i volti della dea - la madonna della neve

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E’ nota la continuazione dei culti femminili dell’antichità incentrati sulla Dea Madre della Terra e degli uomini attraverso la sua identificazione con la cristianissima Madonna.Appassionati di viaggi, archeologia e cultura antica, noi The Phoenicians, durante i nostri giri nel Mediterraneo abbiamo riscontrato varie coincidenze fra il culto della Dea con uno in particolare, risalente al cristianesimo delle origini: quello della Madonna della Neve o Nostra Signora ad Nieves.

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Premessa

E’ nota la continuazione dei culti femminili dell’antichità incentrati sulla Dea Madre della Terra e degli uomini attraverso la sua identificazione con la cristianissima Madonna.

La stessa Dea, poi diventata protettrice dell’amore e della fertilità (Astarte, Afrodite e dopo il V secolo chiamata anche Tanit) o del matrimonio (Hera o Giunone).

Appassionati di viaggi, archeologia e cultura antica, noi The Phoenicians, durante i nostri giri nel Mediterraneo abbiamo riscontrato varie coincidenze fra il culto della Dea con uno in particolare, risalente al cristianesimo delle origini: quello della Madonna della Neve o Nostra Signora ad Nieves.

Basandoci sulle nostre esperienze e lungi dal voler redigere uno studio scientifico, abbiamo raccolto le nostre riflessioni su questo foglio che potrà essere un interessante spunto per trovare nuovi siti con simili caratteristiche dove molte altre coincidenze tra il culto della Dea (spesso in un sito originariamente indigeno) e quello della Madonna della Neve potrebbero essere scoperte.

Cenni Storici

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Col XIV secolo si assiste in Europa ad un generale raffreddamento del clima. Un lungo periodo che durerà fino all’800 ed è definito come “piccola era glaciale”.Il forte maltempo comportò raccolti disastrosi e quella che venne chiamata dai contemporanei “la grande carestia”.

Un periodo difficile che favorirà il diffondersi di una tremenda epidemia di peste che decimerà gli europei.Contemporaneamente si verificano grandi cambiamenti causati dall'espansione del commercio europeo e la formazione degli imperi marittimi europei.

In soccorso alle calamità naturali, ritorna ad avere grande seguito uno dei culti più antichi della cristianità, quello della MADONNA della NEVE o AD NIEVES.

Il culto della Madonna della Neve affonda le sue radici nel IV secolo, durante il pontificato di Papa Liberio. Un nobile patrizio romano aveva deciso di costruire in onore della Madre di Cristo una chiesa. Nella notte fra il 4 e il 5 agosto un miracolo indicò il luogo dove doveva sorgere la chiesa.Infatti la mattina dopo il colle Esquilino era coperto di neve, sull’area innevata fu costruita la chiesa.Nacque così il culto della Madonna della Neve. Durante il concilio di Efeso (431 d.C.) verrà solennemente decretata la Maternità Divina di Maria che sarà proclamata Theotokos, Madre di Dio.

L’antica chiesa fu poi abbattuta e con il materiale di recupero venne edificata una basilica più grande a cui fu attribuito il titolo di Basilica di S. Maria Maggiore, per indicare la sua preminenza su tutte le chiese dedicate alla Madonna.

Il culto della Madonna della Neve si affermò sempre di più e specialmente tra i secoli XV e XVIII, ci fu la massima diffusione delle chiese dedicate alla Madonna della Neve, non solo in Italia ma in tutto il Mediterraneo.

Esso si fuse e si confuse con quello dedicato a divinità femminili, protettrici dell’amore e della fertilità, molto più antiche e venerate in Europa sin da epoca remota.

Sulla scia delle rotte commerciali mediterranee degli uomini dell’antichità che, dell’età del bronzo, amavano sostare negli stessi porti e frequentare gli stessi luoghi sacri, posti su alture, nell’entroterra o vicini ai fiumi (forse antiche vie di scambio e comunicazione), noi, appassionati della cultura fenicia, abbiamo notato la coincidenza in molti siti del culto della Dea (generatrice della vita, dei cicli naturali e della fertilità) con quello della Madonna della Neve. Segue il racconto del nostro viaggio alla ricerca della Dea/Madonna della Neve.

