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il Ducato Quando in un incidente muoiono sette operai è lutto nazionale. Quando in una settimana muoiono sette lavoratori in sette differenti in- cidenti: è normale. Se all’acciaieria di Terni, in quindici anni, perdono la vita nove operai è perfino ordinario, scontato, banale. Un morto sul lavoro non è una notizia, non fi- nisce in pagina nei quotidiani nazionali, il tg non lo racconta. Le istituzioni ed i cittadini, di fronte alla piaga delle morti sul lavoro, assumono lo sguardo inebetito della mucca che guarda passare il treno. Un torpore che si rinnova di volta in vol- ta, di anno in anno. Si solleva di colpo un’artificiosa, apparente, svogliata indignazione pubblica solo quando si verificano delle vere e proprie stragi in un unico incidente. E’ il caso del rogo alla Thyssen di Torino dove persero la vita sette operai o del- l’esplosione nell’oleificio di Campello sul Cli- tunno che ha ucciso quattro lavoratori. Il giorno seguente a disastri simili, chi può spe- culare, specula e grida al mostro, incita il po- polo a prendere in mano i forconi; vorrebbe una caccia alle streghe, anzi “all’azienda as- sassina”. L’ipocrisia, quando non la demago- gia, invade il tubo catodico. Nessuno gridava prima della tragedia. E nessuno grida per gli oltre mille lavoratori che muoiono, indivi- dualmente, ogni anno. Ma la politica urlatrice (bipartisan) ripete lo stesso copione tutte le volte: urla e strepita per qualche giorno; poi si- lenzio fino alla prossima “morte di gruppo”. Però il giorno seguente alle stragi, spuntano, come funghi dopo un temporale, i decreti e i re- golamenti. Puntualmente si arriva ad un nuo- vo inasprimento delle pene per chi non rispet- ta o non fa rispettare le norme sulla sicurezza. In realtà si aggravano le pene per venire in- contro e placare l’improvvisa, anche se tiepida e temporanea, indignazione popolare; l’effet- to dissuasivo delle pene però non dipende dal- la loro severità, ma dalla probabilità che il rea- to venga scoperto e sanzionato in tempi brevi. Che oramai sia un problema abbandonato a se stesso a cui si guarda con rassegnazione ed in- differenza, lo si capisce anche da quanto siano rari i tentativi di comprendere ed analizzare, in modo non strumentale e propagandistico, il triste fenomeno delle morti sul lavoro. All’acciaieria ThyssenKrupp di Terni i control- li ci sono, le misure di prevenzione sono all’a- vanguardia e il protocollo sulla sicurezza fir- mato a gennaio 2008 è considerato un model- lo da seguire. La Thyssen, a Terni, non sembra quella “fabbrica di morte” dipinta dai media dopo il rogo di Torino. Sono gli stessi operai, buona parte di loro, a prendere le difese dell’a- zienda. Eppure dal 1995, cioè da quando la multinazionale tedesca è proprietaria del- l’Ast, ad oggi, nove operai hanno perso la vita lavorando. Perché?

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Page 1: il Ducato - ifg.uniurb.it · inebetito della mucca che guarda passare il treno. Un torpore che si rinnova di volta in vol- ... come funghi dopo un temporale, ... Due giorni prima

il Ducato

Quando in un incidente muoiono sette operaiè lutto nazionale. Quando in una settimanamuoiono sette lavoratori in sette differenti in-cidenti: è normale. Se all’acciaieria di Terni, inquindici anni, perdono la vita nove operai èperfino ordinario, scontato, banale. Un morto sul lavoro non è una notizia, non fi-nisce in pagina nei quotidiani nazionali, il tgnon lo racconta. Le istituzioni ed i cittadini, di fronte alla piagadelle morti sul lavoro, assumono lo sguardoinebetito della mucca che guarda passare iltreno. Un torpore che si rinnova di volta in vol-ta, di anno in anno. Si solleva di colpo un’artificiosa, apparente,svogliata indignazione pubblica solo quandosi verificano delle vere e proprie stragi in ununico incidente. E’ il caso del rogo alla Thyssendi Torino dove persero la vita sette operai o del-l’esplosione nell’oleificio di Campello sul Cli-tunno che ha ucciso quattro lavoratori.

Il giorno seguente a disastri simili, chi può spe-culare, specula e grida al mostro, incita il po-polo a prendere in mano i forconi; vorrebbeuna caccia alle streghe, anzi “all’azienda as-sassina”. L’ipocrisia, quando non la demago-gia, invade il tubo catodico. Nessuno gridavaprima della tragedia. E nessuno grida per glioltre mille lavoratori che muoiono, indivi-dualmente, ogni anno. Ma la politica urlatrice(bipartisan) ripete lo stesso copione tutte levolte: urla e strepita per qualche giorno; poi si-lenzio fino alla prossima “morte di gruppo”. Però il giorno seguente alle stragi, spuntano,come funghi dopo un temporale, i decreti e i re-golamenti. Puntualmente si arriva ad un nuo-vo inasprimento delle pene per chi non rispet-ta o non fa rispettare le norme sulla sicurezza.In realtà si aggravano le pene per venire in-contro e placare l’improvvisa, anche se tiepidae temporanea, indignazione popolare; l’effet-to dissuasivo delle pene però non dipende dal-

la loro severità, ma dalla probabilità che il rea-to venga scoperto e sanzionato in tempi brevi.Che oramai sia un problema abbandonato a sestesso a cui si guarda con rassegnazione ed in-differenza, lo si capisce anche da quanto sianorari i tentativi di comprendere ed analizzare,in modo non strumentale e propagandistico, iltriste fenomeno delle morti sul lavoro.All’acciaieria ThyssenKrupp di Terni i control-li ci sono, le misure di prevenzione sono all’a-vanguardia e il protocollo sulla sicurezza fir-mato a gennaio 2008 è considerato un model-lo da seguire. La Thyssen, a Terni, non sembraquella “fabbrica di morte” dipinta dai mediadopo il rogo di Torino. Sono gli stessi operai,buona parte di loro, a prendere le difese dell’a-zienda. Eppure dal 1995, cioè da quando lamultinazionale tedesca è proprietaria del-l’Ast, ad oggi, nove operai hanno perso la vitalavorando. Perché?

