comitato Formazione

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Parlando di tensioni e deformazioni non si è ancora tenuto conto di cosa succede quando le forze vengono applicate in tempi molto brevi o molto lunghi. Nel primo caso si hanno sollecitazioni impulsive che possono favorire nel materiale un comportamento fragile, come discusso nel precedente numero, nel secondo caso si possono avere comportamenti anelastici. Pertanto rimuovendo la sollecitazione, qualsiasi essa sia (compressione, trazione, torsione), il materiale non ritorna allo stato iniziale ma rimane deformato. Il tempo, che compariva già nei problemi di fatica attraverso la durata sotto sollecitazioni con carichi variabili, è un parametro fondamentale in quanto mezzi di sintesi e protesi devono funzionare in modo efficace per lunghi periodi prefissati, prima della eventuale rimozione. Un comportamento tipico dei materiali metallici ad alta temperatura, e dei polimeri a temperature di interesse biologico, è quello di manifestare in presenza di una sollecitazione meccanica costante una deformazione ε che non è costante ma prosegue nel tempo con effetti reversibili o irreversibili, addirittura fino alla rottura del manufatto. E' il fenomeno dell'anelasticità e dello scorrimento viscoso (Creep), che può avvenire, con effetti opposti, sia sotto una sollecitazione di trazione che di compressione. Quando la sollecitazione esterna viene tolta, il materiale può ritornare in un tempo più o meno lungo alle condizioni iniziali o mantenere una deformazione permanente ed irreversibile. Avevamo gia sottolineato come il creep sia un parametro importante da valutare negli impianti legamentosi i quali sono sottoposti in maniera costaste ad un carico di trazione non sempre ciclico e puntuale (massimale). Vari tipi di comportamento sotto sollecitazione costante sono rappresentati in modo schematico nella figura seguente, che riporta tre casi tipici di scorrimento in

funzione del tempo. Nella figura1, il comportamento del materiale A, mostra uno scorrimento viscoso (Creep) nullo, quindi all'applicazione del carico c'è una deformazione che si mantiene costante nel tempo e scompare, non appena il carico viene tolto, purché non si sia superato il campo delle

deformazioni elastiche. Nel caso B, invece, la deformazione aumenta nel tempo anche se la forza applicata non varia. Quando il carico viene tolto, si ha una deformazione permanente che può annullarsi più o meno lentamente e riportare il sistema nelle condizioni iniziali. Nel caso C, infine, il fenomeno è più rapido e si arriva più o meno velocemente alla rottura finale: la rottura è una condizione di "fuori sevizio" di un impianto, ma per un cattivo funzionamento basta una deformazione incompatibile con i movimenti previsti come può avvenire già nel caso B. Dal

punto di vista ingegneristico è necessario, quindi, sapere quali sono le condizioni di lavoro di un pezzo in modo da poterne prevedere la durata in servizio con un buon margine di attendibilità. Ma le situazioni molto comuni di ambiguità tra un comportamento di tipo B ed uno di tipo C possono portare a scelte troppo conservative, se si vuole comunque evitare il pericolo di rottura, o troppo rischiose, se si ha comunque fiducia che la deformazione prosegua indeterminatamente senza rottura finale. In questo caso, in laboratorio, conviene testare tutte e due le possibilità. I fenomeni di scorrimento viscoso, a differenza di quelli di fatica, avvengono anche sotto sollecitazioni di sola compressione. Uno degli effetti più deleteri del comportamento anelastico è la possibile modifica nel tempo del disegno originale, come nel caso di uno strato di UHMWPE che costituisce la componente acetabolare in contatto con la testa di femore metallica o ceramica in una protesi totale d'anca. La presenza di scorrimento viscoso può modificarne i profili rendendo lasco l’accoppiamento ed ostacolando o impedendo i movimenti,e quindi togliere funzionalità al mezzo stesso che dovrà essere rimosso( figura 2). I fenomeni di scorrimento viscoso interferiscono con quelli di fatica rendendo estremamente complesso il quadro tensionale e quindi la previsione sul comportamento per la presenza di effetti sia sinergici che additivi. E il caso ad esempio di alcune protesi articolari della mano nelle quali il movimento di flessione ed estensione delle dita è vincolato alla flessibilità di una linguetta di materiale polimerico. Ad ogni piegamento corrisponde una sollecitazione di fatica ed una piccola deformazione anelastica. Fenomeni di scorrimento viscoso e di fatica si manifestano anche nei cementi ossei a base di Polimetilmetacrilato (PMMA) con affondamento degli steli protesici e fratture del cemento.

In conclusione, i modi di deformazione (ad esempio rilassamento e scorrimento viscoso) dipendono dal tempo, mentre i tipi di deformazione dipendono dal tipo di sforzo applicato (ad esempio estensione monoassiale, taglio semplice, compressione). Ne consegue che si può applicare qualunque modo di deformazione a qualunque tipo di deformazione. Nel prossimo numero affronteremo cosa comporta la deformazione dei materiali soprattutto in caso di superfici protesiche con interfaccia ad accoppiamento di materiali.

a cura di Gianluca Camillieri

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SCADENZA BANDI: 30 settembre Scadenza dei bandi per la Fellowship SIGASCOT DJO Reaction –Femoro-rotulea e per MasterArthroscopist 2016/2017

Dopo le semifinali tenutesi a Verona, sono 3 i Colleghi che si sfideranno al Congresso di Firenze per il titolo di Primo MasterArthroscopist! Enrico Bonacci, Walter Salustri e Filippo Familiari

HOL for Young: cartilagine

13 novembre

2° edizione

2016

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Esistono entrambi. ALL è un componente del compartimento antero laterale. Mentre del compartimento antero-laterale sappiamo molto, del ALL sappiamo abbastanza ma non tutto

Il ALL esiste ed è parte di un sistema capsulo legamentoso anterolaterale

Esiste un legamento antero-laterale, un compartimento antero-laterale, o esistono tutti e due?

