i nuovi percorsi dell’interazione...

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1. INTRODUZIONE È noto ai lettori di questa rivista, attraverso articoli precedenti [16], che uno dei colli di bottiglia più significativi per l’impiego di nuove applicazioni nel mondo ICT è costitui- to dall’interfaccia. In generale, possiamo considerare il settore dell’interazione uomo- macchina come campo di ricerca applicata dove vengono studiate le caratteristiche che devono avere le interfacce per poter essere usabili ed accessibili dal maggior numero di persone. Usabili nel senso che siano facili da apprendere, agevoli da impiegare, efficienti dal punto di vista dello sforzo intellettuale necessario per capirle e adoperarle, ed effet- tive, cioè, che producano esattamente i risul- tati richiesti, niente di meno e soprattutto niente di diverso. Devono essere accessibili a tutti e, in particolare, come sottolineato dalla Comunità Europea, a portatori di handicap (visivi, uditivi o motori) e a utenti molto di- versi per età, cultura, esperienza tecnica, ori- gine culturale e linguistica. Gli studi sull’interazione uomo-macchina – che negli Stati Uniti vanno sotto il nome di CHI, Computer-Human Interaction, mentre in Europa si preferisce il termine HCI, privile- giando il fattore umano sulla macchina – comprendono diverse tematiche e discipline come le scienze cognitive (i meccanismi di apprendimento e memorizzazione), lo studio dell’attenzione e della percezione negli esse- ri umani, la modellazione dell’utente e dei di- versi livelli di esperienza tecnica e, infine, gli esperimenti appositamente definiti per valu- tare – in termini quantitativi – la validità delle nuove proposte di interfaccia. Per affrontare e risolvere le questioni sopra poste, si deve ricorrere a specialisti e pro- gettisti informatici, che dovranno imple- mentare le nuove interfacce lavorando in stretto contatto con gli utenti, cioè con un approccio di tipo user centered. L’utente è sicuramente il vero esperto del dominio ap- plicativo per il quale l’interfaccia è progetta- ta; è quindi colui che conosce le esigenze ti- piche di quel dominio, vale a dire: le prio- rità, le connotazioni, ciò che deve essere vi- sualizzato e stampato, la disponibilità dei risultati parziali e totali ecc.. Nell’ambito del MONDO DIGITALE • n.1 - marzo 2006 Le tecnologie ICT mettono sul mercato prodotti sempre più complessi per le applicazioni più varie: calcolo, comunicazione, servizi, creazione di con- tenuti, immagini, suoni. L’uso di questi prodotti implica una forte interattività con l’utente e pone quindi il problema di creare interfacce quanto più pos- sibile amichevoli. Questo articolo presenta lo stato delle ricerche su alcuni tra i paradigmi più innovativi e sofisticati. Stefano Levialdi I NUOVI PERCORSI DELL’INTERAZIONE UOMO-MACCHINA 36 3.5

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1. INTRODUZIONE

È noto ai lettori di questa rivista, attraversoarticoli precedenti [16], che uno dei colli

di bottiglia più significativi per l’impiego dinuove applicazioni nel mondo ICT è costitui-to dall’interfaccia. In generale, possiamoconsiderare il settore dell’interazione uomo-macchina come campo di ricerca applicatadove vengono studiate le caratteristiche chedevono avere le interfacce per poter essereusabili ed accessibili dal maggior numero dipersone. Usabili nel senso che siano facili daapprendere, agevoli da impiegare, efficientidal punto di vista dello sforzo intellettualenecessario per capirle e adoperarle, ed effet-tive, cioè, che producano esattamente i risul-tati richiesti, niente di meno e soprattuttoniente di diverso. Devono essere accessibili atutti e, in particolare, come sottolineato dallaComunità Europea, a portatori di handicap(visivi, uditivi o motori) e a utenti molto di-versi per età, cultura, esperienza tecnica, ori-gine culturale e linguistica.Gli studi sull’interazione uomo-macchina –che negli Stati Uniti vanno sotto il nome di

CHI, Computer-Human Interaction, mentre inEuropa si preferisce il termine HCI, privile-giando il fattore umano sulla macchina –comprendono diverse tematiche e disciplinecome le scienze cognitive (i meccanismi diapprendimento e memorizzazione), lo studiodell’attenzione e della percezione negli esse-ri umani, la modellazione dell’utente e dei di-versi livelli di esperienza tecnica e, infine, gliesperimenti appositamente definiti per valu-tare – in termini quantitativi – la validità dellenuove proposte di interfaccia.Per affrontare e risolvere le questioni sopraposte, si deve ricorrere a specialisti e pro-gettisti informatici, che dovranno imple-mentare le nuove interfacce lavorando instretto contatto con gli utenti, cioè con unapproccio di tipo user centered. L’utente èsicuramente il vero esperto del dominio ap-plicativo per il quale l’interfaccia è progetta-ta; è quindi colui che conosce le esigenze ti-piche di quel dominio, vale a dire: le prio-rità, le connotazioni, ciò che deve essere vi-sualizzato e stampato, la disponibilità deirisultati parziali e totali ecc.. Nell’ambito del

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Le tecnologie ICT mettono sul mercato prodotti sempre più complessi per

le applicazioni più varie: calcolo, comunicazione, servizi, creazione di con-

tenuti, immagini, suoni. L’uso di questi prodotti implica una forte interattività

con l’utente e pone quindi il problema di creare interfacce quanto più pos-

sibile amichevoli. Questo articolo presenta lo stato delle ricerche su alcuni

tra i paradigmi più innovativi e sofisticati.

Stefano Levialdi

I NUOVI PERCORSIDELL’INTERAZIONEUOMO-MACCHINA

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gruppo di progettazione sarà presente an-che un esperto di usabilità (a volte chiama-to human factors engineer) onde realizzareuna interfaccia usabile da un certo gruppodi utenti, che svolge un particolare lavoro,in un determinato ambiente, che risulti effi-ciente ed effettiva.Questo articolo intende presentare i nuovipercorsi che sono attualmente esplorati perconsentire, ad una quantità sempre mag-giore di utenti, di sfruttare le funzionalitàdei nuovi dispositivi che la tecnologia ICTpropone al mercato. Questi nuovi percorsi sichiamano: calcolo emotivo, calcolo ubiquo,calcolo indossabile ed, infine, calcolo tra-sparente.

2. CALCOLO EMOTIVO

La “qualità affettiva” di un sistema può es-sere definita in base alle reazioni emotivesuscitate.“L’emotività include il modo, le sensazioni edi sentimenti che sono le caratteristiche fon-damentali dell’essere umano e che influen-zano notevolmente i suoi riflessi, la sua per-cezione, la sua conoscenza ed infine il suocomportamento” [14]. Il processo emotivo èdi natura giudicante, assegna in modo veloceed efficiente valenze positive o negative al-l’ambiente, mentre quello cognitivo interpre-ta tali valenze e fornisce un significato almondo circostante.È appena il caso di sottolineare che gli effettidelle emozioni sui processi razionali dell’uo-mo sono estremamente significativi, tanto davelocizzarli o rallentarli, a seconda del segnopositivo o negativo delle emozioni percepite.In effetti, la qualità affettiva è l’abilità di unoggetto o stimolo a modificare l’attaccamen-to di una persona a quell’oggetto. I dati spe-rimentali ottenuti nelle ricerche sulla intera-zione uomo-macchina, suggeriscono che laqualità affettiva di una interfaccia ha un im-patto sulla usabilità percepita dall’utente ditale interfaccia.Lo stato emotivo, psicologico, sentimentaledi una persona è di natura fisiologica, ac-cessibile in modo conscio e semplice, nonriflessivo; una miscela di piacere/dispiace-re, di valori buoni/cattivi che generano inte-resse/repulsione in misura proporzionale

all’impegno che la persona ritiene di volereassumere. Questo stato è di natura primiti-va, universale ed è alla base di ogni tipo dievento portatore di emozioni.La qualità affettiva di un sistema si può an-che definire come la capacità di suscitareuna modifica del nucleo emotivo di una per-sona. Questa proprietà, che appartiene aglistimoli, è presente anche nell’interfacciadel sistema. In altre parole, questi oggettideterminano la qualità affettiva in quantovengono interpretati dall’utente sulla basedi quanto siano essi piacevoli/spiacevoli,eccitanti/noiosi, scatenanti/tranquillizzantie influenzano quindi le reazioni dell’utente.Introduciamo ora dei parametri che servonoper studiare le motivazioni delle scelte degliutenti rispetto alle caratteristiche emotivedella interfaccia. Iniziamo dalla PAQ (Percei-ved Affective Quality), che possiamo defini-re come la qualità emotiva percepita: è lapercezione individuale della capacità cheha la tecnologia informatica di modificare lacomponente emotiva, e viene misurata at-traverso la sua valenza e l’attivazione con-seguente. Un secondo parametro interes-sante è la PU (Perceived Usability) o usabi-lità percepita; essa ha un forte impatto sullaintenzione del comportamento dell’utente,denominata BI (Behavioural Intention), cosìcome anche lo ha la PEOU o facilità d’usopercepita (Perceived Emotional ObservedUsability).L’ansia, una tipica forma di emozione, gene-rata dall’uso (almeno all’inizio) di una nuo-va interfaccia, produce un effetto sulla PUmediato dalla PEOU; d’altra parte il piaceredi usare l’interfaccia (detto joy-of-use) hasia le componenti della valenza che dell’at-tivazione sul nucleo personale dell`emoti-vità (che quindi fornisce un impatto positi-vo), sia sulla usabilità percepita, che sullafacilità d’uso percepita. La scelta dell’inter-faccia da parte dell’utente mostra una fortecorrelazione con i valori della PU e dellaPEOU, poiché quella scelta lascia intravede-re una maggiore usabilità.Da una analisi compiuta sul tema [14], èstato ricavato un modello empirico delle re-lazioni fra i parametri prima introdotti (Fi-gura 1); i valori numerici indicati riflettono ilegami osservati negli esperimenti sugli ef-

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fetti emotivi percepiti dagli utenti. Questiesperimenti sono stati fatti con studentiche dovevano valutare il sito Internet dellaloro università; la PAQ è stata misurata sul-la base di quattro valori legati alle qualitàdel sito: divertente, noioso, piacevole,spiacevole; hanno partecipato all’esperi-mento 194 giovani. Da una analisi statisticaaccurata, è risultato che la PAQ aveva un ef-fetto positivo notevole sia sulla PU che sul-la PEOU, ma non in modo diretto sulla BI(comportamento successivo), che è invecemediato da PU e da PEOU. In sintesi, la va-lutazione cognitiva da parte dell’utentedello strumento informatico (il sito Internetin questo caso) discende dal primo impattoemotivo, detto anche touch-and-feel, cosìcome avviene nell’incontro con una perso-na per la prima volta, dove le sensazioniemotive iniziali sono determinanti.I concetti di affetto ed emozione sono di na-tura complessa e difficile da esprimerequantitativamente e, ancor più, da inserirein programmi o in macchine che dovrannointeragire con esseri umani; la psicologia,però, può aiutarci a capire quale è il ruolodelle emozioni nei nostri comportamenti equindi perché ne dobbiamo tenere contodurante la progettazione di sistemi informa-tici come le interfacce e, più in generale, diprogrammi applicativi. Dai parametri consi-derati si vede che vi sono delle valutazionisulle aspettative degli utenti; in altre paro-

le, quali emozioni susciteranno i programmiche adopereremo per la prima volta? Oltre aciò, quali emozioni umane possiamo direche vengano riconosciute dalla macchina(da opportuni programmi) in modo tale daadeguare le successive interazioni ai nostri“umori emotivi”? Come si vede, ci troviamodavanti ad una situazione simmetrica, traessere umano e sistema, dove le emozionigiocano un ruolo importante per la buonariuscita delle successive interazioni.Possiamo anche considerare la qualità este-tica delle presentazioni di informazioni [2].Anche esse suscitano emozioni nell’utente,in particolare per quanto riguarda la plura-lità (la molteplicità di informazioni) e la pro-spettiva (la possibilità di osservazione dadiversi punti di vista), analoghe alle “viste”dei dati nelle basi di dati. Riprendendo unafrase da [2], “è preferibile vedere un tra-monto con mille occhi diversi, che mille tra-monti”. Vi è un forte collegamento fra l’a-spetto estetico e le emozioni, in quanto ilprimo suscita le seconde, facilitando l’e-strazione di dati significativi da grosse molidi informazioni. Lo stile, il genere ed il temacorrispondono ad una struttura che può fa-cilitare la comprensione ed il ritrovamentodei dati rilevanti per l’utilizzo dell’applica-zione. Come non vi è un’unica interpretazio-ne della realtà, così dicasi per la rappresen-tazione della realtà; non esiste la visualizza-zione ottimale, bensì quella più adatta perun certo insieme di utenti che devono svol-gere un compito all’interno di uno specificodominio applicativo.Tra i maggiori esperti del calcolo emotivo,nonché antesignana del settore, è RosalindPicard, che lavora al prestigioso MIT di Bo-ston [7]. Lei ed i suoi collaboratori si muovo-no in un ambito che parte dalle scienze co-gnitive, prende i risultati della psicologia,delle neuroscienze, della medicina, della psi-cofisiologia, della sociologia e dell’etica, persviluppare degli strumenti ingegneristici ingrado di misurare, modellare, ragionare ereagire alle emozioni. A questo scopo, stan-no sviluppando sensori, algoritmi, sistemi eteorie che dovrebbero consentire di sintetiz-zare nuove forme di intelligenza e di com-prensione da parte degli umani.Come esempio di progetto emotivo che viene

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FIGURA 1Modello empirico

per l’analisidei parametri

emotivi [14]

.304 .504

.423.071

PU

BIPAQ

PEOU

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svolto al MIT, si può citare il “Sarto per Inter-faccia”, un agente (cioè un programma conautonomia e con scopi prefissati) che cercadi adeguare un sistema in risposta ad unareazione emotiva. La frustrazione, rivelata at-traverso esperimenti, viene impiegata comeelemento di selezione fra le reazioni dell’u-tente a diverse interfacce. Per esempio, que-sto approccio è utilizzato per cercare di ren-dere più adattivo l’“Assistente” dei program-mi Microsoft.Si possono citare diverse fonti che illustranoquanto sia significativo considerare le emo-zioni nei momenti decisionali, di ragiona-mento e di comportamento. In particolare, ilcomportamento dell’utente dipende da ciòche viene percepito [4]; per esempio, una in-terruzione durante un ragionamento puòportare a concentrarsi su un maggior livellodi dettagli, oppure può essere causa di fru-strazione (per esempio, squilla il telefonodurante l’esecuzione di una parte critica diun lavoro). La frustrazione, invece, generasempre un atteggiamento negativo ed au-menta la probabilità di errore.Ci sono ormai nel mondo diversi gruppi qua-lificati che si occupano dell’approccio emoti-vo per migliorare l’interazione uomo-macchi-na (utente-programma); un breve elenco è ri-portato in [1]. Un centro di ricerca è pressol’Università di Stanford, dove l’importanzadelle emozioni è ben presente (“No aspect ofour mental life is more important to the qua-lity and meaning of our existence than emo-tions” [10]). Come già accennato, anche alMIT c’è, da tempo, un gruppo di ricercatoriche lavora sul tema del calcolo emotivo [8].Donald Norman, guru dell’informatica cogni-tiva, che si occupa di un progetto per le mac-chine emotive, spiega così le sue idee sulruolo delle emozioni nei calcolatori del futu-ro: “progetto emotivo: bellezza e cervello,piacere ed usabilità vanno mano nella manoper ottenere una buona progettazione” [5].

3. CALCOLO UBIQUO

Passiamo ora ad un’altra forma di calcoloche è alla ribalta: si tratta del calcolo ubi-quo. Il principale propugnatore di questaforma di calcolo è Mark Weiser dello XeroxPARC (Palo Alto Research Center) in Califor-

nia, fucina di molte delle idee rivoluzionarienel campo dell’informatica degli ultimi cin-quanta anni.Questo tipo di calcolo si ha quando la com-putazione viene integrata con l’ambiente; citroviamo allora davanti ad un sistema di cal-colo ubiquo (ubiquitous computing). Va det-to che il calcolo ubiquo può coesistere colcalcolo emotivo visto prima.Vi è anche un altro modo di illustrare lostesso concetto, dicendo che il calcolo ubi-quo coincide col calcolo “pervasivo”, secon-do cui gli utenti non dovrebbero più portarecon sé o avere in ufficio o in casa dei calco-latori, in quanto potrebbero sfruttare le po-tenze di calcolo (e di comunicazione) pre-senti nei sistemi integrati in edifici, pareti,mobili ecc.. In questo modo viene facilitataanche l’interazione col sistema attraversogesti, parole, sguardi, movimenti del corpo.In effetti, i sistemi integrati nell’ambientedovranno essere sensibili ad ogni cambia-mento prodotto in loco, riconoscere auto-maticamente tale cambiamento, ed agirepoi sulla base delle necessità dell’utente edelle sue preferenze.Come semplici esempi di applicazioni di que-sto tipo, si può citare il segnale provenienteda un sistema GPS (sistema di posiziona-mento globale) che arriva ad un guidatore inautomobile, fornendogli le indicazioni neces-sarie per arrivare a destinazione; oppure unlettore di codice a barre dei prodotti di un su-permercato, che fornisce all’uscita il costodella merce inserita nel carrello.Il già citato Weiser (ora all’IBM) in un suo ar-ticolo [13] parla di “spazi mediatori” e pre-senta il suo punto di vista sul calcolo ubiquo.Secondo Weiser, il calcolo ubiquo rappresen-ta la terza ondata della computazione: la pri-ma è quella dei mainframe (nati negli anni’50), la seconda è quella dei personal com-puter (anni ’70-’80), e la terza è quella delcalcolo ubiquo (il “terzo paradigma” del cal-colo, anche secondo Alan Kay). Le tre ere so-no rappresentate nel grafico di figura 2. Co-me si vede, l’autore è assai ottimista sullacrescita del calcolo ubiquo.Il calcolo ubiquo può essere contrapposto al-la realtà virtuale nel senso che questa cercadi inserire le persone, gli utenti, in una realtàartificiale creata dai programmi (sempre più

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realistici), mentre il calcolo ubiquo spinge lemacchine dovunque ci siano delle persone,ma non necessariamente nelle loro case oduffici. La realtà virtuale richiede grandi po-tenze di calcolo per elaborare o riprodurre lesottigliezze e i dettagli della realtà fisica; ilcalcolo ubiquo, invece, si basa su una buonaintegrazione di fattore umano, informatica,ingegneria e scienze sociali.I primi oggetti destinati a sperimentare il con-cetto di ubiquità sono stati costruiti negli an-ni 1988-1994 presso i laboratori di ricerca ap-plicata dello Xerox PARC, ed hanno nomi co-me tab, pad, e board. Sono costituiti da pic-coli calcolatori che possono eseguire compitisemplici, sono mobili e possono comunicarefra di loro senza fili mediante trasduttori araggi infrarossi; nel loro insieme costituisco-no un sistema chiamato PARCTAB.La premessa da cui è partito Weiser è che lepersone vivono e lavorano in accordo a pras-si e conoscenze tacite che, normalmente,nella realtà non sono individuabili (sonoquindi invisibili).Il primo tentativo di riprodurre questa nuovarealtà è stato quello di distribuire alle perso-ne e negli uffici centinaia di dispositivi di cal-colo senza fili, di tutte le dimensioni, da pic-coli schermi di un pollice a quelli giganteschida muro. Questo tentativo ha richiesto la ri-progettazione dei sistemi operativi, delle in-terfacce utente, delle reti, dei dispositivi dicomunicazione, dei pannelli di visualizzazio-

ne e di molti altri dispositivi tecnologici. Que-sta attività è stata denominata “calcolo ubi-quo” ed è diversa dalla costruzione di PDA(assistenti personali), dynabook (quadernicon puntatori ipermediali) o anche dei mini-dispositivi che forniscono informazioni sullapunta delle dita dell’utente.Si tratta quindi di realizzare un sistema che nonsi vede, che funziona ovunque, che non risiedeall’interno di un dispositivo personale, ma si tro-va in ogni posto; un sistema, cioè, ubiquo.Molti gruppi di ricerca applicata hanno cerca-to di rendere il calcolatore un oggetto del de-siderio: esteticamente interessante, funzio-nale, semplice da usare, di valore simbolico,che “parlasse delle qualità di chi lo possie-de”. Un esempio di oggetto che riassumequeste caratteristiche è iPod della Apple, unamemoria portatile che consente l’ascolto dibrani musicali, di cui sono stati prodotti piùdi cinquanta milioni di esemplari.In direzione opposta si colloca il calcolo ubi-quo che mira ad oggetti così ben inseriti nelcontesto da essere invisibili e poter essereusati senza neanche conoscere dove si trovala piattaforma di calcolo.Presso il Georgia Institute of Technology è infunzione il Graphics Visualization ed Usabi-lity Lab [3], che ha un settore dedicato al cal-colo ubiquo, dove sono in corso diversi pro-getti interessanti, ispirati a questo paradig-ma di calcolo.Un esempio è l’archivio di fotografie familia-ri, dove sono registrate sequenze di immagi-ni corredate di dati che consentono di ritrova-re la sequenza voluta. Questo progetto inclu-de anche la possibilità di annotare automati-camente una sequenza di immagini durantela ripresa (Context Camera).Un altro progetto, denominato Abaris, usauna tecnologia di cattura e di recupero discenari per facilitare l’analisi, in modo di-screto, dei comportamenti di bambini auti-stici. PAL invece è un loop audio che aiuta ariprendere il filo di una conversazione quan-do questo è stato interrotto (anche pochiminuti prima). Infine, un altro esempio diprogetto applicativo è quello che utilizza te-lecamere, macchine fotografiche e proietto-ri per impedire riprese (foto, video, audio)non autorizzate, come ad esempio nei mu-sei e gallerie d’arte.

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FIGURA 2Le ere dell’informatica secondo Weiser [13]

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Sale

s/Yr

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1945

1950

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1960

1965

1970

1975

1980

1985

1990

1995

2000

2005

Mainframe (un computer, molte persone)PC (una persona, un computer)Ubiquitous computing (una persona, molti computer)

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4. CALCOLO INDOSSABILESecondo una definizione (Steve Mann [4]),il calcolo indossabile si ha quando il calco-latore (o la piattaforma di calcolo) è inte-grato nello spazio personale dell’utente edè operativo ed interattivo in ogni momento,essendo sempre acceso e disponibile. Ingenerale, si tratta di uno o più dispositiviche, essendo sempre assieme all’utente,sono in grado di ricevere ed eseguire i co-mandi che ricevono in qualunque situazio-ne, sia che la persona sia ferma oppure inmovimento. Naturalmente, a differenza dialtri dispositivi indossabili come l’orologioo le cuffie, il calcolatore indossabile (wea-rable computer) ha tutte le funzionalità diun sistema programmabile; è cioè utilizza-bile per applicazioni generali ed è riconfi-gurabile, restando però strettamente con-nesso a chi lo indossa.Per descrivere con maggiore dettaglio il cal-colo indossabile, dobbiamo riferirci alle suetre caratteristiche operative e cioè:1. constancy;2. augmentation;3. mediation.La prima caratteristica sta ad indicare il fattoche il funzionamento è continuativo e la di-sponibilità nel tempo è totale, a differenza dialtri dispositivi come, ad esempio, il personalassistent (PDA) che deve essere acceso edavviato; il flusso informativo fra calcolatoreindossabile ed utente è sempre presente inentrambe le direzioni.La seconda caratteristica si riferisce al fattoche il calcolatore è operativo anche mentrel’utente sta svolgendo una attività; in questomodo vengono aumentate le capacità senso-riali e intellettive dell’utente.Infine, la terza caratteristica, consente di pro-teggere l’utente in misura maggiore rispettoa ciò che avviene con calcolatori usuali, an-che portatili. Possiamo ulteriormente preci-sare questa caratteristica considerando dueaspetti, cioè isolamento e privacy. Il primo in-dica il funzionamento come filtro, in modo danon ricevere informazioni indesiderate. Il se-condo riguarda, invece, la possibilità di na-scondere alcune caratteristiche dell’utente odi presentarne altre a seconda degli interlo-cutori, degli ambienti, delle situazioni. Quan-do dobbiamo (o vogliamo) interagire con si-

stemi di elaborazione ignoti o potenzialmen-te pericolosi, potremmo proteggerci median-te il calcolo indossabile, presentandoci inmodo “schermato”. Diventa più difficile os-servare un utente (via telecamera o microfo-no) se egli si presenta con un programma chelo “avviluppa”.Poiché il calcolatore indossabile è a contattodi pelle (attraverso tessuti con microcalcola-tori incorporati) di chi lo indossa, è anchepossibile rilevare parametri biomedici di in-teresse per monitorare lo stato di salute delportatore. In sintesi, fra utente e calcolatoreè possibile inserire uno strato di protezioneopzionale che si può togliere, anche parzial-mente, se si desidera una modalità operativache sfrutti una combinazione di augmenta-tion e mediation.I flussi informativi corrispondenti ai tre ele-menti prima indicati sono rappresentati nellafigura 3, dove il ruolo dell’umano rimane co-stante nel loop con la macchina, oppure simodifica all’interno di un loop o, infine, si tro-va semplicemente all’interno del percorso dielaborazione.Vediamo ora le sei caratteristiche specifichedei segnali informativi all’interno del calco-lo indossabile, che sono presenti nel rap-porto sinergico fra l’essere umano e il calco-latore indossato.1. Caratteristica non monopolizzante: impli-ca la possibilità per l’utente di svolgere al-tre attività oltre a quelle possibili con il cal-colatore indossato. Diversamente dallarealtà virtuale, la persona non è immersa inun mondo diverso da quello reale. Il calcolorisulta una attività secondaria anzichè l’a-spetto primario dell’attenzione. In effetti,in teoria, il sistema indossato può fornireulteriori capacità sensoriali anche se po-trebbe mediarle, ciòè, modificarle, o addi-rittura diminuirle.2. Caratteristica non restrittiva: non diminui-sce la mobilità dell’utente, non inibisce il suospostamento fisico.3. Caratteristica di osservabilità: in ogni mo-mento l’attenzione dell’utente può essere ri-volta ai risultati del calcolo, agli stati succes-sivi del sistema indossato.4. Caratteristica di controllabilità: il sistemareagirà sempre e soltanto su richiesta del-l’utente; quindi il controllo sarà sempre in

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mano di chi lo indossa. Anche in presenza diun programma automatico, l’utente potràsempre interromperne l’esecuzione. La con-tinuità del rapporto fra utente ed interfacciaproduce la totale controllabilità del sistemaindossato.5. Caratteristica di attenzione: è riferita al-l’ambiente, ossia sensibilità rispetto al postoed al contesto dove il sistema si trova.6. Caratteristica comunicativa: rispetto ad al-tri sistemi, aumentando le capacità di espres-sione dell’utente oppure migliorando la pro-duzione di informazioni di vario tipo, ad esem-pio artistico.Possiamo ora vedere quali sono veramentele applicazioni del calcolo indossabile. Mannosserva che ogni nuova disciplina informati-ca inizia con una teoria di base, quasi un so-gno del proponente; a volte le teorie hannodelle applicazioni semplici ed immediate.Nel settore del riconoscimento di forme(pattern recognition) l’analisi dei volti perconfrontarli con quelli di persone pericoloseaumenta la sicurezza in situazioni difficili;questo è sicuramente un campo nel quale ilcalcolo indossabile può fornire una rispostasicura ed affidabile se gli algoritmi di rico-noscimento vengono eseguiti medianteconfronti con una base dati di volti.