Il nostro viaggio alla ricerca della Dea Madonna della Neve

SICILIA

Partiamo dalla Sicilia.

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A Erice sulla cima del monte svettava il tempio di Astart/Tanit/Afrodite/Venere Ericina, oggi castello di Venere. Entrando tra le rovine del castello normanno costruito su quello che fu un luogo sacro indigeno, elimo, fenicio-punico e poi anche romano, accanto ad un grande pozzo (usato probabilmente per scopi cultuali legati ai riti della fertilità e durante le pratiche di prostituzione sacre che qui si tenevano) si vedono i resti di una piccola chiesetta, proprio quella della Madonna della Neve.

Ad Agrigento, l’antica Akragas, sul colle di Girgenti, accanto ai resti del tempio dorico, probabilmente dedicato alla dea Athena, sorgeva un’antica chiesetta di cui non c'è più traccia ma di cui rimane memoria attraverso il nome della via: via Madonna della Neve.

E addentrandoci nell’interno dell’isola troviamo altri siti.

Nel sito degli indigeni sicani di Caltabellotta, tra i grandi fiumi del Platani (il greco Halikos) e del Belice (il greco Kremisos), provincia di Agrigento, a circa 1000 m di altitudine, là dove sorgeva un tempio frequentato da sicani e greci sin dall’età del bronzo (di cui poco ancora si sa) oggi dentro la chiesa del paese, troviamo una bella statua barocca della Madonna della Neve.

E anche sulla collina su cui si snoda oggi il centro storico di Piazza Armerina, anche questo in origine insediamento sicano, risalente come molti altri in Sicilia occidentale all’età del bronzo, proprio in cima, si trova oggi una chiesa della Madonna della Neve.

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Spostandoci nella parte orientale dell’isola, a Siracusa, ricordiamo alcune teorie che sostengono che l’attuale castello fortificato sul Porto Grande di Siracusa (dal nome del comandante bizantino Maniace) potesse essere stato, in epoca greca, un tempio dedicato a Hera. Fatto sta che la sua ubicazione sull’estremo lembo di terra del porto, ricorda molto quella di un tempio dedicato ad una divinità femminile protettrice dei naviganti. Poi, al museo archeologico regionale Paolo Orsi, notiamo una testina di Tanit con crescente lunare, estremamente somigliante a quella più famosa rinvenuta nel sito punico di Solunto (PA).Al centro di Ortigia, nella cattedrale dedicata alla Natività di Maria Santissima, in origine tempio dorico dedicato ad Atena, vediamo una cappella con statua dedicata alla Madonna della Neve.

MALTA

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Andando a Malta, isola di templi preistorici dedicati alla Dea Madre, in uno dei porti più frequentati in antico dai marinai che arrivavano dall’oriente, sostando proprio a Malta, prima di riprendere la navigazione verso la Sicilia, arriviamo a Marsaxlokk.A Marsaxlokk vi è un santuario ininterrottamente dedicato al culto della Dea, inizialmente Dea Madre diventata Astarte e poi Giunone, luogo caro ai naviganti che in quel porto si fermavano, vi sacrificavano, si rifocillavano e come avveniva anche a Erice, godendo dei favori delle sacerdotesse dell’amore (ierodule).

A fianco del santuario, prima dell’ingresso agli scavi, si erge maestosa la chiesa della Madonna della Neve.

SARDEGNA

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Proseguendo lungo la nostra rotta, approdiamo all’altra grande isola del Mediterraneo, la Sardegna.Qui è stata rinvenuta in vari siti una grande quantità di statuette raffiguranti la Dea Madre (Sa Grandu Mammai ), le più antiche fra queste risalenti al periodo Neolitico.

