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1 II RICERCA SU L’IMMAGINE DELLA SICILIA NELLA STAMPA NAZIONALE E LOCALE di Salvatore Costantino e Cirus Rinaldi L’ISOLA PLURALE Dicono gli atlanti che la Sicilia è un'isola e sarà vero, gli atlanti sono libri d'onore. Si avrebbe però voglia di dubitarne, quando si pensa che al concetto d'isola corrisponde solitamente un grumo compatto di razza e costumi, mentre qui tutto è dispari, mischiato, cangiante, come nel più ibrido dei continenti. Vero è che le Sicilie sono tante, non finiremo mai di contarle. Vi è la Sicilia verde del carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla dello zolfo, quella bionda del miele, quella purpurea della lava. Vi è una Sicilia «babba», cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia «sperta», cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Vi è una Sicilia pigra, una frenetica; una che si estenua nell'angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di carnevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio... Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte di trovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, fra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d'identità, né so se sia un bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l'allegria di sentirsi seduto sull'ombelico del mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del proprio destino. Capire la Sicilia significa dunque per un siciliano capire se stesso, assolversi o condannarsi. Ma significa, insieme, definire il dissidio fondamentale che ci travaglia, l'oscillazione fra claustrofobia e claustrofilia, fra odio e amor di clausura, secondo che ci tenti l'espatrio o ci lusinghi l'intimità di una tana, la seduzione di vivere la vita come un vizio solitario. L'insularità, voglio dire, non è un g a segregazione solo geografica, ma se ne porta dietro altre: della provincia, della famiglia, della stanza, del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la diffidenza, il pudore; e il senso di essere diversi.Diversi dall'invasore (che è più alto: il normanno non si può prenderlo a pugni, si può solo colpirlo al ventre con un coltello...); diversi dall'amico che viene a trovarci ma parla una lingua nemica; diversi dagli altri, e diversi anche noi, l'uno dall'altro, e ciascuno da se stesso. Ogni siciliano è, di fatti, una irripetibile ambiguità psicologica e morale. Così come l'isola tutta è una mischia di lutto e di luce. Dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce, e fa sembrare incredibile, inaccettabile la morte. Altrove la morte può forse giustificarsi come l'esito naturale d'ogni processo biologico; qui appare uno scandalo, un'invidia degli dei.

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II RICERCA SU L’IMMAGINE DELLA SICILIA NELLA STAMPA NAZIONALE E

LOCALE

di Salvatore Costantino e Cirus Rinaldi

L’ISOLA PLURALE

Dicono gli atlanti che la Sicilia è un'isola e sarà vero, gli atlanti sono libri d'onore. Si avrebbe però

voglia di dubitarne, quando si pensa che al concetto d'isola corrisponde solitamente un grumo

compatto di razza e costumi, mentre qui tutto è dispari, mischiato, cangiante, come nel più ibrido dei

continenti. Vero è che le Sicilie sono tante, non finiremo mai di contarle. Vi è la Sicilia verde del

carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla dello zolfo, quella bionda del miele, quella purpurea

della lava. Vi è una Sicilia «babba», cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia «sperta», cioè

furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Vi è una Sicilia pigra, una

frenetica; una che si estenua nell'angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di

carnevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio...

Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte di trovarsi a far da cerniera nei secoli fra la

grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, fra la ragione e la magia, le temperie

del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d'identità, né so se sia un

bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l'allegria di sentirsi seduto sull'ombelico del

mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il

filo del proprio destino.

Capire la Sicilia significa dunque per un siciliano capire se stesso, assolversi o condannarsi. Ma

significa, insieme, definire il dissidio fondamentale che ci travaglia, l'oscillazione fra claustrofobia e

claustrofilia, fra odio e amor di clausura, secondo che ci tenti l'espatrio o ci lusinghi l'intimità di una

tana, la seduzione di vivere la vita come un vizio solitario. L'insularità, voglio dire, non è unga

segregazione solo geografica, ma se ne porta dietro altre: della provincia, della famiglia, della

stanza, del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la diffidenza, il pudore; e il senso di essere

diversi.Diversi dall'invasore (che è più alto: il normanno non si può prenderlo a pugni, si può solo

colpirlo al ventre con un coltello...); diversi dall'amico che viene a trovarci ma parla una lingua

nemica; diversi dagli altri, e diversi anche noi, l'uno dall'altro, e ciascuno da se stesso. Ogni siciliano

è, di fatti, una irripetibile ambiguità psicologica e morale. Così come l'isola tutta è una mischia di

lutto e di luce. Dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce, e fa sembrare incredibile,

inaccettabile la morte. Altrove la morte può forse giustificarsi come l'esito naturale d'ogni processo

biologico; qui appare uno scandalo, un'invidia degli dei.

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Da questa soperchieria del morire prende corpo il pessimismo isolano, e con esso il fasto funebre dei

riti e delle parole; da qui nascono perfino i sapori cupi di tossico che lascia in bocca l'amore. Si

tratta di un pessimismo della ragione, al quale quasi sempre s'accompagna un pessimismo della

volontà. Evidentemente la nostra ragione non è quella di Cartesio, ma quella di Gorgia, di

Empedocle, di Pirandello. Sempre in bilico fra mito e sofisma, tra calcolo e demenza; sempre pronta

a ribaltarsi nel suo contrario, allo stesso modo di un'immagine che si rifletta rovesciata nell'ironia di

uno specchio.

Il risultato di tutto questo, quando dall'isola non si riesca o non si voglia fuggire, è un'enfatica

solitudine. Si ha un bel dire che la Sicilia si avvia a diventare Italia (se non è più vero, come qualche

savio sostiene, il contrario). Per ora l'isola continua ad arricciarsi sul mare come un'istrice, coi suoi

vini truci, le confetture soavi, i gelsomini d'Arabia, i coltelli, le lupare. Inventandosi i giorni come

momenti di perpetuo teatro, farsa, tragedia o melodramma. Ogni occasione è buona, dal comizio alla

partita di calcio, dalla guerra di santi alla briscola in un caffè.

Fino a quella variante perversa della liturgia scenica che è la mafia, la quale, fra le sue mille

maschere, possiede anche questa: di alleanza simbolica e fraternità rituale, nutrita di tenebra e nello

stesso tempo inetta a sopravvivere senza le luci del palcoscenico.

È da questa dimensione teatrale del vivere che ci deriva, altresì, la suscettibilità ai fischi, agli

applausi, all'opinione degli altri (il terribile «uocchiu d'e gghenti», l'occhio della gente); e la

vergogna dell'onore perduto; e la vergogna di ammalarsi...

Non è tutto, vi sono altre Sicilie, non finiremo mai di contarle.

Questo libro ne presenta qualcuna.

Gesualdo Bufalino, 1993:5-6

1. Comunicare la Sicilia, rappresentare il cambiamento

In una recente riflessione su “Le immagini del Mezzogiorno” [Cfr. G. Gribaudi, 1999], si

analizzano acutamente i processi attraverso cui si è costruita la "rappresentazione" del

Mezzogiorno e della Sicilia: “All'esterno e all'interno c'è stata l’assunzione dell'immagine di

arretratezza. Le informazioni sono state inserite in questo quadro. Se non erano congruenti,

venivano tradotte o adattate, oppure messe da parte. [...] Tali immagini si costruiscono nel

dialogo Nord-Sud ma sono i meridionali i primi a credervi, ad appropriarsene. [...] Quando

interpretiamo uno 'sconosciuto', lo facciamo a partire da una certa organizzazione simbolica,

lo inseriamo in un sistema di significati che fa parte di un bagaglio culturale costruito in un

determinato contesto storico e nel corso della vita. Spesso scegliamo solo le informazioni

coerenti con l'immagine precostituita; così la rappresentazione si rafforza, in un circolo

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vizioso, diventa realtà, nella misura in cui il rappresentato la accetta e, più debole, finisce per

identificarvisi, la assume come propria" (ibidem: 108-109).

In questo modo viene a formarsi la rappresentazione di un Sud “simbolico, plasmato dai testi

accademici, giornalistici e letterari, e dalla loro ricezione nella sfera pubblica” (Morris 1999

cit.: 22).

Le pagine che seguono, nell’introdurre la presente ricerca, sono da intendersi come occasione

e possibilità di ridiscutere l’immagine e l’identità della Sicilia, spesso deformata, idealizzata,

mitizzata, solo poche volte corrispondente alla realtà.

Nel caso della Sicilia troppo spesso realtà e rappresentazione si mescolano sino a smarrire i

confini distintivi; per questo è necessario smontare e decostruire le immagini, le

interpretazioni, i paradigmi e gli stereotipi che storicamente e socialmente hanno definito la

Sicilia, per cercare di ricostruire un rapporto più diretto con la realtà siciliana.

Bisogna partire pertanto proprio dalla "decostruzione" di immagini della Sicilia associate a

dimensioni disfunzionali del sistema politico, economico e socio-culturale che nel tempo si

sono tradotte in stereotipi e cristallizzazioni simboliche che hanno rallentato, se non arrestato,

i processi di crescita e di sviluppo.

Si tratta. insomma, - come diceva Gesualdo Bufalino aderendo alla decrizione brancatiana

della Sicilia dei mille caratteri - di comunicare non una ma “cento Sicilie”, quella Sicilia che

soffre di “un eccesso d’identità”; che “continua ad arricciarsi sul mare come un’istrice coi

suoi vini truci, le confetture soavi, i gelsomini d’Arabia” [Bufalino, 1993: 6].

La rappresentazione della Sicilia ha fatto ampio ricorso a stereotipi negativi, a cliché e a

immagini cristallizzate che hanno pesato sull’autodescrizione come percezione e

razionalizzazione della storicità e dell’evoluzione della propria identità.

Tali mistificazioni hanno pesato non solo nell’immaginario collettivo, ma hanno posto una

tara anche nei confronti dei risultati e delle analisi delle scienze sociali, all’interno di queste

alcune ricerche di natura economico-sociale (Cersosimo, Donzelli, 2000) e le ricerche sulle

rappresentazioni stereotipate della Sicilia nei mass media (Costantino, Marrone, Trobia, 1999)

hanno offerto interessanti spunti di riflessione.

Per poter introdurre la questione appare opportuno tener conto innanzitutto del processo

interattivo e del contesto storico culturale che ha dato vita alle immagini per comprendere

davvero la storia del Mezzogiorno.

Francesco Renda riferendosi a questo quadro ha parlato della Sicilia come “realtà

sequestrata”, [Renda, 2000, 59] come “vuoto movimento ove tutto cambiava per rimanere

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sempre nella condizione di prima” . E forse la portata di questo sequestro è duplice anche nel

senso che la Sicilia è stata tagliata fuori dall’Europa e contemporanemente dal Mediterraneo.

“L’isola non abbastanza isola” di Borgese era rimasta, anche nel pensiero prodotto dai

siciliani su se stessi , come ha sostenuto Sebastiano Aglianò, isolata. Per troppo tempo la

Sicilia non è stata comunicata ma “replicata”, non è stata de-scritta, ma pre-scritta.

Ci siamo trovati di fronte ad un perverso stallo analitico che è diventato, il più delle volte, un

pesante ostacolo alla comprensione del cambiamento e ha spinto a considerare la Sicilia

come un blocco monolitico (Cersosimo, Donzelli, 2000).

Il nodo centrale della questione risiede pertanto sulla necessità di analisi e di conoscenza

scientifica dei fatti relativi alla Sicilia, partendo dalla “decostruzione” di immagini della

Sicilia associate a dimensioni disfunzionali del sistema politico, economico e socio-culturale

che nel tempo si sono tradotte in stereotipi e cristallizzazioni simboliche che hanno rallentato,

se non arrestato, i processi di crescita e di sviluppo.

Tra gli obiettivi da perseguire sia sul versante della riflessione e dell’analisi scientifica, sia su

quello dell'azione e delle scelte politiche, c'è sicuramente la ridefinizione e la rifondazione di

un immaginario collettivo non più caratterizzato da clientelismo, arretratezza, sottosviluppo,

conservatorismo, come “forme simboliche” sclerotizzatesi non soltanto nello sguardo dell’

’altro’ ma soprattutto nei processi di auto-rappresentazione degli stessi siciliani.

Oggi il discorso sulla Sicilia si va facendo sempre più differenziato e approfondito.

Probabilmente si è fatta più matura la convinzione che la riflessione sulle potenzialità della

Sicilia faccia ormai parte integrante dello sforzo progettuale dell’individuazione-

rivendicazione di una nuova, positiva e aperta identità siciliana. Su quale capitale sociale e

culturale essa può fare leva , quali risorse di fiducia e di cooperazione saprà mobilitare? C’è

un modo per sentirsi “siciliani”, senza con ciò sentirsi “altri”, “esclusi”, “diversi”?

Pensare, dunque, la Sicilia “normale” che mette in movimento processi reali di sviluppo e

che consentano una efficace rappresentazione di sé oltre le rappresentazioni caricaturali e

univoche di una Sicilia tutta familista, clientelare, uncivic.

Proprio in questa prospettiva, è necessario far emergere le energie latenti del Mezzogiorno,

superare la logica della mera predica, per far conoscere e comunicare la Sicilia che lavora e

riesce, che pensa e progetta1, .

1 Si pensi alle recenti esperienze siciliane di sviluppo che hanno successo e che possono fungere da meccanismi trainanti, innescando fenomeni di “diffusività” dello sviluppo, si fa riferimento in particolare alla produzione vinicola di qualità siciliana che sembra muoversi nell’ambito di questi circuiti virtuosi. La viticoltura siciliana, per lungo periodo unilateralmente dedita alla produzione di vini da taglio, ha saputo, pur lentamente, migliorare la qualità del vigneto, le tecniche di cantina e la sperimentazione fino a delineare la fase attuale caratterizzata da grande espansività: formazione di ceti imprenditoriali innovatori, miglioramento delle tecnologie e della qualità

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Leonardo Sciascia sosteneva che la scrittura aveva consumato nell’isola tutti i codici e ogni

presa descrittiva, nella convinzione che sulla Sicilia era impossibile scrivere, e che su di essa

si potesse solo riscrivere. Ma questa impossibilità è riferita alla saturazione raggiunta dai

linguaggi del mito, delle tragiche pratiche della violenza e dello stragismo mafiosi, del

trasformismo politico e della depressione. E’ possibile scrivere della Sicilia legando i

processi postfordisti di crescita esponenziale dell’economia dell’informazione e della rete, la

Net economy?

Si tratta di ripensare la Sicilia attraverso una visibilità centrata sui processi reali e non tutta

consumata, come spesso accade, nei riti della mediatizzazione e della spettacolarizzazione.

Si deve tornare a scrivere sulla Sicilia “normale”, a immaginarla senza trascurare la memoria

ma facendo attenzione a non irrigidirla, a non sovraccaricarla sino a renderla un fardello che

impedisce l’azione e l’innovazione, una sorta di alibi per il “non fare”, per l’immobilismo,

chiudendo lo spazio al futuro. La memoria va considerata, invece, come risorsa fondamentale

nel processo di costruzione di una identità positiva della Sicilia, un “attributo strategico” e

“input immateriale dello sviluppo socio-economico localizzato” (Cersosimo, Donzelli, 2000:

264), badando però che la medesima non diventi, attraverso processi di stereotipizzazione e di

mitizzazione, sostituito cristallizzato e monolitico di processi reali e differenziati.

In tale contesto i mass-media svolgono una funzione di primo piano nella costruzione sia a

livello individuale che collettivo di frame, script, mappe cognitive, rappresentazioni

simboliche fondamentali non solo per guidare i comportamenti sociali e favorire la

comprensione della società nel suo insieme, ma anche, nello specifico, variabili chiave nel

processo di costruzione delle reputazioni individuali e collettive, principali sacche simboliche

di quel capitale d’opinione sul quale fondare una società civile reale e ridefinire progetti e

programmi.

“Le interpretazioni che le news offrono al pubblico ricostruiscono quindi mondi sociali, storie

ed escatologie, evocano motivi di preoccupazione e di speranza, suggeriscono assunti per

decidere cosa notare e cosa ignorare, chi sia da considerare rispettabile o eroico e chi no. Le

notizie si soppiantano a vicenda e a loro volta traggono il proprio significato da altri resoconti

o da altre notizie sempre nel contesto di una certa prospettiva storica e ideologica. Non

del prodotto, diversificazione produttiva e, quindi, allargamento del mercato con la crescita notevole della internazionalizzazione delle imprese vinicole siciliane specie per il settore dei vini fini in bottiglia. La formazione di ceti imprenditoriali che puntano con decisione sull’innovazione e sulla qualità ha innescato un processo di valorizzazione del territorio in cui operano, stimolando la formazione di relazioni, per molti versi, inedite tra economia, storia, cultura, patrimonio artistico e ambientale. Questo processo di sviluppo della produzione vinicola di qualità si accompagna alla riscoperta del nostro immenso capitale culturale (si veda Costantino, Artista (a cura di) 2003).

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stupisce quindi che i vari gruppi di interesse tentino di modellare contenuti e forme delle

news, di quelle televisive e di quelle stampate, poiché creare un mondo dominato da un

gruppo specifico di problemi significa creare nello stesso tempo consenso nei confronti di

determinati corsi di azione" (Edelman, 1992: 32).

Fiducia, immagine, reputazione ed informazione diventano le parole-chiave di una nuova

idea di sviluppo. Spesso i media hanno determinato un’immagine statica e fuorviante e dello

sviluppo nell’isola e dei principali processi socio-culturali che in essa hanno luogo,

pervenendo alla costruzione di un’identità culturale siciliana in piena simbiosi con una certa

rappresentazione di arretratezza associata ad immagini del crimine organizzato molto più

affini alla fiction e a certe produzioni cinematografiche americane e nostrane (Beare, 2000;

Lawton, 2002; Albano, 2003) piuttosto che ad una lettura della diversità meridionale e

siciliana in particolare.

In tal senso si può ipotizzare che i mass-media contribuiscano a formare rappresentazioni

sociali dei fenomeni che, nel caso della ‘messa in scena’ dello sviluppo e delle immagini

legate al Sud, hanno sovente rappresentato distorsioni che si frappongono come pesanti

ostacoli ad una piena ed equilibrata comprensione dei processi di cambiamento che hanno

luogo in Sicilia.

Serge Moscovici (1989) introduce, modificando il concetto durkheimiano di rappresentazioni

collettive, la nozione di rappresentazioni sociali. Queste ultime vengono definite come

modalità di conoscenza che permettono non solo l’elaborazione dei comportamenti ma che

favoriscono altresì che abbia luogo la comunicazione tra gli individui semplificando la

complessità della in immagini facilmente veicolabili e trasmissibili. La funzione principale

delle rappresentazioni sociali sarebbe orientata all’ordinare la realtà attraverso categorie per

prevenire il disorientamento e la dissonanza.

Le rappresentazioni sociali sono definibili pertanto quali «[…] teorie ingenue, proprie del

senso comune, che esprimono sistemi di valori, convinzioni e norme di comportamento, dotati

della duplice funzione di organizzare la percezione del mondo e di servire da codice condiviso

per la comunicazione sociale e gli scambi interpersonali» (Palmonari, 1989: 189), «una forma

di conoscenza, socialmente elaborata e condivisa, avente un fine pratico e concorrente alla

costruzione di una realtà comune ad un insieme sociale» (Jodelet 1992, 48).

Le rappresentazioni sociali pertanto costituiscono dei processi socio-cognitivi di costruzione

simbolica della realtà, non bisogna considerarle esclusivamente come idee, concetti o

credenze su un dato fenomeno o un evento sociale. Esse rappresentato le risorse che gli

individui e i gruppi utilizzano al fine di comprendere, classificare e prendere posizioni rispetto

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alla realtà sociale, costituendo specifiche modalità di organizzazione dell’esperienza e di

‘narrazione’ al fine di rendere familiare ciò di cui difficilmente si può rendere conto.

Oggi, in particolar modo, bisogna prestare particolare attenzione ai mass media, e alla loro

funzione riproduttiva e integrativa: "c'è un continuo bisogno di ri-costituire il 'senso comune'

o la forma di comprensione che crea il substrato di immagini e significati senza i quali

nessuna collettività può operare" (Moscovici, 1989, 40).

I mass-media diffondendo rappresentazioni della realtà sociale contribuiscono non solo a

rendere disponibili presso la collettività risorse simboliche, ma coadiuvano le

rappresentazioni sociali riprodotte a convezionalizzare gli oggetti (Moscovici, 1989:27) e ne

favoriscono il carattere di prescrittività.

Attraverso esse diamo forma alla realtà, la rendiamo più facilmente riconoscibile, più

facilmente adattabile alla nostra rappresentazione di essa, la modelliamo secondo le nostre

immagini e «persino quando una persona o un oggetto non si conforma precisamente al

modello, li forziamo ad assumere una data forma, a entrare in una data categoria, anzi a

divenire identici ad altri anche a rischio di non capirli né decodificarli» (Moscovici, 1989:

27). «[…] lo scopo di tutte le rappresentazioni è quello di rendere qualcosa di inconsueto, o

l’ignoto stesso, familiare» (Moscovici, ibidem:45).

Esse sono dotate di una particolare “forza”, «[…] forza che è la combinazione di una struttura

che è presente addirittura prima che noi cominciamo a pensare e di una tradizione che

stabilisce cosa dobbiamo pensare» (Moscovici, ibidem).

Esse possono essere definite, tenendo conto di quanto finora detto, come «[…] sistemi di

valori, idee e pratiche con una duplice funzione: primo stabilire un ordine che permetta agli

individui di orientarsi all’interno del loro mondo materiale e sociale e di controllarlo;

secondo, permette che la comunicazione abbia luogo tra i membri di una comunità

fornendogli un codice per lo scambio sociale e un codice per nominare e classificare in modo

non ambiguo i vari aspetti del loro mondo e della loro storia individuale e di gruppo»

(Moscovici, 1973:XIII; traduzione mia)2.

L’elaborazione di una rappresentazione sociale è determinata da due fondamentali processi

generatori: l’ancoraggio (ancrage) e l’oggettivazione (objectivation). Per ancoraggio

s’intende quel processo di inserimento di un qualcosa o di qualcuno sconosciuto o minaccioso

in un quadro contestuale in modo da poterlo interpretare e controllare. Moscovici lo definisce

2 “[…] systems of values, ideas and practices with a twofold function: first to establish an order which will enable individuals to orientate themselves in their material and social world and to master it; and secondly to enable communication to take place among the members of a community by providing them with a code for social exchange and a code for naming and classifyng unambigously the various aspects of their world and their individual and group history” ( Moscovici, 1973, p.XIII).

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come quel «[…]processo che porta qualcosa di estraneo e disturbante che ci riguarda nel

nostro particolare sistema di categorie e lo confronta con il paradigma di una categoria che

riteniamo adatta» (Moscovici,1989:51).

Il processo di ancoraggio si definisce attraverso le dinamiche di classificazione e di

categorizzazione, attraverso le quali si determina un modello al quale riferire, nelle interazioni

sociali, un specifico comportamento (evento, oggetto, fenomeno) e dal quale far derivare

adeguamenti e di scostamenti e relative forme di sanzione.

«Nella misura in cui un dato oggetto o una data idea è confrontato con il paradigma di una

categoria, esso acquisisce le caratteristiche di quella categoria ed è ri-accomodato per

riadattarsi ad essa. Se la classificazione così ottenuta è generalmente accettata, allora qualsiasi

opinione che si riferisca a quella categoria si riferirà anche a quell’oggetto o a quell’idea»

(ibid., 51-52)3.

I sistemi di classificazione e di categorizzazione non servono esclusivamente a classificare o

assegnare ed etichettare persone, gruppi o oggetti, essi servono piuttosto a semplificare e

facilitare l’interpretazione e la comprensione di caratteristiche ed interazioni dietro i

comportamenti della gente e a formare opinioni ( Moscovici, 1989:59).

Il processo di oggettivazione consiste nell’incorporamento di concetti e fenomeni che non

sono chiari in realtà concrete e facilmente percepibili: «Oggettivare significa scoprire la

qualità iconica di un’idea o di un essere imprecisi, riprodurre un concetto in un’immagine»

(Moscovici, 1989:61; corsivi miei).

Attraverso il processo di oggettivazione viene estratto dal concetto da agire un “nucleo

figurativo” con la funzione di riprodurre per immagini l’invisibile. Tali immagini –facilmente

utilizzabili e fruibili- vengono utilizzate nelle comunicazioni intra e inter-sistemiche

quotidiane: assumendo il ruolo di principale materiale di scambio dei sistemi comunicativi

sociali, definiscono la funzione strumentale del fenomeno considerato (Palmonari, 2002:84)4.

3 Moscovici continua a riguardo specificando che : “Ancorare è, quindi, classificare e dare un nome a qualcosa. Le cose che non sono classificate e sono prive di un nome sono aliene, inesistenti e, nello stesso tempo, minacciose.[…]. Classificando ciò che non è classificabile, assegnando un nome a ciò che è innominabile, noi siamo in grado di immaginarcelo, di rappresentarcelo. Difatti, la rappresentazione è, fondamentalmente, un sistema di classificazione e di denotazione, di assegnazione di categorie e nomi. La neutralità è proibita proprio dalla logica del sistema in cui ciascun oggetto ed essere deve avere un valore positivo o negativo ed assumere un dato posta in una gerarchia chiaramente graduata. Quando classifichiamo una persona tra i nevrotici, gli ebrei o i poveri, ovviamente non stiamo semplicemente enunciando un fatto, ma la stiamo valutando ed etichettando. E , così facendo, riveliamo la nostra «teoria » sulla società e sulla natura umana” (Moscovici,1989:52) 4 Moscovici ed Hewstone (1983) identificano altri aspetti del processo di oggettivazione: la personificazione, ovvero l’associazione di idee e/o teorie a personalità che ne diventano simbolo e la figurazione, ovvero la sostituzione che il senso comune opera di nozioni complesse con immagini e metafore

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I mass-media hanno spesso trascurato le interpretazioni di una Sicilia articolata, differenziata,

tendendo ad unificarla in una rappresentazione totalizzate in cui si sono condensati e appiattiti

mito, folclore, tipi antropologici, storia, identità e immaginario collettivo.

Ogni rappresentazione sociale implica la considerazione della sua componente immaginaria:

l’immaginario sociale è da considerarsi componente fondamentale nelle analisi sociologiche e

specifica prospettiva di ricerca (Durand, 1993; Fourastié e Jaron, 1993).

“[…] le immagini che le persone hanno le une delle altre sono i solidi fatti della società”,

afferma Charles H.Cooley e continua: “Non intendo che la società debba essere studiata

meramente attraverso l’immaginazione – […] – ma che l’oggetto di studio è innanzitutto

un’idea immaginativa o un gruppo di idee nella mente, che dobbiamo immaginare le

immaginazioni. L’intima comprensione di ogni fatto sociale risiederà nella necessità di intuire

ciò che gli uomini pensano l’uno dell’altro” (Cooley,1992: 121-122; corsivo nel testo;

traduzione mia)5.

Le immagini come solidi fatti sociali ci guidano nell’analisi dei fenomeni sociali così come

essi vengono immaginati, rappresentati, elaborati, processati come concetti culturali:

attraverso lo studio di tali relazioni si possono decodificare i significati sociali e le immagini

attribuiti alla Sicilia e nei media e nelle analisi scientifiche.

Allorquando un fenomeno acquista significato sociale e viene elaborato e diffuso come tale, è

allora che diventa cosa: “E’ parso necessario affermare che i fatti sociali non sono cose. Ciò

che va detto, ovviamente, è che le cose sociali non sono cose: non sono cose sociali e non

sono queste « cose » se non in quanto «incarnano», anzi raffigurano e presentificano,

significati sociali. Le cose sociali sono ciò che sono per mezzo dei significati che esse

raffigurano, immediatamente o mediatamente, direttamente o indirettamente” (Castoriadis,

1995: 251).

L’esistenza di un fenomeno e la sua rilevanza e significatività sociale sono acquisite nel

momento in cui esso è sottoposto al vaglio di senso della società, nel momento in cui è

processato in termini di valore e di utilità di scambio comunicativo, finché esso non è pensato,

immaginato socialmente, comunicato6.

“Reciprocamente, i significati immaginari sociali esistono entro e attraverso le « cose »-

oggetti e individui- che li rendono presenti e li raffigurano, direttamente o indirettamente,

5 «I do not mean merely that society must be studied by imagination – that is true of all investigations in heir higher reaches- but that the object of study is primarily an imaginative idea or group of ideas in mind, that we have to imagine imaginations. The intimate grasp of any social fact will be found to require that we divine what men think of one another» (Cooley, 1992: 121-122) 6 Scrive Cooley che persino una persona in carne ed ossa non è essere sociale finchè non viene immaginata come tale (Cooley 1992: 123 ss)

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immediatamente o mediatamente. Non possono esistere se non mediante la loro

«incarnazione», la loro «inscrizione», la loro presentazione e raffigurazione entro e attraverso

un reticolo di individui e oggetti cui essi «danno forma» -[…]- individui e oggetti che

esistono in generale e sono ciò che sono solo grazie a tali significati” (Castoriadis, ibid.)7.

Henri Tajfel sostiene che “[...] l’inclusione di un evento o oggetto in una categoria dipende

dall’interpretazione che diamo della situazione stessa e ciò comporta che la realtà non sia

colta “così com’è”, ma venga costruita dai nostri sistemi categoriali: la produzione di

categorie è influenzata dalla tradizione culturale, poiché è il sistema culturale che rende

possibile l’esperienza dei singoli” (Tajfel, 1995²:163).

1.1 L’isola tra carta e celluloide

I media sono espressione ed insieme determinanti del sistema culturale. Nel corso della nostra

discussione si è tenuto conto di alcune delle principali distorsioni, facendo soprattutto

riferimento ai discorsi dell’analisi scientifica centrati sullo sviluppo, cui è stata sottoposta

l’analisi dei fenomeni legati al Mezzogiorno e alla Sicilia in particolare, ma è soprattutto nella

produzione cinematografica (Pezzini, 1997; Lawton, 1995, 2002; Albano, 2003; Dal Cerro,

1997; Beare, 2000) e letteraria (Onofri, 1996) che il processo di sviluppo dell’isola è stato

acriticamente associato al binomio “Sicilia=mafia”.

Isabella Pezzini (1997) fornisce una interessante sintesi della rappresentazione del criminale

nella letteratura, nel cinema e nelle produzioni televisive.

Secondo la Pezzini è con la serie de Il Padrino di Francio Ford Coppola che la mafia viene

raccontata con le forti tinte spettacolarizzanti di“megaproduzione e film-evento” [Pezzini,

1997: 102], e “[…] a partire dalla prospettiva dei personaggi mafiosi, i protagonisti indiscussi

e “umani, troppo umani” della rappresentazione [Pezzini, ibidem: 93].

7 «Così la perturbazione esprime il conflitto dei valori sempre presente nel corpo sociale e nello stesso tempo lo ritualizza , gli conferisce una forma accettabile e «passabile». In un certo senso l’effervescenza è il conflitto di passioni vissuto in modo omeopatico. Rifiutare questa procedura, che può assumere forme molto diverse, significa esporsi a un ritorno del represso, significa incoraggiare l’esplosione brutale e sanguinaria. Resistendo puntualmente al potere, trasgredendone le norme stabilite, l’effervescenza, con una presa di processo a lungo termine quasi intenzionale, permette quindi che la trama sociale allentata si tenda nuovamente, essa richiama tutto ciò che costituisce la specificità e la caratteristica di una comunità. […] è certo che queste manifestazioni sono tutt’altro che ragionevoli, e ciò perché esse moltiplicano la «parte d’ombra» che per la maggior parte del tempo è isolata, imprigionata nel corpo stesso. Tale coniugazione permette di spiegare le figure dell’eccesso. In fin dei conti queste ultime ricordano che al di là dei principi di utilità o di realtà in tutte le loro forme, esiste una pregnanza dell’immaginario che è inutile dimenticare o occultare. […]. La conclusione che si può trarre da tutto ciò è che il disordine, il crimine o la catastrofe, che esistono in tutti i modi, sono molto più sopportabili quando vengono messi in scena» (Maffesoli, in Grandi et al., 1985: 184).

11

La serie costituirà uno specifico genere cinematografico che contribuirà “[…] l’inevitabile

consolidarsi di stereotipi e di mitizzazioni” [Pezzini, ibidem: 102], favorendo altresì un serie

innumerevole di pellicole che ne scimmiotteranno i tipi antropologici (Dal Cerro, 1997;

Lawton, 2002).

La produzione cinematografica italiana in un’ottica di impegno e di denuncia, pur affiancate

da esigenze di spettacolarizzazione, si caratterizzerà per gli esempi di ricostruzione

documentaristica (Il sasso in bocca di Ferrara, 1970); storica (Il Prefetto di ferro, 1977, di

Squittieri, autore anche di Camorra, 1972 e Corleone, 1978; Il caso Pisciotta di Eriprando

Visconti, 1972); legata alla cronaca e alla visione di genere (La moglie più bella di Damiani,

1970, riprende il caso di Franca Viola che rifiuto di sposare il suo rapitore; Un uomo in

ginocchio, 1979).

Va segnalato Lucky Luciano di Rosi sulla storia di Salvatore Lucania: come nel caso di

Salvatore Giuliano, 1963 (in cui l’opera cinematografica viene utilizzata come “strumento di

conoscenza e di investigazione”), “Rosi è ben attento a non indulgere alla spettacolarità e a

non conferire nessun alone romantico a un personaggio “gelido e spietato”, della cui

psicologia si disinteressa per concentrarsi sulle sue azioni” [Pezzini, ibidem: 102-103].

Successivamente la mafia comincia ad essere un tema costantemente riproposto dalla

programmazione televisiva, “caratterizzato per il momento soprattutto da uno scrupolo

pedagogico, attento alla ricostruzione storica” [Pezzini, ibidem: 93].

Nel 1979, con La mano negli occhi, una storia di mafia, tratta dal romanzi di Andrea

Camilleri, Il corso delle cose, la fiction “insiste sugli aspetti di costume e di mentalità

collegati al fenomeno mafioso: le abitudini alla menzogna, ipocrisia, paura, omertà quella

costellazione che lo stesso Sciascia aveva ascritto al “sentire mafioso”, distinto ma

socialmente contiguo alla vera e propria criminalità” [Pezzini, 1997: ibid.].

E’ con lo sceneggiato La Piovra, una serie di 7 storie (dal marzo 1984 al marzo 1995) alla

spettacolarità e alla costruzione di una dimensione mitica della lotta contro la mafia,

polarizzata sullo scontro tra buoni e cattivi” [Pezzini, 1997: ibidem].

Su La Piovra scrive Pezzini: “Si tratta inoltre di un programma che vuole essere popolare, e

dunque non mancano intrecci amorosi, ambienti patinati, psicologie semplificate, ricorso a

tutti gli stereotipi di genere: ingredienti che, secondo alcuni, rischiano di avere la meglio sugli

aspetti di denuncia , e trasformare troppo la lotta alla mafia in un “polpettone” televisivo,

delegandone ad esso la risoluzione” [Pezzini, 1997: 114].

Ben Lawton (2002) considera, ad esempio, quanto l’immagine del criminale nelle produzioni

cinematografiche americane degli anni Trenta fosse stato associato ai siciliani (e agli italo-

12

americani in generale) in un particolare momento storico (l’indomani del Proibizionismo) e

con l’avvento del sonoro nel cinema, elemento quest’ultimo che non solo rese più visibili i

siciliani e gli italo-americani, stereotipandoli negativamente, ma che aumento l’affluenza di

pubblico in sala ed inoltre.

“Era inevitabile che, nella ricerca di soggetti per il nuovo mezzo tecnologico, il già esistente

genere sui gangster venisse incluso. Il sibilare dei proiettili, l’ululare delle sirene e lo stridio

dei pneumatici sembrava fatto apposta per rivitalizzare un genere che stava languendo”

(Lawton, 2002: 89).

Lo stereotipo dell’italiano vendicativo, rozzo e maldestro fu utilizzato pertanto per interessi di

tipo economico, in maniera funzionale all’uso di nuove tecnologie (sonoro) e di

rappresentazioni ‘etno-centrate’ del crimine e della malavita.

“[…] grazie alla “magia del cinema”, gli italo-americani non solo divennero de facto negli

Stati Uniti l’unica organizzazione criminale strutturata su basi etniche, ma cominciarono

anche a essere percepiti come bestioni un po’ zotici e buffoni completamente privi di

cervello”(Lawton, ibidem: 94), in alcuni casi si può parlare di rappresentazioni xenofobe e

razziste (Canadé Sautman, 2002).

Qui si ipotizza che a favorire l’immagine del siciliano e dell’italo-americano mafioso abbia

contribuito pesantemente il ruolo del cinema, della fiction e di altri prodotti mediatici che

sovente hanno enfatizzato del crimine la componente edonistico-spettacolare che, pur

affascinando e ‘catturando’ pubblico, ha ingabbiato la Sicilia nelle maglie strette delle

stereotipie, ostacolando, tra l’altro, un’analisi scientifica del fenomeno della criminalità

organizzata.

13

Secondo Margaret E. Beare, criminologa canadese, lo stesso paradigma della cospirazione8

(“alien-conspiracy” model ovvero “evil empire perspective”) ha messo in guardia nei

confronti dei pericoli derivanti da “profezie che si auto-avverano” nella trattazione e

nell’analisi dei fenomeni criminali organizzati: il problema consisterebbe allora nella

definizione di crimine organizzato così come concepito non solo in ambito prettamente

legislativo bensì secondo le principali rappresentazioni sociali del fenomeno. “ La “visione”

come raffigurata dai media/cinema, la polizia o i politici diventa ciò che il crimine

organizzato è.” (Beare, 1999).

2. La Sicilia tra media framing e rappresentazione

Il modo in cui i mass-media, e la stampa in particolare, rappresentano le vicende della vita

quotidiana hanno un impatto significativo sul modo in cui la stessa realtà sociale è esperita ed

agita dalla gente.

Infatti “Il discorso dei media è parte del processo attraverso il quale gli individui costruiscono

il senso, e l’opinione pubblica è parte del processo attraverso il quale i giornalisti […]

sviluppano e cristallizzano il senso nel discorso pubblico” (Gamson e Modigliani, 1989: 2).

La ricerca sull’agenda setting (McCombs, 1981; McCombs e Shaw, 1972) aveva dimostrato

le modalità attraverso le quali le issue individuate nei quotidiani divenissero

8 Le prime definizioni di crimine organizzato si ebbero intorno agli anni Venti e soltanto nel 1967 che la definizione del concetto divenne ufficiale attraverso le discussioni di sei famosi ricercatori – tra loro di diversa estrazione disciplinare e formazione metodologica- riunitisi nella Commissione presidenziale per il Crimine Organizzato negli USA. Tra questi Ralph Salerno e Donald Cressey presentarono quella che sarebbe stata conosciuta come la prospettiva tradizionale o del law enforcement, conosciuta più diffusamente sotto l’etichetta di teoria della cospirazione. I lavori della commissione servirono a “ solidificare una particolare visione o versione di ciò che il ‘ crimine organizzato’ era in nord America”: la posizione preponderante rappresentata dagli assunti principali su cui si basavano i lavori di Cressey fu ampiamente dibattutta all’interno della comunità scientifica e degli apparati legislativi. Le caratteristiche del crimine organizzato (La Mafia o La Cosa Nostra ) individuate da Cressey ed inclusi nel dibattito furono: l’esistenza di un’alleanza a base nazionale di almeno 24 famiglie mafiose fortemente unite che controllano il crimine organizzato negli Stati Uniti; le famiglie appartenevano ad un raggruppamento etico specifico, erano siciliane o discendenti da siciliani; ciascuna famiglia era dotata di una struttura gerarchica – con il numero di livelli determinato dalla complessità e la sofisticatezza della divione del lavoro della organizzazione criminale (Boss; under-boss; lieutenants ; soldiers); tra loro le famiglie erano collegate a commissioni il cui compito principale era di sorveglianza; la confederazione controllava non solo gli affari legali ma anche le operazioni illecite. Le posizioni di Cressey furono ben presto criticate. Dwight Smith , Daniel Bell, Joseph Albini e Alan Block espressero scetticismo rispetto alla esistenza di un fantomatico gruppo cospirativo, composto in maggioranza da individui siciliani o di origine siciliana, fortemente organizzato, singolare ed estraneo. La teoria del crimine organizzato quale cospirazione aveva contribuito ad etichettare gli italo-americani e non aveva pregiudicato né il sistema politico né tanto meno gli operatori di giustizia con accuse di corruzione, esso appariva come funzionale alla rappresentazione di un determinato sistema mediatico piuttosto che rispondere ad esigenze di tipo legislativo.

14

conseguentemente issue e parti consistenti dell’agenda politica pubblica fino a sostenere che i

mass media fanno convergere l’attenzione su certi temi.

I mass media costruiscono l’immagine pubblica dei personaggi politici e presentano

continuamente agli individui nuovi argomenti suggerendo loro “le cose su cui riflettere, su cui

informarsi e sulle quali prendere posizione” (Lang e Lang, 1966: 468 cit. in McCombs e

Shaw, 1994: 62; corsivi miei). Più semplicemente i giornali non ci dicono cosa pensare ma

piuttosto ciò a cui pensare e di cui parlare (Cohen, 1963: 13).

La presentazione e la raffigurazione delle issue avviene all’interno e secondo processi

socioculturali che influenzano profondamente non solo il contesto in cui vengono prodotte ma

agiscono su pubblico, policy-makers e governi.

La teoria del media framing (Scheufele, 1999; Entman, 1993; Gamson, 1989; Pan e Kosicki,

1993; Renard, 2000; Iyengar, 1991) ha tra i propri obiettivi di ricercare le modalità e le

strategie attraverso le quali il contenuto delle notizie è presentato e strutturato, modellato e

reso comprensibile al pubblico, al crocevia di agenda pubblica, agenda del pubblico e agenda

dei media.

A tal proposito appare utile, come suggeriscono McCombs, Shaw e Weaver (1997), concepire

non solo delle connessioni tra l’agenda setting e gli effetti di framing, ma considerare gli

stessi processi di costruzione dei frame come un’estensione dei fenomeni di agenda setting9.

Con la stessa funzione di una cornice che separa la tela dallo spazio e la definisce, per

esempio, rispetto ad una parete, il frame suggerisce ciò che è rilevante e ciò che non lo è

(Epstein, 1973; Altheide, 1976; Altheide e Snow, 1979; Fishman, 1980; Zhondag e Kosicki,

1993).

La nozione di frame è traducibile con cornice, intelaiatura, quadro, modello: esso suggerisce

l’inclusione e l’esclusione, l’impermeabilità e la permeabilità insieme10, la separazione ed il

contatto.

Nella formulazione proposta da Goffman (1974) il concetto di frame si riferisce a schemi di

interpretazione che consentono alle persone di individuare, percepire, scorgere, identificare e

classificare gli ‘eventi dell’informazione’.

9 I tre studiosi utilizzano il concetto di ‘agenda setting di secondo livello’ (‘second-level agenda setting’) per descrivere l’influenza della specifica enfasi (salience) utilizzata dai media sull’interpretazione delle notizie da parte del pubblico. 10 Per una lettura critica del concetto di frame associata alla cibernetica di Bateson e al decostruttivismo di Derrida si rinvia a Zoletto (2003), mentre per una disamina dell’uso del concetto in ambito fenomenologico si consideri De Biasi (2001).

15

I frame consistono in filtri o mappe cognitive che permettono ad un pubblico di interpretare e

valutare un dato messaggio e più precisamente comunicano come interpretare un messaggio,

indicandone le parti che più contano a discapito di altre da ignorare (Gillian e Bales, 2001: 4).

Da un punto di vista prettamente sociologico si considera il concetto di frame per riferirsi sia

al modo in cui il significato è codificato e incorporato in un messaggio (encoding) sia alle

etichette che faciliterebbero la comprensione individuale e collettiva e la strutturazione della

conoscenza secondo modelli basati su esperienze passate, convinzioni, aspettative,

identificazioni e proiezioni.

I frames intervengono pertanto nell’orientare ed organizzare la conoscenza della realtà, il

giudizio sulla realtà, il discorso sulla realtà (Thompson, 1998; van Dijk, 1988; Fairclough,

1995; Fowler, 1991).

I frame sono definibili pertanto come l’interfaccia attraverso cui gli individui si relazionano

con la realtà, i principi di organizzazione che regolano gli eventi e il nostro coinvolgimento

soggettivo al loro interno.

Il modo in cui i giornali, e gli altri media, trattano le varie issue ha un impatto significativo

sulla realtà sociale: “I media costruiscono forme sociali e la storia stessa, strutturando

immagini della realtà (nella fiction ma anche nella notizia) secondo un modello prevedibile”

(McQuail, 20014:330).

Non a caso Hartley (2000) usa il concetto di società redazionale (redactional society) per

avanzare l’idea che la communication research e le scuole di giornalismo dovrebbero

esaminare le pratiche editoriali (e redazionali) per determinare “ciò che (da una società) è

considerato vero, e quali politiche e convinzioni ne derivino” (Hartley, 2000:44).

