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Periodico trimestrale del Senero Francescano della Pace Aut. n. 52 del 28 oobre 2010 del Tribunale di Perugia Periodico di FrANceScANeSiMo UMBro-MArcHiGiANo Anno V - Numero 20 DIFFUSIONE GRATUITA Il Natale nell’ARTE L’ipotesi delle Marche come Francia Antiqua ESCLUSIVO la nostra redazione con Benigni nella Regione Marche Chi è per: Roberto Benigni Massimo Cacciari Oliviero Toscani Nicola Piovani Franco Cardini Liliana Cavani Beppe Vessicchio Matteo Montesi ISSN 2284-2551 ABBIAMO CHIESTO

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Anno V - Numero 20DIFFUSIONE GRATUITA

Il Natale nell’ARTE

L’ipotesi delleMarche come

Francia Antiqua

ESCLUSIVOla nostra redazione

con Benigninella Regione Marche

Chi è per:• Roberto Benigni• Massimo Cacciari• Oliviero Toscani• Nicola Piovani• Franco Cardini• Liliana Cavani• Beppe Vessicchio• Matteo Montesi

ISSN 2284-2551

ABBIAMO CHIESTO

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

Il Sentiero FrancescanoPeriodico di francescanesimo umbro-marchigiano

Registrazione Ufficio Periodici n. 52 del 28/10/2010

presso il Tribunale di Perugia - Rivista telematica presente

su www.sentierofrancescano.it - Sede redazione: Via della

Fornace 11, Maiolati Spontini (AN) - 0731-704450

[email protected]

PROPRIETARIO:

Abaco Società Cooperativa, Via Giuseppe

Leti, n. 82 - 63900 - Fermo (FM)

P. IVA 01926770445

[email protected]

DIRETTORE RESPONSABILE:

Diego Mecenero, Ordine dei Giornalisti Regione Marche

[email protected] - www.diegomecenero.it

CAPO REDATTORE:

Silvia Papa

COMITATO DI REDAZIONE:

Silvia Papa, Matteo Tadolti, Rosita Roncaglia,

Simone Zerbini, Rosanna Giappichini, Marta Zerbini,

Francesca Mazzanti, Rita Pannacci, Emanuele Luciani.

HANNO COLLABORATO IN QUESTO NUMERO:

Tiziana Tobaldi, Andrea Marziali, Valentina Borgnini,

Daniele Crotti, Carlo Pirchio, Arduino Medardo,

Laura Trucchia, Giuseppe Gentili, Valeriano Prati,

Tommaso Cassinis, Giuseppe La Rosa, Jacopo Sani,

Matteo Montesi, Asmae Dachan.

Studio Grafico Visibilia

www.studiograficovisibilia.it

ARCHIVIO FOTOGRAFICO:

Fotolia, Shutterstock, Archivio della Rivista

© 2010-2016 - Il Sentiero FrancescanoTutti i diritti riservati.È vietata la riproduzione totale o parziale cosìcome la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunquemezzo senza previa autorizzazione scritta da parte dell’editore.L’editore è a disposizione degli aventi diritto tutelati dalla leggeper eventuali e comunque non volute omissioni o imprecisioninell’indicazione delle fonti bibliografiche o fotografiche.

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ISSN 2284-2551

← In copertina la nostra redazione intervista Roberto Benigni.

COLLABORIAMO CON:

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Autunno 2015 - www.sentierofrancescano.it

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numero

specialeUn

proprio

di Diego Mecenero *

Gentilissimi lettori,considero questo ventesimo numero della nostraRivista una sorta di apice. Davvero faticheremmomolto a darvi più di questo: un dossier fresco epuntuale sul Natale nel mondo dell’arte; unapennellata sul “personaggio” Asmae Dachan,giornalista italo-siriana che proprio in questo pe-riodo sta documentando dalla sua terra di originequanto accade tra quelle popolazioni; l’intervistaal noto youtuber marchigiano Matteo Montesi;la presentazione dell’ipotesi storica controversariguardante la cosiddetta Francia Antiqua; il rac-conto dell’eccentrico generale umbro VerecondoPaoletti; la recita natalizia in chiave francescanadei piccoli alunni di una scuola di Loreto.Ah, dimenticavo - si fa per dire! - abbiamo incon-trato e intervistato nientemeno che Roberto Be-nigni, presente recentemente ad Apiro, nelleMarche. E abbiamo inoltre realizzato intervisteesclusive anche con Oliviero Toscani, MassimoCacciari, Nicola Piovani, Franco Cardini, LilianaCavani, Peppe Vessicchio. Beh, un numero che davvero brilla in questa stra-ordinaria ventesima uscita.Devo ringraziare, al riguardo, tutti i miei collabo-ratori che hanno girato in lungo e in largo, rin-corso e agganciato i vari “personaggi”,documentato professionalmente temi e opere ar-tistiche, realizzato scatti fotografici unici.Ringrazio anche Tommaso Cassinis, Giuseppe LaRosa e Jacopo Sani, i tre vincitori della sezione“spiritualità” di Umbria Movie 2015, che ci

hanno concesso un’intervista a tre, nonché la do-cente Laura Trucchia e le altre colleghe di Loretoper averci raccontato la splendida rievocazionedel presepe di Greccio inscenata dai loro bambinidella scuola dell’infanzia.Ringrazio Carlo Pirchio per averci dato con pa-ziente e squisita disponibilità la possibilità di in-contrare Matteo Montesi e la neo giornalistaRosita Roncaglia (figlia della nostra testata) perla capacità di passare avanti a quelli della Rai,Mediaset e Sky nell’accalappiare professional-mente e con simpatia i “vip”.E ancora: grazie a Francesca Mazzanti che, pro-prio per i molti vip, mi ha accontentato con unaricetta medievale di taglio eclusivo.Non ho finito: grazie alla giornalista Silvia Papa(anch’essa nata dal Sentiero) per aver coordinatoun dossier artistico ricchissimo sulla rappresenta-zione della Natività con occhio particolare sui no-stri territori e grazie a Emanuele Luciani checontinuando a parlare del Cammino Francescanodella Marca mi ha concesso di poter incuriosire ilsegretario del ministro Franceschini.Grazie alla giornalista Tiziana Tobaldi per il con-tatto con Asmae Dachan e la completissimascheda su di lei realizzata. Grazie a Medardo Ar-duino per aver sintetizzato per noi le sue scon-volgenti ipotesi storiche circa le Marche e, infine,ma non da ultimi, grazie a Daniele Crotti e Va-lentina Borgnini per l’affasciante contributo sulgenerale Verecondo Paoletti.

Buona lettura, quindi!

↙ Roberto Benigni ad Apiro il 18 ottobre scorso.

* autore e giornalista, direttore responsabile della rivista

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

SUGGESTIVO CONCERTO DEL MAESTRO M. MASTRINI

Nell’ambito del Festival internazionale della Felicitàè stato proposto lo scorso 15 agosto ad Assisi di-nanzi alla facciata della Basilica Superiore un con-certo alle prime luci dell’alba che ha visto comeospiti speciali i ragazzi dell’Istituto Serafo di Assisi.Il maestro Maurizio Mastrini, con tanto di frac marigorosamente a piedi nudi, ha eseguito pezzi dallasonorità suggestiva, tra i quali anche Tango clande-stino, il primo brano al mondo ad essere stato de-dicato a Papa Francesco.

CRONACA

a cura della Redazione

Passaggio dei pellegrini de Il Sentiero di Francescoa Sambuco sede storica della Rivista

Lo scorso 2 settembre abbiamo ac-colto e intrattenuto a Sambuco,presso Valfabbrica, un centinaio dicamminatori per la tre giorni lungoil Sentiero Francescano della Paceda Assisi a Gubbio 2015.Diego Mecenero, presidente del-l’Associazione Amici del SentieroFarncescano della Pace, e ValentinaBorgnini, presidente dell’Associa-zione Clasium, hanno narrato lepeculiarità storiche e architettoni-che del posto e offerto a tutti i“mostaccioli”, i dolci tanto amatida San Francesco d’Assisi.

↗ Il pianista Maurizio Mastrini sul prato della Basilica Superiore.

Concerto dell’auroradinanzi la Basilica ad Assisi

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Autunno 2015 - www.sentierofrancescano.it

Il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo France-schini ha approvato il nuovo programma di investimenti checomprendono i lavori di recupero dell’ex convento francescanodei cosiddetti Zoccolanti di Corridonia per 1.200.00 euro totali.Il convento del 1510 è riportato nei documenti è col nome diSanta Maria dei Monti, ma è da sempre conosciuto come “degliZoccolanti”, per i robusti zoccoli dei frati che emettevano il ru-more caratteristico sui san pietrini del centro. Nel 1703 un terremoto provocò seri danni tanto che nel periodonapoleonico fu soppresso. Dopo varie vicissitudini che portarono

ad opere di restauro e consolidamento, nel 1909 il monastero fu ceduto al Comune, che lo destinò agli usipiù disparati: coltivazione del baco da seta, accoglienza dei profughi dopo la disfatta di Caporetto comepure delle famiglie bisognose dopo la seconda guerra mondiale.Attualmente l’edificio non è visitabile al suo interno ma lo stanziamento dei fondi fa ben sperare per unasua riapertura al pubblico per apprezzarne l’antico splendore.

CRONACA

a cura della Redazione

Stanziati dal Governo 1.200.000 euro per l’ex

convento francescano di Corridonia

Assisi e Loreto insieme

per tutte le Regioni d’ItaliaLa sera dell’Epifania il Valdarno ha accolto la Croce di San Da-miano e la Madonna di Loreto, due importanti simboli nell’annoGiubilare. In particolare fu proprio il Crocifisso di San Damianoa parlare a San Francesco all’inizio della sua opera spirituale:egli era attirato da quest’icona e l’ispirazione per la sua vitavenne da questo Cristo che gli disse: «Va’, ripara la mia casa».La tappa toscana fa parte di un pellegrinaggio nazionale iniziatocon la benedizione di Papa Francesco lo scorso marzo per ritor-nare a Roma il prossimo 20 marzo, domenica delle Palme, dopoaver attraversato tutte le Regioni d’Italia. Le copie della Madonna e del Crocifisso saranno poi donate allaChiesa polacca in occasione della Giornata Mondiale della Gio-ventù che si celebrerà a Cracovia il prossimo luglio e rappresen-teranno il simbolo dei giovani italiani all’incontro mondiale.

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Abbiamo voluto che le uscite dei numeri de Il Sen-tiero Francescano fossero “ritmate” dalla sapientecadenza del fluire delle stagioni. Quattro quindisono i numeri diffusi nell’arco dell’anno, uno perciascuna delle stagioni, dando così modo di con-notare in tal senso una serie di rubriche e argo-menti che già di per sé sono connotati da una fortevalenza “naturale”:

• il Sentiero Francescano della Pace (Assisi-Gubbio);• luoghi e itinerari francescani umbro-marchigiani;• aspetti culturali e artistici francescani;• tradizioni legate al territorio umbro-marchigiano;• cronaca francescana umbro-marchigiana;• interviste a personaggi e gente comune;• valori e spiritualità francescana;• fauna e flora del territorio;• leggende e ricette del territorio;• ...e molto altro.

In questo ventesimo numero:

Editoriale 3Umbria Movie 2015 7La Natività nella storia dell'arte 8Nella terracotta l’anima di Francesco 12A Loreto i bambini rappresentano Greccio 13Con Oliviero Toscani 14Con Nicola Piovani 16Con Massimo Cacciari 17Con Franco Cardini 17Un piede in Paradiso con Roberto Benigni 18

Matteo Montesi lo YouTuber con 38.000 iscritti 20Il Francesco di Liliana Cavani 22Con Peppe Vessicchio al Castello di Malleus 23San Francesco è marchigiano? 24Camminando da S. Colomba di Mogliano 28Personaggi: Asmae Dachan 30La Pinacoteca di San Francesco a Nocera 34 800 anni di Cammino della Marca 35La figura di Verecondo Paoletti 36Lu serpe e le clarisse di Falerone 38

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

RivistaStagione

Una

per ogni

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di Diego Mecenero

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Autunno 2015 - www.sentierofrancescano.it

A Umbria Movie 20153 video premiati a colore francescano

Ho sempre associato la Regione Um-bria alla figura di San Francesco.Molti dei miei ricordi in questa re-gione sono legati ad una gita scola-stica fatta da bambino e, tra tutte, lastoria di quest’uomo mi è sempre ri-masta particolarmente impressa. Iltema del video mi è stato quindi su-bito chiaro. Ho cercato di affrontarela spiritualità nel modo più univer-sale possibile e, raccontare una storiaattraverso gli occhi di un protagoni-sta così particolare, il lupo, credo siastata la scelta vincente.

Francesco d’Assisi credo sia una dellefigure simbolo dei principi più nobilicari all’ Uomo. Incarnazione di valoriche spesso vengono dimenticati eche dovrebbero essere al centro dell’educazione di ognuno. Non parlo diun’ educazione esclusivamente Cat-tolica, ma di una storia universaleche trova le sue radici nella nostranatura, che possa essere di ispira-zione e riflessione, valida per chiun-que in ogni parte del mondo.

Mi sono lasciato trasportare dallaterra, dai colori, dalle sensazioni cheho provato trovandomi in Umbria.Abbiamo avuto molto poco tempoper poter pensare ad un soggetto,ho saputo della mia partecipazionealle fasi finali del contest solo pochigiorni prima di dover partire, e hodeciso di andare e “vedere” cosa po-teva offrirmi quella terra che ancoranon conoscevo bene. (l’avevo visi-tata solo in due occasioni preceden-temente).

Mi sono molto basato sulla figura diFrancesco per la realizzazione delmio video. Per me è stato una guida,mi ha permesso di guardare agli Ele-menti della Natura con uno sguardodiverso e più profondo.

