idraulica 15 it

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IDRAULICA PUBBLICAZIONE PERIODICA DI INFORMAZIONE TECNICO-PROFESSIONALE 02.98 15 CALEFFI SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - PUBBLICITÀ 70% - FILIALE DI NOVARA IL MUSEO DI SANTA GIULIA

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Quaderno Caleffi

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IDRAULICAPUBBLICAZIONE PERIODICA DI INFORMAZIONE TECNICO-PROFESSIONALE

02.98

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IL MUSEO DI SANTA GIULIA

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SOMMARIO

IDRAULICA2

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17

IL MUSEO DI SANTA GIULIAProgetto e realizzazione di un grande complesso museale

CONFIGURAZIONE GENERALE DELL’IMPIANTOPiante museo: piano seminterrato, piano terra, primo piano

CENTRALE TERMOFRIGORIFERACaratteristiche, schema di derivazione dal teleriscaldamento eschema funzionale della centrale termofrigorifera

CARATTERISTICHE DELL’IMPIANTO DI CLIMATIZZAZIONESuddivisione dell’impianto in cinque zone autonome

IL FUNZIONAMENTO DEGLI IMPIANTI

NOTE CONCLUSIVE

18INFORMAZIONI PRATICHEImpianti a pannelli radianti: la distribuzione del fluido e laregolazione

Direttore responsabile: Mario Tadini Responsabile di Redazione: Fabrizio GuidettiHanno collaborato a questo numero: Mario Doninelli, Marco Doninelli, Claudio Ardizzoia

IDRAULICA Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Novara al n. 26/91 in data 28/9/91Editore: Tipolitografia La Moderna srl - Novara Stampa: Tipolitografia La Moderna - Novara

Foto di copertina: Vittoria Alata Iº sec. d.C.

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IDRAULICA 3

Alle pendici del Cidneo, il colle che con le suepossenti fortificazioni domina la città di Brescia,sorge una zona di rara bellezza e di grandefascino.La sua storia ha inizio più di 2.500 anni fa conun insediamento di Galli Cenomani. Questi Gallidi origine celtica non hanno però lasciato moltisegni della loro presenza in quanto vivevano incapanne costruite con legno, paglia e intonacod’argilla: materiali ben poco adatti a trasmetterememoria di sè nel tempo.Testimonianze di notevole rilievo sono stateinvece lasciate dai Romani, che in questa zonacostruirono grandi case con raffinati mosaicipolicromi, un “Capitolium”, un foro, unanfiteatro, e un tempio (scoperto solo pochianni fa) con affreschi mirabilmente conservati.Molto probabilmente, con queste grandi opereRoma volle manifestare la sua riconoscenza aBrescia: città in cui trovò alleati fedeli (specienella guerra contro Annibale) e soldati valorosi.

La fine dell’impero romano portò anche inquesti luoghi saccheggi e devastazioni. Suipavimenti a mosaico di alcune case romane,incendiate e rase al suolo, si possono ancoravedere i fori dei pali piantati dai barbari invasoriLongobardi per sostenere le loro capanne.Eppure, per uno di quei paradossi che ognitanto la storia ama riservarci, furono proprio iferoci barbari Longobardi gli artefici dellarinascita artistica, politica e religiosa di questiluoghi.Qui infatti essi posero la sede di un importanteducato e costruirono il palazzo di Re Desiderio.Qui, inoltre (convertiti al Cristianesimo) essielevarono due fra i più insigni capolavori della loro architettura religiosa: la chiesa di S. Salvatore e il monastero di S. Giulia, dovemorì Ermengarda, a cui Manzoni dedicò versicommossi e famosi.

IL MUSEO DI SANTA GIULIA(Ing. Mario Doninelli e Ing. Marco Doninelli dello studio tecnico S.T.C.)

Capitolium romano Iº sec. d.C.

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IDRAULICA4

Anche i periodi successivi a quellolongobardo hanno arricchito questazona con opere d’arte, monumenti,chiese e palazzi di grande valore.Tra questi, per non dilungarcitroppo, ci limiteremo a ricordare labellissima chiesa romanica di S. Maria in Solario, e palazzoMartinengo, dall’aspetto un po’greve e minaccioso tipicodell’architettura nobiliare bresciana.

