i disagi psicosociali in ambito lavorativo: stress, burn-out, mobbing dott.ssa alessia potere

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I DISAGI PSICOSOCIALI IN AMBITO LAVORATIVO: STRESS, BURN-OUT, MOBBING Dott.ssa Alessia Poter

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I DISAGI PSICOSOCIALI IN AMBITO LAVORATIVO:

STRESS, BURN-OUT, MOBBING

Dott.ssa Alessia Potere

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Introduzione

Negli ultimi vent’anni sono emersi alcuni cambiamenti relativi al mercato del lavoro (innovazione tecnologica, globalizzazione dei mercati, delocalizzazione industriale, etc.) che hanno avuto un forte impatto sulla sicurezza e sul benessere lavorativo.

L’interesse per la salute e sicurezza in ambito lavorativo, soprattutto dal punto di vista prevenzionale è aumentato costantemente durante lo scorso secolo.

Se prima il concetto di salute era correlato solo a rischi chimici, fisici e biologici, negli ultimi vent’anni è stata posta attenzione anche agli aspetti psico-sociali.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) testimonia un cambiamento di prospettive della concezione di salute intesa non più come “assenza di malattia”, ma come l’insieme di benessere fisico, psichico e sociale (1946).

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La relazione tra la salute organizzativa ed il clima organizzativo

La prospettiva dell’Organizational Health riconosce il clima organizzativo come un costrutto che correla positivamente con la salute organizzativa.

La salute organizzativa è “l’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la convivenza dei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando il benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative” (F. Avallone, A. Paplomatas).

Il costrutto di salute organizzativa è multidimensionale e comprende il benessere emotivo e psicologico, la serenità lavorativa, livelli di stress accettabili e un buon clima relazionale.

Si tratta di un processo dinamico che va mantenuto in equilibrio.

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Il clima organizzativo è “un processo dinamico in cui confluiscono fattori strategici e funzionali come quelli individuali - motivazione, competenze, bisogni e valori - per rendere i propri fini compatibili con i più ampi obiettivi dell’organizzazione” (McGregor, Argyris).

Il clima organizzativo comprende dimensioni come la qualità delle relazioni (socializzazione, fiducia, interazioni, amicizia, partecipazione); la percezione dello stress (indicatore della qualità della relazione tra individuo e ambiente); le condizioni e le caratteristiche dell’organizzazione (contesto, struttura, processi) e le norme, ideologie, valori, linguaggio, rituali, miti e simboli.

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La relazione tra la salute organizzativa ed il clima organizzativo

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Il binomio organizzazione-salute è riconducibile alle norme comunitarie recepite in Italia con il Decreto n. 626 del 1994, che ha assicurato un cambiamento di direzione sul piano degli strumenti di misura e sulle strategie di intervento in ambito di salute e sicurezza lavorativa.

Con il D.P.R. 303/56 la gravità del rischio era definita attraverso la consultazione di tabelle (approccio presuntivo del rischio), con il D.Lgs 626/94 è stato introdotto un approccio valutativo dello stesso.

Con il DPR 303/56, la diagnosi di una patologia professionale era un atto preventivo in un periodo in cui non era possibile fare ricorso né al monitoraggio biologico né ad esami strumentali e di laboratori.)

Con il D.Lgs 25/2002 sono eliminate tutte le tabelle usate per l’approccio presuntivo del rischio e in ultimo con il Testo Unico 81/2008, che ha sostituito il D.Lgs 626/94, è stata resa obbligatoria la valutazione dei rischi stress lavoro correlati.

Dall’approccio presuntivo del rischio a quello valutativo

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Dal concetto di sicurezza a quello di salute organizzativa

Un ambiente di lavoro sano contribuisce a creare un’immagine positiva di sé, influisce positivamente sul senso di identità, dignità e appartenenza ad un gruppo.

Se, invece,l’ambiente di lavoro è vissuto come insicuro ed ostile, l’esperienza lavorativa perde la sua funzione di integrazione sociale e realizzazione del sé e rappresenta un fattore di rischio per la qualità della vita dei lavoratori.

Conflitti e vessazioni possono così tradursi in conseguenze nocive per l’individuo e condurre al cosiddetto “malessere organizzativo”, terreno fertile per i noti rischi emergenti: stress occupazionale,burn-out e mobbing.

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I rischi emergenti sono strettamente correlati con la gestione degli aspetti “immateriali” del lavoro (ad esempio, la realizzazione personale e sociale, la possibilità di scegliere, il benessere in senso lato, etc.);sono meno visibili, ma tanto dannosi quanto i rischi fisici.

