il museo archeologico del finale un racconto iniziato...

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IL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALE IL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALE IL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALE IL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALE IL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALE Un racconto iniziato 350mila anni fa... Un racconto iniziato 350mila anni fa... Un racconto iniziato 350mila anni fa... Un racconto iniziato 350mila anni fa... Un racconto iniziato 350mila anni fa... Attraverso il primo chiostro di Santa Caterina si accede al Museo Archeologico del Finale Museo Archeologico del Finale Museo Archeologico del Finale Museo Archeologico del Finale Museo Archeologico del Finale, sistemato negli ambienti conventuali del quattrocentesco complesso monumentale. Esso custodisce reperti provenienti dal territorio finalese, che testimoniano una frequentazione umana ininterrotta dalla Preistoria fino ad oggi, in un’area unica in Liguria per le sue peculiari valenze naturalistiche, ambientali, storiche ed archeologiche. Il museo, di proprietà comunale e gestito dalla sezione fina- lese dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, a partire dal 2004 è oggetto di un riallestimento delle sue sale, in gran parte già completato. Il percorso espositivo è organizzato secondo un criterio cro- nologico: partendo dalla formazione del territorio, si riper- corre un ideale racconto, iniziato 350mila anni fa con la comparsa dell’uomo nel Finalese, che permette di conoscere le diverse culture che si succedettero dalla Preistoria fino ad oggi. Gli aspetti geologici connessi alla formazione del territorio costituiscono il tema della Sala I Sala I Sala I Sala I Sala I. Essa è in larga misura in- centrata sulla formazione geologica costituita dalla pietra di Finale, tipica della zona, generatasi circa 15 milioni di anni fa dalla sedimentazione del fondale del mare tropica- le cenozoico e caratterizzata dalla presenza di fossili, quali gusci di molluschi, denti di squali, spicole di ricci di mare. I fenomeni carsici legati alla pietra di Finale portarono alla formazione di numerose grotte e caverne, che favorirono l’insediamento umano fin dalle epoche più remote. I depositi archeologici conservatisi in queste cavità naturali costituiscono un vero e proprio archivio delle più antiche presenze umane, che hanno reso il Finalese un punto di rife- La sala I dedicata alla formazione del territorio e alla comparsa dell’Uomo. Impronta fossile di Clypeaster proveniente dalla pietra di Finale. DANIELE AROBBA - ANDREA DE PASCALE

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IL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALEIL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALEIL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALEIL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALEIL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALEUn racconto iniziato 350mila anni fa...Un racconto iniziato 350mila anni fa...Un racconto iniziato 350mila anni fa...Un racconto iniziato 350mila anni fa...Un racconto iniziato 350mila anni fa...

Attraverso il primo chiostro di Santa Caterina si accede alMuseo Archeologico del FinaleMuseo Archeologico del FinaleMuseo Archeologico del FinaleMuseo Archeologico del FinaleMuseo Archeologico del Finale, sistemato negli ambienticonventuali del quattrocentesco complesso monumentale.Esso custodisce reperti provenienti dal territorio finalese,che testimoniano una frequentazione umana ininterrottadalla Preistoria fino ad oggi, in un’area unica in Liguria perle sue peculiari valenze naturalistiche, ambientali, storicheed archeologiche.Il museo, di proprietà comunale e gestito dalla sezione fina-lese dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, a partire dal2004 è oggetto di un riallestimento delle sue sale, in granparte già completato.Il percorso espositivo è organizzato secondo un criterio cro-nologico: partendo dalla formazione del territorio, si riper-corre un ideale racconto, iniziato 350mila anni fa con lacomparsa dell’uomo nel Finalese, che permette di conoscerele diverse culture che si succedettero dalla Preistoria finoad oggi.Gli aspetti geologici connessi alla formazione del territoriocostituiscono il tema della Sala ISala ISala ISala ISala I. Essa è in larga misura in-centrata sulla formazione geologica costituita dalla pietradi Finale, tipica della zona, generatasi circa 15 milioni dianni fa dalla sedimentazione del fondale del mare tropica-le cenozoico e caratterizzata dalla presenza di fossili, qualigusci di molluschi, denti di squali, spicole di ricci di mare.I fenomeni carsici legati alla pietra di Finale portarono allaformazione di numerose grotte e caverne, che favorironol’insediamento umano fin dalle epoche più remote.I depositi archeologici conservatisi in queste cavità naturalicostituiscono un vero e proprio archivio delle più antichepresenze umane, che hanno reso il Finalese un punto di rife-

La sala I dedicata allaformazione del territorio e allacomparsa dell’Uomo.