Giacomo Zanon Vincenzo Madonna

Legamento Antero-laterale Facts or fiction

Una rubrica a domande e risposte “flash” che, aiutando a focalizzare il pensiero e l’approccio dei più importanti Opinion Leaders SIGASCOT su topics

chirurgici comuni, possa servire da guida ai più giovani o ai meno esperti.

La sensazione è che possa essere elevata. La realtà è che fino a che non saranno standardizzati protocolli di ecografia o di RMN non avremo una diagnosi di certezza

Circa il 15% nella nostra casistica ma credo sia sottostimata

In che percentuale, nella vostra esperienza, la lesione del LCA si associa ad una lesione antero-laterale?

La lesione del ALL è acuta. Acuta sicuramente, forse potrebbe peggiorare col persistere della lassità

La lesione antero-laterale secondo voi è acuta o è dovuta ad un progressivo cedimento capsulare?

Frattura di Segond quando presente, visualizzazione ecografica o di RMN quando è possibile la stretta collaborazione con il proprio pool radiologico: non sempre la diagnosi è così immediata .

In presenza di jerk test 3+ e con: Frattura di segond; ecchimosi ed algia in regione antero-laterale; importante intrarotazione tibiale al jerk test

Come fate diagnosi di lesione antero-laterale (legamento o capsula)?

Dal punto di vista clinico il dial test è dirimente per lesione postero-laterale, il cassetto rotatorio può essere fuorviante. Dal punto di vista strumentale le rx sotto stress ed in appoggio monopodalicoco possono essere utili per identificare una lesione postero-laterale

Nelle instabilità rotatorie di 3° grado è sicuramente associata una lesione antero e/o posterolaterale, i test clinici non ci permettono con buona attendibilità di distinguere, ma dirimente può essere la diagnostica artroscopica dove il drive through sign in posizione a 4, se positivo, indica una lesione posterolaterale

Come distinguete una lesione antero-laterale da una postero-laterale?

1) Lesione accertata di ALL 2) importante instabilità rotatoria 3) pivoting sport (calcio, basket, volley) 3) revisioni In realtà non è così corretto interpretare questo gesto come una ricostruzione vera e propria: si tratta per lo più di un gesto di "rinforzo e protezione" alla nuova ricostruzione, con evidenze biomeccaniche ben dimostrate di efficacia tra i 20 ed i 60 gradi di flex che rappresentano il range angolare traumatico più frequente nello sport

- Jerk test 3+ - hi pivoting sports - lateral notch sign positivo - revisioni

Quando ricostruite, se lo fate, la lesione antero-laterale?

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I più recenti articoli dei Soci SIGASCOT apparsi sulle riviste di settore con impact factor!

ESSKA’s books now on ESSKA Academy! Molti soci SIGASCOT hanno negli anni collaborato alla stesura di capitoli, o come Editors, di volumi pubblicati dall’ESSKA; oggi su ESSKA Academy è possibile scaricare i pdf di quei volumi! www.esska.org/esska-member-area-login

IF: 3.053

Soft tissue contribution to hip joint kinematics and biomechanics. Zaffagnini S, Signorelli C, Bonazinga T, Lopomo N, Raggi F, Di Sarsina TR, Grassi A; Marcheggiani Muccioli GM, Marcacci M [Hip Int. 2016 may 14; 26 Suppl 1:23-27]

IF: 3.206

Elmslie-Trillat, Maquet, Fulkerson, Roux Goldthwait, and other distal realignment procedures for the management of patellar dislocation: review and quantitative synthesis of the literature. U.G. Longo, G. Rizzello, M. Ciuffreda, M. Loppini, A. Baldari, N. Maffulli, V. Denaro [Arthroscopy. 2016. (32)5;] Surgical versus nonoperative treatment in patients up to 18 years old with traumatic shoulder instability: a systematic review and quantitative synthesis of the literature. U.G. Longo, J.A. van der Linde, M. Loppini, V. Coco, R.W. Poolman, V. Denaro [Arthroscopy. 2016. (32)5;] Prevalence of articular cartilage lesions and surgical clinical outcomes in football (soccer) players’knees: a sistematic review. Andrade R, Vasta S, Papalia R, Pereira H, Oliveira JM, Reis RL, Espregueira-Mendes J [Arthroscopy. 2016 Apr 16; OnLine first]

Hai pubblicato un articolo e vuoi apparire in questa rubrica? Comunicalo a [email protected] con indicazione “Gruppo Comunicazione & Coordinamento” o scrivici su Facebook!

Il KSSTA dedica i numeri di maggio e di giugno all’ Early Osteoarthritis. Numerosi Soci SIGASCOT hanno partecipato con articoli originali e di commento! [Knee Surgery Sport Arthroscopy. Vol. 24, Issue 5 e 6, May and June 2016]

IF: 3.053

Anterior cruciate ligament reconstruction in adolescents (Tanner stages 2 and 3). F. Falciglia, A. Schiavone Panni, M. Giordano, A.G. Aulisia, V. Guzzanti [Knee Surgery Sport Arthroscopy. 2016;(24)3:807-814]

Effect of medial patellofemoral ligament reconstruction method on patellofemoral contact pressures and kinematics. Stephen JM, Kittl C, Williams A, Zaffagnini S, Marcheggiani Muccioli GM, Fink C, Amis AA [Am J Sports Med. may 2016; 44:1186-1194]

IF: 4.362

Homologous platelet-rich plasma for the treatment of knee osteoarthritis in selected elderly patients: an open-label, uncontrolled, pilot study. C. Bottegoni, L. Dei Giudici, S. Salvemini, E. Chiurazzi, R. Bencivenga, A. Gigante [Therapeutic Advances in Musculoskeletal Disease April 2016 8: 35-41]