A causare lo sviluppo di rischi psicosociali in ambito lavorativo sono le discrepanze tra le esigenze del singolo lavoratore e le esigenze dell’organizzazione.

Questa situazione conduce a pesanti conseguenze come ansia, stress, incertezza, senso di precarietà e a problemi psicologici e fisici, fino ad arrivare talvolta a vere e proprie patologie.

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I rischi emergenti nel contesto lavorativo

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I rischi emergenti nel contesto lavorativo

Quando si parla di rischi emergenti è necessario valutare il contesto organizzativo e non solo il singolo individuo.

I disagi psicosociali sono segnali di contesti a rischio, pertanto “curare” solo il lavoratore senza porre attenzione all’organizzazione porterebbe a cronicizzare la situazione disfunzionante, amplificando il disagio e aumentando il rischio.

Una corretta prevenzione dei disagi psicosociali, promuove il benessere organizzativo e ha sicuramente delle conseguenze positive anche sullo sviluppo professionale dei singoli lavoratori.

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Stress occupazionale

Secondo il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) lo stress occupazionale è “l’insieme di risposte fisiche di allarme che occorrono quando le richieste da parte del lavoro non corrispondono alle capacità, alle risorse o alle necessità del lavoratore”.

Questa esperienza emozionale coinvolge l’aspetto biochimico, comportamentale e cognitivo.

Ogni stimolo è considerato stressante in relazione alla valutazione cognitiva che ogni soggetto conferisce alla situazione stessa e alle competenze che ha per affrontarla.

Le differenze tra un soggetto e l’altro, infatti, sono basate sul grado e sull’intensità di esposizione all’agente stressante, vulnerabilità allo stress e conseguente risposta fisiologica.

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Stress occupazionale

Il lavoro è basato soprattutto sulle relazioni interpersonali.

Le fonti di stress occupazionale: la competitività tra colleghi o con i superiori, la presenza di colleghi non attenti alle emozioni e ai sentimenti altrui, le pressioni da parte del gruppo che impone regole non condivise e anche lo stile di leadership autoritaria, che sviluppa stati di tensione, apatia, demotivazione o comportamenti di opposizione e conflitto.

Altri fattori scatenanti possono essere: la sovra promozione per un incarico per il quale non si è all’altezza o le retrocessioni, l’impossibilità di partecipare alle decisioni, la mancanza di controllo, l’interfaccia vita privata/vita lavorativa, l’insicurezza lavorativa.

Sono tutti fattori di rischio che possono portare a reazioni disfunzionali a livello organizzativo come l’insoddisfazione lavorativa, il turnover, l’assenteismo e a forti disagi individuali.

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Burn -out

Il burn-out, significa “bruciarsi”, è un segnale di forte disfunzione all’interno del posto di lavoro, infatti, le relazioni interpersonali giocano un ruolo importante nell’insorgenza di questo disturbo.

È un rischio psicosociale causato dalla presenza di disagio/malessere organizzativo.

Anche il burn-out emerge in presenza della differenza tra quantità di richieste agli utenti e risorse disponibili individuali e organizzative.

Il burn-out è una sindrome multidimensionale caratterizzata da tre componenti cognitive/affettive che emergono progressivamente durante lo sviluppo del processo.

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Burn-out

Esaurimento: coinvolgimento emozionale eccessivo, non si non hanno più a disposizione le risorse, le energie fisiche ed emotive per farvi fronte (sensazione di sentirsi svuotato e di non avere energie neanche per se stesso, il successivo crollo ed il logoramento fisico; il calo della prestazione sul lavoro, la sensazione di inadeguatezza,la percezione di non essere capace di recuperare le capacità perse neanche in futuro).

Depersonalizzazione: atteggiamento di distacco, riduzione di empatia e ostilità nei confronti del lavoro e delle persone.

Il manifestarsi di un ridotto coinvolgimento e abbandono degli ideali rappresenta un tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dalla delusione poiché questo compromette il benessere e la capacità di lavorare bene.

Ridotta realizzazione professionale e personale: perdita di fiducia nella propria capacità di fare qualcosa di valido, crollo dell’autostima causato dalla percezione di inadeguatezza nello svolgere il proprio ruolo.

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Mobbing

Il termine mobbing significa “assalire, aggredire”.

Il mobbing è un fenomeno prevalentemente legato alla sfera lavorativa anche se, essendo un disagio sociale, può anche colpire altri aspetti della vita del lavoratore come la famiglia ed il gruppo di amici.

È un comportamento ripetuto e irragionevole rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza (…)il mobbing spesso implica uno sviamento o un abuso di potere, nel qual caso la vittima del mobbing può incontrare difficoltà a difendersi (Atti Conferenza Europea sul mobbing, Venezia, 2002).