Sull’altura di Santo Teru, un insediamento punico nei pressi dell’omonimo fiume e nella cittadella medioevale di Segolaj, a Senorbì, scopriamo la chiesa della Madonna della Neve/Santa Mariedda (ricostruita accanto a una precedente chiesetta oggi scomparsa). A conferma della presenza della Dea in questo territorio, sempre nelle vicinanze di Senorbì, a Gesico, è stata trovata una statuetta della Dea Madre, un idoletto di tipo cicladico, forse risalente al III millennio a.C. Questi siti sono nell’entroterra, a uguale distanza fra il porto di Cagliari (il fenicio Krls) e quello di Villaputzu.

A Cagliari, sul Capo Sant’Elia, aveva sede un tempio fenicio-punico dedicato al culto dell’ Astarte/Venere Ericina, un luogo di culto su promontorio che, come altri in analoga posizione, aveva anche funzione di faro. Presente qui una cisterna punica, probabilmente per uso rituale.

Villaputzu sul fiume Flumendosa, era il grande porto fluviale di Sarcapos su cui sorgeva un altro santuario di Astarte, dove si praticava la prostituzione sacra e a Villasimius, punto di passaggio per i fenici e riparo dei marinai dalle correnti del Mediterraneo.

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Vicino agli insediamenti di Tharros, città che rivaleggiava con Cartagine in quanto a importanza, e a quello di Neapolis (neolitico prima e fenicio-punico poi), si notano: da un lato la Madonna della Neve a Cuglieri e dall’altro la Madonna della Neve a Pabillonis. Neapolis era un approdo vicino al Flumini Mannu (il "Rivus Sacer" menzionato da Tolomeo), punto in cui le acque del Rio Piras e Riu Bruncu Fenugu s'incontrano. Questa attribuzione di sacralità al fiume, ci fa capire quanto questo fosse un luogo venerato.A Neapolis, in una zona di stagni e lagune, di cui uno è detto di Santa Maria, si trovano probabilmente dei santuari nuragici, di frequentazione punica, come testimoniano frammenti di anfore e di ex-voto espressione di culti della salute e della fertilità, dedicati ad una divinità femminile, spesso adorata in prossimità dei porti.Nel territorio di Arborea, sulla strada che conduce a Neapolis, gli archeologi hanno segnalato la presenza di una mitza (termine fenicio designante un pozzo), forse usata dai viaggiatori anche per scopi cultuali. Il culto delle acque era molto frequente in Sardegna, riportato negli scritti di autori classici (Sallustio, Prisciano, Solino e Isodoro di Siviglia) che ne confermano la continuazione per molti secoli.Nella tradizione popolare sarda si ritrovano degli spiriti che vivrebbero nei pozzi, per esempio la Sa Mamma che potrebbe essere la Dea Madre, qui nella valenza di signora delle acque.

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Spostandoci vicino al sito della Dea Madre di Monte Sirai, troviamo un santuario di Astarte del VII secolo, e una chiesa della Madonna della Neve a Villamassargia.

ISCHIA

La nostra tappa seguente è un’altra isola: Ischia.

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Sin dal bronzo medio (1400-1300 a c) punto di incontro di naviganti egei, fenici e eubei, provenienti da oriente e occidente. Anche qui su di un promontorio troviamo una pittoresca chiesetta dedicata alla nostra Madonna, sicuramente protettrice di naviganti e pescatori. A Ischia si segnala la presenza di un tempio dedicato ad Ercole/Mlqrt, come in altri siti, associato col punto di approdo e spesso, in coppia con un tempio dedicato alla Dea (posto sempre su un punto elevato).

Ancora ad Ischia, nel comune di Forio rimane un torrione, eretto sull’area di un tempio dedicato alla Dea, di cui si hanno notizie che fosse siracusano e poi romano. La divinità qui era chiamata Venere Citarea (da Citera, una delle isole greche care al culto di Afrodite) che oggi dà il nome ad una piacevole spiaggia vicina.