IF: 0.783

IF: 0.756

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dicembre

Lights on… 2016 SIGASCOT events!

novembre

Roma 4° Corso Formaz. femoro-rotulea Combined Meeting with Internationa Patellofemoral Study Group

28 ott

2-3 dic

Arezzo - ICLO Le osteotomie di ginocchio Sigasc-Ost: Cadaver-Lab

4-5 nov

Genova SigascoTime-Out (Liguria) Allograft nella ric. legamentosa

19 nov

ottobre

Sassari (Struttura Didattica S.Pietro) Corso di Tecnica Infiltrativa

22 ott

Arezzo Hands-on Lab for Young Surgeon Cartilage

13 nov

1° gruppo: 10.00-14.30 2° gruppo: 11.30-16.00

ICLO Teaching and Research Center San Francesco di Sales Via A. Einstein 12 - Arezzo

Torino 101° SIOT – incontro SIA/SIGASCOT Spalla e ginocchio: a confronto

Rinnova la QUOTA SOCIALE per il 2017 2017

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Tratto da: La Gazzetta dello Sport del 3 febbraio 2016

La notizia pubblicata dalla “Gazzetta”, come spunto di approfondimento per conoscere di più e meglio una patologia, una tecnica chirurgica, un percorso riabilitativo. Una nuova rubrica di HIGHLIGHTS in grado di regalare, partendo dal quotidiano, un aggiornamento scientificamente serio e approfondito sulla traumatologia dello sport.

terzo medio dell'achilleo (tra il 1997 ed il 2010) trattate chirurgicamente tra gli atleti iscritti alla National Football League (NFL), valutando come a fronte di una tempistica di riabilitazione lunga ed impegnativa (7-11 mesi per ritornare alle competizioni) ben il 32,3% degli atleti avrebbe abbandonato definitivamente l’attività agonistica a seguito dell’infortunio. Inoltre, il ruolo ricoperto dall'atleta durante il gioco sarebbe predisponente sull'incidenza di questa patologia: nel caso specifico dei giocatori di football, più del 45% delle rotture tendinee complete si è verificato in difensori o in quarterback. Contrariamente a quanto ci si possa aspettare, gli autori non hanno riportato, invece, alcuna significativa differenza tra la frequenza di infortunio su terreno sintetico e su quello in erba naturale. Nel 45,4% dei casi l’evento avverso è avvenuto durante una competizione ufficiale, e non in fase di pre-training o riscaldamento, a testimonianza del fatto che la specifica preparazione atletica durante tutta la stagione agonistica non sia in taluni casi sufficiente per preparare il tendine al forte stress biomeccanico a cui è sottoposto durante una competizione di alto livello al fine di prevenirne la rottura. Simili risultati anche in una più recente case series di Jallageas et al del 2013, rivalutando a distanza 31 suture dell’achilleo a seguito di rottura completa eseguite in atleti nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2009. Dato significativo riportato dagli stessi autori è come il 71% dei casi la rottura sia avvenuta a seguito di un eccessivo stress durante la contrazione eccentrica del tendine. [4] Trattamento chirurgico vs trattamento conservativo: dalla letteratura internazionale alla nostra esperienza Non esiste a oggi un consenso circa la scelta del miglior approccio terapeutico. Wilkins R. e Bisson LJ nel 2012 [5] hanno riportato una revisione sistematica della letteratura per creare una meta-analisi dagli studi comparativi fra trattamento chirurgico e conservativo. Da sette studi con livello di evidenza I, per un totale di 677 pazienti, ne risultava che il trattamento chirurgico era associato

significativamente a una ridotta incidenza di ri-rottura, rispetto al trattamento conservativo (3,6% contro 8,8%). Ovviamente le complicanze associate a un’aggressione chirurgica non sono associate al trattamento incruento, ma l’incidenza di TVP non era significativamente differente tra i due gruppi. Il ritorno alle attività quotidiane risultava essere anticipato con il trattamento chirurgico, con significatività statistica però solo in uno studio.[6] Simili conclusioni sono state raggiunte da un'altra review di maggior spessore scientifico eseguita da Erickson et al nel 2015, includendo un totale di 5842 pazienti.[7-9] Gli autori osservavano che un tasso maggiore di recidiva per ri-rottura in caso di trattamento conservativo rispetto a quello chirurgico è stato riportato in 7 dei 9 studi analizzati, con un ritorno all'attività lavorativa più rapido per questi ultimi in 3 lavori. Di contro invece, il trattamento chirurgico sembrerebbe esporre i pazienti a maggiori rischi di complicanze, quali per esempio deiscenza di ferita e infezioni. Una possibile spiegazione al maggior tasso di recidiva di rottura in caso di trattamento conservativo, può essere correlata alla composizione del tessuto del tendine riparato: alla guarigione della lesione concorrono infatti sia meccanismi intrinseci sia estrinseci, che giocano ruolo in entrambe le scelte di trattamento. È probabile però che la guarigione intrinseca sia preponderante nel trattamento chirurgico, mentre in quello incruento, a causa del gap tendineo in sede di lesione, siano maggiori i fenomeni riparativi estrinseci, con aumentato rischio di ipertrofia cicatriziale tale da poter compromettere il normale scorrimento del tendine [8] e le fisiologiche caratteristiche biomeccaniche di tensione ed elasticità. Già Cetti et al. nel 1994 [9] avevano riportato effettivi benefici del trattamento chirurgico, dimostrando che i pazienti trattati chirurgicamente erano più propensi a riprendere l’attività sportiva (57% contro 29%) e a dodici mesi di follow-up mostravano minore difficoltà a camminare o indossare scarpe (29% contro 49%).