Progetto e realizzazione di ungrande complesso museale

In questa specie di isola dove storiaed arte si intrecciano e convivono dapiù di 2000 anni, il Comune diBrescia ha deciso di realizzare ununico grande complesso museale,legando fra loro in modo organico gliedifici più significativi e pregevoli.

Chiesa longobarda di S. Salvatore

Monastero di S. Giulia

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IDRAULICA 5

Quale centro dell’interocomplesso è stato scelto ilmonastero di S. Giulia ed inesso è stato allestito il museodella città.E’ questo un museo assaiparticolare, dove i repertiarcheologici esposti sono le tessere di un grande mosaico che ricostruisceaccuratamente, passo dopopasso, la storia della città.Così ordinati e presentati, talireperti non sono più cosemorte che emergono da unlontano passato, bensì sonocose vive che raccontano “ilmeglio dell’avventura umana,morale e civile della città diBrescia” (le parole sono delsindaco Martinazzoli).Il museo ospita circa 11.000reperti, e tra questi molti sonodi grande valore, come adesempio: le armi e gli elmiceltici, la Vittoria Alata (unagrande statua in bronzo cherisale al I° secolo d.C.), leteste in bronzo dorato di treimperatori romani, la croce diRe Desiderio (un capolavoro dioreficeria) e inoltre pregevolisculture, mosaici, affreschi,vetri colorati e dorati, cammei,monili, anfore ed oggetti vari di età preromana, romana, bizantina, longobarda,carolingia, tardomedioevale erinascimentale.

Cofanetto in avorio IVº sec. d.C.

Croce di Re DesiderioVIIIº sec. d.C.

Monili fine IIIº sec. d.C.

Vetro romano con immagini alamina d’oro IVº sec. d.C.

Testa di Imperatore Romano fine IIº sec. d.C.

Testa di Minerva Iº sec. d.C.

Cornice in bronzo Iº sec. d.C.

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IDRAULICA6

Considerazioni in merito alla progettazionedegli impianti tecnologici

Chiamati a progettare gli impianti tecnologicidel museo di S. Giulia, è stato subito vivo in noiil desiderio di interferire il meno possibile con le forme architettoniche e le struttureesistenti.La storia, l’arte e più in generale le vicende quivissute esigevano, da parte nostra la piùassoluta discrezione e il massimo rispetto. Nonvolevamo infliggere a questi luoghi ferite coninterventi imprudenti, quali ad esempio lapresenza di un corpo scaldante che ingombrae sporca una parete, oppure l’invadenza di uncanale che “taglia” la volta di un soffitto.Dunque, la più assoluta discrezione e ilmassimo rispetto sono state le scelte (o forsemeglio le preoccupazioni) progettuali che cihanno guidato nel definire le soluzioni diseguito illustrate.

In relazione alle caratteristiche dell’edificio ealle prestazioni richieste, l’impianto diclimatizzazione è stato suddiviso in cinquezone autonome:

zona espositiva seminterrato, zona bar,zona espositiva piano terra,zona espositiva piano primo,zona sala polifunzionale.

A loro volta le zone espositive (checomprendono anche altri servizi come labiglietteria, la libreria e i laboratori) sono statesuddivise in 54 sottozone - 30 al piano terra e24 al primo piano - che possono esserecondotte e regolate termicamente in modoautonomo.

Zona espositiva piano seminterrato

PIANO SEMINTERRATO

CONFIGURAZIONE GENERALEDELL’IMPIANTO

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IDRAULICA 7

Zona espositiva piano terra

Centrale termofrigorifera

PIANO TERRA

Zona sala polifunzionale

PRIMO PIANO

Zona espositiva primo piano

Zona bar

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IDRAULICA8

In essa sono stati disposti tutti i materiali e leapparecchiature che servono a:

riscaldare e raffreddare il fluido vettore,tenere sotto controllo il funzionamentodell’impianto,inviare il fluido vettore ai terminali.

L’energia termica per riscaldare il fluido è derivata dalla rete cittadina delteleriscaldamento con due scambiatori apiastre. L’uso del teleriscaldamento ha evitatola costruzione di canne fumarie e ha consentitodi utilizzare meglio lo spazio disponibile incentrale, essendo gli scambiatori molto piùpiccoli delle caldaie.L’energia termica per raffreddare il fluido èinvece derivata da due refrigeratori postiall’esterno degli edifici.Per quanto riguarda il controllo, l’espansione ela sicurezza dell’impianto sono state rispettatetutte le prescrizioni della normativa I.S.P.E.S.L..

In centrale, inoltre, sono stati installati duedisaeratori di microbolle. Servono a“impoverire” d’aria il fluido vettore e quindi arenderlo capace di assorbire sia le bolle noneliminate dalle normali valvole di sfogo dell’ariaperchè sporche o difettose, sia le bolle chepossono ristagnare nei tubi orizzontali esoprattutto nei pannelli.

Queste prestazioni (ved. Idraulica n. 12) sonomolto importanti per il buon funzionamentodegli impianti, specialmente quando (ed è ilcaso in esame):

1. i circuiti (o parte di essi) sono a portata variabile e pertanto crescono i pericoli dicavitazione;

2. le tradizionali valvole di sfogo dell’aria (tipo MINICAL) sono poste in luoghi (come icontrosoffitti) dove risultano difficili sia i controlli che la manutenzione;

3. i piani di posa dell’isolante per i pannelli presentano irregolarità dovute a “gobbe” e grumi: cosa che succede quasi sempre inopere di restauro.

CENTRALETERMOFRIGORIFERA

Filtro

Pozzetto termometrico

Termometro a colonnina

Valvola di sicurezza

Valvola di non ritorno

Valvola di regolazione

Termometro

Pressostato

Bitermostato

Valvola di scarico termico

T T

P

Disaeratore

Valvola di taratura

Idrometro con rubinetto

Contatore di calore

Limitatore di portata

TP T

TP T

Dal

Tel

eris

cald

amen

to

t = 120°Ct = 65°C

t = 60°C

t = 55°C

t = 80°C

t = 65°C

t = 55°C

t = 80°C

t = 55°C

t = 55°C

Vaso di espansione

SCHEMA DERIVAZIONE DAL TELERISCALDAMENTO

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IDRAULICA 9

F

TT

T

Fluido caldomacchine T.A.

macchine T.A.Fluido freddo

seminterratoZona espositiva

Zona Bar

piano terraZona espositiva

Zona espositivaprimo piano

Zona salapolifunzionale

F

TT

P

TT

P

Dal Teleriscaldamento

SCHEMA FUNZIONALE CENTRALE TERMOFRIGORIFERA

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IDRAULICA10

Seppur mai messo in funzione, l’impianto diquesta zona era già stato realizzato conventilconvettori a parete e canali dell’ariaprimaria. L’impianto era del tutto analogo a quello già infunzione negli uffici attigui al museo, dove, invero, i risultati ottenuti erano stati molto negativiin quanto i ventilconvettori avevano gravementesporcato le pareti e, in parte, anche i soffitti deilocali (ved. foto sotto riportata).

Per evitare un simile degrado anche all’internodel museo, la soluzione più sicura sarebbestata senz’altro quella di rifare l’impianto “exnovo”, modificandone la tipologia. Talesoluzione era però molto costosa in quantorichiedeva anche il rifacimento dellapavimentazione.D’accordo con la Direzione del museo, si èquindi deciso per un intervento meno radicale,teso essenzialmente a limitare le cause checoncorrono a sporcare le pareti. E a tal finesono stati sostituiti i vecchi ventilconvettori conmodelli nuovi aventi le seguenti caratteristiche:

1. griglie dell’aria in uscita inclinate anzichèperpendicolari alle pareti;

2. temperature di progetto del fluido scaldantepiù basse:50°C - 44°C invece di 64°C - 59°C;

3. minor velocità di rotazione dei ventilatori;515 giri/min invece di 870 giri/min.

In pratica le varianti hanno riguardato ladirezione, la temperatura e la velocità dell’ariain uscita dai ventilconvettori: cioè le principaligrandezze che concorrono a sporcare le paretie, spesso, anche a far insorgere crepesuperficiali per “cottura” degli intonaci.

In queste zone non esistevano particolarivincoli, in quanto i pavimenti dovevano ancoraessere rifatti e si potevano anche trovare spazi(seppur molto limitati) per far passare i canalidell’aria. Inoltre le potenze termiche specificherichieste erano comprese nei limiti (comemeglio preciseremo in seguito) che consentonodi adottare gli impianti a pannelli.