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CALABRIA

Continuando il viaggio lungo le rotte euboiche, in direzione dell’Adriatico, il mare degli Eubei (IONOS KOLPOS), facciamo una sosta a Crotone. Sede del celeberrimo tempio di Hera Lacinia dove nel sito archeologico troviamo la chiesina della Vergine di Capo Colonna e a Capo Rizzuto, un’altra chiesetta dedicata a Santa Maria ad Nives ( detta “La Greca”) il cui culto prevedeva un pellegrinaggio dal centro abitato sulla terraferma, al promontorio di Capo Rizzuto, a somiglianza del pellegrinaggio che in tempi più antichi si svolgeva da Crotone a Capo Colonna.

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La cattedrale di Isola di Capo Rizzuto, dedicata a Santa Maria Assunta o ad Nives,  fu costruita nell’anno 1000, a seguito di una grave siccità e festeggiata il cinque di agosto.

ADRIATICO

Proseguiamo quindi su rotte antichissime, prima degli esuli troiani e poi degli Eubei (partners commerciali e culturali dei fenici) che arrivavano fino all’alto Adriatico, passando per la Dalmazia.Gli Eubei erano il tramite tra la cultura fenicia e quella greca. Il vettore euboico trasmise l’alfabeto in Grecia e molti miti di dee fenicie, come quello di Europa.

Questo potrebbe essere uno tra i popoli che costituivano i mitici Pelasgi, fondatori di insediamenti nella zona di Ravenna e Cervia, di cui si hanno notizie a partire dall’età del bronzo antico.

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Si tratta di una zona fitta di reti fluviali di comunicazione e commercialmente molto frequentata da varie genti per l’importanza del sale che si estraeva dalle saline. Attratti dal prezioso elemento che permetteva di conservare i cibi e conciare il pellame, arrivarono anche gli Etruschi.Bronzetti votivi risalenti al V secolo circa, raffiguranti offerenti, ci fanno capire che nella zona si facevano offerte e quindi sono indizio della presenza di un edificio cultuale.Curiosissimo il bronzetto triangolare, di probabile fattura venetica, conservato nel Museo di Ravenna, che ricorda una raffigurazione della dea Tanit (V-IV sec).

Tra Ravenna e Cervia si troverebbe il sito di Ficocle, ancora non identificato, vista la natura paludosa del terreno della zona che non ha permesso la conservazione di resti archeologici.Però troviamo una chiesetta della Madonna ad Nives proprio all’interno della salina la cui raffigurazione quattrocentesca della Vergine è oggi conservata nella Cattedrale di Cervia.

Passando all’altra sponda dell’Adriatico, in una piccola isoletta della Dalmazia, Corcira (Melaina in greco, oggi Corcula) nella frazione di Pupnat, troviamo una chiesa della Madonna della Neve. A Corcula è stata scoperta una dedica a Venus pelagia, già Afrodite Euploia, divinità protettrice dei naviganti, culto forse di origine ionica/euboica.

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La diffusione nell’Adriatico, tra il VII e il VI secolo, del culto della Dea e in particolare di Afrodite (molto venerata dai greci di Corinto e Siracusa che si stabilirono in quelle zone) e dei templi ad essa dedicati, e’ ricordato anche dal latino Catullo che definisce la vicina Durazzo “Hadriae taberna” (postribolo adriatico), in riferimento alla prostituzione sacra di tipo templare che ivi si praticava (ierodulia).E proprio a Durazzo si hanno notizie di una piccola cappelletta sotto l’invocazione di Santa Maria ad Nives.

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ETRURIA

Tagliando per i fiumi della pianura Padana, andiamo in Etruria. Vicino al fiume Marta, a Gravisca (già luogo di culto nel VII sec, poi porto etrusco di Tarquinia dal VI sec) dove approdavano mercanti semiti, greci di oriente e etruschi, porto in cui ognuno poteva esercitare le proprie pratiche religiose, troviamo un insieme di edifici sacri (V a. C. sec) dedicati a tre divinità: Afrodite l’etrusca Turan , Hera l’etrusca Ura o Uni, Demetra l’etrusca Vei e il giardino sacro di Adonis l’etrusco Atunnis, con una stoà per l’esposizione dei germogli dedicati al culto di quest’ultimo. Tutte divinità legate alla fertilità e alla navigazione in un porto franco fanno presupporre che anche qui, come a Erice o a Tas Silg, si praticassero riti di fertilità legati alla ierodoulia.