Impronta fossile di Clypeasterproveniente dalla pietra diFinale.

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rimento internazionale per la ricerca preistorica.L’impiego delle grotte come abitazione si limitava in gene-re alla zona più esterna, mentre i rami più profondi eranofrequentati sporadicamente per scopi anche rituali.Queste offrivano uno spazio facilmente difendibile, ripara-to dagli agenti atmosferici e potevano ospitare interi grup-pi umani, formati anche da decine di individui.Il calco di un suolo neandertaliano della Caverna delle Mà-nie, con sovrapposta una scena di vita in grotta del Paleo-litico superiore, esprime le diverse fasi di frequentazione diquesti ambienti naturali, il cui uso come stalle o rifugi inmolti casi si protrasse durante l’età romana e il medioevo,talvolta fino all’età moderna.Una serie di pannelli e vetrine, tra cui una con crani appar-tenenti alle diverse specie umane che si sono succedutenel territorio, ripercorre le vicende connesse alla comparsadei primi ominidi in Africa e alla loro diffusione nel resto delpianeta, concludendosi con una sequenza di ideali carted’identità dei tipi umani, che hanno abitato il Finalese: Homoerectus, Homo sapiens neanderthalensis e Homo sapienssapiens, la specie alla quale appartiene l’uomo attuale.Poche aree italiane hanno fornito, come il Finalese, tantetestimonianze delle diverse specie umane succedutesi inEuropa tra il Paleolitico inferiore e quello superiore. Nellesale II e IIIsale II e IIIsale II e IIIsale II e IIIsale II e III è possibile cogliere l’evoluzione della tecnica discheggiatura della pietra per la realizzazione di una stru-mentazione sempre più perfezionata, indispensabile per leattività quotidiane e la sopravvivenza degli uomini caccia-tori e raccoglitori del Paleolitico. I bifacciali provenienti daisiti all’aperto dell’Altopiano delle Mànie e dalla Caverna delleFate, costituiscono eccezionali reperti dell’Homo erectus delPaleolitico inferiore (350mila-120mila anni fa).Col Paleolitico medio (120mila-38mila anni fa), la comparsadell’Uomo di Neandertal segnò un altro importante momen-to evolutivo, caratterizzato dalla cultura musteriana.

Scena di vita in una cavernaligure durante il Paleoliticosuperiore con macellazione diuno stambecco (disegnoStudio Inklink - Firenze).

Bifacciale in quarzite delPaleolitico inferiore riferibileall’Homo erectus, rinvenutosull’altopiano delle Mànie.

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Il museo presenta preziose testimonianze di questo nostroantenato rinvenute nell’Arma delle Mànie e nella Cavernadelle Fate, dalla quale provengono i resti ossei di almenocinque individui, sia bambini che adulti, finora unici nelpanorama archeologico dell’Italia settentrionale.Oltre a diversi esempi della fauna che popolava il territorionell’alternarsi di fasi climatiche calde e fredde del Paleolitico,come il leopardo, il rinoceronte di Merck, l’elefante antico,il cervo megacero, l’alce, lo stambecco e la marmotta, il visi-tatore incontra l’altro grande dominatore di questo perio-do preistorico, l’Ursus spelaeus o orso delle caverne, delquale è esposto uno scheletro intero.L’estinzione dell’Uomo di Neandertal coincise con la com-parsa, nel Paleolitico superiore (38mila-10mila anni fa),dell’Homo sapiens sapiens o Uomo moderno.Il percorso espositivo offre la possibilità di conoscere diret-tamente la vita quotidiana e la complessità tecnologica,spirituale ed artistica elaborata da questo nostro più diret-to progenitore.Dalla Caverna delle Arene Candide, sul promontorio dellaCaprazoppa, tra Finalmarina e Borgio Verezzi, provengo-no eccezionali esempi di sepolture del Paleolitico superio-re, che costituiscono fondamentali punti di riferimento perla Preistoria europea. Prima fra tutte quella del “GiovanePrincipe”, datata 23.440 anni fa, così chiamata per il riccocorredo funerario costituito da un copricapo di conchiglie,quattro bastoni forati ricavati da corna d’alce, una grandelama di selce stretta in una mano, numerosi elementi deco-rativi in avorio di mammut e in conchiglie.In livelli più recenti della stessa caverna, datati a 10.400 annifa, sono stati rinvenuti i resti di almeno sedici individui.La sepoltura di un bambino, inumato su un letto di ocrarossa e coperto dai resti di un mantello di code di scoiattolo,ci restituisce una suggestiva immagine della ritualità degliantichi abitanti delle Arene Candide.