Il soggetto narrativo è nato dalla vo-lontà di intrecciare alcune tematicheche ben si sposano con la spiritualità,a partire dal tema della ricerca dellaconoscenza, della volontà di scoprireluoghi con un forte potere misticoche alimentano la nostra anima do-nando nuova linfa vitale al nostrospirito.Il tema del sogno poi, è statoutilizzato come colonna portantedella progressione narrativa, a sim-boleggiare il passaggio ad unanuova dimensione dell'essere e aduna conseguente evoluzione spiri-tuale.

La figura di San Francesco ha sempregenerato in me una forte empatia. Ilrapporto con la natura, con tutti gliesseri viventi, la semplicità e l'amoreincondizionato che egli manifestò invita verso ogni creatura sono per meun esempio di quello che dovrebbeessere oggi il sentimento di ogni per-sona verso il prossimo e verso il di-verso. Accogliere, comprendere eamare, questo è il messaggio di SanFrancesco, un inno alla vita.

Umbria Movie è un progetto di comunicazione e valorizzazione turistica della Regione Umbria che premiadei cortometraggi. Una sezione del concorso riguarda la “spiritualità”e noi abbiamo intervistato i tre pre-miati: 1° classificato Tommaso Cassinis con il video In Fabula, 2° classificato Giuseppe La Rosa con il videoScopri l’Umbria, scopri te stesso, 3° classificato Jacopo Sani con il video Steps. In tutti e tre i video vincitoridella sezione “spiritualità” è citato un elemento francescano, soprattutto nel primo classificato.A tutti e tre abbiamo rivolto le stesse domande:1 Da quale elemento ti è venuta l’ispirazione per il particolare “soggetto” narrativo che hai scelto per

la tua produzione video?2 Consentici, parlando di Umbria, una domanda tutta “francescana”: chi è per Francesco d’Assisi?

TOMMASO CASSINIS1

2

GIUSEPPE LA ROSA JACOPO SANI

Vedi il corto di Tommaso: CLICCA.Vedi il corto di Giuseppe: CLICCA.Vedi il corto di Jacopo: CLICCA.

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

con borchie preziose, ottenute a rilievo tramitepunzonature e applicazioni. Le tre cuspidi sono de-corate da un tondo, al centro, e da due profetisdraiati ai lati, mentre in alto si trovano i cherubini.Sulle piccole monofore dei lati della cornice, Gen-tile pone una serie di ornati floreali. La predella ècomposta da tre scomparti rettangolari, che mo-strano, da sinistra la Natività, la Fuga in Egitto e lacopia della Presentazione al Tempio (l'originale è diproprietà del Louvre dal XIX secolo).Di Lorenzo Monaco è l'Adorazione dei Magi datata1420-1422 e un’altra Adorazione dei Magi (1426)appartiene a Masaccio, l’opera faceva parte dellapredella nello scomparto centrale, sotto la Maestàoggi conservata alla National Gallery di Londra. A metà del 1400 Andrea Mantegna raffigural’Adorazione dei pastori (1450-‘51) e negli stessianni il pittore fiammingo Jean Fouquet realizza laMadonna col Bambino che si trova oggi ad An-versa. Anche un altro fiammingo dipinge la Nativitàed è Hans Memling nel 1470.L’Adorazione del Bambino di San Vincenzo Ferrer(o Natività con San Giorgio e San Vicenzo Ferrer) èuna tempera su tavola di Filippo Lippi.Di Pietro Perugino è l'Adorazione dei Magi, un oliosu tavola databile, a seconda degli studi, al 1470-1473 o al 1476 circa e conservata nella Galleria Na-zionale dell'Umbria di Perugia, mentre nel Collegio

↑ Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi.

La Natività è uno dei soggetti più antichi e più rap-presentati nella storia dell’arte cristiana per com-memorare, narrare e celebrare la nascita di Gesù.Un breve excursus ci permette di ricordare le operepiù significative prodotte dagli artisti in un connu-bio di fede, storia e memoria. A partire dal IV secolo la Natività divenne uno deitemi più frequentemente riprodotti, come dimo-strano il prezioso dittico in avorio e pietre preziosedel V secolo conservato nel Duomo di Milano, imosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Bat-tistero di Venezia e delle Basiliche di Santa MariaMaggiore e di Santa Maria in Trastevere a Roma. La storia della nascita di Gesù è narrata nei Vangelidi Luca e Matteo, dove si ricordano i momenti dellavenuta al mondo nella mangiatoia, l’arrivo deiMagi e l’adorazione dei pastori. Una delle Natività più note è sicuramente quella diGiotto al quale si deve anche la splendida Adora-zione dei Magi, affresco databile al 1303-1305 efacente parte del ciclo della Cappella degli Scrove-gni a Padova. Al Beato Angelico appartiene una ri-produzione classica dell’evento descritto nelle SacreScritture: Gesù è appena nato e adorato in pre-ghiera dalla Madre e da San Giuseppe. Gentile da Fabriano nell’Adorazione dei Magi (oPala Strozzi) del 1423 rappresenta non un'unicascena, ma racconta tutto il cammino dei tre Magiche, seguendo la stella cometa, raggiungono ilBambino. La narrazione vede i Magi che, avvistatala stella, si mettono in cammino ed arrivano sino incittà e alla grotta, dove si trovano il bue e l'asinello,san Giuseppe, la Madonna col Bambino e due ser-vitrici. I tre Magi sono rappresentati nelle tre etàdell'uomo: giovinezza, maturità e vecchiaia. I lorovestiti sono di incredibile sfarzo, con broccati d'orofinemente arabescati, copricapi sfavillanti e cinture

* giornalista e storico dell’arte

La Natività nella storiadell’Artedi Silvia Papa *

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Autunno 2015 - www.sentierofrancescano.it

* archeologo

di Andrea Marziali *

Nelle catacombe di Priscilla

del Cambio di Perugia si conserva l’Adorazione del Bambino del Perugino. La Natività di Piero della Francesca, considerato uno degli ultimi capolavori del pittore toscano, presentauna raffigurazione strana e inquietante al tempo stesso della nascita di Gesù, con Giuseppe che chiacchieracon i pastori, mentre Maria, accompagnata da un piccolo gruppo di angeli che suonano, prega per il figlioche giace sulla nuda terra mentre sullo sfondo si vede il paesaggio di Borgo Sansepolcro, paese natale delpittore.Una delle opere più sfortunate del Rinascimento fiorentino è l’Adorazione dei Magi iniziata da Leonardoda Vinci alla fine del 1481, ma lasciata incompiuta dopo la sua partenza per Milano. Sandro Botticelli nella Natività mistica interpreta invece il soggetto sacro come un’adorazione del Bambinoda parte di Maria e Giuseppe, dei pastori e dei Magi tra cori angelici. La Natività di Durer risale invece al1504 e fa parte del trittico dell’Altare di Paumgartner, custodito nella Alte Pinakothek a Monaco. Natività e adorazione dei pastori (1485) è un’opera di Domenico Ghirlandaio nella Basilica di Santa Trinità,cappella Sassetti di Firenze. Anche il pittore Vincenzo Foppa realizza una Natività nel 1492. Altro splendore è la Natività Allendale, un dipinto autografo del Giorgione, compiuto con tecnica ad oliosu tavola, presumibilmente intorno al 1505. Tipicamente giorgionesca è la predominanza del colore, chedetermina il volume delle figure, steso in strati sovrapposti senza il confine netto dato dal contorno, chetende a fondere soggetti e paesaggio. Tiziano dipinge la Sacra Famiglia con un pastore intorno al 1510circa. Risale invece al 1523 la Natività di Lorenzo Lotto. La Natività di Caravaggio, dipinta con tecnica adolio su tela nel 1609, non si sa dove attualmente si trovi, essendo stata trafugata nel 1969 dalla chiesa diSan Lorenzo a Palermo. L’Adorazione dei pastori di Rubens è un dipinto ad olio su tela realizzato nel 1608e conservato nella città di Fermo. Uno dei pochi esempi della Natività nell’arte contemporanea si lega aMarc Chagall, artista russo di nascita, ma francese di adozione. Classica o contemporanea, ogni immagine della Natività riporta alla mente le parole raccontate da Tommasoda Celano sul presepe di Greccio: “per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nel cuore dimolti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di Lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria”(Vita prima, 30,86).

Maria peperit filium suum primogenitum, et pannis eum involvit, et reclinavit eum in praesepio: quia nonerat eis locus in diversorio: “Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo deposein una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo” (Vangelo di Luca 2, 7)La più antica raffigurazione della Vergine con Gesù Bambino è raffigurata nelle Catacombe di Priscilla sullaVia Salaria a Roma, dipinta da un ignoto artista del III secolo all'interno di un arcosolio del II secolo.Nel soffitto di una nicchia c’è lo stucco, sfortunatamente in gran parte caduto, del Buon Pastore tra alberi.All’estremità del soffitto ci sono due scene, quella di sinistra è completamente caduta, mentre a destra siconserva con uno stile pompeiano primitivo la figura della Vergine Maria con il Bambino sulle ginocchia eaccanto un profeta, che nella sinistra tiene un rotolo e con la destra addita una stella. Molto probabilmentedovrebbe rifarsi alla profezia di Balaam: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele (Num24,15-17). L’opera rappresenterebbe dunque la più antica rappresentazione della Natività.

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

di Matteo Tadolti *

La Natività di Giotto

La Natività di Gesù è un affresco di Giotto, databile attorno al 1303-1305 e facente parte del ciclo dellaCappella degli Scrovegni a Padova. Un paesaggio roccioso fa da sfondo alla scena, la Madonna è distesasu un pendio, coperto da una struttura lignea e avvolge Gesù nella mangiatoia, davanti alla quale si trovanoil bue e l'asinello. Giuseppe, accovacciato nella parte basse della composizione, è colto da un’espressionerapita ed incantata. Il manto di Maria, un tempo azzurro lapislazzuli, è andato oggi in larga parte perduto,scoprendo la stesura sottostante della veste rossa. Sulla parte destra si svolge l'annuncio ai pastori, rappre-sentati di spalle vicini al gregge, mentre dall'alto un angelo li informa dell'evento miracoloso. Altri quattroangeli volano sopra la capanna e rivolgono gesti di preghiera al fanciullo e a Dio nei cieli.Originale è il taglio prospettico dell'architettura, capace di rinnovare la statica tradizione bizantina dell'ico-nografia. Solide sono le figure, soprattutto quella della Madonna e quella di Giuseppe, che fanno pensarea modelli scultorei, come quelli di Giovanni Pisano. Morbide e leggere sono le tonalità dei colori, che bensi armonizzano con le altre scene della cappella. In un atmosfera particolarmente tenera si snoda il raccontosacro di uno degli avvenimenti più suggestivi della storia dell’uomo.

di Andrea Marziali

La Natività di Vincenzo Foppa

Vincenzo Foppa, uno dei più grandi esponenti del Rinascimento italiano, ha interpretato magistralmente iltema della natività. Il dipinto Natività di Gesù (1492) custodito nella chiesa di Santa Maria Assunta a Brescia,è una delle rappresentazioni più intense e qualitativamente più rilevanti del tema della Natività, dove sipone la Madonna come figura centrale della composizione pittorica, a differenza di quanto imponevano leregole della Controriforma che vedevano nella figura del Bambino il perno principale da raffigurare al centrodella scena. Foppa rende la figura di Maria quasi fosse un bassorilievo, sembra quasi che emerga dalla su-perficie pittorica. La Madonna inginocchiata contempla il Bambino che è nell'angolo in basso a sinistra. A destra, in piedi afianco di Maria, si trova san Giuseppe, entrambi indossano tuniche colorate e hanno la testa circondata dauna aureola. La scena si svolge in un ambiente povero, lo sfondo è dominato da un paesaggio naturale,con colline che degradano verso un corso d'acqua. Nel dipinto è notevole l'intima religiosità della scena,raccontata nei suoi elementi essenziali e collocata entro un'architettura appena accennata.

* archeologo

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Autunno 2015 - www.sentierofrancescano.it

di Andrea Marziali

L’Adorazione dei

pastori di Rubens

L’Adorazione dei pastori è un dipinto ad olio su tela di Rubens realizzato nel 1608. Identificato agli inizi delNovecento dallo storico Roberto Longhi, che lo identificò anche come La notte, è conservato nella Pinaco-teca civica di Fermo. Fu commissionato a Rubens da padre Flaminio Ricci per la chiesa di San Filippo Neri. L’opera raffigura il momento in cui i pastori raggiungono la capanna della natività e la Vergine con dietroSan Giuseppe mostra il Bambino ai pastori. A sinistra della composizione ci sono due figure maschili e duefigure femminili. La figura femminile più anziana recentemente è stata individuata come la levatrice incre-dula del protovangelo di Giacomo nell’atto di alzare al cielo le mani sanate. Un cartiglio con l’annunciodella nascita del Salvatore è sorretto dagli angeli. Opera ricca di suggestioni caravaggesche e di significato devozionale, è riconducibile ai dettami della Con-troriforma con uno scenografico e teatrale impianto barocco evidenziato in modo particolare dal drappellodi angeli che sovrastano la sacra rappresentazione. Sapiente è inoltre l’uso delle alternanze di luci e ombre.

di Matteo Tadolti

La Natività di Caravaggio

La Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi di Caravaggio è un dipinto a olio su tela ed eseguito perla compagnia dei Bardigli e dei Cordiglieri intorno al 1609. La tela fu commissionata per celebrare il cultodi san Lorenzo e di san Francesco nell’oratorio di San Lorenzo a Palermo, dove nella notte tra il 17 e il 18ottobre 1969 il dipinto fu trafugato e mai ritrovato.Nell’opera la nascita di Cristo è narrata attraverso un realismo che rende l'episodio assolutamente veritiero,ogni personaggio è colto in un atteggiamento spontaneo. Le sembianze dei protagonisti richiamano i mo-delli che Caravaggio prelevava dagli ambienti più poveri e disagiati della società. San Giuseppe, volgendocile spalle, è avvolto in uno manto verde e dialoga con un personaggio che si trova dietro la figura di sanFrancesco d'Assisi, che alcuni critici pensano possa essere fra' Leone. Ne la natività ritrovato ho lo meoverde, lo meo bel rutilante verde scrive Camilleri nel suo libro Il colore del sole. La presenza di san Francesco è sicuramente un tributo all'Oratorio, che all'epoca era passato alla VenerabileCompagnia a lui devota. Mentre la figura sulla sinistra raffigura san Lorenzo. Maria ha un aspetto estrema-mente malinconico, forse presagendo il destino del figlio, posto sopra un piccolo giaciglio di paglia. La testadel bue è ben visibile, al contrario dell’asino che si intravede appena. Sopra il Bambino viene posto un an-gelo, simbolo della gloriosa divinità. Luci e ombre avvolgono la scena e la caricano di suggestiva dramma-ticità. Sacro e profano in un gioco di colori e scuri marchiano i contributi di un’artista inquieto e geniale.

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di Rosita Roncaglia *

Valeriano Prati, classe 1973, è uno scultore maanche un musicista. La scultura è una passioneche coltiva sin dall’età di dieci anni, quando hainiziato a “martellare le pietre”. Dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte a Fermo,si è laureato all’Accademia delle Arti e del Dise-gno a Firenze. È specializzato principalmentenella lavorazione della ceramica e delle le terre-cotte (maiolica, terraglia, refrattaria, ecc…) e hauno studio a Sarnano dove per gran parte del-l’anno vive e opera. Ha prodotto vari lavori su San Francesco (moltidei quali sono stati donati a persone devote) pre-sepi in terracotta e sculture dedicate al centena-rio della Prima Guerra mondiale.

Perché hai scelto di realizzare una statua su SanFrancesco? È un Santo che storicamente si narra sia transi-tato a Sarnano e questo suo passaggio è moltosentito da me e dagli abitanti della mia zona.Narra la leggenda che anche il simbolo di Sar-nano sia stato San Francesco a disegnarlo per pa-cificare le fazioni avverse delle quattro contradedi Sarnano.

A chi è destinata questa statua?La statua l’ho realizzata per me, non su commis-sione e rappresenta la mia personale interpreta-zione del Santo. Si ispira a un frammento diaffresco di scuola giottesca conservato nella

Chiesa delle Grazie a Sarnano, del 1180. Fatta interracotta, è alta 50 cm ed un pezzo unico, rea-lizzata di getto e non esiste lo stampo per ripro-durla.

Perché hai immaginato il Santo proprio in questaposizione?È in una posizione nella quale spesso viene ri-tratto San Francesco, di profilo a tre quarti, conquesta postura rivolta alla preghiera, le mani con-giunte e la schiena chinata leggermente inavanti, quasi in forma di sottomissione a Dio, aglialtri e al prossimo. Questa la lettura estetica e fi-lologica di disposizione di San Francesco ai volericelesti.

Chi è per te San Francesco?È un santo a cui sono devoto e che “sento”molto, una figura immensa e per me una gran-dissima persona che ha saputo redimersi. Lui è passato da una vita a un’altra, ed io lo re-puto uno dei grandi convertiti, come san Paolo,Sant’Agostino. Ma lui in particolar modo rappre-senta per me il cambiamento totale, la capacitàdi cambiare radicalmente. E poi la ricerca di Dioattraverso l’umiltà e questo è un tema di cui siparla poco.

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↖ Una Natività dell’artista.

INTERVISTA ALLO SCULTORE VALERIANO PRATI

Nella terracottal’anima di Francesco

* giornalista

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Per adorare Colui che è nato! Questo il titolo dellospettacolo natalizio realizzato il 20 dicembre scorsopresso la Tensostruttura di Villa Musone di Loreto(AN) dai settanta bambini e bambine della Scuoladell’Infanzia Gesù Bambino, coordinati da SuorAletta e dalle insegnanti Fabiana Nicolini, AttiliaPelloni, Romina Romagnoli e Tamara Giorgi.Alla presenza di un nutrito pubblico, i piccolihanno dato vita alla storia del primo presepe vi-vente ideato da San Francesco a Greccio: tornatoin Italia dopo un’intensa esperienza in Oriente,dove aveva potuto visitare l’umile grotta di Be-tlemme in cui il Signore volle nascere, il Poverellodi Assisi desiderò infatti ricostruire l’ambiente delprimo Natale affinché anche la gente più semplicepotesse rendersi conto in concreto delle difficoltàpatite da Gesù e dell’idea rivoluzionaria di un Diopovero e ultimo. In ciò lo aiutò un nobiluomo di nome Giovanniche, desideroso di seguire la vie del Signore, fececostruire una stalla a Greccio, nel cuore dell’Ap-pennino, vi fece portare del fieno e vi condusse unbue e un asinello. Era il Natale del 1223 e molti pa-stori e contadini, artigiani e povera gente si avvia-rono verso la grotta. Lì si compì un miracolo che fece convertire e gua-rire molti: Francesco, dopo aver cantato il Vangelo,stava davanti all’ingresso con il viso cosparso di la-crime, traboccante di gioia. Allora i presenti viderotra le sue braccia un bellissimo Bambino che eglicullava dolcemente.I bambini della Scuola dell’Infanzia, con la lorosemplicità e spontaneità, hanno ricordato quel mo-mento e come esso sia stato preceduto da altre im-portanti tappe, come il sogno in cui l’Angeloannunciava a Giuseppe la maternità di Maria ed il

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di Laura Trucchia *

A Loreto i bambini

rappresentano Greccio

* docente

matrimonio di Maria e Giuseppe come momentodi festa comunitaria per la società ebrea. L’interpretazione della parte dialogata, affidata aibambini di 5 anni della sezione dei Leoni, è stataarricchita dai balletti della sezione dei Leprotti (4anni), nelle vesti degli invitati al matrimonio deiSanti Sposi, e della sezione delle Tartarughe (3anni), che con i loro cuoricini simboleggiavanol’Amore di Dio per l’uomo e di San Francesco pertutto il Creato. A coronare il tutto alcune tradizio-nali canzoni natalizie eseguite dalle sezioni riunite. Sfondo integratore della rappresentazione e del-l’anno scolastico in corso le emozioni, dal dubbiodi San Giuseppe all’accettazione e alla gioia diMaria e di Francesco, che i bambini hanno potutovivere e vedere concretamente grazie a quel mera-viglioso strumento che è il “fare teatro”. Al termine della rappresentazione dei “grandi”, ipiccoli del Centro per l’Infanzia, guidati dalle mae-stre Stefania Arnoldi e Sara Spina, hanno omag-giato il pubblico con una simpatica sorpresacostruendo in diretta sul palco un Albero di Natalecon dei grandi blocchi portati da ciascun bimbo ac-compagnato da un genitore.Alla manifestazione sono intervenuti il rappresen-tante legale della Scuola, Padre Giorgio Monzani,ed il sindaco di Loreto Paolo Nicoletti, che hannoaugurato un sereno Natale ai presenti sottoline-ando l’importanza della collaborazione come va-lore fondamentale del Natale e della vita stessa: lospettacolo è stato infatti reso possibile non solograzie all’impegno dei piccoli attori e delle loro in-faticabili maestre, ma anche grazie alla collabora-zione del Comune, della Parrocchia, dei genitorinonché delle suore che sempre seguono le attivitàscolastiche con amore e partecipazione.

↖ Un momento della rappresentazione.

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di Rosita Roncaglia

Si è svolto ad Assisi dal 23 al 27 settembre 2015 Il Cortile di Francesco: cinque giorni di incontri e con-ferenze, concerti e workshop attorno al tema dell’UMANITÁ con soggetti di spicco della cultura, dellasocietà civile, della politica e dell’arte, ma anche tante persone ad ascoltare e dialogare tra loro.L’evento è stato organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura e dalla Custodia Generale del SacroConvento di Assisi. Il filo prezioso che ha tenuto insieme personalità molto diverse tra loro è stato IlCortile dei Gentili, cioè il dialogo tra credenti e non credenti.Questa locuzione definiva uno spazio aperto dell’antico Tempio di Gerusalemme a cui potevano acce-dere anche i pagani, considerati dagli Ebrei “non credenti”. Ad Assisi questo spazio simbolico che ac-coglie credenti, cristiani, non credenti o diversamente credenti in un’armonica diversità è proprio IlCortile di Francesco che ha ricomposto tutti in un mosaico di comune Umanità.Noi de Il Sentiero Francescano abbiamo avuto l’opportunità di intervistare quattro nomi illustri del pa-norama culturale italiano: Oliviero Toscani, Nicola Piovani, Massimo Cacciari e Franco Cardini.

Fotografo creatore di immagini corporate e cam-pagne pubblicitarie per brand internazionali, Oli-viero Toscani a Il Cortile di Francesco ha tenuto unaconferenza dal titolo L’anima è fotografabile?, unworkshop sul tema Razza Umana tra immagine ecomunicazione e per Il Cortile dei Bambini si è pro-posto di insegnare ai più piccoli il vero significatodelle fotografie e delle immagini.Ad Assisi è venuto per dire ai giovani che hannouna grande opportunità: essere testimoni del lorotempo di ciò che vorrebbero migliorare, per vederee donare l’immagine di un mondo migliore: “Setutti noi come San Francesco decidessimo di diven-tare poveri, diventeremmo tutti insieme più ricchi”.Al nostro microfono ci offre un’immagine di SanFrancesco come cronista del suo tempo: “un verodiverso, un eccentrico, un sovversivo gentile, un

Il Cortile di Francesco ad Assisi

Con Oliviero Toscani

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matto, una rockstar ante litteram. Allora non c’erarock ‘n roll, non c’erano le star ma lui lo era e can-tava le bellezze della vita. Aveva una sensibilità cheandava al di là di ciò che è misurabile. Era un in-credibile uomo di comunicazione , anche nel suosilenzio, nella sua quiete, è la personalità che hafatto più grande rumore in un modo silenzioso”. Molto forti e stupefacenti le sue impressioni suibambini di oggi. Già in sede di conferenza eraemersa la sua posizione critica sull’eccesso di im-magini che stanno togliendo l’immaginazione aibambini: “L’immagine ha sostituito la realtà perchéla realtà esiste solo se c’è l’immagine. Le immaginiin movimento della tv fanno diventare ciechi, fannovedere con gli occhi degli altri, tolgono lo spiritocritico. La fotografia, invece, è capace di lasciarepiù libertà interpretativa, ingaggia l’anima, la co-scienza. Per questo è fondamentale insegnare aibambini a leggere le immagini, non semplicementea guardarle, ma a capirle, a interpretarle”. In modomolto fermo e deciso, quasi spiazzante riporta lasua idea di educazione.“I bambini di oggi sono purtroppo vittime dellemadri e dei padri. Dobbiamo difendere le maestredai genitori i quali sono responsabili della rovinadei figli. I bambini sono bene pubblico, dovrebberoessere dati alla comunità e quindi tutti saremmopadri e madri anche quando non abbiamo bam-bini. E tutti dovremmo pagare, anche chi non hafigli, per i bambini che vengono educati dalla co-

munità. Tutti i bambini dovrebbero avere la stessaaltissima qualità di educazione, invece ancora pur-troppo c’è una grande discriminazione e disparitàfra chi è ricco e chi non lo è. Quindi trovo che tuttoil sistema educativo familiare sia in questo mo-mento tremendo per i bambini, prima di tutto per-ché i genitori e soprattutto le mamme hanno unsenso di colpa per non poterli educare bene. Edu-care i figli è la cosa più difficile al mondo ma lemadri pensano che sia un secondo lavoro, alloraparcheggiano i figli davanti il televisore, il tablet eper di più viziandoli perché i genitori hanno unsenso di colpa a non poterli seguire. I bambini inquesto momento non sono fortunati, hannoun’educazione familiare orrenda. Questo ovvia-mente nella media: ci sono sicuramente dei bam-bini fortunati che hanno dei grandi genitori chenon li viziano e dei grandi maestri dai quali rice-vono un’educazione eccellente”. E Toscani non nasconde neppure il suo disappuntoquando gli chiediamo il suo parere sull’Expo:“Credo sia stato un grande fallimento come eventodi educazione. Si è trattato di evento commercialegestito dalle quattro aziende multinazionali che co-nosciamo tutti. Tutti giorni muoiono non so quantibambini di sete, forse qualche migliaio. E soprat-tutto c’è il grande problema della fame nel mondoe noi spendiamo i soldi a fare padiglioni inutili chepoi alla fine di ottobre non serviranno più a niente,a fare ristoranti che vendono panini locali più omeno etnici a prezzi insensati, a far funzionare ilconsumo. Trovo che sia stata la solita occasionepersa”.A proposito del progetto RAZZA UMANA, iniziato nel2007, ci tiene a definirlo uno studio personale enon un lavoro commerciale: “Ho iniziato a fotogra-fare i volti della gente per vedere se si poteva foto-grafare l’anima, l’interiorità dello sguardo. Hocominciato a mettere insieme migliaia di ritratti esono giunto alla conclusione che è possibile. È unospaccato storico di un documento umano che ap-partiene a un tempo, a paesi diversi, a personalitàdiverse, a sguardi diversi. È tutto un lavoro cheparla di diversità, tema che a me ha sempre affa-scinato. Senza diversità non ci sarebbe l’arte”.

la videointervista

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di Rosita Roncaglia

Nicola Piovani, uno dei più grandi compo-sitori di cui l’Italia può vantarsi, Oscar perla colonna sonora de La vita è bella di Ro-berto Benigni, era nella Basilica di SanFrancesco per eseguire in anteprima asso-luta accompagnato dall’orchestra il Prelu-dio al Cantico, parte di un’opera ispirata alCantico delle Creature. Le sonorità colpiscono e rapiscono il pub-blico come in un lungo abbraccio, da re-starne incantati. Intensissimo l'elogio dell'acqua: innocentebella, pura. La natura si dovrebbe impararea guardarla, a parlarle con gentilezza amorevole, parola di un grandissimo Santo "folle" di nome Francesco.Al temine del concerto lo abbiamo incontrato cogliendolo al volo mentre, sfuggendo ai media dalle retroviedel Sacro Convento ci ha concesso un semplice saluto, dichiarando la sua contentezza per l’opera musicalecreata e per averla eseguita proprio ad Assisi.

Con Nicola Piovani

↙ Nicola Piovani ai nostri microfoni.

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Non ha certo bisogno di presentazioni il noto filo-sofo Massimo Cacciari, la cui presenza al Cortile èstata significativa proprio perché, notoriamente, ilpensatore si dichiara “laico” in fatto di tematichereligiose e di fede.Egli ha tratteggiato la spiritualità di Francesco d’As-sisi dichiarandone l’assoluta “novità” rispetto adaltre forme di spiritualità nate fino ad allora in senoalla Chiesa. In particolare, Cacciari ha sottolineatocome con Francesco non ci si annulli dinanzi a Dioma, anzi, si abbia l’occasione di far brillare appienola propria “singolarità”. Un santo che ha saputoessere se stesso e non ha rinunciato a nulla dellasua genialità. Ai nostri microfoni Cacciari ha com-mentato una aspetto “natalizio” di tutto ciò.

Franco Cardini è uno storico fiorentino specializ-zato nello studio del Medioevo e, spesso, ha ap-profondito la figura di Francesco d’Assisi, scrivendosu di lui una nota vita per la Mondadori.In una tavola rotonda condotta dalla presentatricePaola Saluzzi, Cardini ha affrontato il tema delsenso dell’humanitas francescana citando uno deiFioretti: “Francesco, perché a te tutti vengono die-tro?” chiedeva un giorno un frate al Santo.Francesco piace a tutti - ha affermato Cardini - aicristiani, ai musulmani e ai non credenti. Piaceanche se dice “no” al denaro.Allo storico noi abbiamo chiesto chi sia “oggi”francescano veramente, dove batta ancora il cuoredell’humanitas di Francesco d’Assisi ai nostri tempi.

di Diego Mecenero

Con Massimo Cacciari

Con Franco Cardini

↙ Massimo Cacciari ai nostri microfoni.

↘ Franco Cardini con la nostra redazione.

la videointervista

la videointervista

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ParadisoRoberto Benigni

di Rosita Roncaglia e Diego Mecenero

Un piede incon

Tutto il pianeta ormai sa che Roberto Benigni hauna smisurata passione per Dante, ma sentire dalui la sua grande ammirazione per San Francescod’Assisi ha superato ogni aspettativa, per inten-sità, cuore e passione che il Maestro ha espressoa noi de Il Sentiero Francescano e a tutti i giorna-listi presenti nella sala stampa del Teatro G. Me-stica di Apiro (MC), poco prima di salire sul palcoper introdurre e recitare il Canto XXXIII del Para-diso. La presenza dell’attore ad Apiro il 18 ottobrescorso per il Convegno di studio Il Dante di Beni-gni, organizzato dall’assessorato comunale allacultura e con il patrocinio della Camera dei Depu-tati, è stata fortemente voluta dall’amico apiranoFranco Musarra, che ha impreziosito il pomeriggioal Teatro con altri ospiti illustri quali Massimo Ar-cangeli, Andrea Robiglio, Carlo Pulsoni, Lia FavaGuzzetta, Innocenzo Mazzini, Corinna SalvatoriLonergan.

La mattina l’attore toscano ha salutato ed esila-rato la comunità degli apirani durante la sua pre-sentazione nella Sala Consiliare, cui è seguito ilsaluto dal terrazzo della folla per poi immergersinella piazza festante ad accoglierlo. Roberto non ha esitato a sbalordire con la suaesuberanza: “Voglio saltare giù, baciarvi tutti!”.Perché lui è veramente un uomo affabile e simpa-tico, disponibile con chiunque gli si avvicini. E, so-prattutto, è una persona “seria”, coraggiosa,generosa, dotata di un linguaggio rico di culturama nello stesso tempo comprensibile a tutti. “Quello attuale – ha affermato - è il momento piùbasso per il linguaggio politico e se l’etica è bassa,lo è anche il linguaggio”. “Manca una scuola di lettura dantesca. Sarebbebello imparare come si leggono i versi di Dante…Lui non ha fatto nulla a caso, la dolcezza di certiversi, le pause, i silenzi, gli endecasillabi che avolte vengono trasfigurati e, nella lettura, a volteanche sfigurati”. Benigni si è dimostrato un uomo con l’anima diun artista, capace di arrivare al cuore della gente.“Sono disposto a mettere a disposizione le tre oquattro cose che ho imparato, ma soprattuttosarei interessato ad ascoltare”. Questa è l’umiltà di un grande come il noto pre-mio Oscar. “Ognuno di noi è un miracolo,ognuno di noi è di una bellezza straordinaria”.“Tutta la Commedia ci parla del nostro essere,unici, irripetibili. Dopo aver letto Dante, ho vistogli altri in un modo diverso, non più solo comepersone, ma scrigni contenenti un mistero e per

INTERVISTAESCLUSIVA

la videointervista

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Perché una volta non ci incantacon iFioretti di San Francesco?

Era davvero da tempo che macinavo dentro dime questa domanda: “Maestro, dopo che ci haincantati mirabilmente con La Divina Commedia,con la Costituzione e i Comandamenti, io la ve-drei benissimo una prossima volta con in mano iFioretti di San Francesco!”.Lo sguardo di Roberto si accende e subito mi ri-batte: “I Fioretti... Li conosco molto bene i Fio-retti! Eh, ci penserò!”. E si approfondisce insiemecon qualche altra battuta la cosa.Un testo in italiano volgare antico, sapienziale earguto al contempo, inaspettato, a tratti comicocome quello dei Fioretti - lasciatemelo dire dinuovo - starebbe proprio bene in mano a Beni-gni. Il seme è stato gettato. Chissà.

questo, dopo tanto tempo, Dante ancora micommuove”. Sublime il suo pensieroIn conferenza stampa c’è una visibile emozioneda parte di tutti i presenti e quando il Maestro staper entrare, si sente un grande applauso di fe-stosa accoglienza. Noi della nostra redazione glichiediamo: Il Paradiso all’XI Canto della DivinaCommedia recita “Nacque al mondo un sole” eper Dante quel sole era proprio San Francescod’Assisi. Qui nelle Marche, la Terra dei Fioretti, civuol dire chi è per lei San Francesco?”.“Mi hai fatto una domanda che potremmo starqui una settimana! - esordisce Benigni - Cito unepisodio della mia vita, uno dei momenti più altidel mio lavoro: quando ho ricevuto l’Oscar a LosAngeles per La vita è bella ho fatto un riferimentofrancescano quando ho detto che ringraziavo imiei genitori per il dono più grande che è la PO-VERTÀ e la platea, che non aveva capito il mio ri-ferimento, ha riso come se fosse stata unabattuta, mentre io dissi una cosa molto seria,tanto che ho ricevuto lettere di stima dai conventifrancescani di tutto il mondo. La povertà è lamadre di tutte le ricchezze, come diceva il pove-rello di Assisi. Chiedendomi chi è per me San Francesco è comese mi chiedesse cosa sono per me gli alberi, l’aria,la Vita. Tra l’altro, poter fare San Francesco è unprogetto a cui ho lavorato anche coi francescanidi Assisi, e pure mi ero interessato ai libri diChiara Frugoni. San Francesco è un personaggioche è sempre dentro di noi. Il fatto che lui sianato ed esistito è nell’aria, non se ne può più farea meno. San Francesco è il mio respiro”.Durante tutta la conferenza stampa è stato im-possibile resistere alla comicità del toscano, mi-scelata all’approfondimento e alla retrospettivainteriore.Il momento clou arriva poi in teatro con la recita-zione del Canto più bello del mondo: “È comearrivare in vetta al Paradiso rimanendo impressio-nati per il suo splendore. Come se qualcuno vi re-galasse un diamante tutto lavorato”.Nel corso del suo magistrale intervento, Benigniha spiegato sillabe, endecasillabi, accenti, evo-cato immagini della Divina Commedia con unapassione e un entusiasmo sconfinati. “L’ultimoverso, L’amore che move il sole e l’altre stelle, si

legge tutto d’un fiato. Dante era un aristocraticoche non amava la retorica, era esuberante. Avreivoluto farci una passeggiata e guardare quellosguardo”.Applausi scroscianti. Benigni ci ha regalato unsogno e noi de Il Sentiero Francescano siamo stativeramente onorati e felici di esserci stati, rice-vendo in dono dal premio Oscar un’inedita con-fidenza su chi sia per lui il Poverello d’Assisi.

© Rosita Roncaglia

© Diego Mecenero

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

di Carlo Pirchio *

suoi 38.000 iscritti al canale YouTube dove alcuni loderidono mentre altri hanno iniziato ad apprezzareciò che dice e fa.Ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente eho scoperto un padre che adora suo figlio, un uomofragile e sensibile allo squallore e alla mancanza divalori di questo secolo.In una recente intervista che ha rilasciato al direttorede Il Sentiero Francescano lungo il fiume Musone,sono emersi tratti comuni al Poverello di Assisi ri-guardo il qual era intervistato, come la capacità co-municativa, la “follia” di certi atteggiamenticonsiderati inusuali dalla gente, l’amore per il creatoe uno stato di emarginazione da parte dei benpen-santi.Nella sua grande semplicità ed umiltà ci ha spiegatoil suo pensiero, a modo suo con le sue parole e nelsimpatico dialetto de Castello.

Un giorno un mio amico mi disse: «C'è un tipostrano di Castelfidardo che filma di tutto e pubblicai suoi video su YouTube».Naturalmente andai a sbirciare nelle sue numerose“produzioni”, come Matteo Montesi ama definirle,e devo confessare che mi sono fatto delle gran ri-sate per il suo modo eccentrico di proporsi, total-mente fuori dalle righe.La curiosità di andare a vedere i suoi video stava di-ventando virale, tanto da voler andare più a fondosul personaggio e ho avuto modo di venire a cono-scenza delle disavventure di Matteo che non sto adelencare per motivi di privacy e per il profondo ri-spetto che nutro per lui.Ma la cosa che più mi ha gratificato è stato scoprirela personalità eclettica di Matteo: più guardavo leproduzioni e più mi accorgevo delle sue innate doticomunicative e la perseveranza nel portare avantila sua missione, quella di scoprire ed esplorare luo-ghi abbandonati, i famosi buccaggi come lui amadefinirli, e quella di professare la sua fede con nu-merosi “sermoni” dai temi più svariati che offronosempre spunti di riflessione sulla realtà che ci cir-conda. Il pregio di Matteo è di ricordarci ogni volta da doveveniamo e perché siamo in questo mondo, l’impor-tanza di amare e proteggere la natura e gli animali. Questo non significa condividere tutte le sue cre-denze, anzi prendo le distanze da alcune sue affer-mazioni, ma qualcosa in lui mi attrae, così come i

↘ Abbiamo incontrato Matteo presso il fiume a lui caro: il Musone.

* imprenditore

Matteo

Montesilo YouTuber con 38.000

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Alla domanda Chi è per te San Francesco? Matteoesordisce con una poesia di Fausto Salvadori:

San Francesco parlava alle cicale, predicava agli uc-celli, e l’albero e l’arbusto erano i suoi fratelli. Leagnelle al suo passare accorrevano liete, le tortoreselvagge rendeva mansuete. Ai lupi furiosi donavala dolcezza, tanta virtù gentile aveva nella carezza.

San Francesco è un essere mandato da Dio per illu-minare le genti e per consolidare e ripristinare lefondamenta della Chiesa che ormai stavano quasiper essere distrutte. San Francesco è conosciuto intutto il mondo come una persona speciale piena diumiltà e di amore verso il Creato, verso la naturache ci ospita; è l’uomo mandato da Dio per donaresperanza a tutto il genere umano e quindi ringra-ziamo il padre eterno che ci ha mandato questosanto per illuminare i nostri cuori e la nostra vitasulla Terra.

San Francesco e la natura. Lui è il patrono degli eco-logisti. Che cosa è per te la natura, il mondo in cuispesso tu ambienti le tue produzioni video?

Amore verso la natura, l’ecosistema, le creature vi-venti e i nostri simili. Questa è la mia consapevo-lezza. San Francesco ha fatto tesoro deicomandamenti e li ha messi in pratica e il nostrodovere è di prendere spunto da lui, dall’amore cheha avuto verso la natura. Ho sempre cercato di imitare San Francesco nellelodi, nel ringraziare il Creatore per mamma Terra,per sorella Acqua, per fratello Vento, e per tuttoquello ci avvolge. Ogni giorno nelle mie produzioni video lodo il Crea-tore a modo mio, nel mio piccolo, ringraziandoloogni momento per il dono della Vita che mi hafatto. Il suo amore è incalcolabile ed è importante pren-derne consapevolezza, perché la generazione at-tuale di fatto inquina, distrugge la natura,l’ecosistema, senza rendersi conto di fare del malea se stesso e ai suoi simili. E questo succede perchéha eliminato Dio dal proprio cuore.

Questo messaggio di rispetto della natura e di com-prensione che nella natura c’è l’amore di Dio è pro-prio il messaggio di San Francesco, che anche lui avolte annunciava con un modo di comunicazioneinaspettato o non condivisibile dai più. Pensiamo

alla predica in mutande, alla predica dell’esempioo ad altre forme di comunicazione che all’epoca si-curamente apparivano forti e non condivisibili, mache il santo aveva scelto. Noi de Il Sentiero France-scano vediamo in Matteo e nella sua missioneanche un pizzico di questa “follia francescana”.Il messaggio di Matteo è quello di rispettarci tuttiquanti in un solo corpo e in un solo spirito e la cosapiù bella di lui è che non si fa condizionare dai giu-dizi dei suoi detrattori, non si vergogna del suo li-vello di istruzione “da terza media” perché alcospetto di persone pluri-laureate (e "lorsignori",come lui li chiama) che stanno compiendo le peg-giori nefandezze che un uomo può concepire, luirisulta un essere puro e sincero.Matteo Montesi, un personaggio unico nel suo ge-nere che merita rispetto come tutti gli esseri delCreato.

Mi inserisco in punta di piedi nel “pezzo” di Carlo, delquale condivido in pieno lo spirito, per introdurre la vi-deointervista che Matteo Montesi ci ha gentilmente con-cesso, fruibile con un clic sul logo qui sopra.Fin dal primo istante in cui ho avuto l’occasione di co-noscere e vedere le produzioni di Matteo ho avuto l’in-tuizione che in questo “personaggio” abitasse davveroquella parte del Poverello di Assisi che andava dicendo:«II Signore mi ha detto che lo dovevo essere come unnovello pazzo in questo mondo». Ce ne fossero di più,in questo mondo, di “pazzi” così da “slegare”: grazie,Matteo, hai la mia stima!

Diego Mecenero

VEDI LA VIDEOINTERVISTA

↖ Matteo mentre scherza con il nostro direttore.

Matteo

Montesilo YouTuber con 38.000

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FrancescoLiliana Cavani

di Rosita Roncaglia

Il

Dopo il lavoro nelle scuole di Recanati iniziato amaggio e due settimane di proiezioni dei suoi film,tra i quali Francesco di Assisi (1966) e Francesco(1989), il 10 ottobre scorso nell’Aula Magna delComune di Recanati è stato assegnato il Premio Lu-dovico Alessandrini alla regista Liliana Cavani.Recentemente ha realizzato una miniserie dal titoloFrancesco che ripercorre i tre periodi fondamentalidella vicenda umana di Francesco.La conferenza è iniziata col racconto di alcuni in-contri cruciali nella vita della regista, tra cui Ludo-vico Alessandrini, persona colta e intelligente, unodei primi amici incontrati a Roma e rimasti tali finoal termine della sua vita. Confrontandosi con i gio-vani recanatesi in un incontro laboratoriale avve-nuto la mattina, la Cavani ha riscontrato quantosia elevato il bisogno di cinema, che è occasione diargomenti strategici e importanti, necessari a ca-pire gli ingranaggi della vita. Il cinema “è una nar-razione che necessita di educazione anche per nonessere vittime dell’informazione... Cinema e televi-sione fanno parte del nostro tempo e vanno colti-vate”.Nel raccontare le sue esperienze, la Cavani si è sof-fermata molto sull’incontro con la figura di SanFrancesco.“Era il 1966 e Angelo Guglielmi, allora DirigenteRai, doveva fare una trasmissione per il 4 ottobrecon De Lullo che avrebbe letto i Fioretti. Ed io dissisubito: «Ma come ti viene in mente?». Mi rifiutaidi seguirlo. Venivo da una famiglia che dire laica èpoco e conoscevo il Cantico solo attraverso il Liceo.Dante ne parlava, ma non ricordavo i versi. Uscitada lì accaddero strane coincidenze… Ci ripensai ecercai un libro per leggere del Santo e per caso mi

di

↙ La regista ai nostri microfoni.

capitò la biografia scritta da Paul Sabatier, un ro-manzo bellissimo. Rimasi persuasa dalla modernitàe dall’attualità di questa figura e proposi a Gu-glielmi di farne un film a basso costo. Fu una pro-duzione molto osteggiata ma proprio Mons.Angelicchio, direttore del Centro Cattolico Cine-matografico tra gli anni ’60 e ’70, diede invece ilvia libera alla proiezione del mio film”.Ventun anni dopo quel successo, la Cavani torna araccontare la storia di San Francesco D’Assisi e sce-glie un attore di fama mondiale come MickeyRourke. “Mi era piaciuto nell’Anno del Dragone,mi aveva trasmesso una grande umanità. Lui è unapersona molto, troppo buona ed ero sicura cheavrebbe fatto bene. Esistono persone con qualità

e finezze umane grandiose e il cinema le tira fuori.Nella scena delle stimmate parlai con Mickey espri-mendo il significato grande per Francesco di quel-l’evento. Mickey ha capito e ci commuovemmo agirare quella scena e a rivederla poi in proiezione”.

Al termine della conferenza la regista si trattiene alnostro microfono.Tre film su San Francesco: tre figure diverse delSanto o differenti aspetti di uno stesso personag-gio?“Il primo film per me è stata una scoperta, gli altrisono degli approfondimenti, assolutamente neces-sari. Non potevo non farli altrimenti il discorso sa-rebbe rimasto a metà. Ho insistito per farli ma adistanza di vent’anni l’uno dall’altro”.Chi è per lei San Francesco?“È l’uomo più civile d’Europa, forse del mondo”.

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Peppe VessicchioMalleus

di Rosita Roncaglia

Con

al Castello di

Nell’epoca del virtuale, l’Antica Bottega Ama-nuense di Enrico Ragni, in arte Màlleus, rappre-senta uno degli ultimi baluardi a difesa di un’artesempre più rara a trovarsi. Alloggiata in un castellonell’immediata periferia di Recanati, la Bottegarappresenta il più grande scriptorium a livello eu-ropeo e proprio nel suo Auditorium il 25 ottobrescorso si è svolto Opera Totale: un concerto audio-olfattivo interamente composto da Malleus nel-l’arco di due anni in cui la musica in dolbysurround e i profumi si fondono alla luce di unacandela, conducendo l’ascoltatore in un viaggionel tempo che è anche nel profondo del propriointimo. Da questa esperienza multisensoriale si esce raf-forzati nella volontà, nello spirito e nella consape-volezza di sé. Al concerto ha partecipato insiemea noi de Il Sentiero Francescano anche GiuseppeVessicchio, storico direttore d’orchestra del Festivaldi Sanremo, compositore per musicisti come GinoPaoli, Bennato e molti altri, nonché arrangiatoremusicale sia per programmi televisivi che per pro-duzioni discografiche.Al termine dell’evento Vessicchio ha dichiarato diessere sempre stato incuriosito dalla sinestesia sen-soriale, cioè il creare suggestioni attraverso più lin-guaggi e Opera Totale coniuga in manierasapiente minuziosa l’udito, l’olfatto e pure il tattocon gli effetti del vento e della pioggia. E si è mo-strato anche molto attratto a ricercare e compren-dere “le modalità che hanno spinto il maestroMalleus a combinare suoni e aromi per evocare in

ognuno di noi sentimenti che penetrano il nostroIo più profondo”.In questo ambiente molto mistico abbiamo chiestoal maestro Vessicchio chi sia per lui San Francescod’Assisi. La risposta ci ha letteralmente spinti nellacittadina umbra, quando il maestro ha evocato l’im-ponente statua di bronzo davanti la basilica Supe-riore di Assisi che evoca un cavaliere triste. Èl’immagine del santo che torna da Damietta, altempo delle Crociate in Terra Santa, triste perchénon riuscì a diventare il grande cavaliere che so-gnava di essere. Ma la conversione lo portò ad es-sere cavaliere di Dio cambiando radicalmente il suocomportamento. Vessicchio ci parla di un Francesco che si è spogliatodi tutto, abbandonando ogni bene terreno: affetti,denaro, posizione sociale, sogni di vanagloria e per-fino gli abiti. La sua battaglia non la condusse piùcon la spada ma con l’amore, nella divisa di unsacco di tela. La rivoluzione avvenuta nel suo cuorel’ha comunicata nelle parole e nei fatti al mondointero e questo è il suo più grande insegnamento,anche per gli uomini dei nostri giorni.

↙ Vessicchio racconta del “suo” Francesco.

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San Francesco marchigiano?

di Diego Mecenero

a tu per tu con

Ci ho messo più di mezzo anno e una certa faticamentale. Per capire, sviscerare e - soprattutto -capacitarmi di come una notizia potenzialmente“bomba” possa esplodere senza alcun rimbomboe rimanere sospesa per più di vent’anni a mez-z’aria così, né vincitrice, né vinta.Medardo Arduino, architetto piemontese ormaida molti anni nelle Marche, è un vulcano in piena.Se lo incontri - come di fatto ho avuto il piaceredi poter fare personalmente più volte - devi met-tere in agenda quattro volte il tempo che ti eripreventivato. Ma i discorsi che escono dinanzi alui sono interessanti. Molto interessanti.Sarò schietto fin dal principio, anzi, in questo casomi piace dire “franco” e mi spunta un mezzo sor-risetto (lo capirete dopo): le cose che racconta Ar-duino sono forti. Una bomba, appunto.

Eccola qui, facciamola esplodere:• Carlo Magno e Aquisgrana sono nelle Marche.• La storia dei Carolingi è inventata.• I Franchi antichi sono marchigiani.• Le Marche si chiamavano Francia Antiqua.• San Francesco d’Assisi è marchigiano.

Bene, siete ancora qui? Non avete girato pagina?Oh, certo che non l’avete girata, perché questabomba vi inchioda gli occhi alle righe che stateleggendo. Ma, probabilmente, un giudizio l’avetegià dato: “stupidaggini”.No, non si offende Arduino. È abituato alle rea-zioni stupite e, a volte, ironiche, lapidarie e talora

beffarde, provenienti soprattutto dagli ambientiaccademici, dalle Università per capirci: storici, ar-cheologi, filologi, eccetera.Ah, salvo poi a sfogliare Il Corriere Adriatico o IlResto del Carlino, prendendo il caffè, e imbattersinei medesimi che si vantano ora dell’una, ora del-l’altra piccola o grande “scheggia” di bomba.Di fatto se ne parla e, a iniziare delle ricerche, nonse ne parla davvero poco, anzi. Ma tutto resta lì,come dicevo, sospeso a mezz’aria e chissà per-ché. Guardate, ad esempio questa intervista tra-smessa tempo fa nientemeno che su Rai 1:

I P O T E S IFrancia Antiqua

↗ L’architetto Arduino, ora nelle Marche ma di origine piemontese.

MedardoArduino

è

↖ CLICCA SULL’IMMAGINE

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LA SINTESI DELLE MIE RICERCHE di Medardo Arduino

Quando sono sbarcato nelle Marche con un passato di ricercatore storico dell’architettura, ho trovato cen-tinaia di chiese e antichi monasteri tutti datati fra XI e XII secolo anche se costruiti con tecniche molto an-teriori. Le fonti locali sono mute a riguardo, perché non ci sono documenti d'archivio dal V al X secolo. Questo “affollamento” di edifici in un periodo troppo breve, e la totale assenza dei medesimi da altri pe-riodi, non poteva essere né reale né casuale. Ne ho ricercato la motivazione arrivando a concludere chela storia di quei cinque secoli di alto medioevo era stata falsata per cancellare le prove del possesso giuri-dicamente illegale delle Marche da parte del Papa Re. Prima di me, don Giovanni Carnevale scrisse della discesa dei Franchi nel Piceno e della presenza nellaValle del Chienti dei palazzi di Pipino il Breve, di Carlo Magno e della mitica Aquisgrana. Le mie ricerche mi hanno portato a scoprire un'ipotesi ancor più sconvolgente: i famosi Franchi che do-minarono l'alto medioevo non sono tedeschi migrati a sud, ma sono “marchigiani” da sempre, di etniacelto picena. Militari “di carriera” discendenti dai progenitori di quei legionari che per Roma conquistaronotutto il conquistabile.

Tutto ciò parte dagli studi di un sacerdote sale-siano marchigiano, don Giovanni Carnevale. Ar-duino me ne parla subito, puntualizzando peròcome lui si sia scostato, da un certo punto in poi,dalla direzione presa dal sacerdote che comun-que - afferma - “è verso l’orizzonte giusto”.

Il nocciolo delle ricerche di don Carnevale è que-sto: Aquisgrana, l'antica sede imperiale fondatada Carlo Magno sul finire dell'VIII secolo, non vacollocata nel nord della Germania, cioè ad Aa-chen, come si è sempre ritenuto, ma in Italia eprecisamente in territorio Piceno, nella Val diChienti, in provincia di Macerata.A contribuire attualmente a queste ricerche èanche il Centro Studi San Claudio al Chienti checonia uno slogan come "Siamo Franchi: CarloMagno è qui!" (vedi il sito: CLICCA QUI).Ma anche in relazione a questo Centro Studi ilnostro Arduino ha sviluppato percorsi di pensieronon del tutto aderenti. Avremo modo di appro-fondire tutto con calma perché, per questo nu-mero della nostra rivista, ho chiesto a luisemplicemente di comunicarci una “sintesi” dellesue ricerche. Ma sentiamo ora direttamente lui. ↗ L’abbazia di di San Claudio al Chienti.

↑ Una pubblicazione di Arduino.

Dal link cliccabile qui accanto vimettiamo a disposizione le ricer-che di don Giovanni Carnevale(© 1999 QUEEN srl).

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La vera storia è stata cancellata e artefatta per giustificare la presadi possesso papale delle terre imperiali nelle Marche, giuridicamenteillecita, dopo le dispute armate contro l’imperatore Federico II. Que-ste terre furono le proprietà personali dei re Franchi derivate dalleantichissime proprietà dei Celti Salii, terre trasmesse, di diritto, ineredità di padre in figlio già all’epoca di Roma. La damnatio memoriae iniziata dai Papi nel XIII secolo per non re-stituire il più esteso e ricco territorio del patrimonio di Pietro è pro-seguita col negazionismo fino al periodo napoleonico ed ha fornitol'opportunità allo staff intellettuale di Bismarck, alla ricerca di unacomune radice storica dei piccoli stati germanici, di riscrivere l’anticastoria dei cronisti per inventare una origine nordica e poter dire chetutti i tedeschi vengono da Carlo Magno. È ovvio che nell'età delnazionalismo romantico, i lander tedeschi, culturalmente molto di-versi fra loro, potevano essere uniti solo con l'invenzione di antichicomuni e "imperiali" legami etnici. Nonostante che gli archivi curiali marchigiani siano andati tutti afuoco nel medioevo, ho trovato poche ma significative prove dellecontraffazioni ottocentesche di documenti e soprattutto dei nomidelle località storiche a favore di siti germanici.

La prova più evidente resta il fatto che qui nelcentro Italia un'infinità di fonti materiali testi-moniano una presenza Carolingia che se fossestata oltralpe come vuole la storia ufficiale,avrebbe dovuto lasciare là, in Germania, questetestimonianze materiali (palazzi chiese, ecc.) che invece oltralpe mancano totalmente, tanto da far scrivereallo storico tedesco Eribert Illig che la storia dei Carolingi è stata semplicemente inventata (Eribert Illig,The invented middle age - Atti del Congresso di Toronto, giugno 2005). (© Arduino Medardo)

I P O T E S IFrancia Antiqua

↗ La basilica fatta costruire da Carlo Magno e

ampliata nei secoli XII-XV dedicata alla Madre

di Dio, oggi Santa Maria a piè di Chienti.

↗ Il Giglio di Francia nelle Marche: Pievevecchia S. Vito sul Cesano, monastero di S. Marco al Lago di Fiastra, Collegiata di S. Ginesio.

→ La più antica struttura di scriptorium altomedioevale,

VI-VII secolo, ora seminterrato della chiesa di

San Lorenzo in Doliolo a San Severino Marche.

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Arduino Medardo ha recentemente pubblicatoun volumetto dal titolo San Francesco d’Assisi eradi famiglia picena?! assieme all’architetto Giu-seppe Gentili, di Sarnano (MC), che è una nostragradita conoscenza e che compare intervistatonel nostro numero 15 della rivista (clicca qui) aproposito dell’importante sito francescano diRoccabruna.Questo libro costituisce gli Atti di un convegnocelebrato il 2 gennaio 2015 proprio a Sarnanocirca la presenza di San Francesco in quel territo-rio (fatto interessante che approfondiremo ulte-riormente in futuro).Gentili si sofferma soprattutto sulla vicenda delsigillo/stemma di Sarnano che vede la figura fran-cescana di un Serafino, effigie che si documentaessere stata ideata da San Francesco in persona.Al convegno era presente anche Arduino, co-au-tore di questo testo, con lo scopo di illustrare aipartecipanti le proprie ipotesi storiche, così comeanche noi abbiamo ora iniziato a fare dalle pa-gine della nostra rivista.Sì, si tratta di una “bomba”, ma se non è stataancora disinnescata merita perlomeno attenzione.

Questa, appena proposta, la sintesi delle ricerchedi Medardo Arduino, redatta appositamente dalui per la nostra rivista.Torniamo ora al titolo di queste pagine, titolo chedeclina in chiave francescana una delle molteplicie ipotetiche - badiamo bene, si tratta di ipotesi -conseguenze della “bomba”: se i marchigiani an-tichi erano detti francesi, cioè franchi (“affran-cati”), ecco che attorno a Francesco d’Assisi sigettano dei lampi di luce che danno il capogiro:

• La madre si chiama Madonna ...Pica (piceno)detta Bourlemont (cfr Belmonte Piceno).

• Il padre si chiama Pietro di Bernardone dei Moriconi (cfr Monsampietro Morico - Fermo).

• Il padre commerciava stoffe (il macerateseantico era all’avanguardia nel settore).

• Il Santo stesso, che sapeva il francesce, ha tempestato le Marche della sua presenza.

Mi rendo conto che tutto ciò desti forte meravi-glia, perplessità o anche contrarietà. Ma mi paremolto interessante che la nostra rivista (a carat-tere francescano e con un occhio di riguardo perle Marche) dia spazio a queste notizie, lasciandopoi ciascuno libero delle proprie scelte.Il noto prof. Arnold Nesselrath (nativo di Aachen,cioè proprio la presunta Aquisgrana) storico del-l'arte, archeologo e filologo presso l'Università diMagonza, il Courtauld Institute di Londra e l'Uni-versità di Bonn, collaboratore dei Musei Vaticani,riguardo la Chiesa di Aachen ha affermato cheessa non è la Cappella Palatina fatta costruire daCarlo Magno, parlando di “crescenti dubbi chesia stato proprio Carlo Magno l’ideatore di questaperfetta scenografia di Aachen. È più probabileche essa sia stata realizzata nel periodo ottonianoe attribuita a Carlo Magno a sostegno del mitocreatosi intorno alla sua figura”.

↘ La recente pubblicazione di Arduino assieme a Giuseppe Gentili.

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Il Convento di Santa Colomba, a Mogliano (MC),era un Monastero Benedettino legato all'Abbaziadi Piobbico di Sarnano fondato probabilmenteprima dell'anno Mille ma di cui si ha traccia dal1097. Nel suo viaggio nel Piceno del 1215 San Fran-cesco fondò il vicino monastero di Massa Fermana,chissà, forse, passeggiando nella Selva raggiunse ilcastello di Mogliano. Non ne abbiamo tracce docu-mentarie. Per certo il Convento Francescano di Moglianoviene nominato nei capitoli LI e LIII dei Fioretti.Come sappiamo gli ultimi paragrafi descrivono lavita santa dei minori della provincia stellata. In par-ticolar modo questi narrano della vita di San Gio-vanni della Verna che pochi sanno provenisse daFermo e che in almeno due occasioni (quelle docu-mentate appunto dai Fioretti) visitò il convento diSanta Colomba, lui che in quel periodo aveva officiopresso Massa Fermana. San Giovanni da Fermo viene rapito in estasi proprioin questo monastero e vede i molti germogli dell'al-bero francescano. Il tempo passa, le difficoltà per ifrati aumentano e vengono invitati a risiedere all'in-terno delle mura andando così a vivere presso lachiesa di San Gregorio, officio che ancora oggi conperseveranza portano avanti (il Convento di Mo-gliano è gestito dai frati Minori Conventuali). Nel 1548 i frati Minori dell'Osservanza decidono direstaurare Santa Colomba e iniziarono a risiedervisotto la guida del paesano fra Alessandro da Mo-gliano. La chiesa, oggi inagibile, presenta una tavoladi Duranti Nobili, allievo di Lorenzo Lotto. Il Con-

vento è sede della casa di riposo. Insomma, unadegli innumerevoli astri della provincia stellata. È da qui che la Cooperativa Eranthe ha deciso dipartire con un gruppo di persone per fare promo-zione turistica. Ci si presenta e pian piano ci si co-nosce, si parte. Percorriamo sin da subito la vecchiastrada "regia" di collegamento con i paesi limitrofi,oggi un sentiero mal ridotto, ecco però apparire laFonte del Sasso. Restaurata nel '700, presenta evi-

di Emanuele Luciani

Camminando da S. Colomba di Mogliano

Cooperativa Eranthecon la

↑ Una pagina del sito della Cooperativa Eranthe.

↘ Chiesa del SS. Crocifisso d´Ete di Mogliano.

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denze del XV sec. Un racconto narra che quandodoveva uscire per fare la questua, fra Pietro daMogliano, oramai indebolito dalle sue malattie eprivazioni, arrivasse a questa fonte, riempisse lasua bisaccia d'acqua che si trasformava subito inpane. Si continua attraversando un campo con dei ca-valli al pascolo libero. Una sosta all'ombra di unvecchio rudere per rinfrancarci, poi si prosegue ar-rivando in una radura dove il colle, più elevatodegli altri, permette una visuale completa. Dalmare ai Sibillini, dal Monte Conero a Fermo, dalMonte S. Vicino a Montegiorgio. Uno spettacolo!Non solo, ci aspetta una sorpresa, non solo dellanatura. Da dietro una siepe, tre ragazzi in abitoteatrale ci attendono per recitare uno spezzonedi un noto musical francescano: Forza venitegente. Una tradizione moglianese. Il brano musicale scelto per noi è quello in cui SanFrancesco si spoglia nudo di fronte al padre chenon accetta la sua vocazione. Bravissimi! L'anfi-teatro naturale del colle, la leggera brezza della

sera, le forti emozioni della sorpresa che ci hannoriservato Annalisa e Valeria, un'interpretazione ot-timale un momento da non dimenticare. La strada da percorrere è ancora tanta, alcuni at-tori ci accompagnano e ora si va in discesa attra-versando una vigna dove il proprietario ha falciatol'erba e messo delle frecce direzionali. Arrivati infondo una nuova fonte-lavatoio con delle scrittedell'ottocento, si prosegue arrivando a una chiesa

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dedicata a Sant’Antonio da Padova, purtroppo direcente depredata e spogliata.Lì una nuova sosta, il caldo va scemando mentre ilsole declina all'orizzonte. Una breve visita e tutti adascoltare le parole dell'enciclica Laudato si’, di comeil Creato sia interconnesso, di quanto sia france-scana l'esortazione papale. Una provocazione chec'invita ad essere migliori. Il percorso non è però finito. Il Priore della Confra-ternita del SS. Crocefisso, molto attiva in paese, siè distaccato, non capivamo perché. Ecco poi la mo-tivazione. All'interno del parco della chiesa di SantaCroce all'Ete (o SS. Crocefisso all'Ete), fra un filaredi antichi alberi una via di luce. Torce che illuminanoil boschetto ben curato, una leggera pendenza dasuperare, lì fra il nuovo ponte sull'Ete morto e inuna radura la lettura del Cantico delle creature. Siarriva a destinazione a cuor leggero. Una sosta al Crocifisso della primigenia edicolasacra del XIV sec., poi un bel ristoro sotto al log-giato della chiesa. Alcune aziende locali hanno al-lestito un aperitivo. Vino bianco e rosso di uveautoctone, olio del piantone di Mogliano, salumi,formaggi e miele fanno da companatico per ungruppo prima disomogeneo e ora un tutt'uno.Eranthe ha centrato l'obbiettivo. San Francesco èancora nei cuori di molti.

↑ Un momento dell’esperienza.

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di Tiziana Tobaldi * GIORNALISTA E SCRITTRICEITALO-SIRIANA NELLE MARCHE

Così si presenta Asmae Dachan, giornalista escrittrice italo-siriana. Già direttrice del mensilemarchigiano Mondo Lavoro e freelance sullaSiria, è tra i soci fondatori di Onsur - CampagnaMondiale di Sostegno al Popolo Siriano. Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo Dalquaderno blu, vincitore del Premio Speciale dellaGiuria al Concorso Letterario Internazionale Tro-feo Penna d’Autore a Torino. Nel 2013 ha vintoil premio Universum Donna - sezione giornali-smo. Nel 2015 vince il premio A passo di notiziadell’Ordine dei Giornalisti delle Marche per la suaattività di informazione, sensibilizzazione e perl’impegno nell’aiuto umanitario alle popolazionicivili siriane coinvolte nel conflitto. È stata nomi-nata a vita dall’Università della Pace della Svizzeraitaliana Ambasciatrice di pace. È figlia di due mondi e di due culture: l’Italia doveè nata e cresciuta, la Siria paese d’origine dellasua famiglia. I suoi genitori sono Siriani, diAleppo e suo padre si è stabilito in Italia negli

Potrei paragonare la mia vita a un ponte, teso, intento a collegare due sponde: la Siria, mia terra d’originee l’Italia, mia patria adottiva. Potrei paragonarla anche ad un arco: anch’esso teso, con le sue estremitàche si uniscono solo se flesse; nel suo essere curvo diventa uno strumento utile, capace di far arrivare lon-tano le sue frecce.In questa tensione nasce il mio essere giornalista: a cavallo tra due mondi, intenta ad ascoltare, osservare,indagare due mondi e raccontarli. Non concepisco i muri; non concepisco la staticità. Tutto è il contrariodi ciò che sembra. Tutti odiano tutti perché credono di avere più ragione degli altri. Tutti cer-cano di fare rumore. Il mio essere giornalista mi porta ad ascoltare chi non ha voce, raccon-tare ciò che non viene detto, rinnegare l’evidenza e cercare ciò che va oltre “le cose note”.

anni ‘60 per studiare. Poi qui ha iniziato a lavo-rare come medico ed ha costruito la sua famiglia.Le immagini, i suoni, i profumi e i colori della Siriahanno riempito la sua infanzia, anche se non leè stato mai possibile andarci e non ha conosciutodirettamente i suoi parenti. Apre il suo sguardo e ci accompagna con i suoipassi e il suo dolce sorriso nella storia millenariadel Paese simbolo della convivenza fra le reli-gioni, oggi dilaniato dalla guerra e dal dolore.Una terra amata ma lontana. Nel 2011, quandoè iniziata la rivolta popolare, ha sentito il doveredi restituire ciò che ha respirato in Italia: libertà,rispetto dei diritti umani, possibilità di esprimersi.Ha contattato dei giornalisti siriani che non lavo-ravano per i canali ufficiali ed ha iniziato a rac-contare i sentimenti, la vita, i drammi del suopopolo oppresso, il desiderio di vita, di pace, dicambiamento. Ma soprattutto ha iniziato a darevoce a chi non ha voce, a raccontare la guerradal punto di vista di chi la subisce.

* giornalista

Asmae

Dachan

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LA MIA SIRIA

Nel 2013 primo viaggio nella terra delle sue radici.Le testimonianze, i racconti e i documenti raccoltida Asmae rompono il silenzio sulla Siria degliumili: bambini, donne, giovani e anziani soffronoil freddo, la fame, la violenza, muoiono sotto lebombe o scappano dalla guerra. Sperano di vi-vere. Vivono per ricominciare a sperare.

«Sai come parti, non sai come ritornerai.» Questele parole di mio padre prima della mia partenzaQuando arrivo ad Aleppo è ormai notte. La cittàè immersa nel buio più profondo e le uniche lucisono quelle di cassonetti incendiati e di alcuni ge-neratori. L'aria è irrespirabile: è l'odore dellamorte che avvolge il centro abitato. Il buio è in-terrotto solo dagli spari; raffiche di mitra ed esplo-sioni scandiscono la notte. Alla luce del solescopro intorno a me macerie e devastazione. Fauno strano effetto vedere bambini che cammi-nano in strada, anziani seduti a fumare, donne euomini che si muovono furtivi. Fa uno strano ef-fetto rendersi conto che la gente lotta disarmataper sopravvivere. Anche i cecchini si sono svegliatie sparano, feriscono, uccidono. Inizio la mia primaintervista con un volontario della Protezione Civileche, a mani nude, scava alla ricerca dei corpi in-trappolati sotto il peso delle loro stesse case pie-gate dalle bombe.

Sentiamo un urlo. Ho la fotocamera appesa alcollo e la handycam ancora in borsa. Le accendoentrambe, le metto in funzione: hanno trovato ilcorpo di una donna. Era lì da una settimana. Leprime immagini che immortalo sono quelle di gio-vani intenti a recuperare i corpi senza vita di civiliuccisi senza pietà da ordigni illegali. I cadaverisono ormai irriconoscibili; una striscia di nastroadesivo con su scritta la data e il luogo di ritrova-mento diventa l'unico segno distintivo. È la Siriadi oggi: la terra dei gelsomini coperta di fosse co-muni. Nelle zone di periferia, immense tendopoliin mezzo agli uliveti fanno da riparo a milioni disfollati. Negli ospedali da campo i feriti sangui-nano a terra senza neppure un letto. I bambininon vanno a scuola da quattro anni e con i loroocchi grandi ti interrogano senza farti domande.Quando sorridono, tutto intorno sembra tacere...È stato lo schiaffo più doloroso della mia vita. Unasofferenza fortissima. Mi sono avvicinata alle per-sone per toccare la loro umanità. Come donna,ho avuto la possibilità avvicinare altre donne e diraccogliere i loro racconti e le loro sofferenze. Hocontattato dei giornalisti siriani per raccontare lapiù grande emergenza umanitaria del nuovo se-colo: le uccisioni dei civili, i bambini nati dentro letendopoli che non hanno mai visto una casa vera,ma solo macerie, le lacrime delle vedove, l’indif-ferenza della comunità internazionale, il drammadei rifugiati.

"In Siria ho cercato di vivere la vita

della gente. La vita degli sfollati è

l'anticamera dell'inferno. Tanti bambini,

nati e vissuti nei campi profughi,

non sanno cos'è una casa."

(Asmae)

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FARò DEL MIO DOLORE INCHIOSTRO

Il suo blog Diario di Siria (clicca sul nome) è lavoce del suo popolo. Immagini e filmati rendonovisibile la crudeltà e la brutalità della guerra e so-prattutto il dolore impotente di uomini, donne,bambini. Non per spettacolarizzare la morte, maper far conoscere al mondo le tante storie che siconsumano ogni giorno nei luoghi della quoti-dianità trafitti da paura e sofferenza. È il racconto della guerra dal punto di vista di chila subisce. Farò del mio dolore inchiostro: così ènato Tu, Siria, silloge composta a quattro manicon la giovane studentessa siriana Yara Al Zaitr,il cui ricavato viene interamente devoluto aOnsur, Campagna Mondiale di Sostegno al Po-polo Siriano. L’associazione benefica, nata a Bologna nel 2012su iniziativa di alcuni giovani siriani, offre un aiutoconcreto ai civili siriani attraverso la realizzazionedi progetti umanitari. Non solo testimone e cro-nista, ma vicina al suo popolo con azioni con-crete.

Ciò che sta succedendo in Siria da oltre quattroanni non è accettabile, - spiega Asmae - perchélede i principi universali dell’uguaglianza tra tuttigli esseri umani e il rispetto della sacralità dellavita. Si sta minacciando pesantemente il dialogo,la fratellanza, la solidarietà umana, secoli di con-vivenza pacifica fra cristiani e musulmani. Oggi il dialogo, la fratellanza, la solidarietà,l’umana vicinanza vengono fortemente minac-ciati. Si rischia di veder bruciati, insieme a case,luoghi di culto, monumenti e libri, anche secolidi convivenza, rispetto e confronto. La Siria el’Iraq sono la culla delle religioni monoteiste edella civiltà e sono da sempre un esempio di tol-leranza, fratellanza e apertura all’altro, con tuttele difficoltà che si sono presentate nel tempo.Questa drammatica guerra non deve farci dimen-ticare che la convivenza serena e fraterna tra cri-stiani e musulmani in questi due paesi dura dasecoli, da quando, cioè, sono nate e si sono svi-luppate queste due grandi civiltà. Tra le varieetnie e i gruppi religiosi c’è sempre stato un equi-

librio meraviglioso, tanto che è sconvenientechiedere a un siriano qual è la sua religione. Orasi colpisce questo spirito di pacifica convivenza,di amore e di fratellanza, si minaccia il dialogo,la prossimità e la solidarietà. Si rischia di bruciaree distruggere, oltre alle case, ai luoghi di culto, aimonumenti, anche secoli di pace.

NO, NON IN NOSTRO NOME!

Asmae attraversa con tenacia e coerenza gliaspetti più complessi della vicenda siriana e deldialogo fra le religioni. Dai grandi avvenimentidei popoli agli aspetti più quotidiani della convi-venza civile, al fondamentalismo che semina vio-lenza. Ribadisce ancora l’importanzadell’informazione, che può diventare cassa di ri-sonanza di valori e ideali per costruire la vita oguerra mediatica capace di distruggere e annien-tare.

Per chi ha fede, per chi crede, per chiunqueabbia una coscienza e un minimo di onestà in-tellettuale sembra persino scontato dover riba-dire che non esiste una guerra in nome di Dio,che nulla e nessuno può giustificare la persecu-zione, la minaccia, l’offesa e l’uccisione di un in-nocente. Non cadiamo nel tranello dell’odio

Foto di Asmae Dachan.

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settario, non smettiamo di dialogare, non la-sciamo che i seminatori di conflitto prevalganosui costruttori di ponti. Isis, o Daesh (sono diversi i nomi che il gruppoStato Islamico si è dato nel corso del tempo) nonrappresenta il sentimento, i valori, i principi del-l’Islam, tutt’altro. Isis va definito per quello cheè, ovvero un gruppo (anche se si definisce Stato)di terroristi mercenari il cui operato è contrarioalla fede islamica. Isis sta uccidendo i musulmaniin Siria e in Iraq e sta uccidendo con loro le altrecomponenti etniche e religiose. Isis strumenta-lizza, mortifica e bestemmia il nome di Dio.L’unica divinità a cui risponde Isis è il denaro. Isisnon rappresenta i siriani, non rappresenta gli ira-cheni, non rappresenta l’islam.Ci vuole tanta determinazione e tanto coraggio,soprattutto ora, ma è proprio di fronte a questedifficoltà che il mondo dei credenti delle diversereligioni e la società civile tutta, laica, atea, deb-bono stringersi le mani e far sentire che la vera

CRONOLOGIA DELLA GUERRA2011

Con l’arrivo della primavera araba iniziano le proteste in Siria. Il regime di Assad reagisce con carcerazioni e brutalità. Basharal-Assad, di famiglia alawita, minoranza musulmana vicina agli sciiti, nel 2000 succede a suo padre al potere. La maggioranzadella popolazione siriana è sunnita e una parte dell'esercito si ribella. A novembre, quando il governo di Assad ha dato l'ordinedi bombardare le città insorte, nasce il Free Syrian Army (Esercito Libero Siriano), militari hanno deciso di opporsi a questascelta - che li avrebbe spinti a bombardare le loro stesse città e famiglie - e di costituire un esercito di opposizione che difen-desse, invece, la popolazione civile. Il Free Syrian Army ha combattuto l'esercito siriano regolare e poi anche Isis. Assad bom-barda la popolazione nelle aree controllate dall'opposizione.

2012Tra i ribelli spuntano diverse milizie integraliste sunnite. Il fronte dell'opposizione si estende e si divide in diverse fazioni, fracui Fronte al-Nusra, una parte radicale ed estremista che non rispecchia la rivolta laica e pluralista che aveva intrapreso la po-polazione. Turchia, Arabia Saudita e Qatar sostengono i ribelli, che conquistano Aleppo, mentre Damasco resta una delle cittàfoccaforte del regime e che è tuttora indenne. La periferia di Damasco, invece, come le città di Aleppo, Homs, Hama, Darayyae altre sono invece (e lo saranno in seguito) oggetto delle barrel bombs, i famigerati barili-bomba che hanno causato oltre l'80per cento delle vittime siriane (500mila secondo fonti interne, 350mila secondo la comunità internazionale, che però ha smessodi contare i morti). Intanto l'Ypg (Unità di Protezione Popolare) inizia la campagna di liberazione del Kurdistan siriano.

2013L'Iran e i libanesi sciiti dell'Hezbollah intervengono a sostegno di Assad. Tra i ribelli gli integralisti prendono il sopravvento.Nasce lo Stato islamico di Iraq e ash-Sham (Siria/Levante). Nasce lo Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (Islamic State of Iraqand Syria, ISIS) Arrivano in Siria oltre 10 mila miliziani stranieri (foreign fighters) da oltre 70 paesi. Diventeranno nei mesi suc-cessivi oltre 20mila.

2014Lo Stato islamico conquista ampie aree tra Iraq e Siria. Proclama il califfato e prende il sopravvento su al Nusra. Si consumanoviolenze su cristiani, yazidi, e curdi e viene assediata la città curda Kobane sul confine turco-siriano. Coalizione a guida Usa,con Francia, Turchia ed altre nazioni europee contro sia l'Is che il governo di Assad

2015A ottobre inizia l’intervento militare russo contro lo Stato islamico e a sostegno del governo di Assad. Secondo l'Osservatoriodei Diritti Umani sono oltre 200mila le vittime della guerra, mentre i rifugiati sono oltre 4 milioni: la maggioranza in Turchia,una parte minore si dirige verso l'Europa. In Siria gli sfollati sono 7 milioni su una popolazione totale di 22 milioni.

forza è il dialogo e l’impegno per la pace. Non sitratta di buonismo, anzi: è molto più impegna-tivo ribadire le ragioni del dialogo e tendereverso l’altro che ergere muri e chiudersi nell’in-ferno dell’odio. Io credo fermamente che gli es-seri umani di ogni religione ed etnia sono nostrifratelli. E volendo immaginare un manifesto deisiriani, degli iracheni, dei musulmani che in que-sto momento vengono associati erroneamente eingiustamente al terrorismo bisogna ripetere al-l’infinito: “No, non in nostro nome!”.

Foto di Asmae Dachan.

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

Pinacoteca

Nocera Umbra

di Matteo Tadolti

a

La

di San Francesco

La primigenia chiesa di San Francesco risale al XIVsecolo, quando i frati ottennero la licenza di co-struire un nuovo convento all’interno della città,viste le rovinose condizioni in cui versava San Fran-cesco extra moenia. La chiesa fu ampliata e arric-chita alla fine del Trecento per essere poi rinnovatanel XV con un vasto chiostro, demolito intorno al1890.La facciata vede due portali d'ingresso. Il primo, instile romanico pertinente alla prima fase costruttivae l'altro, in stile gotico, più ampio e policromo. Aricordo dei lavori di ampliamento resta un'epigrafeche recita: “si pacem tellus, coleret si bella sile-rent/nucerie trans muros hec nunc templa nite-rent/ne ve ruina desit neu queat igne dolore/hancaulam francisce tuam cum plebe tuere/que forisexistens fecit quandoque timorem/urbi intus sur-gens iam cepit ferre decorem/estque pro ante novoterreno corpore cincta/milletercentossex annospost octoginta”.L'interno è costituito da un’unica aula scandita incampate da cinque archi, con l'abside e l'altare im-postati a Nord. Si possono inoltre ammirare gli af-freschi di Matteo da Gualdo, lo splendido politticodi Niccolò di Liberatore e i lavori di Venanzo da Ca-merino e Piergentile da Matelica.Nel 1863, a seguito delle leggi emanate dal neo-nato stato italiano, la chiesa fu confiscata ai frati eassegnata al Comune. Dopo decenni di usi impro-pri che determinarono gravi danni all’edificio, i la-vori di restauro partirono negli anni Cinquanta enel 1957 fu inaugurato un primo museo, dove fu-rono collocati dipinti e arredi provenienti dallechiese della città e del territorio. Sottoposta ad ul-

teriori restauri tra il 1981 e il 1986, la chiesa è statainteressata da un complessivo progetto di allesti-mento museale dal 1993 al 1997. Definitivamenterestaurata nel 2003, è oggi sede della Pinacotecae museo civico di San Francesco.Tra i tesori custoditi spiccano opere dipinte, scol-pite e anche dei reperti archeologici. Sono presenti:un crocifisso ligneo in stile francescano, di ano-nimo umbro della seconda metà del XIII secolo;una Madonna con Bambino attribuita a Segna diBonaventura, artista senese attivo tra il 1298 e il1331; il polittico di Niccolò di Liberatore dettol’Alunno raffigurante un'Adorazione del Bambinocon angeli, San Lorenzo, San Rinaldo, San Felicis-simo, San Francesco d'Assisi, Incoronazione diMaria Vergine ed Apostoli, dipinto nel 1483; l’In-contro di sant'Anna e san Gioacchino alla PortaAurea, Immacolata Concezione, Santi dipinto a ca-vallo dei secoli sec. XV e XVI da Matteo di Pietroda Gualdo; una scultura raffigurante una Ma-donna con Bambino, di anonimo scultore umbro

del XIV secolo; il Monumento funerario del ve-scovo Varino Favorino, attribuito ad uno scultorevicino a Rocco da Vicenza; l’affresco con San-t'Anna e la Vergine di Girolamo di Matteo; SantaBarbara e veduta di Nocera di Bernardo di Giro-lamo da Gualdo, nipote del più celebre Matteo. I reperti archeologici comprendono frammenti diepigrafi romane, frammenti di mosaico e materialiemersi dagli scavi effettuati presso la necropoli delPortone, dove furono messi in luce un villaggioneolitico e un sepolcreto longobardo composto da165 tombe databili dal VI al VII secolo, con i relativicorredi funebri.

↗ Una sala della Pinacoteca.