Epidemiologia e sport ad alto livello In ambito sportivo professionistico la rottura del tendine d’Achille ha un forte impatto nella carriera di un atleta, a tal punto da essere responsabile in taluni casi anche di un definitivo abbandono dell'attività agonistica.[1-3] Questo dato emerge da uno studio pubblicato nel 2006 da Parekh et al, in cui analizzavano 31 rotture complete del

ROTTURA DELL’ACHILLEO NELL’ATLETA DI ALTO LIVELLO:

PRINCIPI DI TRATTAMENTO

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Una recente review effettuata da Holm et al.[10], invece, non individua differenze statisticamente significative circa il tasso di ri-rottura tra trattamento cruento o incruento, anche se due, dei sette studi esaminati, [11, 12] osservano evidenze cliniche per un maggior tasso di recidiva nel trattamento non chirurgico (10-12% contro il 2-4%). Anche Holm et al. riportavano di fatto un ritorno all’attività in tempi inferiori dopo trattamento chirurgico, con qualità biomeccaniche tissutali apparentemente superiori, rispetto al trattamento conservativo, proponendo come possibile fattore favorevole l’inizio precoce della riabilitazione e il corretto ri-tensionamento tendineo mediante la sutura. A tale proposito Suydam et al. hanno approfondito con una case series di livello di evidenza IV un aspetto molto importante in ambito di recupero funzionale a seguito di lesione completa. [13] Un vantaggio del trattamento chirurgico cruento risiede, infatti, nella possibilità di ripristinare una corretta tensione del tendine riparato, riportandola il più vicino possibile a quella fisiologica. Mettendo a confronto la lunghezza tendinea residua post-procedura chirurgica misurata con esame ecografico e i dati EMG del tricipite surale registrati al momento della sua attivazione durante la cinetica del passo (a 6 e 12 mesi dall'inizio del percorso riabilitativo), Ravanolo et al [14] hanno dimostrato come ci sia una correlazione statisticamente significativa tra un aumento della lunghezza totale (3,0-3,5 cm in più del normale) con l'incremento dell' attivazione muscolare. Ciò si è verificato, infatti, per tutti i pazienti sottoposti a sutura tendinea dopo lesione completa dell'achilleo se confrontati sia con il lato indenne controlaterale che con soggetti completamente sani. Una perdita del fisiologico pre-tensionamento dell'achilleo, che si può verificare anche nonostante una procedura chirurgica di sutura specie per quanto riguarda il gemello laterale(p<0,05), implica la necessità di una maggior potenza muscolare, espressa come intensità di attivazione, per poter ottenere una biocinetica del passo efficace e pertanto paragonabile ad una gamba sana. Gli stessi autori, in accordo con la letteratura internazionale, hanno anche riportato come possa essere sufficiente un minimo accorciamento tendineo di circa 0,5 cm per generare una differente risposta muscolare, specie per quanto concerne il muscolo soleo. Dopo un excursus delle review sull’argomento, si potrebbe pertanto generalizzare l’opinione comune dicendo che il trattamento chirurgico è preferibile per pazienti con richieste funzionali elevate, a maggior ragione se sportivi professionisti; mentre la cura conservativa è preferita per pazienti sedentari, soprattutto se in presenza di fattori di rischio e comorbilità non trascurabili. La scelta del trattamento è quindi ancora oggetto di discussione, anche se esistono elementi a favore del trattamento chirurgico per raggiungere un accelerato ritorno alle attività quotidiane e sportive, senza dimenticare l'evidente riduzione del rischio di ri-rottura. Trattamento chirurgico: perchè tecnica open? Individuato come argomento a sfavore del trattamento chirurgico la possibile insorgenza di complicanze, come detto i vantaggi di una riparazione cruenta in caso di rottura del tendine d’Achille sono molteplici, e consistono per lo più sia nel ridotto tasso di ri-rottura sia in un recupero più precoce rispetto al trattamento conservativo: fattori non trascurabili in caso di pazienti atleti professionisti. Tema attuale di discussione internazionale in merito alla scelta di un trattamento chirurgico, riguarda poi la scelta di una

tecnica open piuttosto che con approccio percutaneo. Con l'avvento di quest'ultima tecnica, infatti, si é cercato di assicurare i medesimi risultati di una chirurgia open, con l’intento di ridurre notevolmente alcune tra le principali complicanze associate a un atteggiamento più aggressivo, riguardanti la guarigione delle ferite e il maggior discomfort per il paziente. [15, 16] L’approccio chirurgico open sembra rimanere la prima scelta per molti chirurghi ortopedici, poiché consentirebbe di ottenere un miglior e più efficace ri-tensionamento tendineo, scongiurando quasi completamente l'eventuale rischio intra-operatorio di incarceramento del nervo surale durante la sutura e riducendo ulteriormente il tasso di ri-rottura. [17] In letteratura si possono trovare lavori scientifici con risultati assai discordanti. Il motivo che potrebbe portare, secondo la nostra esperienza, il trattamento aperto a tecnica di prima scelta rispetto ad un trattamento percutaneo, specialmente in atleti professionisti di alto livello, è la possibilità di poter associare eventuali gesti accessori in tutta sicurezza, quali ad esempio il release della fascia crurale o una augmentation con il tendine plantar gracile (in caso di scarsa stoffa residua). Senza dimenticare poi che cosi facendo è possibile un ri-tensionamento efficace del tendine durante la sutura dei monconi sotto gli occhi ed in pieno controllo diretto del chirurgo stesso. In ambito di chirurgia open esistono poi due principali scuole di pensiero in merito alla via chirurgica utilizzabile. Alcuni autori preferiscono infatti l'impiego di un accesso postero-mediale, poiché offre il vantaggio di minimizzare i rischi di lesione nervosa, consentendo anche un più facile accesso al tendine plantare, qualora fosse necessario.[18] Altri invece preferiscono l’accesso postero-esterno, o l’accesso longitudinale posteriore, anche se più soggetto a cicatrici dolorose e di difficile guarigione per le forze tensive cui la cute è sottoposta. [19] Le tecniche di sutura descritte in letteratura sono molteplici, come numerosi i tipi di fili a disposizione, riassorbibili o-non riassorbibili. Una review sistematica condotta da Sadoghi et al. [20] su studi sperimentali condotti su cadavere, ha confrontato tecniche chirurgiche aperte, mini-invasive e percutanee (sutura di Kessler, Bunnell, e Krackow, il metodo AchillonÒ, la tecnica di Ma-Griffith, del triplo fascio e la tecnica “gift-box”) con lo scopo di valutarne la resistenza alle forze di tensione. La resistenza alla trazione media ponderata delle sette diverse tecniche, con differenti fili di sutura, variava da 81 N a 453 N (media 222,7 N), rivelando il valore più alto con la tecnica Triple Bundle utilizzando Ethibond # 2. Diversi autori riportano l’utilizzo di augmentation nella riparazione aperta della rottura acuta del tendine d’Achille, principalmente attraverso l’utilizzo dell’aponeurosi [21], una treccia di polipropilene [22], mesh di polietilene [23] o con il tendine plantare. [24] N