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A Monteranocchio, Tarquinia, troviamo una chiesa della Madonna della Neve di cui rimane solo un muro sulla strada che da S. Maria di Valverde porta a S. Maria di Castello, officiata già nel 1573 (notizia riportata dalle Memorie di Corneto). E’ probabile che l’immagine della Madonna della chiesa di S. Maria della Neve sia quella che attualmente è al Museo di Tarquinia.

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Anche nel santuario di Fontanile di Legnisina a Vulci del V secolo, sul fiume Fiora, col suo altare impregnato da vene acquifere terapeutiche, troviamo statuette di offerenti e simboli fallici, segni di una devozione ai culti ctoni di fertilità della Dea Uni, qui identificabile con la greca Demetra. Sempre sul fiume Fiora , nel paese di Santa Fiora, nella prima metà del seicento fu edificata la chiesa della Madonna della Neve che proprio come l’altare di Vulci si trova su una vena d’acqua (visibile oggi attraverso il pavimento della chiesa) .

Restando in Etruria, a Pyrgi, su una zona abitata sin dal periodo neolitico, a sud del castello di Santa Severa, si trova un complesso santuariale celeberrimo in antichità, frequentatissimo dai

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marinai, composto da due templi A e B e da un porticato con circa venti piccoli ambienti con altari dedicati forse alle attività delle ierodule.

Appartenente al fregio del tempio A una testa femminile risalente al VI secolo a. C., identificata come Leucotea, in greco dea Bianca (come bianca è la neve) anche lei protettrice dei marinai e degli stranieri.

Nelle fondazioni del tempio B, databili VI secolo a. C., sono state rinvenute tre lamine auree incise in lingua etrusca e in fenicio. Nelle lamine si legge di una dedica ad Astarte, regnante

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sulla vicina città di Caere (Cerveteri), nel mese del sacrifico al sole. Non si sa a quale mese ci si riferisca ma il mese del sole potrebbe essere agosto (mese dedicato alla Madonna della Neve).

In questa zona, la chiesa della nostra Madonna, si trova a Rocca Priora.

Nella dirimpettaia isola d’Elba a Lacona, una piccola chiesa dedicata alla Madonna della Neve fu edificata nel XII secolo, nel mezzo di una graziosa insenatura, attraversata da fiumi che collegavano la costa all’interno.In questi luoghi abbiamo testimonianze di frequentazioni dalla preistoria, all’epoca etrusca, fino a quella romana. Per esempio, sul Monte Cocchero, sono state individuate delle grotte usate per scopi rituali, con una mola per il grano (che potrebbe richiamare ad un culto demetriaco), colature di metallo e resti animali, forse sacrificati. Sulla stessa montagna, dei megaliti infilzati nella terra, i “sassi ritti” per i quali si ipotizzano riti solari ma che tanto assomigliano ai betel fenici (rappresentazione aniconica della divinità).

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Pur non essendoci quindi prove di culti al femminile, è evidente il carattere sacro di questo territorio. Inoltre, pensando alla lavorazione del metallo e a quella del grano, ricordiamo la percezione che gli antichi avevano dei metalli e dei minerali, accomunati alle piante o agli animali e parimenti ritenuti capaci di crescere (nel ventre della terra) e riprodursi naturalmente se venissero piantati nel suolo (secondo quanto riportato da autori quali Teofrasto, Strabone o lo Pseudo-Aristotele).

Il legame tra il mondo minerale e dei metalli con le Dee della fecondità come Demetra o Afrodite, attestato in siti come quello di Gravisca, potrebbe essere riscontrato anche all’Elba.

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PENISOLA IBERICA

Passando per le Baleari, troviamo che la Nostra Signora ad Nives è oggi la patrona di Ibiza, l’isola dedicata alla Dea Tanit/Astarte.Qui si trova il suggestivo e isolato santuario rupestre della grotta di Es Cuyeram, zona di culto per i naviganti che percorrevano le rotte puniche.Nella grotta è presente una sorgente, una caratteristica comune a molti santuari antichi che nascevano in concomitanza col culto delle acque. Specialmente in Iberia, infatti, i santuari dedicati alla Dea della fertilità erano collocati in punti in cui la divinità si manifestava attraverso fenomeni naturali: cime delle montagne, grotte o nella vicinanze di sorgenti. Ma anche nella greca Akragas, troviamo un santuario rupestre in grotta, con sorgente, dedicato alla dea Demetra che a Ibiza sarà poi identificata proprio con Tanit. A Es Cuyeram si sono infatti ritrovati stampi per la fabbricazione di figurine fittili provenienti dalla Sicilia.Le caratteristiche di questo santuario sono comuni anche ad altri luoghi consacrati a Tanit, come il santuario nella grotta di Gorham, a Gibilterra, frequentato anche da neandertaliani. Qui è possibile un identificazione della Dea con la Nostra Signora di Europa presente a Gibilterra, anche questo, punto di passaggio per molti marinai che navigavano lungo questa porzione di costa diretti a Cadiz, passando per Algeciras e sostando nei santuari (forse circa una decina in questa zona) dedicati alla Dea, simbolo di vita e protezione.

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Arrivando nella penisola iberica ci fermiano, in Andalucia. Qui si fabbrica ancora lo Jabegas, imbarcazione tradizionale simile a quelle dell’antichità (come pure il Luzzu a Malta) dal caratteristico occhio turchese che si credeva placasse i mari.Tra Malaga e Almunecar frequenti sono le vestigia fenicie in questa zona ricchissima di loro insediamenti. Tra questi: Toscanos, Mezquilla, Trayamar, Chorreras e Frigiliana. Frigiliana è un altro dei luoghi in cui sorge un santuario rupestre dedicato alla divinità femminile (come altri siti lungo la costa spagnola fino a Gadir /Cadice) e qui ci imbattiamo nella Nostra Signora ad Nives di Torrox.

In provincia di Malaga a Mijas a 400 metri dal livello del mare nel 2013 sono stati ritrovati i resti di un santuario fenicio-punico probabilmente dedicato alla Dea, il primo di questa importanza sulla Costa del Sol. Secondo gli astrofisici dell’Università delle Canarie e gli archeologici dell’Università di Siviglia, questi santuari sarebbero tutti orientati in direzione del pianeta Venere e in relazione agli equinozi e al sorgere del sole e della luna.

Interessantissima è l’iconografia delle Madonne dell’Andalucia (molto evidente nella Madonna di Ronda) e riscontrabile anche alle Canarie. La Madonna della Neve iberica si trova spesso

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avvolta in un mantello triangolare, come fosse una raffigurazione di Tanit con bambino al centro o una rosa (fiore caro a Afrodite). E sotto i piedi della Madonna un crescente lunare.

Giungendo a Cadice notiamo che la topografia in antico era molto diversa da quella odierna. Il grande porto di Cadice/Gadir in epoca fenicia si estendeva su tre isole: Erythea, Kotinoussa e l’isola del Leone.A Erythea, unificatasi col tempo a Kotinoussa, aveva sede un grande tempio di Astarte, oggi di fronte al castello di Santa Caterina. Al capo opposto del porto, l’altrettanto grandioso tempio dedicato a Mlqrt/Ercole. Nel centro storico della città, troviamo la Plazuela de las Nieves, oggi Plaza Mendizabal (nome moderno ma palesemente fenicizzante!) non distante da quello che oggi è chiamato l’Oratorio di Nostra Signora della Cueva, forse un altro santuario in cui aveva sede un oracolo di Astarte.

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In un momento in cui la Fenicia è pesantemente gravata dalle imposte dei dominatori assiri, grande diventa il bisogno di argento per pagarle. La fondazione della città da parte di genti provenienti da Tiro nell’VIII secolo corrispondeva quindi a precise esigenze commerciali, in relazione allo sfruttamento delle miniere d’argento situate nelle province di Huelva e Siviglia. Zona questa abitata dagli indigeni tartessi e facilmente accessibile tramite quello che era detto il lago Ligure (in cui forse passarono i celti liguri). Tutta questa zona ha subito un graduale interramento fino a fare scomparire il lago Ligure. Scavi condotti sulle sponde del Guadalquivir, hanno permesso di capire che i fenici usavano i tartessi come operai nelle miniere, ricompensandoli con oggetti esotici di poco valore. I principi tartessi, attraverso i cui territori i fenici dovevano passare, erano invece ricompensati con oggetti preziosi come le coppe metalliche fenicie. Questa élite indigena, acquisì col tempo i costumi fenici, come vediamo dalla presenza di manufatti fenici nei corredi tombali.I metalli, caricati sulle navi fenice a Cadiz, partivano poi per Tiro.Questo commercio permise a Tiro di prosperare e a Cadiz di diventare la più florida degli insediamenti iberici, con i templi dedicati alla dea più numerosi e più sontuosi.

A Sevilla, in via Barrionuevo, abbiamo trovato in uno dei nostri viaggi la chiesa parrocchiale di Nostra Signora della Neve di Alanis. A 3 km da Siviglia, sull’altra sponda del Guadalquivir, fiume navigato da fenici e dai tartessi, in un insediamento, prima indigeno poi fenicio, ci sono i resti di santuari con dediche ad Astarte e Baal. Qui negli anni 50 fu trovato un magnifico tesoro con gioielli di straordinaria fattura: il tesoro di Carambolo Alto. Fra i vari gioielli in oro, anche un medaglione in bronzo con l’effige della Dea, qui con petto piumato e le braccia alzate fra due oche o anatre. Il simbolo dell’anatra (mutuato dalla religione egizia, come spesso accade nei manufatti fenici) rappresenta anch’esso la fertilità.

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CANARIE~ 25 ~

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Terminando il nostro viaggio di fronte agli insediamenti fenici in Marocco, arriviamo alle Canarie.Anche in questo arcipelago (a Lanzarote, Gran Canaria e Tenerife) troviamo oggi molte chiese dedicate alla Nuestra Señora de las Nieves ed in particolare, la nostra Madonna è molto venerata a Las Palmas (Gran Canaria), di cui è la patrona.

Sempre a Gran Canaria, ad Agaete, a soli 30 miglia da Las Palmas, lungo il porto, chiamato proprio di Las Nieves, abbiamo una chiesa ed un dipinto dedicato a lei. Il parco archeologico Maipes, ad Agaete, è il sito indigeno di Agaete in cui sono state scoperte circa 700 tombe.

Possiamo quindi supporre una continuità di culto con quello degli indigeni del luogo, i Guanches, la cui Dea Chaxiraxi (raffigurata in molte statuette e graffiti) è identificabile qui con Tanit.

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Nell’isola di Lanzarote, di cui la Madonna è patrona, a San Marcial de Rubicon , si trova un grafffito. Si tratta di una Tanit all’interno del pozzo de la Cruz. Inoltre in alcune architravi dell’insediamento indigeno, sono stati ritrovati graffiti riferibili al simbolo di Tanit e tombe di tipo punico che potrebbero essere testimonianza del contatto fra la cultura locale e quella fenicia. Sempre a Lanzarote notiamo l’esistenza di saline, anche questo indizio di presenza fenicia (vedi Mozia, Cagliari, Gadice..). Un ulteriore conforto alla nostra tesi. che ci fa concludere qui nell’Atlantico il nostro viaggio alla ricerca della Dea e della Madonna della Neve.

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BIBLIOGRAFIA

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RIFERIMENTI WEB

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The Phoenicians (Alessandra Conti e Daniele Leone)

Agrigento, 16 novembre 2015

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