È un comportamento vessatorio che viene solitamente diretto dai datori di lavoro, superiori o colleghi nei confronti di quei dipendenti bravi da eliminare o “accantonare” perché ritenuti scomodi all’azienda (Hirigoyem, 2000).

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Mobbing

La distinzione tra azioni mobbizzanti e mobbing è rilevante, le prime sono eventi traumatizzanti, ma sporadici e dovuti a fattori caratteriali e situazionali (il classico malumore mattutino o il riflesso in un periodo di crisi personale); il mobbing ha, invece, radici più profonde, è un’azione sistematica, premeditata consciamente o inconsciamente ai danni di una vittima ben precisa.

Antecedenti del mobbing sono ipotesi sociali (le dinamiche di gruppo), ipotesi situazionali (stress organizzativo) e l’ipotesi disposizionale (i tratti di personalità).

E’ stato tracciato un identikit del mobbizzato che sarebbe una persona coscienziosa, rigida, ansiosa e irritabile, con bassa stima di sé, tendente alla paranoia e alla depressione (Hoel et al., 1999; Hirigoyen, 2000).

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Mobbing

Tipi di mobbing:

Bossing: il comportamento descritto è programmato dall’azienda o dai suoi vertici, con il preciso scopo di far sì che uno o più lavoratori decidano di abbandonare l’organizzazione.

Mobbing orizzontale:comportamento tra colleghi per ambizioni di carriera, rivalità, gelosia, antipatia, diffidenza, etc.

Mobbing verticale: tra un superiore e un subordinato ritenuto scomodo e pericoloso per il non rispetto gerarchico.

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Mobbing - Come si manifesta?

• Aggressioni verbali• Isolamento fisico del dipendente, attraverso ad esempio, il

trasferimento in ufficio deserto o in sede distaccata• Iniziative volte ad impedire al lavoratore di mantenere contatti sociali

interaziendali con altri colleghi (diniego di saluto, rifiuto di colloqui o spiegazioni, interruzione di ogni comunicazione)

• Attacchi alla reputazione morale e familiare della vittima (pettegolezzi,ridicolizzare la vittima),

• Molestie sessuali• Dequalificazione e demansionamento professionale oppure

sovraccarico di lavoro o attribuzione di mansioni particolarmente difficili o pericolose che il lavoratore, privo di idonee informazioni e/o addestramento, non è in grado di svolgere

• Ossessivi controlli e critiche fonti di contestazioni e sanzioni disciplinari pretestuose

• Revoca o diniego di permessi o ferie• Continue visite fiscali di controllo alle prime assenze per malattie

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Mobbing

A livello psicologico, il lavoro è percepito come modo di essere e di esistere, è uno strumento attraverso il quale realizzare se stessi ed è fondamentale per l’autonomia personale e la gratificazione.

L’insorgere di problemi in ambito lavorativo porta ad un calo di autostima e ad un senso di colpa.

A livello psicosomatico, i sintomi che possono emergere riguardano in particolar modo l’apparato digerente (bruciori di stomaco, problemi gastrici), l’apparato respiratorio (mancanza di fiato, problemi di respirazione, senso di oppressione, un generale calo di difese dell’organismo), (Ascenzi e Bergagio). Inoltre, emergono ansia, paure indefinite, aggressività incontrollata, e talvolta c’è la propensione al suicidio.

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Mobbing

Se il mobbing non viene interrotto questi sintomi di sofferenza da transitori possono diventare cronici, provocando uno stato di malattia con invalidità temporanea o permanente, clinicamente associato a tre principali disturbi: disturbo dell’adattamento (intensa sofferenza soggettiva e compromissione della funzionalità lavorativa, relazionale e sociale), disturbo acuto da stress (evitamento, iperattività, stordimento,confusione), disturbo post-traumatico da stress (depressione, ansia generalizzata).

Sul piano relazionale, il legame emotivo tra i diversi membri della famiglia può costituire, all’inizio del mobbing, un vantaggio in quanto la vittima tende a scaricare le frustrazioni sugli affetti familiari e questo può creare insoddisfazioni in famiglia e può diventare una minaccia per l’integrità e la salute della stessa e di conseguenza può provocare separazioni e divorzi (fenomeno del “doppio mobbing”).

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Mobbing

Il “Doppio mobbing” è un fenomeno che caratterizza la realtà italiana ed è legato al ruolo particolare che la famiglia ricopre nella nostra società. È la situazione in cui la vittima è bersagliata sul posto di lavoro ed è privata della comprensione e dell’aiuto della famiglia.