In base a tali possibilità e riscontri abbiamoritenuto che l’impianto misto a pannelli ed ariaprimaria fosse la miglior soluzione perclimatizzare le zone considerate, in quanto sitratta di un impianto che:

non presenta terminali in vista,offre un elevato comfort ambientale,assicura il corretto ricambio dell’aria,consente un buon controllo dell’umidità.

Tutte queste prestazioni sono ottenibili facendosvolgere ai pannelli e all’aria primaria compitifra loro diversi ma complementari. In particolare, i pannelli servono per scambiarecalore (positivo o negativo) con l’ambiente,mentre l’aria primaria serve:

1. ad assicurare il ricambio,2. a consentire il controllo dell’umidità,3. a integrare, seppur in modo molto contenuto,

l’energia termica ceduta dai pannelli.

ZONA ESPOSITIVA DEL PIANOSEMINTERRATO

ZONA ESPOSITIVA DEL PIANOTERRA E DEL PRIMO PIANO

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IDRAULICA 11

C32

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96

C37

3/4"

SCHEMA DISTRIBUTIVO PANNELLI - ZONA ESPOSITIVA PRIMO PIANO

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Le potenze termiche specificherichieste per climatizzare le zoneconsiderate erano mediamentevariabili:- da 75 a 90 W/m2 per il

riscaldamento,- da 30 a 35 W/m2 per il

raffrescamentoed erano pertanto (come giàaccennato) comprese nei limiti,fisiologici e funzionali, checonsentono di adottare gliimpianti a pannelli (ved. inmerito numeri 9 e 10 di Idraulicae IV° Quaderno CALEFFI - Gliimpianti a pannelli radianti).I valori relativamente bassi di talipotenze erano dovuti soprattuttoall’elevato spessore dei muri,alla qualità degli infissi, nonchèalla limitata conducibilità edestensione delle superficivetrate.

I pannelli radianti

Sono stati realizzati con tubi inPEX dotati di barriera contro ladiffusione dell’ossigeno e aventidiametro 20/16. Diametri piùpiccoli avrebbero limitato troppole portate, facendo cosìcrescere sensibilmente sia ilnumero dei pannelli, sia la lunghezza dei tubirichiesti.Ad esempio, nel caso considerato, il diametro17/13 avrebbe richiesto (a pari salto termico)340 pannelli rispetto ai 242 realizzati e unamaggior lunghezza dei tubi pari a circa il 30%.

Per assicurare una buona omogeneità delletemperature a pavimento, i pannelli sono statidimensionati a basso salto termico e consviluppo a spirale. Inoltre, nel definire le zone dipavimento coperte dai pannelli, sono statilasciati (ved. disegno allegato) piccoli corridoilaterali, di circa 60-70 cm, per far passare i cavielettrici e di trasmissione dati.

L’impianto è stato dimensionato in base allapotenza termica richiesta per riscaldare i locali.Per il raffrescamento si è considerata inveceuna potenza termica mediamente uguale al30% di quella erogata per il riscaldamento.

Per la posa dei tubi sono stati utilizzati pannellipreformati in polistirolo con appositi supporti difissaggio.

La dilatazione dei pavimenti (quasi tutti in cotto)è stata assicurata con giunti sia periferici cheprincipali. I giunti periferici, cioè quelli che servono acreare discontinuità tra il pavimento e lestrutture verticali (pareti, colonne, pilastri,gradini, ecc...), sono stati realizzati con bordiperimetrali da 6 mm in polietilene espanso.I giunti principali, cioè quelli che servono adinterrompere la continuità del massetto, sonostati invece ottenuti con striscie di polistirololeggero (12÷16 kg/m3) da 8 mm e hannoseparato fra loro superfici di pavimento di circa:- 40 m2 per le zone a sviluppo rettangolare,- 60 m2 per le zone ad L o a T.

IDRAULICA

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IDRAULICA 13

A livello del pavimento, questi giunti sono statifiniti dapprima con profilati di plastica ad Urinforzati internamente con un’anima in gomma,e poi, su utilissimo suggerimento di unposatore, con pasta di silicone mista a cottofinemente pestato.

Le cassette di derivazione dei pannelli

Ogni cassetta installata (in totale ce ne sono54) contiene:

- 2 valvole di intercettazione generale,- 1 filtro a cestello,- 1 regolatore automatico di portata Autoflow,- 1 valvola motorizzata a 2 vie,- 2 collettori fra loro indipendenti,- 2 valvole di sfiato dell’aria MINICAL,- 2 rubinetti di scarico,- valvole di taratura e intercettazione dei

pannelli.

I circuiti per la distribuzione del fluido

Sono del tipo a portata variabile: cosa d’altraparte facilmente intuibile per la presenza divalvole motorizzate a 2 vie nelle cassette diderivazioni dei pannelli.La soluzione con portata variabile è statapreferita a quella con portata costante (cioèquella con valvole a 3 vie) in quanto consente,al chiudersi delle valvole, di far lavorare lepompe con potenze più basse.

E’ così possibile, considerando l’ordine dellegrandezze in gioco, ottenere sensibili risparmisui costi di esercizio delle pompe stesse.

Per la distribuzione del fluido vettore sono stati realizzati circuiti lineari a due tubibilanciati dinamicamente con Autoflow incorrispondenza di ogni cassetta.

Gli Autoflow si sono rivelati di grande utilità siaper bilanciare i circuiti (cosa tutt’altro chesemplice vista la loro estensione), sia perrealizzare facilmente varianti in corso d’opera:prestazione questa utilissima negli interventi direstauro, dove sotto ogni intonaco e ogni pietrapuò nascondersi un manufatto che imponenuovi percorsi dei tubi o nuove collocazioni deiterminali e delle cassette.

Nati in America per le esigenze impiantistichedei grattacieli e dei grandi centri commerciali -cioè per le esigenze dell’edilizia più avanzatadel 20° secolo - gli Autoflow si sono rivelati

molto utili anche perrisolvere problemiimpiantistici connessiall’edilizia di 2.000anni fa.Per esempio a SantaGiulia ci sono stati digrande aiuto persuperare (senzadover continuamenteridimensionare icircuiti) un lungo trattodi strada romana, ungrande mosaico apavimento e un pozzolongobardo: manufattivenuti alla luce solodurante l’esecuzionedei lavori.

La regolazione degli impianti a pannelli

E’ stata realizzata una regolazione di tipo siacentrale che locale.La regolazione centrale è ottenuta con unavalvola modulante a tre vie posta a monte dellepompe. La regolazione locale è invece attuata convalvole a due vie (poste in ogni cassetta) ingrado di attivare o disattivare la circolazione delfluido attraverso i pannelli.

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IDRAULICA14

Nel periodo invernale, la regolazione centrale èdi tipo climatico: cioè la valvola a tre vie regolala temperatura del fluido in relazione allatemperatura esterna.La regolazione locale (su segnalazione dellasonda di controllo) interviene bloccando ilflusso del fluido solo quando la temperaturaambiente supera il valore voluto: cosa che puòavvenire facilmente per apporti di calore dovutiall’irraggiamento solare o alla presenza dipersone.In questo caso la sonda di controllo localeagisce come un semplice termostato.

Nel periodo estivo invece la regolazionecentrale è a punto fisso, mentre la regolazionelocale (sempre su segnalazione della sonda dicontrollo) blocca il flusso del fluido sia quandola temperatura ambiente scende sotto il valorevoluto, sia quando l’umidità ambiente superaun limite prefissato.In questo caso la sonda di controllo localeagisce come un termoumidostato.

La distribuzione dell’aria primaria

L’aria primaria è distribuita al piano terra concanali interrati e al primo piano con canali acontrossoffitto.

I canali interrati del piano terra si sviluppanosotto lo strato isolante dei pannelli radianti eimmettono aria nei locali attraverso diffusorirettangolari a doppia alettatura posti a circa 30cm di altezza rispetto al piano del pavimento.Per evitare fenomeni di corrosione, i canali sonostati protetti con fogli bitumati da 3 mm saldatia caldo.

I canali a controssoffitto del primo piano sisviluppano, come indicato nel disegno riportatoa lato, nei controssoffitti delle navate laterali.L’aria è immessa nelle sale sia con diffusorirettangolari a parete, sia con diffusori lineari asemplice feritoia posti a controssoffitto.

Tutti i canali sono doppi con interposto unpannello di lana minerale da 30 mm.

Per la climatizzazione di questa grande sala,che può essere riservata sia ad esposizionitematiche che a congressi, è stato adottato unimpianto strutturalmente uguale a quello dellealtre sale espositive. L’unica variante riguardal’impianto dell’aria, che è stato dimensionatoanche per poter far fronte alle esigenze di unasala congressi.

Questa zona, realizzata “ex novo” sopra i localidelle centrali termofrigorifere ed elettriche, èstata climatizzata con ventilconvettori a pareteinseriti nelle strutture d’arredo.Non era qui proponibile una soluzione apannelli in quanto erano richieste potenzetermiche (sia per il caldo che per il freddo)troppo elevate. D’altra parte, essendo il localenuovo, non sussistevano particolari vincoliarchitettonici.

Tutti gli impianti di climatizzazione, così comequello antincendio, sono gestiti e supervisionatida un sistema centrale computerizzato checonsente di:

poter condurre gli impianti, in modo del tuttoautomatico;effettuare la rotazione delle macchine piùsoggette ad usura (pompe, gruppi frigoriferi,ecc...);impostare simulazioni atte a migliorarel’efficienza dell’impianto;verificare i principali valori di funzionamento,quali: temperature, pressioni, umiditàrelative, ecc....

Inoltre, sul terminale video, sono segnalate intempo reale tutte le situazioni di allarme e difunzionamento anomalo degli impianti.

ZONA SALAPOLIFUNZIONALE

ZONA BAR

SISTEMA DI GESTIONECENTRALIZZATO

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IDRAULICA 15

SCHEMA DISTRIBUTIVO CANALI ARIA PRIMARIA - ZONA ESPOSITIVA PRIMO PIANO

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IDRAULICA16

Gli impianti sono già in funzione da circa unanno. Il funzionamento invernale (avviato amuseo ancora in fase di allestimento) è servitoa facilitare l’arredo del museo e ad evitarel’insorgere di muffe sui nuovi intonaci.L’avvio degli impianti non ha presentatoproblemi e nessun pannello ha richiestospurghi manuali dell’aria: merito questo quasicertamente da attribuire all’azione deidisaeratori di microbolle posti in centrale.

Il sistema automatico di gestione ha inoltreconsentito un buon controllo degli impianti enon è mai stato necessario ricorrere ai comandialternativi manuali previsti per poter far fronte aguasti del sistema o a programmi infettati da“virus”.

Nel periodo invernale la curva di regolazionedei pannelli è stata impostata tra i punti:P1 ( 20, 20 ) e P2 ( -7, 45 ), mentre le sonde dizona sono state regolate a 19°C. L’aria primariaè stata immessa ad una temperatura variabiletra 19 e 23°C.

Nel periodo estivo invece, latemperatura di mandata delfluido è stata fissata a 15,5°C,mentre le sonde di zona sonostate generalmente regolate a24°C e ad una umidità relativadel 70%. L’aria primaria è stataimmessa a 15°C.

Fino ad oggi tutti gli impiantihanno coerentemente dato leprestazioni richieste e non hannopresentato inconvenienti, ancheperchè nulla era sperimentale.Seppur in contesti diversiavevamo già collaudato tutte lesoluzioni adottate.

IL FUNZIONAMENTO DEGLIIMPIANTI

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IDRAULICA 17

A lavoro finito, ci pare che l’inserimento degliimpianti abbia sostanzialmente rispettato leforme e le strutture esistenti. Gli unici materialiimpiantistici in vista sono infatti le cassette dizona, le sonde e le bocchette dell’aria primaria:materiali in pratica non occultabili e comunquedalla presenza assai discreta e neutra.Per mettere a punto le soluzioni adottate ci sonostati di molto aiuto:

1. Il costante confronto con gli altri progettisti.E’ servito ad evitare soluzioni non rispettose della realtà e delle esigenze impiantistiche.

2. L’uso di tecniche e di materiali nuovi.Abbiamo tuttavia utilizzato solo tecniche e materiali di sicuro affidamento, dato che non sono di certo questi i luoghi dove si può faresperimentazione.

3. L’assidua presenza in cantiere. In questiinterventi gli imprevisti sono all’ordine delgiorno ed esigono verifiche “in loco”, nonchèadeguamenti precisi e puntuali.

4. Il non lesinare mai tempo nè energienell’inseguire la giusta soluzione, o almenoquella che sembra tale.

Chi ha il privilegio e l’onere di prestare il suolavoro in luoghi come questi, forgiati da unaserie di eventi straordinari e irripetibili, non devemai dimenticare che la loro bellezza e il loroequilibrio sono incredibilmente fragili epossono essere compromessi, in modoirrimediabile, da un intervento imprudente, daun’ingerenza inutile o da qualche “nuovaproposta” gratuita e banale.

Vogliamo infine ringraziare alcune persone cheabbiamo sentito molto vicine nello svolgerequesto lavoro, ed in particolare:l’avv. Pompeo Anelli e il dott. Luigi Agostini,infaticabili nel risolvere i problemi finanziari eorganizzativi che ostacolavano il regolare corsodei lavori;l’ing. capo dei lavori pubblici Mario Lucchini,costante e indispensabile punto di riferimentoper le sue capacità tecniche e probità morale;l’arch. Gigi Fasser per la sua professionalità,

cultura e pazienza;gli ingg. Luciano Arvatie Renzo Lanfranchi,collaudatori attenti,capaci, rigorosi in modogiusto ed equilibrato;il geom. GiammarcoPilia, prezioso comememoria storica delcantiere e coordinatoredei lavori;Piera Tabaglio e GiulianaVentura a cui dobbiamotutte le fotografie delmuseo;il geom. Franco Resconi,“impiantista” di razza,per acume, buon sensoe concretezza.

NOTE CONCLUSIVE

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18 IDRAULICA

INFORMAZIONI PRAT ICHE

Gli impianti a pannelli radianti necessitano di appositi dispositivi per la distribuzione edil controllo del fluido riscaldante nel circuito idraulico. Ciascuno di essi svolge unadeterminata funzione per soddisfare al meglio le esigenze di questo tipo di impianto.

ESIGENZA

Intercettare manualmente od automaticamente la portata di fluido inviato ad ogni pannello.

Regolare accuratamente la portata di fluido inviato ad ogni pannello e bilanciare i vari circuiti derivati dallo stesso collettore.

Spurgare l’impianto ed eliminare automaticamente l’aria contenuta nel circuito idraulico.

Collegare i collettori con le tubazioni di materiale plastico utilizzate per i pannelli.

Controllare la portata reale inviata a ciascun pannello oppure controllare la temperatura di ritorno da ogni pannello.

Filtrare il fluido in ingresso al collettore.

Bilanciare automaticamente alla portata nominale il circuito idraulico dei collettori.

Controllare le temperature di mandata e di ritorno dei collettori ed eventualmente intercettare la portata di fluido.

RISULTATO

Si può controllare ogni locale in modoindipendente, limitandone la temperatura al valoredesiderato.

Si evitano squilibri idraulici tra i vari circuiti e sigarantisce il funzionamento dei pannelli secondole richieste termiche di progetto.

Si evita che la formazione di aria ostacoli lacircolazione del fluido e comprometta la resatermica dei pannelli.

Si possono accoppiare con un raccordo unico lamaggior parte delle tubazioni in materiale plastico,sia monocomponente che multistrato, presenti sulmercato.

Si verifica l’effettiva resa termica del singolopannello, garantendo la corrispondenza tra i datidi progetto e le condizioni reali di funzionamento.

Si impedisce che la sporcizia possa depositarsisulla sede delle valvole o lungo le tubazioni,compromettendo il funzionamento dell’impianto.

Ad ogni collettore si garantisce sempre la portatanominale di progetto in ogni condizione difunzionamento dell’impianto.

Si può conoscere la reale potenza termicacomplessiva distribuita a ciascuna zonadell’impianto mediante la coppia di collettori edintervenire per eventuali manutenzioni del circuitoservito.