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DOSSIER

In una partita di calcetto ave-va battuto la testa contro ilpalo. Era andato in coma,ma si era ripreso. Rientrato a

lavoro, Diego Bianchina, 31en-ne operaio dell’acciaieriaThyssenKrupp di Terni, era statotrasferito dal reparto Acciaieria,al reparto Impianti ecologici. Ilprimo dicembre 2008 gli era sta-to assegnato il compito di trasfe-rire acido cloridrico in una ci-sterna. Il contenitore però nonera vuoto come sarebbe dovutoessere; sul fondo c’era una pic-cola quantità di Insol, una solu-zione composta anche da sodiosolfidrato. L’acido cloridrico e ilsodio solfidrato, mischiati, han-no generato idrogeno solforato,un composto letale se inalato. Lanube di vapori acidi che si è ge-nerata ha ucciso Diego. “Una morte assurda”. Il segreta-rio provinciale di Terni di Fim-Cisl, Celestino Tasso, spiega che“quel lavoro di solito era esegui-to con un’autobotte. Invece quelgiorno l’autobotte era impegna-ta per sbloccare una fogna del-l’Ast. Così è stato chiesto a Bian-china di trasportare l’acido conla cisterna”. A giudizio del coordinatore delNucleo operativo integrato, An-drea Corpetti, “è stato un lavoroeseguito in modo superficiale.Era un’operazione che solita-mente eseguiva una ditta terzaspecializzata. Se fossero stateeseguite tutte le procedure chela ditta normalmente effettuava,probabilmente l’incidente nonsarebbe accaduto. In ogni casocon un maggiore coordinamen-to si sarebbe potuto evitare quel-lo che è successo. Un coordina-

mento che è mancato nelle variefasi intermedie tra il prendere latanica e il riempirla. In questocaso infatti non si è trattato diun’anomalia di un impianto o diun mancato uso di dispositivi diprotezione individuale: si pen-sava che quella tanica fosse vuo-ta, invece non lo era”.Anche per Marco Bartoli, sinda-calista Cobas, è la mancanza dicoordinamento ed organizza-zione ad aver ucciso Diego Bian-china. Questa carenza, per lui, èda imputare al fatto che “chi lo hacomandato non era informato,perché, qui, i posti di comandosono occupati da persone racco-mandate dal sindacato o dal par-tito. Rarissime volte le personevengono collocate in posti di ge-stione in virtù della professiona-lità acquisita sul campo; nellamaggior parte dei casi sono rac-comandati. Ed ai raccomandaticapita spesso di ritrovarsi a ge-stire cose che non conoscono;poi a rimetterci è chi lavora”. Un maggiore coordinamentoavrebbe scongiurato anche glialtri otto incidenti mortali avve-nuti nelle acciaierie di Terni inquindici anni di gestioneThyssen? Il filo conduttore cheha legato la morte di 9 operaisembra essere stata la superfi-cialità di chi ha comandato e, inqualche caso, di chi ha eseguito.Oggi, forse, Silvano Marzolinisarebbe prossimo alla pensionese quel 20 ottobre 1999 avessedovuto seguire disposizioni si-cure, rigide e scrupolose. Quelgiorno, come sempre, stava la-vorando nella zona di affinazio-ne dell'acciaio inossidabile, al-l'altezza dell'impianto ''forno

Alle 9 Umberto si trovava vicinoal braccio meccanico di un esca-vatore. L’operatore del mezzo, invista della colazione al sacco, harichiuso il braccio meccanico.Ma nel farlo non si è accorto delcollega e lo ha colpito con il cuc-chiaio, la parte finale dell’esca-vatore. Umberto è stato subitotrasportato in ospedale, operatod’urgenza e ricoverato in riani-mazione. Dopo 6 ore è morto.Spina spiega che “è stata una dis-grazia, un errore di manovra del-l’operatore dell’escavatore. Sitratta di un operaio che fa questolavoro da molto tempo, esperto.Noi lavoriamo in Ast da 13 anni equesto è stato l’unico grave inci-dente che ci ha coinvolti, non-ostante tredici anni fa la sicurez-za fosse 100 volte inferiore. Do-po questa morte abbiamo presoatto che è necessaria una mag-giore attenzione per chi lavoravicino a mezzi ed automezzi”.La morte di Aloe è stata causatada un errore umano. Ma la mag-giore attenzione, ed accorgi-menti specifici per chi lavora in-torno ai mezzi potevano esseredisposti almeno 12 anni prima,dopo che Massimo Cascioli ave-va perso la vita in un modo similea quello di Umberto. Massimo,un elettricista 46enne di San Ge-mini, era uno dei circa 1.000 di-pendenti che lavoravano nel re-parto “produzione acciai magne-tici”, settore che è stato chiuso tramille polemiche e proteste nel2005. Due giorni prima di Nataledel 1995 era di secondo turno. Al-le 19,10 stava transitando vicinoad un carrello elevatore “a per-no”. L’operaio che manovrava ilmezzo non lo ha visto e durante