Un’altra applicazione, può essere la ripara-zione di uno strumento: non sempre è pos-sibile avere un manuale a disposizione,mentre il dispositivo indossabile può fornirela descrizione, le regole di funzionamento ele prove necessarie per trovare il guasto diuna fotocopiatrice, di una fotocamera digi-tale ecc..Nel caso di persone con problemi di vista,l’applicazione BlindVision fornisce un si-stema basato su radar che, incorporato inuna maglia da indossare, è in grado di rive-lare oggetti vicini al portatore, restituendosegnali e.m. riflessi dagli oggetti; gli ogget-ti vicini forniscono segnali diversi da quellilontani. Questo sistema si può descriverecome la visione basata sul senso del tatto.Il sistema potrebbe anche essere impiega-to da ciclisti o motociclisti che debbanomuoversi in ambienti con ostacoli.Un’altra applicazione, inversa della prece-dente, è quella chiamata Mediwear, che ela-bora segnali elettrofisiologici del corpoumano (anziché quelli esterni prodotti dalleonde radar riflesse), svolgendo funzioni dimonitoraggio, valutando parametri utili astabilire la differenza fra stato normale estato critico; in quest’ultimo caso, Me-diwear manda una comunicazione ad unpresidio medico.ENGwear è, invece, un sistema per la raccoltadi informazioni da spedire ad un gruppo, unacomunità con la quale l’utente condivide de-gli interessi. Mentre le applicazioni viste so-pra sono di natura individuale, questa differi-sce nel senso che consente a più persone discambiarsi informazioni (testuali, grafiche,sonore ecc.) su argomenti di interesse comu-ne. In altre parole, ENGwear è un sistema in-dossabile per la cooperazione assistita dacalcolatore (computer-supported collabora-tive work, CSCW).Le applicazioni menzionate sono solo alcunedelle possibilità offerte dal calcolo indossa-bile; sicuramente ne nasceranno delle altreman mano che la tecnologia consentirà di in-corporare negli abiti microdispositivi semprepiù sofisticati.Passiamo ora a riassumere le caratteristichefondamentali del calcolo indossabile. Certa-mente l’aspetto essenziale è quello del po-tenziamento individuale grazie al fatto di

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FIGURA 3I flussi informativi

nelle tre diversemodalità operative

del calcoloindossabile [4]

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equipaggiare la persona con uno spazioinformativo privato, personalizzabile e total-mente controllabile. Anche il calcolatore chefunziona a casa o in ufficio è controllabiledall’utente, ma non è così personale e in gra-do di potenziare le capacità dell’utente comeun calcolatore indossabile, totalmente inte-grato nello spazio personale.Agli inizi, negli anni ‘70, il calcolo indossabilesi presentava come uno schermo miniaturiz-zato collocato su uno o due occhi, con dispo-sitivi di ingresso come tastiere o joystick datenersi in mano ed un microfono per potereinserire il parlato. Naturalmente, e spinti daapplicazioni militari, questi dispositivi, a pa-rità di prestazioni, hanno ridotto grandemen-te le loro dimensioni nell’arco degli ultimidieci anni.Ma quali sono gli aspetti essenziali che con-sentono il potenziamento dell’utente attra-verso il calcolo indossabile? Uno è costitui-to dall’ampliamento delle funzioni di me-moria, ossia il recupero di tutte le informa-zioni raccolte (con telecamera, con radar,con microfono ecc.) e la possibilità di condi-viderle con più individui, che possono sfrut-tare informazioni reciproche, scambiarle,utilizzare informazioni provenienti da altriutenti ecc.. Una forma quindi di intelligenzacollettiva, nel senso che più individui pos-sono collaborare (attraverso sistemi CSCW)anche quando qualcuno di loro sta ese-guendo un compito diverso. Altre applica-zioni riguardano la sicurezza, che differiscedai sistemi di sorveglianza centralizzata inquanto il sistema si trova sugli abiti dell’u-tente e quindi è in grado di proteggerlo a li-vello individuale.Si può operare senza connessioni fisiche,nel senso che non si richiede un cavo o unaspina per poter funzionare, un funziona-mento quindi totalmente autonomo. Infine,si può dire che si realizza un sistema siner-gico, dove la persona svolge i compiti crea-tivi o comunque più pertinenti alla sua na-tura, mentre il calcolatore svolge i lavori ri-petitivi. Dopo un certo periodo, il calcolo in-dossabile diventa una estensione dellamente e del corpo del portatore, ed alloranon è più una entità separata. Possiamo,cioè, parlare di una integrazione delle duecapacità, invece che di una semplice som-