IMPIANTI A PANNELLI RADIANTILa distribuzione del fluido

CALE

FFI

CALE

FFI

°C

0

20

80

6040

°C

0

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0

8642

10

0

8642

10

0

8642

10

0

8642

10

0

8642

CALEFFI

CALEFFI

10

0

8642

10

0

8642

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0

8642

10

0

8642

10

0

8642

10

0

8642

CALEFFI

CALEFFI CALEFFI

CALEFFI

°C

0

20

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°C

0

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RITORNOIMPIANTO

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CALEFFI

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0

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serie656+666

serie667

serie5996

serie680

serie1209

serie1209

serie391

serie669657

°C

0

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6040

CALE

FFI

°C

0

20

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CALE

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0

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0

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8642

10

0

8642

10

0

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10

0

8642

10

0

8642

CALEFFI

Page 19: Idraulica 15 It

19IDRAULICA

INFORMAZIONI PRAT ICHE

Gli impianti a pannelli radianti necessitano di appositi sistemi di regolazione dellatemperatura del fluido riscaldante inviato ai vari circuiti. A seconda delle diverseesigenze termiche dell’impianto, essi possono essere configurati con vari componenti.

IMPIANTI A PANNELLI RADIANTILa regolazione

ESIGENZA

Inviare ai pannelli fluido con temperatura variabile a seconda delle condizioni esterne ed interne;

programmare i livelli di comfort ed attenuazione;

permettere il collegamento ad ogni tipo di circuito ad alta temperatura;

garantire il non superamento della temperatura limite di sicurezza;

permettere di realizzare facilmente il collegamento idraulico ed elettrico.

ESIGENZA

Inviare ai pannelli fluido a temperatura fissa al variare delle condizioni di funzionamento dell’impianto;

garantire il non superamento della temperatura limite di sicurezza;

permettere facilmente il collegamento con i collettori di distribuzione contenendo gli ingombri;

permettere l’abbinamento a circuiti ad alta temperatura;

permettere, nonostante la semplicità funzionale, di soddisfare le esigenze termiche richieste.

RISULTATO

Si minimizza l’inerzia termica delpavimento, inviando ai pannelli ilfluido alla minima temperaturanecessaria per far fronte alfabbisogno termico richiesto. Sipossono impostare condizionivariabili di temperatura ambientenell’arco della giornata; ci si può collegare a caldaie con osenza il proprio circolatore; siimpedisce che fluido ad altatemperatura possa danneggiareil pavimento e le strutture murarie;si semplificano l’installazione e lamessa in servizio.

RISULTATO

Si mette velocemente a regimel’impianto; si limita la massimatemperatura del fluido evitandoche possa danneggiare ilpavimento o le strutture; siinserisce in schemi distributivi di tipo misto con radiatori ad alta temperatura; rende minima la spesa per realizzare laregolazione termica dell’impianto.

0,25

0,5

0,75

1,0

1,25

1,5

1,75

2,0

2,25100

80

60

40

20-20-15-10-505101520

12

3

6

9

18 1716

15

1413

1211

10

9

8

7654

3

21

2423

22

21

2019

WATCH

CALEFFI

0,25

0,5

0,75

1,01,25

1,5

1,75

2,0

2,25

20

MANDATAIMPIANTO7

1

4

2

6

7

3

5

RITORNOIMPIANTO

ARRIVOCALDAIA

RITORNOCALDAIA

8

5550

···

···

45

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80

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CALEFFI

1

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3 4

5

6

7

7 8

8

8

RITORNOCALDAIA

ARRIVOCALDAIA

MANDATAIMPIANTO

RITORNOIMPIANTO°C

0

20

80

6040

Gruppo di regolazione climaticaserie 150

1. Miscelatore a campana a 4 vie

2. Programmatore climatico

3. Pompa di circolazione

4. Valvola differenziale di by-pass

5. Sonda temperatura di mandata.

6. Sonda temperatura esterna

7. Termometri a pozzetto

8. Regolatore della temperatura max

9. Sonda temperatura interna serie 151

Gruppo di regolazione apunto fisso serie 160

1. Dima per l’inserimento del circolatore

2. Valvola termostatica

3. Valvola di taratura

4. Valvola differenziale di by-pass

5. Valvola a sfera con ritegno incorporato

6. Termostato di sicurezza

7. Termometri

8. Predisposizione al collegamento delle prese di pressione

20 °C19

18 1716

2122 23

24

9

Page 20: Idraulica 15 It

IDRAULICA

CA

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Progettato per ottenere una totale disaerazione dell’acqua

Evita danni alle caldaie

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Ottimizza il rendimento dei corpi scaldanti

Brevettato