Hartley nota che il significato della parola ‘redactor’ in altre lingue europee è reso con il

termine ‘editore’ mentre in lingua inglese il verbo ‘redact’ si usa per indicare il

convogliamento di un ragionamento o di un discorso in una determinata forma, il suo

prendere forma verso una direzione11.

Le notizie ci permetterebbero pertanto di comprendere la realtà attraverso processi di

riduzione di complessità, attraverso selezioni predeterminate, i ‘news frames’, che permettono

al pubblico di comprendere la realtà, scegliendo tra appropriati repertori cognitivi ed

esperenziali.

Le cornici interpretative assolvono due compiti fondamentali: in primo luogo fornirebbero

una semplificazione della realtà, e in secondo luogo sono strumenti attraverso i quali i

11 Si consideri il significato del termine latino ‘redigere’.

16

giornalisti organizzano in maniera routinaria i contenuti delle notizie al fine di creare un

particolare contesto di consumo per il lettore.

Questo contesto costruisce eventi che “assumono forme reali (take shape as real) nelle menti

dei consumatori di notizie” (Phalen e Algan, 2001, p. 302).

La notizia così come riportata nei quotidiani consiste in una forma interpretativa a priori

elaborata, una porzione limitata di informazione, attraverso la quale i lettori tentano di dar

senso ed organizzare la propria esperienza, aldilà di un controllo diretto di ciò che influenza

la loro esperienza (Thompson, op. cit.).

Come ricordato prima, il framing coinvolge insieme i processi di selezione e di enfatizzazione

(salience): incorniciare una vicenda richiede pertanto la selezione di alcuni aspetti della realtà

osservata e la loro traslazione enfatizzata (salient) in un testo, in modo da determinare la

creazione di un problema, interpretazioni causali, valutazioni di tipo morale e/o le conseguenti

indicazioni di trattamento (Entman, 1993: 25 ss.).

La decisone di includere o escludere alcuni dettagli o alcuni temi nella costruzione di un

articolo deriva dalla natura organizzativa e routinaria della pratica giornalistica e della

percezione del pubblico che i giornalisti posseggono all’interno di un determinato contesto

socio-culturale.

Vari studiosi suggeriscono pertanto che l’esclusione di alcune notizie ricada su quelle vicende

che potrebbero essere giudicate dai lettori come ambigue, non prevedibili in termini di

aspettative simbolico-culturali (Gitlin, 1980: 45 ss.).

Di contro una particolare enfasi posta su alcuni tratti di una vicenda dipende dal grado di

associazione e di prevedibilità che la medesima possiede nei confronti del contesto culturale

in cui ha luogo l’attività di redazione: in questo caso la notizia sarà confezionata anche

attraverso l’ausilio di linguaggio e simboli familiari a quel contesto (Entman, 1993: 53;

Phalen e Algan, 2001: 303) e culturalmente rodati e sedimentati (Berger e Luckmann, 1966)

Pan e Kosicki (1993) hanno ampiamente descritto la struttura del discorso delle notizie e delle

strategie di incorniciamento. In particolare hanno identificato specifiche dimensioni strutturali

che influenzano la formazione dei frame:

• Le strutture di tipo sintattico attraverso le quali sono ordinate parole o frasi;

• La struttura della storia, considerando il carattere generale di notiziabilità

(newsworthiness) di un evento, le peculiarità che ne segnalano la dignità di notizia;

• Le strutture tematiche, rivolgendosi alle strategie adottate dai giornalisti nella

scelta di temi causali all’interno delle loro narrazioni, in forma esplicita, direttamente

17

attraverso le loro osservazioni, o attraverso la citazione di virgolettati, raccontando attraverso

le parole (in prima persona) di altri l’intreccio della trama (plot);

• Le strutture retoriche, dipendenti direttamente dalle scelte stilistiche dei

giornalisti.

Entman (1993) si è invece concentrato sui rapporti tra i media frames e i loro effetti sui

processi di decision-making e sull’opinione pubblica.

Attraverso l’analisi del contenuto di quotidiani e notiziari televisivi americani, egli è arrivato

ad identificare alcuni tratti dei testi mediatici che possono essere considerati come un utile

schema di riferimento per le analisi dei processi di formazione delle notizie, in particolare:

• Il ruolo svolto dai giudizi;

• Gli attori e le azioni ( “who did it”?);

• L’identificazione con le vittime potenziali;

• La categorizzazione, ossia la scelta di etichette per gli incidenti avvenuti;

• La generalizzazione al più vasto contesto nazionale.

Il framing, alla luce delle ricerche citate, è definibile pertanto, all’interno delle redazioni12,

come processo di scelta tra diverse opzioni rispetto alle notizie da presentare ai lettori come

‘la posta in gioco’ (‘what’s at stake’) (Liebes, 2000: 297).

Il framing si connota pertanto come processo complesso che considera l’interazione di tre

principali attori: a) le fonti interessate e le organizzazioni dei media; b) i giornalisti e c) i

pubblici, secondo dinamiche continue in cui risultati di certi processi servono da input per i

successivi.

Per semplicità espositiva è opportuno rendere conto da un punto di vista grafico di quanto fin

qui discusso, consideriamo il seguente schema tratto da Scheufele (1999):

12 Ma anche il pubblico è dotato di strategie di coping e di resistenza nei confronti dei media frame, utilizzando le proprie capacità interpretative (Hall, 1994; de Certeau, 1990).

18

Tra i processi indicati nella figura 113 (Scheufele, 1999) la nostra ricerca si concentrerà

sull’analisi del media frame, che, come si può osservare, è collegato ad altri processi ed in

particolare: a) la costruzione del frame (frame building); b) il frame setting; c) gli effetti di

framing a livello individuale e d) il legame tra frame individuali e frame dei media (in questo

caso i giornalisti volgono il ruolo di pubblico).

La costruzione del frame si concentra sui fattori organizzativi e/o istituzionali,

sull’orientamento politico dei media, sui valori professionali de giornalisti e la loro immagini

del pubblico e l’impatto che questi elementi svolgono sul contenuto e la forma delle notizie. Il

secondo processo chiamato frame setting si rivolge ai caratteri di salienza trasmessi nell’attiva

di agenda setting attraverso i testi. Il terzo processo focalizza sugli effetti di tipo

comportamentale, attitudinale e cognitivo di cui i mass media sono causa a livello individuale.

L’ultimo processo è quello che collega le variabili a livello individuale con i media frame,

attraverso le aspettative che i giornalisti hanno del proprio pubblico.

Il presente lavoro si connota pertanto come un approfondimento ed un arricchimento della

prima ricerca sull’immagine della Sicilia nella stampa quotidiana, nazionale e locale14,

conclusasi nel 1999, e che vedeva il coinvolgimento, già dalla presentazione dei primi risultati

13 Lo schema è da considerarsi principalmente come strumento euristico. 14 L’immagine della Sicilia nella stampa quotidiana, Salvatore Costantino, Gianfranco Marrone, Alberto Trobia, (a cura di), Fondazione Federico II – Centro Studi Pio La Torre, 1999.

19

in un incontro pubblico, di un gruppo diversificato di studiosi dei fenomeni comunicativi e

per estrazione disciplinare e per approcci metodologici e d’analisi differenziati.

Il primo lavoro si era presentato come integrazione di metodologie diverse (sociologica e

socio-semiotica), se da una parte aveva riguardato l’analisi “individualizzata” delle

rappresentazioni fornite da ogni quotidiano, alla ricerca di possibili affinità; dall’altra, si era

concentrato nell’aleborazione di un’immagine “complessiva” della Sicilia, alla ricerca delle

eventuali differenze.

Per quel che riguarda la prospettiva sociologica, la tecnica di riferimento utilizzata è stata

quella dell’analisi del contenuto: veniva adoperata una griglia di lettura, prediisposta a priori,

volta a misurare lo spazio dedicato dalla stampa ad alcune aree oggetto di studio, in modo da

poter successivamente trarre inferenze, sviluppare ipotesi e teorie concernenti le idee, gli

atteggiamenti e i comportamenti degli autori e dei destinatari. Si è cercato a questo scopo di

svelare, esplicitare, ricostruire i centri di notiziabilità di fatti ed eventi, i frames cognitivi

coinvolti nella rappresentazione giornalistica della Sicilia; di verificare la plausibilità

dell’ipotesi di “meridionalizzazione del Paese”, di studiare tramite un approccio qualitativo

alcuni casi particolari riguardanti le vicende siciliane, come quello della scomparsa di Danilo

Dolci15.

Per quel che riguarda invece la metodologia d’analisi di derivazione semiotica, si è utilizzata

la teoria cosiddetta “generativa” di A.J. Greimas, e soprattutto la nozione in essa centrale di

“narratività”. Il che ha permesso di vedere se e in che modo i diversi quotidiani costruiscono

della Sicilia un simulacro discorsivo implicito più o meno unitario, più o meno

contraddittorio, anche in relazione alle conclusioni dell’analisi sociologica. In questo secondo

segmento della ricerca non si è partiti da aree tematiche individuate a monte, ma si sono

ricostruite le procedure testuali volte a “raccontare” la Sicilia, ossia ad articolarne le parti, a

strutturarne l’immagine, a valorizzarla o a disvalorizzarla.

15 Le dimensioni d’indagine esplorate da un punto di vista sociologico, da parte di Salvatore Costantino e Alberto Trobia, in una prospettiva fenomenologico-costruzionistica sono state quattro: una prima dimensione è quelle che emerge dalla tensione dialettica tra realtà e finzione; una seconda dimensione ha riguardato la differenza fra contenuti latenti e contenuti manifesti della comunicazione; una terza dimensione pragmatico-persuasiva ed infine una dimensione semantica. Le aree e le categorie di contenuto dell’analisi, decise a monte dai ricercatori sono state le seguenti: a) Modernizzazione; b) Mafia e Criminalità; c) Politica e istituzioni; d) Stereotipi culturali ed e) Nord vs Sud. I dati così analizzati hanno consentito di dedurre i criteri di notiziabilità che i vari giornali adottano. L’idea è che un maggior numero di articoli di un certo tipo indichi un maggiore interesse da parte dei giornali per quell’argomento. I fatti più notiziabili sono risultati quelli di cronaca e politica. In riferimento al rapporto costruzione delle campagne elettorali e media si rinvia a D.Carzo (a cura di) (2001), I media e la polis, Franco Angeli, Milano.

20

A 4 anni di distanza dalla prima indagine si è pensato di riconsiderare e innovare questo

lavoro iniziale sia nella scelta delle prospettive teoriche che orientano la tematizzazione dei

fenomeni studiati, sia nella valutazione dei metodi e delle tecniche di analisi più adeguati allo

studio della “messa in scena” di alcuni processi sociali che hanno attraversato negli ultimi

anni la nostra regione.

Nel segno dell’interdisciplinarità e della ricerca di saperi aperti al confronto e all’integrazione

tra ambiti disciplinari e punti di vista diversi, e con lo spirito di coniugare e far dialogare

competenze, professionalità ed esperienze maturate in spazi di ricerca e di lavoro che tentano

di collegare l’Università, il mondo della ricerca e della formazione, con il territorio e con i

luoghi di produzione e distribuzione dell’informazione, si è pensato di avviare una seconda

fase di indagine sui media e sulla complessa interdipendenza tra processi sociali e costruzione

dei processi di rappresentazione del medium-stampa.

Questo secondo lavoro si presenta pertanto, non solo come necessario prosieguo della prima

ricerca, ma come un importante ed interessante confronto e dialogo tra chi di chi dirige e

lavora nella “fabbrica delle notizie” e chi analizza e ricerca sulla carta stampata ed i media in

generale.

Il presente contributo infatti non solo approda all’uso critico di nuove metodologie in ambito

sociologico e socio-semiotico, ma si arricchisce anche dei contributi e delle letture critiche di

professionisti della carta stampata. Ciò nel tentativo di cogliere in che misura e con quale

“cifra” i processi selettivi di mediatizzazione dei fatti sociali intervengano nella ridefinizione e

nella percezione degli stessi attraverso il filtro cognitivo del genere “notizia” in cui si ibridano

linguaggi, stili, codici espressivi e “programmi comunicativi” diversi che passano dal registro

narrativo del racconto spettacolarizzato a modalità comunicative apparentemente più “neutre”

di tipo cronachistico-resocontivo caratterizzato, come si rilevava nella prima ricerca, da un

alto livello di tematizzazione e da un basso livello di emotività e di passionalizzazione

dell’oggetto rappresentato.

Queste due dimensioni comunicative risultano distinguibili solo a fini analitici mentre in

realtà, nella pratica giornalistica, sembrano essere profondamente intrecciate nonostante sia

individuabile il prevalere di una tendenza o dell’altra nel confronto tra le diverse testate.

Questa seconda ricerca sull’immagine della Sicilia, caratterizzata come la precedente da un

approccio pluridisciplinare, presenta, come si diceva, delle novità, dettate dalla necessità di

adeguare il nuovo disegno della ricerca alla scelta di :

� nuove categorie interpretative per lo studio di alcuni fenomeni socio-comunicativi,

nell’ambito di una prospettiva teorica sociologica e socio-semiotica;

21

un cambiamento di prospettiva analitica e metodologica che implica un arricchimento

rispetto la precedente esperienza di ricerca ma senza per questo voler giungere

all’assolutizzazione dei metodi privilegiati in questa seconda tappa, la cui fertilità e capacità

euristica è sempre una funzione dell’adeguatezza all’analisi di un particolare oggetto di

studio, ma vedendo piuttosto questa seconda esperienza come “laboratorio di

sperimentazione” cognitivo e metodologico, in cui appunto “mettere alla prova” e “testare”

empiricamente nuovi metodi, tecniche e strumenti di ricerca. In particolare, alla tecnica della

content analysis classica, utilizzata nella precedente ricerca, si è preferita un’analisi mista

tendente più a considerare il senso emergente dai testi ora con l’analisi testuale computer-

assistita, ora con la frame analysis di derivazione goffmaniana (Goffman, 1974) o la

Ethnographic Content Analysis (ECA; Altheide, 2000, 2000a) ed infine con le letture di tipo

socio-semiotico.

Questa scelta è orientata a verificare empiricamente la capacità euristica e la presa

interpretativa di procedure e di metodi diversi e parziali che, se utilizzati in forma integrata

nello stesso ambito di ricerca, possono contribuire all’estensione e alla varietà

dell’articolazione dei risultati e a rendere meno rigide e assertive le conclusioni di questa

ricerca che si avvale di chiavi analitiche e metodologiche diverse, attraverso l’esplorazione di

percorsi interpretativi alternativi ricostruiti passando dai dati testuali all’astrazione teorica

per poi tornare ancora sui dati con un processo di categorizzazione, codifica e ricodifica di

tipo “circolare”.

La costruzione della base empirica della ricerca è stata realizzata selezionando circa 300

articoli, estrapolati da 5 quotidiani nazionali e locali: la Repubblica; Il Sole 24-ore; Il

Giornale e il Giornale di Sicilia.

Di ogni quotidiano è stata altresì considerata la composizione del pubblico di lettori,

elaborando su dati Audipress (1999), ogni dato potesse fornirci indicazioni utili su ciascuna

readership16.

I quotidiani sono stati scelti secondo il criterio della rilevanza attribuita a 3 case studies presi

in esame: 1) la protesta degli autotrasportatori contro l’aumento del prezzo del carburante,

esplosa nell’ottobre 2000; 2) la strage di mafia di Vittoria del gennaio 1999;

3)l’elezione/nomina a Presidente della Regione dell’On.le Angelo Capodicasa del 1998.

Il contributo di Cirus Rinaldi si inscrive nel filone di ricerche sui mass-media che si occupano

prevalentemente di analizzare le tecniche di costruzione delle notizie in riferimento al loro

ruolo di amplificazione di panico e rischio.

16 Si rinvia all’allegato.

22

I mass media sono istituzioni che rivestono un ruolo significativo all’interno del nostro

ambiente simbolico (Lang e Lang, 1981): Altheide sostiene che questi insieme alla cultura

popolare (popular culture) siano i principali responsabili nelle società contemporanee della

formazione di definizioni e prospettive della realtà sociale, con effetti che riguardano non solo

le pratiche ordinarie ed i contesti prossimi agli attori sociali, ma anche la formulazione di

policy issues (Altheide, 2000: 288; McQuail, 20004: 334).

Sempre Altheide afferma che non si tratta di un caso se il pubblico spesso “ritiene di trovarsi

in grave pericolo e che la vita contemporanea sia molto insicura, mentre la cultura popolare e

in particolar modo i notiziari dei network TV hanno accresciuto la copertura di vicende

relative a crimine e pericolo più del 600%” (Altheide, ibidem; traduzione nostra).

L’analisi nello specifico si concentra sullo studio della rappresentazione e costruzione della

vicenda relativa allo sciopero degli autotrasportatori, verificatosi in Sicilia tra l’1 e l’11

Ottobre del 2000 così come trattata dalle pagine de la Repubblica sia nella edizione nazionale

che in quella locale.

Il quotidiano in questione sembrerebbe fungere da mezzo di amplificazione (McQuail, 20004:

343) per quanto riguarda i temi relativi all’ordine pubblico ed al controllo sociale,

contribuendo a costruire determinate percezioni pubbliche di problemi sociali ora relativi alla

mancanza di approvvigionamenti e beni di prima necessità, ora relativi a razzie nelle stazioni

di servizio e a tafferugli vari.

L’analisi è stata condotta in un primo tempo isolando la vicenda dello sciopero degli

autotrasportatori ed identificandolo come ‘evento scatenante’ (trigger event), ovvero come

“[…] battuta di entrata nel concerto, qualcosa che accade ad un certo momento, che

cristallizza l’attenzione e fa scattare il meccanismo dell’informazione giornalistica” (Gonzàles

Gaitano, 1999: 192).

La successiva operazione ha considerato l’analisi dell’ancoraggio dell’evento scatenante a

fatti relativi a differenti livelli cognitivi (relativi alla sfera economica e a problemi di ordine

pubblico, etc.). In tal modo si è proceduto all’individuazione dei principali frame attraverso

cui il fatto è costruito in evento, apprezzando le diverse tecniche di fidelizzazione dei lettori e

di serializzazione della notizia, individuando i contenuti che evadono i temi per concentrarsi

prevalentemente sugli aspetti personali, catturando la fiducia del lettore attraverso storie

personali e racconti di vita dalla trama semplice, relative all’ordinarietà delle azioni

quotidiane, in cui è facile riconoscersi a causa dell’elevato grado di generalizzazione,

astrazione e perché facilmente decontestualizzabili.

23

Giuseppe Intilla ha analizzato lo sciopero degli autotrasportatori così come trattato nel

Giornale di Sicilia e ne La Sicilia, la sua analisi si rifà esplicitamente all’analisi etnografica

del contenuto (ECA) elaborata da David L. Altheide (2000), originale analisi qualitativa dei

documenti che pone la propria enfasi sulla cattura di definizioni, significati, processi e

modelli.

Nello specifico l’analisi ha privilegiato le categorie considerate “pertinenti” per le

caratteristiche dell’agire sociale, compreso il fornire informazioni sul tempo, sul luogo e sui

modi dell’azione: tra gli obiettivi vi è quello di mostrare che il documento si riferisce ad

un’attività sociale e che le suddette categorie sono state indicate come utili modi di catturare i

“personaggi drammaturgici” dell’azione sociale (Altheide, ibidem: 45). Attori sociali

interpreti delle azioni e relazioni socio-comunicative rappresentate nella carta stampata. Detto

in altri termini “azioni” che intercettano “chi dice”, “chi fa” e “chi fa con chi”.

In particolare dall’analisi risulta che il Giornale di Sicilia si contraddistingue per il linguaggio

espressivo utilizzato che vede prediligere il registro cronachistico-resocontivo e un taglio

prevalentemente informativo. Se tra le diverse testate analizzate, non emergono sostanziali

differenze sul modo in cui sono state tematizzate le notizie riguardanti gli effetti della protesta

sull’economia, l’ordine pubblico e la sfera politica; il Giornale di Sicilia si distingue per

l’accento posto sulla tensione tra “particolarismo” e “interesse pubblico”. Il giornale

rappresenta il movimento degli autotrasportatori, ed in modo particolare L’Aias – il sindacato

autonomo che ha organizzato lo sciopero - come una “corporazione”, incurante della sua

mission di soggetto che svolge una funzione pubblica, che non guarda oltre le proprie

esigenze particolari e non si conforma ad alcune regole che impongono l’osservazione di un

dovere quale quello di assicurare i servizi pubblici essenziali.

Il Giornale di Sicilia infine, prende posizione sul modo in cui i notiziari televisivi hanno

trattato la notizia, denunciando il disinteresse di questi nella trattazione degli effetti della

protesta sull’economia siciliana, a favore della considerazione degli aspetti più appariscenti e

folkloristici.

La Sicilia sembra trattare la vicenda con un basso livello informativo e di approfondimento e

conseguente banalizzazione dei temi. La Sicilia si distingue dal quotidiano palermitano per

avere maggiormente rappresentato il movimento della protesta attraverso i racconti di vita di

personaggi comuni. Un'altra differenza riguarda il modo in cui è stato dipinto il movimento.

Esso viene accusato di “meridionalismo separatista” che si ribella contro lo Stato centrale

“colonizzatore” e “depauperatore”. La vicenda viene prevalentemente rappresentata con una

scenografia da guerriglia in cui prevalgono: caos, disordine, immobilismo, scarsa capacità di

24

pianificazione della protesta, i furori prevalgono sui programmi. L’accento e l’enfasi è posta

sui disagi, soprattutto sulla mancanza di beni di prima necessità. Viene evocata l’immagine di

una terra in stato di perenne necessità, dove anche la “normalità” assume il carattere

dell’eccezionalità e della straordinarietà.

Il contributo di Loriana Cavaleri si concentra sulla trattazione che i principali quotidiani

nazionali e locali (Giornale di Sicilia; La Sicilia; la Repubblica, Il Sole-24 ore, Il Giornale)

hanno riservato a quella che è stata battezzata “Strage di Vittoria”, avvenuta il 2 Gennaio

1999, quando due killer, armati di pistola, entrarono in un bar di una stazione di servizio alle

porte del paese uccidendo cinque giovani17. Lo studio si è basato su ottantasette articoli,

apparsi sui cinque quotidiani nazionali e locali, nel periodo che va dal 3 al 18 gennaio 1999.

L’analisi del materiale raccolto è stata effettuata attraverso l’ausilio del software Atlas.ti, per

la selezione, la scelta e la gestione di frammenti di testo tratti dagli articoli: in particolare si è

trattato di decostruire i testi, selezionando e concettualizzando alcune citazioni, per poi

raggrupparle in macro categorie18.

Il nucleo centrale dell’analisi della strage di Vittoria non risiede nell’individuazione della

quantità di pagine dedicate dai quotidiani alla vicenda quanto piuttosto nella comprensione

delle immagini, delle metafore, insomma delle rappresentazioni utilizzate per costruire la

notizia relativa, e ciò è da considerarsi punto originale del contributo, non a ‘Cosa Nostra’ ma

alla meno nota ‘Stidda' del ragusano. L’originalità del contributo risiede altresì nel tentativo di

superare il “vizio epistemologico” che ha condizionato gli sguardi dal e sul Mezzogiorno,

vincolandoli in impostazioni concentrate più sugli ostacoli da superare che sulle risorse

interne da valorizzare (Mutti 1998; Cersosimo e Donzelli, 2000) e di comprendere se negli

articoli che i giornalisti hanno dedicato alla strage di Vittoria, sia possibile individuare uno

scarto da queste raffigurazioni, una visione più matura e consapevole della complessità delle

vicende siciliane.

Marco Centorrino analizza invece la rappresentazione dell’elezione di Capodicasa, primo

presidente dei DS all’Ars, avvenuta nel 1998, nelle maggiori testate siciliane (Giornale di

Sicilia, la Repubblica edizione locale, La Sicilia).

Il contributo si distingue dai precedenti per la precisa prospettiva d’analisi utilizzata che

prende spunto dal modello socio-semiotico elaborato da Landowski (1989), al fine di indagare

sull'identità degli attori che si distribuiscono nello spazio scenico della politica. Esso inoltre,

17 Da quanto stabilito dalle indagini, però, solo tre delle vittime rappresentavano i veri obiettivi, di quello che si è poi rivelato un regolamento di conti tra due clan mafiosi: i Piscopo e i Dominante. I tre appartenevano alla seconda delle due famiglie e, più nello specifico, il più anziano di loro, il trentatreenne Angelo Mirabella, si avviava a diventarne il boss. 18 Si rinvia alla nota metodologica.

25

letto alla luce dei risultati di una recente ricerca sulle elezioni amministrative siciliane (Carzo,

2001), contribuisce in maniera originale ad evidenziare il ruolo giocato dal ‘sistema

giornalistico’, corrispondente a ‘logiche nazionali e non in grado di adattarsi ad altre

dimensioni’, e a considerare l’immobilismo dell’Opinione pubblica mobilitata sovente

secondo ‘narrazioni appassionanti’ma svuotata dell’attivismo proprio della società civile.

Chiudono il lavoro le letture critiche e ‘specialistiche’ di Franco Nicastro e Guido Fiorito.

Secondo Franco Nicastro la Sicilia è stata raccontata attraverso il ‘linguaggio della cronaca’ e

del ‘resoconto stereotipato’ che, se non ne hanno trasmesso un’immagine falsa, non hanno

neppure tenuto conto dei processi reali.

Guido Fiorito considera come sia mutata la carta stampata e l’organizzazione che la sottende

con l’avvento della televisione e di un rapporto simbiotico che ha svilito il concetto stesso di

notizia e mutato persino i profili professionali. Il giornalista, secondo Fiorito, svolgerebbe

infatti una funzione di ‘metanews-making’ ovvero ‘di produrre informazione poco nota

(metanews) sul tema offerto dalle “novità già note” (news)’.

I vari contributi, considerati globalmente, insistono prevalentemente sul concetto di media

frame, concependo quest’ultimo come output di una serie di valori e di norme, di pressioni

organizzative e di posizioni ideologiche che si condensano nel documento-notizia, qui inteso

come “[…] un perenne definire e ridefinire, comporre e ricomporre i fenomeni sociali”

Tuchman, 1978: 184).

È in termini di de-costruzione e ri-costruzione che ci preme qui narrare di Sicilia.

La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori ne la Repubblica

di Cirus Rinaldi

“Ogni sistema di rappresentazione, in effetti, è una spazializzazione di qualche tipo

che automaticamente congela il flusso dell’esperienza,

e nel far ciò deforma ciò che cerca di rappresentare”

(D.Harvey, 1993: 253)

26

“Cos’è dunque rappresentare se non rendere presente un oggetto assente,

renderlo presente in quanto assente,

controllarne la perdita e la morte, con e nella rappresentazione,

dominando il dispiacere o l’angoscia provocati dalla sua assenza

nel piacere di una presenza che lo sostituisce?”

(Marin, 2001: 142-3)

“sto adoperando la parola ‘rappresentazione’ per indicare tutta quella attività di un

individuo che si svolge durante un periodo caratterizzato dalla sua continua presenza

dinanzi a un particolare gruppo di osservatori e tale da avere un certa influenza su di

essi”

(E.Goffman, 1969: 33)

“In una Palermo al sicuro da uragani atmosferici,

invasioni di sciami d’api assassine o pipistrelli famelici,

la mostruosità degli ultimi giorni ha una forma speciale:

dorsi scintillanti, occhi lampeggianti, ululati dalle molteplici modulazioni.

Il nome della bestia è “ingorgo”,

l’arcano che l’ha destata dalle tenebre è quasi indecifrabile agli occhi

di chi s’impunta a pensare che le strade cittadine siano fatte per circolarvi”

[la Repubblica – Palermo 4/10/00]

Il corpus testuale del quotidiano nazionale la Repubblica è pari al 6% del corpus preso in

esame. Per quanto riguarda la composizione della readership19, i dati rielaborati da fonte

Audipress, confermano che tra tutti i quotidiani non vi sono differenze sostanziali se si

prendono in considerazione gli indicatori di genere e di età. Sembra infatti confermato il trend

emerso nell’analisi degli quotidiani. Si precisa altresì, che la rielaborazione dei dati Audipress

non distingue ovviamente tra i lettori delle pagine nazionali e locali del quotidiano.

la Repubblica, così come gli altri quotidiani analizzati, presenta una composizione del proprio

pubblico fortemente sbilanciata sugli uomini (69%), anche se con una percentuale inferiore

rispetto a Il Sole 24-ore e al quotidiano La Sicilia.

19 Per la definizione di readership si rinvia alla nota metodologica e agli allegati.

27

Per quanto riguarda le classi di età, i dati confermano che anche il quotidiano la Repubblica

presenta una maggiore percentuale di lettori nel cluster che raggruppa le fasce comprese tra i

25 e i 54 anni.

Le differenze tra il quotidiano la Repubblica e le altre testate risultano tuttavia più marcate se

dagli indicatori di genere e di età, si passa ad indicatori più sensibili: l’analisi per titolo di

studio, per categoria socio-economica e socio-professionale.

Un dato significativo da segnalare che differenzia la readership del quotidiano La Repubblica

dagli altri quotidiani, è l’alta incidenza di laureati sul totale dei propri lettori (19,3%).

Per quanto riguarda la composizione dei lettori per classe socio-economica, La Repubblica insieme al Sole 24 Ore si distingue dagli altri due quotidiani regionali, perché risulta essere più diffuso tra la categorie “ medio-superiore” (28,3%).

Se prendiamo in considerazione la variabile categoria socio-professionale, La Repubblica

risulta essere il quotidiano più letto dai ceti intellettuali (studenti e docenti) rispetto agli altri

quotidiani (18,6%).

Infine, se consideriamo la variabile ampiezza per centri abitati, il quotidiano La Repubblica

presenta una readership equamente distribuita tra tutte le categorie prese in considerazione20.

Nell’edizione nazionale del quotidiano, la vicenda dello sciopero degli autotrasportatori,

dapprima nella sezione economia, balza nel giro di pochi giorni nella sezione cronaca,

acquistando spazio e visibilità non solo nella gerarchia dei quattro quadranti della pagina e

della sequenza delle pagine, ma anche rispetto alla ricchezza delle forme e dei modelli

giornalistici che vedono alternarsi articoli in forma di servizi, resoconti, commenti ed

editoriali.

La trattazione della notizia, soprattutto nell’edizione locale del quotidiano, è solitamente

anticipata nell’intervallo di pagina 1-5; la disposizione spaziale all’interno della pagina

corrisponde normalmente all’uso dei quadranti alti della pagina; la vicenda è altresì

scomposta e declinata, nel quotidiano esaminato, nelle svariate forme della narrazione e della

nomenclatura giornalistica, con particolare riferimento agli editoriali, alle opinioni, ai corsivi.

Questi elementi tendono sovente più che ad inquadrare tematicamente la vicenda più

verosimilmente a serializzarla, ad illustrarla in termini “episodici” (Gonzàles Gaitano, 1999:

20 Considerare l tabelle in allegato.

28

189) attraverso strategie che avvicinano la narrazione giornalistica a quella televisiva21 e a

forme soggettivanti di narrativizzazione della quotidianità (Landowski, 1990: 226 ss.) che

attraverso l’uso delle opinioni o di rubriche (“la storia”) filtrano la realtà attraverso strategie

comunicative che facilitano le proiezioni – soprattutto di tipo emotivo – del pubblico dei

lettori.

Si consideri rispetto a quanto detto finora le figure 4 e 5, relative ai registri discorsivi

prevalenti nel quotidiano.

Figura 4 Registro discorsivo prevalente - La Repubblica nazionale

21 Soprattutto per l’uso di supporti visuali quali foto, infographics, resoconti grafici che tendono a riproporre il flusso del linguaggio televisivo.

Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo

+++ ++ +

29

Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo

+++ ++ +

Figura 5 Registro discorsivo prevalente - La Repubblica locale

Nelle pagine de la Repubblica nazionale del 3/10/2000 la vicenda degli autotrasportatori si

ritrova nella sezione del quotidiano dedicata all’economia e non è trattata direttamente se non

in un piccolo articolo di taglio centrale.

La corona di articoli che la circondano contribuiscono a ‘preparare’ i lettori: le tecniche di

costruzione dell’evento si esplicitano in termini di temi trattati, di stile lessicale nonché per le

figure retoriche utilizzate, al fine di catalizzare l’attenzione sulla vicenda che da lì a poco22

sarebbe diventata evento scatenante.

Osserviamone da vicino le strategie di costruzione.

L’articolo principale della pagina

Oggi vertice per scongiurare lo sciopero. Frena la crescita dei prezzi alla produzione.

Benzina, ribassi da 10 a 20 lire ma il petrolio torna a rincarare

E i tir bloccano i rifornimenti in Sicilia

non è dedicato esplicitamente al blocco degli autotrasportatori in Sicilia, tratta infatti del caro

petrolio e dei possibili effetti di quest’ultimo su dimensione europea ed in particolare sugli

automobilisti italiani

22 Giorno 5 ottobre la vicenda sarà trattata in cronaca avanzando circa di una ventina di pagine.

30

“Per gli automobilisti italiani si stanno materializzando all’orizzonte nuvole nere, con il petrolio di

nuovo vicino a quota 32 dollari al barile, e chiusure forzate dei distributori previste entro 15 giorni”

Ci si riferisce alla Sicilia esclusivamente in merito al proseguimento della protesta da parte

dei camionisti, sulla scia dei colleghi europei (in particolare belgi, francesi, tedeschi,

lussemburghesi, spagnoli e greci).

Il secondo articolo già dalla titolazione

L’Italia in linea con la Ue ma manca ancora l’Agenzia nazionale per gestire le scorte

Riserve di greggio

100 giorni di autonomia

sembra preparare il lettore ad un imminente periodo di austerity, usando toni allarmistici

“L’Italia ha scorte petrolifere superiori ai 100 giorni. Poco meno di quattro mesi di autonomia in caso

di crisi internazionale, più o meno quanto richiesto dall’Unione Europea”

All’interno del testo si considera l’ipotesi di attivazione dell’ Agenzia nazionale per le scorte

di riserva nel caso in cui le condizioni si aggravino, tale organo nelle intenzioni del governo

dovrà supervisionare “Il “Fort Knox” tricolore di oro nero” (corsivo mio): il tema del

western, della vita di frontiera ritornerà spesso nelle pagine dell’edizione nazionale e di quella

locale.

L’articolo che considera direttamente la vicenda degli autotrasportatori siciliani si carica in

termini di scelte lessicali e nell’uso ricorrente di metafore.

Consideriamo il titolo:

Camionisti contro il caro-greggio. Minacce fisiche ad un collega che non aderiva

Strade e caselli presidiati due arrestati nel catanese

Salta agli occhi innanzitutto la categoria dedicata dell’articolo (“La protesta”).

All’interno di questo breve articolo sono sintetizzati i temi che saranno prevalenti nei giorni

successivi: la violenza e la brutalità primitiva dei camionisti; i toni allarmistici e il linguaggio

militare; i temi della scarsità dei beni primari e della loro inevitabile deperibilità; le forme di

folclorizzazione e ridicolizzazione della vicenda.

Si inizia ad utilizzare un linguaggio mutuato dai reportage di guerra

31

“L’assedio è totale, autotreni fermi in coda per decine e decine di chilometri”,

i protagonisti sono descritti come individui violenti

“[…] i carabinieri di Giarre hanno anche arrestato due camionisti che, armati di coltello a

scatto, hanno inseguito e minacciato un collega che non aveva aderito alla manifestazione”

la cui protesta si origina e diffonde senza organizzazione e progettualità attraverso mezzi di

fortuna ad uopo escogitati

“[…] (la protesta) organizzata sul filo del tam tam e del cellulare del vulcanico responsabile

dell’associazione imprese autotrasportatori siciliani […]”.

Vengono introdotti inoltre i temi legati, più in là ripetutamente battuti, alla scarsa reperibilità

di prodotti e cibi freschi e il loro ineluttabile deterioramento

“ Da sabato, tonnellate e tonnellate di merci deperibili, stanno a deteriorarsi tra le lamiere e

non verranno consegnate fino al termine della protesta”.

La protesta “rigidissima” è sovente intermezzata da episodi che ne banalizzano i contenuti e

gli attori, sulla falsa riga delle macchiette e dei cabaret nazional-popolari: sebbene i

camionisti la continuano ad oltranza,

“L’unica eccezione l’hanno fatta per la cantante Manuela Villa, figlia del “reuccio”: il Tir che

trasportava i suoi strumenti a Niscemi per un concerto è riuscito a superare il blocco solo

dopo una singolare promessa : quella di una mini esibizione lì, sul luogo della protesta, al

casello di San Gregorio dell’autostrada Messina-Catania”.

Consideriamo gli articoli della stessa giornata nell’edizione de la Repubblica locale.

All’evento principale sono accostate notizie secondarie, in alcuni casi si tratta di subtemi, in

altri vere e proprie digressioni su argomenti che di fatto svolgono funzione amplificativa di

panico e disordine. In particolare alle pp. II e III troviamo assemblate questioni relative

all’evento scatenante dello sciopero degli autotrasportatori

Code di chilometri sulla circonvallazione, traffico impazzito anche in centro per il corteo dei precari

32

La città nella morsa dei Tir

Blocchi al porto e in via Oreto, a rischio l’aereoporto

Ed insieme la manifestazione di protesta dei precari (in prima pagina si legge nella

titolazione: “La città bloccata anche dalla protesta dei precari, e il traffico è impazzito.

Assediati dai Tir. Mercati senza merci, prezzi alle stelle”), i cantieri aperti per i lavori di

“maquillage” per il vertice ONU (che se non intralciano la circolazione creano “problemi

invece per i pedoni, per i ponteggi sui marciapiedi”), l’allarme per la sempre più difficile

reperibilità di cibi freschi (“La protesta dei Tir: nei negozi scarseggiano cibi freschi. Allarme

mercati prezzi già alle stelle”), un incidente nei pressi dello svincolo di via Belgio (che ha

causato 14 feriti e “[…] provocato un ulteriore blocco della circolazione in città, proprio in

uno degli snodi più densi di traffico e in una giornata già abbastanza critica per la viabilità

cittadina piegata da cortei e da blocchi stradali”) ed infine persino il falso allarme per una

tromba d’aria a Messina (“Falso allarme per una tromba d’aria, scuole evacuate, torrenti in

piena”).

Sembrerebbe dunque una catastrofe annunciata, nella quale diversi focolai policentrici

concorrono inevitabilmente a fare precipitare la situazione nel caos e nel disordine più totale,

con l’aggravante di un incombente assedio che immobilizza la città di Palermo, la viabilità

nell’intera isola e la sua economia

“Gli autotrasportatori siciliani presidiano le autostrade e i porti. Le auto passano lentamente

fermi mezzi pesanti e padroncini”; “Problemi di rifornimento all’aeroporto di Punta Raisi. Il

prefetto dispone la scorta alle cisterne con benzina”.

I disagi per la protesta dei Tir si fanno sentire già in alcuni mercati generali di diverse città

siciliane e i supermercati non vengono più riforniti delle

“[…] linee fresche delle varie marche quelle con 7 giorni di scadenza e i nostri clienti –

aggiunge il titolare di un centro all’ingrosso- cominciano ad avere una scelta ridotta su alcuni

prodotti come le fette biscottate”.

Anche nell’edizione locale si fa riferimento alla tentata violenza e alle minacce di due

camionisti nei confronti di un collega “ribelle” che non aveva aderito alla protesta e si fa

spesso uso di terminologia e linguaggio associato agli eventi di belligeranza (dall’ “assedio”

al “diktat” degli autotrasportatori alle “sentinelle” del blocco autostradale) o alle citazioni

33

letterarie e/o cinematografiche o più semplicemente ad espressione figurative logorate

dall’uso (“È stata una giornata di ordinaria follia quella di ieri per il traffico cittadino e

siciliano”).

Il neonato sindacato siciliano degli autotrasportatori è rappresentato come organismo

disorganizzato, le cui azioni vertono sull’approssimazione e sull’ “improvvisazione”,

caratterizzato da forti deficit di strutture informative e comunicative per cui gli stessi colleghi

ne hanno una percezione negativa (alcuni si sentono traditi e ingannati dai loro stessi colleghi:

“Nessuno ci ha informati”, “ma questi chi sono?”).

Sono ripetuti i riferimenti alla cultura locale e al folclore non solo nei commenti di tipo

visuale

Foto di manifestanti che sfilano su carretto siciliano

ma anche nella scelta della linguaggio e dei testimoni privilegiati da far parlare:

“Chianci u giustu pu piccaturi (piange il giusto al posto dei peccatori ndr)”

commenta uno dei “capi” della protesta riferendosi all’episodio che ha visto come vittima un

tecnico audio di Siracusa intrappolato pur non essendo appartenente alla categoria.

Sebbene lo scopo degli autori sembra essere dimostrativo, il giornalista sceglie di concludere

l’articolo con le minacce di quello stesso “capo” di cui sopra che chiude dicendo

“[…] noi non molleremo fino a quando non avremo assicurazioni da parte del ministero che

accoglieranno le nostre richiesta”.

La chiusura appare coerente con il clima allarmistico e di “incontrollabilità” che via via le

pagine stanno costruendo.

34

Le foto ed i commenti visuali devono essere esaminate in modo congiunto: esse visualizzano,

sin dalla prima pagina, e supportano il clima allarmistico e di panico creatosi, commentando e

mettendo in relazione la protesta degli autotrasportatori con lo sciopero dei precari ed i

problemi alla viabilità e al traffico.

35

L’edizione nazionale del 4 ottobre mantiene ed esalta il clima allarmistico, all’articolo a firma

di Alessandra Ziniti segue il corsivo a cura di Attilio Bolzoni, esaminiamone da vicino temi e

rappresentazioni da confrontare successivamente con gli articoli della medesima testata nella

sua versione locale.

Si allarga la protesta: centinaia di camion fermi. Le industrie annunciano la cassa integrazione

Bloccato lo stretto di Messina

Sicilia, i Tir insistono: pompe a secco, mercati vuoti

I temi principali attorno i quali ruota la cronaca del quinto giorno di protesta degli

autotrasportatori sono innanzitutto gli effetti che essa ha sulla viabilità, la disponibilità di

alimenti freschi e i timori relativi alla casa integrazione: il trigger event è integrato da subtemi

e da digressioni ulteriori.

Si fa sempre più marcata l’immagine della distanza dell’isola dal resto del paese (e non solo)

dovuta a caratteri di tipo geo-territoriale e alla volontà di autoisolamento dei manifestanti

“Dallo Stretto di Messina non si passa più. Inutile, per le centinaia di Tir in arrivo dal

continente, passare sull’altra sponda. In Sicilia il blocco della rete viaria è ormai totale e così,

da ieri pomeriggio, la polizia ferma a Reggio Calabria e a Villa San Giovanni i mezzi

pesanti”.

L’esasperazione della vicenda si esplicita attraverso l’escalation di tensione (“sono ormai in

centinaia fermi nelle aree di sosta e la tensione si taglia a fette”), mentre l’abbandono e il

disordine vengono sovente associati all’incuria e la sporcizia i cui versano varie zone

dell’isola, in primo luogo nei porti dove le derrate alimentari bloccate cominciano a

deteriorarsi e in alcune zone urbane a causa della sospensione dei servizi di raccolta e di

smaltimento dei rifiuti.

Nel corsivo di Bolzoni le distanze si allargano ed in questo caso ciò è dovuto principalmente

ai modelli culturali e ai moduli comunicativi descritti.

Il corsivo acquista la vividezza del resoconto etnografico, non scevro da riferimenti

cinematografici

“uno di loro si fa chiamare proprio “Anatra di Gomma” come quello che nel film di Sam

Peckinpah guidò la rivolta dei camionisti in Arizona” e ancora “Il fronte del porto a

mezzogiorno”

36

e riportando regolarmente le espressioni gergali dei camionisti tra progetti di resistenza e

revanchismo e abitudini gastronomico-culturali peculiari degli autoctoni

“Dice che lui non mollerà mai, impreca contro il governo, se la prende con gli armatori ,

sbraita contro “gli sbirri della stradale” e alla fine minaccia: “Sì, faremo come in Convoy,

proprio come al cinema…per farci sentire attraverseremo tutta l’Italia fino alle Alpi…”. Poi

divora il suo palermitanissimo panino con la milza […]”.

Il riferimento alla tipicità esotica viene rimarcato nella descrizione ironica del carico di

camion e rimorchi

“Camion e rimorchi di tutti i colori, carichi di latte e polli, mangimi e patate, pomodorini di

Pachino e mozzarelline di Eboli, arance di Paternò e mandorle di Avola […].

Vengono ancora utilizzate espressioni tratte dal linguaggio bellico (“ostaggi”, “il comitato”,

“trincea d’asfalto”). La vicenda si svolge in clima di tensione e disordine: “Colpi di clacson,

bestemmie, un principio di rissa ogni quarto d’ora”.

Il report etnografico suggerisce inoltre immagini relative a connivenze e complicità, una sorta

di solidarismo amorale, di tacito rispetto tra i manifestanti e le espressioni malavitose, illecite

dell’isola, i “misteri palermitani”:

“[…] corre in mezzo alla strada per fermare il furgone carico di zucchero che sta passando.

L’autista gli bisbiglia qualcosa all’orecchio e allora “Anatra di gomma” ordina ai suoi:

“Questo può andare, è lo zucchero per i carcerati dell’Ucciardone…”. È mezzogiorno davanti

al porto di Palermo, si alza un applauso […]”

“È sera e cinque camionisti “ostaggi” dentro il porto ci raccontano cosa è accaduto all’alba:

“C’erano sei o sette camion che uscivano dal mercato ortofrutticolo e volevano passare ma

loro, quelli della protesta, non volevano. Poi dal mercato ortofrutticolo è uscito un signore

piccolo piccolo che tutti conoscevano, uno di quelli “intesi”, uno importante…e i camion

improvvisamente sono passati”. Alla polizia non risulta. Alla Finanza neanche”.

37

Intanto “Camion selvaggio oggi è (quasi) padrone di Palermo”, come sintetizzato nelle

conclusioni.

L’ipotesi della connivenza mafiosa è rinnovata dalla stesso Bulzoni nel corsivo dell’edizione

nazionale del 7 ottobre

I camionisti mantengono le barricate, ma con qualche eccezione

I “leghisti del Sud fanno passare solo i boss”

i manifestanti e, per metonimia, la Sicilia sono associati a forme di neo-separatismo

“Il camionista del fronte del porto non dorme da tre giorni e tre notti, beve solo caffè, le sue

labbra si piegano in un ghigno e lui comincia a sputare veleno “contro Roma ladrona. […]. I

compagni dell’ultima barricata lo seguono battendo le mani, si spintonano, anche loro

urlano: “Si-ci-lia…Si-ci-lia…Si-ci- lia…”

e di collaborazionismo con la malavita locale, riproponendo i vecchi stereotipi dell’isola

irraggiungibile e lasciata al suo destino di luogo delle contraddizioni e del malaffare

“Le barricate si aprono e si chiudono come fisarmoniche sulla via del mare, all’incrocio

dell’Oreto, agli vincoli delle autostrade. Non passa nessuno tranne i camion e i furgoni di

qualche boss. Basta un segnale, basta la “parlata” dell’amico di un amico e anche gli

irriducibili, i più duri tra i camionisti, si trasformano in agnellini e fanno finta di nulla. È

capitato ogni giorno dalle parti del mercato ortofrutticolo, i cariche che devono passare da lì

passano sempre. Ed è capitato anche altrove”.

Persino nei commenti visuali si tende a rappresentare il gruppo dei ‘rivoltosi’ come miliziani

gioiosi per la conquista

38

Nell’edizione locale del 4 ottobre si inaspriscono i toni allarmistici:

Quattro impianti su dieci hanno già esaurito le scorte. E cominciano a scarseggiare merci e

generi alimentari

La Sicilia a caccia di benzina

Le compagnie di autobus a secco bloccano i collegamenti

La foto di auto in coda alle pompe di benzina e di soggetti che attendono in fila a braccia

conserte (in prima pagina) indica chiaramente il taglio dei pezzi che focalizzano ancora una

volta sulla ormai compromessa raccolta dei rifiuti, la scarsità di generi alimentari e prodotti

“freschi” (“Scorte di latte fresco a zero nei sei punti vendita palermitani della Coop, che

hanno annullato tutti gli ordinativi di deperibili e ortofrutticoli, e dove cominciano a

scarseggiare le riserve di beni di prima necessità come pasta e zucchero”) e sul caro-prezzi.

39

la Repubblica, a differenza per esempio del Giornale di Sicilia, costruisce il discorso

ancorandolo a storie ed esperienze personali maturate all’interno della vicenda principale o ad

alcuni suoi subtemi.

Nei racconti di vita si fa spesso uso del dialetto o di forme gergali da esso derivate

(“Vogliamo il lavoro, ci dovete dare ‘u travagghiu!!”, “vastasunazzu”), questi pezzi sono

altresì connotati per il registro altamente emotivo e drammatizzante che, nel caso dello

sciopero degli autotrasportatori, contribuisce a creare narrative personali della catastrofe:

spesso la vicenda principale è integrata con proteste collaterali (i precari, il fermo alla pesca, e

infrastrutture, l’insoddisfazione politica contro “i cornuti che comandano”) filtrate attraverso i

vissuti personali (è il caso della storia “L’ingorgo e gli anziani”).

Nell’edizione nazionale del 5 ottobre la vicenda e i subtemi che la integrano sono trattati in

cronaca: è dato particolare risalto alle foto che commentano ed esplicitano i disagi in cui

versano i cittadini/consumatori (banco frutta di supermercato vuoto e file interminabili alle

stazioni di servizio con bidone alla mano) e i caratteri fenotipici degli autotrasportatori

(ripresi, nella fattispecie, mentre discutono animosamente con atteggiamenti visibilmente

goliardici).

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Lo stop dei tir diventa parziale, garantiti medicinali. Domani vertice con Bersani

Sicilia, tolto il blocco per benzina e alimentari

Ma i danni di “camion selvaggio” sono enormi

Viene annunciata la “tregua” garantita da Richichi (capo della protesta) in particolare per

quanto riguarda l’approvvigionamento di beni di prima necessità e di medicinali. Il giornalista

elenca in dettaglio gli effetti più devastanti provocati dal blocco, tra i settori più colpiti

figurano quello agro-alimentare e caseario (ennesimo riferimento a compartimenti tipici

dell’isola): i disagi sono sintetizzati graficamente in una tabella sinottica con espliciti

indicatori di tipo iconico (vd. Fulmine /nube nera e transenna/stop).

41

Perdurano le difficoltà legate alla mancanza di cibo fresco; sono rimasti a secco i mezzi di

raccolta di rifiuti e persino “le auto scorta dei magistrati e quelle di servizio di polizia”nonché

gli aliscafi che collegano le isole minori.

Il corsivo di Bolzoni – strategicamente dedicato a “I disagi”- consiste in un amalgama di temi

ed immagini che, in definitiva, narrano le vicende quotidiane e paradossali di una città,

Palermo, posta sotto assedio:

Supermercati vuoti, distributori a secco, trasporti in tilt. A Palermo rincari fino al 60%

E nelle città assediate rispunta il mercato nero

Il giornalista, nelle vesti quasi di inviato di guerra, narra di una Palermo che ricorda il

dopoguerra,

“[…] quando […] si trovavano solo stecche di Pall Mall e di Camel e di Lucky Strike. Ma

mai un pezzo di carne buona, mai un pesce che non fosse sarda o che non fosse sgombro, mai

frutta di stagione e neanche uova fresche”

deserta, associata ad immagini tradizionali, esotiche e mitiche insieme:

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“Dai muri e dai tetti pendevano ancora le luminarie per la festa della Maria Santissima della

Mercede, però i banconi delle pescherie e delle ‘carnezzerie’ erano tutti vuoti, le bancarelle

spoglie, i vicoli deserti, nella piazza in fondo non si sentivano le ‘abbainate’ degli olivari e dei

polipari, tra le voci dei suk di Palermo. Niente triglie di scoglio da Porticello né gamberoni

imperiali da Mazara, niente uva da Canicattì, e neppure pesche da Bivona […]”

“La città è un caravanserraglio dal mare alle ultime gole di quella che fu la Conca d’Oro”

“Si trova per due lire, sempre al Capo ma anche nei mercati di Ballarò e di via Montalvo e

pure nella famosissima Vucciria immortalata da Renato Guttuso – soltanto quello che si

produce in zona, fichidindia e càchi che racolgono nelle vicine campagne di Misilmeri,

legumi coltivati nei campi intorno a Villabate, broccoli di Brancaccio”

“[…] il poco pesce tirato su dalle barchette della Bandita e di Romagnolo, perlopiù sgombri e

calamaretti. L’unico pesce che sembra non mancare è quello di allevamento, orate che però a

Palermo nessuno vuole”.

I siciliani sono descritti come individui legati ad un particolare stato di natura che, portandoli

ad interessarsi più della sopravvivenza e della gola, lì priva di quello spirito e senso civico

necessari mentre davanti ai loro occhi “marciscono” alcuni beni e deperibili e si “stanno per

fermare anche le auto di scorta dei pm anti-mafia”.

Intanto le carovane a caccia di carburante utilizzano i vecchi sistemi del “tam-tam”, delle

“voci” e del “passaparola”: si ha tutta l’impressione di vedere un contesto urbano regredire

all’utilizzo di forme di solidarietà meccanica, dell’ “ aver sentito dire che”. Non è un caso che

i pezzi abbiano spesso utilizzato non solo registri discorsivi altamente emotivi e narrativi, ma

che i giornalisti abbiano costruito i propri pezzi preferendo le strutture episodiche a quelle

tematiche.

I riferimenti al folclore e alle tradizioni locali si unisce alla trattazione soggettivante delle

vicende, esplicitata anche dall’uso di tecniche di titolazione che prediligono il parlato:

nell’edizione locale di giorno 5 ottobre si riutilizza la tecnica del resoconto etnografico della

vita dei camionisti:

Davanti al porto da cinque giorni, vivono tra i tir e i bar: “Abbiamo ragione”

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“Stanchi, ma non molliamo”

La trattazione soggettivante non dà spazio all’analisi delle vicende quanto piuttosto ad una

loro semplificazione e banalizzazione con riferimenti ad elementi folcloristici locali che ne

permettono una maggiore generalizzazione e decontestualizzazione:

“Anche lui (si riferisce ad un camionista che scelta la linea dura continua a manifestare ad

oltranza) come altre centinaia di camionisti tiene duo. Vicino al suo tir, intanto è spuntata una

lapa con lo spincione. Lo stesso è accaduto in via Oreto. Ci si arrangia come si può. E per gli

ambulanti di cibo a poche lire, questa è un’occasione da non perdere”

“Già il bar. È diventato una sorta di seconda casa. È qui che i camionisti mangiano qualche

panino e si lavano per come possono. Faticano ma non si piegano”

I subtemi sviluppati nella giornata del 5 ottobre ripropongono il tema della carestia e della

scarsità di approvvigionamenti

Code e proteste, discussioni e liti davanti ai distributori svuotati dopo il blocco dei

rifornimenti

Viaggio tra i dannati della benzina

Assalto alle pompe: “Siamo stati colti di sorpresa”

Si descrivono situazioni al limite della guerriglia urbana: linguaggio e temi evocano scenari

da guerra (“rompetele righe”, “persone armate di bidoni in plastica”, “il piccolo esercito dei

bidonisti”) arricchiti dalle immagini di individui e motociclisti che si avventano sulle stazioni

di servizio e di lunghe file parallele di autoveicoli, e della protesta dei precari alla Regione.

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Il registro discorsivo di forte intensità emotiva, spettacolarizzato e fa uso di forme gergali e

dialettali (si consideri il dialogo tra due signore, in fila per fare benzina, assunto a notizia: “A

poca distanza dal distributore, una donna quarantenne su un Opel Astra, grida “sei una capra”

a un’altra donna che cerca di infilare il muso della sua Jeep. “Va’ lavati i piatti” la replica. Il

dialogo si ferma qui, per fortuna, anche perché –seppure lentamente- la fila si muove”).

L’isola è costruita come distante, terra del disordine e del panico, lontana geograficamente dal

centro del “continente” e lontana simbolicamente dallo sviluppo e dalla cultura civica

nazionale, succube di stereotipi ambigui, ambivalenti che, se regolarmente, ne fanno il luogo

dei paradossi e delle contraddizioni, alcune volte la riconoscono terra esotica, del mito, della

conquista si consideri il titolo seguente:

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Le nuove ricerche, il potenziale dell’isola è di 5 miliardi di barili.

La corsa al petrolio l’isola sogna il Texas

ed ancora scorrendo il testo: “frontiera dell’oro nero”, “Texas italiano”, “Eldorado siciliano”.

Il numero dell’edizione nazionale relativa a giorno 6 ottobre introduce il tema dell’incontro

tra Bersani e Rotella

Oggi trattativa al ministero dei Trasporti. La Regione: i camionisti pronti alle barricate.

Circolano alimentari e farmaci

Sicilia in ginocchio, lavoro a rischio

Confindustria: 8.000 in cig per camion selvaggio

Si presentano inoltre le posizioni delle parti politiche rispetto al caso ed in particolare la

polemica tra i due poli. I temi di natura politica sono tuttavia arricchiti con le quotidiane

descrizioni dei disagi, delle speculazioni, delle merci avariate e delle truffe legate

all’immissione di tali beni in commercio.

Lo sciopero dei camionisti è considerato causa di una sfiorata tragedia

“Per colpa dello sciopero dei camionisti a Palermo si è anche sfiorata la tragedia. Un

appartamento è andato a fuoco mentre il proprietario stava travasando in un bidone alcuni litri

di benzina “conquistati” dopo ore di coda. L’uomo se l’è cavata con qualche ustione e tanta

paura”.

Si crede debba essere prestata particolare attenzione alle varie digressioni tematiche inserite

all’interno dell’episodio scatenate, e seguendo tale indicazione non appare una scelta casuale

quella di inserire subito ai piedi delle foto che commentano l’articolo relativo agli effetti della

protesta (fila alla stazione di servizio presidiata dai carabinieri ed autotrasportatori nei pressi

di un blocco), una notizia relativa ai progetti di rinnovo dei servizi delle Ferrovie dello Stato:

la nuovissima Carta dei servizi permetterebbe infatti di migliorare e rispettare i tempi

“[…] puntualità. Entro la fine del 2000 infatti le Fs giurano di far arrivare in orario, o con un

ritardo massimo di 15 minuti, l’86 per cento dei treni a lunga percorrenza e il 91 per cento

degli Eurostar”

46

e l’altra indicazione, utile al fine della nostra analisi, è già presente nella titolo

“Pronta la Carta dei servizi con gli impegni per migliorare i collegamenti. Le Ferrovie

promettono puntualità e pulizia”.

Il tema del pulito, a nostro avviso, è usato in diretta opposizione al tema del marciume e dello

sporco, concetti che chiudono l’articolo che tratta direttamente la vicenda autotrasportatori.

L’edizione locale del 6 ottobre dilata e frammenta l’argomento principale attraverso

l’elaborazione e l’inquadramento di vari subtemi e digressioni: 1) riferendosi alle fazioni

politiche regionali su cui aleggia lo spirito del provvidenzialismo e l’immobilismo (“in attesa

delle decisioni romane”); 2) si considerano i fenomeni di speculazione diffusa sui contenitori

omologati per trasportare carburante presso gli stessi distributori: la vicenda serve da

espediente per denunciare la mancanza di cultura civica (“speculazione ogni qualvolta si crea

una necessità impellente”) e il fallimento della politica energetica nazionale (a causa delle

cisterne inadeguate per approvvigionamenti di lunga durata”); 3) le notizie brevi dedicate: ora

all’ “emergenza” (“Malata dimessa dal Civico non può tornare a casa”), ora agli “alberghi”

(“Niente biancheria pulita la lavanderia è fuori città”), ora a “l’incendio” (la sciagura sfiorata

in un palazzo a causa di un incendio divampato all’interno di un appartamento mentre un

uomo travasava benzina: in uno scorrere disordinato di fatti, un topic eccezionale e

straordinario diventa elemento quasi routinario, ricorrente, prevedibile, ineluttabile); 4)

l’editoriale “L’assessore chiacchiere e distintivo” di Bolzoni: dove si dipinge una Sicilia in

preda alla vittimizzazione a alla cultura della rassegnazione (“[…] la nostra solita iella […]”;

Rotella diviene vittima dell’intervento satirico (è lui che cavalca, fomenta, incita alla protesta,

minaccia barricate e marce su Roma, fa demagogia; Masaniello con i camionisti; “padrino”

del movimento dei camionisti (si fa esplicito uso del linguaggio mutuato dalla mitologia

mafiosa e dunque sottilmente all’ipotesi di connivenze).

Il 7 ottobre è dedicato nelle pagine dell’edizione locale agli effetti dell’incontro tra Rotella e

Bersani, i subtemi e le rappresentazioni collegate a questi si concentrano soprattutto sul

sistema politico isolano, sulle minacce dei rivoltosi e la figura di Richichi “Masaniello dei

camionisti”, sugli effetti della vicenda in vari ambiti e settori della vita pubblica attraverso

digressioni tematiche.

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Il governo regionale è additato come esempio di clientelismo, sperpero di danaro pubblico e

di incompetenza gestionale, l’autonomia decisionale in alcuni settori è considerata dannosa

(“L’autonomia ha fatto più danni della mafia” afferma Enzo Bianco) e i rappresentanti

politici, nella persona di Rotella, sono giudicati espressione di una politica trasformista, ‘più

dannosi di una catastrofe naturale’.

Riferendosi a Rotella nell’editoriale vengono utilizzate le seguenti parole:

“[…] ferroviere passato da un deragliamento politico all’altro, ora con la destra ora con la

sinistra, sempre presente dove c’è una poltrona da occupare e un portafoglio da gestire”.

Si consideri la foto seguente che ritrae Rotella quasi in atteggiamento in cui appare remissivo,

goffo ed impacciato.

La vicenda è enfatizzata (rispetto all’inefficienza e superficialità dei politici locali e in merito

alla costruzione del panico) nella rubrica delle lettere dei lettori, integrando l’evento

principale con storie estreme e facilmente generalizzabili al pubblico del lettori : la prima

scritta da un capostazione (“La demagogia del ferroviere Rotella”) accusa le incompetenze

dell’assessore e gli orientamenti della politica locale contraria ai trasporti su ferro

(contrariamente a ciò che avviene a livello europeo); la seconda propone strategicamente

l’appello disperato di un rappresentante ridotto al lastrico a causa degli effetti perversi della

protesta

“So anche che molta gente sta perdendo il lavoro per colpa di una protesta allucinante

fomentata da un governo regionale complice e da un’opposizione di sinistra incapace di

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mostrare i muscoli”; “ma, in un momento come questo, non riesco a pensare ad altro che alle

cambiali che non potrò onorare perché un pugno di camionisti non mi fa lavorare. Domani

avrei dovuto partecipare a una fiera di paese a San Giovanni Gemini. Avrei guadagnato quei

soldi che mi sono indispensabili per tirare avanti. Ma come ci vado se nel mio furgoncino non

c’è un goccio di benzina. Ho fatto tre notti di coda, ma non sono riuscito fare il pieno. Lo sa

questo l’assessore Rotella? Lo sa che la gente muore di fame perché i suoi amici camionisti si

sono messi in testa di distruggere una regione?”

Nell’intervista a Richichi vengono esposti i motivi della protesta e si sondano i progetti. Ne

esce fuori l’immagine di un uomo dai tratti grotteschi e paradossali. Insoddisfatto delle intese

raggiunte e minaccioso

“Sono caramelle, caramelle, noi di questi contentino non ci accontentiamo e la protesta

continuerà fino a quando non saranno accettate le nostre richieste, noi non siamo neanche stati

ricevuti e a questo punto le misure previste dall’incontro non ci interessano, i blocchi

continuano”,

fortemente risentito a causa del trattamento ricevuto da Bersani (“Ci hanno trattato come

persone indesiderate”).

Il ritratto è quello di un ‘padroncino’ che tra vittimismo

“[…] se erano le cooperative, quelle che vengono dal nord e dall’Emilia Romagna, li

avrebbero fatti entrare. È la prima volta nella storia che una piccola associazione di

autotrasportatori siciliani ottiene un grande successo ed accade che ci trattano come se

fossimo un baraccone da circo”

ed ironia grottesca e grossolana

“[…] Ha visto che il blocco sta provocando disagi a milioni di cittadini “innocenti” che

subiscono senza avere nessuna colpa? E io che ci posso fare? Io i blocchi non li levo perché

la nostra è una protesta legittima. E poi non è vero che le merci non possono viaggiare: le

Ferrovie che ci stanno a fare? Abbiamo una ferrovia efficientissima, lì le merci possono

viaggiare”

49

si rivela banale e ridicolo

“Quindi a Roma ha fatto un viaggio a vuoto? Certamente, ma comunque, dopo che ci siamo

spostati da palazzo Chigi, siamo andati in giro per Roma, ci siamo comprati qualche vestito”.

L’articolo è rinforzato da alcuni trafiletti (“Per i pescherecci fermi da 20 giorni la speranza di

indennizzo per calamità”: il panico ed il disordine sono amplificati non solo attraverso il

caro-gasolio e la penuria del pescato, si aggiungono problemi ecologici legati alla presenza

delle mucillagini) e da pezzi destinati alle “testimonianze” (“I camionisti”: si tratta di una

registrazione a caldo degli umori dopo il rifiuto da parte del Governo di ricevere i delegati

degli autotrasportatori. I temi citati ruotano attorno ai concetti di autonomismo e separatismo,

dell’ “orgoglio sicilianista” (“Noi da qui non ce ne andremo mai – dice franco Caminiti – la

verità è che la Sicilia se la passerebbe molto meglio se si distaccasse dall’Italia”; “Quei

polentoni – dice infatti un altro dei manifestanti- ci trattano come se valessimo meno di

niente, come se fossimo “munnizza”, e noi reagiremo per come meritano. Continueremo a

manifestare sino a quando non ci daranno ragione”; “Qui in Sicilia non faremo entrare più

nessuno. D’ora in poi la faremo noi l’autonomia”).

Restano “inquadrati” anche i temi relativi agli effetti della protesta, sotto fotografie di una

città desolata (motociclista rimasto in panne in una via Libertà deserta) e di altri disagi

(mezzi pubblici affollati; polizia che sorveglia un deposito di carburante e persino la

descrizione di una foto inesistente o meglio non corrispondente a quella pubblicata23)

23 La descrizione recita “un automobilista cerca di fare benzina con la tanica di una 500” mentre nell’immagine si vedono individui in fila nei pressi di una stazione di servizio. La foto della descrizione in realtà si trova alla pag.25 dell’edizione nazionale della medesima giornata (con effetti connotativi ben diversi, dal momento che l’immagine è diffusa su tutto il territorio nazionale).

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Scene da dopoguerra Duemila: furti di carburante dalle auto, guerriglia in viale regione

Benzina al mercato nero a rischio poste e sigarette

Si descrive lo stato di calamità in cu versa la città, e i disagi cui sono sottoposti gli

“innocenti” e i settori produttivi dell’isola

“Un’atmosfera da primo dopoguerra che si sperava di non dover più rivivere. E se le Poste

informano che sarà difficile nei prossimi giorni recapitare lettere e bollette ai cittadini, si

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aspetta anche il momento in cui finiranno le scorte per le sigarette, altro indicatore principe

dei momenti di emergenza”

Il panico sembra essere generale e diffuso: immobilismo delle forze dell’ordine rispetto a

violenza e vandalismo (“Volano pietre e bottiglie sotto gli occhi delle forze dell’ordine che,

chissà perché, guardano la scena senza intervenire”); depositi di carburante sotto scorta,

presidiati; derrate alimentari e beni di prima necessità difficilmente reperibili. I disagi sono

principalmente imputati agli autotrasportatori, “[…] il rais Giuseppe Richichi e i suoi boys”.

Persino lo sport ha incontrato delle difficoltà (il calcio in particolare) a svolgere regolarmente

i propri appuntamenti nell’isola. Anche questo articolo si dilata in subtemi e spazi dedicati: “Il

reportage” e “La situazione”. Iniziamo dal primo:

Fino all’alba in viale Strasburgo in attesa del pieno tra birra, pizze e invettive

L’ultima coda di mezzanotte ‘Ma se va male mollo l’auto’”

Si tratta del resoconto dell’attesa presso una stazione di servizio modificata per l’occasione in

momento di bivacco, in cui prevalgono la personalizzazione e la soggettivizzazione, la

sovrapposizione della vicenda principale con le azioni ordinarie della vita quotidiana

raccontate spesso in prima persona, segue qualche frammento:

“È l’una quando Sandro, appoggiato sulla sua Opel Corsa, alza gli occhi verso il cielo e

s’imbatte nel megamanifesto di Berlusconi: “Perché non scende da là sopra? Figurati se a lui

non gli danno la benzina. In questo paese mica ci considerano tutti uguali e chi comanda

pensa solo agli affari suoi”

“Mancano tre ore all’alba e la fila ormai si perde all’orizzonte. Dentro alle auto c’è chi dorme,

chi non riesce ancora e litiga col sedile, che non si reclina a dovere, e chi legge l’oroscopo sul

giornale. È una donna in attesa del marito che dovrebbe venire a darle il cambio: “ma – dice –

come al solito ritarda. Anche di notte, con questi problemi, non riesce a essere puntuale”

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La Confcommercio lancia l’allarme per gli alimentari

Le aziende in ginocchio lunedì 10 mila cassintegrati

Qui i toni allarmistici sono utilizzati per i beni alimentari: cibo e protesta sono stati spesso

associati, sono elementi ricorrenti nei resoconti giornalistici. Colpisce tuttavia che il difficile

approvvigionamento dei beni sia sovente associato alla loro deperibilità, alla dicotomia

concettuale del puro/impuro che in questo pezzo è particolarmente evidente per il riferimento

e per il valore simbolico che assume l’acqua (“L’acqua Geraci visto che non riesce a rifornire

i supermercati di Palermo, ha fermato la produzione […]).

Altro elemento particolarmente citato nei vari articoli, riferibile alla dicotomia prima

ricordata, è il latte che nelle pagine siciliane sembra connotarsi di significati antichi e

primordiali

“L’ALLARME. Niente latte per i bambini”; “Anche i più piccoli pagano le conseguenze del

blocco dei tir in Sicilia”, “Comincia a scarseggiare il latte per i neonati, uno degli articoli che

ci vengono maggiormente richiesti”, “Problemi seri anche all’Ospedale Di Cristina, dove per

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il blocco degli autotrasportatori scarseggiano gli alimenti. Il nosocomio palermitano che

ospita ogni giorno centinaia e centinaia di bambini provenienti dalla Sicilia occidentale

potrebbe presto rifiutare i ricoveri per mancanza di viveri”.

Nella giornata dell’otto ottobre ci si avvia al commiato dell’evento scatenante e ci si prepara

allo sblocco della protesta. Si noti nell’edizione nazionale, comunque, già nel titolo

Lunga riunione in Prefettura. Nella notte a decisone degli autotrasportatori.

Sicilia senza acqua e latte ma i Tir allentano la presa.

Verso la fine dei blocchi, l’isola è in ginocchio

il rinvio ad elementi, “acqua” e “latte”, la cui difficile reperibilità ha causato e continua a

causare disagi e ad allarmare la popolazione.

Gli autotrasportatori sembrano essere stati costretti alla “resa” da pressioni di varie

contingenze (“cittadini inferociti”, “agricoltori in rivolta”, “cassintegrati pronti a tutto” e

“piccolo esercito di poliziotti”).

Nonostante il riferimento ad una normalità che tenta di manifestarsi, nell’articolo si fa ancora

riferimento al tema del disordine (“Sicilia avamposto di guerra”, “centinaia di passeggeri

prigionieri”, “porto ostaggio dei camionisti”, “scene da carestia”, “ressa agli imbarcaderi”,

“scene da guerriglia urbana”). Nessuna tematizzazione e forte ‘quotidianizzazione’ della

vicenda nel corsivo dedicato alla “storia” (Salvatore, venditore ambulante, non lavora da sette

giorni. “sono sul lastrico ed è colpa loro”): la “piccola storia” di un siciliano qualunque

tratteggia a tinte forti, per il pubblico dei lettori nazionali, la quotidianità nella Palermo della

gente comune. La descrizione, come affermato, si addice a quella di un “girone infernale”, nel

quale i soggetti assistono impassibili alla disfatta e ai disagi provocati dalla “barricata più

selvaggia mai alzata in città negli ultimi quaranta anni”

Un motivo che si reputa interessante notare, motivo che ritorna nell’articolo che stiamo

esaminando, è quello dei sistemi di comunicazione tra i rivoltosi: in vari articoli si considera

l’uso di strumenti impropri (passaparola, tam-tam e cellulare) nell’organizzazione della

protesta (ed adesso nel suo sblocco: “ Da Catania, il tam tam della resa ha raggiunto via

cellulare tutti gli snodi della protesta […]).

Così come la protesta si è alimentata con i ‘passaparola’, la costruzione giornalistica delle

vicende si è spesso basata sul ‘sentito dire’, utilizzando quale forma di legittimazione dello

54

spessore dell’articolo e della sua veridicità la tecnica della ‘caccia di opinioni’ e ella ‘vox

populi’

Si consideri in particolare l’articolo dal titolo:

Viaggio tra Capo, Vucciria e supermarket. Più adesioni che critiche.

Il popolo dei mercati tifa per i camionisti

(7/10/2000).

Anche nell’edizione locale della giornata dell’otto ottobre, il lettore è guidato alla lettura della

‘resa’ dei rivoltosi, ma immediatamente intimorito dalla foto (file parallele interminabili di

‘bidonisti).

e dai titoli:

Aprono 19 distributori, fino a mercoledì niente carne, zucchero, latte, montagne di rifiuti

La carestia non è finita

E in quattrocento marciano contro il blocco

Nonostante gli accordi la situazione resta “esplosiva” non solo a causa degli umori dei

cittadini, manifestatamene contrari al blocco, ma anche per la grave impasse attraversata da

tutta l’economia siciliana (danni ingenti su agricoltura, artigianato, industria e turismo).

Il linguaggio da trincea (“La resa è vicina”) si alterna alle immagini dell’assedio che si

assopisce, lasciando una città martoriata (“la fine dell’incubo, comunque, non sembra

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lontana”; “Leningrado prima del muro”; “Palermo e la Sicilia come Cuba dopo un quarto di

secolo di embargo”; “Razionata anche l’acqua”; “settimana di inferno”)24 e sporca:

“E dopo benzina, acqua e cibo, all’orizzonte si affaccia anche il pericolo igienico-sanitario.

L’Amia ha annunciatocce da domani i mezzi di raccolta dei rifiuti saranno fermi per

mancanza di carburante”.

La distanza fisica e simbolica dell’isola dal resto del Paese si fa sempre più incolmabile:

“[…] (parla Carrotta, direttore della Confcommercio di Palermo) la Sicilia è lontana dal

continente …”.

Dalla prima pagine si rinvia alla pagine interne per approfondire i subtemi legati all’articolo

appena descritto: 1) “Le Lettere” ( viene data voce ai cittadini: le lettere sembrerebbero

piuttosto messaggi di SOS nel pieno rispetto dei registri comunicativi e delle scelte lessicali

adottati dal quotidiano: “Non abbandonateci”); 2) “Gli incidenti” (il pieno alla macchina

giustifica qualunque espressione di violenza, “Risse per il carburante, due feriti”, lo stato di

emergenza è esteso ad ogni azione o comportamento precedentemente considerate sicure – i

bidoni di plastica non omologati non sono adeguati al trasporto di carburante); 3) vi è spazio

anche per “La curiosità” (a Caltanissetta rubano la benzina dal carro funebre mentre nella

Cala di Palermo un “bisonte “ olandese, prigioniero dei colleghi italiani, passa il tempo

pescando); 4) gli effetti definitivi della protesta verranno valutati da un’unità di crisi,

appositamente creata, composta dai rappresentanti di tutte le categorie produttive; 5) Nuove

psicosi per i consumatori che adesso devono fare i conti con le frodi legate al cibo avariato

(“Programmate ispezioni sulle tonnellate di alimenti rimasti fermi per una settimana a causa

della protesta. Nas, caccia alle merci avariate.Task force per evitare che finiscano in negozi

e mercati”) e il razionamento dell’acqua a causa della mancanza di reagenti per la

potabilizzazione.

I camionisti, in un corsivo a pagina 2 a firma di Massimo Lorello, attendono istruzioni sul da

farsi e pensano piuttosto “[…] a organizzare un’altra veglia, si pensa – come fa Vicè – a

Italia-Romania da vedere su un trentadue pollici montato sul tetto di una Fiat Tipo bianca

parcheggiata a venti meri dal posto di polizia”.

24 Da notare l’inserzione pubblicitaria del latte fresco SOLE, alta qualità, occupante circa mezza pagina.

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I “padroncini” hanno accettato la bozza di accordo. Non ancora terminati i disagi. Oggi nuovo

incontro

Stop alla rivolta, la Sicilia respira

Il 9 ottobre così titola la redazione nazionale uno degli ultimi articoli dedicati alla vicenda

autotrasportatori: i toni sono decisamente resocontivi, si ricostruiscono i principali

avvenimenti su cui si è snodata la vicenda. La normalità tarda ad arrivare, si fa sentire il

“malcontento della popolazione ridotta allo stremo”.

Il bombardamento episodico è più evidente del numero della redazione locale del 10 ottobre

Ora manca la benzina verde

Il ritorno stentato alla normalità (vd titoli di alcuni subtemi collegati: “Pieno possibile fino

alle 22”, “I pescherecci tornano a mare”) è avviato tra mille difficoltà legate innanzitutto alla

scarsa disponibilità di benzina (un trafiletto rassicurante in questo caso titola “Aiuti economici

per impianti gpl”!) all’aumento dei beni di prima necessità, e persino al maltempo che funesta

l’isola. La normalità riprende tuttavia il carattere caotico che nella declinazione isolana

sembra possedere: “La fine della protesta degli autotrasportatori ha anche riportato traffico e

ingorghi in centro, anche perché lo sciopero dei professori ha riversato gli studenti per strada.

E anche questo, purtroppo, è un segno di normalità”.

L’intera vicenda, sotto il profilo politico, è commentata attraverso riferimenti ad immagini

storiche e mitiche (Colapesce) e con una certa ironia per l’inefficienza della “oligarchia

siciliana”: si mette in rilievo l’anacronismo di cui soffre il sistema politico siciliano a causa

delle derive clientelari ed assistenzialistiche cui è andato incontro (“Ha trasmesso una novità

agli elemosinieri del Regno di Sicilia, venuti a chiedere la regalia: Il Regno di Sicilia non ci

può più essere”).

I manifestanti sono descritti attraverso le categorie della violenza, della distruttività

irrazionale e ‘passionale’: un’ “orda” che si è caratterizzata per mancanza di programmi e di

organizzazione; per grossolanità e violenza; questi “[…] hanno assediato la Sicilia,

rendendola più isola di quella che è, si credono un gruppo di fratelli maltrattati da uno Stato

padre-padrone”.

In uno degli ultimi bilanci della vicenda (più simile ad un bollettino di guerra) vengono

indicati i settori maggiormente colpiti dallo sciopero (Fiat; Sicindustria; agricoltura; settori

lattiero-caseario e ortofrutticolo). I più penalizzati sono soprattutto i consumatori a causa delle

57

gravi speculazioni (benzina e supermercati; “Per alcuni commercianti è stato un business”) .

“Centinaia di litri di latte fresco andati perduti, pesche settembrine a marcire sugli alberi e i

produttori di uva da tavola per i quali quest’anno sarà da dimenticare”.

“È la fotografia di una regione sull’orlo del baratro” e delle razzie alimentari.

I mass media sono istituzioni che rivestono un ruolo significativo all’interno del nostro

ambiente simbolico (Lang e Lang, 1981): Altheide sostiene che questi insieme alla cultura

popolare (popular culture) siano i principali responsabili nelle società contemporanee della

formazione di definizioni e prospettive della realtà sociale, con effetti che riguardano non solo

le pratiche ordinarie ed i contesti prossimi agli attori sociali, ma anche la formulazione di

policy issues (Altheide, 2000: 288; McQuail, 20004: 334).

Sempre Altheide afferma che non si tratta di un caso se il pubblico spesso “ritiene di trovarsi

in grave pericolo e che la vita contemporanea sia molto insicura, mentre la cultura popolare e

in particolar modo i notiziari dei network TV hanno accresciuto la copertura di vicende

relative a crimine e pericolo più del 600%” (ibidem; traduzione mia).

Il quotidiano la Repubblica sembra confermare tali posizioni teoriche fungendo da mezzo di

amplificazione (McQuail, 20004: 343) per quanto riguarda i temi relativi all’ordine pubblico

ed al controllo sociale, contribuendo a costruire determinate percezioni pubbliche di problemi

58

sociali ora relativi alla mancanza di approvvigionamenti e beni di prima necessità, ora relativi

a razzie nelle stazioni di servizio e a tafferugli vari.

La vicenda dello sciopero degli autotrasportatori è trattato da la Repubblica come evento

scatenante (trigger event), come “[…] battuta di entrata nel concerto, qualcosa che accade ad

un certo momento, che cristallizza l’attenzione e fa scattare il meccanismo dell’informazione

giornalistica” (Gonzàles Gaitano, 1999: 192).

L’evento scatenante ha la funzione primaria di rendere comprensibile e “semplificare” la

complessità di una vicenda, a tal fine il trigger event -oltre a possedere caratteri potenziali di

notiziabilità –deve essere ‘costruito’ e “[…] percepito come problema sociale per raggiungere

l’agenda dei media” (ibidem). Il processo di amplificazione si baserà sul richiamo a forti

componenti di tipo emotivo, o a topoi distintivi dell’immaginario e delle rappresentazioni

sociali di un determinato assetto socio-culturale (si pensi alle citazioni della carestia, tema

biblico e alle funzioni simboliche del cibo, della sua deperibilità, del latte per i “picciriddi”).

Tra eventi scatenanti e framing si instaura un rapporto di tipo simbiotico, di co-implicazione e

di co-determinazione. Rispetto a tale relazione, Repubblica sembra avere associato con

particolare frequenza l’evento scatenante a frame relativi a problemi relativi alla sfera

economica e a problemi di ordine pubblico.

L’immagine dell’isola risente dunque di associazioni, implicazioni ed inquadramenti

determinati dall’evento scatenante: tali inquadramenti fungeranno “[…] da cornice di

ripetizione automatica di tutti gli eventi o gruppi sociali […]” (Gonzàles Gaitano, 1999: 193)

in rapporto al trigger event (si consideri in particolar modo la descrizione dei camionisti quali

individui rozzi, grossolani, spesso associati alla definizione di isola nefasta, aspra, dura).

“Alle volte il by-product diviene una scoria che intralcia il sistema informativo e dal quale

risulta difficile scostarsi. Si tratta di una sorta di meccanismo perverso del sistema dei media”

(ibidem).

L’agenda dei media può incorrere in processi di saturazione non solo di natura tematica ma

anche di natura temporale, “un tema non può rimanere a lungo nella scaletta, a meno che non

venga modificato per via della focalizzazione sui diversi aspetti o subtemi che lo integrano”

(Gonzàles Gaitano, 1999: 194).

I contenuti della vicenda si frammentano non solo nelle diverse modalità di ripartizione delle

categorie giornalistiche (dalla notizia al commento, dal resoconto all’intervista) e in svariati

subtemi ed approfondimenti, ma anche in vari stili lessicali e luoghi comuni, questi ultimi

implicati nella costruzione dei meccanismi discorsivi responsabili della riproduzione di

stereotipi.

59

Il testo giornalistico, le cui distinzioni categoriali appaiono essere diventate porose e

permeabili, si basa soprattutto su contenuti che evadono i temi per concentrarsi

prevalentemente sugli aspetti personali, catturando la fiducia del lettore attraverso storie

personali e racconti di vita dalla trama semplice, relative all’ordinarietà delle azioni

quotidiane, in cui è facile riconoscersi a causa dell’elevato grado di generalizzazione,

astrazione e perché facilmente decontestualizzabili25.

“[…] in un quotidiano […], non sono presenti solo le notizie circa i fatti del giorno […], am

anche le rubriche periodiche, testimonianze, posta, annunci, programmi radiofonici e

televisivi, previsioni metereologiche, fumetti, giochi, tutto quanto insomma tende a produrre

l’effetto di una quotidianità ripetitiva, di un’abitudine, di una costanza, di un eterno ritorno

dell’eguale. In tal modo nel giornale non si trova soltanto l’imprevedibile, ma anche i banale,

nel senso del prevedibile, dell’atteso” (Marrone, 2001: 80).

Un ulteriore elemento da considerare è inoltre la relazione tra il profilo emerso e la readership

corrispondente.

Come riportato nelle tabelle in allegato, la Repubblica si distingue dagli altri quotidiani

perché diffusa tra le categorie socio-economiche medio-superiori (caratteristica condivisa con

Il Sole 24 ore), per la significativa incidenza di laureati sul totale dei propri lettori (19,3%) e

perché risulta essere il quotidiano più letto dai ceti intellettuali (studenti e docenti) rispetto

agli altri quotidiani (18,6%).

Questi dati, sia detto in modo del tutto problematico, sembrano in contraddizione con le caratteristiche dell’articolazione di registri e contenuti, gli uni rivolti alla spettacolarizzazione, a forte carica emotiva e a stili lessicali che utilizzano eccessi di intensità ed espressioni astratte, gli altri poco tematizzati e filtrati dall’esperienza quotidiana dei soggetti protagonisti.

Tale discrasia si fa più marcata se consideriamo l’edizione nazionale, i cui articoli hanno

spesso utilizzato luoghi comuni, metafore e meccanismi discorsivi responsabili nella

riproduzione di stereotipi.

25“So anche che molta gente sta perdendo il lavoro per colpa di una protesta allucinante fomentata da un governo regionale complice e da un’opposizione di sinistra incapace di mostrare i muscoli”; “ma, in un momento come questo, non riesco a pensare ad altro che alle cambiali che non potrò onorare perché un pugno di camionisti non mi fa lavorare. Domani avrei dovuto partecipare a una fiera di paese a San Giovanni Gemini. Avrei guadagnato quei soldi che mi sono indispensabili per tirare avanti. Ma come ci vado se nel mio furgoncino non c’è un goccio di benzina. Ho fatto tre notti di coda, ma non sono riuscito fare il pieno. Lo sa questo l’assessore Rotella? Lo sa che la gente muore di fame perché i suoi amici camionisti si sono messi in testa di distruggere una regione?” (la Repubblica 07/10/2000).

60

La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui quotidiani “Giornale di

Sicilia” e la “La Sicilia”

di Giuseppe Intilla

Introduzione.

61

Il caso studio presentato nelle pagine che seguono, riguarda l’analisi testuale dei servizi

dedicati dai quotidiani “Il Giornale di Sicilia” e “La Sicilia” allo sciopero degli

autotrasportatori, verificatosi in Sicilia tra l’1 e l’11 Ottobre del 2000.

L’analisi dei documenti è stata effettuata attraverso la costruzione di un protocollo di ricerca.

In termini generali un protocollo è una lista di interrogativi, di voci, di categorie o di variabili

che guidano la raccolta dei dati provenienti dai documenti.

La metodologia utilizzata per l’analisi dei dati raccolti tramite il protocollo è l’ECA -Analisi

etnografica del contenuto- elaborata da David L. Altheide (2000).

A differenza dell’analisi quantitativa del contenuto dove l’enfasi è sull’ottenere dati che

possono essere catalogati e analizzati statisticamente e, i protocolli utilizzati per questo tipo di

analisi tendono ad avere numerose categorie di variabili, che spesso raggiungono le centinaia;

nell’analisi qualitativa del contenuto l’enfasi è sulla cattura di definizioni, significati, processi

e modelli. Di conseguenza, l’analisi qualitativa dei documenti si basa in gran parte sul testo,

sul resoconto narrativo e sulle descrizioni (Altheide, 2000: 43).

Le categorie utilizzate dal protocollo costruito per la raccolta dei dati provenienti dai servizi

dei due giornali in esame sul caso autotrasportatori, riguardano i seguenti elementi: il titolo

del quotidiano, la data, la posizione dell’articolo nel quotidiano, la posizione dell’articolo

nella pagina, lo spazio occupato dall’articolo, le caratteristiche giornalistiche dell’articolo

(occhiello, titolo e sottotitolo), la presenza di supporti visivi (foto, immagini), i temi e le

categorie interpretative sui quali verte la costruzione della rappresentazione giornalistica, gli

stereotipi e lo stile linguistico espressivo.

L’analisi ed elaborazione dei dati estrapolati dal protocollo, include categorie considerate

“pertinenti” per le caratteristiche dell’agire sociale, compreso il fornire informazioni sul

tempo, sul luogo e sui modi dell’azione. Tra gli obiettivi vi è quello di mostrare che il

documento si riferisce ad un’attività sociale e che le suddette categorie sono state indicate

come utili modi di catturare i “personaggi drammaturgici” dell’azione sociale (ivi: 45). Attori

sociali interpreti delle azioni e relazioni socio-comunicative rappresentate nella carta

stampata. Detto in altri termini “azioni” che intercettano “chi dice”, “chi fa” e “chi fa con

chi”.

Nei paragrafi successivi, vengono presentati i risultati dell’analisi qualitativa dei testi,

integrati con la rielaborazione dei dati Audipress sulla composizione della readership dei due

quotidiani oggetto di studio.

62

1. La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui servizi del

“Giornale di Sicilia”.

Il corpus testuale del Giornale di Sicilia corrisponde al 34% del corpus così come

rappresentato nella Fig. 1.

Per quanto riguarda la composizione della readership non emergono differenze rilevanti tra i

quotidiani esaminati rispetto alle differenze di genere. Anche per il Giornale di Sicilia la

composizione del proprio pubblico risulta essere sbilanciata sugli uomini che rappresentano il

66,7% del totale, sebbene il medesimo quotidiano registri la maggiore percentuale di donne

(33,3%) rispetto alle restanti testate analizzate (Audipress, 1999).

Per quanto riguarda la classe d’età dei lettori, il Giornale di Sicilia sembra confermare il trend

che vede quale cluster attivo di lettura quello che raggruppa le fasce d’età comprese tra i 25 e

i 54 anni.

Il quotidiano inoltre, rispetto ai due quotidiani nazionali esaminati, presenta una cospicua

percentuale di lettori in possesso di titolo di studio medio-inferiore (circa il 50% che va da

nessun titolo a licenza elementare e media).

Esso risulta essere più diffuso nella classe sociale media-inferiore rispetto ai quotidiani

nazionali; l’analisi per categoria socio-professionale vede la readership composta (insieme

con la Repubblica) dai ceti intellettuali (docenti e studenti).

Nella distribuzione del pubblico dei lettori per ampiezza dei centri abitati, la bassa percentuale

(1,1%) riportata dal Giornale di Sicilia nella categoria che considera i centri abitati tra i 100

mila e i 250 mila abitanti, è da considerare un fatto contingente: infatti appartengono a questa

categoria le due città di Messina e Siracusa, dove per tradizione culturale il quotidiano

catanese La Sicilia è più diffuso.

Rispetto agli items selezionati nel protocollo di ricerca, il Giornale di Sicilia ha seguito la

vicenda nei giorni che vanno dall’uno all’undici ottobre. Ad eccezione del primo giorno in cui

la notizia è stata trattata nella sezione economica del quotidiano, nel restante arco temporale la

notizia è stata presentata sovente come newsline ed approfondita all’interno del quotidiano

con maggiore distribuzione degli articoli nell’intervallo di pagina 2-5. l’impostazione ottica e

spaziale degli articoli ha privilegiato in maniera preponderante i tagli alti, i commenti e i

supporti visuali (in termini di foto ed infographics).

63

Il quotidiano si distingue per un registro discorsivo prevalentemente resocontivo, come

evidenziato nella Figura 6, corrispondente a strategie di tipo informativo.

Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo

+++ ++ +

Figura 6 Registro discorsivo prevalente – Il Giornale di Sicilia

Le tecniche di costruzione dei titoli all’interno del quotidiano considerato prediligono la

descrizione della scena, così come riportato nella selezione dei titoli che segue:

Si estende a macchia d’olio l’azione degli autotrasportatori. Code al casello di S.Gregorio nel

capoluogo etneo, a Catenanuova e nei pressi di Canicattì.

Caro gasolio, in Sicilia grande protesta – Blocchi stradali a Catania e Caltanissetta

[1-10-2000]

I maggiori disagi sulla statale tra Catania e Ragusa. Traffico in difficoltà anche lungo la Cl-Ag. Solidarietà delle cantanti Villa e Salemi a S.Gregorio.

Caro gasolio, si estende la protesta – Blocchi e rallentamenti in tutta l’isola

[2-10-2000]

La protesta dei camionisti per il caro gasolio

Traffico in tilt. Merci ferme – Sicilia paralizzata dai tir

[3-10-2000]

64

Gli automezzi posteggiati lungo le strade e ai maggiori svincoli impediscono il trasporto dei

beni. Allarme all’aeroporto di Punta Raisi: non garantiamo il rifornimento dei velivoli. Due

camionisti arrestati a Giarre.

La Sicilia assediata dai blocchi dei Tir e comincia a scarseggiare il carburante.

[3/10/2000]

Agricoltori al collasso i prodotti marciscono.

[3/10/2000]

Non si blocca la dura vertenza per il caro gasolio

Tir fermi, niente benzina – Mezza Sicilia resta a piedi.

[4-10-2000]

La protesta degli autotrasportatori sta creando gravi disagi in Sicilia. A Messina stop al

traghettamento dei “bisonti”. Da oggi le linee di autotrasporto pubblico non assicurano il

servizio. Telefonata tra Leanza e Amato

I Tir non mollano, l’isola rischia la paralisi

[4/10/2000]

Autotrasportatori in colonna per protesta, automobilisti in coda per disperazione. Non arriva il

carburante ai distributori, a Catania il 99% ha chiuso. A Palermo assalto ai pochi ancora

aperti. E c’è anche chi resta a piedi.

65

Sicilia in «rosso», benzina agli sgoccioli

[4/10/2000]

Dopo la convocazione degli autotrasportatori a Roma

Tir, si allenta la morsa per carburante e cibo

[5/10/2000]

Schiarita nel corso di un vertice a Catania. I “padroncini”: “Giusto favorire i cittadini”.

Ancora tanta incertezza circa i prossimi giorni

Si allenta la morsa, niente blocco solo per benzina e farmaci

[5/10/2000]

Niente rifornimenti per il blocco dei Tir, benzina introvabile, ressa di automobilisti in coda

dalla notte davanti ai pochi distributori aperti. Nei mercati ieri scarseggiavano carne, pesce,

frutta. L’assalto ai supermarket

Palermo. Giornata da… esaurimento.

[5/10/2000]

66

Scene da una Palermo in fila.

[7/10/2000]

Nel pomeriggio si era arrivati ad un’intesa in prefettura a Catania, ma una frangia di

oltranzisti si era opposta. Poi una lunga assemblea notturna degli autotrasportatori: la

decisione presa a maggioranza, contrarie Enna e Ragusa.

Tir. L’isola si sveglia dall’incubo Da oggi saranno tolti i blocchi

[8/10/2000]

Torna la benzina altre code

[9/10/2000]

Il Giornale di Sicilia nella rappresentazione degli attori attribuisce rilevanza ai manifestanti,

in modo particolare al leader del movimento degli autotrasportatori Giuseppe Richichi, agli

attori politici, alle organizzazioni delle categorie produttive e dei commercianti ed ai cittadini.

67

Le sfere di competenza degli attori indicati sono prevalentemente ritagliate all’interno di

contesti politici e di ordine pubblico.

Inizialmente la vicenda viene trattata nella pagina dell’Economia, anche se dai frammenti di

testo selezionati si evince essa viene presentata sin dall’inizio come un fatto di cronaca:

“ La Sicilia esplode contro il caro gasolio e gli autotrasportatori bloccano alcuni dei nodi

strategici per la circolazione nell’isola” [1/10/2000]

Il disagio creato sulle strade siciliane e le gravi ripercussioni sul mondo imprenditoriale,

soprattutto le imprese di piccole dimensioni, a causa della protesta organizzata dagli

autotrasportatori, sono i temi più rappresentati dal quotidiano nei giorni a seguire.

Il quotidiano enfatizza la tensione tra “particolarismo” e “interesse pubblico” che risiede oltre

che nelle polemiche tra gli autotrasportatori e la cittadinanza e tra le opposte forze politiche,

soprattutto nei modi in cui il movimento degli autotrasportatori porta avanti la protesta, così

come riportato nelle citazioni selezionate dall’editoriale di Ettore Serio del 4 Ottobre 2000:

“ Nessuno può negare che gli autotrasportatori abbiano buone ragioni per protestare contro il

rincaro dei carburanti… Piena comprensione, dunque, per i motivi che stanno dietro la

vertenza. Non si può essere d’accordo, invece, sul modo con cui la si sta conducendo. C’è

sempre un limite che non va sorpassato ed è quello degli interessi generali, di cui nessun

sindacato, confederale o autonomo che sia, non può non tenere conto. In questo caso siamo

già oltre il quel limite… Una serie di effetti a catena destinati a provocare danni gravissimi ad

una economia siciliana già in crisi…Il discorso, naturalmente, non riguarda soltanto la

categoria degli autotrasportatori, ma la lentezza con cui si stanno muovendo i governi, sia

quello regionale che quello nazionale…”

Viene evidenziato l’oltranzismo di una frangia dura che non è disposta ad accogliere gli inviti

alla ragionevolezza e che spinti da un impulso autodistruttivo rischiano di dilapidare quel

patrimonio di solidarietà che avevano ottenuto:

“ Dopo quello che è successo ieri, però, la comprensione ha ceduto il passo

all’indignazione…La gente subisce ormai la loro vertenza come un ricatto inaccettabile. Non

capisce come una categoria che vive su quel tanto di attività produttiva che la Sicilia riesce ad

68

esprimere, si muova, come spinta da un impulso autodistruttivo, per fare attorno a se terreno

bruciato” [Editoriale di Ettore Serio, 5/10/2000]

Il giornale concede spazio alle “performance” degli attori, evidenziando come l’allargamento

del fronte della protesta e il sostegno alle rivendicazioni degli autotrasportatori, da parte del

Governo Regionale e delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie produttive, siano

da imputare a quel “differenziale geografico” che fa della Sicilia un caso eccezionale

nell’economia italiana:

“la Regione vuole andare fino in fondo. La nostra isola è un caso eccezionale nell’economia

italiana per i costi dei trasporti. Se non otterremo soluzioni valide dal primo gennaio 2001 non

rilasceremo più concessioni alle società petrolifere” [Dichiarazione dell’assessore regionale ai

trasporti Rotella, 4/10/2000]

“ La loro protesta è anche la protesta della imprese siciliane. Il consigliere di Confindustria

delegato per il Mezzogiorno, Francesco Averna si sta attivando per ricercare un’intesa con le

compagnie petrolifere che risolva una gravissima discriminazione fra i prezzi dei carburanti

nel Nord e nella Sicilia” [Dichiarazione di Giuseppe Costanzo di Assindustria Palermo,

4/10/2000]

Gli autotrasportatori vengono definiti “signori dei bisonti”, gente abituata a misurare

l’esistenza col metro del disagio [5/10/2000; pag. 2]. La loro vicenda viene rappresentata dal

giornale ricorrendo ai racconti di vita, attraverso strategie di soggettivizzazione e

personalizzazione che rendono ciascuna vicenda facilmente esportabile all’esperienza del

singolo lettore, così come emerge dai seguenti frammenti di testo riportati:

“Ai tempi, il mestiere, se non comodissimo, dava almeno di che vivere. Adesso è una

porcheria. Non ti lasciano respirare; se uno considera il costo del gasolio, i pedaggi

autostradali, i trasporti; insomma non si può campare più” [5/10/2000]

“Vogliamo che il nostro sia riconosciuto come mestiere usurante” [5/10/2000]

“Non possiamo più andare avanti. Io non consiglierei mai a mio figlio di fare

l’autotrasportatore, mai e poi mai…” [5/10/2000]

69

La rappresentazione della protesta all’insegna della improvvisazione, dello spontaneismo, che

denota l’assenza di qualsiasi capacità di programmazione emerge dalle posizioni dei diversi

attori politici ai quali il giornale dedica uno spazio non privo di rilevanza, così come le accuse

reciproche tra le due contrapposte fazioni politiche sui temi della strumentalizzazione politica

della protesta e sulla sua legittimità :

“ Temo che ci sia qualcuno che non so per quali ragioni intende cavalcare l’impossibile”

[Dichiarazione di Bersani, Ministro dei Trasporti, 6/10/2000]

“ Il Polo la smetta di soffiare sul fuoco di una protesta minoritaria e si assuma le sue gravi

responsabilità nella gestione del governo della Regione…La Loggia pratica un inquietante

sovversivismo dall’alto ” [Dichiarazione congiunta di cinque senatori Ds, 6/10/2000]

“ Ben venga la protesta, se serve per far diventare questo un problema nazionale da inserire

nell’agenda di Amato, anche se ci rendiamo conto dell’enorme disagio di 5 milioni di

siciliani” [Dichiarazione di La Loggia, Senatore di Forza Italia, 6/10/2000]

La rivolta degli autotrasportatori ha spiazzato i sindacati storici e l’Aias, il sindacato

autonomo dei padroncini che guida la rivolta, viene rappresentato come una organizzazione

spontanea dal taglio separatista che in pochi giorni ha messo in sacco sei organizzazioni

nazionali, sei istituzioni del settore trasporti che da mesi discutevano con il governo regionale

ed erano riuscite ad ottenere risultati sul fronte delle rivendicazioni:

“Dopo una settimana di rivolta dei “cobas” dell’Aias, le sei organizzazioni ammettono un

certo sgomento…e definiscono legittime le richieste del fronte della protesta, ma chiedono al

governo attenzione e sensibilità, per far rientrare la protesta dentro un alveo istituzionale”

[6/10/2000]

“Il problema dell’accise sul petrolio è vecchio di 50 anni, trasformarlo in un problema di

elettorale significa davvero svuotarlo di significato…” [Dichiarazione di Leonardi presidente

di Assindustria Catania, 6/10/2000]

70

Il modo in cui viene condotta la protesta dall’Aias risulta essere anche il pretesto per sollevare

un’altra questione di rilevante importanza nell’isola quale quella dell’abusivismo e del lavoro

nero. Il giornale riporta le accuse di Assindustria che denuncia l’esistenza di interessi

criminali dietro la protesta:

“Gli interessi criminali a cui mi riferisco non sono quelli mafiosi, bensì quelli delle aziende

che lavorano nel sommerso, nel mercato nero. Loro non soffrono affatto questo blocco, i loro

camion possono circolare liberamente e rifornire i negozi. Una situazione come questa, nella

quale chi è in regola paga, chi fa l’abusivo ci guadagna, non può non incentivare le

speculazioni e interessi illegali”. [Dichiarazione di Costanzo, Presidente di assindustria

Palermo, 6/10/2000]

“Il blocco penalizza le aziende che lavorano alla luce del sole. Che sono dislocate nelle aree

industriali. Bastano pochi tir che si mettono davanti ai cancelli e si blocca tutto. Chi invece

lavora in nero negli scantinati, senza alcuna garanzia di sicurezza per gli impiegati e senza

pagare le tasse, ci guadagna eccome. I mezzi di questi “imprenditori” sfuggono ad ogni

blocco, circolano in città e provincia, riforniscono i clienti”. [ivi, 6/10/2000]

I temi relativi all’ordine pubblico vengono rappresentati dal quotidiano amplificandone gli

effetti di rischio:

“ E’ quasi il tracollo. Tre giorni dopo l’inizio delle proteste degli autotrasportatori siciliani, a

Palermo, esaurita la benzina, ieri si è rischiato l’azzeramento anche delle scorte alimentari.

Carne, pesce, frutta e verdure scarseggiano anche nei mercati generali, ne deriva l’aumento

dei prezzi al dettaglio. L’Ospedale Civico ha ricevuto una lettera in cui la ditta che rifornisce i

reparti di cibi e acqua fa sapere di non potere più garantire il servizio fino al termine del

blocco” [5/10/2000]

“Le scorte sono ormai finite, adesso si rischia la chiusura totale dei distributori”

[Dichiarazione di Alfonso Anzalone, segretario della Federazione Italiana Benzinai,

5/10/2000]

“Razionamenti. Risse. Ruberie. Ecco le tre “erre” che la dicono lunga sullo stato di crisi a

Palermo.” [7/10/2000]

71

“Sono una vittima della Grande Carestia. Ho capito quanto vale la benzina, quale panico può

esplodere se si spegne improvvisamente la Las Vegas dei distributori. Peggio che se mancasse

il pane, confortati come saremmo da brioches e crackers. Con l’aggravante che sono, come

dire?, uno e trino nella necessità avendo un’auto a benzina verde, una a nafta e una moto a

benzina super. Tre ricerche, tre code, una sola mini-epopea alla fine della quale ci rimarrà uno

slogan da Ricostruzione: un bidone in ogni casa”. [7/10/2000]

“ I Tir fermano anche il calcio siciliano. A causa della protesta degli autotrasportatori, infatti,

il comitato regionale della lega dilettantistica di calcio, ha deciso di rinviare a data da

destinarsi tutte le partite dei campionati che organizza, che si sarebbero dovute disputare oggi

e domani”. [//10/2000]

L’effetto amplificatore dei media si riscontra nello stesso quotidiano che fa esplicito

riferimento al ruolo esercitato dalla televisione nel rappresentare la vicenda26. I notiziari

televisivi vengono accusati di spettacolarizzare l’informazione senza tematizzarla,

focalizzando l’attenzione solo sulle conseguenze di ordine pubblico causate dalla protesta.

Si ipotizza il reciproco sostegno tra TV e carta stampata:

“I notiziari televisivi, come sempre succede in questi casi, hanno puntato la loro attenzione

sugli effetti più appariscenti della paralisi dei trasporti: la benzina venduta a borsa nera, a

cinque mila lire al litro, le lunghe code ai distributori di benzina, gli scaffali dei supermercati

semivuoti, i negozianti ancora forniti di merce che alzano i prezzi. Si tratta di fenomeni gravi,

ma sono quelli meno importanti. Il guasto è più grosso, e riguarda gli effetti sull’economia

siciliana.” [Editoriale di Ettore Serio, 6/10/2000]

Dopo l’accordo raggiunto tra il Governo Regionale e quello Nazionale sulla vertenza

autotrasportatori, dove quest’ultimo accetta l’80% delle richieste avanzate dagli

autotrasportatori, si consuma la fine di un idillio tra l’Assessore regionale ai trasporti Rotella e

l’Aias, il sindacato dei padroncini:

26 Del resto vari autori insistono sulla complementarietà delle funzioni svolte dai diversi mass media; in particola la televisione sembra avere effetti sul ritmo e la generazione episodica dei temi trattati (per una disamina dell’argomento si rinvia a McQuail, 20014

72

“Io sono andato incontro agli uomini dei tir portando i loro problemi all’attenzione della mia

giunta e ottenendo poi un appuntamento con il ministro Bersani. Già da quel momento gli

autotrasportatori avrebbero dovuto sospendere i blocchi. E invece oggi non tornano sui loro

passi, anche se il governo nazionale ha accolto l’80 per cento delle loro richieste. No, io con

loro non discuto più” [Dichiarazione dell’Assessore Rotella, 7/10/2000]

a questo punto il quotidiano in esame sembra prendere ulteriormente le distanze dall’Aias

accentuando il suo atteggiamento critico sul modo in cui è stata condotta la protesta.

Utilizzando uno stile linguistico espressivo che privilegia un registro di tipo valutativo, il

giornalista etichetta la vicenda come un’azione fuori da una “normale vertenza sindacale”,

l’Aias viene dipinta come una corporazione che ha minacciato la convivenza civile e tenuto in

ostaggio un’intera Regione:

“Se si trattasse di una normale vertenza sindacale, la storia finirebbe qui: i padroncini

tornerebbero alla guida dei loro camion; gli automobilisti farebbero il pieno ai distributori

senza bisogno di mettersi in coda per ore: le famiglie non avrebbero la preoccupazione di non

trovare il latte per i neonati…Ma, evidentemente, dietro la protesta dei camionisti c’è

qualcos’altro: la velleità del nuovo sindacato autonomo di stravincere e conquistare magari,

sulla scia del successo, proseliti nel resto del Paese; l’esistenza (o almeno la speranza) di

qualche sponda politica. E perciò è importante che i rappresentanti della Regione siciliana

abbiano preso, dopo l’incontro con Bersani, una posizione netta: i camionisti, che ormai

politicamente sono isolati, hanno avuto quel che potevano ottenere. Ora è tempo che tornino

al lavoro” [Editoriale di Ettore Serio, 7/10/2000]

A partire da giorno 8 Ottobre il quotidiano oggetto di analisi, si concentra sugli effetti della

protesta e sugli insegnamenti da trarne. La vertenza non può essere archiviata come una

semplice parentesi di disagio. Forte è l’accusa mossa ai giornali nazionali e alla televisione

per aver trattato la vicenda con toni opachi, dedicando ad essa notizie di basso rilievo. Si

evidenzia il fatto che la Sicilia da qualche tempo non fa più notizia ed è stata condizionata

dall’esterno; gli atteggiamenti dei governi regionale e nazionale vengono posti sullo stesso

piano:

“Sembra di essere avviati verso la dirittura finale. Ma c’è da dire, comunque vada a finir, che

la vertenza dei camionisti non potrà essere archiviata come una semplice parentesi di disagio,

73

una delle tante che i cittadini del nostro Paese – specialmente i meridionali – sono costretti a

subire. Questa settimana di caos si lascia dietro delle scorie in cui è bene frugare, per trarne

qualche segnale. Intanto è preoccupante il modo in cui televisione e giornali nazionali hanno

trattato l’argomento, con notizie di basso risalto, relegate nelle pagine interne. Nei primi

giorni si è dato risalto soltanto all’aspetto folkloristico della vicenda: le code alle pompe di

benzina, la ricomparsa del mercato nero, gli scaffali dei supermercati semivuoti. Solo ieri il

ministro dei Trasporti è comparso al Tg3, esprimendo la sua preoccupazione. Eppure quello

che stava succedendo non era di poco conto, e sin dall’inizio. Un intera regione di cinque

milioni di abitanti era in ostaggio di centinaia di Tir messi di traverso, il controllo del traffico

commerciale era passato nelle mani degli scioperanti. Nel frattempo i produttori agricoli

lanciavano disperate grida d’allarme, i pescherecci si fermavano, le aziende mettevano gli

operai in cassa integrazione. Tutto questo, cioè il vero problema, rimaneva sullo sfondo, a

conferma del fatto che la Sicilia, da qualche tempo, non fa più notizia, è tornata ad essere

periferia. [Editoriale di Ettore Serio dell’8/10/2000].

Il giornale enfatizza le conseguenze drammatiche causate dal blocco. Palermo viene descritta

come una città in stato d’assedio una Sarajevo sotto i bombardamenti. Viene concesso spazio

alla voce dei cittadini che esprimono il loro malcontento:

“La notte è incerta. Il fiato sospeso di Palermo si mescola a quello dei camionisti in ansiosa

attesa sul fronte del porto. La tenacia della protesta è incrollabile…Tutto sul fronte del porto,

esprime senza volerlo una smisurata voglia di ritorno a casa. Si rincorrono le voci: «A Catania

stanno raggiungendo l’accordo. No buttiamo tutto per aria». E fuori dalla cala, una città che si

è svegliata in stato d’assedio, convinta d’avere fatto un brutto sogno, aspetta che scoppi la

pace”. [8/10/2000, pag. 4]

Giorno 9 ottobre, il quotidiano per la prima volta non tratta la notizia in prima pagina.

All’interno nella sezione “Fatti e Notizie” vengono tematizzate le ripercussioni politiche che

la vicenda ha avuto: le accuse del ministro Bersani nei confronti di chi ha acceso il fuoco della

strumentalizzazione verso il governo; la replica dell’assessore regionale Rotella il quale

sostiene che il governo regionale ha svolto il ruolo di mediatore:

“ Il blocco dei tir è stato a un passo dal trasformarsi in un disastro. Un rischio alimentato ad

arte da chi ha appiccicato alle comprensibili proteste dei camionisti rivoluzioni di impianto

74

statutario e ha acceso il fuoco della strumentalizzazione verso il governo nazionale”

[Dichiarazione del Ministro Bersani, 9/10/2000]

“Alla fine di giorni difficili, che hanno visto il presidente Vincenzo Leanza e tutto il governo

regionale impegnati in uno sforzo doveroso e immane di mediazione, sono felice per la

sofferta decisione assunta dall’Aias…Non abbiamo ceduto alla tentazione di un comodo,

irresponsabile atteggiamento di chi avrebbe potuto restarsene alla finestra in attesa che

qualcun altro, dotato di ben altre competenze e risorse, facesse la propria parte.”

[Dichiarazione dell’assessore regionale ai trasporti Rotella, 9/10/2000]

Negli ultimi due giorni, il giornale tematizza il riemergere della psicosi da panico alimentata

da voci infondate sulla ripresa dello sciopero. Giorno 11 ottobre, un articolo di fondo di Ettore

Serio prova a ripercorrere la vertenza degli autotrasportatori mettendosi dalla parte di chi ne

ha sopportato le conseguenze, ovvero i cittadini. Il giornalista riporta le citazioni di un

campione parziale, ma a detta dello stesso giornalista “ugualmente indicativo di cittadini”.

Ne viene fuori che il disagio è stato grande; che le ragioni dei camionisti sono state ben

comprese ma è stato contestato il metodo con cui sono state fatte valere. Si accusano le forze

dell’ordine di avere adottato una strategia “rinunciataria” nonostante la situazione fosse

arrivata ad un passo dal disastro. Viene riportata una mail di un lettore che accusa il Giornale

di Sicilia, il Prefetto e la polizia per avere adottato un atteggiamento permissivo:

“Ho avuto la chiara impressione che l’Italia, anzi scusate la Sicilia sia un territorio dove, sotto

gli sguardi attenti della polizia, è possibile infrangere i codici e violare le leggi. Domani, in

piena ora di punta, vorrei andare in viale della Regione Siciliana e parcheggiare la mia

autovettura al centro della carreggiata. Per protestare. Posso intuire che il signor Prefetto di

Palermo non avrà nulla da ridire se si avvicinerà un poliziotto con la faccia cattiva e mi

infliggerà tutte le multe previste dal codice della strada e farà rimuovere in pochi minuti me e

la mia auto? E posso intuire che le vostre testate considererebbero normale l’operato delle

forze dell’ordine? [11-10-2000]

Tra le testate analizzate, il Giornale di Sicilia si contraddistingue per il linguaggio utilizzato

che predilige il registro cronachistico-resocontivo e un taglio prevalentemente informativo.

Detto in altri termini, sembra che il Giornale di Sicilia sia il quotidiano che si proponga

75

soprattutto di dare informazione. A conferma di tale affermazione va considerato il frequente

utilizzo di supporti visuali, quali gli infographics.

Le strategie di notiziabilità adottate dal giornale sembrano essere influenzate anche dal tipo di

readership. Dalla elaborazione dei dati rilevati dall’Audipress che tengono conto del lettore

per giorno medio, emerge una composizione del pubblico rappresentativa di tutte le categorie

di analisi utilizzate. I lettori del Giornale di Sicilia appartengono a tutte le classi socio-

economiche e socio-professionali considerate nella costruzione del profilo del lettore tipo da

parte dell’Audipress (vedi tabelle in allegato).

Il quotidiano si distingue per l’accento posto sulla tensione tra “particolarismo” e “interesse

pubblico”. Il giornale rappresenta il movimento degli autotrasportatori, ed in modo particolare

L’Aias – il sindacato autonomo che ha organizzato lo sciopero - come una “corporazione”,

incurante della sua mission di soggetto che svolge una funzione pubblica, che non guarda

oltre le proprie esigenze particolari e non si conforma ad alcune regole che impongono

l’osservazione di un dovere quale quello di assicurare i servizi pubblici essenziali.

Un altro tema che contraddistingue il Giornale di Sicilia riguarda l’effetto amplificatore dei

media ed in particolare il ruolo esercitato dalla televisione nel rappresentare la vicenda.

Il Giornale di Sicilia infine, prende posizione sul modo in cui i notiziari televisivi hanno

trattato la notizia, denunciando il disinteresse di questi nella trattazione degli effetti della

protesta sull’economia siciliana, a favore della considerazione degli aspetti più appariscenti e

folkloristici.

2. La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui servizi del

quotidiano “La Sicilia”.

Dalla elaborazione dei dati Audipress, il quotidiano presenta una composizione della

readership non dissimile da quella degli altri giornali per quanto riguarda gli indicatori di

genere e di età.

Anche la composizione del pubblico del quotidiano La Sicilia risulta essere fortemente

sbilanciata sugli uomini che rappresentano il 74% del totale dei lettori.

Per quanto riguarda la classe di età, la maggiore percentuale di lettori si concentra nel cluster

che raggruppa le fasce comprese tra i 25 e i 54 anni di età.

76

Considerando altri indicatori, come quelli relativi al titolo di studio, La Sicilia registra la più

alta percentuale, tra tutti i quotidiani esaminati, di pubblico con titolo di studio fino alla

licenza di scuola media inferiore (51%).

L’area sociale d’insediamento dei quattro quotidiani registra differenze significative anche

quando l’indagine Audipress scompone l’universo dei lettori secondo la loro appartenenza a

classi socio-economiche risultanti dall’intreccio di indicatori relativi alla disponibilità di

reddito personale e familiare ed alla tipologia di consumi.

Le non marcate differenze fra i quotidiani per diffusione nella classe socio-economica

indicata come “media” non dovrebbero portare ad una sottovalutazione delle altre e più

rilevanti articolazioni nella composizione del pubblico: il quotidiano La Sicilia risulta essere

più diffuso tra le classi socio-economiche medio-inferiore ed inferiore rispetto ai due

quotidiani nazionali. Esso presenta una percentuale pari al 19% contro rispettivamente il 6,9%

di Repubblica e il 3,2% del Sole 24 Ore.

Per quanto riguarda infine, l’analisi per categoria socio-professionale, La Sicilia risulta essere

il quotidiano più letto tra gli operai, che rappresentano il 14,2% del proprio pubblico.

Il registro discorsivo prevalente che emerge dall’analisi testuale degli articoli è di tipo

resocontivo, come rappresentato nella figura sottostante.

Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo

+++ ++ +

Registro discorsivo prevalente – La Sicilia Le tecniche di costruzione dei titoli all’interno del quotidiano riguardano sia la descrizione della scena;

Non si placa in Sicilia la protesta dei camionisti contro il caro benzina

La rabbia dei “bisonti”

77

Assediati ieri i caselli delle autostrade ct-me e me-pa. Riparte la ricerca di giacimenti di

petrolio e metano.

[1/10/2000]

Dopo le marinerie ieri i camionisti hanno bloccato parzialmente le arterie nevralgiche

dell’isola.

Serrata dei Tir: prove di caos

“Per ore è una dimostrazione, non vogliamo creare troppi disagi”. Oltre ai carburanti chiesti

prezzi ridotti per pedaggi e traghetti

[1-10-2000]

“Il metano ci dà una mano”

In Sicilia un terzo dei giacimenti in Italia

[1-10-2000]

Monta la protesta degli autotrasportatori siciliani che assediano le strade di grande

comunicazione, i porti e i mercati.

I “Bisonti” pronti alla carica.

“Non protestiamo soltanto per il caro gasolio ma per una serie di rivendicazioni”.

[2-10-2000]

Più morbida la protesta sulle strade dopo la mediazione dell’assessore Rotella: il blocco

diventa presidio.

Sicilia, i tir aprono un varco.

Gli autotrasportatori consentiranno il transito delle merci – due camionisti arrestati a

Giarre; avevano bloccato un collega.

[3-10-2000]

Accordo a Catania al termine di una giornata di caos

I Camion restano, via libera alle merci.

Solo presidi sulle strade isolane ma niente stop La Regione pronta a discutere con i

“padroncini”

[3-10-2000]

78

Sia il parlato,

Vita da camionista: lo sfogo amaro di un padroncino

Nelle vene ho olio combustibile

“E’ un lavoro duro, ma è la mia vita: ora però il disagio è insostenibile”

[3-10-2000]

Spesso nella costruzione dei titoli si fa uso del dialogo:

Tra i camionisti che assediano il casello dell’A 18 a San Gregorio

«Ma noi lottiamo per la nostra vita»

Gli irriducibili : non fateci fretta, avete avuto un mese per intervenire.

[5-10-2000]

L’intesa raggiunta a Palermo.

«Sospendiamo ma alziamo la posta in gioco»

[5-10-2000]

Si aggrava la situazione al casello della Ct-Me: “Il governo ci ha beffati…”

“Il ministro ci sfida? Noi siamo pronti”

Monta la rabbia per l’esito dell’incontro di Roma. Il vicequestore

“avete paralizzato una città”

[7-10-2000]

Il quotidiano La Sicilia nella rappresentazioni degli attori, si distingue dagli altri giornali

esaminati, per la particolare rilevanza attribuita ai manifestanti e ai cittadini. Le sfere di

competenza degli attori indicati, sono ritagliate all’interno di contesti politici, economici e di

ordine pubblico.

La vicenda viene trattata sin dal primo giorno in prima pagina, e presentata come un fatto di

cronaca con notevoli ripercussioni sull’ordine pubblico. Il giornale pone particolare enfasi sul

ruolo svolto dalle fazioni di rivoltosi che dalla Sicilia orientale, quale fucina e roccaforte del

neonato movimento, iniziano la loro azione di propaganda e diffusione della protesta:

79

“E’ soprattutto la Sicilia orientale ad essere interessata alla protesta dei padroncini riuniti nella

neonata Associazione imprese autotrasportatori siciliani, i quali stanno effettuando presidi in

diversi snodi strategici della rete viaria. Per ora dicono i diretti interessati è semplicemente

una dimostrazione.” [1-10-2000]

Nel numero del primo ottobre, a pagina 2, nella colonna a margine destro, un articolo dal

titolo “Il metano ci dà una mano” rappresenta la Sicilia come una terra dalle grandi

potenzialità inespresse e dalle occasioni perdute:

“La Sicilia ha tutto: i giacimenti, le raffinerie, i porti, l’eccellente posizione geografica. A

patto però che non diventi una pattumiera”[1-10-2000]

“In Sicilia c’è più gas che petrolio…Non diciamo che sarà il nuovo Texas, ma questo

significa che ci sono possibilità di fare investimenti”[1-10-2000]

L’enfasi posta sulle risorse di cui il territorio dispone, insieme alle capacità di intrapresa dei

soggetti economici della Sicilia orientale, smentiscono il vecchio stereotipo della Sicilia quale

area economicamente omogenea. Alcuni frammenti selezionati, mettono in evidenza questa

falsa omogeneità, rappresentando un’immagine della Sicilia come un territorio

economicamente eterogeneo caratterizzato dalla presenza di diverse economie:

“I container che contengono i componenti elettronici per il montaggio delle autovetture sono

bloccati al porto di Palermo. E lo stabilimento Fiat di Termini Imerese ferma le catene di

montaggio, mettendo i circa 950 dipendenti in cassa integrazione”[La Sicilia 4-10-2000]

“Gli agricoltori e gli allevatori, a loro volta, minacciano di scendere in piazza perché non

accettano che i loro prodotti, ortaggi, frutta, latte, marciscano nei container. Pensate che a

Vittoria sono già andate a male le primizie”[La Sicilia 5-10-2000]

A differenza di altri quotidiani (si pensa a Il Sole 24-ore che dà spazio ai manifestanti soltanto

per mezzo della voce del suo leader Richichi), il quotidiano La Sicilia, rappresenta il vissuto

dei manifestanti, facendo ricorso a storie di vita di personaggi “comuni”, ponendo l’accento

sul “mestiere usurante” del camionista, riportando dichiarazioni di denuncia dell’abusivismo

nel settore e allo stesso tempo di rivendicazione di diritti sociali negati:

80

“ Mia moglie mi dice sempre che non ha sposato un uomo ma un camion, perché quando

torno a casa faccio odore di nafta”[3-10-2000]

“Alla mia famiglia dedico soltanto sei ore alla domenica, anzi quattro, tolte le due occorrenti

per andare allo stadio”[3-10-2000]

“Gestisco una piccola azienda con cinquanta camion – si sfoga il signor Giuseppe Rapisarda –

e a fine anno su un bilancio di circa 40.000.000, traggo un utile minimo; oltre la metà del

ricavato lo spendiamo per il gasolio, che paghiamo ormai a cifre esorbitanti, tra le 1875 lire e

le 1880. E’ impossibile lavorare in questo modo, - aggiunge - col prezzo del carburante che

va alle stelle e con le commesse che ci vengono pagate a prezzi ormai irrisori”.[3-10-2000]

“Noi lavoriamo molto in Sicilia, nel senso che consegniamo i carichi nelle varie località

dell’Isola. Per condurre un carico a Palermo guadagniamo in media 400.000 lire, ma ne

spendiamo circa 260.000 solo per il gasolio. Credete che sia possibile continuare così? Le

nostre tariffe sono ferme a oltre 11 anni fa”[3-10-2000]

Le rivendicazioni degli autotrasportatori non riguardano soltanto il caro-gasolio. La richiesta

di defiscalizzazione dei prodotti petroliferi diventa il pretesto per porre all’attenzione

dell’agenda politica nazionale altre questioni importanti, come lo stato di crisi

dell’agricoltura:

“Non protestiamo solo per il gasolio ma per una lunga serie di altri motivi. Oltre alla

defiscalizzazione del costo dei carburanti, ma si vuole che lo Stato riconosca una volta per

tutte lo stato cronico di crisi regionale agroalimentare, crisi che da giugno a settembre riduce

di gran lunga l’attività degli autotrasportatori isolani”.[2-10-2000]

La testata aggiunge alla protesta degli autotrasportatori anche quella di altre categorie

produttive, come i pescatori. Si delinea la costruzione di un fronte della protesta ampio, con

una ricca lista di rivendicazioni:

“Caro-petrolio, continua la protesta dei pescatori: e nella vertenza entra anche la questione del

fermo biologico.”[3-10-2000]

81

Lo sciopero degli autotrasportatori appare argomento in cui si innestano questioni irrisolte sul

gap economico e strutturale tra il nord e i sud del paese, così il giornale inserisce tra le notizie

che riguardano il resoconto degli effetti della protesta, un articolo di fondo del Professore

Umberto Di Cristina dell’Università di Palermo che prende posizione sul dibattito per la

costruzione del ponte di Messina, di cui si riporta il contenuto del sommarietto:

“L’unità politica del Paese è ormai consolidata, non lo è affatto quella economica. Il Ponte

può attenuare il gap di sviluppo tra Sud e Nord e immettere l’economia meridionale nel

contesto di quella europea”[3-10-2000]

Gli autotrasportatori vengono rappresentati come ribelli, il linguaggio utilizzato dal giornalista

appare mutato dalla cronaca di guerra, vengono utilizzati termini come: “trincea d’asfalto”,

“ultimatum”, “mantenere patti e impegni”. Risaltano particolarmente i temi legati al principio

“Pacta servanda sunt” e dell’ordine e dell’onore:

“Gli autotrasportatori ribelli dell’Aias hanno nuovamente preso l’impegno di lasciar passare,

dalla scorsa notte, i tir che trasportano beni di prima necessità…Da parte degli

autotrasportatori la certezza che saranno onorati gli impegni presi davanti al governo

regionale.” [5-10-2000]

Viene mossa una severa critica ai quotidiani nazionali che costruiscono l’agenda delle news

penalizzando la visibilità del “caso Sicilia”.

“Oggi si attende una risposta dal ministro dei Trasporti Bersani, ma tira una brutta aria per

due motivi: 1) Bersani che è persona seria, in pochi giorni potrebbe non avere risposte serie da

dare e alla vigilia distingue tra istanze possibili e «impossibili»; 2) gli organi nazionali di

informazione relegano il «caso Sicilia» tra le ultime notizie, anzi, spesso lo ignorano. Ieri

c’era la rivolta di Belgrado, ma gli altri giorni no. Eppure la questione è grave ed esplosiva,

oggi e nei prossimi giorni potrebbe accadere di tutto. Ci sembra si stia ripetendo quel che

avvenne a Reggio Calabria nel ’70, quando il governo ignorò per mesi la sommossa sin

quando non fu costretto a mandare i carri armati tra le rovine della città. C’è stato un ritardo

nel comprendere i le rivendicazioni che partono dalla sicilia, non solo in questi giorni, ma nei

decenni passati: e questo alimenta la rabbia. [6-10-2000]

82

“ La gente deve capire che non lottiamo solo per la nostra categoria, ma per tutto il popolo

siciliano che in questi anni è stato schifiato, in Sicilia le compagnie del nord estraggono

petrolio, lo raffinano e a noi ci lasciano solo la merda, scusando l’espressione. [6-10-2000]

Il movimento viene tacciato di “leghismo meridionalista”, che lotta contro “Roma ladrona”.

La Sicilia viene ancora una volta rappresentata come terra di conquista, marginale rispetto alle

altre Regioni d’Italia:

“Una protesta così massiccia e corale non c’era mai stata in Sicilia, forse solo ai tempi di

«mattone selvaggio». Ma qui c’è di più, c’è la rivendicazione di una insularità e di

un’Autonomia sinora calpestata, la protesta contro «Roma ladrona», Bossi docet.” [6-10-

2000]

Viene evidenziato il rischio che gli effetti provocati dalla protesta finiscano per ripercuotersi

sugli stessi siciliani:

“E’ una protesta che però penalizza solo i siciliani perché le ripercussioni sono locali e non

nazionali. Quando i produttori veneti manifestarono per le quote latte arrivarono con i trattori

a Montecitorio…Non manca la solidarietà dei siciliani, i quali vedono in questa protesta una

rivendicazione meridionalistica quasi atavica di tutti i problemi passati e presenti che

affliggono l’isola. Ma se la protesta è giusta, il caos no. Potrebbe far perdere proprio quella

solidarietà di cui si è detto. E poi non facciamoci male da soli”.[5-10-2000]

La trattazione dei temi politici è legata agli scontri istituzionali tra il governo nazionale e

quello regionale; tra i partiti degli opposti schieramenti e tra i sindacati.

Su questo punto non emergono differenze rilevanti tra i diversi quotidiani presi in esame. Il

quotidiano “La Sicilia” da spazio alle accuse del Ministro Bersani e alla replica del Presidente

della Regione Leanza,

“A discutere di cose ragionevoli e possibili si è sempre pronti. Tuttavia, temo che ci sia

qualcuno che, non so per quali ragioni, intenda cavalcare l’impossibile.” [Dichiarazione del

Ministro Bersani, 6-10-2000]

83

“Non c’è alcuna strumentalizzazione da parte del governo. Il problema della defiscalizzazione

dei prodotti petroliferi l’ho proposto per tutta la Sicilia. Un problema anticipato dalla protesta

degli autotrasportatori e dei pescatori. Non capisco perché la defiscalizzazione non può

chiederla il presidente della Regione, mentre possono farlo dieci deputati nazionali che hanno

presentato un disegno di legge che ha già quasi concluso l’iter parlamentare.”[6-10-2000]

Le polemiche tra gli opposti schieramenti politici scaturiscono dalla presa di posizione del

governo regionale che sponsorizzano istituzionalmente la richiesta di defiscalizzazione dei

prodotti petroliferi:

“Non possiamo che essere d'accordo con gli autotrasportatori: la loro protesta è la nostra

contro il comportamento delle compagnie petrolifere e del governo nazionale” [La Sicilia

4/10/2000]

“Abbiamo già chiesto al governo nazionale - ha detto Leanza - la defiscalizzazione dei

prodotti petroliferi. Solleciteremo anche una serie di iniziative perché gli autotrasportatori

siciliani non siano penalizzati due volte dall'insularità”[La Sicilia 5/10/2000]

“Nell'aula di Palazzo Madama, sempre ieri sera, il senatore di Forza Italia, Riccardo Minardo,

ha sollecitato il governo a intervenire al più presto per superare il blocco dei Tir che ostacola

il trasporto merci sullo Stretto. E l'europarlamentare azzurro Umberto Scapagnini, sindaco di

Catania, ha promesso di porre la questione oggi in commissione a Bruxelles per sondare la

possibi- lità tecnica della defiscalizzazione in Sicilia”[La Sicilia 6/10/2000]

“La delegazione di Governo regionale presieduta dall'onorevole Vincenzo Leanza

nell'incontro romano del 6 u.s., forte proprio dei Trattati fondanti dell'Unione europea, ha

dimostrato in punto di diritto la validità delle proprie tesi. I fatti più recenti hanno consentito,

anche in ambito nazionale, la definitiva e irreversibile emersione delle ragioni del popolo

siciliano che adesso trova finalmente in questo Governo regionale e nella sua maggioranza

l'interlocutore istituzionale per esprimere il proprio sconcerto dinanzi ai "no" che mortificano

la voglia di vero sviluppo dell'Isola”[La Sicilia 8/10/2000]

Il giornale sembra polemizzare sul fatto che la deputazione siciliana al Parlamento nazionale

non è affatto compatta nel sostenere le ragioni dei camionisti, sottolineando che lo scontro tra

84

i due poli finora rimasto latente, ora ha raggiunto livelli allarmanti. Vengono riportate le

dichiarazioni dei deputati di Forza Italia che sollecitano un intervento del presidente del

consiglio Amato, per riconoscere agli autotrasportatori in lotta tutto ciò che è possibile

concedere loro e sbloccare una situazione ormai drammatica. Si riportano alcune delle

repliche dei senatori siciliani dei Ds:

“Il Polo la smetta di soffiare sul fuoco di una protesta minoritaria e si assuma le sue gravi

responsabilità nella gestione del governo della Regione Siciliana”[6-10-2000]

“ Di questo comportamento suicida stanno infatti pagando le spese i cittadini e gli operatori

economici di tutta l’isola.”[6-10-2000]

Viene sottolineata la posizione dell’On. Scozzari del Ppi, che anche se deputato del

centrosinistra, è su posizioni diverse da quelle espresse dai senatori diessini e chiede:

“un attenzione particolare per le legittime e fondate richieste dei camionisti siciliani”[6-10-

2000]

La Sicilia si contraddistingue altresì avere enfatizzato il ruolo dei prefetti nel facilitare le

mediazioni tra le istituzioni. Emerge la tradizionale figura istituzionale del Prefetto come

autorità che in nome dello stato interviene per risolvere le controversie locali. Una figura

istituzionale a cui le parti attribuiscono fiducia perché in grado di mediare fra gli individui in

vista di un bene comune e che compensa la sfiducia nella capacità dei Siciliani di

autogovernarsi:

“Soltanto ieri sera, con la mediazione del prefetto di Catania, Blonda, e dell’assessore

regionale ai Trasporti, Rotella, si è aperto un varco” [3-10-2000]

“Problemi complessi, come si vede, che necessitano di una soluzione complessa. «Stasera -

riassume infine il prefetto Blonda - si sono valutate le proposte, già note, provenienti dagli

autostrasportatori e dalla committenza”[La Sicilia 4/10/2000]

Ma la richiesta di defiscalizzazione viene inquadrata dal quotidiano non come un fatto

contingente, ma legata a quel sogno energetico siciliano che segue un andamento oscillante .

85

Il caro petrolio di questo periodo ha fatto riesplodere il sogno coltivato da almeno

cinquant’anni:

“Ora siamo di nuovo in piena febbre, alimentata anche dallo stesso governo regionale in

contrapposizione con quello nazionale. Ente vertenza Ragusa, Unione petrolifera siciliana,

autotrasportatori, pescatori, tutti insieme ad agitare la rivendicazione della defiscalizzazione

dei prodotti petroliferi. Ma è necessario capire, oggettivamente, quanto la febbre e il sogno

corrispondano alla realtà.”[6-10-2000]

Il 7 ottobre, il giorno dopo l’incontro tra il ministro Bersani e il governo regionale, tutti i

quotidiani esaminati riportano la notizia dell’esito dell’incontro ma con sfumature differenti.

Se per il Giornale di Sicilia l’esito dell’incontro viene presentato come una vittoria poiché il

governo nazionale ha accettato l’80% delle richieste degli autotrasportatori, per La Sicilia si è

trattato di un fallimento:

“Fallisce l’incontro tra il ministro dei Trasporti, Pierluigi Bersani, ed i rappresentanti del

Governo regionale siciliano in merito ai problemi degli autotrasportatori dell’isola. Il blocco

dopo sette giorni resta in vigore.”[7-10-2000]

“Tensione alle stelle tra autotrasportatori e forze dell’ordine…Con i 130 miliardi del governo

ci compriamo le caramelle…” [7-10-2000]

Viene evidenziata la polemica tra gli autotrasportatori e i media decidono la strategia del

silenzio stampa :

“Basta con voi non ci parliamo più. E non scattate fotografie, non ci servite a niente!” [7-10-

2000]

“Smobilita il furgoncino per le dirette televisive di Telecolor, i cameraman non accendono

nemmeno le telecamere, i fotografi, si nascondono le macchine sotto i giubbotti.” [7-10-2000]

Il quotidiano mette in risalto la posizione del governo regionale che rivendica il suo ruolo di

mediatore per ottenere visibilità politica:

86

“Abbiamo svolto una mediazione politica difficile e delicata, abbiamo ottenuto per gli

autotrasportatori notevoli vantaggi. Se manterrete il blocco, sarete voi a violare gli impegni e

non ci sarà più nessuna mediazione possibile.”[7-10-2000]

Nei giorni successivi il giornale dà spazio alla voce dei protagonisti della vicenda, delusi e

rassegnati. Alla rabbia si sostituisce presto un senso di impotenza per il quasi fallimento della

protesta, portata avanti da un movimento che finisce per frammentarsi e non percepisce il suo

problema come un “problema politico”:

“A noi non ci interessano i politici, il nostro non è un problema politico, noi vogliamo solo

lavorare in pace, senza essere strumentalizzati da nessuno. Il nostro è un sindacato libero e

deve restare così. I politici in questo clima elettorale litighino pure tra di loro, ma non sulla

nostra pelle”. [Dichiarazione del leader dell’Aias Richichi, 9-10-2000]

“La libera uscita è finita, torno da mia moglie. Ma non scriva il mio nome, altrimenti anche

domani notte dormirò fuori”. [Dichiarazione di uno dei protagonisti, 9-10-2000]

Il ritorno alla normalità assume il carattere dell’eccezionalità, della straordinarietà. Il giornale

pone in evidenza l’apertura domenicale del mercato di Fanello (Vittoria), presentandola come

un fatto di normale straordinarietà. L’utilizzo della categoria bipolare straordinario-normale,

per la costruzione dello stereotipo della Sicilia che va avanti per straordinarietà, ricorre anche

nella rappresentazione dell’ambiguità dell’azione politica del governo regionale. L’immagine

rappresentata è quella di una Sicilia in cui tutto si riduce ad emergenza e dove il ripristino

della normalità è soggetto all’intervento straordinario:

“Danni ingenti, anzi ingentissimi, per i quali – rivela il sindaco di Vittoria – chiederemo un

intervento straordinario, un decreto salva aziende, al governo regionale, che in tutta questa

vicenda ha svolto un ruolo ambiguo che più ambiguo non si può.” [9-10-2000]

L’ultimo giorno in cui il giornale tratta l’avvenimento, viene posto in evidenza il “tam tam” di

voci allarmistiche che ha suscitato un ingiustificato clima di panico e una assurda corsa

all’accaparramento di carburante, pur non esistendo alcuna oggettiva situazione di emergenza:

“Probabilmente le voci saranno state alimentate anche dall’ipotesi di uno sciopero nazionale

dei gestori di distributori di benzina: ma l’agitazione è stata scongiurata ieri da un vertice al

87

ministero dell’Industria in cui il governo ha accettato di azzerare il piano di riforma della rete.

Quindi i disagi ci sono ancora ma soltanto per colpa di queste voci del tutto infondate.” [11-

10-2000]

L’immagine rappresentata è quella di una Sicilia terra di disordine dove si agisce sulla base

del sentito dire, della indeterminatezza delle fonti, e non delle conoscenze e

dell’informazione, la fiducia è posta sul passaparola:

“Non si sa come sia nato questo «passaparola» sta di fatto che, pur non esistendo alcuna

emergenza, di fatto la gente sta creando a suo danno, situazioni di emergenza”.

La rappresentazione dellos sciopero degli autotrasportatori ne Il Sole 24-ore

Di Giuseppe Intilla e Cirus Rinaldi

Dall’elaborazione effettuata sui dati dell’indagine Audipress il lettore tipo siciliano del

quotidiano “Il Sole 24 Ore” è prevalentemente maschio con valori superiori rispetto alle altre

testate (79,4%), di età compresa tra i 25 e i 54 anni, in possesso di titolo di studio superiore

(in particolare diploma e laurea) con valori che raggiungono quasi il 90% dei lettori. La

readership del quotidiano appartiene inoltre ad una classe socio-economica medio-alta ed la

maggior parte dei lettori si concentra nelle città grandi e medie.

Nel protocollo di ricerca ci si è orientati nella determinazione dell’importanza spaziale

dell’articolo nella sua collocazione nel quotidiano, della sua posizione rispetto ai quadranti

della pagina e dello spazio occupato dall’articolo nella pagina: la ricognizione della

composizione della pagina e della posizione dell’articolo nella pagina è utile al fine di

esplicitare le scelte informative del giornale e di evidenziarne le cariche emotive (Murialdi,

1975, Come si legge un giornale, da verificare).

Rispetto agli items selezionati nel protocollo, Il Sole 24 Ore ha seguito la vicenda nei giorni

che vanno dal 3 all’11 ottobre, con picchi d’attenzione concentrati l’8 ottobre27: l’enfasi sulla

27 Ciò è dovuto principalmente alla trattazione dell’articolo in prima pagina e al suo rinvio per approfondimenti all’interno del quotidiano; in tali circostanze particolare attenzione è stata rivolta ai temi dell’ordine pubblico e della tutela della legalità, argomenti poco dibattuti dalla testata in questione.

88

vicenda è verificabile anche attraverso la posizione dell’articolo nel quotidiano (la trattazione

è anticipata nell’intervallo di pagina 6-10) e la disposizione spaziale all’interno della pagina

(quadranti alti della pagina, spesso spalla e apertura).

Il Sole 24 Ore si distingue altresì per un registro discorsivo che si caratterizza per il taglio

prevalentemente resocontivo e valutativo, come riportato nella figura 3.

Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo

+++ +++

e

Figura 3 Registro discorsivo prevalente - Il Sole 24ore

Il quotidiano in esame si differenzia inoltre per le strategie di titolazione degli articoli,

titolazione che come ricordato svolge il ruolo di anticipazione del contenuto (Spedicato,

2000): le tecniche di costruzione dei titoli prediligono principalmente la descrizione della

scena con limitati riferimenti al parlato, così come riportato nella seguente selezione di titoli:

“Dilaga la protesta dei tir al sud – A Catania blocchi delle strade”

[3/10/2000]

La protesta dell’autotrasporto – si estende il blocco dei tir: scarseggiano carburanti e alcuni

generi alimentari

“Emergenza rifornimenti in Sicilia”

[4/10/2000]

La protesta dei tir – Terminato l’assedio alla fiat di Melfi

“In Sicilia una tregua armata, i camionisti attendono Bersani”

[5-10-2000]

La protesta dell’autotrasporto – Persi ricavi per 100 mld, 8 mila addetti in cig

89

“In Sicilia Imprese ostaggio dei tir”

[6-10-2000]

Si allargano i blocchi stradali nonostante un’intesa tra governo e Regione per sgravi da 130

mld.

“Linea dura dei tir in Sicilia”

[7-10-2000]

Schiarita dopo una lunga giornata di incontri in prefettura

“Sicilia, si allenta il blocco dei tir ma restano disagi e polemiche”

[8-10-2000]

Vertenza autotrasporto – Accordo alla prefettura di Catania con i vertici dei Manifestanti

Sicilia, i tir allentano l’assedio

[8-10-2000]

Imprese siciliane, 1000 mld di danni dal blocco dei tir

[10-10-2000]

La regione agevolerà le Pmi

Trasporti, costi ridotti in Sicilia

[11-10-2000]

Il quotidiano nella rappresentazione di attori e spazi di influenza attribuisce particolare

rilevanza agli attori politici (rappresentanti del governo nazionale e regionale; rappresentanti

dei comuni; rappresentati dei partiti e sindacalisti), ai manifestanti e alle organizzazioni in

rappresentanza degli interessi. Le sfere di competenza degli attori indicati sono

prevalentemente ritagliate all’interno di contesti politici e economici.

Rispetto ai temi di natura politica si focalizza particolarmente sulla questione della de-

fiscalizzazione dei prodotti petroliferi che costituisce tra l’altro il cavallo di battaglia del

fronte della protesta.

Viene evidenziata la polemica scatenatasi tra la Regione siciliana e l’UPS (Unione dei comuni

petroliferi siciliani), questi ultimi rivendicano la loro esclusività e legittimità nel condurre la

90

trattativa con il governo nazionale e accusano il governo regionale di voler cavalcare la

protesta:

“Finora siamo stati ignorati, e adesso che la protesta prende quota e in Parlamento

provvedimenti che concedono agevolazioni fiscali ad imprese e famiglie stanno per andare in

porto, il governo Lenza, vuole metterci il cappello” [Dichiarazione di Giorgio Sortino,

Amministratore delegato dell’UPS, 3/10/2000]

Il governo regionale risponde all’accusa e si pone come l’unica istituzione legittima a guidare

non solo la protesta ma anche a convogliarne gli interessi in campo, riassumendo in se stesso

l’autorità di rappresentanza.

Il quotidiano in esame pone la prospettiva delle fazioni in contrapposizione, con particolare

riferimento alla definizione delle leadership e alla loro lotta per la visibilità: si configurerebbe

pertanto un inattivismo dipendente in larga misura più che dalla fragile e debole

identificazione di obiettivi e sinergie, dal costume diffuso di fare ricorso a politiche della

sponsorizzazione e a “primogeniture”. Si consideri la posizione di Drago, all’interno di un

virgolettato sapientemente posizionato, in risposta alle rivendicazioni dell’UPS

“Siamo, alle solite […]. È la dimostrazione, del perché la Sicilia non ha mai ottenuto nulla

nelle vertenze con lo Stato. Invece di pensare a rinsaldare il fronte per raggiungere l’obiettivo,

si è alla ricerca di primogeniture” [replica di Giuseppe Drago, 3/10/2000]

Il fronte della protesta si allarga a più soggetti collettivi e a diverse categorie (marinai ed

armatori) che sposano le ragioni dei manifestanti ed insieme si rimpolpa l’elenco delle pretese

e delle rivendicazioni (agli sgravi sui prodotti petroliferi si aggiungono la revisione delle

tariffe assicurative, la riduzione dei pedaggi autostradali e dei biglietti dei traghetti).

Alle lagnanze dovute ad ingiuste corvèes che disegnano un gruppo, quello dei manifestanti,

facilmente in preda al vittimismo

“L’insularità è un costo derivante dalla marginalità geografica: lo Stato deve farsene carico,

da soli, non possiamo sostenerlo più […]. Paghiamo tutto più caro, non ce la facciamo più, il

nostro è un mestiere usurante, ci serve la solidarietà e la comprensione di tutti per vincere una

battagli” [Richichi, presidente dell’AIAS, Associazione delle imprese autotrasportatori

siciliani, 4/10/2000]

91

si associano l’intransigenza e il vittimismo del governo regionale

“Siamo stanchi di essere la pattumiera d’Italia […] da noi si estrae il 40% del petrolio e si

raffina il 50% della benzina, che serve a far camminare macchine e mezzi degli italiani. Se il

governo nazionale non riconoscerà il nostro contributo e lo stato di disagio ambientale, il

governo regionale è disposto a fare le barricate” [Rotella, Assessore regionale ai trasporti,

5/10/2000].

Nella politica isolana viene individuata una particolare propensione a forme autolesioniste che

si concretizzano in inerzia e intransigenza insieme

“Un danno che qualcuno comincia a stimare nell’ordine di alcune decine di miliardi. Un

prezzo, che, però, a quanto sembra, la Sicilia è disposta a pagare, pur di ottenere ciò che

chiede. Dimenticandosi, però, che la Regione Siciliana, che non perde occasione per ricordare

alla Stato le prerogative del proprio statuto, ha strumenti e fondi per cominciare a fare

qualcosa” [Commento del giornalista, 4/10/2000].

In virtù del preciso taglio tematico del quotidiano, i rappresentanti delle categorie produttive

svolgono funzione di terzietà rispetto agli attori direttamente coinvolti, ovvero istituzioni e

manifestanti.

Se in un primo momento essi riconoscono la legittimità delle richieste degli autotrasportatori

“La protesta degli autotrasportatori è anche la protesta delle industrie siciliane”

[Dichiarazione di Costanzo, Presidente di Assindustria di Palermo, 4/10/2000]

In un secondo momento ne prendono le distanze

“Le rivendicazioni sono giuste, ma i mezzi sono sbagliati […] il problema del caro gasolio e

dell’alleggerimento del fisco sui prodotti petroliferi immessi al consumo devono essere

affrontati non nella piazza ma al tavolo con Stato e Regione” [Dichiarazione di Puglisi,

presidente di Confindustria Sicilia, 06/10/2000].

92

Tuttavia anche la presente categoria non sembra immune dalla sindrome di vittimismo che

affliggerebbe politici e manifestanti

“Se il blocco dei tir fosse avvenuto nel nord, probabilmente la reazione delle istituzioni e del

paese sarebbe stata meno tardiva e superficiale” [Costanzo, presidente Assindustria Palermo,

6/10/2000].

Il Sole 24 ore ha presentato una Sicilia in cui classe dirigente (politici ed imprenditori) appare

debole e frammentata. Sembra utile, in questo caso, leggere l’intera rappresentazione

attraverso il filtro categoriale del particolarismo versus l’interesse comune applicabile

all’immagine dei siciliani incapaci di perseguire obiettivi comuni tra disfattismo e

individualismo.

Considerando le strategie rappresentative utilizzate, il quotidiano ha dato spazio agli attori

istituzionali e delle organizzazioni di rappresentanza degli interessi con campi di competenza

direttamente discriminabili e riconoscibili, individuando chiaramente l’attore e la sua sfera

d’azione.

Lo status socio-culturale della readership del quotidiano sembra confermato dal tenore dei

temi e dei registri discorsivi degli articoli esaminati, Il Sole 24 ore, a differenza de “la

Repubblica”, quotidiano a questo affine per composizione di lettori, non sembra orientato ad

una visione soggettivizzante della realtà quanto ad una sua rappresentazione oggettiva, legata

più verosimilmente alla fascia di consumatori/lettori ( le categorie produttive) cui il

quotidiano si rivolge prevalentemente.

93

La strage di Vittoria nei quotidiani nazionali e locali.

di Loriana Cavaleri

Introduzione

È un’opinione abbastanza consolidata quella per cui la Sicilia, stimolerebbe l’attenzione dei

giornali, della televisione, ma anche del cinema e della letteratura, soprattutto attraverso

eventi che hanno principalmente a che fare con il malaffare, la malavita organizzata, i delitti

d’onore e vicende simili. Sarebbe, cioè, nelle pagine di cronaca nera (in riferimento al mondo

dell’informazione cartacea, che qui più in particolare ci interessa approfondire), che l’Isola

verrebbe maggiormente nominata e raccontata (Bevilacqua 1993).

Stesso genere di riflessione ha, anche, in parte ispirato, come si esplicita nell’introduzione,

una recente ricerca sull’Immagine della Sicilia nella stampa quotidiana, di cui questo lavoro

rappresenta una continuazione.

Il caso di cui parleremo in queste pagine ha a che fare proprio con questa tipologia di eventi.

Si tratta, infatti, di una strage di mafia, la cui notizia, nelle settimane immediatamente

successive all’accaduto, ha riempito le pagine dei quotidiani nazionali e locali. Lo scopo di

questo lavoro non è stato, però, quello di individuare quanto di questa vicenda i giornali

abbiano parlato, rispetto, per esempio, ad episodi di altro genere; piuttosto, l’interesse

94

dell’analisi è stato quello di comprendere come lo abbiano fatto, attraverso la ricerca delle

immagini, delle metafore, insomma delle rappresentazioni, da loro utilizzate per costruire la

notizia.

Il presupposto, infatti, dal quale questo lavoro parte è che la storia della Sicilia e dell’intero

Meridione, più che qualsiasi altra parte d’Italia, sia stata fortemente condizionata dalle

rappresentazioni offerte su di essa (Gribaudi, ).

La tesi dell’arretratezza, del “familismo amorale” (????), del clientelismo come elemento

tradizionale che ha impedito il sorgere delle forme organizzative proprie della politica

moderna, ma anche del Mezzogiorno come un tutto unico, omogeneo ed indifferenziato al suo

interno, sono solo alcune delle tesi che più incisivamente hanno dominato il dibattito

accademico e intellettuale sulle cose Meridionali [Catanzaro 1983]. Tesi, che oltre a

influenzare pesantemente le scelte politiche del paese, hanno anche prodotto una sorta di

“vizio epistemologico”, che ha condizionato gli sguardi sul Mezzogiorno, vincolandoli in

impostazioni concentrate più sugli ostacoli da superare che sulle risorse interne da valorizzare

[Mutti 1998].

Coscienti, dunque, di quanto le rappresentazioni sul Mezzogiorno abbiano finito per diventare

stereotipi, bende sugli occhi dei suoi osservatori, la finalità dell’analisi qui proposta, è stata

quella di comprendere se negli articoli che i giornalisti hanno dedicato alla strage di Vittoria,

sia possibile individuare uno scarto da queste raffigurazioni, una visione più matura e

consapevole della complessità delle vicende siciliane.

Presentazione del caso e del corpus analizzato

Come abbiamo già accennato, il fatto di cronaca sul quale abbiamo condotto l’analisi si

riferisce ad un episodio di mafia, che, in particolare, non ha come protagonista di sfondo la

famigerata “Cosa Nostra”, ma la meno nota “Stidda”.

Si tratta della cosiddetta “Strage di Vittoria”, avvenuta il 2 Gennaio 1999, quando due killer,

armati di pistola, entrano in un bar di una stazione di servizio alle porte del paese e uccidono

cinque giovani. Da quanto stabilito dalle indagini, però, solo tre delle vittime rappresentavano

i veri obiettivi, di quello che si è poi rivelato un regolamento di conti tra due clan mafiosi: i

Piscopo e i Dominante. I tre appartenevano alla seconda delle due famiglie e, più nello

specifico, il più anziano di loro, il trentatreenne Angelo Mirabella, si avviava a diventarne il

boss.

95

Il corpus dell’analisi è costituito da ottantasette articoli, apparsi su cinque quotidiani nazionali

e locali, nel periodo che va dal 3 al 18 gennaio 1999:

Tab.1 Articoli presi in esame per quotidianoQuotidiani Numero articoli

Giornale di Sicilia 43La Sicilia 18la Repubblica 17Il Sole 24-ore 5Il Giornale 4Totale 87

L’analisi del materiale raccolto, ha seguito una metodologia qualitativa e si è avvalsa

dell’ausilio del software Atlas.ti, per la scelta e la gestione dei frammenti tratti dagli articoli.

Nello specifico, si è trattato di decostruire i testi, selezionando e concettualizzando alcune

citazioni, poi raggruppate in macro categorie.

Il software ha permesso inoltre di rintracciare la frequenza degli articoli assegnati per macro e

sotto categorie e di visualizzarne la mappa semantica28.

I relativi output sono mostrati, rispettivamente, nelle Tabelle 2 e 3:

Tab. 2 Frequenza della macro e sotto categorie

CONTRADDIZIONI 15

Luce e lutto 3

Sviluppo e mafia 13

Giovani e mafia 14

La mafia attrae perché promette guadagni 7

LA MAFIA O LE MAFIE 13

La mafia come qualcosa di morto e resuscitato 7

Continuità e quotidianità della mafia 4

CAMBIAMENTO 14

Senso di disillusione 2

Potenzialità bloccate 1

Le speranze del cambiamento 6

28 Per una descrizione del software si rinvia alla nota metodologica.

96

Familismo 5

I pochi che lottano 3

Chi lotta rischia la vita 2

LE PAURE 14

Omertà 10

LE RESPONSABILITA’ DELLO STATO 13

Lo Stato sa che deve rassicurare 4

Inadeguatezza e arretratezza dei mezzi di polizia e

giudiziari 5

Tab. 3 Mappa semantica delle macro e sotto categorie

97

1

CONTRADDIZIONI

“Chi scelse di battezzare “Caronte” uno dei traghetti che fanno la spola fra la sponda calabra e la

sicula, avrà agito senza malizia, per uno sfoggio di memoria classica o, addirittura, per

scaramanzia. Certo è che, senza volere, ha finito col ricordare al turista che, non solo sta varcando

le soglie di un Paradiso, ma anche di un luogo d’ombra e di pena. È qui al cimento di questa

contraddizione, che la Sicilia vi aspetta (...). Nel rapporto fra queste due voci, nel loro incontro e

scontro, consonanza e dissonanza, sta il segreto doloroso e la ricchezza della nostra terra”

(Gesualdo Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990).

“Luce e lutto”

L'immagine della Sicilia come terra di contraddizioni è riscontrabile in molti degli articoli

analizzati, che però si distinguono per i diversi ossimori proposti.

Nel Giornale di Sicilia, per esempio, la metafora più frequente appare quella del contrasto tra la vita

(rappresentata dai frutti che crescono in questa terra) e la morte; tra la luce, il chiarore del cielo

siciliano e l’atmosfera buia, creata dal lutto per i giovani uccisi. Se il contrasto tra morte e bellezza

non è inedito tra le figure usate per rappresentare la Sicilia, nel caso di Vittoria, questo sembra

presentarsi con più forza perché, le terre della Sicilia orientale, oltre che essere belle sono anche

“floride”:

“È una cappa quella che opprime questa terra di luce e di lutto (...) cinque morti ammazzati. Si è

consumata la prima strage di mafia del 99 a Vittoria. La città dei primaticci e dell'oro verde” (GdS

3-Gen.-1999)

“A Vittoria la paura e la rassegnazione sono sentimenti diffusi, nella città che nel giro di pochi

decenni ha messo su una fortuna con l'agricoltura, con tutte le profonde contraddizioni che ciò

comporta, l'imperativo categorico è fare ricchezza”(GdS 14-Gen.-1999).

“Sviluppo e mafia”

Il risalto dato alle capacità produttive del vittorese, è interpretabile come segno che i cronisti

siciliani hanno maturato l’abbandono della tesi-stereotipo dell’arretratezza, quella per cui l’intero

2

mezzogiorno italiano sarebbe privo di qualsiasi tipo di risorsa e quindi costretto in un’eterna ed

atavica condizione di ritardo e sottosviluppo, e che si dispongono, invece, ad uno sguardo capace di

cogliere e valorizzare le eventuali potenzialità di crescita economica della Sicilia. Leggendo gli

articoli relativi alla strage di Vittoria, infatti, balza immediatamente agli occhi la frequenza con cui

si parla di “sviluppo”. Ma è proprio dalla constatazione di tale sviluppo che emerge, nelle parole

dei giornalisti o dei soggetti da loro intervistati, un’altra delle contraddizioni più spesso incontrate

negli articoli: quella tra sviluppo e mafia. Contraddizione, che viene espressa sia attraverso un

linguaggio simbolico, come, per esempio, nel caso de la Repubblica e del Giornale di Sicilia:

“Vittoria, città del ragusano famosa una volta per i suoi campi di terra buona e profumata, città di

quell’altra Sicilia, dove un tempo non esistevano uomini di rispetto”(la Repubblica 3- Gen. - 1999)

“Vittoria, 'l'Emilia degli Iblei, il polo ortofrutticolo Siciliano da cui partono le primizie per le

tavole di tutta Europa, la capitale delle serre dove crescono piante e fiori distribuiti fino in Olanda

e in Francia, dove un giro d'affari che si stima intorno a 550 miliardi ha attirato le "attenzioni" dei

gruppi criminali più feroci della Sicilia orientale. Benvenuti nel paese che ha inaugurato la

cronaca nera del '99 con una strage spaventosa. Benvenuti nella città dove crescono, nascono e

muoiono anche i fiori del male i cui miasmi sopraffanno il delicato profumo delle rose che qui

vengono coltivate a migliaia”.(GdS 4- Gen.-1999)

“Vittoria, una città fra “oro” e mafia” (GdS 14-Gen.-1999)

sia attraverso un linguaggio, potremmo dire, più specialistico, che si pone ad un macro livello di

osservazione, che utilizza, per esempio, gli strumenti di analisi della sociologia economica.

L’esempio più esplicativo, in questa direzione, è ovviamente offerto dal Sole24ore, che per sua

natura ha questa vocazione:

“Siamo, nel caso analizzato, in un territorio a "economia cattiva": nel senso che vi convivono una

fiorente economia legale (sericoltura con tecnologia avanzata) sostenuta da meccanismi "normali"

di assistenza e con un presunto giro d'affari pari a 1.200 miliardi l'anno. E un altrettanto

consistente processo di accumulazione illecita (si calcola che il traffico di droga e il racket

assicurino alle "famiglie" del posto 400 miliardi l'anno). Sarebbe puerile, a questo punto, non

pensare a infiltrazioni, tra le due economie(...) in un territorio nel quale la mafia insegue e allo

stesso tempo produce flussi di ricchezza” (Il Sole 24-ore 5-Gen.-1999)

3

Uno sviluppo contraddittorio, quindi, perchè alla ricchezza si associa delinquenza e criminalità,

perché la ricchezza non è, in questo caso, uno strumento di emancipazione. Lo sviluppo del

vittorese viene, quindi, rappresentato come uno sviluppo “handicappato”, che se può contare su

risorse economiche, non è sostenuto ed, allo stesso tempo, non libera risorse culturali:

“alla velocità con cui sono stati fatti i soldi non è seguita un altrettanto veloce crescita culturale.

Basti pensare che a Vittoria esiste ancora una sola libreria. A Vittoria, dove il teatro è chiuso da

quattro anni, di cultura se ne respira poca.”(GdS 14-Gen-1999).

È interessante a questo punto notare che l’accostamento tra Sviluppo e Mafia cambia tono e

argomentazioni, quando nei giornali a parlare sono gli attori politici, per esempio D’Alema su la

Repubblica. L’allora Presidente del Consiglio, infatti, sembra volere proprio dissimulare quel nesso

contraddittorio tra Sviluppo e Mafia rimarcato dai giornalisti:

“ «Bisogna raccontare il Sud per quel che è» - dice D’Alema - «senza diffondere paura e

un’immagine falsa di noi stessi». La realtà è che «non siamo travolti dalla mafia. Dobbiamo dirlo,

altrimenti non verrà nessun imprenditore a investire». Lo Stato «ha riconquistato ampie aree del

Mezzogiorno a condizioni di sicurezza» tanto che oggi «gli imprenditori, non solo la Fiat ma tante

piccole imprese, investono nel Sud»”

GIOVANI E MAFIA

Come abbiamo già detto, il riferimento al legame sviluppo - mafia - ricchezza - è rintracciabile in

diversi articoli ed è, addirittura, all’interno di tale triangolo che molti giornalisti cercano la

spiegazione di quello che viene rappresentato come il tratto distintivo e più allarmante della strage

avvenuta a Vittoria il 2 Gennaio del 99, cioè, la giovanissima età delle vittime:

“Cinque manichini. Disarticolati. Pieni di sangue. E di proiettili. Il défilé degli orrori di mafia. (...)

Tutti giovani. Claudio Motta aveva 21 anni; Salvatore Ottone 19; Emanuele Nobile, 23 anni;

Rosario Salerno, 27 anni; Angelo Mirabella, 33 anni”(GdS 3-Gen.-1999)

4

“Sono tutti ragazzi tra i venti e i trenta anni. Tutti vestiti alla stesso modo. Maglioni pesanti e

giubbotti di jeans.” (La Repubblica 3-Gen.-1999)

“Un inferno di fuoco che ha visto cadere sotto una gragnuola di proiettili ben cinque giovani (...)

Un'esecuzione in piena regola, per punire uno sgarro e dare una lezione esemplare ad un gruppo di

ragazzi eccessivamente intraprendenti” (Il Giornale 3- Gen.-1999).

Per quali strade e motivazioni un giovane vittorese diventa un affiliato è, quindi, uno dei temi più

frequenti sui quali si concentrano molti articoli, che individuano nella capacità della mafia di

assicurare status e ruolo, soldi facili e rispetto, la spiegazione più convincente.

“Angelo Mirabella il più anziano delle cinque vittime del bar che avrebbe preso le redini della

cosca di Vittoria e tentato di farsi strada nel mondo della criminalità organizzata. Gestendo traffici

di droga ed estorsioni, tentando di farsi una posizione con gli «affari sporchi» e di accumulare

danaro con i metodi della malavita. Perché i soldi a Vittoria si vedono, la ricchezza prodotta dalle

serre è sotto gli occhi di tutti. E con il danaro si può anche avere rispetto, si può uscire da una

condizione di miseria e ristrettezza e farsi una nuova vita.”(Gds 4-Gen.-1999).

“Cercano il potere col mitra in mano” (la Repubblica 3-Gen.-1999)

Sempre in questa direzione, appare particolarmente interessante un articolo de La Sicilia, in cui ad

essere chiamato in causa è il tema del disagio giovanile. Ciò che colpisce è che la relazione tra

“giovani e mafia” sembra equiparata ad una qualsiasi forma di delinquenza giovanile e spiegata

attraverso il venir meno del ruolo educativo della famiglia, cioè con una spiegazione che potrebbe

adattarsi anche a comportamenti devianti attuati al di fuori del territorio siciliano e non per forza di

matrice mafiosa. Anche questa rappresentazione può essere interpretata come superamento di

alcune tesi-stereotipo del meridionalismo tradizionale, che ponevano il Mezzogiorno, quindi anche

la Sicilia, in una collocazione periferica, impermeabile ed indifferente a qualsiasi processo di

mutamento (anche culturale) proprio del Nord (centro, secondo queste tesi, dello sviluppo e della

modernizzazione italiana). Ma se è plausibile che l’istituzione famiglia entri in crisi anche in

Sicilia, stupisce però non trovare alcun accenno, in nessuno degli articoli dedicati a questo tema,

5

alla possibilità che sia proprio dalla rete parentale che i giovani ereditano quel capitele culturale e

sociale che ne facilita l’ingresso negli ambienti mafiosi:

“Sono i giovani del disagio. Quelli che attuano comportamenti «fuori dalle norme», che vivono

nell'incertezza e nel dubbio. Saltano le lezioni a scuola, innescano meccanismi di fuga, di rifiuto e

di comportamenti devianti. Sognano una vita da boss, da eroe negativo. I giovani del disagio e

della devianza vivono per strada (...) la delinquenza minorile, a volte, è un modo di rispondere a

forme di sofferenza esistenziale (...) La causa sociale più evidente della criminalità minorile è

identificabile nella famiglia che tradisce il suo ruolo privilegiato dell'educazione del minore” (La

Sicilia 4-Gen.-1999).

CAMBIAMENTO

“Cambiamento” è un altro dei codici individuati, all’interno dei quali sono stati, con più frequenza,

ricondotti diversi frammenti di testo, quotations, per utilizzare il linguaggio del software utilizzato.

Il parlare di cambiamento in Sicilia, non è un argomento di natura inedita, anche se, alcuni degli

articoli analizzati, sembrano volere, consapevolmente, rimandare un’immagine incoraggiante, che si

discosta dallo stereotipo gattopardiano del cambiare per non cambiare:

“Fino a qualche tempo fa, forse, più di un siciliano poteva pateticamente immedesimarsi nel

principe che «finge di cambiare per non cambiare». Ora no, ora non più. Ora il gioco è davvero

finito. Ed è finita una cultura. Non la Sicilia.” (Il Sole24ore 13-Gen.-1999)

“Sappiamo bene che tutto questo non basta nell’isola dello spreco, della chiacchiera e

dell’autocompiacimento collettivo. Ma sappiamo pure che è il tono che fa la musica e il tono è

cambiato” (Il Sole24ore 13-Gen.-1999)

I frammenti appena riportati sono tratti da una lettera aperta, apparsa su Il Sole 24-ore, sottoscritta

da esponenti del mondo della cultura, dell’università e dell’economia. È interessante, allora,

notare che nel Giornale di Sicilia, quando a parlare sono altri attori locali (un imprenditore, un

6

sacerdote, una maestra elementare, un amministratore), la prospettiva sul “cambiamento” muta,

facendo emergere immagini pregne di disincanto, disillusione e rassegnazione:

“Di 'fulmine a ciel sereno' parla Riccardo Santamaria. È un imprenditore, produce cassette di

legno per l'imballaggio di frutta, che è rimasto vittima, tra il '92 e il '94, di una serie

impressionante di attentati. La sua colpa? Non avere pagato gli esattori del pizzo, non essersi

piegato alla loro volontà, denunciando tutto. 'Da allora molte cose sono cambiate - spiega - gli

imprenditori non sono più quelli di una volta, hanno voglia di riscatto'. Ma al momento questo

cambiamento non s'è visto se - come spiegano in commissariato - Santamaria resta l'unico che ha

osato rompere il muro dell'omertà” (GdS 4-Gen.-1999).

“L'inquietudine è una morsa che si 'legge' nel volto tirato degli amministratori, nell'omelia gonfia

di disincanto di un prete di frontiera, nel ragionamento doloroso come un rimorso di una maestra

elementare e nelle parole piene di sgomento di un imprenditore che quattro anni fa osò sfidare il

racket ottenendo in cambio cinque attentati alla segheria e un agguato al quale scampò

miracolosamente.” (GdS 4-Gen.-1999).

“Nelle parole dell'assessore c'è la rabbia di chi lavora senza sosta per aiutare i giovani, per

alimentare la speranza di una società più giusta e meno violenta che però vede sfumare ogni sogno,

ogni speranza dalla furia di due pistole automatiche che hanno affermato la supremazia

dell'oltraggio, della sopraffazione, del cieco sopruso mafioso”. (GdS 4-Gen.-1999).

LE SPERANZE DEL CAMBIAMENTO: I GIOVANI E LE DONNE

Nello stesso tempo, è nel Giornale di Sicilia, più che in qualsiasi altra testata, che vengono indicati i

soggetti che possono incarnare la forza motrice del mutamento. Ricompaiono, così, i giovani ed

entrano in scena le donne:

“Ho in mente un grande concerto per i giovani di Vittoria, perché la rinascita deve partire da

loro.” (GdS 9- Gen.-1999)

“Ma anche se il terrore stempera i sentimenti e induce a comportamenti prudenti, queste donne

hanno dentro la voglia di ribellarsi, di voltare pagina e fare in modo che qualcosa finalmente possa

cambiare Nelle parole delle madri sembra essersi insediato il seme della collaborazione con chi sta

7

in prima linea nella lotta alle cosche, un desiderio potente di far in modo che a ragazzi poco più

che ventenni come i loro non tocchi la terribile sorte di essere faldati sotto i colpi dei killer (...) A

Vittoria i segnali della collaborazione ci sono: c'è una donna alla quale hanno ammazzato il figlio

alcuni mesi fa che ha intrapreso un cammino che sembra promettere frutti, e da ieri c'è un'altra

madre che ha mostrato disponibilità a confidare i segreti che negli ultimi anni l'hanno fatta stare in

pena per il «sangue del mio sangue», che è stato ammazzato al bar della pompa di benzina Esso.”

(GdS 4- Gen.-1999)

L’immagine della “madre siciliana” rievoca, senz’altro, la retorica cinematografica in cui le mamme

del sud sono le uniche ad avere senso di giustizia e coraggio. Nonostante ciò, il GdS

problematicizza le reazioni dei cittadini, che appaiono da un lato mossi dalla voglia di diventare,

anche collettivamente, soggetti attivi, dall’altro frenati dalla paura e dalla rassegnazione:

“Una coscienza collettiva Vittoria non sembra averla anche se l’ultima manifestazione

antimafia viene considerata un segnale di risveglio (...) Vittoria però ha ancora paura, aspetta di

essere incoraggiata per spazzare via la rassegnazione e il terrore di essere in balia della mafia”

(GdS 14 - Gen. - 1999).

LE PAURE

In realtà, negli articoli presi in considerazione, si parla più di paura che di coraggio. È interessante

notare che anche la paura sia legata spesso alla produzione di ricchezza del Vittorese e agli interessi

che la mafia ha su questa:

“Ma la gente ha paura, ha anche paura di spendere e investire, di far vedere agli altri di aver

acquisito ricchezza, di aver denaro da spendere”(GdS 14 Gen. - 1999)

Originali appaiono, anche, alcuni commenti apparsi su la Repubblica, in cui ad avere paura non

sono i “normali” cittadini, ma gli stessi mafiosi:

“Alcuni suoi parenti sono stati uccisi, altri in questi giorni sono nascosti. Hanno paura” (La

Repubblica 5-Gen. - 1999)

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OMERTA’

Come è facile immaginare, la paura si accompagna all’omertà. Mentre le testate locali, il Giornale

di Sicilia e La Sicilia, non dedicano molto spazio a questo tema, la Repubblica, Il Giornale e Il Sole

24-ore lo menzionano spesso:

“Il primo poliziotto che arriva al distributore vede la faccia di un uomo che sa di essere vivo solo

per miracolo. E' Sebastiano, il barman. E' il testimone che non testimonierà niente. (...)E mentre lui

non fiatava, il sindaco di Vittoria Francesco Aiello lanciava l'appello disperato alla sua città: «Chi

sa parli, chi ha visto denunci». Ci sono altri due testimoni della strage, due impiegati del

distributore. Anche loro non parlano (...) Come da copione nessuno dei superstiti sembra aver visto

niente ” (La Repubblica 3- Gen.-1999)

“Questa partita si chiude se chi sa non chiude gli occhi. La gente deve parlare, collaborare

con le forze dell’ordine e i magistrati” (Il Giornale 5- Gen. - 1999).

“Sarà interessante seguire le reazioni della comunità, ancora incerta a leggere i commenti,

tra voglia di denunce o rifugio poi nel valore dell'omertà. Osservando appunto la tipologia di

comportamento scelto potrà capirsi, quasi come in un esperimento in un laboratorio, come e

perchè un'economia legale possa convivere con una illegale in un ambito geografico relativamente

circoscritto”.(Il Sole 24ore 5- Gen-199).

LA MAFIA O LE MAFIE

Dallo specifico fatto di cronaca, sul quale abbiamo concentrato la nostra attenzione, si potrebbero

avviare almeno due distinti lavori di analisi dei quotidiani: uno dedicato, appunto, all’immagine

della Sicilia, l’altro esclusivamente dedito alla rappresentazione della mafia, che quasi si impone

come la vera protagonista della storia.

Il caso studiato si presenta, tra l’altro, come particolarmente stimolante e per il luogo geografico

nel quale avviene la strage (non Palermo, bensì Vittoria) e per l’organizzazione mafiosa mandante

degli omicidi (la Stidda e non Cosa Nostra).

Già da una prima lettura, infatti, sembra quasi che la mafia che ha colpito a Vittoria (la Stidda) non

abbia una specificità propria. Tanto che, per descriverla, si cercano paragoni o la si definisce in

negativo rispetto a Cosa Nostra:

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“Le bande fanno strage di ragazzi alla maniera dei sicari di Al Capone: con lo stesso stile, con la

stessa ferocia, la Stidda - quella mafia che non è Cosa Nostra ma una specie di sua succursale -

uccide cinque giovani a Vittoria, città del Ragusano famosa una volta per i suoi campi di terra

buona e profumata, città di quell'altra Sicilia, dove un tempo non esistevano "uomini di rispetto"”

(la Repubblica 3-Gen.-1999)

In particolare, appare interessante evidenziare che la differenza con Cosa Nostra emerge,

soprattutto, dal modo in cui è aggettivata la Stidda:

“ferocia, l'efferatezza, la barbarie” (GdS 3-Gen.-1999)

“Belve, sono belve. Uccidono senza pietà chiunque passi per la loro strada” (GdS 6-Gen.-1999)

“E cinque morti che "parlano". Cinque balordi di un ceppo di mafia che qui chiamano "il clan

Carbonaro-Dominante", pezzenti della mala, metà pastori e metà trafficanti, estorsori per

necessità, gente capace di scannare un bambino anche per 200mila lire.” (la Repubblica 3-Gen.-

1999)

“Ma più ne arrestano di questi balordi della Stidda, più ne spuntano. Sempre nuovi, sempre più

giovani, sempre più feroci.” (la Repubblica 3-Gen.-1999)

con un lessico cioè che tende, sembra consapevolmente, ad attribuire alla Stidda una

caratterizzazione maggiormente malvagia e selvaggia, come se la Stidda, paragonata appunto molto

spesso ad una belva, fosse più irrazionale, più assente di regole o limiti, più anarchicamente

efferata:

“Stiddari, cioè mafiosi senza pedigree.” (la Repubblica 4-Gen.-1999)

“La mafia di queste parti è un blob, non ha forma precisa, cambia sempre. Oggi è così, domani

chissà. I nemici di ieri, dopo un mese potrebbero diventare anche gli alleati più fedeli. E' senza

regole la Stidda. E' Stidda proprio per questo. Sono imprevedibili i suoi affiliati.” (la Repubblica 4-

Gen.-1999)

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“Cosa nostra a Palermo è orientata su interessi per i quali si è disposti a uccidere, certo, ma solo

se non se ne può proprio fare a meno” (la Repubblica 3-Gen.-1999)

Per concludere, vogliamo brevemente soffermarci sulle reazioni manifestate dalla stampa a quella

che è stata soprannominata la strage di capodanno. In particolare, sono stati individuati due codici

che ben esemplificano, a nostro parere, tali reazioni: il primo è “La mafia come qualcosa di morto e

resuscitato”, il secondo “Continuità e quotidianità della mafia”.

Gli articoli tratti dal GdS, si collocano maggiormente nel primo codice, descrivendo spesso con

stupore la strage di Vittoria, come se celassero la sensazione che la mafia, non avendo più compiuto

azioni eclatanti, fosse qualcosa di ormai scomparso:

“un Capodanno di sangue che rievoca antichi spettri” (GdS 4-Gen.-1999)

“La bestia ferita, insomma, sta avendo un sussulto di violenza, un estremo atto di sovversione

interno per stabilire - ancora una volta - che no, il fiore del male non è morto, ma anzi è ancora

vivo e vegeto e capace di praticare lo sterminio nella città ancora in clima natalizio.” (GdS 4-

Gen.1999)

“La città ha di nuovo paura. La terribile scia di sangue che sembrava cancellata dalla memoria

della gente torna alla ribalta.” (GdS 3-Gen.-1999)

Il Sole 24-ore e la Repubblica, invece, tendono a sottolineare maggiormente un agire mafioso

“normale”, che non si manifesta soltanto nella straordinarietà delle azioni eclatanti:

“Il triangolo Gela-Vittoria- Niscemi, è da anni una vera e propria polveriera. Ogni notte si spara e

si compiono danneggiamenti contro commercianti ed imprenditori che continuano ad essere vittime

del racket delle estorsioni, sia dagli stiddari che da Cosa Nostra. Ogni anno in quel triangolo ci

sono oltre 100 0 tra attentati e danneggiamenti e decine di omicidi che passano inosservati. Ogni

notte c'è un falò, ogni notte bruciano negozi, automobili. Ogni notte saltano saracinesche.” (la

Repubblica 3 Gen.-1999)

“Ancora, c'è un modello di criminalità mafiosa che evidentemente, ne pentiti, ne retate, ne controlli

riescono a mettere in crisi, probabilmente perchè coltiva contatti con altre organizzazione di altre

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criminalità e la politica, ma li esclude a differenza della mafia trasversale, con gli enti

amministrativi, mantenendo quindi una sua sostanziale visibilità.” (Il Sole 24-ore 5 Gen.-1999)

L’isola che non c’è

di Franco Nicastro

Per oltre venti anni la Sicilia ha trovato spazio nei giornali attraverso la cronaca. L’attenzione dei

media è stata concentrata soprattutto sui fatti di mafia, sulle stragi, sui processi, e sul dibattito

politico che da queste vicende ha tratto continuamente spunto e alimento. Non poteva essere

diversamente: tanto dilaganti e devastanti erano stati i fenomeni criminali da richiedere uno sforzo

di copertura mediatica supplementare.

Ma se all’inizio erano stati l’emergenza e l’incalzare degli eventi a dettare la cifra del linguaggio

giornalistico, con il tempo la cronaca ha mantenuto una sua centralità. Così non sono cambiati,

almeno in modo significativo, né l’approccio stilistico né la tecnica quando non sono state più e

solo le stragi gli eventi da trattare.

Da qualche anno l’egemonia informativa sulla mafia è diventata meno assillante e invasiva. Altri

temi hanno nel frattempo guadagnato posti nella gerarchia delle notizie. È perfino ricomparsa

l’informazione politica, che sembrava non riguardare più la Sicilia da quando il tema

dell’autonomia aveva perso la sua originaria rilevanza. A ridestare l’interesse per il caso siciliano

sono stati prima i ribaltoni e i controribaltoni che hanno caratterizzato alla Regione lo scorcio finale

della passata legislatura, poi la crescita dilagante del centrodestra che nelle politiche del 2001 ha

fatto il pieno dei collegi con uno stupefacente 61 a zero e infine la rinascita e il ritorno della

Democrazia cristiana con il suo apparato di uomini, metodi e clientele che sembrava ormai

consegnato alla memoria di una stagione lontana.

Tutte queste vicende si iscrivono, in una dimensione tutt’altro che marginale, in uno scenario

politico nazionale. Soprattutto l’esito delle elezioni del 2001 che ha contribuito alla larga

affermazione della Casa delle libertà. Sarebbe stato dunque logico attendersi dai media la

sperimentazione di una costruzione di realtà coerente con la rilevanza dei processi politici siciliani.

E invece, alla resa dei conti, tutti hanno continuato a proporre, chi più chi meno, il modello di

un’informazione condizionata dalle routine produttive, dagli stereotipi, dai luoghi comuni, dalla

superficialità. I giornali siciliani sono quelli che, ovviamente, hanno prodotto un copertura

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maggiore in termini quantitativi. Ma si sono mantenuti all’interno dello schema espositivo

tradizionale: preponderanza della cronaca, misurato ricorso alle interviste dosate secondo una logica

equilibrista (si sente una campagna e si corre subito ad ascoltare l’altra) , scarsa propensione a un

approccio valutativo. Con l’eccezione dell’edizione palermitana di Repubblica, che ha puntato su

un’informazione più schierata e meno paludata, nei giornali siciliani la modalità descrittiva della

cronaca ha fatto premio sull’analisi. Non per questo si può dire che l’informazione abbia aumentato

la sua distanza dal Palazzo. Secondo tradizione, la propensione filogovernativa dei giornali siciliani

si è ripetuta con tutte le maggioranze del momento.

Sulle testate nazionali l’interesse verso la Sicilia politica ha continuato a essere rapsodico e

guidato da fiammate improvvise: si è in sostanza acceso solo quando l’evento costituiva “notizia” e

si è spento appena è cessata l’eco o si è attenuato l’effetto sul quadro politico nazionale. Così è

puntualmente accaduto con l’elezione di un ex comunista, Angelo Capodicasa, alla presidenza della

Regione. Ma le note dominanti sono state quella del folclore (la somiglianza con Saddam Hussein,

soprattutto) e l’immagine del ribaltone tracciata attraverso il tipico armamentario degli stereotipi

che descrivono la Sicilia come metafora di laboratori politici, anticipatrice di svolte nazionali, luogo

ideale di sperimentazioni coraggiose.

Varie interviste al personaggio non hanno aggiunto nulla a quello che la cronaca aveva già

raccontato. E quando qualcuno ha cercato di approfondire l’analisi di ciò che era accaduto alla

Regione è balenata l’idea originale di leggere l’attualità richiamando il passato. Si è così “scoperta”

una riedizione del governo Milazzo con un’operazione di memoria e un parallelo storico-politico

che hanno reso l’analisi più confusa e inadeguata. Anche agli osservatori più navigati è sfuggito il

fatto che mentre il caso Milazzo era il frutto di una rivolta autonomista contro Roma, nell’elezione

di Capodicasa era accaduto proprio il contrario: a Roma erano maturate le condizioni per rovesciare

la maggioranza di centrodestra in Sicilia e formare un governo omologo a quello che guidava il

Paese.

Ecco cosa può accadere quando, deviando dai tranquilli binari della cronaca, si ricorre a criteri

valutativi più impegnativi per ricostruire l’immagine della Sicilia. E comunque, per restare

all’informazione politica, i media accendono di regola i riflettori sulla Sicilia solo quando non se ne

può fare a meno, soprattutto durante le campagne elettorali. Lo schema è da molti anni, ormai,

sempre lo stesso. La grande testata nazionale manda un inviato per un viaggio attraverso gli scenari

politici del momento. Il resoconto è attento a cogliere temi e aspetti salienti della competizione con

preferenza per la personalizzazione del confronto, che nel sistema maggioritario trova un terreno

ideale. Si interrogano i “sensori” politici per trarre indicazioni sugli orientamenti di voto. Passate le

elezioni, il grande inviato intervista il personaggio premiato dalle urne (o penalizzato) per fargli

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commentare i risultati con l’occhio rivolto sempre a Roma. E tutto finisce a quel punto. Perché il

giornale torni a occuparsi della Sicilia bisognerà aspettare un evento imprevisto oppure un’altra

occasione elettorale.

L’immagine della Sicilia continuerà intanto a essere affidata al linguaggio della cronaca e a una

routine giornalistica che informa poco pur comunicando molto. È un po’ quello che si è verificato in

occasione della strage del 2 gennaio 1999 a Vittoria. I giornali siciliani hanno scommesso tutto

ancora sul dato quantitativo. Hanno riempito le pagine di nomi, notizie sugli schieramenti in campo,

dettagli sulle indagini ma quasi nessuno ha saputo ricostruire il quadro degli interessi e soprattutto

le radici di un fenomeno criminale che ha cercato di inquinare il tessuto civile e politico di Vittoria

(uno dei boss di spicco era anche capo di una formazione politica locale) e assediato una delle aree

più sviluppate del Mezzogiorno. La mafia e le mafie hanno trovato alimento negli elementi di forte

contraddizione della città: elevata crescita economica e alto tasso di disoccupazione; ricchezza

diffusa e sacche di emarginazione sociale; grande sensibilità democratica e litigiosità politica

esasperata. Solo al Giornale di Sicilia può essere riconosciuto un contributo di conoscenza in più e

un tentativo apprezzabile di rilanciare l’urlo disperato di una madre (“farò i nomi”) e gli appelli del

sindaco e del questore per spezzare l’omertà. Ma, oltre questi sprazzi improvvisi di giornalismo

civile, la cronaca non si è spinta. E anzi ha sottovalutato la mobilitazione e la risposta della società

civile che ha organizzato una fiaccolata per fare sentire la voce dell’altra Vittoria: quella che

respinge il ricatto mafioso e reclama il diritto di vivere nella sua onesta industriosità. Le immagini

della manifestazione sono passati certo nei telegiornali ma come corredo spettacolare. I giornali non

hanno fatto neppure questo, e hanno quasi ignorato il valore della risposta popolare: si sono lette

poche righe anche in quei giornali come il Corriere della Sera che pure avevano seguito, con

puntualità inappuntabile, la cronaca della strage. Ma lo avevano fatto senza memoria, dimenticando

per esempio che sul caso Vittoria c’erano già stati due rapporti degli alti commissari Emanuele De

Francesco (anni Ottanta) e Domenico Sica (anni Novanta) e un’indagine della Commissione

antimafia.

Da tutte queste attività investigative emerge una presenza della mafia a Vittoria fin dagli anni

Sessanta. Il processo di radicamento territoriale e di infiltrazione nel tessuto economico non era

dunque recente ed era stato ricostruito fino all’esplosione della guerra per l’egemonia criminale tra

il gruppo legato a “Cosa nostra” e l’ala più spietata della “stidda”.

I giornali hanno però seguito il filone della cronaca e trascurato, se non addirittura ignorato, tutto

il resto. Hanno cercato di spiegare la stretta relazione tra economia sviluppata e criminalità. E lì si

sono fermati perché non avevano altri strumenti di analisi.

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Il caso dello sciopero dei Tir offre un altro esempio di informazione che si muove tra la

superficialità e lo stereotipo. Per capire che si trattava di un affare serio e gravido di conseguenze

pesanti per l’economia e la vita sociale di milioni di cittadini i giornali hanno impiegato qualche

giorno. Hanno atteso che l’agitazione assumesse forme esasperate e che un’intera regione venisse

messa in ginocchio. Ma le cronache non si sono pressoché occupate delle cause dello sciopero e dei

suoi obiettivi: ottenere concessioni che apparivano semplicemente dei privilegi. E hanno insistito su

alcuni elementi fortemente spettacolari: le code estenuanti davanti alle pompe di benzina, le proteste

degli utenti, il blocco dei collegamenti. Non il fatto ma l’emergenza diventava, nella routine

produttiva dei giornali, l’unico elemento suscettibile di essere trattato secondo i criteri della

notiziabilità.

Il comportamento dei media nei tre casi siciliani rivela in conclusione un limite di fondo.

L’immagine della Sicilia viene rielaborata, interpretata e diffusa attraverso la forma espositiva e il

linguaggio della cronaca. C’è un ricorso costante e massiccio al resoconto stereotipato che ha un

corto respiro informativo e prevale sul giornalismo di approfondimento del quale non si vedono

molte tracce. In una forma paradigmatica l’informazione dalla e sulla Sicilia riflette i caratteri più

diffusi del giornalismo di oggi che non anticipa ma insegue gli eventi, li racconta ma non sa

proporre chiavi interpretative. È un giornalismo senza memoria e privo di strumenti di analisi:

perciò comunica i fatti senza accrescerne il livello di conoscenza. E finisce per trasmettere

un’immagine della Sicilia che, se non è falsa, non è neppure quella reale.

LA SICILIA NELL’ERA DELLE METANEWS

di Guido Fiorito

Al tempo delle televisioni, la filosofia che sottointende la realizzazione del giornale a stampa è

mutata profondamente. Oggi, nelle riunioni quotidiane dei responsabili di settore di ogni redazione,

al Giornale di Sicilia come nelle altre testate, in cui si decide quali argomenti trattare, gran parte

delle notizie è data già per scontata nelle mente dei lettori. Prima dell’esistenza della televisione, la

notizia era sostanzialmente l’annuncio di un fatto ignoto ai più; in secondo luogo il racconto di ciò

che era successo, con la descrizione di tutti i particolari. Oggi, in un giornale cartaceo, il giornalista

svolge spesso un compito che, semplificando, definirei di metanews-making, cioè di produrre

informazione poco nota (metanews) sul tema offerto dalle “novità già note” (news). E’ cresciuta la

cosiddetta informazione di servizio: schede, grafici, riassunti di leggi e di procedure utili per un

lettore che ha sempre meno tempo per leggere un giornale in concorrenza con televisioni e

computer. Anche queste sono metanews: informazione di informazione.

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Rimangono, quasi tutte in ambito locale, una serie di news esclusive, che vengono dal giornale

trattate con il metodo tradizionale, e cioè annunciate e raccontate. Ma se si pesa la quantità

d’informazione totale prodotta da un giornale stampato, le metanews oggi superano di gran lunga le

news. E d’altra parte cos’è internet se non una gigantesca rete di metanews? Il rischio è che nei

media, a furia di guardare al mondo delle metanews, si perda completamente la strada che porta alle

news. E se la produzione di news fosse delegata solo a fonti ufficiali il pericolo per la democrazia

sarebbe grande. Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano. Inoltre, resta aperto il tema

dell’ordinaria confusione tra news e metanews, che si ridurrebbe se ciascun articolo rivelasse la

propria fonte (o fonti): ciò succede di rado, talvolta non è facile da realizzare per i tempi stretti di

produzione di un quotidiano, e, in qualche caso, per mantenere segreto l’informatore, non è

addirittura possibile.

Addentrarsi nell’immagine della Sicilia nella stampa quotidiana significa occuparsi soprattutto di

metanews. Produrre questi studi (che sono meta-metanews), operando come egregiamente è stato

fatto con strumenti sociologici e semiotici nella prima parte della ricerca, fa luce sulle visioni che i

media cartacei trasmettono, più o meno consapevolmente, contribuendo alla concezione del mondo

che elabora ciascun lettore. La strage di Vittoria, l’elezione di Capodicasa e lo sciopero dei Tir, i

tre avvenimenti scelti per la seconda parte della ricerca, sono fatti eclatanti, lanciati in tempo reale

da radio e soprattutto tv, ed erano già noti alla gran parte dei lettori quando questi prendevano in

mano il giornale.

Nell’esaminare le notizie, i giornalisti ricoprono un ruolo in cui scartano quelle non considerate

interessanti (Kurt Lewin: il redattore come gatekeeper, colui che apre o chiude la porta ad una

informazione) e valutano lo spazio da destinare a quelle ammesse alla pubblicazione. Quando si

tratta di occuparsi di news già note, quindi di produrre metanews, il ruolo del giornalista diventa

maggiormente attivo, viene rafforzato il carattere intellettuale della sua opera e le scelte tengono

conto con maggior forza della linea politico-culturale del giornale.

Ciò è verificabile sulle pagine del Giornale di Sicilia, il mio giornale, per esempio riguardo alla

strage di Vittoria che occupò il titolo di apertura della prima pagina per quattro giorni di seguito. La

ricerca e produzione di metanews seguì le seguenti direzioni: la rottura dell’omertà; l’insufficienza

di uomini e mezzi nella lotta alla mafia e la reazione dello stato; l’immagine della Sicilia dopo la

strage. Il primo giorno, l’edizione del 3 gennaio 1999, la prima pagina apre con il fatto e l’unico

sottotitolo è dedicato al tema della rottura dell’omertà: “L’urlo di una madre:/Farò io i nomi”. Il

giorno successivo, il titolo di apertura del giornale in prima pagina è: “Caccia ai killer/spuntano i

testimoni”. Poco sotto un articolo di fondo di Ettore Serio dal titolo “Il coraggio/contro l’omertà”.

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Quanto all’immagine della Sicilia, nei giorni seguenti, il Giornale di Sicilia ospiterà due interviste

di tono opposto. Il fotografo Oliviero Toscani sosterrà che l’immagine resta negativa: “Voi tendete

sempre a giustificare tutto, invece dovreste essere voi a combattere la mafia sul serio”. Michelle

Padovani, autrice di un libro-intervista a Giovanni Falcone, sosterrà, al contrario: “E’ pazzesco

affermare che in Sicilia niente è cambiato”.

Nello studiare come si forma l’immagine della Sicilia va guardato il punto di osservazione. Ciò

provoca differenti contenuti della parola Sicilia: chi guarda dall’esterno, tende a vedere l’isola come

una monade, un oggetto indivisibile; chi la guarda dall’interno, tende a rappresentarla come

l’insieme dei suoi abitanti. Dall’esterno si cerca l’immagine della Sicilia o, se volete, del Siciliano

(un concetto astratto); dall’interno quella dei siciliani. Nel primo caso il rischio è che la visione sia

manichea, dove “tutto è male” prevale spesso su “tutto è bene”. Chi sta nell’isola vede invece la

Sicilia come l’insieme di immagini diverse di tante persone e quindi tende a promuovere, o

comunque a cercare, la parte buona dei siciliani. Qui il rischio è, al contrario, di far prevalere

un’immagine tutta positiva, altrettanto falsa di quella totalmente negativa. Ancora dall’intervista di

Toscani: “A Corleone ho lavorato con persone serie, tante. Ragazzi fantastici, esemplari, solo che

quando si vive nella spazzatura ci si sporca e loro sono attorniati da spazzatura”. La tesi è che

siccome in Sicilia esiste la mafia, ma anche un’”architettura sbagliata” e “progetti sbagliati”, il

siciliano non possa che essere contagiato dal morbo. La visione dall’interno dell’Isola, così come

emerge anche dalle pagine del Giornale di Sicilia nel caso della strage di Vittoria, è al contrario che

il morbo esista ma che non tutti siano i contagiati. Così, nell’edizione del 9 gennaio, il “Giornale di

Sicilia”, come altri quotidiani, può descrivere la grande fiaccolata a Vittoria contro la mafia con

“una partecipazione oltre le aspettative” e gli umori contraddittori dei familiari delle due vittime

innocenti del massacro, semplificati in un occhiello dalle frasi: “La violenza non uccide la

speranza” e “Forse la gente non cambierà le cose”.

Tra la visione pessimistica espressa dal principe di Salina al piemontese Chevalley ne “Il

Gattopardo” (“I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere

perfetti”) e la profezia ottimistica non realizzata dello scrittore René Bazin in visita in Sicilia nel

1891 (“Si potrà intuire cosa sia la mafia nella vita siciliana: un tratto di antichi costumi, una forma

romanzesca della criminalità, ancora viva, già meno comune, destinata probabilmente a scomparire

come il grande brigantaggio”) c’è oggi una realtà siciliana che è compito dei media raccontare ogni

giorno senza pregiudizi. Ci siamo riusciti? Ricerche puntuali come questa sull’immagine, o meglio

le immagini, della Sicilia ci aiutano a capirlo.

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L'ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE:

DALL'ARTICOLO ALLA SCENEGGIATURA

di Marco Centorrino

Il lavoro di ricerca proposto in questo capitolo, prende spunto da una prima constatazione. L'ipotesi

di partenza, infatti, consisteva nel verificare le differenze nella rappresentazione dell'elezione di

Angelo Capodicasa a presidente della Regione siciliana, tra la stampa nazionale e quella locale.

Terminata la raccolta dei materiali, tuttavia, ci si è accorti come l'enorme squilibrio quantitativo tra

gli organi d'informazione siciliani e quelli d'oltre Stretto rendeva impossibile questo tipo di lavoro.

Tutto ciò, quindi, ancor prima di addentrarsi nella ricerca, può suggerire una riflessione sulla

tematica della "notiziabilità" di eventi politici. L'analisi, ovviamente, va riferita al 1998 - al periodo,

cioè, su cui si concentra la nostra osservazione - anche se, in generale, riteniamo che il panorama

abbia subito negli anni successivi delle variazioni limitate.

Gli Enti "periferici" rispetto alle istituzioni politiche più importanti, infatti, sembrano assumere

un'importanza assolutamente relativa nell'agenda della stampa quotidiana nazionale. Nonostante

essi vengano sovente indicati - il caso dell'Ars è emblematico - come laboratori politici, riescono a

varcare la soglia della "notiziabilità" nazionale solo in chiave di cronaca senza che ciò, almeno nel

caso preso in esame, consenta di portare alla ribalta leader locali o tematiche di respiro meno ampio.

Quanto detto - ma qui, è bene sottolinearlo, ci muoviamo puramente nel campo delle riflessioni, non

avallate da alcun dato scientifico - è indicativo, ad esempio, nel momento in cui i riflettori sono

accesi sulla tematica della devolution. Nella realtà mediatica, in base a quanto argomentato, anche

tale dibattito - facendo sempre riferimento alla rappresentazione della stampa nazionale - viene

decontestualizzato, a dimostrazione di due livelli d'interesse differente riguardo a ciò che viene

discusso nei palazzi della politica e quello che, invece, viene dibattuto nei Palazzi per antonomasia

(Camera e Senato) e dai leader nazionalmente riconosciuti. La discussione locale o regionale, in

altre parole, assume una valenza esclusivamente quando approda a Roma o nel momento in cui

viene veicolata da attori politici di primissimo livello. Ciò può sembrare perfettamente logico, ma -

a nostro avviso - il meccanismo finisce con l'influire fortemente sui contenuti. La

"nazionalizzazione" dell'argomento, in altri termini, comporta un lavoro di packaging, di

sincretismo, di omogeneizzazione che provoca la perdita dei significati originari. In questo contesto,

le pagine di cronaca cittadina che negli ultimi anni i maggiori quotidiani hanno deciso di inserire

nelle proprie edizioni (La Repubblica è, probabilmente, l'esempio più calzante) sono uno strumento

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utile per correggere il circolo vizioso al quale si è accennato, pur se vanno tenuti presenti alcuni

limiti, come, paradossalmente, l'eccessivo livello di localizzazione delle iniziative, che finisce per

renderle poco competitive fuori dalla città di riferimento. Per soffermarci sull'esperienza siciliana de

La Repubblica, possiamo notare come l'edizione palermitana tratti solo marginalmente le realtà

orientali dell'isola, quasi a riproporre ad un livello micro la problematica sulla soglia della

"notiziabilità" regionale-locale. Non si riesce a trovare, insomma, un giusto punto di equilibrio, in

grado di distribuire equamente le fonti d'informazione.

La ricerca proposta, pur se - come detto - non sarà incentrata su questo punto di vista, presenta

comunque - vedremo successivamente - degli spunti riferibili a questa premessa.

Al di là della disamina inerente la differenziazione tra locale e nazionale, si è deciso di procedere

nell'analisi della rappresentazione dell'evento, prendendo come punto di riferimento essenzialmente

le maggiori testate siciliane (Giornale di Sicilia, La Repubblica edizione di Palermo, La Sicilia).

L'elezione di Capodicasa, primo presidente dei Ds all'Ars, avvenuta nel novembre 1998, infatti si

presta, in ogni caso, ad una serie di importanti verifiche, visto che costituisce uno degli ultimi atti

politici ispirati al vecchio sistema elettorale. E, considerato che alcuni dei componenti dello staff di

ricerca che hanno dato vita a questo lavoro, si erano precedentemente concentrati sulla

rappresentazione delle elezioni dirette dei sindaci di Palermo, Catania e Messina, avvenute

pressoché nello stesso periodo, l'approdo dell'osservazione può essere costituito proprio da un

paragone tra il comportamento mediatico di fronte ad un appuntamento che coinvolge la

cittadinanza in prima persona ed un altro che, invece, la riguarda solo indirettamente, visto che la

nomina di Capodicasa viene stabilita esclusivamente dall'Assemblea regionale.

I MEDIA E LA POLIS

Tra la fine del '97 e l'estate del '98, come anticipato, gran parte degli elettori siciliani vennero

chiamati alle urne per il rinnovo, tra l'altro, delle amministrazioni comunali. La rappresentazione

delle consultazioni a Palermo, Catania e Messina, operata dai maggiori quotidiani regionali, venne

monitorata (Carzo, 2001), principalmente con una tecnica di analisi testuale computerizzata29.

Nella fase centrale dello studio, si indagò sul come e quanto i giornali avessero trattato determinate

tematiche (dalla politica, all'economia, ai problemi locali). Ne emerse un quadro sostanzialmente in

controtendenza rispetto ai modelli di americanizzazione della politica italiana, che sembravano

essersi affermati con la discesa in campo di Berlusconi nel '94 (Abruzzese, 1994; Mancini, 1996;

Mazzoleni, 1998; Bentivegna, 2001). Pochissimi gli spazi per la personalizzazione della

consultazione, molti di più quelli dedicati al dibattito politico con risvolti nazionali (in particolare, 29 Dal punto di vista metodologico, si è cercato soprattutto di affinare una tecnica quali-quantitativa. Per un approfondimento su tale tematica, si veda Trobia (2001)

19

sulla creazione del terzo polo). Una rappresentazione sostanzialmente piatta, più simile a un

monologo che ad una recita vera e propria, dove il preannunciato confronto diretto tra i candidati30

scompariva. Un quadro diametralmente opposto rispetto alla diffusa convinzione di una

comunicazione politica che pervasivamente attraverso i media e la rete modifica atteggiamenti e

comportamenti di voto31.

Uno dei dati - a nostro giudizio - maggiormente rilevanti di quella ricerca scaturì da un'ulteriore

analisi delle categorie individuate. All'interno dei corpus testuali, infatti, le parole chiave che

delineavano tali insiemi risultavano sempre ben distanti dai nomi degli aspiranti alla sindacatura.

Tutto ciò portò alla conclusione che i veri 'attori' di quelle campagne furono proprio i giornali, i

quali non sembrarono limitarsi semplicemente a uno schema di agenda setting32, cercando di

orientare il dibattito e di coinvolgere nella discussione l'Opinione pubblica. Furono, infatti, gli stessi

media a porre le domande ed a fornire le relative risposte, relegando i candidati sullo sfondo e

limitandosi quasi esclusivamente ad appuntare date e luoghi dei comizi in cui questi ultimi erano

coinvolti.

Un secondo risultato degno di attenzione, è quello relativo proprio al rapporto fra

politica e giornali. Si è parlato, in questo caso, di una sorta di circuito metamediatico,

nel quale i giornali parlano dei politici che parlano dei giornali. La tendenza rilevata è

quella per cui i quotidiani si occupano 'in prima persona' di stabilire e discutere i temi e i

problemi della campagna elettorale, occupandosi dei candidati a livello delle loro

strategie comunicative (i movimenti, i comizi, le 'apparizioni' per le vie della città) e

delle loro 'biografie'. Così, temi importanti quali il lavoro, l'economia e soprattutto i

problemi locali (traffico, territorio, cultura) o passano in secondo piano ovvero vengono

trattati direttamente dai quotidiani senza passare per i politici (locali). (Carzo, 2001,

141).

Un panorama, come vedremo, abbastanza lontano dalla rappresentazione - ben più romanzata - di

quanto accaduto alcuni mesi dopo all'Ars, che, tuttavia, presenta un importante punto di contatto: la

nazionalizzazione della politica nella rappresentazione giornalistica, evidentemente specchio di un

sistema in cui, contrariamente a quanto veniva previsto negli anni '90, i candidati - le elezioni

amministrative siciliane del 2003 costituiscono un ulteriore esempio - finiscono sempre con l'essere

30 A margine della ricerca sulle tematiche, venne anche eseguita una verifica sul rispetto della par condicio. Si notò così come, in tutte e tre le città prese in esame (Palermo, Catania e Messina), gli articoli in cui erano coinvolti direttamente i candidati facevano essenzialmente riferimento solo ai principali esponenti del centrodestra e del centrosinistra, mentre agli schieramenti minori erano dedicati spazi ridotti. 31 Tale tesi sembra trovare riscontro anche in altri studi effettuati in Italia. A tal proposito si veda, ad esempio, Bechelloni e Sorrentino (1997) 32 Sull'argomento si veda, tra gli altri, Shaw (1979)

20

scelti nelle segreterie romane e agiscono come diretta emanazione del partito. Lo schema del leader,

preminente rispetto alla sigla, sembra quindi arenarsi o, per lo meno, ridursi alla figura di un leader

nazionale, senza trovare un'applicazione localistica significativa.

IL MODELLO DEL CORO

La metodologia adottata prende spunto dal modello socio-semiotico disegnato da Landowski

(1989), per indagare sull'identità degli attori che si distribuiscono nello spazio scenico della politica.

L'autore francese, nel proprio lavoro, ha usato lo schema del teatro greco come punto di riferimento.

Nei teatri greci, infatti, tra il logheion (dove recitano gli attori) e il koilon (dove sono stipati gli

spettatori) vi è la zona dell’orchestra (dove generalmente viene situato il coro). Tale posizione

scenografica intermedia rispecchia la funzione di mediazione esercitata dal coro all’interno della

rappresentazione tragica: da un lato, come gli spettatori, il coro osserva e commenta quel che

accade sulla scena; da un altro lato, come gli attori, pur senza vivere le peripezie tragiche in prima

persona, partecipa all’azione scenica spesso determinandone lo svolgimento. Il coro è

(relativamente) attivo agli occhi degli spettatori, che assistono alle sue perfomances, ma

(relativamente) passivo rispetto agli attori veri e propri, che vengono osservati da esso; è

personaggio pur senza essere eroe, testimone senza essere spettatore.

Il coro assume insomma nella rappresentazione tragica antica un ruolo molto simile a

quello che viene svolto, all’interno della struttura narrativa profonda, dall’attante detto

Destinante, figura che, all’inizio della storia, fornisce al soggetto-eroe i valori mediante

i quali agire e, alla fine, giudica il suo operato sulla base di quegli stessi valori.

(Marrone, 2002: 66)

Ma se questa funzione di manipolazione e di sanzione esercitata dal coro è resa possibile, è perché

al suo interno si staglia un personaggio che prende la parola per lui: il corifeo. È grazie al corifeo

che, da un lato, gli spettatori vengono edotti su quel che accade sulla scena e, dall’altro, gli eroi

tragici vengono informati di quel che il pubblico pensa del loro operato.

Per Landowski, lo scenario politico è strutturato in maniera pressoché similare: tra governanti

(attori) e governati (pubblico), si pone l'Opinione pubblica:

Pur senza identificarsi né con i governanti né i governati, l’Opinione pubblica è – nel

discorso politico e sulla politica – una specie di personaggio fittizio che fa conoscere

agli uni le esigenze del pubblico e al contempo spiega agli altri il significato delle azioni

della classe politica. (Marrone, 2002: 67)

21

Su un livello ipotetico-deduttivo l'impianto appena descritto sembra di facile applicazione. Tuttavia,

vanno presi in attenta considerazione i contesti ai quali si fa riferimento. Già nella ricerca sulle

elezioni amministrative siciliane del '97-'98, ad esempio, appariva chiaro - al di là dell'assenza di

confronto diretto tra i candidati - come il pubblico rimanesse estraneo al dibattito. Era, ovviamente,

destinatario della narrazione, ispirata a sua volta alle mosse degli 'attori-candidati'. Tuttavia, l'analisi

dei contenuti ha rivelato come il vero 'copione' della rappresentazione scaturisse dall'opera di

mediazione, che non vedeva direttamente coinvolto un oggetto di natura "immaginaria" quale

l'Opinione pubblica, bensì i mass-media in prima persona. Tant'è che in più di un'occasione, l'unico

confronto diretto che si registrò fu quello tra i candidati e le testate locali.

Nella ricerca sulla nomina di Capodicasa, quindi, l'elemento dell'Opinione pubblica viene sostituito

dal "soggetto mass-media", interpretato nella doppia veste di corifeo e regista, ferme restando le

posizioni degli attori e degli spettatori. Tutto ciò, naturalmente, richiama la problematica del

rapporto di forza tra attori politici e mezzi di comunicazione, riaprendo il dilemma del 'chi riesce a

controllare chi?'. Rimanendo all'interno della metafora utilizzata, il corifeo è realmente in grado di

indirizzare totalmente quanto avviene sul palcoscenico? Veste contemporaneamente, cioè, anche le

vesti di regista?

Una risposta a questi interrogativi può venire dal lavoro di Ralph Negrine (1994), che ha esaminato

la relazione tra politica e mezzi di comunicazione in Gran Bretagna. In particolare, Negrine si

sofferma sugli aspetti simbiotici di tale rapporto. Lo studioso inglese ribadisce l'idea che il rapporto

tra media e politica è indispensabile per entrambi: ognuno “sfama” l'altro; ognuno informa l'altro e

le azioni di entrambi fanno parte di una strategia comune. In questo quadro, però, i media sono

comunque in grado di agire autonomamente, proprio perché lo squilibrio relazionale è a loro

vantaggio. Se la simbiosi s'interrompe, in sostanza, ad avere la peggio generalmente sono i politici.

Ciò viene enunciato esclusivamente a livello teorico, perché dal punto di vista pratico tale

interruzione si verifica assai raramente. E quando un giornale o un'emittente televisiva cessa di

avere rapporti con un determinato gruppo politico, ciò significa che contemporaneamente si è

avvicinata ad un'altra fazione e lo schema, quindi, rimane immutato. E' anche vero, però, che in

caso di contrasto i media sono pronti a fare valere il loro maggiore 'peso'. Sempre con riferimento al

panorama britannico - per citare uno degli esempi meno conosciuti - si pensi a quanto accaduto nel

1982, quando Lady Diana venne fotografata in bikini, alle Bahamas, durante la gravidanza. La

Famiglia Reale si ribellò, definendo 'di pessimo gusto' la scelta degli editori del Sun e del Daily

Star, che avevano pubblicato quelle foto. La Regina convocò addirittura un incontro con i

responsabili dei giornali, per chiedere maggiore rispetto. L'editore del Sun, tuttavia, rifiutò di

22

partecipare alla riunione e, anzi, quando il suo giornale “si scusò” per l'accaduto, ripubblicò le

fotografie incriminate, sotto un titolo ironico: 'Non lo faremo più!'.

IL "COPIONE" DELLA NOMINA DI CAPODICASA

Iniziamo, quindi, a riorganizzare il materiale inerente la rappresentazione della crisi all'Ars, raccolto

attraverso una rassegna stampa nell'arco di venti giorni, che ha riguardato tre testate regionali

(Giornale di Sicilia, Repubblica Palermo e La Sicilia) e quattro nazionali (Il Giornale, La Stampa, Il

Sole 24 Ore e La Repubblica)33. Destrutturando titoli e articoli, abbiamo organizzato un testo

narrativo.

L'ANTEFATTO: "Il ciclone Udr 'ribalta' le giunte regionali" (S24O, 06/11/98).

La causa scatenante che porta alla caduta del precedente Governo regionale, interessa anche

alcuni organi d'informazione nazionale, tant'è che la rassegna si apre proprio con un articolo de Il

Sole 24 Ore. Tale interesse, tuttavia, andrà scemando nei giorni seguenti, quando la parte

dominante verrà rivestita proprio dai giornali regionali.

La Sicilia è la prima regione dove si è registrata la crisi, dovuta ad un disimpegno dell'Udr dalle

giunte di centrodestra. Tutto ciò viene spiegato agli spettatori da più voci, così come verificheremo

in tutto il resto della narrazione. Il coro e gli attori si dividono la scena, tracciando tra loro un'ideale

linea di demarcazione contrassegnata dal discorso virgolettato (le battute degli attori). Tale

considerazione, naturalmente, si presta ad un'osservazione di fondo, dato che, in pratica, le battute

degli attori politici risultano comunque mediate dai giornalisti. Tuttavia, dato che il nostro obiettivo

è puntato non sulla comunicazione politica, bensì sulla rappresentazione che di essa viene offerta al

pubblico, assumiamo come valido tale distinguo, ritenendo che la differenziazione tra il "parlato"

del coro e quello degli attori venga recepita dagli stessi spettatori (lettori) nella fase di encoding

proprio attraverso il virgolettato:

Lo scorso mese, infatti, il cossighiano Giuseppe Drago (ex Ccd) si è dimesso da

presidente della giunta. E proprio in questi giorni è entrata nel vivo la trattativa tra i

vertici regionali di Udr e Centro-sinistra per dar vita alla nuova giunta. Si lavora per

realizzare anche nell'isola un esecutivo modellato sulla maggioranza che sostiene a

Roma il governo D'Alema. L'Udr, che con i suoi 16 deputati sarebbe il partito di

maggioranza relativa della costituenda coalizione, rivendica per l'uscente Drago la

presidenza della Regione, ma dal Centro-sinistra chiedono «segnali; di discontinuità

rispetto al passato» (S24O, 06/11/98).

33 I quotidiani vengono indicati con le seguenti sigle: GDS= Giornale di Sicilia; RP= La Repubblica edizione di Palermo; LS= La Sicilia; ST= La Stampa; IG= Il Giornale; S24O= Il Sole 24 Ore; RN= La Repubblica edizione nazionale.

23

Il primo personaggio ad entrare in scena è Massimo Grillo, coordinatore siciliano del partito. La sua

posizione appare determinante, sin dalla prima battuta:

«Non soltanto siamo il partito con più parlamentari regionali della nuova maggioranza,

ma in questa fase di bipolarismo imperfetto riteniamo di non dovere dare troppa

visibilità alle sinistre» (S24O, 06/11/98).

Angelo Sanza, responsabile per gli Enti locali dell'Udr, allarga il quadro e ne puntualizza ancora

meglio i contenuti:

«Ma in Sicilia l'approdo a un Centro-sinistra sembra inevitabile. Li però la situazione è

diversa. Il sistema elettorale per la Regione siciliana è di tipo proporzionale, per cui

parlare di ribaltoni sarebbe del tutto fuori luogo. In Sicilia, poi, ci sono state elezioni da

poco e noi dobbiamo assicurare un governo forte e duraturo» (S24O, 06/11/98).

Lentamente fanno il proprio ingresso sul palcoscenico anche nuovi personaggi, alcuni dei quali

reciteranno da semplici comparse, mentre altri finiranno con il rivestire il ruolo di protagonisti. La

soluzione finale, tra l'altro, viene anticipata immediatamente dal coro, ma il nome di Capodicasa,

dopo una rapida apparizione, rimarrà "congelato" per lungo tempo.

Già perché, alla fine, ad una presidenza diessina potrebbe dare il via libera anche

Giuseppe Drago, Nel caso in cui il suo partito decidesse di tenerlo in panchina e di fare

il pieno di assessorati (RP, 07/11/98).

In questo momento, comunque, è sempre Grillo a dettare le prime regole del gioco. E' lui ad avere

in mano - almeno in apparenza - le sorti della crisi:

«Se non ci sono le condizioni per trovare un'intesa sul miglior nome che possiamo

esprimere tutti insieme, allora si torna alle regole della politica. Cioè alla scelta affidata

ai partiti maggiori» (RP, 07/11/98).

«II progetto dell'Udr è di creare aree moderate distinte dalla sinistra. Non è detto che in

Sicilia si debba procedere a fare un governo fotocopia dì quello nazionale, ma si

possono tentare altre strade per fare divenire la nostra Regione un laboratorio politico. Il

presidente della Regione deve essere scelto da forze politiche siciliane e non da altre»

(LS, 08/11/98).

Accanto a Grillo, anche altri rappresentanti locali del partito, i quali però continuano a osservare da

una posizione defilata dell'"accampamento". Nuccio Cusmano, ad esempio, "alle ventuno risponde

al telefono nella sua abitazione di Sciacca" (GDS, 09/11/98). E' il coro a proporre i nomi dei

24

possibili "eroi" ai quali sarà affidato il ripristino degli equilibri iniziali, mentre lui si limita ad

avallarli:

«Noi, in prima battuta, rivendichiamo la presidenza, perché alla Regione siamo stati gli

artefici di una svolta difficile e in questa fase abbiamo bisogno di un'adeguata

rappresentanza». Il nome su cui punta ufficialmente l'Udr è ancora quello del capo della

giunta dimissionario Giuseppe Drago. «Se sorgessero difficoltà, siamo pronti a proporre

un altro nome». Quale? Candidati autorevoli sono Cuffaro, Leanza, D'Andrea e

Manzullo. Ma alla fine, su richiesta del centrosinistra, l'Udr è pure disponibile a cedere

la poltrona: «Se Ds e Popolari reclamassero la presidenza, con motivazioni convincenti,

non ci metteremmo di traverso. Perché abbiamo già stretto un accordo politico, e per

nessuna ragione lo facciamo saltare in aria» (GDS, 09/11/98).

Gli schieramenti sembrano affilare le armi per darsi battaglia. Tuttavia, viene immediatamente

chiarito che non si assisterà ad un singolo conflitto (centrodestra contro centrosinistra), bensì ad uno

scontro più complesso, visto che all'interno delle stesse coalizioni ci sono più "anime":

Se Forza Italia continua a tendere la mano ai cossighiani, dalle parti di An - invece - già

ci si attrezzano per la guerra (RP, 07/11/98).

Da un lato il forzista Gianfranco Miccichè, il quale tenta di ricucire lo strappo, rivolgendosi

indirettamente a Cossiga:

«Mastella e compagni stanno usando Cossiga come utile idiota per liberarsi dagli annosi

e pesanti scheletri, per mezzo di un ipocrita apparentamento a sinistra».

Dall'altro Guido Virzì (An), boccia la nascente alleanza alla Regione definendola "alleanza impura",

bolla i moderati "come fumo nel vento" e invita il presidente della Provincia, Francesco Musotto, ad

«imitare il suo collega dì Messina, Buzzanca, che ha estromesso gli assessori dell'Udr

dalla sua giunta» (RP, 07/11/98).

L'ex minoranza, invece, si trova a fare i conti con i dubbi de La Rete. Orlando - che entra sul

palcoscenico solo per mezzo delle battute recitate dai suoi compagni di partito - si oppone a un

governo copia di quello nazionale: "avrebbe una maggioranza risicata, e sarebbe una tentazione per

i poteri occulti e criminali". Il sindaco di Palermo propone la candidatura alla presidenza di Franco

Piro (GDS, 09/11/98). Di contro:

Piro e Nuccio invitano a non enfatizzare le parole del presidente [del partito, Orlando,

nda]: «Non vuole buttare a mare quanto fatto finora afferma il neocoordinatore

nazionale». Più esplicito il coordinatore regionale Gaspare Nuccio: «Quella di Orlanto è

25

una opinione rispettabilissima ma personale. Noi continuiamo a lavorare per dare un

governo alla Regione». (GDS, 09/11/98).

L'antefatto si conclude con la richiesta, inutile, di un intervento esterno per sanare la situazione: "Il

Polo chiede a Scalfaro di fermare i ribaltoni" (IG, 09/11/98).

LA GUERRA COMINCIA: "Maxi-zuffa sul presidente" (RP, 10/11/98)

Ci si avvia alla prima votazione in aula - che causerà la bocciatura di alcuni candidati - ed alla

tematica dei contrasti politici (interni ed esterni), se ne affiancano di nuove.

Le forze in campo, innanzitutto, vengono rappresentate dal coro come giocatori d'azzardo che si

fronteggiano in una partita estenuante e rischiosa. E, così come in ogni gioco, c'è spazio anche per

pronostici e scaramanzie.

Alle cinque del pomeriggio, la sala riunioni del gruppo Ds aII’Ars ha l’aspetto

spiegazzato di una bisca dopo una notte di poker e chemin : Angelo Capodicasa ha la

camicia aperta sul collo, Vladimiro Crisafulli ha la faccia torva e il segretario regionale

Mario Bolognari fa fatica a tenere alto il morale della truppa. E’ il momento cruciale di

questa lunghissima vigilia. (RP, 11/11/98)

Partita a poker con l'Ulivo. «Speriamo che non prendano la proposta come una

provocazione», afferma a mezzogiorno Massimo Grillo, avviandosi all'incontro con

l'Ulivo. (GDS, 12/11/98)

Invero, ieri, al di là delle designazioni fatte e disfatte, la giornata è stata caratterizzata

dalla paura. I candidati probabili, veri o civetta, sapevano che sarebbero andati al

massacro. (LS, 12/11/98)

Giuseppe Drago aveva annunciato: «Stasera, in aula ci arrivo da candidato alla

presidenza della Regione». Non è stato così, ma la sua partita se l'è giocata fino in

fondo. (RP, 12/11/98)

Quando su Palazzo dei Normanni sono già scese le prime ombre della sera, al segretario

diessino Mario Bolognari viene un sospetto: «Che abbia attirato il malocchio? », dice il

professore, che aveva scorto i presagi di un governo di svolta nella data fissata per la

nascita, l'11 novembre, estate di San Martino. S. Martino, niente festa. (GDS, 12/11/98)

la seduta è rinviata a martedì 17, ore 17. Udr e centrosinistra toccano ferro. (GDS,

12/11/98)

26

Lo scontro politico (tra e all'interno delle forze politiche), come detto, resta la linea guida, la

tematica di fondo del "romanzo" e in questi giorni si "arricchisce" grazie ai nomi dei papabili "eroi",

i quali "impersonificano" i partiti che rappresentano:

Nel pomeriggio sono cominciate le consultazioni all'interno dell'Udr per il nome da

proporre: Giuseppe D'Andrea e Totò Cuffaro in prima fila. Uno dei due, probabilmente,

si addosserà il compito di gestire il ribaltone di Sicilia. E' Grillo a confermarlo.

«Diciamo che hanno il 40 per cento di possibilità ciascuno - aggiunge il deputato

udierrino Nicolò Nicolosi -. II restante venti per cento lo darei a Vincenzino Leanza».

(GDS, 10/11/98)

[Il segretario regionale di Rifondazione Comunista, Francesco Forgione] annuncia la

sua opposizione a colpi di slogan: «Leanza? A volte ritornano. Cuffaro? E chi lo sposta?

D'Andrea? Le seconde file al potere». (GDS, 12/11/98)

In casa della Quercia serpeggiano le prime delusioni. Forse meglio amarezze. La

delusione, infatti, è conseguenza di inappagate illusioni. E si può veramente credere che

i Ds si erano illusi della malleabilità dell’Udr e degli ex democristiani in genere? Se si,

sarebbero stati ingenui. E poi. dai, anche loro sono alquanto vaccinati. (LS, 10/11/98)

Dietro la porta chiusa il giovane segretario regionale dell'Udr, Massimo Grillo, sta

spiegando agli alleati che lui ha tutte le intenzioni di conservare al suo partito la

presidenza della Regione. E che, probabilmente, potrebbe spendere per quella poltrona i

nomi di Giuseppe D'Andrea, Totò Cuffaro o Vincenzo Leanza. Al di qua della porta, il

neo coordinatore nazionale della Rete, Franco Piro, prima avverte sul fatto che «nel

programma di governo ci sono ancora molte cose da chiarire: a partire dalle riforme

istituzionali», poi intravede ostacoli pressoché insormontabili ad una candidatura

cossighiana per palazzo d'Orleans: «Mi pare chiaro che uno dei requisiti che deve avere

il nuovo presidente è quello di garantire discontinuità con le giunte precedenti». (RP,

10/11/98)

La soluzione finale viene addirittura annunciata dal coro e subito smentita. Tutto ciò alla fine - a

nostro avviso - aggiungerà valenza alla figura di Capodicasa. Proprio perché la sua candidatura

appare improbabile, quando si concretizzerà creerà una sorpresa ancora maggiore:

Insomma il veto di qualche forza minore (i cossuttiani non hanno mai nascosto di

preferire un presidente diessino) potrebbe rilanciare una candidatura del centrosinistra.

In questo caso tornerebbe in ballo Angelo Capodicasa. Ma appare un'ipotesi poco

quotata. (GDS, 10/11/98)

27

Sullo sfondo, i tormenti di un protagonista, Massimo Grillo, e del suo partito ("Il mal di pancia tra i

cossighiani di Sicilia", GDS, 10/11/02) che stanno per uscire di scena e per lasciare la ribalta

principale ad altri personaggi e schieramenti, avendo inutilmente cercato un nome che riuscisse ad

incontrare il consenso necessario da parte degli alleati. I dissidi tra le direzioni nazionali dei partiti e

le segreterie regionali riferiti dal coro, tra l'altro, sembrano fare da "scenografia" alle mosse di

Grillo:

«Se i vertici nazionali vogliono imporre una loro soluzione alla crisi, sono pronto a

lasciare il partito». Grillo svela una frattura all'interno dell'Udr: Cardinale e Cusumano

sarebbero disponibili a cedere la Presidenza ai Ds, lui il tormentato Massimo è convinto

che non si debba mollare. «Siamo stati Protagonisti di una svolta, se cedessimo anche la

guida del governo a sinistra cosa racconteremo agli elettori?". Il discorso, in realtà, è più

ampio, e Massimo l'ha anticipato Sabato al congresso della Rete. L'invito è quello «di

giocare la partita della crisi esclusivamente a Palermo». (GDS, 10/11/98)

Grillo, pronto a dimettersi se «a Roma non rispetteranno l'autonomia del partito». (RP,

10/11/98)

Quest'ultimo articolo citato, tra l'altro, è corredato da tre foto che appaiono come un'icona della

situazione. Accanto a Grillo (a sinistra), che ha un'espressione pensierosa, infatti, c'è il raggiante

leader dei Ds siciliani, Mario Bolognari (al centro), e il capo dell'opposizione, Gianfranco Miccichè

(a destra), imbronciato (foto 1).

Foto 1

28

La Repubblica edizione di Palermo, 10/11/98

Per il coro è il momento di dedicare a Grillo un ultimo ritratto:

Massimo Grillo, coordinatore siciliano dell'Udr e grande amico del ministro delle Poste

Salvatore Cardinale e del sottosegretario al Tesoro Nuccio Cusumano, sottolinea che

nessuno può sostenere che la crisi l'abbiano aperta loro e quindi di ribaltone non si

tratta. Deputato a Montecitorio dopo una fulminea ascesa in Regione, Grillo è il deus ex

machina di tutta l'operazione e i bene informati assicurano si sia sviluppata a Roma

nelle stanze e nelle circostanze più favorevoli. (ST, 10/11/98)

E' un balletto interminabile, ma a menare le danze sono soprattutto quelli dell'Udr. Il

giovane segretario regionale dei cossighiani, Massimo Grillo, per esempio, ha

cominciato la giornata col piede sbagliato. Era a Roma (dove aveva partecipato alla

riunione del gruppo parlamentare con i big del partito), ma ieri mattina il portiere del

suo albergo si è dimenticato di svegliarlo. Cosi prima di salire sull'aereo che doveva

riportarlo a Palermo, è riuscito a malapena a dire al segretario dei Ds, Mario Bolognari,

che il primo nome proposto dall'Udr era quello di Giuseppe Drago.

La prima mano della partita dunque, durava davvero poco: il tempo per Grillo di sentirsi

dire da tutti gli alleati che «Drago non garantisce la necessaria discontinuità con i

governi precedenti». (RP, 12/11/98)

All'indecisione della futura maggioranza, fanno da contraltare i "dispetti" del Polo, che innanzitutto

cerca di sfruttare la propria posizione sino alla fine ("Ultime poltrone alla corte del Polo. La

morente giunta Drago conferma i manager Asl e vara nomine. RP, 11/11/98) e, poi, cala sul tavolo

le proprie carte facendo saltare il voto. Così, l'appuntamento in aula che appariva decisivo, si

trasforma in un'imboscata - con tanto di vittime - e offre nuovi spunti per la prosecuzione della

narrazione:

Nulla di fatto ieri all'Ars per l'elezione del presidente della Regione: l'astensione in

blocco dei deputati del Polo - in polemica con il «governo del ribaltone» - ha fatto

mancare il quorum dei due terzi necessario perché fosse valida la votazione. (LS,

12/11/98)

L'ecatombe dei candidati eccellenti. Cronaca di dodici ore che hanno diviso, lacerato e

poi ricompattato il centrosinistra siciliano. Cuffaro dice no, D'Andrea si ritira, Spagna

bocciato... (RP, 12/11/98)

29

Dalle macerie, tuttavia, compare il nuovo protagonista. Una contromossa che sembra vanificare la

strategia del Polo:

Il nome di Giuseppe Drago viene proposto e bocciato due volte. Quello di Fausto

Spagna resta nell'aria per il breve spazio di una decina di minuti. Totò Cuffaro si ritira

prima di finire nel tritacarne, mentre Giuseppe D'Andrea non riesce ad assaporare

neppure per un attimo l'ebbrezza di sentirsi in corsa per la presidenza della Regione. La

giornata decisiva per la soluzione della crisi divora un candidato a Palazzo d'Orleans

dopo l'altro: fino ad approdare a quello del diessino Angelo Capodicasa. (RP, 12/11/98)

«Pensavo fosse difficile, certo non fino a questo punto» osserva Bolognari. Il quale

assieme ai leader degli altri partiti del centro sinistra, si è visto costretto a bocciare due

candidati alla presidenza (Giuseppe Drago e Fausto Spagna) ed ha assistito a distanza

alla rinuncia di un terzo, il più accreditato nel pomeriggio: Totò Cuffaro. Fino

all'epilogo al fotofinish, il ritorno di fiamma del presidente uscente Drago fra lo stupore

dei volti dell'Ulivo. La votazione notturna sul nome del diessino Capodicasa. (GDS,

12/11/98)

Per Nuccio [La Rete] la presidenza-Capodicasa è «la migliore per un governo di svolta

che punti alla riforma». (GDS, 12/11/98)

Il finale è tutto per Angelo Capodicasa, al quale il viene dedicato un "primo piano" in cui, oltre a

ricostruirne la carriera politica, si cerca di offrire al pubblico anche qualche retroscena della sua vita

privata (vengono pure pubblicate le prime foto, recuperate in archivio):

Angelo Capodicasa è nato a Joppolo Giancaxio, in provincia di Agrigento, il 9

novembre del 1949. Ha conseguito il diploma di maturità classica ed è iscritto

all'Università, alla facoltà di Lettere e Filosofia. È un grande appassionato di calcio:

tanto da essere soprannominato l'"Antognoni" di Joppolo. (GDS, 12/11/98)

Dal corifeo, tuttavia, non sembra levarsi esclusivamente il racconto e la spiegazione degli eventi,

ma - direttamente e indirettamente - c'è anche una presa di coscienza sugli eventi che si susseguono.

Il coro, insomma, comincia a valutare ciò che sta accadendo. Giudizi e commenti si riscontrano,

innanzitutto, nella lettura degli editoriali:

Ma la richiesta più pressante per lo sviluppo economico [della Sicilia] non riguarda

l'infrastrutturazione, la sicurezza, la fiscalità di vantaggio, la sburocratizzazione, la

maggiore flessibilità salariale o l'innovazione tecnologica. Tutti interventi fondamentali!

30

No Niente di tutto questo. La innovazione più importante che va portata avanti è quella

che porta alla stabilità dei governi. (GDS, 10/11/98)

Mi fermo qui. Ho voluto dire soltanto che quando si fanno le riforme esse andrebbero

meditate un po' meglio e la loro stesura andrebbe sottoposta preliminarmente ad un

comitato di esperti, fermo restando la facoltà del potere politico di decidere in un senso

o nell'altro. In fondo non si tratta di una qualsiasi legge che, magari scritta in maniera

sbagliata, può essere modificata il giorno dopo. (LS, 11/11/98)

Viene, altresì, dato risalto agli appelli di gruppi e associazioni, "spettatori privilegiati" di quanto sta

accadendo e rappresentanti dell'intera platea, ai quali - secondo il modello habermassiano - viene

dato accesso alla sfera pubblica:

Hanno preso carta e penna, hanno messo in campo la loro statura culturale e hanno

chiesto alla Regione di voltare pagina sulla gestione dei beni culturali, scegliendo un

assessore all'altezza. Vincenzo Consolo, Gioacchino Lanza, Vittorio Alliata, Ludovico

Correo e altri intellettuali, imprenditori e amministratori siciliani hanno rivolto un

appello al ministro dei Beni culturali, al presidente dell'Ars e a tutti i partiti politici

affinché per il nuovo governo regionaIe sia scelto un assessore in grado di avviare una

profonda riforma della politica culturale. (RP, 10/11/98)

[I sindacati confederali] prendono atto del «fallimento della formula di centrodestra» e

chiedono un «esecutivo di svolta, in grado di aprire la stagione delle riforme». (GDS,

11/11/98)

Riforme, scende in campo l'associazione dei Comuni. L'Anci Sicilia ha invitato tutti i

Comuni dell'isola a sottoscrivere la petizione promossa da Cia, Coldiretti e dalle forze

sindacali regionali per chiedere all'Ars e al parlamento nazionale la modifica dello

Statuto della Regione Siciliana introducendo l'elezione diretta del presidente della

Regione. (GDS, 11/11/98)

Infine, i giudizi compaiono tra le righe degli articoli di cronaca:

Palermo abbandona del tutto, l’ultima parola spetta davvero a Roma. In ossequio

all’autonomia... (RP, 11/11/98)

Il ministro Cardinale si lancia invece in un sibillino: «La politica non è un circo!».

Quello che sta avvenendo nella "sua" Sicilia, però, lo ricorda parecchio. II consiglio

regionale va alla nottata della sarabanda finale. Quando, al circo, escono fuori i clown.

(IG, 12/11/98)

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Il resto, come diceva una volta Costanzo, è vita. Anzi lo sarebbe. A Palazzo dei

Normanni, purtroppo, non c'è neanche questa. (LS, 12/11/98)

Si può notare, però, come il coro non rivesta pienamente il ruolo del destinante (ovvero di colui il

quale attribuisce i valori all'inizio della storia e giudica la fine della narrazione stessa proprio in

base a quei valori). Le critiche, non sembrano avere un obiettivo, ma piovono indifferentemente sui

due schieramenti. Non ci sono attori particolarmente sgraditi: è la recita nel suo complesso a destare

perplessità. Gli interventi, da un lato, appaiono come una richiesta di accelerare il ritmo, di alzare il

livello delle battute; dall'altro, costituiscono un invito al pubblico a non assopirsi, contribuiscono ad

aumentarne le aspettative che gli attori dovranno soddisfare.

LA COMPARSA DELL'EROE: "L'accordo c'è, e reggerà..." (RP, 13/11/98)

Si registra un piccolo salto narrativo, legato ad una problematica tecnica: l'accordo sul nome di

Capodicasa giunge nella nottata di giorno 11. Giorno 12, come visto, i quotidiani riescono,

eccezion fatta per il Giornale di Sicilia, a riportare solo gli esiti delle prime votazioni. Il 13 la

notizia è ormai "vecchia" e quindi, soprattutto nei titoli, ci si concentra soprattutto sui commenti.

La definitiva entrata sulla scena dell'"eroe" fa intravedere una possibile soluzione della vicenda. Per

Capodicasa arriva anche l'"investitura degli Dei romani", anche se occorrerà superare gli ultimi

ostacoli i quali - seguendo il filo conduttore della narrazione - sono sia interni, che esterni alla

coalizione.

Innanzitutto, però, va in scena l'ingresso dell'"eroe" ed è soprattutto il coro ad occuparsene:

Forse è un risarcimento della Storia. Angelo Capodicasa, cinque anni fa, rompeva con

Botteghe Oscure per far passare in Sicilia il primo governo di centrosinistra, sotto la

guida di Pippo Campione. Oggi Capodicasa attende di diventare il primo comunista a

Palazzo d'Orleans. Lui, il diessino di Joppolo Giancaxio, uomo di partito all'antica e

grande mediatore, ricorda le sofferenze di allora e le piccole soddisfazioni di oggi. […]

Nella prima intervista da candidato ufficiale alla presidenza (se da oggi a martedì,

giorno del voto d'Aula, non ci saranno altri scossoni nella maggioranza), il diessino coi

baffi - come D'Alema: fin troppi gliel'hanno fatto notare - invita il Polo al dialogo

proprio sulle riforme, parla del risanamento dei conti come obiettivo prioritario. (GDS,

13/11/98)

Un "eroe popolare", alla "portata di tutti", che - nelle foto del giorno (foto 2) - non appare in giacca

e cravatta, bensì in calzoncini e maglietta da calcio, seduto in panchina.

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Foto 2

Giornale di Sicilia, 13/11/98

Ma, soprattutto, secondo il coro occorre ribadire come egli agisca, a livello terreno, con il placet

delle "divinità":

nel suo studio, ieri mattina, ha squillato spesso il telefono. Ed è arrivato

l'incoraggiamento dei vertici dei Ds, da quel Pietro Folena al quale succedette sulla

poltrona di segretario regionale, al presidente della Camera Luciano Violante: «Adesso

fate le riforme». (GDS, 13/11/98)

Uno dei primi a telefonare per fargli gli auguri è stato Luciano Violante. Subito dopo,

sono arrivati i complimenti di Pietro Folena. Il primo giorno da candidato alla

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presidenza della Regione, per Angelo Capodicasa è cominciata con telefonate che

suonano come assicurazioni romane sulla tenuta del patto firmato a Palermo. Quanto

basta perché, davanti al primo caffè della giornata, lui mostri ottimismo sulla

dell'accordo fino a martedì prossimo, giorno in cui l'Ars dovrebbe eleggerlo alla guida

di Palazzo d'Orleans. (RP, 13/11/98)

Gli antagonisti (soprattutto quelli appartenenti allo schieramento del Polo), però, non si danno per

vinti e in primo luogo lanciano i propri strali e sembrano preparasi in vista dello scontro finale:

«Udr e Ds? Mi fanno un po' pena: i loro rappresentanti dovranno spiegare ai figli di

avere tradito un'ideale in cambio di un tozzo di potere». Gianfranco Miccichè,

coordinatore regionale di Forza Italia esprime tutta la sua rabbia per il ribaltone di

Sicilia. «[…] Noi facciamo politica. E denunciamo un governo non voluto dalla gente.

Un vero ribaltone, perché almeno al Parlamento nazionale l'Ulivo aveva vinto le

elezioni A Roma solo l'Udr ha tradito, qui è diverso. È molto peggio». (GDS, 13/11/98)

In serata il coordinatore di An Guido Lo Porto prende carta e penna per dire che «siamo

ancora in tempo per impedire il governo fotocopia e per costituire un forte patto per la

Sicilia». Speranze affidate a un'ultima scialuppa di salvataggio: ma il timone è ormai

passato di mano. (RP, 13/11/98)

Resta lì, Drago, messo di traverso sulla strada del governo-fotocopia. confortato dalla

telefonata mattutina di Leoluca Orlando, dal sostegno (pare) anche di Enzo Bianco,

dall'appoggio dichiarato del forzista Gianfranco Micciché (GDS, 13/11/98)

Drago, dunque, ci prova. Prima ha mandato messaggi al Polo, poi fatto il diavolo a

quattro nel gruppo parlamentare dell'Udr per impedire una candidatura alternativa alla

sua, adesso agita il fantasma degli "arrabbiati" dell'Udr che potrebbero far saltare

l'accordo già raggiunto sul nome di Capodicasa. […] Drago, dunque, lancia l'ultimo

assalto: ma rischia di voltarsi indietro e non trovare più le truppe. (RP, 13/11/98)

I contrasti interni, che pure permangono, sembrano tuttavia affievolirsi in vista di ciò che

comincia ad apparirci come la battaglia decisiva. La grande alleanza viene anche sancita da un

patto sugli assessorati:

L'ultima giornata di trattative ha scavato un solco profondissimo tra il presidente della

Regione uscente [Drago] e il giovane segretario regionale dei cossighiani. […] A sentire

Grillo, dunque Capodicasa può dormire sonni tranquilli. Anche perché, a sigillo

dell'accordo che ha portato alla sua candidatura c'è un sostanzioso patto sulle poltrone:

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l'Udr prende cinque assessorati.

[…] Già, perché se c'è chi è pronto a scommettere che al fianco di Drago nel suo ultimo

assalto si muove il sindaco di Palermo Leoluca Orlando (che ha già bocciato al

congresso della Rete l'ipotesi di governo-fotocopia), dalle parti dell'Udr arrivano solo

giuramenti di fedeltà al nuovo accordo di centrosinistra (RP, 13/11/98)

A margine, i "regolamenti di conti" tra le file della coalizione che sembra inesorabilmente avviata

sulla strada della sconfitta:

Nel mirino ci sono i "traditori" dell'Udr, ovviamente, alleati fino a poco tempo fa alla

Regione e tuttora nelle giunte di centrodestra di molti enti locali. Ha deciso di non

perdere tempo, il coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Micciché, e

all'indomani della chiusura delle trattative che porteranno il diessino Capodicasa alla

guida del governo tira le prime somme: «Chiederò agli altri segretari del Polo di

convocare con me una riunione con tutti i sindaci e i presidenti delle province di

centrodestra per dare il via all'operazione che ci costringono a fare». Guai a chiamarla

"epurazione": ma a conti fatti di questo si tratta. (RP, 13/11/98)

Descritto quanto sta accadendo, il coro non fa mancare un proprio giudizio e, ancora una volta,

critica indifferentemente vincitori e vinti.

La crisi politica e il clima di incertezza sulla futura maggioranza hanno scoraggiato i

gruppi finanziari nazionali ed internazionali che non sembrano più interessati a stipulare

con la Regione l'emissione sul mercato di un nuovo prestito obbligazionario. (LS,

13/11/98)

La politica, sosteneva Paul Valéry è l'arte di impedire alla gente di impicciarsi di ciò che

la riguarda. E in Sicilia più che altrove. C'è una diga alzata tra il Palazzo e gli elettori,

l'unica, forse collaudata e perfettamente funzionante nell'isola.

[…] Il risultato è che tra poco più di due anni - miracoli esclusi- si andrà a votare col

preistorico proporzionale che l'Assemblea regionale resterà blindata a vita e che i

novanta di oggi, bevitori del Santo Graal, si garantiranno la rielezione d'ufficio. (GDS,

13/11/98)

LA NEGOZIAZIONE DELLA RESA: "Regione, il Polo rilancia le larghe intese: Capodicasa guidi un

governo di tutti" (GDS, 16/11/98)

Comincia una breve fase di negoziazione, prima della consacrazione dell'"eroe". Sullo sfondo,

compaiono le strategie decisive in vista dello scontro finale e continua ad aleggiare la figura di

Orlando, il quale inizialmente era stato presentato come avversario di Capodicasa, mentre adesso

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sembra poter vestire i panni del mediatore pronto, in ogni caso, a non interferire sul verdetto

conclusivo (senza, comunque, comparire mai in scena in prima persona).

La trattativa sembra giocarsi attorno a una definizione chiave: "larghe intese". In sostanza, la

possibilità di azzerare quanto accaduto e di evitare l'ultimo conflitto:

L'ultimo tentativo del Polo, l'ultimo attacco al govemo-fotocopia sta in un appello che i

leader regionale di Forza Italia, An e Ccd lanciano al termine di un vertice domenicale.

«Larghe intese per salvare la Sicilia», è lo slogan. (GDS, 16/11/98)

La lettera di Drago a Capodicasa, candidato designato alla presidenza, sulla formazione

di un governo delle larghe intese, ha riaperto il dibattito politico. Lo ha confermato ieri

il sindaco di Palermo Orlando che, dall'interno del Centrosinistra, ha concordato con

l'iniziativa di Drago. «E il Polo»? Questo interrogativo è di Orlando. La risposta è

arrivata dal Ccd D'Onofrio, che nella risposta di Capodicasa non vede un rifiuto netto

alle larghe intese. […] Da qui l'iniziativa del parlamentare del Ccd di rivolgere «un

appello formale a tutti i gruppi parlamentari presenti in Ars e ai rispettivi leader di

partito, perché prima del voto di martedì si incontrino per valutare con grande serenità,

severità e compostezza la possibilità di dar vita ad un governo di larghe intese».

Anche dai socialisti arrivano sollecitazioni in tal senso. (LS, 15/11/98)

Casse vuote, quattrini appena sufficienti per qualche altro stipendio, e credibilità

finanziaria pari a zero fanno presto a cadere nel calderone della crisi politica. Coglie

l’occasione al volo il presidente della Regione uscente, Giuseppe Drago, che

all’indomani della conferenza stampa con la quale il suo assessore al Bilancio Tricoli

lancia l’allarme si prende la briga di smorzare i toni, ma solo per rilanciare un’ultima

volta la sua proposta. Quella di un governo "ad ampia base parlamentare". (RP,

15/11/98)

A questo punto, però, il centrosinistra ha capito che la propria posizione è solida. Non

soltanto, quindi, rifiuta la mediazione, ma riesce anche a ricompattarsi in maniera quasi

definitiva in vista dell'ultimo atto.

[…] c'è da mettere in cascina voti necessari a parare i colpi di possibili franchi tiratori.

Cosi, Capodicasa si mette immediatamente in movimento. Prima tappa, l'incontro a

Palazzo d'Orleans con Giuseppe Drago («Lui chiede di allargare la maggioranza

parlamentare, ma io sono espressione della maggioranza che mi ha candidato" non sono

decisioni che posso prendere io»). (RP, 13/11/98)

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L’ennesimo no alle larghe intese, semmai ce ne fosse ancora bisogno, giunge a stretto

giro di posta addirittura dalla Rete, di fatto l’unico gruppo parlamentare sul quale le

indicazioni di Orlando avrebbero potuto sortire un qualche effetto. Niente da fare: parla

II coordinatore Gaspare Nuccio per dire che la possibilità di una riuscita di un governo

istituzionale o di larghe intese sognato da Drago ha ormai una percentuale

statisticamente non rilevabile. Cioè nulla. (RP, 15/11/98)

Lui [Capodicasa] dice di «non volere rinunciare a esprimere la propria idea, che è quella

di un esecutivo a termine per una nuova fase costituente. Anche se so - continua il

sindaco di Palermo - che i margini di affermazione della mia tesi sono praticamente

nulli. In ogni caso, Capodicasa avrà un alleato fedele e convinto...».

Insomma, Orlando dissente (e oggi lo dirà al segretario nazionale dei Ds Walter

Veltroni) ma non ha nessuna intenzione di mettersi di traverso. (GDS, 16/11/98)

Il Polo, naturalmente, non abbandonerà le armi, ma cercare di ostacolare gli avversari fino

all'ultimo, tant'è che parallelamente agli appelli sulle "larghe intese", sembra portare avanti la

battaglia dei numeri, di fronte alla quale gli "scudieri" di Capodicasa combattono in difesa del

proprio "cavaliere"

Restano, però, i dubbi sollevati dal forzista Fleres sulla validità del ciclo di votazioni di

mercoledì scorso. Il diessino Silvestro sostiene che vi sono dei precedenti e richiama le

votazioni del marzo 1980 quando al primo scrutinio parteciparono 50 deputati (erano

assenti i Dc per fare mancare il numero prescritto di presenze) e poi si passò

regolarmente al secondo ciclo da cui scaturì l'elezione di Calogero Lo Giudice. Fleres

replica che allora si procedette allo spoglio e si completò il ciclo delle tre votazioni, ora

ci si è fermati alla seconda. Quindi propone la convocazione della Commissione

regolamento, assicurando che la sua non è una posizione politica, ma di rispetto delle

norme. (LS, 15/11/98)

Salvino Caputo di An, sostiene che, in base allo Statuto, anche alla seconda

convocazione, il centrosinistra deve poter contare su 60 deputati, ovvero i due terzi dei

parlamentari eletti.

La replica dell'altro fronte è affidata al diessino Gioacchino Silvestro. Anche lui si rifà

allo Statuto e sostiene che martedì, per eleggere il presidente, «occorre la validità della

seduta e la maggioranza assoluta, qualunque sia il numero dei votanti».

Entrambi i parlamentari si sono rivolti al presidente dell'Ars Nicola Cristaldi perché

garantisca la regolarità della seduta. (GDS, 15/11/98)

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Capodicasa, nel frattempo, può cominciare a "recitare il copione" del presidente e ad esporre

il proprio programma. Tutto ciò, in attesa dell'"incoronazione" ed a fronte di una nuova, più

difficile battaglia - la gestione della Regione - che dovrà affrontare dopo avere vinto quella

per la sua elezione:

Parla il presidente in pectore: «Le riforme entro l'estate». […] Tra i principali impegni il

varo delle nuove regole elettorali in sei mesi. […] «I rapporti con l'opposizione?

Proporremo un patto costituente». […] «Articolisti, le leggi attuali insufficienti:

studieremo un ventaglio di soluzioni» (GDS, 13/11/98)

In mezzo alle prime trattative da candidato presidente, però piomba su Capodicasa la

notizia che la prima gara tra le banche per un mutuo da mille e 50 miliardi da prestare

alla Regione è andata deserta. (RP, 13/11/98)

Prima che il sipario si abbassi, il richiamo del coro - questa volta affidato esclusivamente agli

"spettatori privilegiati" - è puntuale:

[Il presidente della Confindustria siciliana, Giuseppe Puglisi, afferma:] «Alla Sicilia non

serve un altro governo risicato o pasticciato, che tiri a campare, tra veti ed opposizioni,

ancora per qualche mese. Non ci interessano le formule e le coloriture politiche o

l'appartenenza di coloro che saranno chiamati a gestire iniziative e programmi che

possano traghettare la Regione fuori dalla secche in cui è insabbiata da molto tempo».

(LS, 17/11/98)

IL PRIMO SCONTRO: "[Gianfranco Zanna, deputato regionale Ds]: «Il porco è dentro»" (GDS,

18/11/98)

In realtà, Capodicasa è chiamato ad un duplice scontro: da un lato deve ottenere, anche di fronte

al nemico, quella consacrazione che, fino ad ora, era arrivata soltanto in via ufficiosa. Inoltre, la

"missione" finale dovrà essere quella di portare in trionfo le proprie truppe. In entrambi i casi, il

nemico ha preparato insidiose imboscate.

La narrazione, comincia appunto dall'elezione del nuovo presidente e si divide su più livelli

(rintracciabili soprattutto il giorno successivo alla votazione). Innanzitutto, i fatti raccontati da un

narratore esterno, mettendo in risalto le mosse strategiche del centrosinistra, che sono servite ad

aggirare l'opposizione ed a vincere la prima battaglia, e quelle del centrodestra, rivelatesi inutili:

Il capogruppo dei Ds mette nel carniere 45 consensi, uno in più del quorum, cinque in

meno di quanti erano a disposizione della coalizione formata da centrosinistra e Udr. In

sostanza, sono stati cinque i franchi tiratori. Ma Capodicasa ce l'ha fatta, e non a caso

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nel suo primo discorso da presidente ha voluto ringraziare Rifondazione Comunista.

Solo grazie alla mossa dei tre bertinottiani - che non hanno partecipato al voto facendo

abbassare il quorum - il ribaltone di Sicilia ha avuto luogo.

[…] Il Polo, per smascherare i franchi tiratori nel centrosinistra («ma anche nel nostro

schieramento», ammette il leader di An Guido Lo Porto) rinuncia ad un unico candidato

di bandiera e chiede ai propri deputati di votare ciascuno per sé. (GDS, 18/11/98)

Il regolamento dell'Ars è curioso: infatti, se i tre deputati di Rifondazione piuttosto che

assentarsi, si fossero astenuti, il quorum sarebbe rimasto di 46 voti e Capodicasa al

primo scrutinio non sarebbe stato eletto. Si può ben dire che è stata una giravolta, anche

se il segretario regionale Forgione ha dichiarato che il suo gruppo non voterà la fiducia

al nuovo governo Centrosinistra-Udr. (LS, 18/11/98)

In secondo luogo, gli stessi fatti vissuti puntando l'obiettivo su alcuni dei personaggi che

hanno riempito la scena dell'elezione:

Lui, Drago, fino all'ultimo ha taciuto, non aprendo bocca neanche nel corso della

riunione dell'Udr terminata a ridosso della seduta d'Aula. Poi a Sala d'Ercole fa ampi

gesti rivolti ai giornalisti: «Voto Capodicasa, come mi chiede l'Udr». E alla fine: «Ho

fatto fino in fondo al mio dovere». Ma nessuno è disposto a giurare che non è un bluff.

(GDS, 18/11/98)

«Il porco è dentro». Alle dieci del mattino Gianfranco Zanna, deputato diessino,

giovane e in carriera, è felice come una Pasqua, se ne frega dei riti scaramantici e

scommette così, con questa frase ad effetto, sull'elezione di Angelino Capodicasa.

(GDS, 18/11/98)

Il segretario regionale di Rifondazione comunista Francesco Forgione (che aveva

deciso in mattinata la linea da seguire) mette subito il dito nella piaga: «II presidente

della Regione nasce senza una reale maggioranza, condizionato dai neo democristiani.

Noi abbiamo messo a nudo l'imboscata dei franchi tiratori, non abbiamo applaudito

l'elezione di Capodicasa, ma abbiamo goduto delle facce nere tra i banchi del Polo e

anche nelle file della nuova maggioranza». (RP, 18/11/98)

La parte centrale, in questa fase, è però costituita da un approfondito (dopo le prime

descrizioni dei giorni precedenti) ritratto dell'"eroe" - sia sotto l'aspetto professionale, che

sotto quello strettamente personale - e delle sue mosse nel corso della giornata decisiva. La

narrazione è affidata sia a voci interne, che esterne alla scena. Si parte dall'immagine:

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Abito grigio e cravatta blu, a far storcere il naso all'ex segretario Angela Bottari -

presentatasi per l'occasione a Palazzo - erano state già in mattinata le scarpe con suola in

gomma, e poi quella camicia azzurra con bottoni al colletto, anziché bianca. Un "look

poco presidenziale". (RP, 18/11/98)

.Indossa già il vestito grigio da presidente, la solita camicia azzurra ed una cravatta blu a

disegnini bianchi. Cravatta che sostituirà nel pomeriggio con una sempre blu, ma con un

altro disegno: margheritine multicolori. «È più bella, lo fa più allegro», giura Roberta. la

sua segretaria.

[…] Animale a sangue freddo, Capodicasa. Dalla sua faccia che potrebbe benissimo

essere confusa con quella di Saddam Hussein o, più recentemente, anche con quella di

Ocalan, il leader del partito dei curdi («Che ci posso fare?, vuol dire che ho origini

mediterranee»), non trapela nulla. (GDS, 18/11/98)

Si passa, poi, alla descrizione della giornata, vissuta con l'obiettivo puntato sul protagonista:

Il non ancora presidente legge un titolo («È l'ora di Capodicasa») e si ritrova vittima di

quel riflesso condizionato che gli fa mettere immediatamente le mani in tasca. Mossa

che ripeterà più di una volta quando, tra l'una e le due del pomeriggio, deve sottoporsi

alle domande di due giornalisti televisivi.

[…] Arrivano i primi dall'Agrigentino, ma non da Joppolo Giancaxio, suo paese; «Noi

siamo gente seria», assicura il non ancora presidente prima di andare a mangiare

qualcosa. E qualcosa è anche troppo: due panini con prosciutto consumati in piedi nella

bouvette.

[…] Gli ultimi minuti d'attesa si consumano in Aula. Capodicasa sente la conta, ma fa

finta di niente. Poi, al quarantaduesimo ed ultimo voto, scoppia l'applauso e concede le

guance ai baci degli alleati e tiene le mani bene in vista: a quel punto era inutile

rimetterle in tasca. (GDS, 18/11/98)

Commosso mai, da freddo "animale" politico qual è. Emozionato - al massimo - ma solo

un attimo dopo il quarantacinquesimo voto, quando il sempre fedele Mirello Crisafulli

gli è balzato addosso con un abbraccio a dir poco caloroso.

[…] Solo una cosa infatti è riuscita a dargli davvero fastidio nelle ore che precedevano

l''elezione: le domande dei tanti - soprattutto cronisti - che gli chiedevano come ci si

sente da presidente della Regione, o meglio da "primo comunista a Palazzo d'Orleans".

A quel punto non resisteva e, prima di andare in onda in una delle molteplici dirette a

ora di pranzo, si lasciava andare ad un plateale scongiuro, ripetuto - all'occorrenza - nel

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corso dell'intera giornata. Perché Angelo Capodicasa è fatto così, glaciale e razionale in

politica quanto sanguigno e spontaneo smessi i panni del parlamentare. (RP, 18/11/98)

Si risolve anche il "dilemma Orlando", dal quale arriva la prima telefonata di auguri:

Le prime congratulazioni per la pur risicata elezione a presidente della Regione, Angelo

Capodicasa le ha ricevute da Leoluca Orlando. Era appena finito lo scrutinio delle

schede. infatti, quando ha squillato il cellulare di Manlio Mele che lo ha subito passato a

Capodicasa. Una breve conversazione e forse anche una sollecitazione a rilanciare le

larghe intese. (LS, 18/11/98)

Quindi, la descrizione "politica", ideologica e culturale di Capodicasa, dalla quale emerge l'etichetta

di "primo ex comunista a ricoprire la carica di presidente" (RN, 18/11/98)

Guarda una scheda biografica che una tv privata manda in giro per l'etere e interviene

per correggerla: «Non sono laureato, anche se mi manca solo la tesi». Ed ancora: «Non

è vero che sono stato un migliorista, io stavo con Occhetto». (GDS, 18/11/98)

«Un comunista d'altri tempi», dicono di questo quarantanovenne, chierichetto di lungo

corso alla Chiesa madre di Joppolo Giancaxio, nell'Agrigentino, in quell'oratorio

scenario di mitiche partite a calcio col parroco. Il vero cruccio è una laurea in Lettere e

Filosofìa mai conseguita per i troppi impegni parlamentari che gli hanno impedito di

superare l'ultimo ostacolo: la tesi. La sua passione, insospettabile, per le religioni. «Un

interesse squisitamente culturale - spiegava ieri -. Ebbene sì, studio le religioni,

ovviamente anche quella cattolica. E per ora mi sto appassionando alla figura storica di

Gesù». Anche perché ateo, va detto, Capodicasa non lo è, e neanche "agnostico" a

volerla dire tutta: «Cattocomunista? Mi sembra un'esagerazione. Diciamo che una mia

idea del soprannaturale me la sono fatta». (RP, 18/11/98)

Le foto pubblicate contribuiscono a rafforzare tali descrizioni e le immagini dei giorni precedenti.

Così, Capodicasa viene ritratto bambino con i compagni della squadra di calcio (foto 3), durante

uno dei primi comizi e nel corso di un viaggio in Africa in compagnia del regista Tornatore.

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Foto 3

Giornale di Sicilia, 18/11/98

Infine, la famiglia e gli amici:

I suoi sostenitori agrigentini continuano ad arrivare a frotte. L'ex deputato regionale

Lillo Gueli, che oggi fa il sindaco di Campobello di Licata, gli ha portato due pullman

pieni e facendo una sorta di "miracolo delle sardine", ha pigiato oltre centocinquanta

persone nella Sala del Duca di Montalto.

E la moglie? Paola Falco, avvocato, ha preferito restare ad Agrigento perché aveva da

lavorare. E i due figli? Quelli stanno a Palermo studiano medicina e Palazzo dei

Normanni non è poi tanto lontano. Macché. Arriva solo Emanuele, 23 anni, ma non può

assistere al rito dell'Aula perché ha preferito indossare jeans e maglione al posso della

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giacca e della cravatta. Giovanni, 24 anni, nato il primo aprile del 1975, ha preferito

continuare a studiare. «Ma non scriva che non ce ne frega niente - giura Emanuele -

perché non è vero. In famiglia siamo tutti inquadrati» . Prego? «Si, inquadrati, nel senso

che tutti e quattro siamo iscritti al partito e militanti. […]».

E si scopre che papà Capodicasa è uno all'antica. Quando sta a Palermo - e cioè quasi

sempre - vive con i due figli in una casa che sta al Cep, all'estrema periferia di Palermo

e che lì continuerà a stare anche quando sarà l'autoblù della presidenza che già da oggi

lo andrà a prendere. E ai figli ha comprato la macchina solo da poco. Fino ad un paio di

anni fa, per andare all'università, dovevano prendere due autobus. (GDS, 18/11/98)

A Joppolo c'è ancora "papà Capodicasa". I cittadini di Joppolo hanno appreso la notizia

con molta euforia. Nei bar, nei circoli per le strade non si parlava d'altro: l'elezione era

l'argomento del giorno, un evento molto importante non solo per Joppolo, ma anche per

i suoi abitanti.

[…] «Sono veramente contento dell'elezione di Capodicasa, - commenta il farmacista

del paese -. Da 14 anni, ormai risiedo in questo comune e spero che il neo presidente

non si dimentichi di noi». (LS, 18/11/98)

Sul palcoscenico, tuttavia, rimane uno spazio riservato agli sconfitti che continuano a contestare il

verdetto finale:

Per il momento, però, da destra arriva la rabbia di Gianfranco Micciché: «Con rabbia

prendiamo atto che la volontà elettorale dei siciliani è stata umiliata, che il pidiessino

non ha una maggioranza d'aula e che solo con l'aiuto dei rifondatori del comunismo si è

arrivati all'elezione del presidente». E la delusione del leader Ccd Francesco D'Onofrio:

«Non credo che Capodicasa abbia motivi per essere contento. Il risultato di oggi è la

risposta al suo atteggiamento superbo: gli avevamo proposto le larghe intese ha risposto

no. Resta valida la nostra proposta, ma adesso prescinde dalla presidenza di

Capodicasa». (RP, 18/11/98)

Tuona il coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Miccichè: «Ci faremo carico

della rabbia dei siciliani truffati nel loro voto, […]». (IG, 18/11/98)

Il commento che chiude questa fase della narrazione è improntato sull'usuale richiamo a tutti gli

attori in scena, soprattutto in relazione ai programmi futuri e, come in altri casi, è affidato sia allo

stesso coro, che a personaggi esterni:

Gli entusiasmi del Centrosinistra, l'imbarazzo dell'Udr e la rabbia del Polo sono bollori

momentanei, soggetti a sgonfiarsi al primo impatto con la realtà. La parata di vecchie e

43

nuove leve di ex comunisti a Palazzo dei Normanni è pure comprensibile. Più che di

politica, sa di umano. È uguale alla parata che diede spettacolo, nel luglio di due anni or

sono, quando gli ex missini confluiti in An, per la prima volta, conquistarono il più alto

seggio di Sala d'Ercole. Ma al di là delle debolezze umane, la gestione della cosa

pubblica ha le sue regole. E queste in democrazia dicono inequivocabilmente che più

degli accordi politici delle coalizioni, contano i numeri che ne sono espressione. (LS,

18/11/98)

E del resto sarebbe davvero inutile restituire la parola agli elettori senza una modifica

della legge elettorale, principale responsabile col suo meccanismo puramente

proporzionale, di questa situazione di difficoltà. (LS, 19/11/98)

[…] una legge che recepisca tutta la normativa che l’Italia si è data per entrare in

Europa; dalla Bassanini alla legge sugli appalti. Si metterebbe in moto un grande

processo di modernizzazione. (RP, 19/11/98)

La routine narrativa sembra sottolineare un tranquillo approdo della vicenda verso l'agognato lieto

fine. Come vedremo, tuttavia, ci sarà un'ultima, decisiva prova da superare e, così, l'orizzonte torna

momentaneamente ad offuscarsi:

Capodicasa ha accettato subito e senza riserva la carica di presidente della Regione,

mentre ha chiesto un rinvio a venerdì per l'elezione degli assessori. Nell'Udr, a questo

proposito, sarebbe stato scelto un criterio diverso da quello trapelato nei giorni scorsi.

Sarebbe stato stabilito che le province in cui gli udierrini hanno una carica di governo o

di partito, resteranno fuori dalla Giunta. (LS, 18/11/98)

Tre caselle su dodici sono state riempite, almeno ufficialmente. Ma l'accordo

complessivo è tutt'altro che facile. E una richiesta dell'Udr rischia di far saltare l'intera

manovra: il sottosegretario Nuccio Cusumano e il coordinatore regionale Massimo

Grillo sono tornati a battere sul tasto del posto in più: cinque assessori non bastano ai

cossighiani […] (GDS, 19/11/98)

«Si, abbiamo salvato il governo, ma inconsapevolmente. E comunque non accadrà più».

[…] il segretario regionale del Prc, annuncia che l'opposizione d'ora in poi sarà «netta e

convinta». A partire dall'elezione degli ascessori - oggi ogni bertinottiano voterà per se

stesso - per continuare con il programma: «Diremo no, chiaramente». (GDS, 20/11/98)

Il presidente della regione, Angelo Capodicasa. sta alla finestra: «Cercherò di rispettare

le competenze e professionalità nella assegnazione delle deleghe». (RP, 19/11/98)

44

Arriva il giorno del nuovo governo ma i giochi sono tutt'altro che fatti nella

maggioranza. La squadra degli assessori è pronta solo per un terzo. (GDS, 20/11/98)

Nel filone dei commenti, s'inserisce anche un editoriale de "Il Sole 24 Ore" (20/11/98), in cui si

chiede la nomina di un commissario per arrivare al risanamento finanziario della Regione: "Difficile

che il nuovo esecutivo metta ordine nei conti". Ma, lo stesso Capodicasa scende in campo per

respingere la proposta, sfruttando una sorta di meccanismo metamediatico in cui le testate locali

parlano di ciò che è stato scritto dal quotidiano economico nazionale:

[Capodicasa:] «Allarme esagerato» (GDS, 21/11/03)

Un articolo pubblicato venerdì dal "Sole 24 Ore" aveva questo titolo: «Se in Sicilia

arrivasse un Commissario». Una provocazione? Può darsi, scrive Antonio Calabrò, ma

prevista dallo Statuto regionale. Una gara per un prestito di 1.700 miliardi è andata

deserta perché «le banche non si fidano più della Regione come debitrice di tranquilla

solvibilità». (RP, 22/11/98)

Frattanto, l'ultimo, vero, insidioso nemico comincia a prendere forma:

[…] i franchi tiratori, naturalmente, che qui sono tra i più rinomati del mondo e che

dopo aver fatto mancare i voti al presidente (che però ce l'ha fatta lo stesso per

procurato abbandono d'aula da parte dei rifondatori dell'isola, anch'essi specialissimi)

hanno in pugno la situazione. E la stringeranno a piacimento, dovendo votare (o

impiombare) nei prossimi giorni nome dopo nome, assessore dopo assessore. (ST,

19/11/98)

Viene riproposta la tematica del gioco d'azzardo - "Assessori all'ultima roulette" (RP, 20/11/98) - e

si ricrea la suspance degli eventi precedenti che nella rappresentazione cancella la convinzione del

raggiungimento di una situazione d'equilibrio:

Probabilmente, gli ultimi nodi saranno sciolti prima dell'inizio delle operazioni di voto.