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on ci sono tuttavia prove sufficienti a sostegno dell’utilizzo di augment per rotture acute, rispetto alle tecniche semplici di raffia termino-terminale, come dimostrato anche dagli studi di Aktal et al. [25] e Pajala et al. [26] che hanno posto a confronto la tecnica Krackow del locking-loop con tenorrafie utilizzando come augment rispettivamente il tendine plantare o aponeurosi. Griffith et al [15] sono stati i primi autori a descrivere una tecnica chirurgica percutanea per le rotture del tendine d’Achille. La loro tecnica prevede una sutura di Bunnel per il moncone prossimale e un passaggio nel moncone distale, attraverso sei piccole incisioni longitudinali ai lati mediale e laterale del tendine, tre per lato, senza esporre il tendine nel sito di lesione. Gli ideatori hanno riferito nessuna ri-rottura o infezione. Studi successivi hanno però dimostrato recidive e lesioni nervose, con frequenza fino all'8% [27] e 13%.[28, 29] Webb e Bannister [30] hanno sviluppato una propria variante percutanea, con lo scopo di ridurre l’incidenza di danni al nervo surale: si distingue per il numero e sedi di incisioni. Dal punto di vista biomeccanico si pone il sospetto che le tecniche percutanee offrano una tenuta alle forze di tensione e trazione inferiore rispetto alle tecniche a cielo aperto. In un'analisi sperimentale, usando il punto di Bunnell, Hockenbury e Johns [31] hanno dimostrato che la riparazione percutanea garantiva il 50 % della forza rispetto alla tecnica aperta. In uno studio che esamina la forza isocinetica e la resistenza, condotto da Goren et al., non è stata riscontrata invece alcuna differenza tra le due tecniche. La preoccupazione resta per quanto riguarda i tassi di lesioni nervose e ri-rottura. Per escludere questa complicanza, Kakiuchi introdusse una tecnica che associava sia l’approccio mini-invasivo sia il percutaneo, agendo quindi in un campo protetto da possibili complicanze di origine nervosa. Su questo principio è stato creato poi uno strumento che potesse ovviare alle difficoltà di reperire sottocute i fili, rendendo più facile e pratica la tecnica di Kakiuchi, il sistema Achillon. RIABILITAZIONE La rottura acuta del tendine d’Achille è un infortunio severo che richiede per lo sportivo un lungo periodo di stop dall’attività agonistica. La chirurgia è solo il primo atto terapeutico e l’inizio di un prolungato percorso di recupero. Per questo motivo la riabilitazione è determinante nel favorire un precoce e completo recupero funzionale, in particolar modo per lo sportivo di alto livello. Non esiste ad oggi un consenso univoco sul protocollo riabilitativo ottimale. Le recenti evidenze della letteratura suggeriscono tuttavia che il tradizionale approccio di prolungata protezione post-chirurgica (ad oggi ancora largamente utilizzato con scarico completo dell’arto e immobilizzazione in tutore per diverse settimane) possa essere rivisto a favore di un precoce e progressivo approccio riabilitativo. A

tal riguardo una recente revisione [32] ha analizzato differenti trials in letteratura che mettevano a confronto la ripresa precoce del carico completo rispetto allo scarico dell’arto e la precoce mobilizzazione di caviglia rispetto all’immobilizzazione. I pazienti sottoposti a carico immediato e precoce mobilizzazione presentavano un livello di soddisfazione superiore, un precoce ritorno alla deambulazione ed in seguito all’attività sportiva, una riduzione dell’atrofia muscolare ed un maggior recupero di forza, in associazione ad un complessivo minor ricorso a risorse riabilitative ed in assenza di complicanze significative o percentuali di ri-rottura differenti dal protocollo tradizionale. Questo studio conclude suggerendo dopo tenorrafia achillea la ripresa immediata del carico e dalla seconda settimana postoperatoria una mobilizzazione di caviglia controllata (con mobilità libera in flessione plantare e limitata a 0° in flessione dorsale). Un’altra recente meta-analisi della letteratura [33] confrontando i risultati di 6 studi randomizzati e 3 studi quasi-randomizzati su un totale di 402 pazienti, conclude che il precoce carico dopo l’intervento associato ad esercizi di mobilizzazione articolare permettono un recupero funzionale migliore e più rapido in associazione ad una minor frequenza di complicanze minori, rispetto alla convenzionale immobilizzazione postchirurgica. Pochi vantaggi sono stati evidenziati tuttavia se veniva applicata la sola mobilizzazione precoce. Si evidenzia quindi come un approccio di ripresa funzionale e di riabilitazione precoce possano fare la differenza per un recupero migliore e anticipato anche in termini di rientro sportivo. La metodologia e la progressione dei carichi riabilitativi rimangono a nostro avviso il cardine principale in riabilitazione per favorire il recupero della funzione attraverso un graduale adattamento dei tessuti e per prevenire le complicanze. Gli ambienti della riabilitazione diventano quindi fondamentali. Una volta guarita la ferita chirurgica le sedute di idrokinesiterapia favoriranno il precoce recupero del cammino , la ripresa di articolarità, la riduzione del gonfiore locale e la ripresa progressiva del tono muscolare. Parallelamente le sedute riabilitative in palestra permetteranno con i trattamenti manuali e le terapie fisiche le riduzione dell’edema locale e favoriranno la guarigione dei tessuti. Il lavoro controresistenza viene introdotto gradualmente in associazione ad elettrostimolazione nelle prime fasi riabilitative per arrivare poi ad eseguire esercizi concentrici ed eccentrici controresistenza progressiva fino al carico naturale. Una volta completata la ripresa di articolarità, risolta la fase infiammatoria post-operatoria e ripreso un adeguato schema del cammino in assenza di ausili o compensi, si potrà progredire verso lavori funzionali in carico via via più intensi e associati ad esercitazioni propriocettive e di controllo neuromotorio in associazione a rinforzo con sovraccarichi. Quando il paziente è in grado di correre per almeno 10 minuti su tapis in assenza di zoppia o compensi e presenta valori di forza superiori all’80% rispetto al controlaterale è pronto per l’inizio della rieducazione motoria sul campo sportivo per favorire la graduale ripresa dei gesti specifici. La fine del percorso riabilitativo assistito e la ripresa degli allenamenti con la squadra avviene – previo consenso ortopedico - a completamento del lavoro riabilitativo sul campo sportivo in assenza di complicanze, con un recupero di forzo il più possibile vicino al 100% e con un soddisfacente recupero di condizione atletica e metabolica in funzione dell’attività sportiva praticata.

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Dalla Redazione SIGASCOT: Giacomo Zanon, Alberto Combi, Marco Bargagliotti, Lorenzo Boldrini (Riabilitazione)

1/2016

Bibliografia: 1. Longo G, Petrillo S, Maffulli N; Acute achilles tendon rupture in athletes; Foot Ankle Clin. 2013 2. Jallageas R, Borders J, Daviet JC et al; Evaluation of surgical treatment for rupture achilles tendon in 31 athletes. Orthopaedics and traumatology

:surgery and research, 99, 577-584; 2013 3. Wilkins R, Bisson LJ: Operative vs Nonoperative Management of Achilles Tendon Ruptures, Am J Sports Med 40:2154-2160; 2012 4. Metz R, Verleisdonk EJ, van der Heijden GJ, et al.:Acute Achilles tendon rupture: minimally invasive surgery versus nonoperative treat- ment with

immediate full weightbearing. A randomized controlled trial. Am J Sports Med.36(9):1688-1694 2008 5. Erickson JB, Mascarenhas R, Saltzman BM, et al; Is Operative Treatment of Achilles Tendon Ruptures Superior to Nonoperative Treatment? A

Systematic Review of Overlapping Meta-analyses; The Orthopaedic Journal of Sports Medicine;2015 6. Sharma P, Maffulli N. Tendon injury and tendinopathy: healing and repair. J Bone Joint Surg Am 87(1):187-202, 2005 7. Cetti R, Henriksen LO, Jacobsen KS: A new treatment of ruptured Achilles tendons: a prospective randomised study. Clin Orthop Relat Res

308:155–165, 1994 8. Holm C, Kjaer M, Eliasson, P: Achilles tendon rupture – treatment and complications: A systematic review, Scand J Med Sci Sports, doi:

10.1111/sms.12209; 2014 9. Nilsson-Helander K, Silbernagel KG, Thomee R et al.: Acute Achilles tendon rupture: a randomized, controlled study comparing surgical and

nonsurgical treatments using validated outcome measures. Am J Sports Med38: 2186–2193, 2010 10. Olsson N, Silbernagel KG, Eriksson BI, et al.: Stable surgical repair with accelerated rehabilitation versus nonsurgical treatment for acute Achilles

tendon ruptures: a randomized controlled study. Am J Sports Med 41: 2867–2876, 2013 11. Suydam S, Buchanan TS, Manal K, Silbernagel KG; Compensatory muscle activation caused by tendon lengthening post-Achilles tendon rupture

Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc (2015) 12. Don R, Ranavolo A, Cacchio A, Serrao M, Costabile F, Iachelli M, Camerota F, Frascarelli M, Santilli V Relationship between recovery of calf-

muscle biomechanical properties and gait pattern following surgery for Achilles tendon rupture. Clin Biomech 22:211–220; 2007 13. Ma G, Griffith T; Percutaneous repair of acute closed ruptured Achilles tendon. Clin Orthop 128:247–255 ; 1977 14. Maffulli N; Rupture of the Achilles tendon. Current con-cepts review. J Bone Joint Surg Am 81-A:101;1999 15. Chillemi C, Gigante A, Verdenelli A, Marinelli M, Ulisse S, Morgantini A, De Palma L Percutaneous repair of Achilles tendon ruptures:

ultrasonographic and isokinetic evalu-ation. Foot Ankle Surg 8:267–276; 2002 16. Jon Karlsson, Maayke N. van Sterkenburg, G MMJ Kerkhoffs et al. Open Surgery, in CK van Dijk, J Karlsson, N Maffulli et al, Achille Tendon

Ropture, Guildford: DJO Publication, pagg 49-55; 2008 17. Haertsch PA ; The blood supply to the skin of the leg: a post-mortem investigation. British J Plast Surg 34:470–477; 1981 18. Sadoghi P, Rosso C, Valderrabano V et al.: Initial Achilles tendon repair strength-synthesized biomechanical data from 196 cadaver repairs,

International Orthopaedics (SICOT) 36:1947–1951, 2012 19. Zell RA, Santoro VM: Augmented repair of acute Achilles tendon ruptures. Foot Ankle Int 21(6):469–474, 2000 20. Giannini S, Girolami M, Ceccarelli F et al.: Surgical repair of Achilles tendon ruptures using polypropylene braid augmen- tation. Foot Ankle Int

15(7):372–375, 1994 21. Fernández-Fairén M, Gimeno C: Augmented repair of Achilles tendon ruptures. Am J Sports Med;25(2):177-81;1997 22. Lynn TA; Repair of the torn Achilles tendon using the plantaris tendon as a reinforcing membrane. J Bone J Surg Am 48(2):268–272;1966 23. Aktas S, Kocaoglu B, Nalbantoglu U, Seyhan M, Guven O. End-to-end versus augmented repair in the treatment of acute Achilles tendon

ruptures. J Foot Ankle Surg; 46(5):336-340, 2007 24. Pajala A, Kangas J, Siira P, et al.: Augmented compared with nonaugmented surgical repair of a fresh total Achilles tendon rupture. A prospective

randomized study. J Bone Joint Surg Am. 91(5):1092-1100, 2009 25. Haji A, Sahai A, Symes A et al;Percutaneous versus open tendo Achilles repair. Foot Ankle Int 25(4):215–218;2004 26. Bradley JP, Tibone JE;Percutaneous and open surgical repairs of Achilles tendon ruptures: a comparative study. Am J Sports Med 18(2):188–

195;1990 27. Gorschewsky O, Pitzl M, Putz A et al; Percutaneous repair of acute Achilles tendon rupture. Foot Ankle Int 25(4):219–224;2004 28. Webb JM, Bannister GC, Percutaneous repair of the ruptured tendo Achillis, J Bone Joint Surg Br; 81:877-880, 1999 29. Hockenbury RT, Johns JC; A biomechanical in vitro comparison of open versus percutaneous repair of tendon Achilles. Foot Ankle 11(2):67–72;

1990 30. Goren D, Ayalon M, Nyska M; Isokinetic strength and endurance after percutaneous and open surgical repair of Achilles tendon ruptures. Foot

Ankle Int 26(4):286–290;2005 31. Kakiuchi M, A combined open and percutaneous technique for repair of tendo Achillis: comparison with open repair, J Bone Joint Surg Br; 77: 60-

63, 1995 32. Brumann M et al. Accelerated rehabilitation following Achilles tendon repair after acute rupture. 33. Development of an evidence-based treatment protocol. Injury 2014 Nov; 45(11): 1782-90

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SITI… Informazioni, curiosità, spunti e novità dal Web

Fisiobrain.com

Portale on line dedicato alle tematiche della Fisioterapia e Riabilitazione che, grazie al lavoro dello Staff, dei collaboratori e dei molti utenti, periodicamente propone articoli, notizie, strumenti, spunti di riflessione critica, riferimenti, link, interazione e altri servizi. E’ un valido punto di riferimento on line per tutti coloro che – professionisti o semplici interessati – intendano approfondire gli aspetti della Fisioterapia e Riabilitazione e le opportunità di diffusione delle idee e conoscenze offerte da internet.

www.sigascot.com Twitter e Facebook

Semplice ma utile tool per guidare la scelta della più adeguata terapia per l’Early Osteoarthritis del ginocchio, basata sulle caratteristiche di ogni singolo paziente.

(by AAOS)

Dal sito ESSKA consigliamo il Video del Prof. Zaffagnini “Combined ACL reconstruction and HTO for arthritic knee”

Accessibile ai Soci ESSKA

Goo.gl/ij6dNd

Goo.gl/pTILUt

Allfootball è un blog/magazine, scritto da calciatori, allenatori, preparatori atletici, preparatori dei portieri, medici, psicologi… tutte le figure che possono informare, in modo semplice ed efficace, il calciatore, il genitore, lo staff tecnico, il dirigente e chiunque si interessi di calcio o viva un’esperienza umana e professionale all’interno di una società calcistica. Articoli, video, dati statistici, programmi di allenamento; sul calcio professionistico, amatoriale, giovanile e femminile.

www.allfootball.it

Puoi leggere Joints gratis anche su PC

Jointsjournal.eu

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By Madame Vannini TEMPO LIBERO

MEETING(S) … WITH ARTS & DECO’

Carissimi soci, Per chi fosse stato (o peggio ancora non fosse stato) a Barcellona all’ESSKA Meeting, ecco una piccola serie di cose che avreste dovuto fare e forse non avete fatto e che magari saranno da tenere presenti per i prossimi giri nella capitale catalana. A parte, infatti, i grandi must di Barcellona, quali la visita alla Sagrada Familia, ormai ad ottimo punto ed alla quale le vetrate, finalmente completate, danno una suggestione straordinaria, la casa Batlò, la casa Milà, il parco Guell ed il museo Picasso, che forse tutti, durante una visita e l’altra avranno visto, Barcellona offre anche altre perle di tutto rispetto. Vagate per il mercato della Boqueria, uno dei mercati coperti più affascinanti di Barcellona la cui presenza è documentata già dal 1200, godetevi le divertenti porzioni da passeggio di salumi iberici o di frutta già preparata e fatevi largo tra la folla (fig 1). Poche strade oltre andando verso il mare, abbondantemente rifocillati, troverete l’indicazione per il Palau Guell. Pur meno noto di altre, quest’opera giovanile di Anton Gaudì spicca a mio avviso per la straordinaria eleganza. Il genio del grande artista si manifesta già in toto, pure il legame ancora presente con un certo rigore stilistico proprio del periodo, ne fanno un’opera peculiare di estrema eleganza e, personalmente, la mia impresa architettonica preferita tra quelle del maestro catalano. Tra le caratteristiche architettoniche vanno menzionati gli archi di catenaria che qui Gaudì usa per la prima volta e che saranno un elemento costante della sua poetica architettonica. In bellissima posizione panoramica, soprattutto se si ha la fortuna di non recarvisi sotto la pioggia battente come ho fatto io, c’è poi la fondazione Mirò. La fondazione, costruita sul Montjuic da Joseph Lluìs, amico personale di Mirò, vanta una collezione brillante dell’opera dell’artista, completa anche di sculture e lavori di tappezzeria. Assolutamente da vedere, per appassionati e non (fig 2).