il deposito di un rotolo d’acciaio,lo ha travolto. Cascioli è mortosul colpo.La sicurezza all’Ast è una realtàin continua evoluzione, cometestimoniano sindacalisti edoperai. Un’evoluzione peròtroppo lenta per prevedere ilcomportamento rischioso che ècostato la vita ad un operaio. So-lo dopo l’incidente mortale diRoberto Tittarelli è stata infattiintrodotta una particolare mi-sura salvavita. Roberto era un di-pendente della società Rimai,una ditta di carpenteria metalli-ca che esegue lavori in appaltoper l’Ast dal 1987. Il 20 gennaio1997 Roberto aveva 28 anni edinsieme ad un altro giovane col-lega stava eseguendo lavori dimanutenzione meccanica nelreparto laminatoio a caldo, nellazona di evacuazione rotoli. Co-me racconta il titolare della Ri-mai, Illuminati: “Tittarelli ed ilsuo collega avevano riparato unmacchinario che era stato spen-to per la manutenzione. Per veri-ficare il corretto funzionamen-to, la macchina è stata azionata eRoberto ha scavalcato la balau-stra di protezione per vedere dasotto se tutto funzionava perfet-tamente. Purtroppo non si è ac-corto di una staffa in movimen-to che lo ha preso in pieno. E’ sta-to subito soccorso; era coscien-te. Sentiva dolore, respirava a fa-tica ma non aveva ferite e non hamai perso i sensi. E’ stato opera-to in ospedale ma purtropponon c’è stato niente da fare, èmorto per un’emorragia inter-na. Il giovane collega che lavora-va con lui si è subito licenziatoper la paura. Dopo questa scia-

gura è stato vietato l’accesso almacchinario e se si apre il can-cello c’è un meccanismo di sicu-rezza che arresta l’impianto”.Illuminati spiega che questo èl’unico grave incidente che siacapitato ai dipendenti della Ri-mai. Ma sottolinea anche che èdifficile fare formazione ed evi-tare incidenti, nonostante ci sia-no “molti controlli in Thyssen,passano in continuazione.Adesso – conclude Illuminati -ogni volta che passo davanti aquel macchinario, non so nem-meno spiegare cosa provo; sonocose che ti cambiano la vita. Pe-rò, purtroppo sono lavori peri-colosi, un errore non ti perdona.Per questo penso succederannosempre”.Purtroppo l’errore non ha perdo-nato Fabrizio Palone, morto lamattina del 29 luglio 1995. Aveva20 anni e lavorava al Centro servi-zi per l’inossidabile, nella lineaSlitter 2 in cui vengono arrotolatele bobine di acciaio. Il segretarioprovinciale di Terni di Fim-Cisl,Celestino Tasso, spiega che Fabri-zio “aveva finito di incartare unrotolo di acciaio. Quel lavoro vafatto in due: uno incarta, l’altroblocca e fa ripartire il meccani-smo su cui scorre il rotolo. Paloneha cercato di fare da solo, unavolta terminato di incartare il ro-tolo si è sporto per mettere inmovimento il meccanismo, poinon ha fatto in tempo a spostarsi.E’ rimasto incastrato tra la bobi-na d’acciaio ed il meccanismo”.Fabrizio è stato subito soccorsodai compagni di lavoro, ma iltrauma alla testa era troppo gra-ve: è morto in ambulanza.

La strage del 2007Nella notte fra il 5 e il 6 dicembre 2007, nella linea 5 dello stabilimento di Torino, sette operai ven-gono investiti da una fuoriuscita di olio bollente in pressione che prende fuoco. Antonio Schiavoneè la prima vittima. Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò,Giuseppe Demasi moriranno nel giro di un mese, mentre un altro operaio, Antonio Boccuzzi, resteràferito in maniera non grave.Si scatenano le polemiche e le accuse contro l’azienda. Alcuni dei lavoratori coinvolti nell'incidentestavano infatti lavorando da 12 ore, avendo accumulato 4 ore di straordinario. Secondo le testimo-nianze di alcuni operai, i sistemi di sicurezza non hanno funzionato (estintori scarichi, idranti mal-funzionanti, mancanza di personale specializzato). L'azienda si è difesa smentendo che all'originedell'incendio vi sia una violazione degli standard di sicurezza.Nell'ambito dell'inchiesta seguita all'incidente, la Guardia di Finanza ha sequestrato all'amministra-tore delegato della Thyssenkrupp Italiana, Harald Espenhahn, un documento dove si afferma cheAntonio Boccuzzi, l'unico testimone sopravvissuto e ora deputato Pd, “va fermato con azioni legali”,poichè sostiene in televisione accuse pesanti contro la multinazionale. Il documento attribuisce lacolpa dell'incendio ai sette operai, che si erano distratti.Per l'amministratore delegato è stata formulata l'ipotesi di reato di omicidio volontario con doloeventuale e incendio doloso, mentre altri cinque dirigenti sono accusati di omicidio colposo edincendio doloso; dovranno rispondere anche di omissione dolosa dei sistemi antinfortunistici.L’azienda è stata rinviata a giudizio come persona giuridica.

IL ROGO DI TORINOViale Brin e alcuni stabilimentivisti dall’alto. Sullo sfondo lacittà di Terni.A destra un mazzo di fiorilasciato di fronte ad un’entratadell’acciaieria dopo il rogo diTorino dove persero la vitasette operai

L’acciaieria di Terni, dal 1884 ad oggiIl 10 marzo 1884 viene costituita la “Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni” (SAFFAT). Lo stabilimento sorge suun’area di 200.000 metri quadrati a Sud Est della città. La prima grande acciaieria italiana entra in funzione nel 1886. Nel1910 gli impianti dello stabilimento vengono rinnovati, questo rende la SAFFAT la più moderna fabbrica di armamenti esisten-te in Italia. Dopo altri ampliamenti, nel 1922 la Società assume il nome di “Terni- Società per l’Industria e l’Elettricità”; iniziala conversione a produzioni commerciali e l’ingresso nel settore idroelettrico. Nel periodo fascista l’azienda si caratterizzacome “fabbrica totale”, controlla il tempo libero dei suoi dipendenti attraverso la creazione di attività dopolavoristiche e diassistenza. Dopo la crisi del 1929, la Terni, nel Febbraio del 1933 entra a far parte dell’IRI e nel 1937 della FINSIDER. La Seconda Guerra Mondiale determina la distruzione di gran parte degli impianti e danni ingenti alle centrali idroelettriche.La ricostruzione viene completata nel 1948. Nel dopoguerra vengono definitivamente abbandonate le produzioni belliche spe-ciali. Dal 1964, con la nazionalizzazione del settore elettrico e la nascita dell’ENI, la Società si specializza nella produzione diacciai speciali. Tra il 1970 e il 1974, la Terni è impiegata in un vasto programma di rinnovamento impiantistico e capacitàproduttiva, ma la crisi mondiale in corso porta tutta la siderurgia italiana sull’orlo del collasso finanziario. Per evitare ciò il 27ottobre 1981 il Governo approva un piano per il risanamento della siderurgia IRI. Il 31 dicembre 1988 l’ILVA si sostituiscealla FINSIDER e Terni si specializza ulteriormente nel settore Laminati Speciali. Negli anni novanta una nuova crisi siderurgicamondiale impone nuove ristrutturazioni. Con la scissione dell’ILVA del 1995 nasce l’AST (Acciai Speciali Terni). Nel dicembredello stesso anno viene definito l’acquisto dell’AST da parte della KAI Italia, società a capitale misto italo-tedesco (Falk,Agarini, Riva e Krupp). In seguito all’uscita, prima di Falk e Riva e successivamente di Agarini, la ThyssenKrupp è rimastaunico azionista.

LA STORIA

MauroMarzi

(29-01-1995 - 27 anni)Quella notte il compito di MauroMarzi e Mauro L. era pulire ilforno fusorio 5, un lavoro di rou-tine. Alle 3,30 però un pesanteasse collegato ad un carropontesi è sganciato ed ha travolto idue operai. Mauro L., rimastoferito, ha raccontato di aver visto“la trave che cadeva e poi solotanto sangue”, quello del collega:Mauro Marzi ha avuto la peggioed è morto sul colpo.

LEVITTIME

dal ‘95 ad oggi

Così si muore nel regno dell’acciaio e del fuocoIn quindici anni, da quando la multinazionale tedesca ThyssenKrupp è unico azionista dell’acciaieria di Terni, nove operai hanno perso la vita lavorando

siviera''. La siviera è un grandecontenitore nel quale viene tra-sportato l'acciaio fuso, collocatasopra un carrello che esce all'e-sterno del reparto su binari pro-tetti da pareti alte due metri. Al-le 10,40 il carrello con la siviera siè bloccato; Marzolini ha cercatodi spingerlo fuori agganciando-vi dietro un altro carrello. Maproprio questo secondo carrelloin movimento lo ha schiacciatoalla parete protettiva. Silvano èmorto il giorno dopo in ospeda-le. La distrazione è alla base di mol-ti incidenti sul lavoro. A volte,però, sarebbe possibile metter-la in conto, prevederla, e preve-nirne le conseguenze con con-tromisure. La morte di UmbertoAloe lo dimostra. Il 13 aprile 2008alle nove di mattina, come tuttigli altri giorni, gli operai dellaMisp Automation stavano perandare in pausa per la colazione.Dalle 7 in punto erano al lavoronel reparto di lavorazione a fred-do dell’acciaieria. Da pochi gior-ni avevano iniziato la realizza-zione di un tunnel di sicurezzache, in caso di pericolo, avrebbepermesso la fuga dal capannoneai lavoratori della linea Pix. Tra icirca 20 operai che stavano rea-lizzando l’opera c’era anche Um-berto, 59enne originario di Na-poli. Lavorava da un anno con laMisp, ditta multi servizi di Stron-cone. L’ingegner Cristian Spina,titolare dell’azienda, ricorda che“aveva espresso la volontà di la-vorare con noi per mantenere lasua famiglia. Ed infatti parlavasempre dei suoi figli; delle trefemmine e del figlio maschio percui stravedeva”.

FabrizioPalone

(29-07-1995 - 20 anni)Fabrizio lavorava al Centro servi-zi per l’inossidabile, nella lineaSlitter 2, dove vengono incartati irotoli d’acciaio. Un’operazioneche richiede due operai: unoincarta, l’altro comanda il carrel-lo sui cui i rotoli vengono fattiscorrere. Quella mattina Fabriziolavorava da solo; finito di incarta-re il rotolo, ha azionato il carrelloma non ha fatto in tempo a spo-starsi. E’ morto in ambulanza.

MassimoCascioli

(23-12-1995 - 46 anni)Massimo era un elettricista resi-dente a San Gemini. Lavoravanel reparto “Magnetico”. Alle19,10 un operaio, per posiziona-re un rotolo d’acciaio, stavamanovrando un carrello elevato-re. Massimo si trovava vicino almezzo, ma il collega non lo havisto. Cascioli è stato colpitodalla parte finale del carrello. Isoccorsi sono stati inutili,Massimo è morto per il trauma.

PaoloMorelli

(17-04-1998 - 44 anni)Paolo lavorava nel reparto Trenoa freddo. La linea era ferma perpermettere la manutenzione.Morelli si trovava vicino al mec-canismo Aspo ed aveva alle spalleun avviluppatore che serve performare i rotoli di acciaio.All’improvviso l'avviluppatore siè messo in movimento e lo haschiacciato contro il meccanismofermo. Morelli è stato soccorsoma è morto in ospedale.

RobertoTittarelli

(20-01-1997 - 28 anni)Roberto era un operaio dellaRimai, ditta in appalto all’Ast.Insieme ad un altro giovane col-lega, aveva terminato la ripara-zione di un macchinario. Perverificarne il funzionamento, hascavalcato la protezione e si èposizionato sotto l’impianto. Lì èstato colpito da una staffa.Subitosoccorso, è rimasto coscientefino all’arrivo in ospedale dove èmorto dopo un’operazione.

SilvanoMarzolini

(20-10-1999 - 44 anni)Silvano stava lavorando all'altezzadell'impianto ''forno siviera’’. Lasiviera è un contenitore nel qualeviene trasportato l'acciaio fuso,collocata sopra un carrello cheesce all'esterno del reparto. Quelgiorno il carrello si è bloccato;Marzolini ha cercato di sbloccarloagganciaciandolo ad un altro car-rello, ma è rimasto schiacciatodalla seconda piattaforma. E’morto il giorno dopo in ospedale.

MauroZannori

(07-08-2007 - 51 anni)Alle 10,40, Mauro ed i suoi colle-ghi della Imb, che in Ast ha unostabilimento in gestione, stavanoassemblando il carro manovrato-re di una pressa da 12.000 tonnel-late. Una lamiera d’acciaio da 5quintali, che era poggiata a terrain verticale, è caduta. Zannorinon è riuscito a fuggire; è rimastoschiacciato, immobilizzato dal-l’addome in giù. Liberato dai col-leghi, Mauro è morto in ospedale.

UmbertoAloe

(14-04-2008 - 59 anni)Gli operai della Misp erano allavoro nel reparto di lavorazionea freddo dell’acciaieria; stavanorealizzando un tunnel di sicurez-za. Intorno alle 9 di mattinaUmberto si trovava vicino al brac-cio meccanico di un escavatore.L’operatore del mezzo, non havisto il collega ed ha chiuso ilbraccio meccanico, colpendoAloe. Umberto è stato operato inospedale, ma è morto dopo 6 ore.

DiegoBianchina(01-12-2009 - 31 anni)

A Diego era stato chiesto di trasfe-rire l’acido cloridrico in unacisterna. La tanica però non eravuota: sul fondo c’era una piccolaquantità di Insol, una soluzionecomposta anche da sodio solfi-drato. Il sodio solfidrato e l’acidocloridrico hanno fatto reazionegenerando idrogeno solforato conil rilascio di vapori acidi. La nubetossica che si è generata ha inve-stito Diego, uccidendolo.

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DOSSIER

“L’obbiettivo è zero infortuni” Fim: “Sicurezza, un fatto culturale”. Fiom: “L’impianto c’è”. Dure critiche solo da Cobas

Il responsabile della sicurezza dell’Ast: “Per la Thyssen la prevenzione riveste un’importanza primaria”

Tra l’ora di italiano e quelladi matematica, nell’orarioscolastico è comparsa an-

che l’ora di sicurezza sul lavoro.La campagna “Anmil nelle scuo-le”, nel mese di febbraio, ha coin-volto circa 1.200 studenti dellescuole medie di Terni. “Lo scopodell’iniziativa, giunta alla sua se-conda edizione - spiega Giovan-ni Baccarelli, presidente dell'As-sociazione nazionale mutilati einvalidi del lavoro di Terni - è dipromuovere la cultura della si-curezza intesa come acquisizio-ne della capacità di percepire i ri-schi e di adottare e favorire com-portamenti sicuri sul lavoro”.Baccarelli è soddisfatto dell’esi-to di questa seconda edizione:“Abbiamo riscosso molto inte-resse da parte dei ragazzi. Gli stu-

denti rimangono colpiti soprat-tutto dai filmati che documenta-no cadute ed indicenti e dalle te-stimonianze dirette di infortu-nati sul lavoro. Oltre che dal rac-conto del la dinamicadell'incidente, rimangono col-piti soprattutto dai risvolti psico-logici e familiari che l'incidenteporta con sé, in particolarequando entra in gioco la disabili-tà permanente e la difficoltà diun reinserimento sociale e lavo-rativo”.Lo stesso Baccarelli ha subìto ungrave infortunio all’Ast: “Lavora-vo all’acciaieria da 20 anni quan-do un giorno del 1966 ho perso lamano, rimasta schiacciata sottoa dei rulli, nel reparto “Magneti-co”. Poi dopo il mio incidente èstato messo in sicurezza, sonostati messi dei ripari e le mani inquel punto non ci si mettevanopiù. Nel ’66 la sicurezza latitava,oggi sono stati fatti passi da gi-gante, ma non basta ancora. Cisono ancora delle carenze. Inogni caso l’operaio deve metter-ci attenzione. Ed è importanteimpararlo prima, fin dalla scuo-la, dove si insegnano anche tan-te stupidaggini; credo sia impor-tante si insegni anche il metododi lavoro e la prevenzione”.

ANMIL nelle scuole

La cautelasi impara

sui banchi

“Questa fabbricanon ha segreti.Chiunque a Terniha almeno un

amico o un parente che lavoraqui dentro e sa che c’è grandeattenzione sulla sicurezza ”. Ilresponsabile di AmbienteEcologia e Sicurezza dellaThyssenKrupp Acciai SpecialiTerni, Fernando Camponi,spiega che la politica azienda-le ha come obbiettivo ‘zero in-fortuni’, perché “quando siparla della salute delle perso-ne, l’unico obbiettivo accetta-bile può essere zero incidenti.Questa è un’azienda tedescain tutti i sensi; ci sono dei proe dei contro. L’aspetto che puòrisultare negativo, è che dob-biamo lavorare seguendo re-gole rigide. In compenso,l’importanza che viene dataalla sicurezza è primaria, cisono linee guida rigorose,un’attenzione notevole e unsistema di reportistica moltoavanzato. I numeri dell’anda-mento dell’indice frequenzainfortuni dimostrano l’impe-gno dell’azienda”. Un impegno che viene rico-nosciuto dal segretario pro-vinciale di Terni di Fim-Cisl,Celestino Tasso: “Sulla sicu-rezza, l’azienda non ha mai le-sinato un euro”, e dal segreta-rio generale di Fiom-Cgil diTerni, Attilio Romanelli: “C’èuna costante azione di forma-zione. Con il protocollo firma-

Guerra ad alcol e drogaDal 7 dicembre 2009, per i dipendenti dell’Ast che svol-gono mansioni a rischio, sono scattate le disposizionipreviste dal decreto legislativo 81 che vietano l'assunzio-ne di alcolici e sostanze stupefacenti sul luogo di lavoro,ed introducono controlli tossicologici e alcolimetrici. Ad essere interessati dal provvedimento sono carrellisti,carropontisti e addetti alle conduzioni di centraline elettri-che e di generatori di vapore.In caso di positività, il lavoratore, se non chiede entro 10giorni la ripetizione del test, viene temporaneamentesospeso per inidoneità ed inviato al Sert al fine di accer-tare la tossicodipendenza. Se risulterà tossicodipendenteverrà sospeso dalla mansione a rischio e comincerà unpercorso riabilitativo della durata di 6 mesi. Al terminedei sei mesi, se la riabilitazione andrà a buon fine, sarànuovamente idoneo alla mansione. In caso contrario,sarà definitivamente esonerato dalla mansione e rischie-rà il licenziamento.

I CONTROLLI

Pochi operai rilevano insicurezze e pericoli. Gran parte di loro elogia l’azienda“Lavoriamo in sicurezza”“Siamo una socie-

tà monocultu-rale, in cui lacultura si ridu-

ce ai valori mercantili e allapassione per il consumo”.Osservando gli operai cheaffluiscono alle acciaierieper iniziare il loro turno dilavoro, vengono in mentele parole di Alain de Be-noist. Molte tute blu arriva-no in auto tutt’altro cheeconomiche, indossanoscarpe griffate e occhiali dimoda. La maggior parte di loronon vuole parlare con igiornalisti. In ogni casonon vogliono che il loro no-me compaia. Roberto è unodi loro, ha una quarantinad’anni e accetta le doman-de a patto di non dover rife-rire il cognome. Raccontache è da circa vent’anni chelavora in acciaieria. Per lui ilivelli di sicurezza sono si-curamente cresciuti negliultimi periodi. Ma quello dicui gli preme parlare è delclima che si respira all’Ast:“Ormai ognuno si fa gli af-fari propri. Quale classeoperaia? Qui se hai un pro-blema o vuoi essere sposta-to in un reparto che ti piacedi più, vai dal sindacalistache conosci. I sindacati og-gi fanno questo: smistanole persone come i postinismistano i pacchi. E per glioperai l’importante è pren-dere i soldi a fine mese perandare a ballare e fare i fighiin centro. Prima c’era piùpartecipazione alle assem-blee, si discuteva. Oggi leassemblee sono deserte, e anessuno frega niente diquello che succede”. E’ finita l’epoca delle gran-di battaglie sindacali, dellemanifestazioni e delleideologie in fabbrica. E so-

no pochi quelli che ne sen-tono la mancanza. Gli ope-rai si muovono individual-mente, attraverso le cono-scenze personali, per risol-vere i propri problemi. “Sista meglio oggi. Le batta-glie sono finite perché laguerra è stata vinta o per lomeno è finita in pareggio.Non andrà tutto benissimoma ora c’è più benessere emeno fatica, altro che as-semblee”. E’ questa la spie-gazione di un altro operaio,con i capelli bianchi, che vadi fretta.In realtà di teste brizzolatese ne vedono poche all’in-gresso dell’Ast. Nel 2002una legge ha consentito ilpensionamento anticipatoa quei lavoratori che eranostati esposti all’amianto.Questo ha comportato unafuoriuscita di massa deglioperai più anziani edun’ondata di nuovi assunti.E’ per questo che la mag-gior parte di quelli che per-corrono viale Brin sono ra-gazzi tra i 25 e i 35 anni. Unodi questi è Giorgio Bagnolo,che anche se giovanissimo,lavora all’Ast da 10 anni.“Penso ci sia un buon livel-lo di sicurezza, ed infattinel reparto dove lavoro nonci sono mai stati infortunigravi. Sicuramente in unreparto nuovo, il Bramesette, c’è anche più sicurez-za. Magari in altri repartipiù vecchi ci sono più pro-blemi anche per la manu-tenzione. Io ho avuto un so-lo incidente: sono scivolatoa causa del grasso che eracaduto a terra ed ho avutouna distorsione al ginoc-chio”.L’opinione di Luca Massa-relli, che lavora alla Sdf da 3anni, è simile a quella diGiorgio: “Il pericolo più

grande per noi, siamo noistessi; il rischio viene dalladistrazione. La sicurezzaperò c’è ed i controlli sonofrequenti ed efficaci”. Gli faeco Emiliano che lavora nelreparto Ac manutenzioneda 8 anni: “Nel reparto dovelavoro non ci sono mai sta-ti infortuni seri; può capi-tare qualche infortunio lie-ve, la classica martellata suldito, ma niente di più. Icontrolli su alcol e drogaper i carropontisti li trovogiusti: qua se non ci stai conla testa ti fai male davvero”. Sono poche le voci fuori dalcoro. E si rifiutano di riferi-re informazioni che per-mettano di identificarli: te-mono ritorsioni o licenzia-menti. Tra loro c’è chi de-nuncia guanti di una solamisura che limiterebberodi molto la manualità di chiha mani più piccole o piùgrandi della media. In que-sto modo nello svolgereparticolari lavori, aumen-terebbe la possibilità di ta-gliarsi alle dita. “Se per la-vorare con meno rischi meli sfilo e capita di tagliarmi,poi vengo sanzionato dal-l’azienda per non aver uti-lizzato il dispositovo di si-curezza”. Qualcun altroracconta che a volte si ritro-va a 20 o a 40 metri di altez-za senza imbragatura: “Ciforniscono tutta l’attrezza-tura per imbragarci, mauna volta arrivati in cima,mancano i punti dove fis-sare la corda”. Qualche la-mentela per i test sull’as-sunzione di alcol e droga:“Sono giusti, per carità, pe-rò si esagera: finisce che cirimette chi vuole bere unbicchiere di vino a pasto”. Se agli operai più critici sidomanda come mai sianocosì pochi a percepire si-