In caso contrario, potrebbero tornare i franchi tiratori, che hanno già fatto capolino per

l'elezione del presidente della Regione, ma in modo molto più massiccio. (GDS,

20/11/98)

LA BATTAGLIA FINALE: " E' difficile, in questi casi, fare il calcolo dei franchi tiratori " (LS,

21/11/98)

L'atto decisivo della narrazione vede protagonista non solo il neo presidente, ma anche il suo

"esercito" (la nuova Giunta) che deve essere portato "in salvo", sfuggendo alle imboscate dei

45

"franchi tiratori". L'evento si svolge in piena notte (per questo, nelle cronache, si ritrova diluito in

due giornate) e solo l'apparire dell'alba consacrerà il lieto fine, dopo gli ultimi colpi di scena che

rischiano di azzerare la vicenda.

La cronaca di quanto si verifica in aula, si accavalla con i "primi piani" dei protagonisti:

È una lunga notte per l'Assemblea regionale, una notte storica. La notte del parto

travagliato del governo di centrosinistra, la notte delle sconfitte e delle rivincite, dei

rimpianti e delle piccole vendette, delle amarezze e della solitudine. (GDS, 21/11/98)

Finisce con tre soli assessori eletti al primo turno: Totò Cuffaro che raccoglie 48 voti,

Vincenzo Lo Giudice e Antonio Papania che ne prendono 46 ciascuno. Dopo il flop,

frenetiche consultazioni nella maggioranza, poi la decisione: Capodicasa decide di

andare avanti o di affrontare il secondo turno di votazione. Che va avanti fino a notte

fonda. (RP, 21/11/98)

«Io l'avevo detto», sogghigna Giuseppe Drago all'una di notte, il presidente uscente che

non si era voluto inchinare alla logica del governo-fotocopia, stava per assaporare la

rivincita, ma al terzo tentativo il centrosinistra ce la fa e Capodicasa si ritrova con una

giunta. Sembrava fatta, ma alle tre di notte il colpo di scena: le schede scrutinate erano

una in più dei deputati. Tutto da rifare. Sfiorata la rissa. E a Palazzo dei Normanni le

luci sono rimaste accese fino all'alba.

[…] Quand'è già notte fonda, si parte con il ballottaggio, mentre rimbalzano le voci su

possibili dimissioni-lampo di Capodicasa. (GDS, 21/11/98)

L'esito della votazione ha letteralmente lasciato di stucco i settori della maggioranza,

mentre da quelli del Polo si gridava «dimissioni, dimissioni». E' difficile, in questi casi,

fare il calcolo dei franchi tiratori, ma pare evidente che ve ne sono stati almeno dieci.

(LS, 21/11/98)

La prima passerella dei volti che raccontano il travaglio di questa notte è alla bouvette, a

cavallo tra la prima e la seconda votazione. Sciamano via mesti i parenti dei candidati

che hanno avuto ben poco da applaudire, qua e la fanno capolino i deputati. Tra una

fetta di pan d'arancia e un wafer - tutto quello che è rimasto per rimediare a un pasto che

irrimediabilmente salterà - c'è posto per un commento. L'argomento preferito? I franchi

tiratori, ovviamente. «Ma li conosciamo tutti, benissimo», dicono in molti.

Il retino Franco Pìro arriva di corsa, si volta appena per un saluto veloce. Poi si lamenta:

«Non mi avete lasciato nulla da mangiare?».

Chi sorride è Nino Croce, forzista, ex assessore ai Beni culturali. Divora a falcate un

46

corridoio, alza le braccia al cielo, agita le mani. Non riesce a trattenere l'entusiasmo. E

grida: «Abbiamo vinto, vittoria su tutti i fronti». Gli occhi si illuminano come a dire al

centrosinistra che in aula si contorce sui numeri che non tornano: «Ve l'avevamo detto.

Eravate avvisati». […] Dietro le sue spalle scivola il diessino Gioacchino Silvestro che

gli sussurra in un orecchio: «Parto travagliato, governo fortunato». Una speranza. (GDS,

21/11/98)

Vengono anche individuati, tra i possibili futuri assessori, i comprimari più valorosi del "generale

Capodicasa":

Nato a Gela, 47 anni, cresciuto nella Termini Imerese "dominata" dallo stabilimento

Fiat, l'attuale coordinatore nazionale della Rete ha una storia che si legge attraverso i

numeri. Nel corso della sua prima esperienza a Palazzo dei Normanni (eletto nell'86

nelle liste di Dp) firmò 575 interrogazioni e 102 interpellanze. Nel '91 venne rieletto,

stavolta neIIe file della Rete e in 51 anni produsse 1144 interrogazioni, 233

interpellanze, 47 mozioni e 30 ordini del giorno. E, in più, il record delle presenze: su

353 sedute dell'Assemblea dal '91 ai '96, Piro ne ha saltate solo tre. E tutte per "impegni

connessi all'attività parlamentare". Insomma, se c'è uno Stakanov nella politica siciliana

questo è Franco Piro. (RP, 21/11/98)

IL TRIONFO DELL'EROE: "Nasce (a fatica) la giunta siciliana" (S24O, 22/11/98)

La tensione si scioglie con il sorgere del sole, quando i franchi tiratori cedono, stremati:

Il governo nasce in un'alba che stempera tensioni e veleni, che allontana l'incubo dei

franchi tiratori, che cancella le paure del centrosinistra, che sfuma l'esultanza del Polo.

Il governo nasce alla quarta votazione, quando manca una manciata di minuti alle sei.

(GDS, 22/11/98)

[…] il diessino Gioacchino Silvestro con saggezza messinese annunciava «parto

travagliato, governo fortunato» […] (RP, 22/11/98)

Quando il sole sorge davvero, però, dall'urna di sala d'Ercole salta fuori la sorpresa:

Giuseppe Drago e Enzo Guarnera (retino dissidente che aveva annunciato il suo voto

contrario alla gran parte degli assessori) dormono nei loro letti, a sala d'Ercole i franchi

tiratori hanno deposto le armi e dalle schede spuntano fuori uno ad uno i nomi dei nove

assessori che mancavano per completare la squadra di Capodicasa. Per il presidente e la

sua maggioranza è la fine di una pericolosissima corsa sul filo. (RP, 22/11/98)

47

Il lieto fine si completa con l'immagine della nuova Giunta che si mette immediatamente a lavoro:

All'alba nella prima riunione della giunta, seguita all'elezione, è stata approntata una

variazione di bilancio per assegnare 15 miliardi ai lavoratori forestali, uno dei tanti

rivoli della spesa regionale per impiegare migliaia di disoccupati. (RP, 22/11/98)

È già al lavoro la nuova giunta regionale siciliana, presieduta dal diessino Angelo

Capodicasa, ma per riuscire a eleggere i 12 assessori ci sono volute ben 11 ore d'Aula e

quattro votazioni. Un percorso accidentato sotto il tiro incrociato delle opposizioni e con

le imboscate dei "franchi tiratori''. (S24O, 22/11/98)

La "colonna sonora" che accompagna i "titoli di coda" è costituita sia dalle voci degli sconfitti, sia

dai commenti dei giornali. Entrambi sembrano pronti a ricominciare - nelle vesti di attori e narratori

- una nuova storia:

[…]Ovviamente Micciché e Lo Porto non ammetteranno neanche sotto tortura di aver

perso su tutta la linea. Il coordinatore siciliano parla anzi di una «vittoria di Pirro» del

centrosinistra. Ma vi hanno fatto cappottare o no? «Non abbiamo cappottato, ci hanno

solo tamponato, ma non vanno da nessuna parte perché non hanno i voti per governare»,

risponde stizzito Lo Porto. (RP, 22/11/98)

Dure intanto le critiche dell'opposizione. Per il leader del Polo, Silvio Berlusconi, «la

nascita della nuova giunta siciliana grazie al ribaltone dell'Udr è uno scandalo». «Siamo

fuori dalla democrazia - ha affermato - e questo modo di fare politica è antidemocratico

e immorale». (S24O, 22/11/98)

Nasce un nuovo governo in Sicilia. Il cinquantaduesimo in mezzo secolo. Un'anomalia,

E nasce male. (GDS, 22/11/99)

LA STRUTTURA NARRATIVA: LA CRISI POLITICA COME UN FILM D'AZIONE

Ordinati gli elementi raccolti, proviamo anche a comprendere quale tipo di struttura narrativa

emerge.

La divisione in "capitoli" (o "atti") della rappresentazione della crisi politica alla Regione ci

fornisce una prima indicazione. Ogni "capitolo" da noi individuato, infatti, può essere letto in

chiave di funzione, termine con il quale Vladimir Propp indicò: "l’operato di un personaggio

determinato dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento della vicenda" (Propp, 1988:

27). Osservando il testo narrativo sotto questa prospettiva, l’attenzione viene quindi focalizzata su

"che cosa" fanno i personaggi e non su "chi fa" e "come fa".

48

Inoltre, all'interno dei singoli "capitoli" è possibile rintracciare una serie di contesti - o frame -

ricorrenti, così come sottolineato nelle pagine precedenti:

− Lo scontro tra due formazioni: tale tematica presenta anche un "sottoframe". In ogni

formazione, infatti, esiste un conflitto interno.

− Lo scontro su un doppio livello: la crisi dell'Ars appare rappresentata su due livelli. Da un lato,

infatti, ci viene raccontato ciò che avviene a Palermo, dall'altro le decisioni prese dalle

segreterie nazionali dei partiti, a Roma. Le decisioni romane, tuttavia, sembrano avere una

preminenza su quelle locali, tanto da farci pensare a un contesto "terreno" (locale) ed a un

livello "divino" (nazionale) in cui si indirizzano e si consacrano le azioni "terrene".

− L'interazione strategica: le azioni dei vari attori, lette in chiave interazionista, richiamano il

modello disegnato da Erving Goffman (1969), secondo il quale l’azione strategica è

esplicitamente volta al perseguimento del successo di scopi particolari, senza alcun ideale di

"intesa" tra gli attori sociali coinvolti. Nell’azione strategica ogni individuo cerca il successo,

rischia la sconfitta ma spesso è costretto ad onorevoli compromessi. L’interazione strategica,

infatti, può portare sia alla piena realizzazione d’interessi di parte, sia al conflitto (col rischio

della sconfitta) sia alla negoziazione. Quest’ultima certamente non è l’intesa a cui fa

riferimento Habermas (1981) nell'ambito della teoria dell'agire comunicativo, ma produce forme

concrete di compromesso, attraverso concessioni fatte alla controparte. Mentre perseguono i

propri interessi strategici, e proprio perché lo fanno, gli individui trasformano/modificano il

contesto/situazione rispetto cui interagiscono, e ne risultano, a loro volta, modificati.

E, proprio in base a quanto scritto, possiamo affermare che sul piano

sociopolitico l'affermazione del centrosinistra all'Ars andrebbe interpretata più come il frutto di

una negoziazione, che non come il risultato di un conflitto, nonostante dalla narrazione emerga

un'immagine differente. A nostro avviso, ciò va spiegato con la tendenza alla drammatizzazione

tipica del linguaggio massmediatico, alla quale fa da contraltare una realtà ben diversa. Lo

"scontro finale" prospettato dai quotidiani presi in esame, in chiave politica è una "semplice"

alternanza. Gli sconfitti perdono la ribalta, ma non vengono cacciati dal palcoscenico. Prova ne

sia il fatto che, a cinque anni di distanza e dopo l'approvazione della tanto invocata riforma

elettorale, molti dei nomi che compaiono nel testo narrativo sono ancora protagonisti

dell'attività dell'Ars.

− Il gioco d'azzardo: sovente utilizzato nelle cronache giornalistiche prese in esame, il gioco

d'azzardo costituisce per Goffman una delle metafore che servono a comprendere l'interazione

strategica. E' un frame che, da un lato, rafforza il contesto precedente (l'interazione strategica,

appunto) e, dall'altro, mette in evidenza le mosse e i calcoli che, sul piano narrativo, animano il

49

conflitto (mentre dal punto di vista sociopolitico - come detto - servono a raggiungere la

negoziazione). Contribuisce alla drammatizzazione dell'evento: l'elezione del Governo regionale

come una partita a poker, al termine della quale chi è rimasto senza dote deve alzarsi. Nella

realtà, tutti i giocatori resteranno seduti al tavolo e chi ha vinto potrà sì decidere nuove regole,

ma non cambiare avversari.

Riflettendo sulla struttura narrativa e tralasciando i contenuti sociopolitici dell'evento preso in

esame, riteniamo che il testo dell'elezione del Governo Capodicasa rispecchi un particolare genere

massmediatico. I risultati dell'analisi, infatti, paiono richiamare il copione di un film d'azione.

Soffermiamoci su questo aspetto, prendendo come esempio xXx34, il film di Rob Cohen - che ha

come protagonisti Vin Diesel e Asia Argento - presentato appunto come uno degli action movie più

spettacolari degli ultimi anni. Il film, pur presentando più funzioni rispetto al testo inerente la crisi

all'Ars, offre delle importanti analogie, che possiamo osservare nel dettaglio:

− Antefatto: sia nel testo che abbiamo definito "il copione della nomina di Capodicasa", che in

xXx la scena iniziale è costituita dalla rottura di una situazione di equilibrio. Da un lato un

omicidio, dall'altro il disimpegno dell'Udr che causa il ribaltone. Da qui, una situazione di

tensione. E' il momento in cui compaiono i primi personaggi: Samuel L. Jackson (dirigente del

NSA, ente nazionale per la sicurezza) e Massimo Grillo (segretario regionale dell'Udr), pronti a

reclutare un eroe per ripristinare l'equilibrio iniziale.

− La guerra comincia: si delineano gli schieramenti: il governo degli Stati Uniti contro una

banda formata da ex soldati sovietici; centrodestra contrapposto al centrosinistra. Durante lo

svolgimento della trama, tuttavia, emergerà anche quel secondo livello di scontro -

terreno/divino - del quale abbiamo parlato: in xXx il bene si contrappone al male, nel "copione

della nomina di Capodicasa" la crisi regionale appare un evento importante per mantenere gli

equilibri politici nazionali. Si studiano strategie e, come in un gioco d'azzardo, si mettono in atto

le prime mosse per smascherare gli avversari. All'interno delle forze contendenti, però, non c'è

piena unità d'intenti.

− La comparsa dell'eroe: la "salvezza" viene affidata a un "insospettabile". La NSA sceglie Vin

Diesel, il quale non è un poliziotto, ma proprio per questo motivo può infiltrarsi meglio tra gli

avversari. All'Ars, invece, viene candidato un Ds, partito rimasto estraneo alla contesa tra l'Udr

e il Polo e, inoltre, partito che fino a quel momento non ha mai espresso un presidente della

Regione. Anche nella rappresentazione iconografica sono due eroi popolari, che fanno effetto

proprio perché paiono scardinare gli stereotipi comuni agli spettatori: il non-poliziotto, pieno di

tatuaggi e sostenitore del "libero pensiero in libero Stato", e il non-presidente, da sempre sui

34 Usa-Repubblica Ceca, 2002, Columbia Tristar. Distribuito nei cinema italiani a partire dal 31/10/02.

50

banchi dell'opposizione e ritratto in tenuta da calcio piuttosto che in giacca e cravatta, in Africa

con un regista invece che a Roma in compagnia di un leader del centrosinistra. In questa fase,

appaiono chiari i contrasti interni agli schieramenti: Vin Diesel non sempre esegue gli ordini

governativi, mentre tra i criminali della banda si annidano delle spie; i Ds non trovano subito il

pieno consenso della coalizione e il Polo sembra disgregarsi.

− La negoziazione prima del conflitto: si cerca di trattare la resa, per evitare lo scontro finale. E',

in realtà, una finta negoziazione, visto che i Ds, così come Vin Diesel, sanno che sono in

vantaggio e non conviene loro lasciare ulteriori spazi di manovra agli avversari.

− Il primo scontro: si arriva ad un primo, atteso conflitto, il cui esito sembra scontato. L'eroe,

infatti, trionfa battendo facilmente gli avversari. Vin Diesel distrugge la fortezza nemica, con

l'aiuto di un piccolo esercito, mentre Capodicasa raggiunge il quorum e viene nominato

presidente. I vincitori si ricompattano e lo spettatore sembra essere guidato verso il lieto fine che

segnerà la fine del conflitto e il ripristino della normalità: Vin Diesel sembra pronto a tornare

negli Stati Uniti portandosi appresso Asia Argento, il nuovo Governo regionale appare pronto

per mettersi a lavoro.

− La battaglia finale: improvvisamente, però, l'ultimo "colpo di scena": i criminali, seppur in fin

di vita, sono riusciti a lanciare un ordigno che distruggerà il mondo; Capodicasa deve superare

l'imboscata dei franchi tiratori per ottenere l'elezione della nuova Giunta. L'eroe, a questo punto,

da l'impressione di non farcela e di morire: Vin Diesel rimane sott'acqua nei pressi del ponte S.

Carlo a Praga, e viene compianto da Asia Argento che assiste alla scena dalla riva; Capodicasa

sembra sul punto di rassegnare le dimissioni. Poi, però, ricompare la luce: Vin Diesel riemerge,

mentre l'alba segna la sconfitta dei franchi tiratori all'Ars.

− Il trionfo dell'eroe: l'ultima inquadratura è dedicata ad una situazione di pace: Vin Diesel e

Asia Argento amoreggiano in un'isola tropicale, Capodicasa può godersi il primo giorno da

presidente. Ma, si tratta di un finale cliffhanger, ovvero di un ponte che preannuncia una nuova

avventura. Così, la NSA richiama in missione Vin Diesel, distogliendolo dal suo flirt, mentre

Capodicasa dovrà affrontare una legislatura alla guida di un "governo nato male".

CONCLUSIONI

Rifacendoci alla comparazione con la ricerca inerente le elezioni amministrative siciliane (Carzo,

2001), possiamo ipotizzare che le modalità dell'elezione hanno finito con l'orientare la linea della

rappresentazione mediatica. Nel caso delle amministrative, evidentemente, i quotidiani presi in

esame si sono 'auto-investiti' del ruolo di protagonisti della campagna. Lo scontro e il confronto - in

nome dell'imparzialità - sono stati surrogati da un piatto monologo, i cui contenuti, più che sui reali

51

problemi del territorio, apparivano incentrati su tematiche politiche di ampio respiro e sui

'movimenti' dei leader nazionali.

Evidentemente, nel momento in cui, invece, l'Opinione pubblica ha finito con il perdere qualsiasi

ruolo attivo nell'ambito della consultazione - vista la modalità della nomina di Capodicasa - gli

stessi mass media, sgravati da ogni responsabilità diretta, hanno 'alzato i toni', creando una

narrazione appassionante, cercando continuamente di 'mettere a nudo' gli attori politici, senza però

rinunciare a una posizione preminente nell'ambito del racconto. Sullo sfondo, in entrambi i casi, la

constatazione di un sistema giornalistico concepito secondo una logica nazionale, probabilmente

non perfettamente in grado di adattarsi ad altre dimensioni.

ALLEGATI

LA READERSHIP

di Giuseppe Intilla

41%

25%

20%

7%7%

Il Giornale di Sicilia La Sicilia

La Repubblica locale La Repubblica nazionale

Il Sole 24ore

Figura 1. Distribuzione degli articoli esaminati.

52

Giornale di

Sicilia

La Sicilia La

repubblica

locale

La

Repubblica

nazionale

Il Sole 24ore

Pagina 1

Pagina 2-5

Pagina 6-10

Pagina 11-oltre

Figura 2. Posizione articolo nella pagina - nel periodo considerato.

1. Composizione della readership.

Le tabelle da 1 a 6 presentano, in sintesi, alcune delle principali differenze tra il

pubblico di lettori dei quattro quotidiani secondo l’indagine Audipress sulla stampa

quotidiana e periodica italiana. I dati riportati sono calcolati sulla rilevazione del primo

semestre del 1999, e sono relativi ai lettori nel giorno medio delle testate più lette nella

regione Sicilia. Nelle tabelle sono riportati i dati delle testate scelte come oggetto della

nostra indagine.

Tab. 1. Lettori nel giorno medio: analisi per sesso

Analisi per sesso

Uomini Donne Totale adulti

Lettori nel giorno medio

Valore assoluto

Valore %

Valore assoluto

Valore %

Valore assoluto

Valore %

Il Giornale di Sicilia

348

66,7

173

33,3

521

100

La Sicilia

358

74 126

26 484

100

53

La Repubblica

100

69,4

44

30,6

144

100

Il Sole 24Ore

50

79,4

13

20,6

63

100

Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.

Tutti i quotidiani considerati presentano una composizione del proprio pubblico

fortemente sbilanciata sugli uomini, che rappresentano il 79,4% del totale per il Sole

24ore, la maggiore percentuale di donne, sempre sul totale dei lettori, è del Giornale di

Sicilia con il 33,3 % sul totale dei suoi lettori.

Per quanto riguarda le classi di età, i dati indicano che tutte le testate oggetto

d’indagine presentano una maggiore percentuale di lettori nel cluster che raggruppa le

fasce comprese tra i 25 e i 54 anni.

Sotto questo profilo non emergono differenze rilevanti tra i quotidiani esaminati.

Tab. 2. Lettori nel giorno medio: analisi per classe d’età.

Analisi per classe d’età

Lettori nel giorno medio

Il Giornale di

Sicilia

La Sicilia

La Repubblica

Il Sole 24Ore

valore assoluto

20 20 2 0

14-17 anni

valore % 3,8 4,1 1,4 0

valore assoluto

93 57 11 5

18-24 anni

valore % 17,9 11,8 7,6 8,1

valore assoluto

124 92 34 18

25-34 anni

valore % 23,8 19 23,6 29,1

valore assoluto

108 117 42 17

35-44 anni

valore % 20,8 24,2 29,2 27,4

45-54 anni

valore assoluto

86 83 28 17

54

valore %

16,5 17,1 19,5 27,4

valore assoluto

48 67 15 3

55-64 anni

valore % 9,2 13,8 10,4 4,8

valore assoluto

41 48 12 2

oltre i 64 anni

valore % 8 9,9 8,3 3,2

Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.

Le differenze tra le testate risultano tuttavia ben più marcate se dagli indicatori di

genere ed età si passa ad altre e più sensibili categorie: l’analisi per titolo di studio dei

lettori, per categoria socio-economica e socio-professionale.

Tra le differenze più significative nella readership delle tre testate, è da segnalare

l’alta incidenza dei laureati sul totale dei lettori di Repubblica. I due quotidiani

regionali, registrano, nella composizione del proprio pubblico la maggiore presenza di

titoli di studio sino alla licenza della scuola media inferiore; rispettivamente il 50% per

il Giornale di Sicilia e i 51,5% per il quotidiano La Sicilia.

Tab. 3. Lettori nel giorno medio: analisi per titolo di studio

Analisi per titolo di studio

Lettori nel giorno medio

Il Giornale di Sicilia

La Sicilia

La Repubblica

Il Sole 24Ore

valore assoluto

46 34 28 11

Laurea valore % 8,8 7 19,3 17,5

valore assoluto

214 201 82 44

Diploma valore % 41,2 41,5 56,6 69,8

55

valore assoluto

175 151 30 7

Licenza media

valore %

33,7 31,2 20,7 11,1

valore assoluto

73 85 3 1

Licenza elementare valore %

14 17,6 2,1 1,6

valore assoluto 12 13 2 0

Nessun titolo

valore % 2,3

2,7

1,3

0

Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.

L’area sociale d’insediamento dei quattro quotidiani registra differenze significative

anche quando l’indagine Audipress scompone l’universo dei lettori secondo la loro

appartenenza a classi socio-economiche risultanti dall’intreccio di indicatori relativi alla

disponibilità di reddito personale e familiare ed alla tipologia di consumi.

Le non marcate differenze fra i quotidiani per diffusione nella classe socio-

economica indicata come “media” non dovrebbero portare ad una sottovalutazione delle

altre e più rilevanti articolazioni nella composizione del pubblico: i due quotidiani

regionali risultano essere più diffusi tra le classi socio-economiche medio-inferiore ed

inferiore rispetto ai due quotidiani nazionali. Considerando la categorie classe sociale

“medio-inferiore”, è evidente lo scarto tra il 22,3% del pubblico del Giornale di Sicilia e

il 3,2% del pubblico del Sole 24Ore.

Tab. 4. Lettori nel giorno medio: analisi per classe socio-economica

Analisi per classe socio-economica

Lettori nel giorno medio

Il Giornale di Sicilia

La Sicilia

La Repubblica

Il Sole 24Ore

valore assoluto

6 6 0 2

Superiore valore %

1,1 1,2 0 3,2

56

valore assoluto 83 62 41 19

Medio

superiore valore % 16 12,8 28,3 30,1

valore assoluto 285 304 93 40

Media

valore % 54,8 62,7 64,1 63,5

valore assoluto 116 92 10 2

Medio inferiore valore %

22,3 19 6,9 3,2

valore assoluto

30 21 1 0

Inferiore valore % 5,7

4,3 0,7 0

Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.

Nell’indagine Audipress, la variabile “categoria socio-professionale” presenta come

la categoria precedente delle differenze tra le diverse testate.

Il Sole 24Ore presenta una percentuale maggiore del suo pubblico tra i ceti superiori

(questa categoria comprende imprenditori, liberi professionisti, dirigenti e possidenti).

La Repubblica e il Giornale di Sicilia condividono la leadership tra i ceti intellettuali

(docenti e studenti); mentre La Sicilia è il quotidiano più letto tra gli operai.

Tab. 5. Lettori nel giorno medio: analisi per classe socio-professionale

Analisi per categoria socio-professionale

Lettori nel giorno medio

Il Giornale di Sicilia

La Sicilia

La Repubblica

Il Sole 24Ore

valore assoluto 35 27 15 18

Ceti superiori valore %

7,4 6,1 11,1 30

valore assoluto 167 172 55 24

Ceti medi valore %

35,2 38,9 40,7 40

Agricoltori valore assoluto 0 0 0 0

57

valore % 0 0 0 0

valore assoluto 20 22 11 3

Docenti valore %

4,2 5 8,2 5

valore assoluto

73 45 14 7

Studenti valore %

15,4 10,2 10,4 11,7

valore assoluto

45 63 12 2 Operai

valore % 9,5 14,2 8,9 3,3

valore assoluto

5 6 0 0 Braccianti

valore % 1,1 1,4 0 0

valore assoluto 129 107 28 6

Pensionati valore %

27,2 24,2 20,7 10

Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.

Infine nella tabella 6, viene proposta una analisi del pubblico per ampiezza dei centri

abitati. La bassa percentuale riportata dal Giornale di Sicilia nella categoria che

considera i centri abitati tra i 100 mila e i 250 mila abitanti, è da considerare un fatto

contingente. Infatti appartengono a questa categoria le due città di Messina e Siracusa,

dove per tradizione culturale il quotidiano Catanese La Sicilia è più diffuso.

Tab. 6. Lettori nel giorno medio: analisi per ampiezza dei centri abitati

Analisi per ampiezza centri abitati

Lettori nel giorno medio

Il Giornale di Sicilia

La Sicilia

La Repubblica

Il Sole 24Ore

valore assoluto

110 80 26 5

Fino a 10 mila abitanti valore %

21,2 16,5 17,9 8,1

10-30 mila

valore assoluto 102 181 41 19

58

abitanti valore % 19,6 37,4 28,3 30,6

valore assoluto 98 103 18 9

30-100 mila abitanti valore % 18,9 21,3 12,4 14,5

valore assoluto 6 34 12 5

100-250 mila

abitanti valore %

1,1 7 8,3 8,1

valore assoluto

204 86 48 24

Oltre 250 mila abitanti valore % 39,2 17,8 33,1 38,7

Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.

L’analisi della composizione del pubblico di una testata si presenta dunque come un

elemento di sfondo nella comprensione dei meccanismi di elaborazione dei criteri di

notiziabilità e rilevanza adottati dalle redazioni, un elemento che sebbene non sia

esplicitamente posto alla base delle procedure redazionali, contribuisce tuttavia ad

orientare l’organizzazione del sapere di senso comune di cui i giornalisti sono interpreti.

NOTA METODOLOGICA E PROTOCOLLO DI RICERCA

di Cirus Rinaldi

1. La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui quotidiani locali

e nazionali

Il corpus considerato è composto da 150 articoli pubblicati tra il 1 e l’11 ottobre 2000

dai seguenti quotidiani locali e nazionali: Giornale di Sicilia, La Sicilia, la Repubblica

(edizione nazionale e locale), Il Sole 24-ore.

Con il termine articolo abbiamo inteso un unità d’analisi riferibile sia a testi di ampie

dimensioni che a quelli di ridotte dimensioni (colonne, trafiletti, editoriali).

Il corpus testuale analizzato è composto in percentuale come indicato nella figura 1:

59

34%

37%

17%

6%6%

Il Giornale di Sicilia La Sicilia

La Repubblica locale La Repubblica nazionale

Il Sole 24ore

Figura 1. Distribuzione degli articoli esaminati.

La ricerca si è concentrata principalmente su due aspetti del documento-notizia: “(a) il

processo, il contesto e la significatività del documento e (b) il modo in cui il documento

aiuta a definire la situazione e a chiarire il significato per il membro dell’audience”

(Altheide, 2000:20), confermando un approccio di tipo processuale e relazionale nello

studio dei vari testi. L’analisi utilizzata è di tipo testuale.

Nell’analisi del testo si è proceduto attraverso una griglia analitica (in allegato) che ci ha

permesso di descrivere le caratteristiche di ogni articolo: gli elementi distintivi del testo

in questione (innanzitutto la titolazione; il virgolettato presente); l’importanza spaziale

dell’articolo nella sua collocazione nel quotidiano, della sua posizione rispetto ai

quadranti della pagina e dello spazio occupato dall’articolo nella pagina.

Tali informazioni ci sono sembrate indispensabili per valutare la composizione della

pagina e della posizione dell’articolo nella pagina al fine di esplicitare le scelte

informative del giornale e di evidenziarne le cariche emotive (Murialdi, 1975).

Si è valutata altresì la presenza di commenti di tipo visuale, con l’obiettivo di

considerare non solo l’uso di immagini e foto, ma anche la presenza di testi schematici

o di grafici di informazione (infographics): con tali informazioni è stato possibile

valutare le relazioni tra testo ed immagini e i valori connotativi di queste ultime rispetto

ai temi trattati.

La griglia comprende anche una parte dedicata alla registrazione dei contenuti e delle

categorie sui quali verte la costruzione della rappresentazione giornalistica: la funzione

di questa sezione è l’individuazione di forme stereotipate di rappresentazione.

60

L’ultima sezione della griglia è relativa registro discorsivo prevalente con la possibilità

di esprimerne in gradi l’intensità. In tal modo è stato possibile prestare attenzione allo

stile lessicale35 (analisi parole scelte per descrivere i fenomeni) e alle figure retoriche

utilizzate (metafore; similitudine; ironia; eufemismi) nonché ai luoghi comuni.

Questa ultima sezione è funzionale all’analisi dei principali meccanismi discorsivi

implicati nella riproduzione di stereotipi: dai contenuti della produzione narrativa e

discorsiva alle modalità con cui i contenuti vengono utilizzati, attraverso l’esplicitazione

e la disamina di repertori interpretativi fondati su forme di conoscenza mediata

(generalizzazione, astrazione, decontestualizzazione).

In una seconda fase si è proceduto con la costruzione di una super-griglia che potesse

permetterci di sintetizzare, anche visivamente, le informazioni raccolte con la griglia.

Nella elaborazione della super-griglia per l’identificazione e l’elaborazione dei profili

abbiamo tenuto conto dei principali nodi tematici ed interpretativi emersi (temi o micro-

frames) e, ad un metalivello superiore, dei frames e dei processi di framing utilizzati dai

giornalisti (e per esteso dalle testate), intendendo con questi ultimi le cornici

interpretative entro cui prende corpo ed è focalizzato un determinato evento e pertanto

le modalità attraverso le quali verrà discusso ed individuato.

Rispetto ai temi (o mini-frames) si sono considerati lo spazio, il ruolo e la qualità della

rappresentazione dei principali attori coinvolti nella narrazione36 e nelle strutture

argomentative, in particolare:

a) manifestanti;

b) governo locale (politica locale);

c) governo nazionale (politica nazionale);

d) forze dell’ordine;

e) categorie produttive e professionali;

35“Espressioni abusate e inutili dal punto di vista dell’informatività (“a livello di”);Espressioni figurative logorate

dall’uso (“l’occhio del ciclone”; “cavalcando la tigre”); Espressioni inadeguate rispetto al contesto perché appartenenti ad ambiti discorsivi diversi (“pole position” – sport; “immaginario collettivo”- teorie psico-sociologiche); Slogan, che condensano ampie assunzioni ideologiche, banalizzandole (“Chiesa è bello”); Espressioni eccessivamente astratte (“tematiche di fondo”; “porre in essere”; “attivarsi”; “discriminare fra diversi contesti”); Espressioni che , oltre ad essere abusate, introducono un eccesso inutile di concretezza rispetto al contesto in cui si trovano (“zoccolo duro”; gatta da pelare”; “patata bollente”); Espressioni passe-partout (“discorso valido”); Eccessi di intensità (“delirante”; “assurdo”); Espressioni soggette a mode che en estendono troppo l’uso (“praticamente”; “territorio”; “degrado”)” Cfr Maria Pia Pozzato, “Dall’antilingua al linguaggio efficace”, in R.Grandi, La comunicazione pubblica. Teorie, casi, profili normativi, Carocci, Roma, 2001, pag.286. 36 Chi parla/Chi fanno parlare? E Come? (Vd van Dijk che parla di interfaccia cognitiva (Ideologies in political discorse on immigration, relazione presentata alla Conferenza internazionale, “New directions in comparative research on racism and xenophobia”, Utrecht, 23-25 aprile; ovvero le credenze, le conoscenze, gli obiettivi di colui che parla)/contesto oggettivo e contesto soggettivo

61

f) cittadini.

Attraverso la disamina dei frames, abbiamo cercato di ricostruire i parametri e le

modalità attraverso le quali, negli articoli, si è discusso e sviluppata la vicenda degli

autotrasportatori. Abbiamo individuato le seguenti dimensioni:

a) Argomento per discutere di problemi politici

b) Argomento per discutere di problemi economici

c) Problema sociale

d) Problema di ordine pubblico

e) Problema culturale

Attraverso tali procedure è stato possibile costruire dei profili e classificarli in base alla

tipologia binaria proposta da Landowski (1990), distinguendo tra forme oggettivanti di

narrativizzazione della quotidianità e forme soggettivanti che passano attraverso la

discorsivizzazione del mondo (Landowski, 1990: 226). Se nella prima tipologia

abbaimo compreso quei giornali caratterizzati da resocontività e registro cronachistico,

nel secondo gruppo abbiamo compreso quelli distinguibili per alta emotività,

drammatizzazione e narratività.

Anche i titoli sono stato oggetto della nostra analisi: essi infatti sono mezzi strategici di

anticipazione del contenuto (Spedicato, 2000). Di questi ultimi si sono considerate le

tecniche di costruzione, indicandone, ove rilevante, la grammatica corrispondente

(titolazione cronachistico-indicativa; titolazione drammatica-brillante; titolazione

informativa/emotiva; se descrivono la scena, il personaggio, il dialogo o il parlato).

Nell’analisi non abbiamo privilegiato singole parole quanto piuttosto i modelli

discorsivi associati alla rappresentazione della vicenda e, per metonimia, della Sicilia.

Infatti “[la rappresentazione è un segno, o un insieme organizzato di segni; […], si può

definire la rappresentazione come un’immagine “costruita” a partire da una selezione,

ricombinazione e anche simulazione di elementi della realtà in vista di uno scambio

comunicativo tra un enunciatore ed un enunciatario” (Giaccardi, 1994: 112).

Nell’individuazione dei temi pertinenti no ci siamo attenuti alla presentazione della

vicenda per se, questa infatti non implicitamente significativa, ma lo diventa nel

momento in cui l’azione che viene rappresentata è parte di una serie di azioni o uno

scenario (Altheide, 2000: 291).

Non abbiamo utilizzato un metodo deduttivo classico, considerando categorie pre-

costruite nell’analisi dei dati bensì un approccio di tipo induttivo (Fairclough, 1995),

62

che ci dato inoltre la possibilità di considerare le notizie come documenti etnografici

(Altheide, 2000b).

I documenti, i testi, che non sono semplici ‘agglomerati di fatti partecipano ai processi

vitali, e ogni parola in essi vibra con le intenzioni con le quali si origina” (Kracauer

citato in Larsen, 1995: 122)37.

2.1 La strage di Vittoria : ATLAS.TI e l’analisi relazionale dei testi

Per l’analisi del caso della strage di Vittoria si è proceduto attraverso un’analisi

relazionale degli articoli dei vari quotidiani con l’obiettivo di pervenire ad un resoconto

coerente degli ottantasette articoli, apparsi su cinque quotidiani nazionali e locali, nel

periodo che va dal 3 al 18 gennaio 1999.

L’analisi del materiale raccolto, ha seguito una metodologia qualitativa e si è avvalsa

dell’ausilio del software Atlas.ti, per la scelta e la gestione dei frammenti tratti dagli

articoli. Nello specifico, si è trattato di decostruire i testi, selezionando e

concettualizzando alcune citazioni, poi raggruppate in macro categorie. Il software ha

permesso inoltre di rintracciare la frequenza degli articoli assegnati per macro e sotto

categorie e di visualizzarne la mappa semantica.

Il metodo della ricerca è quanti-qualitativo, nel senso che si procederà inizialmente ad

una classificazione dei concetti: si tratta di una operazione intellettuale con cui i testi

vengono sottoposti a codifica individuando specifiche categorie e sottocategorie, queste

vengono dapprima elencate e poi vengono stabilite le procedure con cui ciascun caso

viene attribuito ad una categoria (conteggio); di seguito si procederà ad una operazione

di comprensione delle categorie dei partecipanti e vedere come queste vengono

ricondotte all’obiettivo generale della ricerca .

Il conteggio delle frequenze attraverso l’utilizzo di Atlas, non è avvenuto secondo un

approccio di contento analysis tradizionale, affidandosi cioè alla mera ricerca delle

parole del testo, ma ci si è riferito alle Keywords assegnate a ciascun frammento di testo

37 “Documents which are not simply agglomerations of fact participate in the process of living, and every word in them vibrates with the intentions in which they originate and simultaneously foreshadows the indefinite effects they may produce. Their content is no longer their content if it is detached from the texture of intimations and implications to which it belongs and taken literally; it exists only with and within this texture – a still fragmentary manifestation of life, which depends upon response to evolve its properties. Most communications are not so much fixed entities as ambivalent challenges. They challenge the reader or the analyst to absorb them and react to them. Only in approaching these wholes with his whole being will the analyst be able both to discover and determine their meaning – or oe of their meanings – and thus help them to fulfill themselves” (Kracauer, S. (1953), The challenge of qualitative content analysis, in Public Opinion Quarterly, 16(2): 631-642; la presente citazione è a pag. 641; citato in Larsen, 1995: 122).

63

selezionato dopo aver letto per intero la trascrizione, in modo tale che l’attenzione

dell’analisi sia rivolta a categorie di contenuto e non a singole parole.

L’analisi delle testi, come accennato all’inizio, si sostanzierà – attraverso l’uso del

software Atlas.ti 4.1 – in un’analisi processuale del documento (testo), attenta alle

relazioni di senso e alle categorie di contenuto piuttosto che alle singole parole, analisi

che per semplicità si può ridurre a due livelli principali: a) il primo di tipo testuale e b)

il secondo di tipo concettuale.

Il primo livello ci permette di segmentare e selezionare parti dei testi, cui poter

associare – per le specificità del software utilizzato – codici, annotazioni, commenti,

note, secondo le finalità e gli obiettivi della ricerca, proiettandola verso una prima

concettualizzazione.

Il secondo livello permette di raffinare ed elaborare le relazione esistenti tra i concetti

emersi nella fase testuale: attraverso l’uso di Atlas.ti è infatti possibile raccogliere e

scorrere elettronicamente i documenti scritti come se fossero figure, contrassegnando e

classificando le sezioni per recuperarle successivamente.

E’ possibile quindi creare dei diagrammi concettuali che mostrino i legami tra le idee

che emergono dai dati. Questi diagrammi sono a loro volta collegati con i casi, e questo

significa che si possono raccogliere molto velocemente le citazioni che illustrano le

affermazioni teoriche.

I network semantici così costituiti ed emersi durante le fasi di analisi e

concettualizzazione svolgono il duplice compito di rappresentare graficamente

informazioni complesse e di rendere conto delle strutture semantiche dei testi.

Queste ultime sono altresì scomponibili ed osservabili nelle loro dimensioni micro e

macro attraverso i metodi dell’analisi del discorso: se nel primo caso ci atterremo alla

struttura concettuale di senso di una frase (local semantic unity) considerandone la

coerenza strutturale e funzionale locale; nel secondo caso – che ci riguarda

maggiormente- attraverso l’analisi dell’unità semantica complessiva (overall semantic

unit alias il testo ) e della relazioni tra unità semantiche complessive si perverrà

all’individuazione delle macrostrutture del testo ossia delle macroregole di selezione,

astrazione e delle altre operazioni che riducono le informazioni complesse sino ai

themes / topics principali, che sintetizzano il testo e ne specificano le informazioni più

importanti.

Questa operazione di de-costruzione e ricostruzione relazionale del testo faciliterà

l’individuazione non solo della struttura tematica dei testi ma, soprattutto, dei loro

64

schemi informativi ossia dei discorsi e delle rappresentazioni sociali del fenomeno

mafioso di cui ogni settore disciplinare coinvolto nella ricerca è significativo produttore.

La metodologia utilizzata per portare a compimento il lavoro è principalmente la

Grounded Theory38.

La scelta di questa metodologia, è motivata dal fatto che il fenomeno oggetto di studio è

un “processo” che scaturisce da una serie di atti interattivi fra gli attori chiave del

sistema.

La dimensione processuale non potrebbe essere compresa attraverso il linguaggio delle

variabili e della statistica, perché la variabile statistica con i suoi caratteri di neutralità

ed oggettività non costituisce la base per un discorso metodologico complesso. Il suo

obiettivo principale non è però costituito dalla semplice descrizione del fenomeno

studiato, bensì dalla formulazione di proposizioni teoriche ad un livello di sempre

maggiore astrazione (Capecchi, 1996 in Cipolla e De Lillo; Strati, 1999). Il processo di

disvelamento di conoscenze nuove relative ai fenomeni è molto complesso e può essere

realizzato solo con:

• l’immersione dello studioso nel contesto in esame: egli non deve essere

distaccato, ma coinvolto nelle interrelazioni che gli attori sociali pongono in

essere;

• un’analisi approfondita;

• un continuo tentativo di comprensione del contesto con termini vicini a quelli

delle persone che vivono ed operano in tale contesto.

La teoria si costruisce dunque per via induttiva, sulla base qualitativa dei dati e delle

informazioni che emergono nel corso della ricerca empirica. L’analisi induttiva si è

avvalsa della procedura di codifica per categorie e sottocategorie che ha permesso la

individuazione di particolari proprietà e specifiche dimensioni.

Per concludere, il programma Atlas.ti ha permesso le attività di archiviazione,

organizzazione, recupero di grande mole di dati in formato testo nonché fornisce

operazioni più sofisticate di classificazione/categorizzazione, etichettamento e codifica

dei vari frammenti di testo. Esso ci ha permesso di considerare sei diversi livelli di

analisi all’interno di una cosiddetta Unità Ermeneutica (HU) (Muhr, 1997:8-9):

38 La formulazione della Grounded theory è avvenuta nel 1967 in seguito a riflessioni e dibattiti sui metodi di analisi qualitativa in sociologia realizzati da B. Glaser e A. Strauss. Questi ricercatori hanno proposto nuove strategie e procedure per la ricerca finalizzate alla scoperta, e quindi alla formulazione, di nuove teorie empiricamente fondate. Approccio metodologico fondato sul dato emerso dalla ricerca; Cfr. Glaser e Strass (1967).

65

• I documenti primari (primary documents): i testi sui quali verrà effettuata

l’analisi, nel nostro caso si tratta delle trascrizioni dei tre FG;

• le citazioni (quotations), frammenti e porzioni di testo considerate come

particolarmente rappresentative dal ricercatore;

• codici (codes): la cui funzione è quella di ‘etichettare’ ed inventariare,

concettualizzandole, le posizioni dei partecipanti e le interazioni all’interno del

gruppo;

• annotazioni (memos): emerse durante l’analisi, note prese sul campo;

• le famiglie (families): raggruppano ad un livello di astrazione superiore

citazioni, codici ed annotazioni;

• le reti semantiche (networks): permettono di creare diagrammi concettuali e di

rendere graficamente i legami tra quotations, codes, memos e families.

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