Una corretta attività di prevenzione sembra in grado di prevenire gli esiti più drammatici legati a questo fenomeno.

Altro fenomeno che caratterizza la realtà Italiana è la cosiddetta “condizione zero”, riferibile al modello di H.Ege.

E’ una situazione di conflittualità fisiologica (diverbi d’opinione, piccole accuse o ripicche etc.) che non costituisce mobbing, perché non vi è intenzione di distruggere o cristallizzare la vittima, ma rappresenta il terreno fertile per il suo sviluppo.

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Mobbing

Una differenza importante riguarda la percezione del mobbing negli uomini e nelle donne.

Gli uomini sono generalmente convinti di dovere e potere esprimersi al meglio solo nel lavoro e nella carriera professionale, di conseguenza essendo il lavoro per loro l’ambito privilegiato di espressione e autorealizzazione, in situazioni di mobbing tendono a bloccarsi e irrigidirsi evitando di ammettere di “stare male” perché significherebbe ammettere a loro stessi e agli altri di avere fallito nel campo per loro più importante di tutti.

La reazione dell’uomo è chiudersi in se stesso, rifiutare di chiedere qualsiasi aiuto, intestardirsi volendo risolvere da solo il problema, senza che nessuno venga informato di nulla e senza che la sua immagine sociale venga intaccata.

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Mobbing

Le donne chiedono più facilmente aiuto.

Nonostante ciò, le donne, per il fenomeno della doppia presenza, non hanno spesso l’energia sufficiente per affrontare e gestire le difficoltà relative al mondo lavorativo.

Il fenomeno della doppia presenza è relativo al dover conciliare l’ambito domestico ed extradomestico, quindi alla doppia responsabilità con conseguente stress poiché i due ambiti spesso presentano esigenze contraddittorie.Inoltre, le donne tendono a prendere in modo personale gli attacchi professionali e spesso reagiscono in modo emotivo.

Alcune strategie più usate dalle donne sono :

-La politica dello struzzo-La politica di essere diligenti e amabili fino a crollare-La politica dell’istrice

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Il fenomeno del mobbing in ambito lavorativo, porta a pesanti conseguenze anche per l’organizzazione.

Infatti, l’azienda deve fare fronte a costi elevati per il frequente assenteismo e , nei casi più gravi, per l’abbandono del lavoro.

All’interno dell’azienda in cui è presente il fenomeno del mobbing, si registra un forte calo della produttività e rendimento professionale da parte della vittima che si assenta spesso per visite mediche o prende periodi di malattia.

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Mobbing

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Valutazione dei rischi

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L’obiettivo del risk assessment è il controllo consapevole di importanti dimensioni di rischio.

La valutazione del rischio oltre a fornire informazioni preziose sull’organizzazione (punti di forza e criticità) in vista della progettazione e implementazione di azioni mirate, aiuta a prendere consapevolezza di eventuali problemi e a razionalizzarli.

Non esiste un modo giusto per effettuare una valutazione dei rischi, ma a seconda delle circostanze esistono diversi approcci efficaci.

Per la maggior parte delle aziende, in particolare le piccole e medie imprese dovrebbe essere sufficiente un semplice approccio alla valutazione dei rischi in 5 fasi (che include elementi di gestione del rischio).

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Valutazione dei rischi

Individuare i pericoli e le persone a rischio: individuare quali fattori sul luogo di lavoro sono potenzialmente in grado di arrecare danno e identificare i lavoratori che possono essere esposti a tali pericoli (l’ispezione del posto di lavoro,interviste dirette ai lavoratori).

Valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi: valutare i rischi esistenti (la gravità, il grado di probabilità di eventuali danni, etc.) e classificarli in ordine di importanza.

Decidere l’azione preventiva: identificare le misure adeguate per eliminare o controllare i rischi.

Intervenire con azioni concrete: strategie di intervento.

Controllo e riesami: la valutazione dei rischi dovrebbe essere periodicamente rivista per essere aggiornata.

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Interventi in diverse aree organizzative

Job design: La progettazione del lavoro prevede la gestione dei ritmi produttivi, ottimizzandoli compatibilmente con il benessere delle persone.

Selezione ed inserimento del personale: Una buona selezione indirizza il personale a posizioni lavorative adeguate e minimizza la frustrazione e lo stress. E’ fondamentale anche un adeguato inserimento lavorativo attraverso un adattamento graduale sia dal punto di vista relazionale all’interno del gruppo organizzativo, sia dal punto di vista dell’acquisizione di competenze tecnico-professionali.