Scheletro di esemplare adultodi orso delle caverne (Ursusspelaeus), abituale frequenta-tore delle grotte del Finalese,estinto circa 10mila anni fa.

Frammento di osso frontalesopraorbitario di cranio diUomo di Neandertal,proveniente dalla Cavernadelle Fate e datato a circa70mila anni fa.

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La piccola sala IVsala IVsala IVsala IVsala IV è dedicata al Mesolitico (10.000-8.000 annifa), periodo caratterizzato da profondi cambiamenti climati-ci con un innalzamento delle temperature, che portaronoalla diffusione di ambienti forestali. Tali variazioni spinserole ultime popolazioni paleolitiche ad affinare ulteriormentele tecniche di caccia con il perfezionamento dell’uso dell’ar-co. Nella vetrina sono presentate numerose riproduzioni distrumenti per la caccia e attrezzi d’uso quotidiano, che ren-dono di più facile comprensione l’utilizzo degli utensili inpietra scheggiata del Mesolitico, definiti microliti per le lorodimensioni estremamente ridotte.Le sale V e VIsale V e VIsale V e VIsale V e VIsale V e VI sono dedicate ad un altro grande momentodella Preistoria finalese: il Neolitico (5.800-3.600 anni a.C.).Questo periodo fu caratterizzato da una grande “rivoluzio-ne” culturale, che segnò il passaggio da una sopravvivenzabasata unicamente sulla caccia e la raccolta all’avvento delleprime pratiche agricole e pastorali, esordite verso il 10.500a.C. nel Vicino Oriente. Da qui l’agricoltura si diffuse in Eu-ropa grazie al progressivo propagarsi fino al Mediterraneooccidentale di genti portatrici delle nuove conoscenze.Il recente riallestimento di queste sale esprime la comples-sità delle culture neolitiche, particolarmente rappresentatenella zona. Il ritrovamento nella Caverna delle Arene Can-dide e in altri siti di strumenti scheggiati in ossidiana, rocciavetrosa vulcanica proveniente nel Neolitico antico dalla Sar-degna e da Palmarola nelle isole Pontine, nonché di cera-miche simili a quelle delle culture dell’Italia centro-meridio-nale hanno indotto a ipotizzare come i primi contadini-allevatori della Liguria fossero giunti via mare dal sud dellapenisola lungo le coste tirreniche.

La sepoltura del “GiovanePrincipe” della Caverna delleArene Candide, datata alPaleolitico superiore. Il calcoesposto in museo riproduce ilreperto al momento delrinvenimento nel 1942.

Scena di vita all’interno delRiparo di Pian del Ciliegio convarie fasi della produzioneceramica durante il Neoliticomedio (disegno StudioInklink - Firenze).

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Le prime evidenze di popolazioni neolitiche compaiono inLiguria proprio nel Finalese dove alcune grotte, abitate neimillenni precedenti, diventarono luoghi ideali per il ricoverodi pecore e bovini. Alla Caverna delle Arene Candide, già apartire dal Neolitico antico (5.800-5.000 anni a.C.), si trova-no resti carbonizzati di semi e frutti delle specie coltivate nelVicino Oriente.Lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento si associa conun’altra grande innovazione tecnologica, costituita dallaproduzione di ceramica. Decine di cavità finalesi, tra cui laGrotta Pollera, l’Arma dell’Aquila e la Caverna dei Pipistrel-li, hanno restituito migliaia di vasi, foggiati a mano senzal’uso del tornio, incavando un blocco d’argilla oppuresovrapponendo e modellando cordoncini o nastri d’argillamediante la tecnica “a colombino”.Il Neolitico antico è caratterizzato dalla “Ceramica Impres-sa” o “Cardiale”, così definita per le decorazioni realizzate aunghiate, con punzoni di vario tipo o con il bordo arcuatoe dentellato di conchiglie di Cardium.Sempre in questo periodo l’uomo affianca agli strumenti inpietra scheggiata quelli ottenuti tramite levigatura dellecosiddette “pietre verdi”, rocce dure e resistenti i cui giaci-menti si trovano in aree limitate delle Alpi occidentali e inLiguria sul massiccio del Beigua. Con questa nuova tecnicafurono prodotte asce utili alle pratiche agro-silvo-pastorali,per dissodare il terreno, abbattere alberi e lavorare il legno.Il Neolitico medio (5.000-4.200 anni a.C.), con la cosiddetta“Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata”, è caratterizzato dal-l’originale forma delle imboccature dei contenitori ceramici,che ha dato il nome a questo periodo. Una grande vetrinaoffre una vasta rassegna di tali produzioni, rinvenute in mol-te caverne del territorio, con vasi per la conservazione del-le derrate, ciotole, piatti, coppette e altri oggetti usati perconsumare il cibo o contenere liquidi.Ampio spazio è dedicato alle eccezionali scoperte effettua-te nel Riparo di Pian del Ciliegio, sull’Altopiano delle Mànie,con strumenti legati alla produzione della ceramica, alcunicontenitori di grandi dimensioni e la ricostruzione di unodei forni a catasta per la cottura dei vasi, ambientati in unascena di vita neolitica nell’anfratto. Un enigmatico oggettodi grande fascino, costituito da un cilindro di terracotta conuna serie di caselle quadrate incise, alcune con un puntoimpresso prima della cottura, costituisce un reperto finoraunico nel Neolitico italiano.Esso trova confronti con oggetti simili della stessa epoca,

Vaso in terracotta condecorazioni cardiali delNeolitico antico provenientedall’Arma dell’Aquila.

Il misterioso “token”,cilindretto in terracotta delNeolitico medio rinvenuto nelRiparo di Pian del Ciliegio,probabilmente usato perconteggiare.

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trovati in Medioriente, considerati strumenti per contare, otokens, che potrebbero rappresentare un primo passo ver-so la scrittura.Nelle vetrine sono inoltre esposti strumenti in osso, armillein pietra (bracciali), oggetti d’ornamento e alcune pintade-ras in terracotta, destinate a usi rituali o alla decorazionedel corpo mediante pigmenti colorati naturali.Una rassegna di resti carbonizzati di semi e frutti di speciecoltivate nel Finalese durante il Neolitico offre l’idea di come,agli inizi del VI millennio a.C., in quest’area si passò preco-cemente dalla raccolta di vegetali spontanei ad un’econo-mia di produzione, attraverso il lento processo di coltiva-zione di piante ormai controllate dall’uomo dalla semina alraccolto, quali orzo, farro, piccolo farro, frumenti nudi, len-ticchie, veccia, cicerchia e favino. Il persistere della raccoltadi frutti spontanei è documentato dai resti di nocciole, more,lamponi, uva selvatica, ghiande e drupe di sambuco.Alle pratiche neolitiche si ricollega la nascita di culti legatiall’idea della vita attraverso la “terra madre”. Questo feno-meno, diffuso in tutto il Mediterraneo e nell’Europa conti-nentale, nel Finalese si manifesta nelle eccezionali statuinefemminili in terracotta, volte a propiziare la fertilità del ter-reno e la fecondità delle greggi, ritrovate nella Caverna delleArene Candide e nella Grotta Pollera.Le numerose sepolture neolitiche esposte testimoniano unrituale consolidato e forniscono informazioni sulle abitudi-ni di vita e le malattie che affliggevano queste popolazioni.I corpi, deposti in posizione rannicchiata sul fianco sinistro,con le mani raccolte in prossimità del capo, erano accom-pagnati da pochi oggetti di corredo, come semplici ciottolio punteruoli in osso.Queste sepolture, tra cui quella di una donna morta duran-te il parto col suo feto, attestano un’ampia casistica dipatologie, quali rachitismo, anemie, anomalie dentarie, ca-rie, tumori ossei e un quadro di grave tubercolosi vertebra-le, infezione diffusasi durante il Neolitico a seguito dell’ad-domesticamento degli animali da latte. In una donna è inol-tre documentata una trapanazione cranica, praticata perscopi terapeutici o magico-religiosi.La sala VIIsala VIIsala VIIsala VIIsala VII raccoglie diverse testimonianze delle età deiMetalli, comprendenti l’età del Rame (3.600-2.200 a.C.), delBronzo (2.200-900 a.C.) e del Ferro (900-180 a.C.), epochein cui l’uomo acquisì e perfezionò le tecniche di fusione didiversi minerali. Questo fu un periodo caratterizzato da pro-

Recipienti in terracotta delNeolitico medio,corrispondenti alla “Culturadei Vasi a Bocca Quadrata”,provenienti da diversi sitifinalesi.

Statuina femminile interracotta del Neolitico medio,dalla Caverna delle AreneCandide.

Le sepolture neolitiche dellaCaverna delle Arene Candidee della Grotta Polleranell’attuale allestimentomuseale.

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fondi cambiamenti sociali.Il percorso espositivo illustra le varie fasi del ciclo produtti-vo del metallo, dall’estrazione e riduzione del minerale allacreazione dell’oggetto. I reperti archeologici consentonodi ripercorrere le attività e i modi di vita che si svilupparononel territorio durante questi millenni, durante i quali si assi-ste alla comparsa, intorno al X secolo a.C., di un nuovo po-polo: gli antichi Liguri.Gli scambi commerciali, via terra e via mare, diventaronosempre più intensi. Con le merci viaggiavano le persone, leloro idee e le culture di appartenenza, dando vita ad unafitta rete di influssi culturali. Nell’area ligure giunsero cera-miche prodotte in Italia centrale, tipiche della cosiddettaCultura Appenninica, che influirono sui motivi decoratividelle produzioni locali, oltre a materie prime come lo sta-gno, probabilmente ricavato dai giacimenti della penisolaiberica, utile alla produzione metallurgica.Nell’età del Bronzo lo strumentario in pietra scheggiata, ti-pico della preistoria, venne quasi completamente abban-donato e a partire dal 1.550 a.C. circa si iniziarono a pro-durre vere e proprie armi in metallo, che testimoniano ilformarsi di una classe sociale di guerrieri e un mutamentodelle tecniche di combattimento. In questo periodo si regi-strarono nuove dinamiche di controllo territoriale, con la

Spillone dell’età del Bronzomedio proveniente dallaCaverna dell’Acqua.

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nascita dei cosiddetti “castellari”. Reperti provenienti da sitidifesi d’altura, come Bric Reseghe presso Calvisio eSant’Antonino nella valle di Perti, documentano diversi aspet-ti della vita e dell’economia rurale.L’età del Ferro è attestata nel Finalese dai resti di abitato del“Villaggio delle Anime”, un castellaro posto sulla Rocca diPerti, dove ceramiche di produzione locale e d’importazio-ne mostrano chiaramente l’influenza del mondo etrusco eceltico, che in questo periodo intensificarono i loro rapporticon i Liguri.Infine, vengono presentate alcune delle centinaia di inci-sioni rupestri finalesi, realizzate fino ad epoche recenti sulastroni di pietra all’aperto, localmente detti “ciappi”, o incavità. Tali manifestazioni trovano testimonianze simili intutto l’arco alpino, come in Val Camonica, a Monte Begonelle Alpi Marittime, nelle valli del Bormida e del Cuneese.Nelle incisioni rupestri del Finalese i soggetti più frequentisono vaschette con canalette, coppelle, figure cruciformi ebalestriformi, reticoli, schematizzazioni umane e animali,riconducibili ad attività di cui sfugge ancora la piena com-prensione.L’età romana, che nella zona ha inizio con la definitiva scon-fitta delle tribù liguri nel 180 a.C., trova soprattutto espres-sione nelle necropoli rurali di Isasco e di Perti, i cui corredisono esposti nella sala VIIIsala VIIIsala VIIIsala VIIIsala VIII, oltre che nei ponti di età impe-riale della val Ponci, connessi alla via Iulia Augusta.In questa sezione sono anche esposti i materiali riconducibilia corredi funerari di tombe a creamazione o ad inumazionedi I-VII secolo d.C., composti da ceramiche fini da mensa (Ter-ra Sigillata italica e sud gallica, vasi a pareti sottili), ma ancheceramiche grezze di produzione locale, lucerne, balsamari invetro, chiodi in ferro e oggetti appartenenti all’ornamentopersonale del defunto. Inoltre, nella sala sono presentate unasepoltura entro anfore di IV secolo, da Perti, e una tomba“alla cappuccina” di II secolo da Finalmarina, con tegole po-ste a protezione della sepoltura e tubo per le offerte rituali.La graduale affermazione a partire dal IV-III secolo a.C. diun’economia monetaria si riflette nei numerosi reperti numi-smatici, che esordiscono con monete puniche provenientidalla Sicilia, dalla Sardegna e dal Nordafrica rinvenute a Per-ti, intensificandosi in età repubblicana nel II-I secolo a.C. eraggiungendo il suo acme in età imperiale fino all’età bizan-tina. Grande importanza per la diffusione del Cristianesimonell’Italia settentrionale riveste l’epigrafe funeraria di LuciusHelvius, graffita su una tipica tegola ad alette. Rinvenuta aPerti e riconducibile al 362 sulla base dell’indicazione delconsole, essa costituisce la più antica attestazione datata delladiffusione del Cristianesimo nell’Italia nord-occidentale.I reperti provenienti dalla fortezza di Sant’Antonino dimo-

Coppa in ceramica a paretisottili di età romana,proveniente dalla necropoli diIsasco e coppa in sigillataaretina dall’area della Pievea Finalmarina (I secolo d.C.).

Raffigurazione di guerrieroligure dell’età del Ferro conspada ad antenne ed elmo(disegno Studio Inklink -Firenze).

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Grosso del Regno di Cipro,coniato da Enrico II (1285-1324), proveniente da Perti.

strano la rilevanza rivestita dal Finale nel quadro della Ligu-ria bizantina, tra la metà del VI e il VII secolo, quando il terri-torio era controllato da questo castello e la rada portuale diVarigotti costituiva il naturale tramite col mondo mediterra-neo. I materiali rinvenuti, in particolare le anfore e le cerami-che da mensa, documentano i rapporti che univano questocastrum al Nordafrica e ad altre aree del Mediterraneo con-trollate dall’Impero di Bisanzio.Dalla chiesa di S. Lorenzo di Varigotti proviene un sarcofa-go romano strigilato in marmo bianco, rilavorato nella se-conda metà dell’VIII secolo con croci gigliate, significativoesempio delle tecniche artistiche altomedievali.La sala IXsala IXsala IXsala IXsala IX, dedicata al Medioevo e all’età Moderna, conclu-de il percorso. In essa trovano collocazione reperti ceramici,vetri, metalli e monete provenienti dai principali contestimedievali del Finalese: Castel Gavone, la chiesa di S. Eusebiodi Perti e l’area circostante, la pieve di Finalmarina.Una grande quantità di oggetti provenienti dai più recentiscavi condotti a Finalborgo confermano gli intensi rappor-ti intessuti fin dalle sue prime fasi dal marchesato carrettescocol mondo islamico e con altre aree nevralgiche del Medi-terraneo. Molto rappresentate risultano inoltre le produ-zioni ceramiche prodotte tra il Medioevo e l’età Modernanella vicina Savona e in altri centri liguri.Nei Laboratori Didattici di Archeologia SperimentaleLaboratori Didattici di Archeologia SperimentaleLaboratori Didattici di Archeologia SperimentaleLaboratori Didattici di Archeologia SperimentaleLaboratori Didattici di Archeologia Sperimentale, de-stinati principalmente alle scuole e al pubblico più giova-ne, si possono mettere in atto esperienze e manualità conapprofondimenti sullo scavo archeologico, la pittura paleo-litica su una parete di grotta, la produzione ceramica se-condo le antiche tecniche, l’arte della tessitura a telaio, lamacinatura dei cereali, lo studio dei semi e dei frutti neidepositi archeologici, l’esecuzione di affreschi. Queste atti-vità permettono di conoscere in modo diretto i materiali ele tecniche di produzione in uso nell’Antichità.Il Museo Archeologico del Finale costituisce pertanto unluogo di formazione culturale, rivolto a studenti di ogniordine e grado, a visitatori interessati alle tematiche in essocontenute, alla popolazione locale, al fine di aumentare lasensibilità e l’interesse verso il patrimonio storico-archeolo-gico finalese e le sue attuali problematiche ambientali eterritoriali.

La ricostruzione della pareterupestre nel LaboratorioDidattico di ArcheologiaSperimentale dedicato allapittura preistorica.

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