il freddo della notte - writing's home€¦ · qualcuno pronto a smentire , che lo conosceva...

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(CAPITOLO I) L a pioggia gelida e insistente rendeva nebulosa la visibilità al di là del parabrezza. Le spazzole sembravano faticare alacremente come due minatori andando su e giù nel tentativo di togliere, seppur per qualche secondo, un po’d’acqua dal vetro. La sirena rimbombava tra un palazzo e l’altro tra le strade, mentre la volante, una vecchia auto usitata dall’incessante servizio, sembrava ringhiare e al tempo stesso stringere i denti per resistere al duro stress cui era sottoposta, proprio come i due passeggeri a bordo: l’agente scelto Walter Moriconi alla guida e il sovrintendente capo Massimo Balanza (Max, come lo chiamavano tutti). Davanti a loro, una moto sportiva di grossa cilindrata, che insolentemente, osava impennare durante la fuga per prendere in giro i due poliziotti. Chi erano quei due e perché erano inseguiti con tanto accanimento? <<Dai, che li prendiamo.>> disse Moriconi; <<Se non li prendiamo neanche stavolta ci mettono a pulire i cessi della questura!>> ribatté Balanza; La fuga continuava e la tensione cresceva curva dopo curva, frenata dopo frenata finché la moto svoltò repentinamente in un viottolo. <<Li riprendiamo dall’altra parte.>> Suggerisce Max al collega esausto per l’eccellente performance, infatti, pronta dall’altra parte della strada, compare la moto posteggiata frettolosamente davanti all’ingresso di una discoteca. I due agenti, scattanti, scesero dalla volante mentre la sirena tacque calmando i timpani dei passanti, attoniti per quanto accadeva. Max scostò dagli occhi i suoi lunghi ricci bagnati e via nel locale. Il solo gesto di mostrare il tesserino al buttafuori all’ingresso e poi il brulicame di giovani con tanto di musica assordante; come se mezz’ora di sirena e lampeggiante non fossero bastati! <<E adesso valli a pescà qua in mezzo a marescià!>> esclamò Walter con voce basita e in perfetto romano. Balanza dopo una breve esitazione ordinò: <<Chiudiamo tutto non facciamo uscire nessuno così gli facciamo fa la fine dei sorci, occupatene tu io nel frattempo chiamo l’operativa per farci mandare qualcuno.>> <<Ma che stà a scherzà marescià?>> <<Sono bagnato fin dentro i calzini, ho freddo, fame e non scopo da mesi. Nu sto a scherzà, anzi sono incazzato nero, muoviti!>> ordinò con tono perentorio. Così mentre Moriconi è fuori a discutere con i responsabili della sicurezza per far chiudere i cancelli, arrivano solerte due gazzelle dei carabinieri. Qui il povero Walter non sa cosa dire finché arriva Max che, minaccioso e con viso bieco, mette in allerta i carabinieri. 1

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Page 1: Il freddo della notte - Writing's home€¦ · qualcuno pronto a smentire , che lo conosceva bene o c’aveva lavorato insieme. “Ma che dite voi non lo conoscete, quello è un bravo

(CAPITOLO I)L a pioggia gelida e insistente rendeva nebulosa la visibilità al di là del parabrezza. Le spazzole sembravano faticare alacremente come due minatori andando su e giù nel tentativo di togliere, seppur per qualche secondo, un po’d’acqua dal vetro. La sirena rimbombava tra un palazzo e l’altro tra le strade, mentre la volante, una vecchia auto usitata dall’incessante servizio, sembrava ringhiare e al tempo stesso stringere i denti per resistere al duro stress cui era sottoposta, proprio come i due passeggeri a bordo: l’agente scelto Walter Moriconi alla guida e il sovrintendente capo Massimo Balanza (Max, come lo chiamavano tutti). Davanti a loro, una moto sportiva di grossa cilindrata, che insolentemente, osava impennare durante la fuga per prendere in giro i due poliziotti. Chi erano quei due e perché erano inseguiti con tanto accanimento?

<<Dai, che li prendiamo.>> disse Moriconi; <<Se non li prendiamo neanche stavolta ci mettono a pulire i cessi della questura!>> ribatté Balanza;

La fuga continuava e la tensione cresceva curva dopo curva, frenata dopo frenata finché la moto svoltò repentinamente in un viottolo.

<<Li riprendiamo dall’altra parte.>> Suggerisce Max al collega esausto per l’eccellente performance, infatti, pronta dall’altra parte della strada, compare la moto posteggiata frettolosamente davanti all’ingresso di una discoteca.

I due agenti, scattanti, scesero dalla volante mentre la sirena tacque calmando i timpani dei passanti, attoniti per quanto accadeva. Max scostò dagli occhi i suoi lunghi ricci bagnati e via nel locale. Il solo gesto di mostrare il tesserino al buttafuori all’ingresso e poi il brulicame di giovani con tanto di musica assordante; come se mezz’ora di sirena e lampeggiante non fossero bastati!

<<E adesso valli a pescà qua in mezzo a marescià!>> esclamò Walter con voce basita e in perfetto romano.

Balanza dopo una breve esitazione ordinò:<<Chiudiamo tutto non facciamo uscire nessuno così gli facciamo fa la fine dei sorci, occupatene tu io nel frattempo chiamo l’operativa per farci mandare qualcuno.>><<Ma che stà a scherzà marescià?>> <<Sono bagnato fin dentro i calzini, ho freddo, fame e non scopo da mesi. Nu sto a scherzà, anzi sono incazzato nero, muoviti!>> ordinò con tono perentorio.

Così mentre Moriconi è fuori a discutere con i responsabili della sicurezza per far chiudere i cancelli, arrivano solerte due gazzelle dei carabinieri. Qui il povero Walter non sa cosa dire finché arriva Max che, minaccioso e con viso bieco, mette in allerta i carabinieri.

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<<Sono il sovrintendente Balanza del IX distretto, è tutto sotto controllo siamo autorizzati a procedere per una perquisizione del locale. Stiamo cercando alcuni spacciatori che si sono introdotti qui dentro.>> << Ah! Ma ne siete certi?>> risponde meravigliato il capo pattuglia;<<Quella è la loro moto, gli stiamo dietro da un bel pezzo. Anzi ora che mi ricordo noi avremmo un po’ da fare eh! Grazie dell’intervento… andiamo Moricò.>> risponde sbrigativo.<<Un momento collega.>> ammonisce il brigadiere dell’arma. <<Noi siamo stati chiamati questi della security del locale perché due pazzi stavano mettendo agitazione. Vi dispiace se accertiamo la vostra autorizzazione?>> chiese seccato il carabiniere.<<Sì, magari davanti ad uno chateau del ’86! Non c’è tempo questi ci scappano!>> sostenne beffardo Max. <<Ma tanto dov’è che vanno se hanno lasciato la loro moto qui fuori?!>> chiede con ingenuità il capomacchina.<<E secondo lei quella moto è la loro? ….. dopo controlla se i signori che stiamo cercando hanno pagato la tassa di circolazione!>> ribatté sarcastico Balanza.<<Non dimentichi che sono anch’io un pubblico ufficiale e lei non mi può prendere in giro.>> subito il carabiniere è interrotto dal suono della radio di Max che lo avverte di tornare subito in questura. <<Andiamo Walter saluta i signori.>> Andando verso la macchina borbottò disinvolto: <<Vaffanculo ogni volta che sto per pijà qualcuno arriva no stronzo che me rompe li coglioni.>><<MA CHE MINCHIA TI VIENE IN MENTE ?!>> tuonò, con accento siculo, il commissario capo Gambino facendo sussultare tutti negli uffici adiacenti.<<Primo, non eravate autorizzati ad inseguire quei due e avete lasciato il vostro posto di pattuglia; secondo, vi siete messi a fare un casino della miseria in quel locale, tant’è che stamattina ho dovuto fare le mie scuse personali al proprietario; terzo, oltre a fare una figura di merda con quelli dell’arma, che lo sai come la pensano, stavate pure per chiudere tutti dentro e tutto questo senza uno straccio di ordine! C’è una cosa che si chiama disciplina che tu, non è che non sai dove sta di casa, non sai neppure che esiste. Questa è l’ennesima volta che ti metti nei guai… che poi ci rimetto pure io per le tue cazzate!.>>

Man mano che il tono di voce scemava Max rialzava il capo frastornato e si difendeva.<<Senta dott. Gambino è vero che noi eravamo di pattuglia ma per strada abbiamo visto quei due “Spartaco e il Monco” e quando ci ricapitava di ribeccarli? Lei lo sa che il 90% dei morti per droga in città so opera di quei figli di puttana? E non mi riferisco solo a quei due balordi ma anche ai loro capi. >>

Dopo una breve pausa riprese: <<Perciò se per prenderli devo chiudere un locale, fare ‘na figura de M. coi caramba ed essere buttato fuori dalla P.S. io non ci perdo il sonno. Perché sto lavoro non lo faccio solo per i soldi o perché mi va di stare sull’attenti e indossare una divisa, neanche me lo ricordo ndò lo messa (sottovoce), non mi piace andare in giro con la cravatta, e poi lo

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dicono tutti che a me non bastano un paio di manette al giorno quindi, sono efficiente?! E allora che vuole? Chiuse ironico Max mentre il dott. Gambino rassegnato lo congedò con un secco ma bonario “sparisci!”>><<Ma cu è sta camurrìa.>> <<No, niente è Gambino che cazzia Balanza, chello ne avrà fattà un’altr re’sue!>> commentavano i due agenti più anziani nell’ufficio denunce di fronte.<<A Marescià allora com’è annata?>> domandò curioso Walter.<<Che non hai sentito?… preparati che ci danno una bella medaglia, un aumento di stipendio e 27 vergini in premio!>> <<E adesso dove va?>><<A fare un giro devo sistemare delle cose.>> disse Max mentre montava in sella alla sua moto e dopo aver indossato le sue fedeli Rayban chiese a Walter: <<Che voi venì pure te?>> <<Ma veramente… siamo in servizio.>><<Capirai se non lavori ti rompono i coglioni, se lavori bene ti rimproverano ma sai che nova c’è? “Broom”>> rispose la sua vecchia moto mentre si allontanava dalla questura.

Così era Max: ostinato, laconico, stravagante, malinconico ma anche piuttosto misterioso. Insomma il classico “lupo della notte” come dicevano molti suoi amici; soprattutto i nemici. E già ne aveva tanti perché a differenza di molti suoi colleghi lui non si faceva scrupoli di prendere qualcuno e sbatterlo dentro soprattutto se questo era un “pezzo da novanta”. Ed è proprio questo il suo mistero, certe volte sembrava quasi che non si rendesse conto della gravità delle situazioni che affrontava. Non è capitato di rado che durante un’operazione avesse rifiutato il giubbotto antiproiettile o di chiedere aiuto prima di un intervento. Si vociferava addirittura che lo facesse apposta come se fosse un pazzo suicida. Ma poi c’è sempre stato qualcuno pronto a smentire , che lo conosceva bene o c’aveva lavorato insieme.“Ma che dite voi non lo conoscete, quello è un bravo ragazzo: simpatico, disponibile, certo ha un modo di fare tutto suo ma non farebbe male ad una mosca, o a chi non se lo merita.”

(CAPITOLO II)

<<Dunque>> richiamava avvertitivo il commissario Gennaro Di Romita. <<Esposito e Canale coprono il retro, Lopez e Caruso improvviserete scendendo dalle scale del tetto, Montini e Testa … restate di scorta in macchina davanti all’ingresso principale. Sig. Aldo lei andrà come stabilito all’appuntamento per farsi pagare la prima retta dell’affitto, busserà alla porta, entrerà e inizierà a prendere tempo.. non so … faccia finta di voler trattare con loro. <<E a me che mi avete chiamato a fare? Mio devo vedere pure con una stasera!>> chiedeva seccato Balanza sotto la derisione dei suoi colleghi.<<Te lo spiego subito. Questa è un’operazione semplicissima ma mi serve qualcuno con un po’ di esperienza e a te non manca. Farai partire tu il blitz coordinerai tutto ma mi raccomando , non fare come il tuo solito. Ah, visto che siete pochi vedi se

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riesci a raccattare qualcuno di buona volontà, come si chiama quel tuo amico dell’antiscippo?>><<Ma chi, Moriconi?>> <<Eh bravo quello, che più siamo meglio è, non si sa mai.>>

Vi starete chiedendo: ma quale è il fine di tutto questo? Il Signor Aldo Buzzese era proprietario e gestore di una filanda anche se in realtà altro non era che una piccola tappezzeria situata all’interno di una sorta di capannone. Il Buzzese era noto per la sua stimata onestà e ottemperanza nei confronti della legge, era conosciuto per questo suo zelo a molti uomini delle forze dell’ordine e dallo stesso commissario Di Romita. Fu anche incaricato di fabbricare alcune parti di divise e accessori della Polizia come cravatte, berretti, fondine etc.Il Signor Aldo era stato minacciato da un gruppo di giapponesi che avevano intenzione di prendere in affitto il suo locale senza però dirgli di preciso a cosa servisse. Aldo, capì che volevano nasconderci qualcosa di “sporco” e avevano pensato bene di celarsi dietro la sua integrità, in altre parole a nessuno sarebbe venuto in mente di andare a fare un controllo in quel capannone (anche perché era più volte successo in passato e non era stato trovato neanche un capello fuori posto). Sì, ma cosa volevano occultare lì dentro?Un po’ di tempo prima la Guardia di Finanza, nel corso di un’indagine, aveva scoperto che alcuni gruppi di giapponesi avevano intenzione portare illegalmente in Italia della merce di genere alimentare, ma poi non s’intervenne anche perché l’obiettivo dell’indagine era un altro e poi erano solo voci venute all’orecchio di qualche finanziere infiltrato.Il capo della mobile, Vice Questore Agg. Marzio, quando fu informato di quanto stava accadendo, pensò che tutto poteva essere riconducibile a quelle ipotesi e incaricò il dott. Di Romita di perquisire il locale dopo aver fatto accettare ad Aldo la proposta del “subaffitto”.La sera stessa al punto di raduno, come stabilito da Massimo, una piazzetta abbandonata e isolata dove ci battevano molte prostitute, a pochi chilometri dal capannone.

<<Ciao Max.>> ripetevano più volte le prostitute che passavano vicino all’autocivetta<<Sei conosciuto da queste parti eh ?!>> scherzò l’assistente capo Esposito per rompere la tensione ormai vivida tra gli agenti, quasi tutti giovani e con pochissima esperienza alle spalle.<<Che ti inventi? Io di notte ci faccio i controlli qui. OK aprite bene le orecchie.>> disse Max con pacatezza. <<Tutti restano nelle proprie posizioni finché io non vi do il segnale per il via, mi raccomando non dormite dobbiamo intervenire all’unisono sennò non li bracchiamo e quelli scappano da tutte le parti, noi in otto siamo.>>

Erano le 00.30 e Aldo si avvicinava alla porta principale bussò alcune volte e con ritmi stabiliti, come una parola d’ordine, una decina di secondi e si aprì la porta dalla quale entrò Aldo con un microfono nascosto. Fuori c’era un camion molto probabilmente servito per scaricare qualcosa, poiché di giorno fabbricavano vestiti, maglie, mutande e di notte ci scaricavano la pasta che poi ancora non s’era capito cosa ci fosse di tanto scottante dentro.

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<<Dov’è il capo?>> chiese timorosamente e con agitazione il Signor Aldo che a queste cose non era certo abituato, poi con una moglie e quattro figliuoli a casa la freddezza sarebbe mancata a molti.<<Rilassati adesso arriva, ha da fare non hai visto il camion fuori?>> disse uno degli sgherri.<<Allora, caro signor Buzzese, è contento di questo affare?>> diceva il boss mentre contava una lauta mazzetta di soldi.<<Lei ha quattro figli vero?>><<Sì>> rispose turbato Aldo. <<Quindi le farà piacere fargli qualche regalo in più.>><<Certo i soldi non bastano mai quando si ha famiglia, poi Gianna la più grande, adesso va all’università…>> <<Bene, bene.>> bloccò sbrigativo il boss mentre gli consegnava cinquemila euro in contanti.<<In fondo questo non è che un secondo lavoro per arrotondare no? Di giorno fa magliette e pantaloni e di notte aiuta dei bravi ragazzi con il loro lavoro.>> proseguì con accento asiatico.<<Sì ma… non mi avete ancora detto cosa ci portate qui dentro per darmi tutti questi soldi.>>

Dopo una lunga pausa il capo rispose: <<Vedi noi conosciamo ogni tuo spostamento e quelli della tua famiglia, mi intente?!>>

<<OK INTERVENIAMO VIA VIA VIA!!!>> ordinò la voce metallica di Max alla radio.>> <<Fermi polizia faccia a terra!!!>> urlò l’agente Caruso, ma uno dei giapponesi si voltò e sotto la stupore di tutti, tirò fuori dalla giacca una mitraglietta Scorpion. Con una breve raffica di colpi, freddò Caruso che cadde battendo la schiena contro il muro.

Max fece in tempo ad avvertire i colleghi appostati nella macchina fuori, infatti, la reazione istintiva dei giapponesi fu di scappare dall’ingresso principale.Due raffiche di mitra frantumarono il parabrezza e due finestrini dell’autocivetta mentre Montini e Testa erano riparati con le armi in pugno dietro la fiancata sinistra.I giapponesi erano in undici più il boss, se la svignarono a bordo di tre macchine.<<Bastardi!!!>> gridò furente Esposito mentre sparava dietro alle vetture in fuga.<<L’autocivetta?!>> <<Ha due gomme a terra>> rispose Testa sconsolato.<<Uno dei nostri è ferito!>> avvertì Walter.<<Respira piano, resta sveglio dove ti ha preso?>> chiese affannato Max.<<Non lo so, ma che… marescià avverta Luisa stavolta s’incazza se non mi …>> Caruso s’interruppe mentre un rampollo di sangue gli uscì di bocca e i suoi occhi sbarrati facevano capire che stava per finire.

<<Fate presto l’ambulanza!>><<Sta arrivando..>> <<Guardami Caruso resta sveglio, oh ho chiesto un’ambulanza non un taxi!>>

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Ormai era tardi per l’ambulanza Caruso morì subito dopo, una pallottola aveva preso in pieno lo sterno e altre due gli avevano perforato i polmoni.Dopo poche decine di minuti arrivarono i soccorsi. I volti esterrefatti e annichiliti dei ragazzi del dott. Di Romita si coloravano del blu dei lampeggianti delle volanti. Giunsero tempestivi sul posto, quasi come se fossero stati ad aspettare dietro l’angolo, Di Romita e Buglione detto “il vampiro” un collega che si occupava della condotta disciplinare dei poliziotti. Più ne sbatteva fuori più faceva carriera e poi ci godeva anche. Certamente Max era da tempo il suo bersaglio preferito.<<Allora cos’è successo? Cos’è questo casino? E lei Sovr.te capo Balanza dov’era? Ne è lei responsabile di questa situazione. >> riproverò con aria irritante il vampiro.<<Le assicuro che Balanza non c’entra sono stato io a coordinare l’operazione, la responsabilità è mia.>><<Guardi, non cerchi di difenderlo lo conosco bene questo mascalzone gli sto dietro da un bel po’, è uno che non rispetta le regole.>><<Si ma è uno dei miei uomini migliori è solo un po’ “vivace” ma a modo suo porta a termine tutti i compiti assegnatigli.>><<E come? Facendo disastri? Domattina presto vi voglio entrambi nel mio ufficio!>><<Tranquillo Max ci penso io. Datti una sistemata e domani presentati in orario mi raccomando… e in divisa ok?>>Il giorno seguente, noncurante dei consigli del suo capo, Max arrivò alle 10.30 con la barba corta, una camicia mezza aperta e i capelli raccolti raffazzonatamente da un elastico.Toc - Toc <<Che disturbo?!>> <<Ah, Balanza bene aspettavamo solo lei.>><<Che gentili potevate pure iniziare a mangiare!>> rispose Max con un accenno di sorriso.<<Ho già discusso circa la questione con il suo diretto superiore e anche col Vice Questore Agg. Marzio.>><<Ah sì?! E che avete deciso?>><<Lei è sospeso dal servizio fino a che le indagini non saranno terminate e sarà fatta chiarezza su quanto accaduto ieri notte. La prego di consegnarmi l’arma d’ordinanza e il tesserino… li poggi pure sul tavolo e si vada a cercare un avvocato!>>Max, nonostante l’evidente sconforto, mantenne il suo sguardo acuto e con un misto di disinvoltura e di reticenza sfilò la sua vecchie e sporca pistola dalla fondina, con il calcio avvolto da numerosi elastici e la poggiò sul tavolo poi, dopo un ultimo sguardo e una carezza col pollice, consegnò il distintivo e il tesserino. Infine con voce decisa e di sfida esclamò: <<Questi me li riprendo!!!>>.

(CAPITOLO III)

<<Oh, vai piano che non riesco a vedere niente così.>>

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<<Ad andare così piano c’è il rischio di addormentarsi, col maresciallo non era così… lui sapeva sempre dove si doveva andare. Era come se lo sentisse nell’aria dove stava succedendo qualcosa, la strada era come una giungla per lui , ne conosceva ogni segreto.>> rispose Walter al collega mentre giravano di sera per i locali notturni;<<Sì, adesso vienimi a dire pure che è un bravo poliziotto, le conoscono tutti le sue maniere ma prima o poi gli doveva capitare una cosa così.>><<Tu dici così perché non lo conosci, lo bollate tutti come un criminale perché, sebbene i suoi metodi, porta dentro un criminale al giorno e non se la fa sotto se deve mandare affanculo un superiore stronzo.>><<Sì, vabbè lascia stare.>><<Ehi, un momento, fermati!>><<Che c’è?>><<Quella non è la moto di Max?!>> si domandò Moriconi vedendo, fuori da un localino, posteggiata in modo inconfondibile, la moto di Balanza.Dentro il bar c’erano un sacco di ragazzi e la musica era assordante. Vicino al bancone c’erano due o tre persone e tra queste c’era anche Max con, davanti, un paio di boccali vuoti e un bicchiere mezzo vuoto di Jack Daniel. I suoi occhi erano lucidi e si teneva la testa con una mano, con l’altra giocherellava con il ghiaccio nel bicchiere mentre parlava con una “famosa” prostituta. <<Se andiamo da me sono 300 in macchina invece fanno 50!>> spiegava la giovane africana;<<Cazzo! E dove abiti al palazzo reale?!>> I due agenti si avvicinarono rattristati per quello che vedevano.<<Marescià, ma che ci fa qui?>><<La spesa!>> disse facendo ridere il barista;<<Un momento perché non siamo al supermercato qui?!>><<Va bene ciao, tanto non ti si alza neanche più per quanto sei ubriaco.>><<A te invece si alza sempre eh?>><<Ma che è un trans?>> chiese incuriosito Moriconi.<<Si lo stavo solo prendendo per il culo… in senso figurato s’intende.>><<Allora veniamo… a noi, che prendete?>> chiese Max mentre si sistemava la camicia.<<Niente grazie siamo in servizio.>><<Ah, anch’io quando sono in servizio non bevo mai eh?>> chiese ironico suscitando la disapprovazione del collega, un certo Mariano Scilla, il classico primo della classe. Uno di quelli che parlano come se stessero scrivendo un verbale.<<Marescià se è per la storia dell’agguato al capannone vedrà che si chiarirà tutto, non è stata colpa sua che poteva fare lei? Lo sanno tutti che il vampiro se ne sta approfittando per …>><<Ah si? E come pensi che né possa venire fuori, adesso non posso chiedere neanche appoggi ai superiori, che gli dico a Marzio? L’idea è stata sua si prenda lei le colpe al posto mio?!>> Dopo un breve sguardo nel vuoto ebbe un attimo di lucidità:

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<<Non che m’interessi molto, ma questo lavoro è l’unica cosa che mi fa stare bene… ma me ce vedi a fare lo stagnaro??? O er postino??? “Buongiorno c’è posta, apra o sfondiamo la porta, bahh!!Forse l’unico modo che ho per tornare in servizio è prendere quei figli di puttana e riempire i loro culi gialli di involtini e pesce crudo!>><<Vuole un passaggio a casa?>><<No! Ce la faccio da solo basta che…>> disse cadendo su una coppia di turisti americani seduti ad un tavolino.>><<What a fuck!>><<Oh scusate tanto. Ma che vi incazzate, ubriaconi che non si capisce niente di quello che dite!>><<Ma è proprio lei?>> chiese con marcato accento USA uno dei malcapitati;<<Che vuoi un autografo? Non sono Ligabue!>><<Lei è quello che ha ritrovato my camera (telecamera) scippata vicino a porto!>> <<Quella che te serviva per riprendere le sozzerie a letto co tu moje?>><<Please, non urli!>>

La mattina seguente Max barcollava a destra e a sinistra per la breve strada che lo divideva dal suo monolocale al garage e mentre si strofinava gli occhi per lo stordimento dovuto ai postumi della sbornia, intravide con stupore che una sua foto appariva su un giornale locale esposto dal giornalaio all’angolo. <<Ah Mariettò piglio questo, quanto ..?>>

<<Mille, non sapevo che ti interessassero i quotidiani! Aspetta un po’, ma che sei tu questo?>>

<<No è mio fratello gemello che si caccia sempre nei casini, e mo tocca a me tirallo fori!>>Nell’articolo era riportato quanto successo due sere prima alla fabbrica di Buzzese e la giornalista che lo aveva scritto, una certa Irene Saracco, indicava espressamente Balanza come responsabile e, cosa peggiore, affermò che poteva esserci “favoreggiamento nell’operato del Sovrintendente di polizia”. Max prese informazioni sull’autrice del pezzo infamante e si recò sotto la redazione del giornale per cui lavorava. Dopo poche ore la vide uscire ma era in compagnia di alcuni colleghi di lavoro così decise di seguirla fino a casa e, una volta arrivati nel parcheggio adiacente alla sua abitazione, Balanza scese dall’auto e si avvicinò alla giornalista mentre era di spalle occupata a chiudere la macchina con in mano borse straripanti di scartoffie.

<<Ma fammi capire, mi conosci così tanto bene da farmi una merda?!>> attaccò Max facendo sobbalzare la giovane donna che, fece la nesci e chiese chi fosse e cosa volesse da lei.

Max le chiese perché di quelle parole così diffamanti ma lei continuava a negare ed elusiva disse che doveva andare. Balanza le negò la strada e lei iniziò a spaventarsi.

<<Insomma si può sapere cosa vuole?>><<Chi ti ha detto quelle cose? Voglio sapere solo chi e ti faccio andare dove vuoi, non sono qui per farti male, anche se un po’ te lo meriteresti, io credo che c’è qualcosa sotto, allora?>>

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La giornalista si calmò e chiese a Max di seguirla in casa.Viveva da sola, la case non era molto grande e appena entrati a salutarla fu un gatto grigio che fissò Max con curiosità.<<Vivi sola?>><<Sì.>><<Anch’io.>>

<<Come mai?>> chiese con educazione la ragazza.<<E che ne so, mi puzzano i piedi!>> se ne uscì con una delle sue solite battute simpatiche ed evasive.<<Comunque io sono Irene.>> disse con tatto la giovane porgendole la sua mano linda e curata.

<<Io Balanza.>> rispose Max stringendole la mano vigorosamente con la sinistra “storta”. <<E che nome è?>><<Ma no è il cognome, mi chiamo Max.>> rispose con distrazione mentre curiosava tra i

quadri e altri ornamenti nella stanza adiacente la cucina.<<Ti preparo un caffè?>><<No, senti vado di fretta.>><<E di far cosa?>><<Di riprendermi il mio schifo di lavoro!>>

(CAPITOLO IV)

Dopo una lunga conversazione, Max riuscì a ricostruire quanto era successo ma, come in ogni racconto poliziesco, quello che gli mancavano erano le prove e con la sua arguzia sarebbe stata solo questione di tempo.Le cose erano andate in questo modo: Max doveva essere messo fuori gioco ma non solo dalla PS, occorreva ordire qualcosa che l’avesse denigrato fino ad annichilirlo di fronte a tutti.Ecco, quindi, l’uso della stampa che, con tante belle parole, sarebbe riuscita a compiere buona parte dell’opera.La domanda è telegrafica “perché?”. Come già raccontato Balanza era sulle tracce di un giro di droga. Il fatto è che sotto c’era qualcosa di molto più grosso del pensabile ed è per questo che quella sera fu richiamato per aver “esagerato”; “Balanza è uno in gamba e non deve proseguire oltre perché quello se ne fotte dei rapporti e dei demeriti” avrebbe detto qualcuno.Il Vice Questore Agg. Marzio forse sapeva che dietro a quell’affare sporco dei giapponesi si celava qualcosa di più scottante? È un’ipotesi, certo era un ottimo modo per fare fuori Max e buttarlo tra le grinfie del “Vampiro” e chissà magari con un po’ di fortuna sarebbe potuto rimanerci secco lui al posto del povero Caruso che in questa storia centrava come i cavoli a merenda.

<<L’unico modo per avere conferma di questo “piano diabolico” è ricominciare scoprendo cosa c’è dietro alla storia della droga. A proposito tu lo sai che adesso sei in

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pericolo non appena io comincerò ad indagare?>> chiese Balanza ad Irene dopo la lunga chiacchierata.<<Io? Ma te lo detto, io non ne sapevo nulla sono stata mandata dal mio direttore in questura dove ho acquisito la notizia.>><<Senza sapere come erano andate le cose veramente.>><<Bhe, la fonte mi sembrava attendibile visto che era un alto dirigente a parlarne.>><<Ma lo sapresti descrivere?>><<Non molto alto, occhi chiari, pizzetto biondo…>><<Pizzetto biondo?! Cazzo adesso me lo dici?>> Max prese subito il telefono e con voce concitata disse <<Moricò sono Balanza, liberati entro dieci minuti ti richiamo da qualche cabina.>><<Ma che succede?!>> chiese impaurita la reporter.<<Quello che hai incontrato è Marzio!>>

Max e Moriconi presero appuntamento da un telefono pubblico e il luogo d’incontro era una zona isolata che i due poliziotti rastrellavano spesso quando erano di pattuglia.Il giovane agente non crebbe alle sue orecchie ma si mostrò disponibile a seguire il suo stimato “capo macchina”.Adesso, prima di tutto, era primario far reintegrare in servizio Max.L’indomani Walter organizzò un appuntamento con il commissario Di Romita lontano dagli uffici della questura, dopo alcune esitazioni anche lui condivise le ipotesi di Balanza ma, senza almeno una prova, non era possibile riammetterlo in servizio.Irene, a tal proposito, consigliò di pubblicare tutto anche perché, in fondo, si sentiva colpevole per quanto successo e voleva riparare in qualche modo.

<<A parte che è un grosso rischio esporre queste ipotesi che, anzi, per adesso sono solo illazioni e niente di concreto.>> ammonì Di Romita.

<<E poi che gli dici al tuo direttore “scusi, siccome vi devo sputtanare tutti, potete concedermi di farlo con il vostro giornale”?>> aggiunse Max con il suo solito velo d’ironia che sembrava rimarcare ogni frase.

<<Ma no! Lo farò pubblicare su un altro, quello di un amico. Si tratta di un giornale scandalistico; fa al caso nostro…>><<Certo che però potrebbe alzarsi un polverone e potremmo convincere il giudice di farla reintegrare marescià!>> propose Moriconi con sicumera;<<Sì, magara!>><<E vabbè possiamo provare, parlerò personalmente col giudice e con chi di dovere il problema ora è che rischiamo di compromettere anche lei signorina, se la sente?>>

Irene annuì con decisione.Il gruppo si sciolse e tutti rimasero d’accordo che al più presto l’articolo “contro-infamante” sarebbe apparso sul giornale. Intanto, mentre tutti andavano via, Max e Irene restarono soli in strada. Massimo mostrava evidente l’imbarazzo di uno che non è abituato ad esprimersi con atteggiamenti delicati.

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La strada si era comportata con lui proprio come fa con un cane randagio e infatti qualcosa c’era dietro quel misterioso baldo giovane che forse solo la leggiadria di una donna come Irene avrebbe potuto svelare.Max le chiese di riaccompagnarla a casa e lei accettò volentieri. Una volta sotto il portone Max disse che doveva andare e le diede il proprio numero di telefono raccomandandosi di chiamare solo in caso di vero pericolo in quanto potevano essere controllati, in tal caso il piano sarebbe saltato sul nascere.La sua macchina si allontanò verso strade ignote (come al solito) solo dopo che Irene salì la prima rampa di scale dello stabile in cui abitava.Qualche ora più tardi il cellulare di Max squillò violentemente, lui reagì come se lo avessero strattonato durante il sonno, era una di quelle telefonate in cui capisci subito che si tratta di qualcosa di spiacevole ancor prima di rispondere.Era Irene, spaventatissima, che con voce ansimante a stenti riuscì a dire <<Max sono loro! Vieni, presto!>>

<<Ma che minchia dici! Calmati dove sei?>> rispose Max mezzo assonnato;<<Mi hanno telefonata… hanno ammazzato Romeo !>> disse Irene tra le lacrime;<<Va bene chiuditi dentro arrivo subito… aspetta un attimo, mo chi cazzo è Romeo ?!

>>Si trattava del gattino di Irene; glielo avevano fatto trovare morto nel frigorifero .Max, dopo aver vigorosamente inserito il caricatore alla pistola (non quella d’ordinanza), uscì in fretta e furia di casa dimenticandosi di mettere i pantaloni, ovviamente dopo il terzo scalino tornò indietro a recuperarli. Arrivò nei pressi del palazzo di Irene e ci si scagliò contro lasciando la moto con le chiavi inserite nel quadro e i fari accesi.

<<Oh! Apri sono Balanza!!!>>Irene aprì velocemente la porta con le mani tremolanti e abbracciò forte Max che chiuse la porta dietro le sue spalle. La rassicurò che era tutto sotto controllo e in un secondo momento, passata la paura, cercò di farsi raccontare cosa le avevano detto, poi le suggerì di preparare velocemente una borsa perché sarebbe andata da lui finché la faccenda non si fosse rabbonita. E così fu, quella stessa notte i due andarono nell’appartamentino di Max.Appena entrati, la nuova ospite, si guardava intorno come per esplorare e capire attraverso l’arredamento chi fosse quel ragazzone con l’aria sempre malinconica. L’arredamento era spoglio, semplice con un po’ di libri sparsi ovunque, una vecchia radio, qualche bandiera e tele di paesaggi provenienti dal Sudamerica, oltre al bagno e a un letto da una piazza e mezza con un armadio pieno zeppo di adesivi di svariato tipo.

<<Carino!>> esclamò dopo qualche passo ( proprio qualcuno perché quella casa era piccolissima)<<Dici a me o alla casa?>><<Mhh, a tutti e due.>> rispose Irene sorridendo maliziosamente<<Bhe, dentro è un po’ costretto ma fuori c’è un terrazzo grandissimo.>><<Fuori hai un terrazzo?>><<Sì, devo solo scoprire dov’è la porta!>>

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Dopo aver sistemato quelle poche cose che era riuscita ad infilare nel borsone, Max le chiese, aprendo un piccolo frigorifero

<<Che ti offro? Vino, succo di frutta, ananas, Whisky, Rum, granita di limone, torta gelato…>>

Irene rispose sorpresa <<C’entra tutta questa roba lì dentro?!>> <<No, ho solo l’acqua.>> replicò con faccia seria tanto da far scoppiare a ridere la giornalista anche lei spesso contenuta per via della sua professionalità.

Alla fine, quella risata provocata dall’ironia sottile e piacevole di Balanza, finì per rompere il ghiaccio tra i due che, entrambe emotivamente “deboli” a causa del pericolo e delle avversità capitate, passarono la notte insieme in quel piccolo letto che cigolava come l’ammortizzatore di un camion da rimorchio e Max che batteva la testa sotto il soffitto che si inarcava proprio sopra il letto.“Speriamo che non m’addormento pè nà capocciata qua sotto, sai che figura de merd…” pensava preoccupato quello strano poliziotto.

(CAPITOLO V)

Il mattino seguente (vale a dire poche ore dopo) Irene si svegliò per prima e chiese a Max dove tenesse il caffè ma lui con voce “proveniente dall’oltretomba” rispose che non né aveva in casa perché non era sua consuetudine fare colazione al mattino.

<<Se ti va ci dovrebbe essere una birra in frigo.>> <<Dici sul serio?>> <<Mhh no, no scherzo dai fatti una doccia intanto io mi vesto, t’offro un cappuccio al bar.>>

Così, dopo una breve colazione al bar, dove Max consumò solo delle noccioline al bancone, i due andarono dritti dal collega di Irene, per trovare il modo di fare uscire l’articolo.Balanza restò in auto mentre Irene si diresse verso l’ingresso del palazzo dove c’era la redazione del giornale e dopo uno sbrigativo colloquio con la portiera, salì.Dopo quasi mezzora Max, innervosito, decise di raggiungerla e proprio nel momento in cui stava per aprire lo sportello ecco che scende Irene con le buone notizie.

<<E’ andata! Giusto il tempo di scrivere il pezzo che lo pubblicano nella prossima edizione. <<E la prossima edizione quand’esce?>><<Venerdì, dopodomani>>

A tal punto Max pensò che era più opportuno che Irene si trasferisse da un’altra parte e che lui avrebbe consegnato l’articolo e fatto il resto.

<<E dove vado?>><<Parenti non ne hai?>><<Certo fuori città, io non sono di qui>>

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Moriconi viveva con la sorella piccola in un appartamento contiguo alla Questura, Max convinse Irene a trattenersi lì per qualche giorno e dopo un’iniziale opposizione la giovane cedette.

Giovedì sera il pezzo era pronto per essere stampato e Massimo era altrettanto pronto a consegnarlo agli editori ma la telefonata ricevuta da Irene bloccò i presenti, che erano in casa di Walter, vale a dire: Di Romita, Max, Canale, Lopez, Esposito, Irene e lo stesso Walter, trasformandoli in statue di gesso fino alla fine della conversazione.

<<Che è successo?>> fu l’ovvia domanda di Balanza<<Non vogliono più pubblicarlo, non lo so all’improvviso…>><<Questi avranno avuto la stessa telefonata che hai ricevuto tu>> ipotizzò il commissario. <<Ci penso io non vi preoccupate.>> tranquillizzò Max mentre si adagiava la giacca sulle spalle con calma e sicurezza di chi sa già cosa fare;<<Oh mi raccomando, non farne una delle tue che qui salta tutto!>> si raccomandòDi Romita;<<E che fanno mi tolgono il lavoro e mi sbattono dentro?>><<Marescià vengo con lei>> propose Walter, scontrandosi con un secco “stattene qui”.

Con una delle sue abili trovate, Balanza riuscì ad eludere la solerte portinaia e a farsi aprire la porta dalla segretaria dello studio, poi mostrando il tesserino preso in prestito da Moriconi (nascondendone parte della foto con le dita) disse con aria feroce:

<<Sono un amico del Sig. Pappalardo>> <<Sì credo che la stia aspettando.>> rispose, molto tesa, la giovane e procace segretaria.>>

Accomodatosi nell’ufficio dell’amico di Irene, gli fece credere di essere lì per appurarsi del mancato “favore” fatto alla collega nei guai e lui abboccò.Così Balanza gli spiegò la situazione e cerco di convincerlo con le buone a pubblicare il pezzo ma lui, terrorizzato, negò implorando che lo avrebbero massacrato. A questo punto Max lo scaraventò spalle al muro e ringhiando come una belva rugliò:

<<Stamme a sentì cocco se non fai come te dico, te meno io e non so se è mejo, fai quello che devi fare e al resto ce penso io.>> <<Ma lei è il poliziotto che…?>><<Bravo 7 +, io rientro in servizio e nessuno se mette a controllà se stò bugigattolo è a posto, claro?!>><<Ma se poi…>><<CHIARO O NO?>> urlò Balanza facendo vibrare le pareti;<<Va bene ma lei mi assicura che …>><<Ahò guarda che il buono de’ stà storia so io, tu fai il tuo lavoro che io faccio il mio!>>

Detto, fatto! Il venerdì uscì il settimanale con l’articolo tanto atteso in prima pagina che, come previsto, mise in moto un battaglione di giornalisti fuori dalla questura. La strategia stava funzionando.

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(CAPITOLO VI)

Tii, Tii, Tii, il suono traumatizzante del cellulare appena in fase dormiveglia fece destare Max che con voce rauca rispose

<<Pronti!>><<Oh Max, ma che dormivi ancora alle undici?!>> domandò Gennaro Di Romita con clangore;<<Sto approfittando del breve periodo di vacanza. Oh e poi fatte li cazzi tua no?>><<Vabbè, comunque fai bene a dire “breve periodo” corri subito qui che il magistrato ti vuole vedere, ci sono buone notizie… Max?… mi senti Max?!>>

Max era saltato dalla finestra (viveva a pianterreno in un piccolo palazzo) come faceva di solito quando c’era un’emergenza, non certo quando faceva tardi! Cadde, come un equilibrista da circo, giusto sulla sua moto parcheggiata di sotto.Appena entrato in questura il nuovo agente di piantone, insediato durante la sua assenza, lo accolse con un solenne saluto formale (al berretto) e Max rispose di fretta con uno “ciao” e una pacca sul fianco.

<<Signore, signore dove va scusi?>><<Senti sono un collega vado di fretta.>><<Il tesserino lo posso vedere?>><<Lo sto andando a pijà.>> rispose lanciandosi sulla rampa di scale che portava all’ufficio del Commissario Di Romita.<<Oh eccoti finalmente il Dott. Chiaiese stava notificando il rientro in servizio con effetto immediato, ci sei mancato già troppo!>> disse sorridendo Di Romita facendo intendere, con la sua aria disinvolta, di non sapere nulla di quanto successo nei giorni precedenti.

Allora Balanza se lo prese in disparte e confabulando gli chiese di andare a ritirare l’arma e il tesserino direttamente dalle mani del vampiro.

<<Non se ne parla nemmeno, te li do io non fare cazzate proprio adesso.>> Dopo una breve contesa cedette alle pressioni di Max che gli promise, con gli occhi di un angioletto, di fare il bravo, era solo per la soddisfazione di guardarlo in faccia. I due colleghi entrarono nell’ufficio di Buglione, la porta era aperta e Massimo entrò con il braccio destro teso e con in mano il foglio di reintegro del magistrato, quasi a sventolarglielo in faccia.Il vampiro finse di andare di fretta e quindi velocizzò le cose per rendere meno dolorosa l’umiliazione.

<<Eh… tenga tenga. Ma stia attento che non finisce qui, lei tra non molto tornerà in questo ufficio per la sua negligenza e il suo fare animalesco.>>BOOM!!! Un cazzotto prese in pieno la faccia da schiaffi che, di lì a poco, sarebbe diventata da pugni. Il tutto sotto gli occhi esterrefatti e scoraggiati del povero Di Romita, seguì una gragnuola di applausi da parte dei poliziotti che sbirciavano l’evento dal corridoio.

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<<Adesso che si fa?>> Chiese Di Romita con l’aspetto ancora turbato per quanto accaduto pochi istanti prima.<<Pensavo di riprendere da dove ho lasciato, inizio convocando Buzzese per sapere se i giapponesi si sono rifatti vivi. >><<Credi che ci possa essere un nesso tra l’affare della droga che stavi seguendo e i giapponesi del capannone?>> chiese il commissario mentre camminavano lungo i corridoi della questura, avvolti dall’odore dell’inchiostro di timbri e macchine da scrivere.<<Forse, certo che quelli se la sono svignata puliti e senza lasciare tracce, non ci hanno dato neanche il tempo di capire cosa succedeva. A me è sembrato tutto premeditato. >><<Signore, mi fa vedere un documento la devo segnalare.>> interruppe il giovanissimo poliziotto di piantone nei pressi dell’uscita;<<Che?! Ah sì scusa tu sei quello di prima, ecco…>> mostrando il tesserino appena ritirato;<<Max, glielo ho detto che eri dei nostri ma questo rompiscatole è di fresca nomina, ce l’hanno mandato pochi giorni fa dalla scuola di Alessandria.>> Si scusò il vice sovr.te del corpo di guardia;<<Ah una matricola? allora sei perdonato!>> disse Max con tono scherzoso;<<Comandi!!!>> urlò il giovane guizzando sull’attenti facendo sobbalzare il povero Balanza che stava per riattaccare discorso col suo collega e superiore.<<Ahò, che è sta cosa?>><<Ehm, il saluto>> rispose con un impacciato sorriso Di Romita;<<Senti!>> disse Balanza con tono di rimprovero <<Se vuoi salutarmi dici ciao, chiaro?>><<S… Sì Signorsì.>><<Bravo, sennò ti faccio trasferire a Olbia!>> concluse con un occhiolino.

(CAPITOLO VII)

Massimo assecondò l’idea che gli era venuta e convocò il Buzzese che prontamente si presentò in questura.

<<Chesta cazzo e' macchinètt …>> ringhiò un’agente mentre schiaffeggiava il distributore automatico nel corridoio al secondo piano.<<Permetti ?!>> chiese cortesemente Max, come non gli era solito fare.BOOM! Un colpo secco tuonò facendo schizzare fuori decine di merendine e litri di caffelatte.<<Ahò, ma quanto c’avevi messo qui dentro?>><<Mille lire, ah ah ah>> rispose il collega mentre si dileguava con il goloso malloppo.Alla scena assisteva il Signor Buzzese che vide Max e lo salutò: <<Caro maresciallo! >><<Ah Signor Buzzese! Grazie per essere venuto, spero di non averla disturbata.>><<Macché è mio dovere contribuire dopo quello che è successo. A proposito come posso aiutarla?>><<Venga nel mio ufficio>> invitò Balanza aprendo la porta del bagno degli uomini.>>

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<<Ma questo non è il…>><<Sì lo so e che sono rientrato da poco in servizio e allora devo riorganizzarmi un po’. Prego si accomodi lì.>> indicando il water;<<Sì… grazie.>> rispose Aldo perplesso;<<Landi ti dispiace?>> chiese Max ad un poliziotto che si stava lavando le mani.>><<Oh Max, rompiHoglioni, quando prendi provvedimenti?! Hodesto cesso né mica un ufficio!>>

Balanza chiuse a chiave la porta e chiese al Signor Aldo se sapesse qualcosa sui giapponesi e lui rispose che si erano presentati la prima volta dicendo che gli interessava il magazzino e perché serviva per depositare della merce. Erano stati gentili e disposti a pagare anche bene.

<<Io accettai, anche perché avevo molto spazio inutilizzato. Poi notai che certi “dipendenti” avevano delle brutte facce e così decisi di parlarne con la polizia.>><<Il capoccia come si chiama?>><<Mha?! Un certo Takashi se ricordo bene. Sa, sono nomi stranieri non è facile ricordarli.>><<Certo era meglio se si chiamava Pasquale. Ma questo giovanotto com'era fatto, io in quella confusione non sono riuscito a vederlo bene.>><<Mha?! Per me sono tutti uguali: capelli neri lisci, occhi a mandorla…>><<Ma un segno particolare, una bruciatura o un…>><<Un tatuaggio!>> Esclamò lieto Aldo; <<Sì un tatuaggio, una specie di fiore chiuso dentro un cerchio.>>

Max restò a pensare per alcuni secondi poi ruppe il silenzio dicendo:<<Va be grazie, lei si tenga reperibile e stia attento. Se dovesse ricordare o venire a sapere qualche altra cosa mi chiami a questo numero.>><<Dott. Del Gaudio ginecologo?!>><<Eh? No quello è un amico a cui faccio un po’ di pubblicità, lasci perdere.>>

Max si recò immediatamente da un collega dell’ufficio stranieri per chiedere di quel tatuaggio e lui gli consegnò un faldone contenente dei fascicoli che riportavano una sequela di simboli da controllare al computer, quando ad un tratto squillò il telefono.

<<Hola!>><<Ma che sei diventato spagnolo?>> domandò la voce femminile di Irene al telefono;<<No, il mio segretario è cubano, allora?>><<Allora? Sono giorni che non ti fai più sentire, e poi a che punto sei con le indagini non mi hai fatto più sapere nulla.>><<No, è che ho molto da fare, adesso sto cercando un fiore.>><<Un fiore? Ma che razza d’indagini fai?!>> chiese Irene ridendo;<<Ehm. Ok, facciamo così: stasera mangiamo qualcosa insieme e ti aggiorno su tutto, ti va?>> propose Max di malavoglia. <<Ok, cinese?>><<E perché non giapponese!>> suggerì scocciato.

La sera stessa i due s’incontrarono e Max spiegò quello che era successo e cosa aveva intenzione di fare, allora Irene, preoccupata cercò di dissuaderlo da quell’impresa.

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Dopo cenato, i due giovani si rilassarono su una piazza che affacciava altissima sulla città, rendendo un incantevole panorama. Il clima di angoscia e paura finì per concludersi in atteggiamenti intimi.Qui Max si mostrava refrattario respingendo più volte la bella reporter, senza però specificare i motivi. Tale comportamento provocò la reazione di Irene che, con collera, gli disse:

<<Una scarpa vecchia vero, questo sono. E io che credevo… come si chiama?>><<Chi?>><<Lei, chissà quante puttane che incontri…>> sillabò singhiozzando Irene quando Max rispose con disinvoltura:<<Ma che dici… l’unica persona che vedo quando torno casa sono io nello specchio. C’ho na’ faccia!>> e riprese <<Vedi io sono come re Mida, solo che io trasformo in merda tutto quello che tocco. E tu sei tra le poche persone che…>><<È una scusa!>> interruppe Irene;<<Ti va di sentire una storia?>> Irene fece un’espressione di curiosità che funse da affermazione e accomodò la testa sulle gambe di Balanza mentre guardava quello splendido panorama che sembrava essere saltato fuori da una cartolina;<<Vedi io non ero proprio come sono adesso. Anzi ero diligente, solerte e spesso premuroso che tutte le cose andassero per il meglio.Durante i miei primi anni in polizia, incontrai una ragazza straniera che viveva da molti anni in Italia per lavoro, ci innamorammo. Sai all’epoca ero molto più sentimentale e sognatore, parevo na’ femminuccia!Facevo servizio a Roma, davo la caccia, con una squadra di altri quattro colleghi, a una gang che chiedeva il pizzo ai negozi, poi questi forzarono la mano e arrivarono a controllare: negozi, locali, gioco, prostituzione etc. Iniziarono a fare sul serio, in principio si limitavano a incendiare auto e negozietti ma poi arrivarono a compiere omicidi, gambizzazioni, a mettere piccoli esplosivi.Una sera, faceva freddo, ma un freddo che i denti in bocca ti ballavano la samba, io ero a casa perché un paio di giorni prima caddi dalla moto e avevo la caviglia rotta e una costola incrinata.Lei era a letto con me, eravamo al caldo... Le venne voglia di dolce, era ghiotta di cioccolato.Io avevo in macchina delle barrette di cioccolato a latte, le compravo per lei come facevo sempre per farmi perdonare dopo che litigavamo. Le volle per forza andare a prendere. La mia macchina era parcheggiata davanti al portone e, mentre s’infilava il mio cappotto verde, disse “E che ci metto?” … lo metto ancora adesso quel cappotto quando fa molto freddo e sono per strada di notte. Scese e prima di uscire dal palazzo alzò il collo del giubbotto sulla testa per proteggersi dal vento gelido. Entrò nell’abitacolo, e perse un po’ di tempo a cercare la cioccolata perché era nel cruscotto, quindi chiuse lo sportello.Io guardavo la televisione, davano quella pubblicità sulla menta fredda, la ricordi? In quel momento sentì una raffica di mitra. Capì tutto quello che era successo come se fossi stato presente, saltai giù dal letto, impugnai la pistola e mi gettai giù per le scale con una tale velocità che in dieci secondi arrivai dal quarto piano fino a giù.

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Avevo paura, una paura che non ho mai più provato, è per questo che io nelle stronzate che faccio adesso non sono coraggioso perché di paura non ne ho.Quando aprii il portone fui sorpreso da una nube il fumo che fuoriusciva dalla macchina, i colpi avevano preso il cofano e frantumato il parabrezza… quella puzza di polvere da sparo…Rimasi di pietra, ero tutto bloccato non sentivo il freddo sulla pelle, il dolore alle ossa rotte.Poi pensai che potesse essersi salvata perché, per aprire il cruscotto, avrebbe dovuto abbassarsi. Con un pizzico di speranza aprì velocemente lo sportello.>>

Gli occhi di Irene si spalancarono mentre fissavano le labbra di Max che tranquillo guardava il panorama come se quello che diceva si stesse riproponendo lì davanti;

<<C’era sangue dappertutto.>> riprese Max <<Lei era stesa sui due sedili anteriori con gli occhi aperti che pareva viva. Io provai a rianimarla, a parlarle. Era morta, ma non subito. Sulla sua faccia c’era un rivolo di lacrima. Il pigiama era tutto sporco di sangue…>><<E’ terribile, non ho parole, non sapevo.>> balbettava Irene;<<Per precauzione mi sospesero dal servizio per evitare che facessi casini, ma io riuscì a trovare uno dei bastardi che l’aveva ammazzata. Dovevano ammazzare me, da quella sera la mia vita non mi appartiene più. Gli puntai la pistola in faccia… stavo per sparare. Poi mi venne in mente, non so perché in quel momento, a quando ci conoscemmo, successe a Milano c’era una manifestazione ed io la tolsi da sotto i manganelli.Ci furono dei tafferugli cruenti, tipo “anni di piombo”, tre guardie rischiarono di essere radiate dal corpo. La raccolsi da terra come un gatto ferito e le chiesi se stava bene, poi la portai all’ambulanza per farla medicare e mentre il medico le suturava una ferita con dei punti lei mi farfugliò “tu non sei uno di loro” ed io le risposi “certo, io sono un poliziotto!”.La convinsi, dopo quell’episodio, che non c’erano solo poliziotti come quelli che aveva “conosciuto” lei, o come quello stronzo di Marzio. Così sputai in faccia a quell’infame e dopo averlo spogliato nudo lo ammanettai ad un palo della luce e chiamai la polizia.>><<Lo hai mai raccontato a qualcuno?>> domandò Irene;<<No, a parte te non lo sa nessuno.>><<A me non accadrà nulla!>><<Irene, io avrò sempre qualcuno che mi verrà a cercare. Ogni volta che torno a casa, prima di andare a pisciare, mi tocca controllare tutte le stanze. Non credi che meriteresti qualcosa di meglio, uno che ti passa a prendere al lavoro e ti porta a cena fuori o che ne so una famiglia regolare, normale.Vedendo il volto sconsolato di Irene, Max decise di farle una proposta:<<Famo così, tienimi per un periodo in prova, basta che non butti lo scontrino però perché altrimenti non sono restituibile.>><<Scemo!>>

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Il pomeriggio dopo Balanza, seduto dietro ad un computer dell’ufficio stranieri, esclamò ad alta voce: “ LA SETTA DEI PETALI BIANCHI!>”La gang finalmente aveva un nome e una storia. Secondo la scheda, in origine, era una famiglia sola la cui fazione più violenta, seppure in netta minoranza, si dissociò.La maggioranza, più “cauta e mansueta” si sgretolò dopo pochi anni lasciando campo libero all’ala cruenta da cui si era scissa che, incapace di tenere a freno le armi, cominciò a fare lavori in territori stranieri operando esclusivamente come un esercito di mercenari, approfittando dell’abilità nello sterminare i propri nemici. Max decise di andare da un suo informatore che bazzicava spesso tra i commerci di vestiti e CD contraffatti gestiti da asiatici.Treeen, il suono freddo del citofono;

<<Chi è?>><<Amici.>><<Ma amici di chi?>><<Daglie mille lire sò Max, apri movete.>>

Al primo piano di un’abitazione fatiscente si aprì una porta tutta beige e con al centro un pomello tondo grosso quanto il pugno di una mano. Dietro non compariva nessuno, ma il tempo di salire l’ultimo gradino che ecco che apparve in vestaglia un uomo grassoccio, basso e con dei baffetti sottili. Una macchietta ma con in viso uno sguardo serio e gnomico.

<<Maresciallo carissimo, prego prego accomodatevi. Prendete un caffè, lo fatto con la macchinetta.>>

Insisteva quel piccolo uomo che, alla vista di Balanza, si rabbonì in viso;<<No mille lì , mi devi fare un favore.>> chiese Max con aria stanca;<<A disposizione!>> esclamò con un marcato accento napoletano;<<Tu sai tutto su quello che gira nei traffici commerciali asiatici?>>

Mille lire annuì.<<Allora sai anche chi li gestisce?>><<Veramente …>><<E che si gestiscono da soli mille lì? Senti io devo solo sapere dove trovo… la setta… dei petali… bianchi.>><<NO! Marescià è tardi io devo andare a casa, mia moglie sarà in pensiero se non me vere arrivà.>><<Mille lì!>> rispose con indifferenza Max <<Sei già a casa.>> indicando le mura.<<Quante volte ti ho coperto? T'ho fatto sempre lavorà? E lo sai perché? Tu sei uno tranquillo e non hai mai ammazzato nessuno, quelli invece hanno ucciso un collega e chissà quante ne faranno se non li fermo.>> Mille lire prese una schedina del lotto e dietro scrisse il nome di un bar dicendo che avrebbe trovato un giapponese con dei capelli lunghi raccolti in un codino. Era un esponente della banda.

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(CAPITOLO VIII)

Balanza parlò a Di Romita e ad altri colleghi, alcuni dei quali avevano preso parte allo scontro a fuoco in cui morì l’agente Caruso, proponendo di formare una squadra clandestinamente; non bisogna dimenticare che Marzio era ancora in servizio anche se “stranamente” in ferie.La squadra doveva pedinare il giapponese segnalato dall’informatore di Max che, presto o tardi, li avrebbe portati nella “tana del lupo”.

<<Come mi rompo di fare appostamenti, uffa!>><<Dillo a me. Non mi sento più il culo.>> chiacchieravano i due poliziotti in osservazione davanti al bar “dei fiori”>><<Mani in alto polizia!>> intimò Max spaventando i due agenti.<<Ahh, Max ma vaffanculo!>><<Allora, che ha fatto sto belli capelli da stamattina?>> chiese Max mentre si accomodava sul sedile posteriore con un pacchetto di crocchè tra le mani.<<Praticamente niente, se n’è stato lì davanti a leggere il giornale e a bere litri di caffè.>><<Senti Max, ma non è che stiamo perdendo tempo? Questo è da giorni che non si muove da lì sotto, la sera torna a casa e la mattina tardi torna qui.>> chiese l’altro poliziotto;<<Potrebbe essere una vedetta, chissà che non ci sia qualcosa in quel bar.>><<E facciamo un blitz no?!>><<Si con quale mandato, poi se non si trova niente ci sputtaniamo da soli!>>

Proprio in quell’istante arrivò una macchina sportiva blu tutta truccata che, dopo essersi fermata davanti al bar per qualche secondo, si carica a bordo il giapponese e vola via.I tre poliziotti la seguirono tenendosi a distanza per non farsi scoprire, rischiando anche di perderla di vista, poi l’auto prese per un viottolo di campagna che spunta sotto ad una rampa della tangenziale. Dopo qualche chilometro scese dalla superstrada per giungere in un quartiere malfamato della città.A un vicolo strettissimo, la macchina sospetta, svolta e qui Max ordina ai colleghi di fermarsi perché altrimenti avrebbero dato chiaramente nell’occhio.

<<Lopez tu resta in macchina, Canale tu vieni con me.>>I due si scorsero meticolosamente dietro un muro che precedeva un vicolo così tenue che la macchina blu ci passò appena. Dall’auto scesero, dai sedili anteriori due uomini che non erano asiatici, mentre da dietro scese il giapponese che abbracciò fervidamente uno dei due sospetti. Poi entrarono tutti e tre dentro una casa di poco rialzata da terra accessibile da una breve scalinata.

<<Oh, ma che fanno questi marescià?>><<E che ne so, avranno organizzato un torneo de Playstation!>>.

La sera stessa i componenti della squadra si riunirono per decidere il da farsi, Balanza propose di andare a scoprire cosa nascondeva quel basso in periferia ma Di Romita non era d’accordo

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perché era pericoloso e se qualcosa andava storto, sarebbe stata compromessa l’intera operazione.Così, dopo aver vinto lo scetticismo del commissario Di Romita, si giunse ad un compromesso; la squadra si sarebbe infiltrata lì dentro senza farsi notare seguendo, però, un piano prestabilito consigliato da Max.

<<Che cosa hai? Sei più cupo del solito. >> domandò premurosa Irene<<Niente, come sta andando il lavoro?>> rispose Max con una domanda<<Forse lavorerò in un telegiornale regionale, ma c’è il rischio che mi mettano a condurlo, sono preoccupata!>>.<<E di che?>><<Di apparire in televisione, m’imbarazzerò di sicuro. Forse inizierò con le edizioni della notte…>><<Eh, così se credono che è un film horror, brutta come sei!>><<Vaffanculo!>> rispose sorridendo Irene;<<Devi fare qualcosa di pericoloso vero? Te lo leggo negli occhi.>>

Dopo qualche esitazione Max ammise vagamente che avevano scoperto qualcosa di scottante e che presto sarebbe finito tutto, ma le rassicurazioni non valsero nessun effetto a Irene che si agitò temendo per la vita di Max.Una settimana dopo, tutti i membri della squadra si stabilirono con un furgone giallo limone nei pressi del vicolo della casa da perquisire.

<<Ah Troise ma n'do cazzo l’hai pijato stò coso, c’è manca solo che mettemo la sirena si nù c’hanno ancora visti!>> effettivamente era di un giallo così accesso che si poteva vedere anche nella nebbia fitta.<<Oh, io chistu aggio trovatò, anzi facimme ambress ca’ o’ cumpagn mie ce serve.>><<Vabbè, tutti sapete cosa fare, al lavoro!>>

Lopez e Canale si diressero all’ingresso dell’abitazione in giacca e cravatta e con una valigetta piena di volantini religiosi. La porta si aprì e un giapponese comparve dietro all’uscio con una faccia assonata. Prontamente Max, in compagnia di Walter, con un taglierino recise il contorno della finestrella del bagno e ci si intrufolò furtivamente dentro con il collega.

<<Marescià ma poi come la rimettemo a posto sta finestra?>><<Non la rimettiamo, a posto ci penso io.>> disse nascondendo un pallone di cuoio dentro un cassonetto;

Mentre fuori Lopez si destreggiava con uno dei suoi soliti discorsi logorroici sulla religione (essendo un religioso incallito era anche un eccellente chiacchierone) Balanza e Moriconi entrarono nel bagno e Max cadde con un piede nel water. Da quel momento, l’operazione fu accompagnata da una serie di atti buffi e maldestri caratteristici dell’operato del sovr.te Balanza.La camera contigua al bagno era di poco più grande di uno sgabuzzino e dentro vi era riposta una cassa di legno con un piccolo lucchetto ad arco. Max tirò fuori un coltello a scatto e dopo pochi tentativi riuscì ad aprirlo senza tralasciare segni di scasso.Sotto il coperchio, un cartone copriva decine di buste di cellofane farcite con della cocaina.

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Balanza ne raccolse un pizzico sulla punta del coltello e assaggiandola esclamò <<Ahó, chissà com’è nel caffè?>>Proprio mentre i due agenti stavano per uscire dalla finestra del bagno da cui erano entrati, il giapponese mandò a quel paese Lopez che si stava appassionando anche a quella futile discussione di copertura.All’improvviso suona la porta e ad entrare sono due tipi che subito socializzano col giapponese.Max e Moriconi si chiudono in un armadietto semivuoto vicino alla porta del bagno e quando i tre iniziano a parlare, Balanza aguzza le orecchie attentamente come se conoscesse una delle voci degli ospiti, quindi prese il cellullare di Walter e tentò vanamente di attivare la registrazione.

<<Come se registra co st’affare?>> “urlò” a bassa voce;<<Menù rapido, strumenti, accessori poi avvio registrazione con il tasto …>><<Tiè, fai te!!!>><<Allora non ci sono problemi se questa volta siamo venuti di persona a prelevare il carico?>> chiese la voce misteriosa;<<No, venite è qui dietro.>><<Ottimo! “Big Boss” ne sarà felice. >> presero la cassa e se ne andarono.

Max e il collega, con passo felpato, rientrarono in bagno.<<E adesso?!>> domandò Walter indicando la finestra rotta, così Max aprì il cassonetto dei rifiuti e, dopo una selvaggia lotta con dei gatti, riprese il pallone e lo tirò dentro il bagno dopo aver frantumato vetro staccato poc’anzi gettandolo sul pavimento.

(CAPITOLO IX)

L’indomani, la squadra si riunì al solito posto, lontano da eventuali impiccioni.Oramai avevano le prove che i giapponesi si occupavano di occultare e talvolta trasportare la droga; ma per chi? E Marzio quanto centrava in questa storia?<<Eppure io quella voce la conosco>> disse Max tenendosi la fronte con la mano sinistra mentre nell’altra stringeva una “cerveza”.Moriconi, anche lui presente, asseriva di non aver fatto caso alla voce del corriere a casa del giapponese, Di Romita ipotizzò che poteva trattarsi della malavita organizzata e questo giustificherebbe il riconoscimento della voce da parte di Max che conosceva più delinquenti che poliziotti.Il gruppo si sciolse lasciando come sempre un mistero da risolvere che, nella notte, avrebbe arrovellato le menti di tutti i presenti.

<<Daglie, entramo dentro che fa freddo!>> suggerì Max a Irene mentre tentava di aprire la portiera della sua vecchia e obsoleta vettura.

Una macchina fantastica: il freno a mano non prendeva mai, per azionare le spazzole occorreva accendere l’autoradio e con la manopola del volume se ne regolava la velocità. Pigiando sul clacson lampeggiavano gli abbaglianti e infine, per metterla in moto, la parola magica: “mortacci tua”, con capocciata al volante incorporata.

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Ogni volta che Irene gli consigliava di buttar via quel macinino sgangherato, lui rispondeva con estrema serietà “E n'dò la trovo poi na machina che m’arriva a due e venti in… due giorni!”.Nella limpida e serena mattinata, poche ore dopo l’incontro, un uomo sui sessant’anni, dopo ore di girovagare tra la burocrazia degli uffici della questura, irrompe, con le mani oberate da carte e documenti vari, nell’ufficetto di Balanza che dormiva teneramente con i piedi poggiati sulla scrivania, piena di bucce di mandarino.Dopo qualche colpo di tosse, enfatizzato come per richiamo, la voce cavernosa del dormiente Max esclamò <<E pijate quarcosa pè sta tosse a nonnè!>>

<<No! Guardi scusi, mi sono perso! Sto cercando l’ufficio denunce, potrebbe indicarmelo?>>

Lo sguardo apatico di Max ebbe una scossa <<Certo, secondo piano terzo ufficio sulla destra. Chieda del Commissario capo Paolo Càzzaro.>>

<<Ah, sì sì vado!>><<Eh, vai vai…>> rispose Massimo con voce bassa e un lieve sorrisetto che la diceva lunga.

Balanza si alzò, e dopo un’interminabile stiracchiata, disse al collega di fronte: <<Vado a cambiare l’acqua alle olive!>><<Che fai?>><<Vado a piscià!>>

Mentre Max era al bagno “a rilassarsi”, con la testa poggiata contro il muro, udì due persone entrare.I due parlottavano ma non si riusciva a capire l’oggetto della discussione, finché uno dei due uscendo esclamò:

<<Salve, Big Boss!>>Max ebbe un sussulto, uscì dal bagno in fretta, con l’affare di fuori ancora urinante, si affacciò alla porta e vide i due di poc’anzi uno dei quali con una mano sulla spalla del Vice Questore Agg. Marzio.“Lo sapevo!!!” esclamò Max fra i denti.Di corsa, si precipitò nell’ufficio del Di Romita, prese brutalmente le due persone che gli erano sedute di fronte per fare una denuncia e li sbattè fuori.

<<E’ lui!!!>> esclamò nervosamente<<Ma… ti pare il modo, noi siamo al servizio del cittadino, e tu butti quei due fuori…>><<Sì? E al servizio mio chi ce so’, i pompieri?>><<Vabbè cos’è questa novità?>> chiese con pazienza Gennaro<<Il capo della banda è quello stronzo di Marzio! Ne sono sicuro adesso!>><<Ma che dici, come fai ad esserne sicuro? Lo sai, non possiamo agire senza…>><<E no, tutto torna! Lui dev’essere il corrotto, perciò ha architettato quella trappola con i giapponesi.>>

Max proseguì raccontando quanto aveva appreso mentre era in bagno, era la conferma che i nostri aspettavano per agire.

<<OK! Avverti gli altri, ci vediamo al solito posto alla fine del turno.>>Max uscì e disse ai malcapitati cacciati sgarbatamente poco prima:

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<<Prego, siamo al servizio del cittadino!>><<Ma vaffanculo!>> fu la prevedibile risposta.

Massimo andò nel parcheggio per avvisare i colleghi dell’incontro e mentre passava dall’ingresso, fu fermato dall’agente Morra. La ”matricola”, lo avvertì che Gambino lo cercava infuriato e manco a farlo apposta, la voce del Commissario capo tuonò tra i corridoi: “BALANZAAAAA”.Probabilmente il vecchietto era riuscito a trovare il dott. Càzzaro!

(CAPITOLO X)

<<Allora che si fa?>> chiese spazientito l’agente Troise.<<Beh, Max dovrebbe arrivare a momenti, vabbè, ora vi spiego tutto io nel frattempo che aspettiamo.>>

Di Romita spiegò minuziosamente ciò che gli aveva riferito la mattina stessa Max. Moriconi e Troise non credevano alle loro orecchie, se così fosse Marzio si confermava colpevole.La cosa stava diventando sempre più grossa anche per Balanza che non ci pensava due volte a mandare a quel paese un superiore, ma mandarlo in galera era troppo, forse.

<<Ahó finalmente!!!>> esclamò Walter allargando le braccia.<<Che vai de prescia, tanto n'do è che devi annà?>> rispose Max <<Irene non è venuta? Credevo che avessi perso tempo perché eri andato a prenderla.>><<No, le ho chiesto di starne fuori da questa storia, adesso la faccenda si fa incandescente.>> <<Non sarà un semplice scandalo, per questo vi abbiamo convocati tutti.>> proseguì Max, poi aggiunse: <<Io ho sempre fatto questo mestiere “a modo mio” e sono sempre stato criticato ma non me ne mai fregato niente. Però m’incazzo quando mi dicono che non dovrei fare questo mestiere, perché dopotutto non ho mai perso di vista il vero obiettivo, quello sbattere dentro gli stronzi come Marzio.>>

Tutti sorrisero ascoltando le parole di Max, anche perché non era abituato a fare certi discorsi così “idealisti”; proseguì:

<<Ecco, io stasera vi chiedo che mestiere volete fare? C’è chi ha famiglia, chi una carriera, chi una vita davanti. Se perdiamo siamo sputtanati a vita, se vinciamo non so cosa succederà. Io ho deciso di continuare a fare questo lavoro come ho fatto fino adesso e quindi di andare a prendere a calci in culo Marzio, anche perché sarebbe il minimo da fare per il povero Caruso.

Dopo una breve pausa tutti erano sicuri sul da farsi, tranne Di Romita che rimase scettico. Poi, guardò Max con brio e sospirò dicendo:

<<E si và! Sennò se ti lascio solo chissà che altri guai mi combini!>>Il piano stabilito consisteva nel seguire i due poliziotti che Max aveva riconosciuto in questura, che poi erano gli stessi che si trovavano in casa del giapponese.

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Dopo meno di una settimana, i nostri conoscevano tutti gli spostamenti dei due “corrotti”, questi due agenti non solo coprivano gli spacciatori locali ma li rifornivano di coca gentilmente passata dai giapponesi. In altre parole erano più che complici; c’erano dentro fino al collo!Balanza ebbe un’idea: mettere una cimice addosso a uno dei due colleghi.

<<Sì, bella idea, non lo sai che per certe cose ci vuole il permesso del procuratore?>> domandò ironico Di Romita;<<Scommettiamo che ne rimedio una lo stesso?>><<E chi te la da?>> Max rispose con una smorfia.

L’indomani, Walter e Max, aspettarono che i due poliziotti andassero a fare colazione al bar come era loro consuetudine. Massimo indossava una sciarpa grigia e nera sotto una paio di occhiali scuri e uno zuccotto di lana che gli coprivano quasi integralmente il volto.

<<Marescià perché siamo qui stamattina?>> chiese Walter mentre fissava incuriosito l’insegna del Caffè S. Donato, il solito ritrovo dei poliziotti della zona.<<Dobbiamo mettere la cimice, ti va un cornetto?>><<No grazie, ho già fatto colazione.>><<Un caffè?>><<No, grazie marescià.>><<Allora: o te pigli nà vodka lemon oppure offri qualcosa tu a me. È per la copertura Moricò! >>

Entrati nel bar, al bancone c’erano i due poliziotti da fregare con la microspia. Con calma, sorseggiavano dei caffè e guardavano il TG della mattina commentando, sottovoce, un servizio ogni volta che terminava.Max poggiò le mani sul banco in attesa del suo caffè. Prese il cucchiaino dalla zuccheriera e ne versò tre dentro la tazza dopodiché, con una mossa da maestro, infilò delicatamente la mano nella tasca della giacca dal collega per poi tirare fuori un cellulare. Un lavoro da borseggiatore esperto! Abilmente, Moriconi, intenditore di elettronica, inserì la cimice in pochissimi secondi. <<Andiamo a lavorare và!>> propose uno dei traditori. <<Scusa cumpare, il telefono è tuo?>> chiese Balanza.

<<Sì grazie, quasi lo dimenticavo. Ma non ricordo di averlo poggiato qui.>><<Figurati, io una volta mi sono ritrovato una macchina nuova sotto casa, e non ricordo di averla comprata. Cose che succedono!>> l’agente gli rispose con un sorriso.

Con la registrazione in casa del giapponese e i movimenti ormai conosciuti dei “colleghi”, si poteva organizzare un bel colpo con il permesso del magistrato.Sì, ma come chiedere il mandato? La situazione sfiorava il ridicolo, almeno quattro o cinque poliziotti erano implicati in quel losco giro e per di più il capo della mobile ne era il “boss” anzi il “big boss”. Bisognava pizzicarli sul fatto, quindi presentare al magistrato tutte le prove ottenute in precedenza. Fu così che la squadra: Max, Di Romita, Walter, Troise, Canale e Lopez, organizzò un blitz in un capannone molto simile a quello dove morì l’agente Caruso, dove sarebbe avvenuto uno scambio importante a cui avrebbe partecipato anche Marzio.

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Era un lunedì, l’incontro era fissato per giovedì notte stando a quanto scoperto tramite le intercettazioni, il piano prevedeva di irrompere con decisione e prontezza senza ripetere gli errori della prima volta; ora sapevano a cosa andavano in contro.“O ci vuole Rambo o ci basta Max!” esclamò Troise la sera del “meeting”, inoltre, armati di mitra, giubbotti e con l’ausilio di una videocamera che avrebbe ripreso l’evento, i nostri avrebbero circondato il capanno per farvi irruzione, ma prima, una volta neutralizzato i “pali” e le automobili fuori, l’idea di Max fu di utilizzare decine di lampeggianti con una registrazione vocale fatta al megafono. Con questa idea bizzarra si poteva fare in modo di essere molti di più a partecipare al blitz!La squadra era posizionata magistralmente nelle postazioni assegnate, i volti erano serissimi, quasi irriconoscibili. Anche Max mostrava un’atipica concentrazione, non era da lui.Puntuale, si avvicinò una macchina di lusso, tutti si allertarono. Prima uscirono due tipi di cui uno risultava essere il poliziotto della questura, quello che aveva visto Balanza al gabinetto.

<<Sto fio de nà mignotta!!!>> esclamò Max sottovoce.Dalla stessa auto uscì anche l’invitato speciale: Marzio.Insieme con gli altri entrò nel capannone, l’atmosfera era irreale. Il piano procedeva come stabilito e ciò creava sollievo nel contempo stupore.Tutti aspettavano l’ordine del via. In basso, sotto gli occhi dei poliziotti posizionati nelle parti alte del capannone, vale a dire sulle ringhiere, iniziava con tranquillità l’incontro tra “corrotti e corruttori”.Marzio strinse la mano a uno dei giapponesi, i due si salutarono come vecchi amici. Tutt’intorno decine di uomini armati di tutto punto.All’improvviso, alle spalle di Max e Lopez si udì un rumore; era uno dei tirapiedi che saliva le scale per controllare che non ci fossero ficcanaso. Il volto di Canale impallidì quando Balanza annunciò attraverso la radio che c’erano visite. Max si guardò intorno cercando qualcosa da usare per colpire il guastafeste ma Lopez lo interruppe:

<<Tieni! Prova con questo!>> sfilandosi un anfibio.<<Che li voi fa morì con la puzza?!>>

Max si nascose dietro un uscio che portava alle ringhiere, tutti assistettero con ansia all’esito, mancava solo una musica di suspance in sottofondo.BAM! Il giapponese si stordì ma subito si riprese voltandosi verso Max che rapidamente impugnò la pistola per la canna e la picchiò ferocemente sulla testa del guastafeste.

<<Eh buonanotte!>> esclamò affannato Lopez.<<Beato tè che poi dormì! Namo a lavorà và!>> rispose Max indicando il malcapitato.

Nel frattempo il boss della banda poggiò una valigetta su un tavolo da biliardo vecchio e impolverato, e la aprì. Era pieno di banconote del taglio da cinquecento mila lire.

<<Mai viste così tante tutte insieme>> disse esterrefatto Lopez.<<Io manco una sola!>> aggiunse Max con l’acquolina in bocca.

Marzio sorrise soddisfatto e strinse nuovamente la mano al boss.<<Stai riprendendo tutto Gennà?>> domando Balanza a Di Romita che quella sera s’improvvisò cameraman.

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Quindi Massimo tirò fuori il cellulare dal giaccone e compose il 113.<<Commissariato Vomero.>><<Salve, sta succedendo qualcosa di sospetto in un capannone di Via Pigna...>><<Ah sì? E lei chi è?>><<Chi sono?>> riattaccò.<<La fatina buona del cazzo sono!>>

La festa stava per finire e i rinforzi tardavano ad arrivare, Max decise d’intervenire perché voleva prenderli sul fatto ed evitare di affidarsi a una semplice registrazione.

<<Di Romita, pronto?>><<Eccomi!>><<Gennà, stavolta dai tu il via.>>

Di Romita tirò un forte respiro…. <<VIA, BLOCCATE LE USCITE!!!>>Max sparò un colpo in aria ma non per intimorire i gangster, piuttosto per provocarli.Uno di questi rispose immediatamente al fuoco e Balanza lo freddò con un colpo preciso alla testa mentre intorno scoppiava l’inferno. I proiettili fischiavano da tutte le parti, l’unico che riusciva e destreggiarsi in quel caos era Max che sembrava non temere le pallottole.Il volto di Balanza si riempiva di rabbia e allo stesso tempo il suo corpo sembrava non accusare la stanchezza e il freddo; Nella sua mente tornavano le immagini di quella notte: le scale di corsa, la gamba rotta di cui non avvertiva più il dolore, la macchina piena di fori, il pigiama insanguinato.

<<MASSIMO BASTA!>> urlò una voce che sembrava provenire da lontanissimo, come quando si ode qualcosa in acqua.

Era Di Romita che ordinava lo stop dell’operazione, erano finalmente arrivati i nostri!Max si fermò, s’inginocchiò in terra dove poggiò la pistola ancora rovente e si passò una mano tra i capelli.

<<Stanno tutti bene?>> chiese Max con gli occhi tracimanti di lacrime.<<Certo. E tu?... Non sei intervenuto solo per le prove giusto! Ti ho visto sai? Chi volevi vendicare? Caruso?>><<Anche lui, sì.>> rispose Max ansimante.

Un attimo dopo si guardò intorno e capì immediatamente che qualcosa non andava, anche se tutto appariva regolare.

<<Cosa c’è? Qualcosa non va?>><< Eh no, se semo persi er capoccia!>><<Er capoccia? Ma di chi parli?>><< Er coso la, Big Boss, è scappato… io vado.>> disse frettolosamente Max mentre riprendeva da terra la pistola si dirigeva verso l’esterno del capannone. Walter lo vide e intrepido disse:<< MAX, vengo con te!>> Massimo meravigliato fece cenno con la mano di muoversi.

I due inseparabili colleghi piombarono nella vettura del Di Romita, un’Alfa Giulia del ‘70, con sguardo truce, Max montò l’amovibile sul tetto e si misero subito all’inseguimento del fuggitivo.

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Immediatamente, riuscirono a rintracciare “Una Fiat Croma scura che si dirigeva ad alta velocità verso Via Piave”, almeno stando a quello che segnalava la sala operativa. Le auto non si perdevano d’occhio un secondo, sembrava di assistere a un film; ma era realtà, infatti, Balanza e Moriconi erano incazzati davvero!La sirena sul tetto della Giulia sembrava urlare a Marzio di fermarsi.La notte seguiva impassibile quanto accadeva, le luci dei lampioni della città erano come dei riflettori di uno stadio, la gara proseguiva senza vincitori né vinti.

<<Avvicinati più che puoi!>> ordinò cazzuto Max al collega che non deluse il suo stimato superiore. <<Ma che vole fa a marescià?>> <<Vado a pijà n’cornuto per le corna!>> disse Max tronfio, la sua voce era confusa nel vento tagliente di quella fredda notte.

Con un balzo felino, Balanza entrò nell’abitacolo della macchina di Marzio dallo sportello posteriore al guidatore e, dopo una breve colluttazione, riuscì a tirare il freno a mano stampandosi violentemente con la schiena contro il vetro anteriore dell’automobile. Dopo un calcio sferrato con la pianta del piede sul volto di Marzio, riuscì a spegnere il motore approfittando dello stato confusionale del Vice questore Agg. che giaceva stordito con il viso mezzo tumefatto.Moriconi tirò Marzio fuori dalla macchina e mentre gli metteva le manette affermò:

<< Dovrebbe ammanettarlo lei, marescià.>><< Io gliè metterebbe le catene!!!>> rispose Max con un copioso affanno.

Massimo si sedette sul cofano caldo del Alfa di Gennaro, nel frattempo che arrivavano i rinforzi. Il relax durò pochi istanti, le sirene cominciarono a farsi sentire in lontananza.Erano tutti presenti: Gambino, Canale, Troise, Lopez, Esposito e Di Romita che guardava affranto la fiancata lacerata del suo adorato “gioiellino”.

<<Ma non potevi prendere una macchina di servizio?>> chiese Di Romita <<Sì e mo’ lo pijavo co sti pisciaturi. Come ci si sente a farsi portare via da quelli che nà volta comannavi?!>> chiese Max rivolgendosi a Marzio mentre due poliziotti lo tenevano sotto braccio.<<Attent’a’ capoccia!>> esclamò con un sorriso che nessuno gli aveva mai visto in volto. Era come veder sorgere il Sole a mezzanotte.

Max si sedette sul ciglio di un marciapiede, poco distante dal luogo dell’arresto, con le luci blu che riflettevano sul suo volto, simulando uno spettacolo pirotecnico in lontananza.

<<Vuoi che andiamo all’ospedale, stai bene?>> domandò amichevolmente Di Romita <<No, per favore chiamami Irene, devo avvertirla che ce l’abbiamo fatta. >>

(CAPITOLO XI )

Diversi mesi dopo il trionfale e inaspettato arresto di Marzio e della “setta dei petali bianchi”, fu indetta una cerimonia per ricordare l’agente Caruso caduto in servizio, e premiare i validi poliziotti che, con spirito di sacrificio e marcato senso del dovere, erano riusciti, da soli e con

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pochissimi mezzi, a sgominare un’intera banda criminale organizzata e a smascherare quanto c’era di corrotto e ignobile all’interno dello stimato corpo della polizia.L’evento era per le undici del mattino presso una scuola allievi agenti di Caserta, Balanza si svegliò presto poiché doveva comperare alcune cose al supermarket e ritirare la divisa dalla lavanderia (ecco dov’era finita!).Mentre era in fila alle casse, un uomo coperto da berretto e occhiali scuri, urlò alla gente di non muoversi e minacciò, con un revolver calibro 38, le atterrite cassiere.Max, che aveva assistito alla scena, con calma e sangue freddo, si diresse con passo felpato verso lo scaffale dei liquori, afferrò con altrettanta sicurezza una bottiglia di rum e la nascose sotto la giacca. Celere, scivolò come un serpente dietro una delle casse da sempre fuori servizio e utilizzata per appoggiarvi pacchi e imballaggi. Infatti nessuno lo vide guizzarvi dietro e al momento giusto balzò fuori dal nulla, sotto lo stupore generale. Mentre il rapinatore tentava di dileguarsi, con estrema violenza colpì la nuca del delinquente con la bottiglia di liquore.Quest’ultimo stramazzò al suolo privo di sensi e Max, con la sua solita e mai cessata pacatezza, esclamò con un accenno di sorriso:

<<È proprio vero che il rum da alla testa!>>Subito dopo la sventata rapina, Balanza, corse in lavanderia a riprendersi la divisa:

<<Sora Cinzia…. la divi… è pron…>> chiese affannato alla signora della lavanderia che uscì da dietro uno stanzino con in mano l’uniforme ristretta notevolmente (andava corta anche ad un bambino di dieci anni!). Appena Balanza la vide esclamò con stupore:<<Capirai, questa c’è va a quel cornuto del marito di Barbie!>>

Intanto nel piazzale della scuola di Polizia, il cerimoniale era prossimo all’inizio. Tutti erano pronti ed in alta uniforme, mancava solo Max. Di Romita era spazientito mentre i colleghi cercavano di tranquillizzarlo, Moriconi intervenne informando il gruppo che Max aveva appena telefonato e dicendo di avere avuto un “contrattempo” e che sarebbe arrivato il prima possibile.

<<MA CHE CAZZO VUOL DIRE “IL PRIMA POSSIBILE”?>> sbraitò Di Romita richiamando l’attenzione di un gruppetto di guardie nelle vicinanze.Gennaro continuava ad innervosirsi, accusando Balanza della figura che gli avrebbe fatto di fronte agli altri ufficiali.L’unico modo che aveva Max per arrivare in tempo a Caserta per la premiazione, era arrivarci a sirene spiegate!

<<Quante volte t’ho parato il culo Saracino? 10? 100? 1000?>> chiedeva pietosamente Max ad un collega della stradale che, tediato dalle sue prediche, decise di accompagnarlo.

La manifestazione di encomio era appena iniziata e Irene, seduta sugli spalti, si tolse gli occhiali da Sole e cominciò nervosamente ad agitare il programma della parata a mò di ventaglio.Faceva molto caldo quel sabato 10 maggio, la primavera sembrava stesse per terminare proprio in quel radioso giorno. L’asfalto del cortile della caserma era diventato una pista di fuoco e gli agenti: implotonati, allineati e coperti erano già una “zuppa di sudore” nelle loro scomode uniformi. Anche per tale motivo Max diffidava dall’indossare la divisa, la giudicava inidonea al

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servizio in strada, ripeteva: << E quanno li piglio i “mariuoli” co sti vestiti da impiegato de banca!>>.A proposito di Max, la cerimonia era cominciata. A siglarne l’inizio fu la banda musicale con una di quelle solite vecchie fanfare militaresche tipo “La marcia degli eroi”.Alcune squadre si mossero dai fianchi del cortile per inquadrarsi dinanzi al palco dal quale si sarebbe pronunciato il Dirigente generale alla presenza del capo del corpo per elogiare i valorosi poliziotti che, nel corso di quell’anno, si erano distinti in servizio. Come non di rado capita, a ritirare il premio, c’è sempre qualche vedova o qualche figlio, come nel caso del compianto Caruso.

<<REPARTI A-TTENTI!!!>> Urlò un ispettore capo, facendo schizzare tutti sull’attenti.<<Scommetto che lei manco si ricorda come si sta sull’attenti, eh dottò!?>> chiese affettuosamente Troise all’ormai rassegnato Di Romita.

Dopo qualche sfilata e alcuni riconoscimenti, era arrivato il turno dei nostri coraggiosi eroi.Ora anche gli altri ragazzi della squadra dovevano ricredersi: Max non sarebbe venuto.Di Romita ripensò a quando, diversi mesi prima, arrivò la lettera di convocazione per l’encomio e Max rispose beffardo: <<Che me la dessero a soldi stà medaja!>>.

<< PER ALTI MERITI RESI ALLA COLLETTIVITÀ, IL CORPO DELLA POLIZA DI STATO È ONORATO DI CONFERIRE LE RELATIVE PROMOZIONI AGLI AGENTI CHE, CON SPIRITO DI SACRIFICIO E SPICCATO SENSO DEL DOVERE, INDAGAVANO AUTONOMAMENTE E CON ARGUZIA SU QUANTO DI CORROTTO E INGIURIOSO INFANGAVA IL PRESTIGIOSO CORPO DELLA POLIZIA DI STATO>>.

Mentre la promozione degli agenti proseguiva ieratica e solenne, venne anche il turno di Max:<<SOVRINTENDENTE CAPO BALANZA MASSIMO…>> nessuno rispose, quindi il

dirigente ripeté ancora schiarendosi la voce con un colpetto di tosse:<<SOVRINTENDENTE CAPO BALANZA MASSIMO…>> a fare da sottofondo a quell’imbarazzante situazione era il silenzio che venne spezzato dal suono di una sirena in avvicinamento.

Una Fiat Tempra della stradale entrò nel bel mezzo del piazzale sotto glia occhi sbalorditi ed esterrefatti dei presenti. Balanza scese dalla vettura e ringraziò i colleghi che scapparono via bestemmiando come turchi, così la voce al microfono ripeté attonita il suo nome e Max si avvicinò alla tribuna in borghese, tutto pimpante e baldanzoso come se niente fosse.È inutile descrivere il volto pallido e al tempo stesso incazzato del Di Romita così come quello di Irene che poggiò la testa sulle braccia incrociate sulle gambe, in segno di resa.Il Capo della Polizia e il Dirigente generale si guardarono in viso e quest’ultimo, con aria rassegnata come se conosce Max da tempo, pose nelle mani del nostro “Neo – Ispettore” una pergamena chiusa da uno spago rosso. Poi, dopo un cenno per andar via, si voltò e con la sua solita ironia burlesca, guardò negli occhi il dirigente ed esclamò:<<Sta bene col parrucchino però!!!>> e mentre i colleghi dietro ridacchiavano e Di Romita digrignava i denti, Max sorrise e calò giù le sue Rayban sulla punta del naso fissando le due autorità in attesa di una risata d’approvazione che, ovviamente, non arrivò.

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(FINALE ALTERNATIVO)

Come la quiete rasserenatrice al termine di una tempesta, la situazione si ristabiliva. A fare da sfondo a quella tregua, era il nembo di fumo della polvere da sparo accompagnato dall’assenza di parole e da un suono molto più facondo ed espressivo; il fiatone dei ragazzi del Commissario Di Romita, dovuto più alla paura per lo scampato pericolo che alla svigorente e interminabile sparatoria.Con gli stessi tempi con cui un arcobaleno si colora nel cielo limpido dopo un temporale, si udivano le prime parole ciangottate dall’affanno.<<Pelo pelo… gliela avemo… fatta! Uff!>> commentò affaticato Walter mentre Di Romita aggiunse preoccupato <<Tutti bene? Max sei OK?>><<Affermativo!>> rassicurò Balanza mentre deambulava con le mani strette sui fianchi per facilitare la respirazione, trascinando il proprio corpo come un asino traina una carretta sgangherata.<<È stato fenomenale marescià! Ma come ha fatto? Sembrava…>> con uno spintone, Massimo allontanò sgarbatamente Walter insieme al suo entusiasmo. Tale gesto inaspettato fece casualmente aprire la sua giacca; un foro di proiettile, messo in risalto dall’avvilente colore del sangue, impietrì tutti i presenti.<<Nu me toccate! Sto bene. Annamo và, che c’avemo da fà. Ve offro na biretta così… vaffanculo proprio adesso che avevo fatto er pieno alla macchina…>> la voce di Balanza fu arrestata da un singulto mentre camminava come se nulla fosse successo, sforzandosi di fingere di non sapere che stava per arrivare la sua ora. Non riusciva ad accettare di dover lasciare quella vita. I colleghi, assistevano esterrefatti a quella scena tanto irreale da sembrare un frammento di sogno; nessuno credeva a quanto accadeva ma nessuno si svegliava, era realtà.Cadde! Imprimendosi sull’asfalto, giaceva supino, come un animale feroce domato dall’effetto di narcotici. I suoi compagni si attorniarono a lui per prestare soccorso. Moriconi, con le guance venate da lacrime di disperazione, tentava freneticamente, con le mani sempre più madide del sangue copioso, di fermare l’emorragia. Il vociare confuso dei soccorritori, si allontanava scemando e ad esso subentrava con irruenza una quiete sinistra. Gli occhi stanchi e segnati dal rossore dei capillari iniettati di sangue sembravano molto simili a quelli dei cani randagi che vivono per strada. L’unica discrepanza tra questi animali sfortunati e Max sta nel fatto che quest’ultimo “viveva DI strada”, si nutriva della notte e del freddo come i fiori, beati, si nutrono di luce.Quella notte non regalava un cielo stellato, non era una “notte di Cuba”, ma una delle tante: malagevole e passata alla diaccio, non certo in un focolare ristoratore e lenitivo.Anche la pioggia non mancò a quel macabro appuntamento. Sembrava che la notte cercasse di salutare Max servendosi di tuoni e lampi. Mentre le gocce d’acqua piovana impattavano sull’asfalto, riproponendo la stessa omotonia di un applauso, la mano destra di Balanza afferrava avida e cupida il ciglio di un marciapiede. Una lacrima tracimò dalla palpebra adagiandosi stanca sull’asfalto. Un sorriso docile funse da vassoio sul quale, la sua voce fioca, posò una frase strana ma, più che mai, carica di significato “Ho freddo!”

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In quel cassetto vecchio e cigolante c’era Max. Quando perdiamo una persona cara la ritroviamo, non in una fotografia, ma nelle cose che in qualche modo gli appartenevano. È così che possiamo conoscere una persona che non c’è più anche se non l’abbiamo conosciuta abbastanza o non la conoscevamo affatto. Vedendo alla televisione un film, ascoltando la stessa musica che lei o lui ascoltava, l’odore del suo liquore preferito, un colore, il rumore della sua macchina. Quel rumore di automobile scassata che Irene ogni volta sentiva e con ansia si precipitava a controllare alla finestra pur sapendo che non si trattava del suo Max.Qualche tempo dopo, una moto si allontanava per un vicolo buio, era una notte gelida come quelle in cui Balanza amava crogiolarsi come se fossero il suo habitat naturale.Ai due motociclisti a bordo, tra cui il giovane agente Morra, sembrava che Max potesse sbucare all’improvviso da dietro un angolo avvolto nel suo inconfondibile giubbotto. Ma niente, nessuno compariva, solo cartacce che si levavano da terra ad ogni folata di vento. E poi il freddo, il suo unico compagno con il quale affrontava quelle notti lunghissime che dilaniavano l’anima.Una vecchietta procedeva anelante su di un marciapiede: nella mano sinistra portava una busta della spesa, e sotto il braccio destro ghermiva stretta una borsa. Di tanto in tanto faceva cenno di voltarsi preoccupata di chi potesse seguirla a quell’ora di sera tardi.Intanto la moto procedeva lenta e indifferente come se anche lei stesse pensando ad altro.Un urlo scosse la quiete dei due poliziotti che si voltarono di scatto e videro l’anziana signora stesa in terra mentre stringeva nelle mani la sua borsa.Gli agenti l’aiutarono a rialzarsi, poi …. si rimisero in sella e … con un sorriso mezzo malinconico in volto Walter esclamò: tranquilla signora, siamo i buoni!

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