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DONATO NEGRO Arcivescovo I loro nomi sono scritti nei cieli Antonio Primaldo e Compagni Martiri di Otranto Otranto 2013

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DONATO NEGRO

Arcivescovo

I loro nomi sono scritti nei cieli

Antonio Primaldo e CompagniMartiri di Otranto

Otranto 2013

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“Esultano in cielo le anime dei Santi

che hanno seguito le orme di Cristo;

e come per il suo amore

hanno effuso il proprio sangue

così con Cristo esultano per sempre”.

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INTRODUZIONE

Otranto…

Come un reliquiario la natura custodi-sce a Otranto le orme del passato. Le duesponde della “Valle delle Memorie”, distintedalla piccola vena d’acqua del fiume Idro,abbracciano da sempre i brandelli delpassato, gli scampoli di storia, impigliatialle rocce e ai monumenti, ma si apronoa chi vi giunge per presentare, una per una,le scansioni salienti di quel tempo.

Storia di un piccolo popolo certamen-te, ma insieme spiraglio prezioso per os-servare anche il panorama universale del-l’umanità. È sempre così: ogni situazioneumana piacevole o spiacevole, per quan-to apparentemente universale e insignifi-cante appaia, è in relazione di osmosi conil contesto. A volte questo legame è piùesplicito, a volte meno. Ma c’è sempre. Tan-to che tutto, in questo piccolo centro sa-lentino, sembra svelare la sua innata vo-cazione all’universalità.

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Nell’VIII secolo, la dominazione bi-zantina mise in fuga migliaia di monaci,a causa della lotta iconoclasta iniziata nel726 con l’imperatore Leone III Isaurico.Essi giunsero anche nel Salento e si inse-diarono in abitazioni rudimentali, in del-le grotte, le “laure”, molte delle quali visi-bili ancora oggi. La loro presenza sul ter-ritorio contribuì al diffondersi in modo ca-pillare della tradizione bizantina che bensi incastonò nella semplice cultura dellagente. Grazie a loro il clima ecclesiale di-venne vivace anche teologicamente e ar-tisticamente. Basta pensare al Monasterogreco di San Nicola di Casole, che era do-tato di un raffinato «scriptorium», di unacasa dello studente, di una ricca bibliote-ca, di una scuola pittorica italo-greca.Nel territorio otrantino si annovera anchela presenza di un’Accademia talmudica, ce-lebre in tutto il bacino mediterraneo peri suoi inni1.

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–––––––––––––1 G. GIANFREDA, Identità di un popolo. Commemo-

razione civile del fatto di Otranto, 13 agosto 2002,pro manuscripto.

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L’ampio orizzonte visivo, poi, che si apresul mare Adriatico, raggiunge le montagnedel sud dell’Albania e la città di Valona cheè collocata su un golfo di rara bellezza na-turale. A solo 70 Km da lì c’è subitoOtranto, la punta più orientale d’Italia, la“porta d’Oriente”.

Era l’estremo punto d’imbarco per laTerra Santa, l’ultimo porto, dopo quello diBrindisi, sulla “via francigena” e si trova-va in una delle più grandi arterie di co-municazione delle genti d’Europa, attra-versata dai tanti pellegrini che si recava-no a Roma o a Gerusalemme. Queste“peregrinationes maiores” non sono statesecondarie per la fede cristiana puglieseche ha potuto toccare con mano la forzae le fatiche dell’itineranza di quanti vive-vano la ricerca della fede sulle orme degliApostoli.

Ai pellegrinaggi di ieri hanno fatto se-guito i flussi migratori di oggi di chi, dopoil crollo dei muri dei totalitarismi, ha at-traversato con mezzi di fortuna il Canaled’Otranto, spinto dal desiderio di riacqui-stare l’ebbrezza della libertà, dalla dispe-

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razione causata dalle lunghe e violente dit-tature e dalla ricerca di una stabilità la-vorativa.

Nel centro storico le viuzze fanno un gi-rotondo attorno alla maestosa cattedraleche esprime l’identità più profonda e la vo-cazione ultima di questo popolo e ne co-stituisce l’asse attorno a cui hanno orbitatonel tempo le vicende liete e tristi, i momentiordinari e quelli destinati a segnare la sto-ria.

In essa, poi, si incontra la sintesi dellafede e della cultura medioevale, scritta supietra con una sorprendente ricchezza diimmagini nel capolavoro musivo del pa-vimento che, per opera del presbiteroPantaleone, narra, attorno al tema centraledell’Albero della vita, alcuni momenti bi-blici, intrecciati con scene della vita quo-tidiana e con episodi mitologici e cavalle-reschi dei maggiori cicli culturali d’Euro-pa e d’Oriente.

E proprio nella cattedrale, in una col-locazione simmetrica all’altare dell’Euca-ristia, c’è il cappellone in cui sono custo-dite ed esposte alla venerazione dei fede-

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li le reliquie dei Martiri Antonio Primaldoe Compagni. Qui si sente il bisogno di fer-marsi per ascoltare l’eterna e universale le-zione di questi fedeli che nel 1480 scelse-ro di morire, pur di non rinunciare alla lorofede in Gesù2.

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–––––––––––––2 L’11 febbraio 2013, papa Benedetto XVI, nel Con-

cistoro ordinario pubblico, ha decretato la Cano-nizzazione di Antonio Primaldo e CompagniMartiri di Otranto, fissandone la solenne cele-brazione per il giorno 12 maggio 2013.

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I MARTIRI:

TESTIMONI DI CRISTO

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Martirio – lo sappiamo – come terminee come realtà storica vuol dire Testimo-nianza. Il martire è un testimone. I SantiMartiri di Otranto sono, dunque, i Santi Te-stimoni di Otranto.

Ma ci chiediamo, testimoni di checosa? Nel linguaggio comune quando par-liamo di testimonianza intendiamo una di-chiarazione che attesti qualcosa: è im-portante allora che il testimone sia credi-bile e veritiero, che la sua attestazione siaun riferire qualcosa che egli conosce peresperienza immediata (non per sentito direo di seconda mano), che così la testimo-nianza sia diretta e certa.

E allora cosa ci dicono i Santi Martiri diOtranto? Essi con il sacrificio della loro vita,con una scelta suprema, compiuta in li-bertà, ci dicono molto: ci parlano dell’es-senziale, di ciò che è più importante nellavita. Ci spiegano, potremmo dire, con unalezione suprema – che parla alla mente, alcuore e allo spirito – che cosa sia la Fedenella Buona Novella di Gesù. Ci spieganola Fede: la Fede pura e semplice, la Fedenuda ed essenziale: Fede, Fede pura.

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Mettiamoci, perciò, alla scuola dei San-ti Testimoni di Otranto: sentiamo nella lorostoria il riflesso del Vangelo e compren-diamo cosa ci insegnano. Cosa dicono e in-segnano a noi, uomini e donne del XXI se-colo.

1. La Fede del Crocifisso:la Fede nel Crocifisso

I Santi Testimoni di Otranto insegnanoanzitutto a tutti i fedeli della Chiesa uni-versale che Gesù di Nazareth è il Cristo, èil Figlio di Dio e Dio, è morto sulla Croceper noi e dalla Croce attira tutti a sé.

La nostra fede non è altro. È l’abbracciodi un Maestro che è stato condannato amorte dagli uomini, per i quali insegnava;che è stato martirizzato sullo strumento ditortura e della morte più infamante e di-sprezzata, utilizzato per gli schiavi, sullaCroce. Ecco perché la nostra Fede si rivolgealla Cattedra della Croce e raccoglie la le-zione di Fede del Crocifisso. “Quandogiunsero al luogo detto Cranio, là croci-fissero lui e i due malfattori, uno a destra

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e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, per-donali, perché non sanno quello che fan-no»” (Lc 23, 32-34).

Gesù, innocente, è condannato a mor-te e martirizzato. E dalla Croce la sua voceè preghiera: preghiera di perdono, pre-ghiera d’amore. Questa è la Fede di Gesù.E questa Fede Gesù, dalla Croce, ha donatoe dona, ancora oggi, a noi. Essere credentisignifica accogliere questo dono: volgere ilnostro sguardo a Colui che hanno trafitto.

Sì, Gesù, noi crediamo che Tu sei il Si-gnore. Sì, Signore crocifisso per noi, noicrediamo. Sorreggi la nostra incredulità.Accresci la nostra Fede.

Noi, allora, accogliendo, pur con la no-stra debolezza umana, il dono della Fede,riusciamo a scorgere nella testimonianzadei Santi Testimoni di Otranto il riflesso lu-minoso di Gesù Crocifisso. Ecco che noili riconosciamo veritieri e credibili testi-moni della Fede nel Crocifisso. Quello deiMartiri fu il volto di una Chiesa intera chesul colle della Minerva agiva in “memoriadi Lui”, offrendo tutta se stessa, volonta-riamente.

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Uomini semplici, che avevano le nostrestesse debolezze e paure, non più forti dinoi nel fisico, non più preparati di noi nel-l’intelligenza della dottrina cristiana, legatidi affetto umano ai loro familiari, alle lorocase e alla loro terra, come lo siamo noi,amanti della vita e desiderosi di felicità edi salute, proprio come noi. Eppure ab-bracciati – nel cuore, nel pensiero, nellospirito – al Crocifisso: e perciò convinti cheil senso della vita sta nel credere in Qual-cuno che è Lui la vera Vita. Ecco perché illoro martirio, la loro testimonianza nel san-gue, non è testimonianza di morte: ma diVita. C’è una realtà più grande della vitaumana corporale: questo noi crediamo. Equesto dà senso alla nostra stessa vita uma-na e corporale. Noi amiamo la vita uma-na perché non abbiamo paura di perder-la: per amore della vera Vita.

I Santi Testimoni di Otranto ci inse-gnano che, sì, è possibile. Ci sono stati,cioè, uomini come noi che hanno accoltonella loro vita la Vita: è possibile la Fedenel Crocifisso. E questa Fede ci fa parla-re con le stesse parole del Crocifisso: pre-ghiera di perdono e d’amore.

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Non c’è imprecazione, lamento, be-stemmia nel cuore e nelle parole dei San-ti Testimoni di Otranto: se, in quel mo-mento, davanti alla sconfitta e all’oppres-sione, davanti alla terribile minaccia dimorte, si fossero sentiti abbandonati daGesù, traditi da Lui, se non avessero piùcreduto alla verità della Fede del Crocifisso,avrebbero abbandonato la Fede nel Cro-cifisso. E avrebbero avuto salva la vita,avrebbero riabbracciato genitori, spose, fi-gli, familiari e parenti, sarebbero tornatinelle loro case. Non lo fecero perché cre-devano nella più grande verità di Gesù. Sì,Gesù Crocifisso: Lui Via, Verità e Vita. Ele loro parole furono di preghiera: lode eringraziamento al Signore. Fede pura.

Testimoniarono con parresia la con-vinzione della loro fede.

Non parliamo, allora, innanzi tutto diattualità dell’insegnamento dei Santi Te-stimoni di Otranto: parliamo di perennitàdi tale insegnamento. Ciò che ci insegna-no è sì attuale, perché è perenne: è l’an-nuncio di ciò che costituisce la veritàprofonda, l’essenza reale, della nostra esi-stenza: Gesù ieri, oggi, sempre.

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Si capisce allora che le parole e i sen-timenti dei Santi Testimoni di Otranto nonpotevano essere di rancore vendicativo madi perdono, non di odio ma di amore. Liuccidevano ad uno ad uno: non tutti in-sieme nello stesso momento. Dopo Anto-nio Primaldo, tutti gli altri vedevano il mar-tirio dei fratelli: vedevano, negli altri,quello che presto sarebbe capitato a loro.Eppure non inveivano, non gridavano in-sulti e maledizioni ai loro carnefici. Se loavessero fatto avrebbero smentito la loroFede: allora sì la loro morte sarebbe in-comprensibile. Possiamo capire il marti-rio come scelta di odio? Che cosa testi-monierebbe allora?

E tuttavia, anche come atto cristiano diFede viva, tutto ciò è forse superiore allenostre capacità umane di comprensione;è certamente incomprensibile ai nostri cuo-ri intorpiditi di oggi, alle nostre mentali-tà borghesi e comode, intrise di materia-lismo pratico. Ma ecco, accogliendo ildono della Fede, possiamo aprirci allacomprensione dell’insegnamento dei San-ti Testimoni di Otranto. E, con loro e inloro, alla comprensione di tutti i martiri

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cristiani di oggi; tanti sono, infatti, anco-ra oggi, i battezzati che, in varie parti delmondo, vengono uccisi, martirizzati, a cau-sa della loro Fede in Gesù Crocifisso.

Questa, allora, la loro voce, nella pre-ghiera di lode al Signore: Perdono, Per-dono, Perdono; Amore, Amore, Amore.

Noi non abbiamo altra forza se nonl’Amore. Non abbiamo altra scienza se nonl’Amore. Non abbiamo altra insegna se nonl’Amore. La Fede pura è Amore puro.

Questo è il Cristianesimo: ieri, oggi,sempre.

2. Testimonianza del Risorto: testimonianza di Vita risorta

Ma la nostra fede ci dice che Gesù è Ri-sorto. Ed ecco allora, proprio dalla Ri-surrezione, aprirsi una lunga via di mar-tirio-testimonianza che giunge fino aiSanti Testimoni di Otranto, e li compren-de, e continua a giungere fino a noi, oggi.È la via che inizia con il primo martire, conil Protomartire Stefano, del quale ci atte-sta la Parola di Dio.

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Il Martirio cristiano è testimonianzanella Resurrezione e della Resurrezione. Ètestimonianza che può essere accolta soloaprendosi allo Spirito. Perciò è decisiva pernoi oggi. E il Protomartire Stefano cidice di non opporre resistenza allo Spiri-to Santo (At 7, 51). E così, nel Protomar-tire Stefano, la Parola di Dio ci presenta ilsenso esplicativo – nello Spirito Santo – cheogni martirio cristiano porta nella storia.

“Stefano, pieno di Spirito Santo, fis-sando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dioe Gesù che stava alla sua destra e disse:«Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figliodell’uomo che sta alla destra di Dio». Pro-ruppero allora in grida altissime turandosigli orecchi; poi si scagliarono tutti insiemecontro di lui, lo trascinarono fuori della cit-tà e si misero a lapidarlo. E i testimoni de-posero il loro mantello ai piedi di un gio-vane chiamato Saulo. E così lapidaronoStefano mentre pregava e diceva: «Signo-re Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegòle ginocchia e gridò forte: «Signore, nonimputar loro questo peccato». Detto que-sto, morì” (At 7, 55-60).

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Nella scena del martirio, di ogni mar-tirio, ci sono sempre i falsi testimoni chesi prostituiscono al potere, che pongono iloro mantelli ai piedi dei persecutori. Mai martiri, veri Testimoni della Vita, vedo-no la gloria di Dio e vedono Gesù risorto.Discepoli e testimoni del Risorto.

Se la vita cristiana è una vita salvata, realmente, allora è una vita nella Resur-rezione: una vita nuova, resuscitata, in cuitraluce la bellezza divina di Gesù risorto.Il corpo di Gesù risorto porta i segni delmartirio subìto, della crocifissione: portale piaghe alle mani, la ferita al costato. Ep-pure è un corpo glorioso: che mostra la vit-toria sulla morte, sulla violenza, sul male.La storia non è cancellata: i suoi segni ri-mangono visibili. Ma viene salvata, e per-ciò risuscitata e trasfigurata: glorificata.

I cristiani sono ‘cristofori’, portatori diCristo: non in modo estrinseco e mecca-nico, arido, dottrinale, astratto. Ma inmodo vivo e vitale: perché si rivestono diCristo. Cristo è in loro e loro sono in Cri-sto. Sono, perciò, in Cristo risorto, uomi-ni e donne nuovi.

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I Santi Testimoni di Otranto ci danno,appunto, questo vitale, attuale e attuoso in-segnamento: una vita realmente risorta. Lapia tradizione popolare degli otrantini hatramandato la devota icona di un AntonioPrimaldo decollato che tuttavia rimane inpiedi. Ai primi del XVI secolo, nella suaopera Istoria della città di Otranto, GiovanniMichele Laggetto così presentava questaicona: “[Antonio Primaldo], essendoglistato tagliato il capo, stette saldo e dirittosenza cadere mai a terra come una co-lonna, nonostante che i turchi con forza lospingessero per farlo cadere. Ma fin-quando non finì il supplizio di tutti gli al-tri egli non cascò mai. Finito ciò, con glialtri tutti morti, cadde anche lui, da solo,accanto agli altri”.

Questa icona, nella forma semplice e in-genua, ma teologicamente profonda, del-la religiosità popolare, ci presenta una vitacristiana risorta. Antonio Primaldo è de-capitato, morto alla vita corporale. Il suocorpo senza testa reca evidenti segni dimartirio. Eppure non è un ‘corpo senzavita’: è figura di Risurrezione. È un corporetto dalla Vita. Peraltro questo prodigio

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avviene a vantaggio dei suoi compagni: pertestimoniare loro la Risurrezione e ani-marli, sorreggerli, sostenerli, affinché an-che loro, a loro volta, siano testimoni delRisorto.

Questo è, appunto, l’insegnamento,evangelicamente vero e perciò perenne eattualissimo, dei Santi Testimoni di Otran-to. Lo Spirito Santo dà sempre, anche a noioggi, cristiani del XXI secolo, immersi esommersi dal materialismo pratico, nelquale rischiamo di annegare e soccombe-re, ci dà – dicevo – la grazia per resistere,ci dà la forza di realizzare il prodigio: es-sere con la nostra vita quotidiana, nelle suepiccole e grandi prove, testimoni del Ri-sorto. In piedi nella prova e pur provati. Inpiedi per la forza di Cristo.

Vivere la vita nuova e bella del Vange-lo: questa la nostra via, la nostra salvezza,la nostra gioia, la nostra speranza e la no-stra Risurrezione.

Così Gesù risorto ci dona gioia e bea-titudine: “Beati i perseguitati per causa del-la giustizia, perché di essi è il regno dei cie-li. Beati voi quando vi insulteranno, vi per-

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seguiteranno e, mentendo, diranno ognisorta di male contro di voi per causamia” (Mt 5, 10-11).

I Santi Testimoni di Otranto ci invita-no, allora, ad impegnarci per la giustizianel nostro mondo di oggi, contrastando tut-te le ingiustizie sociali e le oppressioni e leviolenze contemporanee: uomini e donnerisorti e perciò in lotta, in modo mite enonvilento, ma radicale e forte, per la giu-stizia e per la pace. “Ciò si otterrà innan-zi tutto con la testimonianza di una fedeviva e matura, vale a dire opportunamen-te educata alla capacità di guardare in fac-cia con lucidità alle difficoltà per superarle.Di una fede simile hanno dato e danno te-stimonianza sublime moltissimi martiri.Questa fede deve manifestare la sua fe-condità, col penetrare l’intera vita dei cre-denti, anche quella profana, col muoverlialla giustizia e all’amore specialmenteverso i bisognosi” (Gaudium et Spes, n. 21).

I Santi Testimoni di Otranto ci invita-no ad andare controcorrente rispetto allamentalità diffusa, ci esortano ad essere an-ticonformisti: a non conformarci, cioè, al

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mondo con le sue seduzioni, con il suo ma-terialismo pratico, con il suo utilitarismoegoistico, individualistico, edonistico.

I Santi Testimoni di Otranto ci guar-dano negli occhi e ci chiedono di fare la no-stra scelta; ci chiedono di decidere e di de-ciderci per una vita nuova, risorta, vera-mente cristiana, lasciando la nostra vitavecchia, materialistica ed egoista. Abbia-mo sentito e sentiamo, spessissimo, che ilmondo ci chiede un comportamento cat-tivo, egoistico, vendicativo e violento, tut-to chiuso sul nostro interesse particolare,ma Cristo risorto ci propone l’esatto op-posto e ci lascia intravedere una vita nuo-va, risorta in una vera felicità, viva e gio-iosa nella generosità e nella misericordia,non triste e annegata nella cupezza, nel-l’affanno, nell’angoscia:

Avete inteso che fu detto agli antichi: Nonuccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto agiudizio. Ma io vi dico: chiunque si adiracon il proprio fratello, sarà sottoposto a giu-dizio. Chi poi dice al fratello: stupido, saràsottoposto al sinedrio; e chi gli dice pazzo,sarà sottoposto al fuoco della Geenna.

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Avete inteso che fu detto: Occhio per oc-chio e dente per dente; ma io vi dico di nonopporvi al malvagio; anzi se uno ti percuo-te la guancia destra, tu porgigli anche l’altra;e a chi ti vuol chiamare in giudizio per to-glierti la tunica, tu lascia anche il mantello.

Avete inteso che fu detto: Amerai il tuoprossimo e odierai il tuo nemico; ma io vidico: amate i vostri nemici e pregate per i vo-stri persecutori (Mt 5, 21-22. 38-40. 43-44).

Questo i Santi Testimoni di Otrantohanno fatto e ci invitano a fare.

Riportato alla sua essenzialità e alla suapurezza, questo è il messaggio del loro mar-tirio a noi cristiani del XXI secolo: acco-gliere in noi l’irruzione luminosa del-l’amore di Dio e configurare la nostra vitaa Cristo morto e risorto.

3. Laici sugli altari

I Santi Testimoni di Otranto erano fe-deli laici: uomini che vivevano nella so-cietà, come lavoratori, nella normale vitafamiliare. Affrontarono il loro martirio ani-mandosi a vicenda, senza essere sorretti –

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in quel tragico e supremo momento – dailoro pastori.

Ecco allora un vero modello di fede peril laicato cristiano di oggi. Vivere il proprioBattesimo in prima persona. Assumendo-si direttamente impegni e responsabilitàche, come ci ricorda con forza profetica ilConcilio Vaticano II, derivano dal sacer-dozio comune di tutti i battezzati.

Negli anni ’30 del secolo scorso, il car-dinale arcivescovo di Milano, il beato Il-degardo Schuster, chiese all’arcivescovo diOtranto, Cornelio Sebastiano Cuccarollo,alcune reliquie dei Martiri Idruntini, scri-vendogli: “Io conterei di collocarle in ve-nerazione sotto l’altare di qualche nuovachiesa trattandosi di fedeli del laicato, iquali, soli, senza l’assistenza dei sacerdo-ti, ma con la sola assistenza dello SpiritoParaclito che parlava per il loro labbro,hanno confessato intrepidamente la Fede,anteponendola alla vita. Io spero che la lorourna potrebbe diventare tra noi una sor-gente di grazie e di magnanime ispirazio-ni per la nostra Azione Cattolica”. E rice-

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vute, dunque, le reliquie, il Card. Schusterle collocò nella chiesa ambrosiana di SanMartino.

Meditando il Vangelo di Gesù, divenu-to fibra intima nel vissuto dei Santi Testi-moni di Otranto, i fedeli laici di oggi po-tranno, con tripudio spirituale, intravederela primavera della fede cristiana e dellaChiesa. Sì, certamente: non siamo affattoall’autunno e al tramonto del cristianesi-mo in Europa. Siamo appena all’alba.Una primavera è vicina.

I martiri cristiani, in tutti i tempi, sonole gemme piccole e deboli, che annuncia-no una vicina e bella fioritura. Ma chi do-vrà realizzare questo prossimo sbocciaredi cristianesimo vissuto? È ai laici so-prattutto che è affidato questo compito, dif-ficile, certo, ma anche appassionante edesaltante.

Preghiamo, per intercessione dei San-ti Testimoni di Otranto, che lo Spirito San-to doni fortezza ai battezzati di questo no-stro tempo: doni Fede, doni Speranza, doniCarità.

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Al soffio dello Spirito, con generosità econ slancio apostolico, uomini e donne,giovani e anziani, coniugati o celibi o nu-bili, siano testimoni credibili!

Per l’intercessione dei Santi Martiri, Tipreghiamo, Signore.

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GIOVANNI PAOLO II

E I MARTIRI DI OTRANTO

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1. Splendida testimonianza e tesoro della Chiesa

La visita di Giovanni Paolo II a Otran-to (il 5 ottobre 1980, all’inizio del suo pon-tificato e cioè quasi al compiersi del suo se-condo anno) fu un omaggio di fede ai Bea-ti Martiri, nel quinto centenario del loromartirio:

Esattamente cinque secoli fa, si ebbe lasplendida, univoca, eroica testimonianzadelle centinaia e centinaia di figli di codestaTerra generosa, i quali, incitati e precedutidall’esempio mirabile del Beato AntonioPrimaldo, caddero ad uno ad uno per “tenerfede alla fede” […].

Nelle sue visite alle comunità cristiane,peraltro, Giovanni Paolo II ha fatto me-moria delle più antiche tradizioni dellastessa Chiesa, non per sterile archeologi-smo, ma perché – come ad Otranto – egliha voluto ricordare che la vita della Chie-sa di oggi si innesta nella comunione deisanti, nella testimonianza di fede già vis-suta, nell’alveo evangelico scavato dalla co-stanza e talvolta dal sangue dei credenti inCristo che ci hanno preceduto. Egli, che nelsuo lungo pontificato avrebbe beatificato

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e canonizzato un grandissimo numero dibattezzati, ha voluto pure rilanciare, adOtranto, la venerazione ai Santi martiri;mostrando peraltro, come avrebbe fatto al-tre volte e in occasioni diverse, l’impor-tanza pastorale di una religiosità popola-re, vissuta nel segno della fedeltà al Van-gelo:

Il sangue dei Martiri di Otranto, che ba-gnò e consacrò proprio queste zolle, è un te-soro prezioso che forma parte di quella na-scosta energia che penetra ed alimenta, nel-la sua più profonda vitalità, la Chiesa a livellouniversale e locale. Ma – come è evidente –soprattutto per voi, abitanti della Terrad’Otranto, esiste questo tesoro, frutto dimeriti, di insegnamenti e di esempi.

Restiamo in comunione con i Martiri.Essi scavano l’alveo più profondo del fiu-me divino della storia. Essi costituisconoi fondamenti più consistenti di quella cit-tà divina che si eleva verso l’eternità.

2. La scelta per Cristo!

Il culto dei Martiri assumeva, per Gio-vanni Paolo II, le forme di un esame di co-

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scienza: era un invito a riflettere sulla realtà della propria fede, nella sincerità spi-rituale di ogni credente. Da qui poteva al-lora scaturire, nel segreto della coscienzadi ciascuno, uno stimolo interiore a seguirel’esempio dei Martiri.

Parlando, in particolare ai giovani, ilpapa affermava:

Non possiamo leggere oggi, senza intensaemozione, le cronache dei testimoni ocula-ri del drammatico episodio: i cittadini diOtranto, al di sopra dei quindici anni, furo-no posti dinanzi alla tremenda alternativa:o rinnegare la fede in Gesù Cristo, o moriredi morte atroce. Antonio Pezzulla, un ci-matore di panni, rispose per tutti: «Noi cre-diamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio; e perGesù Cristo, siamo pronti a morire!». E su-bito dopo, tutti gli altri, esortandosi a vi-cenda, confermarono: «Moriamo per GesùCristo, tutti; moriamo volentieri, per non rin-negare la sua santa fede!».

Erano forse degli illusi, degli uomini fuo-ri del loro tempo? No, carissimi giovani!Quelli erano uomini, uomini autentici, for-ti, decisi, coerenti, ben radicati nella loro sto-ria; erano uomini, che amavano intensa-mente la loro città; erano fortemente legatialle loro famiglie; tra di loro c’erano dei gio-

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vani, come voi, e desideravano, come voi, lagioia, la felicità, l’amore; sognavano un one-sto e sicuro lavoro, un santo focolare, unavita serena e tranquilla nella comunità civi-le e religiosa!

E fecero, con lucidità e con fermezza, laloro scelta per Cristo!

Ecco allora il valore esistenziale per-sonale (e personalistico) che la venerazionedei Santi Martiri assume per Giovanni Pao-lo II. È una voce che interpella la coscienza.È una richiesta di coerenza di vita, dellaquale si intende – riflessa nella testimo-nianza dei Martiri – l’interna verità. Da quila richiesta seria e impegnativa:

Siete disposti a ripetere, con piena con-vinzione e consapevolezza, le parole deibeati martiri: «Scegliamo piuttosto di morireper Cristo con qualsiasi genere di morte, an-ziché rinnegarlo»?

Essere disposti a morire per Cristo com-porta l’impegno di accettare con generositàe coerenza le esigenze della vita cristiana,cioè significa vivere per Cristo.

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3. Prova definitiva e radicale

Giovanni Paolo II guardava, con spe-ciale venerazione, ai Martiri di Otranto: perrichiamare la necessità storico-umana,cosmica e apocalittica del martirio, cioèdella testimonianza di fede. Essa è legataall’eco che per tutta la Creazione suscita ilNome di Cristo quando si innesta, ap-punto, come suggello vitale, alla testimo-nianza dei battezzati:

La verità sul martirio ha nel Vangeloun’eloquenza piena di penetrante profondi-tà ed insieme di trasparente semplicità. Cri-sto non promette ai suoi discepoli successiterreni o prosperità materiale; egli non pre-senta davanti ai loro occhi alcuna «utopia»,come è capitato più di una volta e come ca-pita sempre nella storia delle ideologie uma-ne. Egli semplicemente dice ai suoi discepoli:“vi perseguiteranno”. Vi consegneranno agliorgani delle diverse autorità, vi metterannoin prigione, vi chiameranno davanti ai diversitribunali. Tutto ciò “a causa del mio nome”(Lc 21,12).

La sostanza del martirio è legata, dal-l’inizio e nel corso di tutti i secoli, con que-sto nome! Noi qualifichiamo come martiriquei cristiani che, nel corso della storia, han-

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no subìto sofferenze, spesso terrificanti, perla loro crudeltà «in odium fidei». Coloro aiquali «in odium fidei» veniva infine inflittala morte. Quindi coloro che accettando, inquesto mondo, le sofferenze e subendo lamorte hanno reso una particolare testimo-nianza a Cristo.

Mettendo davanti agli occhi dei suoi di-scepoli l’immagine delle sofferenze che liaspettano a causa del suo Nome, il Maestrodice: “Questo vi darà occasione di render te-stimonianza” (Lc 21,13).

Cinquecento anni fa qui, ad Otranto, ot-tocento discepoli di Cristo hanno reso ap-punto una tale testimonianza, accettando lamorte per il Nome di Cristo […].

Noi guardiamo con gli occhi dell’autoredell’Apocalisse e vediamo nel grande cimiterodi Otranto e, al tempo stesso, nella prospet-tiva dell’eterna Gerusalemme... vediamo:«sotto l’altare le anime di coloro che furonoimmolati a causa della parola di Dio e dellatestimonianza che gli avevano resa... vennedata a ciascuno di essi una veste candida efu detto loro di pazientare ancora un poco,finché fosse completo il numero dei lorocompagni di servizio e dei loro fratelli» (Ap6,9.11).

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Ed ecco che in questa prospettiva, ilmartirio è veramente, per Giovanni Pao-lo II, la prova: la grande prova e la vera pro-va; il crogiolo in cui il cristiano viene ‘pro-vato’ e trovato santo. La vetta umana e mi-stica: l’apice autentico dell’esistenza, per lasua assoluta radicalità esistenziale. Riful-ge così nel martirio e quindi nei Martiri diOtranto la più piena verità dell’umanesi-mo cristiano:

Il martirio è una grande prova, in un cer-to senso è la prova definitiva e radicale. È lapiù grande prova dell’uomo, la prova della di-gnità dell’uomo al cospetto di Dio stesso. Èdifficile dire a questo proposito più di quan-to afferma proprio il libro della Sapienza:«Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé»(Sap 3,5). Non esiste una misura più gran-de della dignità dell’uomo di quella che si tro-va in Dio stesso: negli occhi di Dio. Il mar-tirio è dunque “la” prova dell’uomo che haluogo agli occhi di Dio, una prova nella qua-le l’uomo, aiutato dalla potenza di Dio, ri-porta la vittoria.

Attraverso tale prova sono passati, nelcorso della storia, numerosi confessori e di-scepoli di Cristo. Attraverso tale provasono passati i martiri d’Otranto cinquecentoanni fa.

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4. Il Santo Patrocinio dei Martiri di Otranto: per l’ecumenismo, la pace, il dialogo inter-religioso

Ma il cuore spirituale dell’insegna-mento di Giovanni Paolo II a Otranto, nelricordo dei Martiri, si riassume in tre pun-ti-chiave (che costituiscono peraltro al-trettante architravi del suo pontificato):l’apertura ecumenica all’Oriente cristiano;la pace; il dialogo interreligioso, in parti-colare fra le grandi religioni monoteistiche.Tali punti-chiave sono incardinati nell’in-segnamento del Concilio Vaticano II.

Giovanni Paolo II ci ha insegnato chela Chiesa deve respirare con due polmoni:l’Occidente latino e l’Oriente greco. Ha vi-sto nel culto dei Martiri una via possibiledi dialogo (così ad Otranto, ma così anchenell’enciclica Slavorum Apostoli del 1985e nella lettera apostolica Orientale Lu-men, in preparazione al Giubileo del 2000,in cui proponeva ai cristiani ortodossi unmartirologio comune). Nel nome dei Mar-tiri Idruntini, allora, la Chiesa di Otrantoha una vocazione storica e, dunque, unamissione da compiere: essere un ponte ver-

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so l’Oriente cristiano. Nel 1980 a OtrantoGiovanni Paolo II ebbe infatti a dire:

Oggi, presso le tombe gloriose dei mar-tiri d’Otranto, invoco l’intercessione di colorole cui “anime sono nelle mani di Dio”, e, in-sieme con tutta la Chiesa, elevo fervida pre-ghiera affinché le parole dell’insegnamentodel Concilio Vaticano II diventino sempre piùuna realtà.

Va, in questo momento, un pensiero de-ferente e cordiale alla Chiesa in Bisanzio cheebbe storici legami con la Chiesa locale diOtranto. […] La posizione geografica diOtranto, che ne fa quasi una testa di ponteverso l’Oriente, ha favorito nel corso dei se-coli un intenso scambio con quelle regioni[…]. La Chiesa seppe calarsi in questo mon-do cosmopolita, raccogliendone e poten-ziandone l’istanza universalistica, così con-geniale con la cattolicità della sua missione.I monasteri di questa zona, le chiese disse-minate nel territorio, la stessa Cattedrale co-stituiscono altrettanti privilegiati punti d’in-contro fra il pensiero ortodosso e quello la-tino, fra la liturgia greca e quella romana […].Sono testimonianze storiche esaltanti, chedevono continuare ad ispirare l’azione del-l’attuale Chiesa idruntina.

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L’ecumenismo, come riconciliazione tracristiani divisi, introduce poi alla riconci-liazione tra uomini, tutti gli uomini, di ognietnia, popolo e nazione: è il grande tema del-la Pace, che è sempre stato a cuore a Gio-vanni Paolo II (il quale non dimenticava idolori della seconda guerra mondiale).Con sguardo non solo rivolto al passato, maanche profeticamente al futuro, nel 1980 adOtranto il papa aveva detto:

Talvolta l’orizzonte della storia si oscurae gli animi tremano di fronte alla potenza ter-ribile dell’odio e della violenza. Tenete fermala fede in Gesù: Egli è la nostra pace.

La visione della Pace, peraltro, ha sem-pre più assunto, in Giovanni Paolo II, unavalenza interreligiosa. Nel 2003 nel mes-saggio per la Pasqua, il papa avrebbeesortato: “La fede e l’amore di Dio rendo-no i credenti di ogni religione artefici co-raggiosi di comprensione e di perdono, pa-zienti tessitori di un proficuo dialogo in-terreligioso, che inauguri un’era di giusti-zia e di pace”.

Tutti ricordano momenti di grande si-gnificato simbolico: l’incontro del 1985 a

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Casablanca con i giovani musulmani, la vi-sita alla sinagoga di Roma nel 1986 (pre-ludio del gesto compiuto nel 2000 al Murooccidentale del Tempio di Gerusalemme)e soprattutto il grande incontro interreli-gioso di preghiera per la pace ad Assisi nel1986. Ma i punti di fondo di questa co-raggiosa e rivoluzionaria scelta pastoraleerano già stati precedentemente indicati daGiovanni Paolo II: nella visita ad Ankara,capitale della Turchia, nel 1979, nel suc-cessivo viaggio in terra africana e in pae-si a maggioranza islamica e poi ancora, nel1980, ad Otranto. Proprio qui, davanti allatomba dei martiri e in ricordo vivo dellaloro testimonianza, egli infatti affermò:

Da questa antica terra di Puglia, protesacome una testa di ponte verso il Levante, noiguardiamo con attenzione e simpatia alle re-gioni dell’oriente e particolarmente là doveebbero origine storica le tre grandi religio-ni monoteistiche, cioè il cristianesimo,l’ebraismo e l’islam. […] Riuniti oggi qui,presso le tombe dei Martiri di Otranto, […]in unione con questi Martiri, noi presentia-mo al Dio unico, al Dio vivente, al Padre ditutti gli uomini i problemi della pace in me-dio oriente ed anche il problema, che tanto

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ci è caro, dell’avvicinamento e del vero dia-logo con coloro ai quali ci unisce - nonostantele differenze - la fede in un solo Dio, la fedeereditata da Abramo. Lo spirito di unità, direciproco rispetto e di intesa si dimostri piùpotente di ciò che divide e contrappone. […]Gerusalemme […] divenga il punto d’in-contro, verso cui continueranno a volgersi glisguardi dei cristiani, degli ebrei e dei mu-sulmani, come al proprio focolare comune;intorno a cui essi si sentiranno fratelli, nes-suno superiore, nessuno debitore agli altri;verso cui torneranno a dirigere i loro passii pellegrini, seguaci di Cristo, o fedeli dellalegge mosaica, o membri della comunità del-l’Islam.

È questa una parola profetica che ri-suona oggi, nella sua pura luminositàevangelica, in un Mediterraneo, in un’Eu-ropa e anche in un’Italia e anche in un Sa-lento certamente molto più multi-religio-si di qualche decennio fa. Ed è in questoimpegno di fraternità interreligiosa chedobbiamo ancora e più di ieri fare nostro:“Nessuno superiore, nessuno debitore”.

E proprio l’esperienza dei Martiri invi-ta a tale attenzione, affinché non sia tra-visato e stravolto il senso del loro sacrifi-cio. Si tratta pertanto di purificare la me-

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moria della Chiesa Cattolica, estirpandoogni possibile residuo di risentimento, dirancore, di politica astiosa, ogni eventua-le tentazione di odio e di violenza, ogni at-teggiamento presuntuoso di superiorità re-ligiosa, di arroganza confessionale, di su-perbia morale e culturale.

I Martiri di Otranto hanno, in questosenso, anche una grande e attualissima for-za simbolica. Martirio significa testimo-nianza e “purificare la memoria dellaChiesa” significa riflettere – con un impe-gnativo esame di coscienza – sulla rela-zione tra la Buona Novella del Vangelo diGesù e la concreta testimonianza dellaChiesa nella storia. È quello che Giovan-ni Paolo II ha fatto nel Grande Giubileo del2000, con la preghiera universale di ri-chiesta di perdono, il 12 marzo 2000 nel-la Basilica di San Pietro: forse il punto spi-ritualmente più alto del suo pontificato.

La consegna al dialogo inter-religiosodelle tre grandi religioni figlie di Abramosi coniuga pertanto con la verifica evan-gelica del perdono. Senza una viva co-scienza di perdono non si dialoga, perché

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si è bloccati da ostacoli interiori. Senza au-tentici vissuti di perdono non si dialoga,perché mancano le premesse esistenziali.Senza la testimonianza, il martirio, del per-dono non c’è vero dialogo. In un testo,scritto subito dopo l’attentato, ma resonoto solo dopo la sua morte, Giovanni Pao-lo II afferma: “L’atto del perdono è la pri-ma e fondamentale condizione perchénoi, uomini, non siamo reciprocamente di-visi e messi uno contro l’altro, come ne-mici. Perché cerchiamo presso Dio, che ènostro Padre, l’intesa e l’unione”.

L’intercessione dei Santi Martiri Idrun-tini si unisca allora all’intercessione delBeato Giovanni Paolo II, affinché il Signoreguidi l’umanità tutta all’edificazione –nella giustizia e nella pace, nel dialogo ecu-menico e inter-religioso – della comune Ci-viltà dell’Amore.

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SANTA MARIA DEI MARTIRI

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Su ogni Calvario della Storia c’è il Si-gnore e lì, accanto a lui, Maria. Il tradi-zionale inno sintetizza nel solo ed elo-quente “stabat” la fermezza di questadonna che partecipa alla sofferenza del Fi-glio, offrendo il suo infinito dolore di ma-dre, nella fiducia di non essere mai ab-bandonata da chi l’ha adombrata con il suoamore.

Sta ai piedi della croce, ma vi sta con di-gnità, senza disperazione, continuando acustodire nel suo cuore anche quest’ultimae definitiva parola. Sta sul Calvario e vi ri-mane come discepola, cosciente che suo Fi-glio le stava chiedendo di allargare anco-ra di più il suo grande cuore.

Da quel momento in poi, Lei continueràa passare attraverso le doglie del parto pergenerare alla Luce i figli di adozione. Daquel momento Lei sarà la Madre di tutti iMartiri.

Anche ad Otranto Lei c’era. La piccolacappella della Madonna del Passio è ai pie-di del Colle dei martiri. Il santuario dellaMadonna dei Martiri è, invece, proprio lì sulColle. E al centro del Cappellone dei mar-

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tiri in Cattedrale troneggia la bellissima sta-tua lignea della Madonna delle grazie.Ogni passo, ogni momento di quel dram-ma l’ha vista coprotagonista. Non trattie-ne dal salire sulla croce, ma vi sale insie-me a chi si fida, anche in quell’ora, dellachiamata di suo Figlio. E contempora-neamente, Lei donna del Magnificat, esor-ta a non dimenticare che i “giusti sono”sempre “nelle mani di Dio” e che “nessuntormento li toccherà”.

Per questo la presenza di Maria, men-tre invitava i Martiri a una risposta gene-rosa, chiede anche a noi di non fare scon-ti e instancabilmente continua a ripetercil’unico materno comandamento che già aCana aveva permesso di cambiare l’acquain vino: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Lei,la donna del “sì”, ci insegna a scandire an-che i nostri “sì”. Con amore.

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Preghiera

Eterno Padre,che ricolmi di santità chi è fedele fino alla fine,accogli la nostra umile preghieraper intercessione dei Santi Antonio Primaldo e Compagniche contemplano ora il Tuo volto.

Gesù Signore,che non hai risparmiato la tua vita per noie hai chiesto ai Santi martiri di Otrantodi salire sul Calvario,aiutaci ad ascoltare la Tua parola,ad accogliere la grazia della tua presenzae a configurarci ogni giorno a Te,Figlio amato del Padre.

Spirito d’Amore,che con l’unzione del crisma hai reso forte il cuore di questi laicidavanti al rischio di rinnegare la fede,dà a noi lo stesso ardore davanti ad ogni compromessoperché la nostra testimonianza sia sempre umile e coraggiosa, pronta e generosa.

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Santa Maria dei Martiri,compagna di viaggio di chi crede,aiutaci a seguire senza scoraggiamenti Gesùnel cammino tracciato dai Santi,per amare ogni fratello che incontriamosulla strada della vita.

O Santi Antonio Primaldo e Compagni,che insieme avete affrontato la prova suprema del martirio,sostenete i legami fraterni della diocesi di Otranto e della Chiesa intera,perché possiamo vivere la grazia di una comunione veraper essere segno di riconciliazione e di pace per tutti. Amen.

Otranto, 31 marzo 2013Pasqua del Signore

� @ DONATO NEGRO

Arcivescovo di Otranto

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INDICE

Introduzione pag. 5

I. I MARTIRI: TESTIMONI DI CRISTO » 11

1. La Fede del Crocifisso: la Fede nel Crocifisso » 13

2. Testimonianza del Risorto: testimonianza di Vita risorta » 18

3. Laici sugli altari » 25

II. GIOVANNI PAOLO II E I MARTIRI DI OTRANTO » 29

1. Splendida testimonianza e tesoro della Chiesa » 30

2. La scelta per Cristo! » 31

3. Prova definitiva e radicale » 34

4. Il Santo Patrocinio dei Martiridi Otranto: per l’ecumenismo, la pace, il dialogo inter-religioso » 37

SANTA MARIA DEI MARTIRI » 45

Preghiera » 48

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Scritti e Documenti Pastoralidi Mons. Donato Negro

1. In ascolto della Parola, a servizio dei poveri, in com-pagnia degli uomini, 1994

2. Sulle orme di Cleopa, Lettera ai giovani, 19943. Chiesa in cammino nella storia di oggi fra compito

e attesa, 19944. Passi verso l’amore, 19955. Evangelizzare gli adulti a partire dal matrimonio e

dalla famiglia, 19956. Un cuore nuovo, 19957. Crea in me, o Dio, un Cuore Puro, 19968. Servi… «fino all’orlo», 19969. Beati i “futuri” di cuore, 199610. Eucaristia, Spirito e Matrimonio, 199711. Lettera familiare sulla domenica, 199812. Il Battesimo dono dell’Amore, 199813. L’Amore è credibile. In cammino verso il Giubileo

del 2000, 199914. Giubileo, tempo di riconciliazione e segno di spe-

ranza, 199915. La scena, la croce e noi giovani, 2000 16. Il sentiero della riconciliazione, 2000 17. Segno di unità e costruttori di pace, 2000 18. La Porta Aperta, 2000 19. Vestita di luce, 2001 20. Chiesa in cammino, 2001 21. Cammino di speranza, 200222. Cantateci la speranza, 200223. Acqua nelle giare, 200224. L’Eucaristia al centro della comunità ecclesiale, 2002

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25. Credo la santa Chiesa cattolica, 200326. Radicati nella carità e lanciati nella storia, 200327. Venite e vedrete, 200328. In mezzo alle case. Progetto pastorale, 200429. Il Giorno del Signore, 200430. Vengo a visitarvi nel nome del Signore, 200431. Il Segno dell’Amore, 200532. “Si alzò da tavola, depose le vesti…”, 200533. La fragranza del pane, 2005 34. È Natale, 2005 35. Una sola Speranza, 2006 36. In ascolto della Parola, 200737. “Oggi si è adempiuta questa Scrittura...”, 200738. Un augurio di integralità, Lettera agli studenti, 200739. Il mantello e il grido, Lettera ai giovani, 200740. La bellezza è nel condividere, Lettera agli studenti,

200841. L’Amore diventi la vostra vita, Lettera pastorale, 200842. “Vide e... gioì” (At 11,23), Lettera di “restituzione”

a conclusione della Visita Pastorale, 2009.43. Come Cristo Pastore, Lettera ai presbiteri nell’An-

no Sacerdotale, 200944. Con Maria in ascolto della Parola, Lettera Pastora-

le, 200945. Perché abbiano la vita, Lettera Pastorale, 2011.46. Abbiamo creduto all’Amore, Lettera alle famiglie,

2012.47. Credo, Signore! Meditazione sulla fede, 2012.48. Testimoni della Fede. Lettera sull’Azione Cattolica,

2012.49. Nel segno di Elia. Lettera per la Quaresima, 2013.50. I loro nomi sono scritti nei cieli. Lettera per la Ca-

nonizzazione dei Martiri, 2013.

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NOTE E RIFLESSIONI PERSONALI

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NOTE E RIFLESSIONI PERSONALI

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Stampa: Editrice SalentinaMarzo 2013