ma; a volte questa sinergia viene chiamataIntelligenza Umanistica. Mann [4] parla an-che di un aumento della qualità della vita,che appare però discutibile, tenendo contodi certe conseguenze dell’automazione ingenere e delle applicazioni informatiche inparticolare. È più prudente esprimere ungiudizio cauto; il calcolatore da indossarepuò risultare per alcuni un piacevole acces-sorio che facilita i suoi compiti, per altri, in-vece, un fastidioso aggeggio dal quale èmeglio prescindere.Presso il MIT di Boston è in funzione, all’in-terno del Media Lab, il Laboratorio di Dina-mica Umana dove, sotto la direzione diSandy Pentlan, lavora un gruppo di unaventina di ricercatori. L’approccio di questogruppo si basa sull’idea che l’impiego delcalcolatore deve essere completamentemodificato rispetto all’uso tradizionale, de-ve cioè essere indossato come gli occhiali ogli abiti e l’interazione con esso deve di-pendere dalla situazione. Per potere sfrut-tare questa tecnologia bisognerà fornire ilportatore con visualizzatori collocati sullatesta, dispositivi di ingresso che non osta-colino le attività correnti, reti locali senza fi-li (sia per l’alimentazione che per la tra-smissione/ricezione dell’informazione), einoltre un certo numero di sensori, in modoche l’utente possa disporre di un agentepro-memoria, una realtà aumentata e pos-sa interagire con una collettività di indivi-dui, anch’essi portatori di sistemi di calcoloindossabili.Vediamo ora alcune applicazioni studiatepresso il MIT. Il sistema LiveNet incorporadelle tecnologie per il controllo della salute(analogamente a Mediwear); è questo untema che acquisterà sempre maggiore im-portanza in futuro, anche a causa dell’au-mento dell’età media della popolazione. Ilprogetto ha, in particolare, l’obiettivo di for-nire rapporti aggiornati sullo stato di salutedi una persona combinando la disponibilitàdi un personal assistant (PDA), basato sulsistema operativo Linux, con quella disoftware open-source per la gestione deisensori specializzati per la trasduzione disegnali bio-elettrici. LiveNet può essere im-piegato per il monitoraggio prolungato neltempo, per osservare variazioni lente di pa-

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rametri biofisici e per comunicare i risultatiad unità terapeutiche a distanza.GroupMedia è un insieme di strumenti ed ap-plicazioni che consentono di rimanere ag-giornati utilizzando le conoscenze dei mem-bri di un gruppo mediante telefoni cellulari estrumenti tipo PDA. Mediante studi sui mo-delli di comportamento e di interazione so-ciale, si pensa di realizzare del software spe-cifico per la prossima generazione di calcoloindossabile.Un altro esempio rilevante è Reality Mining,considerato il più grande progetto basato sutelefonia mobile negli Stati Uniti, che, sfrut-tando la grande diffusione dei cellulari e uti-lizzando dati sulla dinamica del comporta-mento individuale e di gruppo, cerca di co-struire dei modelli con cui prevedere il com-portamento futuro dell’utente e delle orga-nizzazioni sociali.Si può citare anche il progetto Learning Hu-mans che mira a sviluppare delle tecnicheper capire i meccanismi del comportamentoumano nell’ufficio (o in altri ambienti) e valu-tare le interazioni delle persone nei processioperativi, onde consentire una integrazioneottimale fra attività informatizzate e manualinell’attività quotidiana.Un altro centro dedicato al calcolo indossabi-le è il Wearable Computing Laborator dell’U-niversity of Oregon [6]. È stato creato nel1995 con l’obiettivo di progettare, svilupparee valutare la tecnologia del calcolo indossa-bile e mobile, per facilitare e migliorare la col-laborazione fra le persone.Tra i progetti in corso c’è quello denominato“comunità di calcolo indossabile”, che in-tende sfruttare le tecnologie di cui parliamoper aiutare le persone durante i loro incontrinel mondo quotidiano, nell’ufficio, nell’a-scensore, nei negozi… Il quesito cui il pro-getto cerca di dare una risposta è come pos-sa il calcolo mobile ed indossabile facilitareo aumentare le interazioni sociali e quale ef-fetto possa avere sulle modalità di intera-zione fra le persone e le comunità cui appar-tengono.Un altro progetto, denominato iSIM (Com-puting Environment Simulator) serve a col-laudare applicazioni indossabili e dipen-denti dal contesto prima della effettiva im-plementazione. I fattori considerati nelle si-

mulazioni sono vari: la luce, i suoni, il siste-ma di posizionamento (GPS), la temperatu-ra, le reti wireless ecc.. Il sistema è anche ingrado di gestire le interazioni fra agenti, retidi interconnessione fra diverse piattaformedi calcolo, mappe topografiche ecc.. Ancorapresso l’Università dell’Oregon, degno dimenzione è il progetto Auranet. Questa ap-plicazione è mirata a persone appartenentia comunità diverse che si incontrano in unospazio sociale chiamato “Aura”. Il collantefra queste persone non è lo scambio di da-naro o beni materiali, ma la disponibilità ditempo per aiutarsi a vicenda, condividerecerti valori, creare e gestire rapporti di mu-tuo beneficio. Vi è una somiglianza fra que-ste comunità che indossano dispositivi dicalcolo e quelle ormai diffuse su Internet; inentrambi i casi, infatti, l’obiettivo è di mi-gliorare la qualità e lo spirito della coopera-zione. Si può dire che ciò che i siti comunita-ri fanno nel Cyberspazio, il calcolo indossa-bile lo fà nella vita reale.Non è possibile valutare ora quali sarannole conseguenze della diffusione del calcoloindossabile, quali i benefici e quali i limiti,ma sicuramente queste tecnologie influi-ranno sulle interazioni presenti nel mondodel lavoro, negli scambi sociali e nelle diver-se attività, anche ludiche, svolte dagli esse-ri umani.