Gestione del cambiamento: In caso di crisi, ristrutturazioni e acquisizioni, al fine di gestire consapevolmente il cambiamento, è utile informare sulle strategie d’intervento, fare formazione al managment sulla gestione del cambiamento e collaborare con le organizzazioni sindacali.

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Interventi in diverse aree organizzative

La valutazione delle prestazioni e il feedback: Un sistema di valutazione delle prestazioni deve essere basato su criteri condivisi, su una comunicazione trasparente, sulla gestione di un feedback. Questa strategia è utile per ridurre il rischio di una percepita ingiustizia sociale e contribuire all’autostima.

Formazione e supporto alle prestazioni: La formazione, inoltre, consente una maggiore padronanza del processo lavorativo così da far diminuire lo stress, rafforzare l’autostima e il senso di autoefficacia, migliorare la motivazione, il senso di appartenenza e il clima organizzativo. Una specifica formazione sui rischi psicosociali consente ai lavoratori di prendere coscienza e di etichettare determinati comportamenti ed eventi che causano disagio.

Gestione organizzativa dei gruppi: Un'altra variabile implicata nella percezione del disagio lavorativo è la marginalità dei nuovi lavoratori. Per ridurre tale fenomeno è fondamentale la presenza di una figura tutor che, attraverso un’adeguata formazione e supporto alla prestazione, possa facilitare l’inserimento.

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Interventi in diverse aree organizzative

Gestione del clima e della cultura: Questa attività prevede il monitoraggio delle variabili di clima e di cultura attraverso analisi periodiche con azioni che creino e diffondano al loro interno regole al fine di dichiarare accettabili e/o inaccettabili alcuni comportamenti.

Alcune azioni concrete che contribuiscono a creare un ambiente che previene il fenomeno sono: le dichiarazioni della mission (obiettivi organizzativi e il trattamento dei dipendenti), una vision e valori che tendano ad allineare i dipendenti, una chiara struttura organizzativa, la job description (ben definita in termini di doveri e responsabilità), la partecipazione dei dipendenti agli obiettivi e alle finalità organizzative e la loro consapevolezza del ruolo nel raggiungimento degli stessi.

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Interventi in diverse aree organizzative

Formazione e sviluppo : La formazione per insegnare alle persone come gestire i conflitti e per consentire di interrogarsi sulle proprie capacità di affrontare le situazioni difficili.

Gli strumenti utilizzati sono le esercitazioni di gruppo, le simulazioni, il role playing.

Formazione “preprimaria” (Nonnis 2006) che promuove il passaggio da una cultura del conflitto ad una cultura del confronto.

Le tecniche usate sono la narrazione autobiografica, i focus group, il brainstorming (Zammuner, 2003). L’obiettivo è lo sviluppo della consapevolezza degli individui.

In sintesi, la prevenzione del mobbing si basa sulla possibilità di raggiungere un grande cambiamento culturale dei valori individuali, degli atteggiamenti, delle espressioni verbali e delle modalità di interazione.

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Appendice

Uno strumento concreto di indagine del fenomeno del mobbing è:

Il Q.R.P.C.L. (Questionario sulle Relazioni Percepite nei Contesti di Lavoro) di Luciano Pastore (2006).

Lo strumento indaga, quindi, la percezione del mobbing in ambito lavorativo

Prima parte: dati socio anagrafici, la dimensione economica, la qualifica lavorativa, l’anzianità di servizio, eventuali esperienze lavorative precedenti, la carriera lavorativa, l’organizzazione lavorativa, le condizioni lavorative, il sistema di comunicazione usato nell’organizzazione, la collocazione del lavoro nella scala dei propri interessi, il senso di appartenenza all’organizzazione.

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Appendice

Seconda parte: “Sessione A” è riservata a chi ritiene di aver subito e/o di subire con sistematicità e ripetutamene ingiustizie e/o violenze psicologiche nell’ambiente di lavoro. Indaga eventuali cambiamenti strutturali e organizzativi, le difficoltà nell’ambiente di lavoro, da chi sono messe in atto le violenze psicologiche, le modalità con le quali il soggetto ha affrontato la situazione, le problematiche insorte sul piano psicologico.

Terza parte: “Sessione B” è riservata a chi non reputa di aver vissuto e/o di vivere una simile condizione. Indaga il sostegno di una persona vittima o responsabile di violenze psicologiche nei confronti di qualcuno, i disturbi psicologici e somatici, i rapporti con gli amici, interessi a svolgere attività extra lavorative significative.

In sintesi, si indagano tutte le aree relative ai costrutti di salute organizzativa, l’atteggiamento personale, il disagio lavorativo.

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE