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IDEE PER UNA BOZZA DI PIANO REGOLATORE DEL PORTO DI LIVORNO 1) PREMESSA: I PERCHÉ DI UNA SCELTA Il porto di Livorno si trova, a mio avviso, in condizioni di sofferenza sotto diversi profili. Più precisamente per: a) INSUFFICIENZA DI AREE DI STOCKAGGIO: un porto moderno non può continuare ad usufruire di una dotazione di superfici scoperte di servizio mediamente prossime a 70 mq/ml di banchina. Per questo motivo, almeno a partire dal dopoguerra, è sempre debordato dai suoi confini naturali, interferendo con il tessuto urbano, confinante o meno, anche per oltre 2.000.000 mq., senza tenere conto degli spazi che oggi, più o meno direttamente, possono essergli offerti dal Centro Intermodale A. Vespucci. b) INADEGUATEZZA DEI FONDALI: le grandi navi full-containers hanno raggiunto e superato il traguardo degli 8.000 slots, anche se, almeno a termine relativamente breve, sembra improbabile l’entrata in servizio di vettori da 10.000-12.000 Teus su rotte interessanti l’alto Mediterraneo, che potrà accogliere questi nuovi giganti praticamente solo nei suoi porti Hub meridionali... Ma le navi da 6.000 Teus, come quelle da 8.000, fanno ormai parte di quasi tutte le maggiori flotte, e svolgono servizio su una crescente molteplicità di rotte. Si tratta di navi con pescaggi mediamente prossimi a 15 metri, che peraltro, a pieno carico, possono talvolta arrivare anche a 16 m ed oltre... Sono navi che toccano pochi porti, esaltando il sistema Hubs- feederaggio. Ma molte flotte, dalla Maersk-Sealand alla M.S.C. guardano a Livorno come ad un porto ideale per il diretto accesso all’Europa. Non è un porto ascellare ma in compenso, per

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IDEE PER UNA BOZZA DI

PIANO REGOLATORE DEL PORTO DI LIVORNO

1) PREMESSA: I PERCHÉ DI UNA SCELTA

Il porto di Livorno si trova, a mio avviso, in condizioni di sofferenza sotto diversi

profili. Più precisamente per:

a) INSUFFICIENZA DI AREE DI STOCKAGGIO: un porto moderno non può continuare ad

usufruire di una dotazione di superfici scoperte di servizio mediamente

prossime a 70 mq/ml di banchina. Per questo motivo, almeno a partire dal

dopoguerra, è sempre debordato dai suoi confini naturali, interferendo con il

tessuto urbano, confinante o meno, anche per oltre 2.000.000 mq., senza tenere

conto degli spazi che oggi, più o meno direttamente, possono essergli offerti dal

Centro Intermodale A. Vespucci.

b) INADEGUATEZZA DEI FONDALI: le grandi navi full-containers hanno raggiunto e

superato il traguardo degli 8.000 slots, anche se, almeno a termine

relativamente breve, sembra improbabile l’entrata in servizio di vettori da

10.000-12.000 Teus su rotte interessanti l’alto Mediterraneo, che potrà accogliere

questi nuovi giganti praticamente solo nei suoi porti Hub meridionali... Ma le

navi da 6.000 Teus, come quelle da 8.000, fanno ormai parte di quasi tutte le

maggiori flotte, e svolgono servizio su una crescente molteplicità di rotte. Si

tratta di navi con pescaggi mediamente prossimi a 15 metri, che peraltro, a

pieno carico, possono talvolta arrivare anche a 16 m ed oltre... Sono navi che

toccano pochi porti, esaltando il sistema Hubs- feederaggio. Ma molte flotte,

dalla Maersk-Sealand alla M.S.C. guardano a Livorno come ad un porto ideale

per il diretto accesso all’Europa. Non è un porto ascellare ma in compenso, per

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navi che mantengono una velocità di crociera prossime a 22-24 nodi, si trova a

12-13 ore di navigazione dalla rotta-base Gibilterra–Suez e quindi, per carichi di

una certa rilevanza può essere conveniente raggiungerlo. In pratica è appetibile

quando la somma delle spese di transhipping e di successivo feederaggio

supera la spesa di un giorno in più di navigazione (fra andata e ritorno) rispetto

alla rotta-base..

La spesa per transhipping, per esempio a Gioia Tauro, ammonta a circa 70 euro

per teu; a questa se ne deve sommare, successivamente, una di circa 100 euro

per feederaggio (è una tariffa straordinariamente bassa perché si riferisce al

puro nolo-mare, anche perché le spese di movimentazione dei containers nei

porti sono tutte a carico della nave-madre). Si raggiunge così una spesa

complessiva di circa 170 euro, mentre il costo giornaliero della nave-madre

stessa si aggira intorno ai 90.000 euro carburante incluso. Dato che, come si è

detto, una puntata su Livorno si traduce in circa un giorno in più di

navigazione, comincia ad essere conveniente raggiungere lo scalo Labronico

quando (100 +70) x X = 90.000 euro che si risolve per:

X = 530 circa Teus.

Bisogna peraltro ipotizzare che la capacità operativa del porto terminale sia

almeno uguale a quella di un Hub-Port, di norma facilitata dai grossi numeri

dei contenitori complessivamente trattati per inoltro/ricevimento da/per tante

destinazioni; dall’Adriatico al Mar Nero, al Nord-Africa.

C’è da traguardare una soglia probabilmente più alta per conseguire condizioni

di sicura convenienza, probabilmente prossima ai 700 Teus, naturalmente fra

sbarco ed imbarco, tutt’altro che difficilmente raggiungibile da questi enormi

vettori.

I fondali idonei per il ricevimento di questo tipo di navi sono prossimi a 15-16

metri sotto banchina, e quindi di almeno 20 metri in corrispondenza della soglia

portuale. Oggi Livorno è in condizioni di offrire, al massimo, 12,50m. di fondale

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sotto banchina, mentre la soglia portuale è stata portata recentemente a –16

metri di quota.

Mancano pertanto i requisiti-base per poter ricevere le grandi navi che già oggi,

ma ancor più domani, guardano con interesse il sito portuale livornese. Non

sarà mai possibile ricevere le unità da 12.000 slots, che comunque potranno

toccare pochissimi porti nel Mondo, con fondali almeno a –18 m. e soglie

portuali almeno di 23 metri di fondo. Ma ne è tutta da dimostrare la reale

economia di esercizio, mentre accogliere almeno le navi da 6.000 Teus sarà

indispensabile per un porto di vocazione oceanica.

c) LA RAZIONALITÀ D’USO. Non si può continuare a considerare un porto come un

impianto “Bon a tout faire” in tutte le sue zone operative. E probabilmente

siamo arrivati ad una condizione limite che impone di considerare i Porti (o

almeno taluni porti) come elementi di un sistema. Le cosiddette “Autostrade

del mare” continuano a moltiplicarsi e presto anche il Nord Africa entrerà

pesantemente in campo, magari insieme ai Paesi situati al di là dei Dardanelli.

La Darsena Inghirami, in gestione alla L.T.M. è satura, tanto da dover cercare

un’appendice operativa anche a Porto Vecchio, e non ha neanche la possibilità,

allo stato attuale delle cose, di accogliere decentemente i 500-600 semirimorchi

che giornalmente sostano sui suoi piazzali, sia in attesa di imbarco che, più

ancora, della trazione necessaria per raggiungere la loro destinazione terrestre.

Ma non ha neanche la disponibilità di un impianto ferroviario idoneo a far

proseguire i veicoli gommati per ferrovia: non sembra fuori luogo ricordare, a

questo proposito, che in Francia, con il sistema del ferroutage, viaggia quasi il

50% delle merci… Ma sembra chiaro che domani (un domani che va

traguardato almeno sull’arco di un decennio) se si saranno adottate soluzioni

capaci di reggere all’urto della integrazione della economia mondiale, il Porto

livornese potrà sopravvivere e progredire. In caso contrario i nostri figli e nipoti

per vedere le grandi navi dovranno andare a Civitavecchia o a Voltri…

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Livorno può fruire di un invidiabile supporto costituito dal porto di Piombino

se ci si deciderà ad uscire da logiche paesane che qualche anno fa sembravano

superate da orientamenti comprensoriali (V. la bozza Libertini del Piano

Nazionale dei Trasporti) mentre oggi con l’avvento delle molte, troppe Autorità

Portuali, siamo tornati, in questo campo, su posizioni molto vicine all’Italia dei

Comuni, mentre la logistica terrestre, senza la quale i Porti hanno ben poco

significato, è ancora impastoiata nelle beghe dell’arcipelago ferroviario e nelle

faide autostradali e superstradali…. Faide che rendono penosa qualsiasi

iniziativa: credo che l’E1, ferma da decenni a Livorno, costituisca esempio

clamoroso nei confronti di quanto si riesca a non fare nei confronti anche di

condizioni nate con criteri di assoluta priorità, riscontrabile fin nel nome:

Europa 1… Ma anche la Due Mari non scherza, come non ha scherzato la

S.G.C. Firenze-Pisa-Livorno Porto, che si è realizzata nel tempo record di quasi

40 anni…

Non si può più continuare, comunque, a fare di tutto in tutte le zone portuali: è

quindi auspicabile che qualsiasi nuovo Piano Regolatore portuale si fondi,

innanzi tutto, sulla identificazione delle attività che si intende svolgere nelle

diverse zone del Porto, e sulla loro più razionale collocazione nell’insieme

portuale.

d) CORRETTA INTERPRETAZIONE DELLE ESPERIENZE. Sono anni che il fascio di 14 binari di

servizio antistanti l’antica Stazione di Livorno Porto Vecchio (una delle più

antiche stazioni ferroviarie d’Italia, praticamente contemporanea a quella di

Livorno S. Marco) è deserto di carri interessanti il servizio portuale.

E’sporadicamente utilizzato come ricovero di veicoli riparandi o demolendi.

Eppure è stato di recente revisionato a fondo, con cambio di traverse e di

pietrisco. Praticamente in tutti i maggiori scali europei, fasci di questo tipo, che

servivano come volano per i binari di banchina, sono stati aboliti: gli impianti

ferroviari di esercizio infatti sono quasi ovunque costituiti da una coppia o da

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una terna di binari, serviti almeno da due grues a ponte, situati al centro di

piazzali ampi quanto occorre per contenere le merci, i contenitori, le casse

mobili, gli autocarri trasportati con il sistema del ferroutage, di un periodo

lavorativo di norma non inferiore a quello della giornata. L’impianto di Le

Havre, per esempio, si compone di tre binari affiancati, situati al centro di un

piazzale di non più di 30.000 mq. e di due ponti caricatori: giornalmente questo

centro operativo riesce a smaltire 12 coppie di treni per/da più o meno tutta

l’Europa centrale. Oggi è la merce che va a prendere il treno e quindi nei porti

moderni non troviamo più i binari sotto-bordo, fatta eccezione per le zone

destinate allo sbarco/imbarco di rinfuse o di merci analoghe, anche se in diversi

porti si preferisce operare con l’intermediazione di impianti ricchi di nastri

trasportatori, che permettono una migliore plurifunzionalità degli attracchi.

D’altra parte anche il servizio di traghettaggio per le isole risente, a Livorno,

della sua origine tumultuosa: per la verità è raro incontrare altrove una Stazione

Marittima a filo di banchina e non all’ingresso della zona portuale dedicata a

questo tipo di esercizio, ma è altrettanto raro trovare traghetti diretti alla stessa

Isola in partenza da zone diverse del Porto, con evidenti difficoltà anche di

indirizzo dei passeggeri in partenza, a livello di segnaletica stradale… Si è fatto

molto, e molto rapidamente perché questo servizio decollasse, arrivando alle

proporzioni che esso oggi ha raggiunto: ma Livorno, in genere, è una Città

bravissima ad improvvisare ed a risolvere: l’arte della successiva

razionalizzazione non le è propria: sfugge alla sua mentalità, che si esalta e dà il

meglio di sé davanti al nuovo. Non sopporta le teutoniche procedure della

razionalizzazione.

Le navi da crociera hanno costituito un’altra novità, ed il Porto le ha adottate,

istintivamente, costruendo quasi subito una Stazione marittima di tipo Home-

Port, che non serve dato che gli Home ports sono quasi tutti ascellari. In

compenso le grandi navi da crociera attraccano un po’da tutte le parti, con una

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spiccata preferenza per la banchina ad Alto Fondale, subito accanto all’accosto

bananiero della Dole Term, ai prodotti forestali della Star, ai contenitori ed ai

trattori agricoli del Saudi…

Livorno è stata capace di compiere exploit memorabili, come l’imbarco di tanta

parte del materiale bellico diretto verso il teatro di guerra del Kwait con

operazioni compiute a livello di record temporale per non perdere i già fiorenti

flussi di traffico containerizzato diretto alla appena nata Darsena Toscana; ma è

stata anche capace di inventare l’imbracatura più idonea per imbarcare

“Azzurra” diretta alla lontana avventura della Coppa America, e di riutilizzarla

poi, in un altro scalo, per imbarcare il “Moro di Venezia”, così come ha

inventato degli strani carrelli stradali che gli hanno permesso di imbarcare e di

trasportare poi verso lontane officine degli U.S.A. vetture tramviarie e

metropolitane di tutti i tipi. Ma non gli fate fare tutti i giorni lo stesso lavoro

perché si annoia.

Ora si è innamorata delle automobili, ed ha progettato e realizzato un

autoparco modello, il più grande ed il più moderno d’Europa.

Ma continua ad avere una dotazione ferroviaria penosa, fondali alluvionati da

fanghi, un’informatica divertente e geniale, petroliere attraccate ad una

banchina situata in modo tale che, in caso di malaugurato incidente si possa

paralizzare la maggior parte del porto ed accoglie anche un Canale navigabile

che rende un’isola la banchina di ponente della Darsena Toscana che costituisce

la sua zona più preziosa, densa di avvenire.

e) DI UNA CONSIDERAZIONE MENO MODESTA NEI CONFRONTI DELLA SUA COLLOCAZIONE

GEOGRAFICA. Il Porto di Livorno è collocato, sia territorialmente che

urbanisticamente, in modo assolutamente favorevole ad un decollo di qualità.

A nord il porto di La Spezia non ha, ragionevolmente, alcuna possibilità di

ampliamento, anche, e soprattutto, per l'opposizione di tutti i Comuni situati in

corona a quello che era, un tempo, il Golfo dei Poeti, a partire da Lerici per

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finire a Portovenere. Ma anche la Città è stanca di ospitare uno scalo marittimo

chiaramente spurio nei confronti delle sue caratteristiche storiche, mentre la

montagna retrostante costituisce ostacolo non superabile per una espansione

verso terra delle sue banchine, Ed è stato fatto di tutto, spendendo cifre

vertiginose, per congiungere gli impianti della L.S.C.T. alla stazione ed alla

piana di S. Stefano: a suo tempo si parlò di circa 600 miliardi di lire di spesa,

contro i 12 che sono stati impegnati, nel corso degli ultimi venti anni, per

congiungere (con un binario) la Darsena Toscana alla Stazione di Livorno

Calambrone…. Onore alla memoria di Angelo Ravano, grande gentiluomo e

grandissimo imprenditore: ma i misteri che hanno accompagnato la storia

dell’L.S.C.T. rimangono tali. Comunque è un porto giunto al capolinea delle sue

capacità di accoglienza. Personalmente penso che averlo come socio, al 50%

nella T.D.T costituisca più elemento di controllo che propulsivo, specialmente

ove si ponga mente al fatto che Gioia Tauro, Ravenna, Cagliari, sono tutti

direttamente legati a Contship Italia.

Genova può fruire della grande valvola di sfogo di Voltri, ma a parte il fatto che

dista circa 150 miglia in più di Livorno rispetto alla rotta fondamentale Suez-

Gibilterra, si trova più lontana dal Brennero (e quindi dall’Austria, dalla

Baviera e da tutta l’Europa Centro-orientale) molto più di Livorno. E non ha

ancora risolto il grosso problema del Terzo Valico.

A sud Civitavecchia può crescere quanto vuole, ma non potrà mai aspirare ad

essere una porta di ingresso per l’Europa.

Una funzione, questa, che nessuno potrà mai contendere a Marsiglia, unico

porto del Mediterraneo occidentale a non avere alle spalle la barriera delle Alpi,

favorito come è dalla vasta valle del Rodano, che successivamente si interseca

con quella del Reno, mentre alle sue spalle Avignone costituisce elemento di

supporto logistico eccezionale. Il sistema Marsiglia–Barcellona (già coniugato

societariamente con Le Havre) costituirà naturalmente, l’alimentatore

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dell’Europa Centro-Occidentale, mentre il sistema Trieste-Capodistria-Fiume,

collegandosi con gli Hubs del Pireo, di Taranto, di Limassol costituirà la

naturale porta per i Balcani ed oltre, verso nord-est, ma non potrà mai

rivaleggiare, quantitativamente, con il Mediterraneo Occidentale, nel quale

Livorno gode di una invidiabile posizione baricentrica.,

E’in quest’ottica che bisogna traguardare il porto di Livorno, che, non a caso,

fino a quando Napoleone non ritenne che potesse costituire ombra ai suoi Porti

preferiti (Marsiglia e Tolone) e lo frenò tanto da inaridirlo per più di un secolo,

aveva raggiunto e mantenuto, per anni, il ruolo di porto leader del

Mediterraneo Occidentale. Oggi sussistono molte delle condizioni-base per

riassumere una collocazione di primo ordine, perché il Porto Labronico ha un

retroterra pianeggiante di diecine di km.q., privo di qualsiasi ostacolo naturale

significativo praticamente fino all’altezza di Cascina; si è sviluppato, con tutte le

sue strutture più moderne verso nord, mentre la Città continua ad espandersi

verso sud. Soffre, è vero, di un supporto logistico inadeguato e di incredibili

occasioni perdute, a cominciare dalla S. Livorno-Lucca-Modena, e dalla miseria

ferroviaria che lo affligge.

Ma se Livorno, insieme alla Regione Toscana, saprà ritrovare una collocazione

coerente con le sue naturali potenzialità portuali, non potrà non aspirare a

posizioni di assoluta rilevanza, purché sia ben chiaro che il Porto di Piombino

ne costituisce una sezione complementare di rara valenza specialmente

nell’universo dello short-sea shipping.

Si è ritenuto opportuno riepilogare quanto fin qui esposto per chiarire e ricordare che

il Porto di Livorno non deve aver paura di crescere e neppure dei tempi certamente

non brevi, che saranno sicuramente necessari per fare di uno scalo di media

dimensione un network di valenza adeguata al suo retroterra ed alla sua collocazione

geografica: anche per realizzare lo scalo di Fos o quello di Voltri sono occorse diecine

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di anni, per la maggior parte sprecate in speciose dissertazioni ambientalistiche ed in

feroci scontri di interessi. Ma se non si traguarda il futuro ci sorprenderà sempre il

presente: la incredibile inadeguatezza di studi intorno alle Autostrade del Mare, (a

partire dalla individuazione dei modelli di vettore marittimo di caratteristiche

ottimali per questo tipo di servizio, dal loro probabile bilancio di esercizio, fino alla

configurazione più razionale degli scali di accoglienza per concludere con la logistica

terrestre di supporto) costituisce forse una delle migliori dimostrazioni di che cosa

può accadere quando ci si lascia sorprendere da fenomeni dei quali era evidente la

incombenza.

2) L’ANDAMENTO DEI TRAFFICI NEL MEDITERRANEO

Da una recentissima analisi statistica è risultato che i Porti Nord-Europei hanno visto

incrementare il numero dei Teus movimentati di circa il 71% nel corso del decennio

1992-2002, mentre i maggiori porti Mediterranei sono cresciuti per circa il 178%

facendo astrazione dalla maggior parte dell’effetto moltiplicatore collegato con

l’esercizio degli Hubs Ports: considerando anche questi ultimi si perverrebbe

addirittura ad una crescita del 240 %…

In pratica, il Mediterraneo è cresciuto più del doppio del Nord Europa, come del

resto confermato dai maggiori esperti del settore, anche se in questi ultimi tempi si

sta manifestando un movimento di ritorno verso i grandi porti nord-europei, dovuto

alla presenza, in Olanda come in Belgio ed in Germania, di grossi gruppi di caricatori

che riescono a spuntare noli anche del 15% inferiori a quelli mediterranei.

Sta di fatto che l’Europa ha scoperto una nuova porta di accesso situata a sud, anche

per l’incredibile crescita dei traffici con l’Estremo Oriente. Non sembra inopportuno

ricordare che quest’anno i soli porti cinesi si avviano a superare i 100 milioni di

contenitori movimentati, e che la rotta Pacifica sta continuamente calando di portata

rispetto a quella West-Bound, via Canale di Suez-Mediterraneo-America del Nord e

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ritorno. In virtù di questi dati e di altre non brevi considerazioni, sembra attendibile,

per il distretto mediterraneo, ed in particolare per quello occidentale, per il prossimo

decennio, una crescita annuale di Teus di almeno il 4% annuo. Difficile andare più

avanti nel futuro, in un Mondo dall’economia inquieta come quello attuale. Si tratta,

ovviamente di un coefficiente medio, ma è chiaro che chi saprà garantire le migliori

condizioni potrà contare su una crescita anche nettamente superiore. Con La Spezia

bloccata strutturalmente, Livorno, a nostro avviso, può contare anche su un

coefficiente di crescita del 5% circa purché sia capace di rilanciare adeguatamente la

propria immagine, e, soprattutto, adeguare all’oggi ed al domani le proprie strutture.

Rimane quindi nell’ambito del prevedibile, entro il 2010-2015, una movimentazione

annuale compresa fra 800.000 e 1.000.000 di teus nello scalo livornese, per la maggior

parte di competenza della sua maggior struttura (la Darsena Toscana) sempre che

questa possa disporre:

1. di una congrua, convinta, preparazione dei propri addetti;

2. di fondali sotto banchina di almeno –15 m., per una lunghezza prossima a

1.000 metri di nuovi attracchi;

3. di nuovi piazzali per almeno 800.000 mq.;

4. di una soglia portuale portata almeno a –20 m. di profondità;

5. di impianti ferroviari capaci di servire con la tecnica dei treni-blocco almeno

il 30% di tutto questo traffico.

Praticamente si tratta di poter disporre di un impianto capace, nel suo complesso, di

ricevere e spedire circa 800 Teus/giorno, corrispondenti ad otto coppie di

treni/giorno: un quantitativo, questo, relativamente modesto, ove si potesse far conto

su una stazione-base meno antiquata di Livorno Calambrone, le cui capacità

operative aumenteranno di certo quando saranno compiuti i lavori per la

realizzazione di un nuovo fascio di sei binari, ma che rimarrà comunque, anche come

configurazione, una stazione tutta da rivedere, anche nel quadro dei nuovi, non facili

compiti che dovrà affrontare per servire il nuovo Centro Intermodale. Collegato

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quest’ultimo, spensieratamente, a questa vecchia stazione addirittura con un binario

che attraversa a raso la ex Statale 555 Livorno-Vicarello per raggiungere il fascio di

binari di questo nuovo grande Impianto. Fascio che per avere un senso compiuto

dovrebbe essere raccordato al più presto con la vecchia linea Pisa-Collesalvetti-Vada.

Vedremo poi perché.

3) LE POTENZIALITA’ DELLA DARSENA TOSCANA

1) E’ chiaro che le banchine attuali della Darsena Toscana non possono accogliere,

non foss’altro per la limitatezza dei fondali (per non parlare della limitatezza

delle aree) questa mole di nuovi traffici. Occorre pertanto provvedere, a nostro

avviso, a banchinare, al più presto, il fronte a mare delle vasche di contenimento

dei fanghi di escavo, ampliandole verso ponente, in modo da poter realizzare aree

di accoglienza della profondità già precedentemente accennata, e comunque

prossima a 600-700 m... Ovviamente la nuova banchina dovrà essere protetta da

idonee opere foranee. Sui circa 1000 metri di banchina realizzabili potrebbero

lavorare almeno otto portainers super-post panamax capaci, comodamente, di

raddoppiare la produzione attuale e di guardare con tranquillità al prossimo

futuro. E’questo il modello adottato dai più moderni porti cinesi, che sono

all’avanguardia in questo specifico settore ma che stanno guardando con

interesse addirittura ai Portainers a porticato, proposti al Mondo dalle nostre

Officine Reggiane.

2) Sembra del tutto evidente che un terminal di questa natura non può essere

congiunto alla terraferma attraverso ben quattro ponti mobili che scavalcano il

Canale dei Navicelli, che occorre tombare, dandogli uno sbocco a mare

alternativo. La soluzione più razionale sarebbe indubbiamente quella di includere

in un unico arco foraneo, tutta la foce del Canale Scolmatore, secondo la soluzione

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già identificata dall’Istituto della Facoltà di Idraulica della Università di Pisa, su

commissione della Regione Toscana, che sponsorizzò anche la realizzazione di

una vasca idraulica (che esiste ancora presso quell’Istituto) vasca che permise di

verificare la piena compatibilità di questa struttura con l’ambiente circostante, ed

in particolare con il litorale Pisa-Livorno. Analoga verifica, a livello di modello

matematico, fu condotta dal Prof. Noli, ordinario di Idraulica nella Università di

Napoli, con l’ausilio di un centro informatico specializzato Londinese. Ma non se

ne è saputo più niente. Lo Scolmatore ha continuato a riempire di fanghi la

Darsena Toscana attuale, mettendone a rischio i già modesti fondali.

3) Nella bozza progettuale allegata si è ipotizzata una alternativa per lo sbocco al

mare del Canale dei Navicelli che permetterebbe a quest’ultimo di correre tutto

all’interno della attuale sponda livornese del Canale Scolmatore, correndo in

fregio al confine marittimo della attuale Darsena Toscana, in modo da lasciare

inalterata la sezione del Canale Scolmatore. Il nuovo ramo terminale del Canale

dei Navicelli risulta protetto, nella sua prima parte, da un diaframma della stessa

entità e natura di quello che oggi lo separa dal Canale Scolmatore nella sua tratta

settentrionale. Nella sua seconda parte, fino praticamente all’altezza del fanaletto

del Molo Nuovo si è previsto di proteggerlo con una foranea in tetrapodi, di

altezza modesta, sia perché il fench originato dai venti del quadrante di

maestrale, in questa zona raramente supera il metro, sia perché il fondo marino,

in questa zona, non supera i sei metri, sia infine perché sul lato di levante di

questo nuovo Canale si è immaginato di realizzare un ampio piazzale portuale,

banchinato, utilizzando in misura quanto maggiore possibile i fanghi di escavo

risultanti dal dragaggio a –15 metri della darsena realizzanda sul fronte delle

vasche di accoglienza dei fanghi stessi, attualmente in corso di riempimento. In

pratica questo nuovo piazzale avrebbe, inizialmente, la funzione di vasca di

contegno di quanto occorre asportare per garantire la funzionalità della nuova

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banchina a mare della Darsena Toscana, per essere successivamente a sua volta

utilizzato al fine di realizzare praticamente un nuovo porto, capace di:

a) accogliere tutti i traghetti in partenza per le isole;

b) ricevere, con ampi spazi disponibili a terra, le sempre crescenti Autostrade

del Mare, che tendono in modo sempre più convinto a fondersi con i moderni

fast-ferries, per chiari motivi di complementarietà e quindi di economia;

c) dedicare una banchina, su fondale di 5-6 m al carico/scarico per e da la

Darsena Pisana;

d) garantire una nuova banchina, fronteggiante quella della sponda est della

Darsena Europa, preziosa per ogni tipo di esercizio, a cominciare dallo sbarco

di automobili, che, con l’ingresso della Cina sul mercato mondiale, si

preannunciano in sensibile aumento.

4) Si è peraltro prevista anche una situazione alternativa per l’attracco delle

petroliere, articolata sulla realizzazione di una apposita darsena in tutto separata

dalle altre strutture portuali, ricavata scorciando la diga della Meloria, e

prolungandola poi, ruotata di poco più di 45 gradi, per quasi mille metri. Alle

spalle di questa nuova diga si sviluppa una nuova foranea, che la protegge tutta,

insieme alla nuova Darsena a mare, alla quale in via di individuazione

provvisoria, si è dato il nome di Darsena del Sole. La nuova diga della Meloria

sarà dotata di un’ampia strada, sulla quale si è prevista la installazione sia degli

impianti di pompaggio che di quelli antiincendio, mentre più piccoli fabbricati

potranno essere adibiti a funzioni di magazzini, ricovero per personale etc.

Una parte della vecchia diga della Meloria potrà garantire l’attracco di

bettoline, mentre alle spalle di questo stesso attracco si sviluppa un piazzale

capace di accogliere un buon numero di Depositi Costieri, situati in posizione

lontana dalla città ma facilmente raggiungibili per via d’acqua.

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Tutto sommato, si è dato vita ad un Isola Petroli, facilmente raggiungibile dalle

grandi petroliere, protetta con pannes mobili, opportunamente motorizzate per

garantirne il facile movimento in concomitanza con i movimenti di entrata ed

uscita delle petroliere.

5) Si è anche prevista la resecazione della banchina utilizzata oggi per l’attracco delle

navi petroliere al fine di allargare almeno di 50 metri il Canale di accesso al

Bacino S. Stefano, eliminando tutto il cosiddetto “Braccio del Vestrini” con

evidente vantaggio per l’accessibilità marittima di tutta la nuova Darsena Europa.

6) Si ritiene doveroso rispettare e valorizzare la Torre del Marzocco, intorno alla

quale si è ipotizzata la realizzazione di una grande vasca di acqua, accessibile solo

dalla via di mare, creando intorno a questa grande vasca un anello arredato,

raggiungibile, per le inevitabili esigenze manutentive, con apposita viabilità,

riservata ai soli addetti.

7) La banchina così modificata potrà essere utilizzata preferibilmente da navi self-

sustaineds o roll-off/roll-on, non essendo conveniente l’impianto di sollevatori

fissi, in una zona di tanta valenza monumentale.

4) FERROVIE E VIABILITA’ STRADALE

Si è già detto dell’impianto ferroviario, costituito, in pratica da due piazzali contigui,

ciascuno arredato con una terna di binari, completi, complessivamente di 4 grues a

ponte, situati nella zona nella quale attualmente è già operativo l’impianto attuale.

Con sei binari disponibili si possono ricevere e formare, complessivamente, anche 30

treni al giorno, purchè non ci siano interferenze con la viabilità stradale. A questo

fine la S.G.C. Firenze-Livorno Porto viene mantenuta in quota fino a scavalcare la

sede ferroviaria, con discesa terminale sui piazzali a mare della Darsena Europa con

rotatoria a precedenza, come previsto dalle recenti modifiche del Codice della Strada.

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Ovviamente, sparito il Canale dei Navicelli da questa zona, le rampe di salita e di

discesa a servizio della sponda est della Darsena Toscana diventano facilmente

raggiungibili anche dai piazzali attuali della T.D.T.. Resta tutta da verificare la

sufficienza di un solo binario di collegamento di tutto questo impianto con la

Stazione-base di Livorno Calambrone, anche perché è probabile che qualche binario

di raccordo si renda necessario anche nella zona della banchina lasciata libera dalle

navi petroliere.

5) LE AUTO

Alla base della Darsena Europa sono previsti due attracchi anche poppieri, a servizio,

ove occorra, di grandi cars-carriers, che potranno usufruire di un piazzale di

accumulo di oltre 100.000 mq., direttamente raccordato alla superstrada. E’ chiaro

che si tratta solo di un piazzale portuale, sul quale pertanto le auto in arrivo

dovranno solo transitare per raggiungere poi i terminals di smistamento. Una grande

nave, come le maggiori della Wallenius può tranquillamente sbarcare anche 3.000

auto alla volta: ma con questi quantitativi di veicoli si riempie rapidamente anche

l’attuale terminal L. Da Vinci, che ha, più o meno, le stesse dimensioni… Ma da

questo piazzale al Faldo o al Centro Intermodale con bisarche o, meglio, con car-rack,

si impiegano poco più di 15 minuti…

6) LA DARSENA INGHIRAMI

Ha, attualmente, una forma strana che ne compromette una razionale utilizzazione,

ma, soprattutto, manca delle aree necessarie per costituire valido impianto-volano fra

rotta marittima e rotta terrestre, specialmente quando i veicoli avviati/provenienti o

diretti dai/ai traghetti sono dei semirimorchi.

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Tenuta di conto la capacità ricettiva della nuova Darsena del Sole, questa Darsena,

dalla forma bizzarra che ne rende non facile l’utilizzo fatta eccezione per la calata

Addis Abeba appare sostanzialmente inutile, mentre il porto ha bisogno di spazi,

quanto più specializzati possibile. Ci è sembrato pertanto utile prevederne il

tombamento in modo da recuperare circa 50.000 mq. di piazzali, ampliati, tenuto

conto anche delle aree di servizio disponibili e recuperando almeno una parte dei

piazzali della Dow-Chemical (che lavora pochissimo, tanto che buona parte dei

piazzali stessi appare inutilizzata) fino a raggiungere e superare i 250.000 mq. serviti

da una banchina della lunghezza di oltre 500 ml..

Su questa banchina si è ipotizzato di spostare il Terminal per lo sbarco/imbarco delle

rinfuse, lontano dalla Città e prossimo alla ex Stazione di Livorno Porto Nuovo,

facilmente raccordabile a questa nuovo Impianto che, come tutti i Terminals rinfusi

moderni, ha bisogno, a banchina, più di spazi liberi che di binari, che vengono

raggiunti con sistemi di convogliatori a nastro sempre più moderni e polifunzionali.

Il fascio di servizio di questo impianto, finalmente capace di ricevere almeno il triplo

di quanto sia possibile nella Sede attuale, potrà anche contare su un elemento di

raccordo con il fascio di binari a servizio della sponda est della Darsena Toscana.

La nuova conformazione di questa darsena garantisce ampi spazi acquei alla

prospiciente Calata del Magnale: ne parleremo dopo.

Ma è chiaro che un auspicabile sviluppo del traghettaggio mediterraneo non può

essere affrontato solo da Livorno: in questo caso entra in campo anche lo scalo di

Piombino, scalo che, preso in esame per un abbozzo di P.R.G. tutta da verificare,

prevede già una serie di sei attracchi per traghetti commerciali, ben al di fuori

dell’ambito cittadino che, in questa bozza, viene liberato anche dal transito estivo o

comunque vacanziero di oltre due milioni di passeggeri che non lasciano

praticamente niente alla economia locale e stravolgono la vita della Città.

E’ probabile che Piombino possa svolgere anche altri compiti ausiliari, come la

accoglienza e la distribuzione del congelato, che richiede spazi non indifferenti e non

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sempre ha bisogno di grandi fondali. Se ne potrà riparlare in sede di più ampia

valutazione del riassetto della logistica Toscana.

7) IL VECCHIO PORTO

Si articola, sostanzialmente, su due sezioni: Marittima e porto Mediceo, separate fra

loro, idealmente e storicamente, dall’antico muro che delimitava, un tempo, il

comprensorio portuale rispetto al mare aperto, ben prima che nascesse la Banchina

ad Alto Fondale.

a) IL PORTO MEDICEO ED IL BACINO FIRENZE

Nello schema di bozza di P.R.G. a cui si fa riferimento, il Porto Mediceo ed il Bacino

Firenze sono interamente destinati al turismo con particolare riferimento a quello

crocieristico. In sostanza:

- PORTO MEDICEO

Costituisce, indubbiamente, la zona di maggior rilievo storico e di maggior interesse

monumentale. La Fortezza Vecchia, è il naturale biglietto di presentazione della

Città, valorizzata dalla cerchia di mura dei Sangallo, padre e figlio, che dettero vita

ad uno scenario portuale che, sotto il profilo estetico ha ben pochi rivali a livello

mediterraneo. Non è che l’Uomo dei secoli più recenti si sia dato molto da fare, non

dico per migliorare un insieme storico-ambientale più unico che raro… Anzi... E’

riuscito perfino nella non facile opera di dissacrare un ambiente che ricordava una

storia secolare con fabbricati incongrui, come la Capitaneria di Porto e dipendenze

varie, per culminare con l’osceno Palazzo della Dogana.

E’ nostra convinta opinione che un ambiente di questo genere deve essere recuperato

e rigenerato per presentarsi a chi arrivi dal mare, come l’immagine storicamente più

valida di una città che da questo nucleo primigenio ha derivato tutte le sue vicende.

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Protetta, prima, dalla millenaria Torre della Contessa Matilde, salita poi a nuova

potenza quando ha potuto contare sulle solide mura della Quadratura dei Pisani, che

l’hanno sorretta nelle sue prime avventure sui mari, resi più sicuri dal suo spirito di

avventura, che trova testimonianza nel monumento ai Quattro Mori. Livorno

racconta tanta parte della sua storia proprio attraverso il suo vecchio Porto.

E’ per questo che ci è sembrato opportuno:

���� Offrire alla vista di chi arrivi dal mare la Vecchia Fortezza, eliminando sia il

dirupato silos granario, oggi in disuso, insieme con i magazzini compresi fra la

Calata Sgarallino e la calata Siena;

���� conservare dove è e come è l’ottima Calata Sgarallino, mentre la Calata Siena,

insieme con quella Punto Franco viene parzialmente resecata, per permettere

l’attracco anche ad una grande nave, appoggiata con la poppa, come la

precedente al piazzale prospiciente la Fortezza;

���� analoga resecazione è prevista per la Calata Orlando in modo da potervi

ospitare anche due navi di trecento metri di lunghezza, conservando accanto a

loro una striscia stradale di circa trenta metri, capace di accogliere i molti

pullmans che accompagnano i croceristi nelle Città d’arte della Toscana. Verso

questa zona si può avviare anche un binario ferroviario, ove si ritenesse

conveniente avviare comitive particolarmente numerose verso Firenze, che ha

la Stazione di S. Maria Novella praticamente in città. Ma si tratta di dettagli.

���� Il Bacino Firenze dovrebbe essere in parte tombato ed in parte modificato per

poter accogliere, alla sua nuova banchina del Mandraccio, o due navi da

crociera di non enormi dimensioni, o due Fast-Ferries, destinati ad obiettivi più

lontani della Sardegna e della Corsica. Si ha infatti motivo di ritenere che sia

alle soglie dei desiderata del nuovo turismo, la disponibilità di uno strumento

di comunicazione veloce con il Nord Africa, con la Spagna, con tutti i Paesi

mediterranei che diventeranno rapidamente di moda per chi voglia girare il

Mondo situato a media distanza usando la propria macchina, caricata di bagagli

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e famiglia, coprendo velocemente un percorso che oltre a costituire puro

spostamento fornisca anche le parvenze di una crociera, visto che i fast-ferries

di oggi sono orientati a fornire ai loro utenti comforts un tempo impensabili sui

tradizionali traghetti.... Personalmente sono certo che anche il Mar Nero potrà

entrare in questo circuito, sempre che si spengano tanti focolai di guerra. Ma già

la Turchia può rappresentare una meta appetibile, per lo meno quanto la

Moldavia o la magica Kiev…

���� Il molo Capitaneria viene allargato fino a 30 metri, in modo da poter accogliere

due grandi navi da crociera con a fianco gli spazi necessari per il pullmans

indispensabili per trasportare i viaggiatori alla visita della Toscana,

conservando, beninteso, priorità di attracco sul fianco nord di questo sporgente

alle navi della Marina Militare che vogliano utilizzare questa disponibilità: è per

questo che, in figura, sulla pianta generale di Piano, sul lato nord di questo

Molo, è indicata la sagoma di una nave a vela, perché la Vespucci o il Palinuro a

questo attracco trovano ottime commoditiies oltre fare una magnifica figura...

���� Il pontile Elba rimane come è oggi, adibito alle stesse funzioni, non potendosi

equiparare al servizio dei traghetti trasferiti alla Darsena del Sole un servizio a

spola, tipo postale dei vecchi tempi quello che viene svolto per le isole minori

dell’arcipelago toscano.

���� La Capitaneria di Porto, oggi diventata Guardia Costiera, che impedisce di

vedere, dalla banchina Sgarallino, ma anche dalla Bocca del Porto Mediceo la

retrostante Darsena Vecchia, viene decentrata in altra sede. Sembrerebbe

congrua, a questo fine una collocazione in via dei Calafati dove è impiantata

anche una scuola, che gode di un bel panorama, ma che impone ai suoi studenti

sane passeggiate per raggiungerla, a meno che non sia possibile ricavarne gli

uffici e le relative dipendenze all’interno della Caserma Santini. Si tratta di

capire se anche quest’ultima si trova collocata in posizione congrua con un

Porto che si è spostato tutto a nord con i suoi traffici più rilevanti.

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���� La stessa operazione si impone anche per la Direzione delle dogane, forse il più

brutto edificio di Livorno, che copre addirittura la visuale del Ponte dei

Francesi e del Monumento dei Quattro Mori. Di fatto oggi le operazioni

doganali, oltre ad eseguirsi per la maggior parte per via informatica, riguardano

merci e navi situate in zone del Porto ben lontane dal Mediceo: sembra quindi

non fuori luogo ricollocarla in zona diversa, da definire con gli operatori..

���� Tutta la zona compresa fra la Calata degli Anelli e la Bocca del Porto dovrà

accogliere, con opportuna sistemazione, le grandi vele, dal Corsaro Secondo

all’Orsa Maggiore, fino a barche di non meno di 12-13 metri, in modo da fare

del pezzo più pregiato dell’intero scalo livornese il Salone di onore per

l’accoglienza di chi arriva da Oltremare. E’ quindi indispensabile liberarla

anche da tutti i servizi di rimorchio, di bunkeraggio e simili ormai fuori luogo

in questa zona, non più baricentrica nei confronti di uno scalo che è cresciuto, e

continuerà a crescere verso nord e verso ponente e che quindi devono seguire

questa tendenza...

- MARITTIMA

Gli interventi proposti partono, tutti, da considerazioni meramente funzionali. Più

precisamente:

1- Il Molo Italia, largo poco più di 80 metri è un non senso portuale: è nato, si dice,

per servire i traffici di rinfuse, di quelle merci, cioè, che richiedono i piazzali più

ampi a parità di tonnellaggio sbarcato.

2- Le aree di Livorno Porto Vecchio, comprese quelle retrostanti le banchine

portuali, sono assolutamente insufficienti a servire i traffici di oggi: figuriamoci

quelli di domani. Le sole navi del Saudi occupano tutte le zone M e K con laghi

di trattori e macchine agricole in attesa di imbarco. I prodotti forestali tendono a

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crescere prepotentemente ed i molti, troppi magazzini realizzati a filo banchina, o

quasi, hanno ridotto le aree di servizio a ben poca cosa.

3- Una darsena destinata al servizio di cantieristica minore inserita alla radice di una

banchina di tanto interesse quale è quella ad Alto Fondale è anch’essa un non

senso, gravemente limitativo per la funzionalità e lo sviluppo della banchina

operativa.

4- Un parco ferroviario con 14 binari destinati a funzionare da volano per il ricambio

vuoto-pieno a servizio dei binari di banchina è un tragico non senso: sono quasi

60.000mq. sottratti alle esigenze dell’esercizio.

ALLORA

A) Si è ipotizzato di tombare il canale che verrebbe a formarsi fra il Molo Italia e la

Banchina Alto Fondale, in modo da ricavarne nuovi piazzali per oltre 100.000

mq., chiudendo in testa questa lunga banchina con un nuovo attracco,

utilizzabile anche per lavoro poppiero.

B) Si è prolungato il filo esterno di questa stessa banchina fino all’inizio della

Calata Pisa, guadagnando almeno un altro attracco utilizzabile da parte di navi

di piccola e media stazza.

C) Si è trasferita la cantieristica minore alla sponda sud-ovest della Darsena

Ugione dove esistono condizioni di spazi terrestri e marittimi certamente

migliori di quelli garantiti dalla allocazione attuale, mentre sono ottime le

condizioni di accesso dall’esterno. Una breve rientranza, in questa zona, della

Calata del Magnale, garantiva la disponibilità di una banchina di allestimento

congrua con le dimensioni dei natanti di competenza di questa Cantieristica,

come da P.R.P. tuttora in vigore. In questa zona operavano, fino a pochi anni

fa, i Cantieri navali Botteghi, che hanno concluso il loro ciclo di attività non

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certo per la loro collocazione all’interno del porto. Una soluzione di questo

genere è stata ventilata ai gestori degli impianti di costruzione e di riparazione

navale attuali, incontrandone il pieno apprezzamento.

D) Tutta da definire la situazione della banchina Agip di questa stessa darsenetta,

banchina che l’Agip ritiene di suo perdurante se pur digradante interesse,

prevalentemente per l’imbarco di olii lubrificanti. Si è formulata peraltro

un’ipotesi di modifica, ripetiamo, tutta da verificare, per dare migliore accesso

al Canale Industriale.

E) Tutto l’impianto ferroviario anche di Porto Vecchio si modifica secondo lo

schema articolato sui soliti tre binari, serviti da grues a ponte, con piazzali di

servizio di circa 30,000 mq. al contorno, collocati uno nella posizione occupata

dal vecchio fascio di servizio, ed un altro situato sul grande piazzale ex

Cementeria.

Rimane l’incognita della Banchina del Magnale: una bella banchina, con 12 metri di

tirante di acqua, liberata, lato mare, dall’ingombro costituito dalle punte delle calate

Tripoli e Bengasi, ma che non ha spazi di qualche rilievo alle spalle, anche se,

secondo i Piani Attuativi dell’Enel, la Centrale del Marzocco figura al primo posto fra

quelle da abbandonare. In tal caso si guadagnerebbe all’esercizio portuale una gran

bella banchina, altrimenti… altrimenti in tutti i Porti c’è bisogno di una banchina per

l’attracco delle navi in disarmo o in riparazione…

- IL CANALE INDUSTRIALE

Se ne è ipotizzato l’ampliamento almeno di 30 metri, anche se 50 sarebbero più che

giustificati. Non è possibile, infatti, in un porto moderno, lavorare sulle sponde di un

Canale largo solo 100 metri, in fondo al quale, oltre a Depositi Costieri di una non

trascurabile entità , esiste un impianto di sbarco, conservazione e distribuzione di gas

disciolto, ben più pericoloso di quello liquefatto, trasportato da gasiere che

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impongono l’allontanamento dall’attracco delle navi al lavoro sulla banchina di

levante. L’ampliamento non potrebbe essere eseguito che resecando la banchina di

ponente, dove non esistono impianti fissi della importanza del Silos granario e dello

stesso impianto Liquigas appoggiati alla banchina di levante... In questo senso, sia

pure a livello meramente discorsivo, si è raccolta anche la disponibilità della

proprietà Sintermar, chiaramente interessata a poter lavorare su vettori marittimi di

dimensioni maggiori di quelli attuali.

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- LA VIABILITÀ AL CONTORNO

La viabilità di approccio al Porto, con il completamento degli interventi intesi a

realizzare un nuovo asse viario sul sedime dell’ex Fosso delle Cateratte, può

considerarsi discreta purchè si chiuda l’attuale Varco 4, raggiungibile oggi attraverso

una viabilità del tutto infelice, e si apra un nuovo varco in testa a questo nuovissimo

asse viario e si realizzi, di fronte a questo nuovo varco, un vasto piazzale di

parcheggio, abolendo il Terminal Intercontainer, così come previsto dal PRG

cittadino in vigore. L’accesso al nuovo varco ed al parcheggio che lo precede è

realizzato mediante un’ampia rotatoria che garantisce una regolazione razionale sia

dei traffici in entrata ed in uscita dal porto, ma anche una facile utilizzazione della

zona di parcheggio da parte di ambedue le correnti di traffico. Sembra comunque

ormai ben chiara l’opportunità di mettere in comunicazione la zona del Picchianti, e

per essa la Via dell’Artigianato, che ne costituisce l’asse, con la Via Enriquez, dando a

quest’ultima razionale accesso all’area portuale. A questo fine esistono già, da tempo,

ipotesi progettuali (ad esempio una di sottopasso del fascio ferroviario di Livorno

Calambrone; un’altra di svincolo della Via Enriquez realizzato attraverso un

allacciamento con la S.G.C. Firenze-Livorno porto con svincolo sottopassante la

stessa S.G.C.

Esistono in merito varie ipotesi progettuali, sempre disponibili in sede Universitaria.

E’ probabile che in un prossimo futuro, oltre al raccordo diretto fra Via delle

Cateratte e Via L. Da Vinci, ipotizzato da tanti anni, si debba pensare anche ad una

nuova soluzione per la zona di Ponte Genova, per inserire quest’ultimo più

razionalmente nel sistema Via Salvatore Orlando-Via delle Cateratte-Via L. Da Vinci.,

come del resto già previsto, fino dal 1979 con la bozza di Piano propositiva

presentata dalla C.L.P., della quale tante soluzioni furono recepite nella Proposta

Bonifica.

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- LA VIABILITÀ A LARGO RAGGIO

Non può far parte di questa bozza schematica, rappresentando, essa sola, una

problematica degna di analisi non breve, e comunque da inquadrare non all’interno

di una bozza di schema di riordino portuale.

E’ certo che il Porto ha bisogno, per crescere, di profondi interventi nei confronti

dello schema logistico di supporto, un sistema nel quale la realizzazione della S.G.C.

Livorno-Lucca-Modena torna di nuova e più urgente attualità, ma che ha bisogno, in

primis, di un supporto ferroviario ben più robusto di quello che fa base sulla asfittica

Stazione di Livorno Calambrone, che deve assolvere troppi compiti, anche per la

situazione di congestione alla quale è pervenuta la Stazione di Pisa S. Rossore, dopo

la sciagurata chiusura al servizio merci degli impianti di Viareggio Scalo e di Lucca,

scalo merci. Ma anche la linea Genova-Roma sulla quale è inserita Livorno

Calambrone è ormai da tempo in condizioni di congestione tale da rendere penose

anche le manovre di attraversamento dei due binari di corsa, sia per avviare verso la

zona di ponente del Porto convogli provenienti dal Nord che, peggio ancora, per

ricevere treni da e per il Centro Intermodale. Che deve essere congiunto al più presto

con la linea Pisa Centrale-Collesalvetti, purché questa a sua volta venga congiunta

direttamente con la linea Firenze-Pisa Centrale, al fine di bypassare quest’ultima

Stazione, che non è più in condizioni di servire decentemente alcun servizio merci

che non sia di puro transito.

A titolo di semplice notizia, ma anche di memorandum dei vari aspetti della

problematica in fieri, sono in corso studi di buon livello per:

- una riapertura al traffico della Pontedera-Lucca;

- la realizzazione di un raccordo diretto fra la Vicarello-Pisa e la linea a Fiorentina,

con inserimento su quest’ultima nei pressi della Stazione di Navacchio;

- una rivalorizzazione della linea Porrettana, con abbassamento o no del suo valico,

per tornare a dare a questa linea non certo la gloria che le competeva quando

sosteneva tutto il traffico Milano-Bologna-Roma, ma quanto meno utilizzarla

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come linea di approccio al grande nodo Bolognese. Attualmente è percorsa a

livello tramviario da poche coppie di treni prevalentemente a servizio di

viaggiatori pendolari.

Ne riparleremo, comunque, se l’idea-base di una profonda revisione del ruolo dello

scalo livornese troverà gli echi che sembrerebbe meritare. Ma spesso accade che i

problemi si richiudono su se stessi: il Porto non può crescere perché la logistica di

supporto è al limite della sua capacità, o non vale la pena di darsi da fare per

quest’ultima visto che il Porto non può più crescere un granché?

Credo che questo dilemma, magari formulato meno brutalmente, stia alla base delle

scelte che interessano le generazioni future: ma guai, a mio avviso, a porsi una

vecchia, ironica, sciocca domanda: ma i Posteri, in definitiva, che cosa hanno fatto per

noi? In Toscana si dice che i nonni piantavano gli ulivi per i nipoti: se è vero che c’è

un nuovo ulivo che vogliamo, queste troppe righe hanno solo il significato di una

meditazione testamentaria. Scongiuri a parte……

8) PER UNA NUOVA IPOTESI DI MARINA TURISTICO

Sono perfettamente cosciente di toccare un argomento che ha trovato ampi spazi di

discussione in sede politica, un tempo ostile alla destinazione di risorse, anche

ambientali, per accogliere le barche dei “Signori”. Ma mi sembra che questa

pregiudiziale debba considerarsi largamente superata per motivi che qui non mi

sembra il caso di elencare.…

Esiste, peraltro, una realtà nuova ed incombente, costituita dalla produzione

Estremo-Orientale che lascia ben poco spazio al decollo di nuove attività produttive.

E’ chiaro, credo, a chiunque, che qualsiasi prospettiva di attività terziaria debba

essere focalizzata in modo differente nei confronti dei tempi nei quali i cinesi

venivano in Europa per vendere cravatte… Oggi, nei rinnovati Cantieri navali

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livornesi si potranno (e si dovranno) costruire barche di tutti i generi, anche quelle

che un tempo si ritenevano riservate ai “Signori”. Ma non ci facciamo illusioni: in

pochi anni la cantieristica Estremo-Orientale, quella che si è appropriata del 92% del

portafoglio mondiale delle costruzioni navali non tarderà ad apprendere, così come è

accaduto in campi che sembravano tabù: le ultime sfilate di alta moda svoltesi a

Pechino, per la presentazione di produzione cinese, non hanno assolutamente niente

da invidiare a quelle parigine o romane, anche perché i designers sono quasi tutti

europei.

E’ quindi molto probabile che anche nel settore della ricca nautica da diporto presto

si affacceranno cantieri del cosiddetto terzo Mondo, gli stessi che hanno fatto

chiudere o messo in estrema difficoltà tanti Cantieri Europei, compresi i mitici

Chantiers de L’Atlantique francesi. Di fatto già una parte della produzione della

stessa Azimut utilizza scafi in plastica di costruzione turca, che, peraltro, nella

gamma delle barche lunghe più di 15 metri, generano qualche problema derivante

dal loro non facile trasporto, accompagnato spesso da deformazioni essenzialmente

torsionali. Di fatto si ha notizia di qualche contatto assunto, sembra con esito

positivo, con il Cantiere dei fratelli Catarsi, di Castagneto, che potrebbero spostare

una parte della loro attività produttiva su Livorno. Ma è notizia di questi giorni che

una delegazione di 100 operatori cinesi ha visitato i Cantieri Benetti di Viareggio,

essenzialmente mirando ad acquisire al vasto mondo della produzione Estremo-

Orientale anche questo ramo di attività.

Ma ci sembra chiaro che l’orientamento del Vecchio Mondo in tanti settori, questo

compreso, debba prendere in particolare considerazione le attività terziarie,

essenzialmente di servizio, piuttosto che quelle produttive, almeno fino a quando

non si saranno colmate le distanze, oggi abissali, che intercorrono fra salari cinesi,

rumeni, vietnamiti, turchi e quelli dell’Occidente. In questa condizioni, a nostro

avviso, in Italia c’è un particolare settore che deve essere valorizzato: un settore che

ha fatto scomparire la tradizionale miseria sarda, e che non decolla nella splendida

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Sicilia per causali estremamente complesse, ma che sostanzialmente si fondano sulla

necessità di mantenere un controllo economico su vaste categorie di puro supporto

da parte di chi comanda davvero, in quella Isola, che potrebbe rappresentare un

Eldorado rarissimo per un turismo qualificato, data la sua ricchezza sia naturale che

monumentale.

Sulla linea portante di queste considerazioni, ci è sembrato opportuno ricordare,

prima di tutto a noi stessi, che se si potrà andare sul mercato cinese o coreano per

acquistare, in un prossimo futuro, anche barche da sogno, la riparazione, il refitting,

la manutenzione ordinaria e straordinaria di queste barche, non possa essere

effettuata che là dove la barca si trova, o nelle sue più qualificate adiacenze. Lo

hanno ben capito i Francesi che hanno riempito la Costa Azzurra di porti per barche

grandi e piccole (ma prevalentemente grandi) che garantiscono lavoro, a quanto

risulta dalle analisi statistiche effettuate, a circa un uomo ogni quattro medie barche,

indotto compreso, naturalmente.

Ci è quindi sembrato particolarmente interessante realizzare un “Marina” vero

(quello previsto all’interno del Mediceo non è che un impianto ornamentale, di

ottimo effetto ma poco significativo per una città che ospita circa 3.300 barche lungo

le banchine dei Fossi …) utilizzando:

a. La darsena dello Scalo Morosini, solo molto parzialmente utile per la

produzione di natanti: è la stessa darsena nella quale, per tanti anni hanno

trovato ospitalità la Scuola di vela del CONI, con fitte schiere di optimist e di

derive di norma di classe non superiore ai 4, 70 m.;

b. una nuova darsena, affiancata alla prima, nell’area della Bellana, già

individuata, in passato come localizzazione ideale per un impianto del genere,

che trova nella nuova specializzazione del Cantiere Navale, evidenti motivi di

attualità. Ci siamo permessi di dare a questa idea, non certo nuova, una forma

che sostanzialmente ricerca motivi di coerenza quasi speculare con la adiacente

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darsena Morosini. A titolo di esempio si è previsto di ampliare, a mare, la

banchina che delimita a sud la darsena Morosini in modo da ricavarne il sedime

per un’ampia passeggiata a mare, sufficiente ad ospitare anche un parcheggio a

doppia lisca di pesce centrale, ed a dare accesso ad una rotonda affacciata verso

la Vegliaia, raggiungibile solo pedonalmente. Si tratta di un impianto capace di

più di 1.500 barche, che da un lato si appoggia, ed a nostro avviso valorizza, di

molto, dandogli un nuovo senso, il bell’immobile dello Scoglio della Regina,

mentre dall’altro lato si congiunge, anche funzionalmente al Cantiere Navale. Il

parcheggio sotterraneo previsto nella zona della Bellana acquista allora

anch'esso un nuovo senso, concreto, dato che ogni mille barche occorrono, come

noto, almeno 3.000 stalli di parcheggio. E’ nostra convinta opinione che un

impianto del genere:

- costituisca occasione imperdibile per l’impiego, qualificato, di alcune

centinaia di lavoratori;

- si collochi nell’ottica di una rivalorizzazione turistica della Città di Livorno;

- si coniughi felicemente anche con la operazione di ripristino del vicino

Albergo “Palazzo”: chi va per mare con barche di altura non disdegna certo

una accoglienza alberghiera di qualità;

- dia sfogo alla incredibile richiesta di posti-barca, che oggi spesso superano,

in costo, quello della barca stessa: basta guardare i prezzi praticati nel

Porticciolo di Crepatura, per non parlare di quelli di Punta Ala.

CONCLUSIONI

Siamo coscienti di non avere compiuto grandi scoperte, ma anche di avere,

volutamente ignorato precedenti, anche autorevoli, orientamenti che ci permettiamo

di non condividere. Ma siamo anche confortati, in tante soluzioni, dal parere di

diversi addetti ai lavori: che possono sempre fornire un contributo prezioso di

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esperienze, specialmente quando soffrono, giornalmente, di situazioni di

inadeguatezza dell’oggi.

Livorno, 30 agosto 2006

ING. ENRICO MOSTARDI