5. CALCOLO TRASPARENTE

Ed ora, per finire, un cenno ad uno dei temipiù recenti della ricerca sulle interfacce el’interazione uomo-macchina, cioè il calcolotrasparente. All’interno dell’informatica, latrasparenza è sempre stata vista come quel-la proprietà che nasconde uno strato di pro-grammazione (interfaccia trasparente èquella che non si vede), facilitando quindi illavoro dell’utente in modo che non debbapreoccuparsi dei dettagli implementativi difunzioni (come per esempio la gestione del-le finestre sullo schermo) e quindi possaconcentrarsi sul lavoro da svolgere ossial’utilizzo delle applicazioni.Recentemente, su suggerimento di SteveTanimoto ([11] e comunicazione personale),è nata l’idea di una computazione di naturatrasparente, dove cioè l’esecuzione detta-

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gliata dei programmi interni al sistema è vi-sibile dall’utente. Normalmente, la visibilitàdei dettagli del sistema, delle ipotesi di par-tenza, dei processi attivi e di altre caratteri-stiche del comportamento del sistema, so-no in contrasto con i metodi cosiddetti dellascatola nera, con l’incapsulamento degli og-getti e, più in generale, coi principi dell’in-gegneria del software.L’approccio del calcolo trasparente offre in-vece la possibilità di visualizzare – a diversilivelli – l’evoluzione della computazione, sitratti di calcolo numerico o di trasformazionidi immagini o del percorso su un grafo. Que-sta possibilità, che in futuro potrebbe diven-tare controllabile dall’utente, ha subito dueconseguenze rilevanti:1. una migliore comprensione del significatodei programmi e della loro esecuzione2. una maggiore efficacia nella presentazio-ne di un sistema o di una piattaforma a scopididattici e/o di addestramento.La trasparenza può, a differenza dell’ingran-dimento del livello di granularità nell’astra-zione, fornire viste diverse di uno stesso si-stema, più adeguate per un utente che deveapprendere, riparare, utilizzare, spiegaretale sistema. Si possono anche fornire delletrasparenze specifiche come quelle sintatti-che (dettagliando le regole), semantiche(fornendo significati precisi), temporali (vi-sualizzando i diversi stati del sistema nel-l’arco del tempo).Per fare un esempio di trasparenza sintatti-ca nei confronti di un algoritmo e della suasuccessiva codifica in un programma, la fi-gura 4 mostra la versione grafica di un lin-guaggio visivo basato sul flusso dei datipresentato in un convegno sui linguaggi vi-suali di diversi anni fa. Si tratta di un sempli-ce convertitore da gradi Fahrenheit a Cel-sius e lo schema mostra i passi della com-putazione dall’ingresso del dato, alle elabo-razioni successive fino al risultato finalenella casella designata.Nelle interfacce grafiche sono comuni leicone che rappresentano dei comandi; unadi queste è un interruttore con più di duestati (toggle switch), che però non mostrain quale stato si trova. Per esempio, il co-mando che serve per passare dalla proie-zione di una diapositiva su uno schermo

murale allo schermo del computer, o su en-trambi gli schermi o su nessuno di essi, ri-chiede evidentemente quattro stati che,però, non sono visibili all’utente. In questocaso si può parlare di mancanza di traspa-renza semantica.Sempre nell’ottica di aumentare la traspa-renza all’utente e facilitargli il compito, sa-rebbe utile poter visualizzare le conseguenzedi un comando dato selezionando e attivan-do una particolare icona. In definitiva, ogni utente, o classe di utenti,potrebbe disporre di un modello di siste-ma, a seconda di ciò che gli serve conosce-re del suo sistema. In questo modo, si rea-lizzerebbe una trasparenza personalizzata.

6. CONCLUSIONI

Abbiamo visto tre diversi approcci (più, mol-to sommariamente, un quarto finale) direttia superare gli attuali limiti delle interfacce emigliorare l’interazione uomo-macchina,rendendola fluida, naturale, efficiente ed ef-fettiva.I vari approcci non sono in contraddizione fraloro, anzi possono condividere alcune pro-prietà, cioè un sistema può essere contem-poraneamente emotivo ed indossabile, emo-tivo ed ubiquo ecc.. Si tratterà quindi di spe-rimentare, in situazioni reali e non più in la-boratorio, quali sono gli effetti, positivi o ne-gativi, che questi approcci sono in grado difornire. Non sempre la tecnologia ha miglio-rato la vita, ma è bene provare e riprovare persaperne di più.

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FIGURA 4Convertitore da gradi Fahrenheit a Celsius

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STEFANO LEVIALDI è professore ordinario di informatica alla Università di Roma “La Sapienza” e Decano del Di-partimento di Informatica. Ha pubblicato oltre 230 lavori (con più di 120 co-autori) in convegni internaziona-li e su riviste scientifiche, sulla elaborazione di immagini, sui linguaggi visuali, e sulla interazione uomo-cal-colatore, argomento che svolge in due corsi universitari. Levialdi è fondatore (1990) e co-editore del Journalof Visual Languages and Computing (Elsevier Press) ed editore associato di varie riviste scientifiche, orga-nizzatore di oltre 20 convegni internazionali come Advanced Visual Interfaces (ogni due anni dal 1992), Inte-ract (2005 a Roma). Infine è IEEE Fellow (1988) e dal 1996 IEEE Life Fellow.E-mail: [email protected]