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Non può mancare una visiti al Palau della Musica Catalana. Progettato da Lluis Domènec i Montaner, il palau fu considerato all’unanimità il simbolo della nuova architettura modernista catalana e vale assolutamente una visita anche all’interno, oltre che una serie di foto ai magnifici capitelli in ceramiche che ne decorano la facciata. Imperdibile! Infine, stanchi dopo la giornata, non resta che fermarsi a riposare nella magnifica Placa reial e cogliere l’occasione per bere qualcosa al visionario Cafe Ocana, per me uno dei locali più affascinanti di Barcellona, ambiente eccentrico ed artistico, con i sui baristi tatuatissimi. Affidatevi ad una delle drag queen che gestiscono la sala per trovare il tavolino perfetto per voi.

Avventurandosi, dopo queste visite, nel Barrio gotico, non si può evitare di ammirare le stupende chiese di Santa Maria del Mar e Santa Maria del Pi, il cui stupendo rosone toglie il fiato ed i mercatini di prodotti tipici che quasi sempre le circondano. Perdersi nelle stradine del Barrio gotico è sempre un divertimento. Se, vagando, si è abbastanza fortunati da riuscire a ritrovarla, a fianco di un negozio di produzione artigianale di ventagli, oltrepassato un portone, si finisce con l’incontrare la piccola ma suggestiva Sant’Anna. Questa chiesetta di origine templare, la più antica di Barcellona, secondo quanto mi dice il custode e il suo chiostro delizioso offrono un’isola di silenzio ai viaggiatori nel pieno centro della città ad un passo dalla Rambla (fig 3).

By Miss Vannini

Al prossimo Meeting!

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Partecipare ad un Congresso vuole anche dire, nei piccoli ritagli di tempo, conoscere una nuova localita’, scoprirne, guidati da chi la conosce , gli angoli nascosti , gli aspetti piu’ caratteristici, gustarne i sapori e gli odori. In questa rubrica di puro intrattenimento ,HIGHLIGHTS, vuole fornire ai Congressisti le indicazioni di un ristorante, di un albergo ,di un luogo di cultura poco conosciuto dai circuiti turistici tradizionali , da frequentare se per Congresso o per diletto vi capitasse di transitare da quel posto.

17° ESSKA Congress – Barcellona (ESP)

4-7 maggio 2016, Barcellona – Spagna.

Andare a Barcellona significa immergersi nella Spagna più vivace e divertente: cultura, mare, divertimento. Questa volta l’evento a cui partecipare è stato il congresso ESSKA, francamente tinto del nostro tricolore per la presidenza di Matteo Denti. Relazioni e sessioni vivaci, interessanti, dibattute, per consolidare od allargare l’orizzonte delle proprie conoscenze. Ma appena finiscono le sessioni, Barcellona si rivela in tutte le sue sfaccettature: allegria, vivacità, gioia…..voglia di compagnia. E dove meglio che a Barceloneta o nella Ramblas? Impossibile non cedere alla tentazione di sedere su uno sgabello per una cerveza…..che richiama una tapas….che richiama un’altra cerveza: inizia un circolo vizioso a cui si può metter fine, con coraggio, solo quando si è esausti. Le migliori tapas sono al porto della Barceloneta: appagato sia il gusto che l’occhio. Bei piatti, bella gente, tanti sorrisi…..birra a fiumi. La selezione di tapas è infinita con delle portate impossibili da lasciare.

Ovviamente si comincia con un piatto di jamon. Attenzione però ad essere pretenziosi nella richiesta. Seppure abbiano un’origine simile, il jamon iberico è molto più pregiato del jamon serrano poiché derivato da maiali più selezionati ed alimentati con grande cura. L’aspetto è simile ma il pregio, ed il gusto al palato, sono differenti. E qui, assieme ad una bella bruschetta di pomodoro, se na va la prima birra…

By Craccon T E M P O L I B E R O

MEETING(S) … WITH FOOD

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E’ tempo di ordinarne un’altra, ma con cosa la accompagniamo? Assolutamente con una croquetas de bacalao: baccala, un modesto trito di aglio, il tutto avvolto in pastella e fritto. Semplicemente sublime. La prosecuzione è sempre con piatto di mare: acciughe del Cantabrico la cui sapidità del mare del Nord della Spegna è meravigliosa al palato ed aiuta subito ad ordinare…..un’altra birretta…. Come aperitivo non c’è male. A questo punto però non si sa bene che fare: continuare cosi ancora un pochino, magari con un altro paio di tapas, o alzarsi ed andare a cena?

Sono le 10, orario normale per uscire a cena a Barcellona, la voglia di una buona paella mi fa alzare dal mio sgabello. La migliore paella della Bracelloneta di mangia al 7 Portes, storico locale catalano datato 1836 (!), cioè con oltre 180 anni di storia culinaria alle spalle. Ogni tavolo ha il nome di un personaggio della storia della musica, il servizio forse un po’ ingessato ma non imbarazzante. La paella meravigliosa. Riso nero (molto meglio del riso bianco, come giustamente consigliato dai catalani), pesce freschissimo, mantecatura impeccabile, gusto intenso: ogni aspettativa è stata ben ripagata. L’ultimo cucchiaio resta in padella (paella appunto), ma per poco: ancora tiepido è un attimo finirlo…..con l’ultimo sorso dell’ennesima birra…..

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