to nel dicembre 2008, l’im-pianto c’è; di certo non siamoall’anno zero sul tema della si-curezza”.Unica voce fuori dal coro,Marco Bartoli, sindacalistaCobas: “Sulla carta è tutto ot-timo, non manca nulla. Poiperò l’applicazione avvienesolo in parte. Ci sono carro-ponti obsoleti, con freni nonfunzionanti ed in alcuni casimanovrati da chi non ha l’ap-posita patente. Alcune presedi corrente non a norma sonopericolose. Non vengono so-stituite per risparmiare.Quando fai presente che ci so-no delle insicurezze ti fai deinemici. Bisogna fare delleguerre con i diretti superiori, iquadri intermedi, anche perfar sbloccare un’uscita d’e-mergenza”.Per Camponi: “Quando si par-la di sicurezza bisogna evitareapprocci di tipo strumentaleo approssimativi. La Thyssennon è una piccola azienda incui il proprietario cerca di ri-sparmiare 50.000 euro sullasicurezza, per comprarsi laMercedes. Qui , se un dirigen-te risparmia 50.000 euro, i sol-di non vanno in tasca a lui edottiene solo di non dormiretranquillo”.La sicurezza sul lavoro, perònon è solo un fatto di rispettodelle leggi ed accorgimenti daparte dell’azienda. Lo spiegaPierangelo Nobili, delegato

Fim: “Il tema è più complesso.C’è una questione culturaleda affrontare. Manca la sensi-bilità, la percezione del ri-schio. Il lavoratore è spessodisinformato. Bisogna punta-re su formazione e informa-zione”.A parere di Camponi: “Ci sonole leggi, c’è la formazione, pe-rò alla fine c’è il comporta-mento di ciascuno di noi. An-che chi guida trova segnaleti-ca e limiti di velocità, però al-la fine conta l’automobilista,il suo modo di guidare. Que-sto non vuole assolutamenteessere un modo per dire ‘la re-sponsabilità è sempre di chilavora’. Non si vuole colpevo-lizzare nessuno; la sicurezza èun aspetto che coinvolge tuttie non potrebbe essere diver-samente: riguarda chi la deveimpostare a chi la deve mette-re in pratica. Oggi però notominore attenzione ed eticadel lavoro. Probabilmentequalche anno fa ce n’era dipiù. Ricordo che negli anni’90, gli operai, quando il gior-no seguente dovevano mon-tare di primo turno (alle 6 dimattina), il sabato sera anda-va a letto alle 9. Adesso ci sonoragazzi che escono dalla di-scoteca alle 4 e montano ladomenica mattina alle 6.D’altra parte c’è stato un gros-so ricambio generazionale.Vent’anni fa, il cambio turnodelle 14, sembrava la partenzadi una tappa del giro d’Italia,gran parte degli operai usci-vano in bicicletta. Ora moltiescono con lo scooter, magarili vedi impennare o fare sla-lom. Il punto è che l’Ast non è

un enclave, è parte della città.Il giovane operaio è lo stessogiovane che venerdì sera si vaa divertire fino a tardi, la do-menica magari va a fare l'ultràallo stadio mentre 20 anni fal’operaio era quello che si sve-gliava presto per andare a cac-cia”.“Spesso - continua Camponi -c’è anche una fretta che non èquella imposta dall’azienda:ormai i tempi degli impiantisono perfettamente scanditied i solleciti del capo sonoun’eventualità rara . Però c’èla fretta intrinseca di chi ma-

gari per compiere una certaoperazione impiega 20 minu-ti piuttosto che un’ora perchépoi ha tempo per rilassarsi. E’una cosa umana però spessoporta a tenere comportamen-ti non sicuri. La diffusione diuna cultura differente è sicu-ramente compito dell’azien-da, ma c’è bisogno che i nostridipendenti siano ricettivi”.

A sinistraviale Brin,all’altezza diun’entratadell’Ast. Quia fianco unsondaggiosulla perce-zione delrischio

L’azienda ThyssenKruppThyssenKrupp AG è un importante gruppo industriale,azienda europea leader nel campo dell’acciaieria e side-rurgia. Occupa nel mondo circa 190.000 dipendenti (dicui circa 81.000 in Germania) e nell'anno fiscale2008/2009 ha realizzato ricavi per 40 miliardi di euro. L’azienda è nata nel 1999 con la fusione fra Krupp AG eThyssen AG. Sia Krupp che Thyssen sono importantidinastie tedesche. Le attività dell'area Acciaio sono separate in due seg-menti, dei quali uno è focalizzato principalmente sullaproduzione di acciaio al carbonio (ThyssenKrupp Steel) el'altro sulla produzione di acciao inossidabile(ThyssenKrupp Stainless).ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni è una delle societàdel gruppo ThyssenKrupp Stainless ed è specializzatanella produzione di laminati piani di acciaio inossidabile.

LA STORIA

I NUMERIInfortunisul lavoro

emorti bianche

371incidenti mortalinei primi sei mesidel 2009 (un

morto ogni 12 ore)

1.120morti sul lavoro

nel 2008. 874.940

gli infortuni

90,3%degli infortuni

totali avvenuti nelsettore

industria e servizi

2.812infortuni ogni

100.000 occupatiin Italia. La mediaeuropea è 3.013

+48%rispetto alla medianazionale, l’Umbria

ha l’indice di frequenza infortuni

più alto

15morti sul lavoro inUmbria nel 2008,12 nella provinciadi Perugia, 3 in quella di Terni

Fonte: Desmos & PI per Fondazione

Unipolis, Novembre 2008

tuazioni di pericolo, la spiega-zione che ci si sente dare è che“la maggior parte di quelli chelavorano qui dentro sono as-sopiti, non si rendono contodei rischi che corrono ed ac-cettano tutto quello che vienedall’alto”.Qualche operaio invece inter-viene solo per invitare a farlafinita di “scrivere le idiozieche dicono i Cobas. Fanno so-lo casino, protestano solo peril gusto di farlo”. I sindacalistiCobas sono senza dubbioquelli che esprimono le posi-zioni più dure contro la ge-stione e la dirigenza Thyssen-Krupp. Ma non raccolgonomolti voti nelle elezioni deidelegati Rsu (Rappresentan-za Sindacale Unitaria). Granparte di chi lavora all’Ast ten-de a tutelare l’azienda, cercadi difenderla dalle accuse piùdure perché non le consideraveritiere e perché “se gli rom-pi troppo le p…, questi fannole valigie e se ne vanno in Cinaa produrre l’acciaio”. La posi-zione della maggioranza è so-stanzialmente quella di nonalimentare inutili polemiche,di non attaccare l’azienda perpartito preso. Riconosconoalla Thyssen un atteggiamen-to di grande attenzione neiconfronti della sicurezza.Non si parla più di “padrone”e di “sfruttamento”. Le cosesono cambiate, in fabbricanon si va più con “Il Capitale”sottobraccio. La cultura ope-raia, a viale Brin, si è trasfor-mata, ha accantonato le vec-chie categorie ideologiche,ambisce al benessere, al con-sumo e non tace su eventualicomportamenti virtuosi del-l’azienda.

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5- Occhio alla segnaleticaRispettare il divieto e gli avvertimenti evidenziati dallasegnaletica esposta. Non imbrattare o rendere poco visibili icartelli di segnalazione dei percorsi di evacuazione e/o fuga.

9- Ordine e puliziaper non cadere

Il disordine e l’ingombro possono provocare cadute e in ogni casoostacoli al movimento. Mantenere il pavimento sgombro e sen-galare la presenza di eventuali liquidi che possono renderlo sci-voloso.

8- Attrezzatura e macchinarinon devono avere segretiFamiliarizzare con l’utilizzo e il funzionamento dell’apparecchio,prima di iniziare il lavoro. Se si ha l’impressione che una macchi-na non funziona in modo perfetto, oppure che necessita di unintervento di manutenzione, informare il responsabile.

7- Come trasportare pesisenza farsi male

Sollevare carichi in modo corretto puòprevenire infortuni. Raccogliersi esollevare il peso con la schiena dritta,utilizzando le ginocchia. Tenere il caricopiù vicino possibile al corpo.Assicurarsi di avere una buona presadurante il sollevamento del carico, inmodo tale che non possa scivolare.Non sollevare mai carichi superiori a

20 chili. E’ altrettanto importante cam-biare spesso la posizione del corpo. Le seguenti

posizioni devono essere evitate il più possibile: schienae/o collo contorto, schiena e/o collo piegato, posturapiegata, posizione raccolta.

6- Anche con l’igienesi tutela la sicurezzaPrima di mangiare lavare sempre le mani con il sapone e conacqua. Non mangiare e bere nella zona di lavoro. Tenere semprepulite anche le ferite più piccole. Non fumare sigarette con lemani sporche. Indossare sempre abbigliamento dalavoro. Lavare regolarmente l’abbigliamento da lavoro.

4- Conoscere perdifendersi dagli incendi

Applicare una protezione all’orecchio(tappi o cuffie). In caso di lavori inpresenza di un rumore superiore a80 dB(A), il datore di lavoro devefornire ai collaboratori dispositiviper la protezione delle orecchie.Se si è esposti costantemente adun rumore superiore a 80 dB, farerichiesta per eseguire un test audio-metrico, durante i Check-up nell’am-bito delle visite mediche.

3- Cuffie e tappi perle orecchie

Familiarizzare con il piano d’emergenza e con l’ubicazionedelle uscite d’emergenza. Sapere dove si trovano le mani-chette e gli estintori. In caso d’incendio chiamare immedia-tamente i vigili del fuoco.

2- Attenzione alle sostanzepericoloseIndossare sempre abbigliamento dalavoro e altre attrezzature diprotezione come maschera di protezione, guanti e occhiali disicurezza. Non mangiare, bere o fumare durante l’utilizzo disostanze pericolose. Ciò può comportare un rischio aggiuntivo, inquanto le sostanze pericolose possono raggiungere le vie orali.

il Ducato

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DOSSIER

1- Usare sempre le protezioniPer Dispositivi di Protezione Individuale si intende qualsiasiattrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratoreallo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili diminacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ognicomplemento o accessorio destinato a tale scopo.

Cosa fare in caso di infortunioIl lavoratore deve informare immediatamente il datore di lavoro (o il preposto all’azienda) di qualsiasi infortunio subito per evitare la perdita del diritto all’indennitàrelativa ai giorni precedenti la segnalazione. E’ bene che il lavoratore segnali al datore di lavoro il fattore di rischio specifico che ha contribuito a causare l’infortu-nio. Per esempio: in caso di caduta specificare se il pavimento era sconnesso o bagnato. In tutti i casi in cui sia necessario, il lavoratore infortunato deve essereinviato al Pronto Soccorso che rilascia il primo certificato medico. Tale certificato deve essere inviato al datore di lavoro il quale, se la prognosi comporta asten-sione dal lavoro superiore a tre giorni, deve presentare denuncia alla sede Inail competente, In caso di un infortunio lieve, a seguito del quale il lavoratore non sireca al Pronto Soccorso e non abbandona il lavoro, oppure se la prognosi è inferiore a tre giorni (franchigia) il lavoratore deve comunque informare il datore dilavoro anche se quest’ultimo non è tenuto a presentare la denuncia all’Inail. Se la prognosi del Pronto Soccorso è uguale o inferiore a tre giorni, ed entro in quella data il lavoratore è in grado di riprendere l’attività, non ha bisogno del certi-ficato Inail prima di tornare al lavoro. Se la prognosi del Pronto Soccorso è superiore a tre giorni il lavoratore è invitato a presentarsi all’Inail per la visita medicadue-tre giorni prima della scadenza della prognosi:1. l’Inail rilascerà un cartellino con un successivo appuntamento a visita in caso di continuazione della temporanea e un certificato da consegnare al datore dilavoro;2. l’Inail provvederà rilascerà un certificato di chiusura definitiva da consegnare in azienda per poter riprendere il lavoro.

LE REGOLE

Un casco può salvare la vitaComportamenti corretti riducono i rischi di incidenti ed infortuni sul lavoro