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di Emanuele Luciani

800 anni di

Cammino della Marca

Il Cammino Francescano della Marca, del quale abbiamo spesso trattato, ha un nuovo inizio. È avvenutoqualcosa che farà cambiare marcia a questo itinerario. Andiamo per ordine. Don Mario Sensi noto storicoe saggista è scomparso poco prima dell'estate. Ha scritto molto sul senso del pellegrinaggio, sulle vie di co-municazione e come membro della Deputazione di Storia Patria sia dell'Umbria che delle Marche ha scavatoin centinaia di archivi e donato a tutti basi certe di ricerca. L'ultimo articolo scritto, Il Cammino di san Gia-como tra Umbria e Marche. Viabilità, pellegrini, ospizi, confraternite, pubblicato sulla rivista storicaMarca/Marche edito da Andrea Livi Editore, è la conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che il CamminoFrancescano della Marca segue un tracciato storico. Qui il contributo di Mario Sensi è approfondito e per-tinente ma non è la sola novità. Questo evento che a mio avviso cambierà le sorti del Cammino Francescanodella Marca, lo vorrei raccontare con le parole dei protagonisti che di seguito trascrivo:

Siamo fra Luca Marcattili, fra Daniele Giombini e fra Peter Hrdy, frati minori conventuali e studenti di teologiaad Assisi. Abbiamo avuto la possibilità di vivere un’esperienza meravigliosa, il “Cammino Francescano dellaMarca”, un pellegrinaggio a piedi che ci ha condotti da Assisi ad Ascoli Piceno, attraversando alcuni deiluoghi più significativi della nostra storia francescana.Certamente il cammino è stato faticoso e impegnativo, ma tutto ciò è stato ampiamente ripagato dallabellezza che la natura ci ha offerto e dagli incontri che abbiamo vissuto. Tra i tanti momenti, ne vogliamoricordare alcuni: l’incontro con una coppia di ragazzi di Roma che stavano percorrendo il cammino lauretano(per una parte coincidente con il nostro); l’incontro con fra Emanuele con il quale abbiamo potuto con-frontarci sull’esperienza della vita religiosa; l’accoglienza ricevuta a Venarotta da parte di don Umberto e dialcune famiglie della sua comunità parrocchiale, che ci hanno invitato a fermarci a cena con loro nei localidella parrocchia. Ci auguriamo che il “Cammino Francescano della Marca” possa essere conosciuto e per-corso da tante altre persone, sensibili alla bellezza del creato e desiderose di compiere non solo un camminoesteriore, ma anche profondamente interiore.

Ecco quindi che si aprono mille nuove possibilità. Da un primo cammino pioneristico del 2009 a una strut-turazione in tappe percorse da numerose persone da quasi tutte le regioni d’Italia e da Germania, Belgio,Moldavia, Svizzera, Francia, Inghilterra e USA. Aver investito in risorse e opere, ricordo i tre Spedali e oranella segnaletica sia verticale che orizzontale, ha portato frutti insperati. Ora anche il mondo dei MinoriConventuali apre a una possibilità di collaborazione. In soli sei anni il lavoro svolto è moltissimo, ma ancoranon è tutto. La guida cartacea è in elaborazione, verrà costruito un sito e lì saranno pubblicate le tracce delpercorso gratuitamente scaricabili.Gli occhi del Priore del Capitolo Piceno della Confraternita di Santiago di Compostella, Andrea Antonini,parlavano da soli. Lo sforzo che ha compiuto per avviare e implementare tale percorso sta avendo finalmentevita propria. Come un figlio che in breve tempo dall'infanzia sta passando all'adolescenza. I festeggiamentiper gli 800 anni dal passaggio di S. Francesco nel Piceno non potevano avere un apice migliore.

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torre, castelloVerecondo Paoletti

di Daniele Crotti *e Valentina Borgnini **

La

e la figura di

Siamo nel territorio di Fratticiola Selvatica. Il Sen-tiero Francescano passa a un’ora, forse meno, ditranquillo cammino da qua. Facile, utile, suggestivosalire alla antica Fratta, un tempo, non più ora, assaiaspra, isolata, selvatica. La storia del borgo e delsuo ambiente è ricca: i carbonai, i muli, le leggende.E altro ancora. Interessante, a tratti misteriosa, è laTorre e con essa il Castello - siti in località Collericoli(o Coldericoli) - da tempo immemore appartenutoalla famiglia Paoletti, e suggestiva la figura del suopiù importante proprietario, Verecondo Paoletti. Netracciamo la storia ed il profilo.

La struttura originale era la sola Torre, ora al centrodel “curioso” castello, torre circa la quale alcuni do-cumenti (gli unici esistenti) sembrerebbero datarela sua esistenza già nel XIII secolo: forse una torredi guardia (siamo in pieno corridoio bizantino e neipressi dell’antico confine con il Ducato di Urbino).Dall’ottocento ne diventa proprietaria la famigliaPaoletti. Il Generale (guerra di Libia, I e II guerramondiale) Verecondo Paoletti (1881-1974) ne erail proprietario. Medico ed agronomo, liberale, poi antifascista,massone, sposato ma senza figli, utilizzava la strut-tura soprattutto d’estate e nel periodo della caccia,per inaugurare la quale ogni anno, dicono coloroche lo conobbero e che per lui lavorarono, tenevauna grande festa. Nel secondo dopoguerra, da Pe-rugia Verecondo saliva a Fratticiola in topolino e apiedi, a cavallo o con un carretto scendeva al ca-stello (e così gli amici), ove egli dormiva, sempre alII piano, con tanto di dicerie relative sul suo conto

in quanto personaggio percerti versi bizzarro. Era un grande collezioni-sta d’armi, sia bianche cheda fuoco, sino a possederemitraglie e un cannone. Fuanche, con la moglie, at-tivo nella assistenza aibambini sfollati al terminedella II grande guerra. Per

meriti umanitari venne eletto viceprefetto al terminedella II Guerra Mondiale. Sino ad un paio di decenni dopo la morte di Vere-condo, un custode riuscì a salvare il salvabile. Quindiil castello, sia pur di proprietà dei Paoletti (un nipotedel nostro), è stato abbandonato a se stesso e operevandaliche hanno distrutto gli interni, porte, finestree altro ancora. Tutti gli arredi di valore sono stati tra-fugati. Oggi un’associazione culturale (Clasium),con sede a Valfabbrica (PG), tenta di recuperarne lastoria.

Ricordi, frammenti, la storia…

La torre: un testimone prezioso di questo monu-mento è Belia Enzo, ex direttore del lanificio di Pon-tefelcino, ora novantenne, che racconta la vicendanel libro Ecco la mia eredità. Egli, sul finire del ses-santadue si recò dal generale Paoletti in quanto de-sideroso che gli facesse visita presso la sua dimoradi campagna. Belia era in possesso di una spada an-tica ed il generale voleva inserirla nella sua colle-zione privata, di cui era un grande cultore, egli cheera anche un grande spadaccino.Il signor Belia dice che la costruzione "immersa nelverde di abeti, cipressi, pini, qualche larice e altrevarietà di piante, si intravedeva già, da qualche cen-tinaio di metri, con la sagoma indistinta di quellacostruzione in pietra, su cui troneggiava una torremerlata a forma quadrata alta dodici-tredici metri,non di più. Il resto della costruzione, raggiungeva sìe no i nove metri di altezza. Il Paoletti gli mostròtutto il castello".Esordì dicendo che tanti anni prima, quando eramolto giovane e già laureato in medicina, nei primianni del novecento, scoprì, dopo accurate ricerche,che in quel luogo una volta sorgeva una costruzionemolto simile a quella attuale che era appartenutaalla sua casata fin dal XIII secolo. Poco alla volta, ser-

* Associazione Ecomuseo del Fiume e della Torre, Pretola** Presidente Associazione Culturale Clasium, Valfabbrica

il

↗ Il Generale Paoletti.

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vendosi di antichi documenti che riguardavano lafamiglia Paoletti, che era la sua, e con l’aiuto di unpaio di manovali di Fratticiola, iniziò l’impresa cheportò a termine in oltre vent’anni, escluse le inter-ruzioni dovute alle due guerre del secolo vente-simo.Belia riferisce che visitò il castello internamente edesternamente: questo in sé era solo una costru-zione a forma di elle tutto in pietra e senza into-naco sia fuori che dentro. Aveva uno spazioabbondante riservato alla cucina, con un grande fo-colare e uno stanzone di fianco che serviva da ri-messa dei viveri. Poi veniva, sempre al piano terra,un locale abbastanza grande che serviva da sala dapranzo, ma somigliava molto al refettorio di unconvento di frati. C’era poi una cameretta conbagno, attigua alla cucina, con una parete a con-tatto con la canna fumaria del camino per cui,anche in inverno, la temperatura si manteneva gra-devole. Ci dormiva la Peppa, la serva, un po’ reginadella casa. Il primo piano era quasi tutto occupatoda una superba collezione di armi che andavano daalcuni reperti arcaici, daghe e spade romane, eun’infinità di armi bianche risalenti all’epoca diCarlo Magno su su fino al secolo diciannovesimo.C’erano naturalmente, anche armi da fuoco cheandavano dagli archibugi del seicento fino a ele-gantissime pistole da duello, dalle custodie in pellefinemente decorate, usate fino alla seconda metàdell’ottocento. Riferì che possedeva pure alcuniquadri di grande valore fra cui un Pinturicchio e una

Madonna eseguita da un allievo del Perugino.Questi quadri però li conservava nel palazzo, pre-sumibilmente Palazzo Bontempi, che aveva a Pe-rugia.Il Generale dormiva sulla torre e si accedeva allasua camera facendo due rampe di scale. Era ilregno della pietra e le pareti della stanza eranocosì piene di fessure che fischiavano in invernosotto la sferza della tramontana. Il Generale dor-miva completamente nudo e confidò che la piùardua impresa della sua vita era il momento terri-bile che lo separava dall’ultimo indumento toltofino al rifugio sotto le spesse coltri di lana. Seb-bene questa manovra durava solo qualche se-condo, data la sua età, la Peppa, che rimaneva acustodia della torre e cucinava per il generale, te-meva che una volta o l’altra ci sarebbe potuto ri-manere stecchito. A quanto sembra non c’eraniente da fare, era un rito che voleva celebraresempre da solo, rallegrandosi il mattino seguente,di essere sopravvissuto.Ogni anno per celebrare la presa di Porta Pia il Ge-nerale dava un pranzo, più o meno, ai soliti per-sonaggi che la pensavano come lui e una voltaanche il signor Belia fu invitato a parteciparvi. La Peppa non si smentì presentando pappardellealla lepre seguite da un arrosto di agnello da fareresuscitare un morto. I presenti erano tutte per-sone conosciute, esponenti della politica, della fi-nanza e di altre istituzioni. Questo il colorito racconto del signor Belia di quelgiorno davvero speciale, in un contesto così sug-gestivo che riserva altri racconti e sorprese legateai racconti dei miei nonni materni che erano i con-tadini del generale. Ma questa è un'altra storia chemerita di essere conosciuta visitando direttamenteil castello insieme a noi.

↗ Una visita da noi organizzata al Castello.

↗ La Torre.

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Il Sentiero Francescano - Anno V, Numero 20

Falerone è un comune arroccato e protetto da solidemura, la sua fondazione risale al tempo della distru-zione della colonia romana Falerio Piceno da partedelle forze gote. La tradizione francescana è estremamente impor-tante e ancora salda in questo territorio e noi qui vo-gliamo riferirci all’Ordine francescano femminile delleClarisse, che si stabilì in zona piuttosto tardi ma ebbefra le sue umili fila una vera e propria mistica: SuorEletta Ranieri Sani. Il Monastero di S. Pietro Apostolo fu costruito nel1604, ma si dovette attendere il 1681 perché 8 gio-vani faleronesi prendessero l'abito francescano. Piùtardi, con la soppressione napoleonica le 18 mona-che dell’epoca furono cacciate e il monastero di-venne una fabbrica. Gli affari, però, del titolare sig.Canaletti di Porto S. Giorgio non furono mai buoni,tanto che impazzì. Dopo 19 anni, nel 1828, le mo-nache riebbero la loro casa. Il governo italiano nel1865 chiuse di nuovo il monastero, ma la badessasuor Maria Rosa Selandari dichiarò: "non abbando-neremo il nostro asilo se non con la violenza". Allorail Sindaco, presa per un braccio, la tirò fuori dallaClausura e dietro a lei vennero tutte le monache. Iltempo passò fino a che si trovòuna soluzione acqui-stando ed ereditando vecchie case che furono do-nate alle 11 sorelle che ancora aspettavano in esilio. Le seguaci di S. Chiara d'Assisi custodivano e conser-vavano un segreto: la ricetta de lu serpe, un dolce le-gato al giorno dell'Immacolata. In una delle primeimmagini sacre dell'Immacolata si vede la Madreschiacciare un serpente, così in ricordo della costantevittoria sul Male producevano questo dolce. In unapiù completa visione del significato notiamo che luserpe arrotolato che si mangia la coda trae riferi-mento al ciclo della natura, un eterno inizio e unaeterna fine, un lontano ricordo del midgsrdsormr, ilserpente cosmico longobardo? Continuando con

Lu serpeFalerone

di Emanuele Luciani

l'escatologia può essere anche interpretato come ilserpente che rinnovando la sua pelle propone un au-gurio di cambiamento positivo per chi lo gusta. Nel periodo dell'esilio, la vita per le francescane eraancor più dura, così iniziarono a produrne per tuttoil periodo natalizio e a venderlo per poter sopravvi-vere. Oggi il Comune di Falerone ha deciso di proteggerequesto dolce con il marchio De.Co. (DenominazioneComunale). Lo scopo è quello di non dimenticare,anzi di rendere pregnante di storia e spiritualità que-sto singolare dolce. Il Laboratorio della Dieta Medi-terranea, costituito per la divulgazione e lasalvaguardia del Patrimonio Immateriale dell'UNESCOdella Dieta Mediterranea, ha fra i suoi scopi proprioquello di promuovere i territori attraverso la tradi-zione anche culinaria. Una delle battaglie più difficili e allo stesso tempo si-gnificative che il Presidente Lando Siliquini con i suoicollaboratori si sono impegnati di portare avanti conil Laboratorio è proprio la diffusione di una sana ali-mentazione. La tradizione culinaria è strettamente le-gata a quella culturale e quindi religiosa. Promuoverele De.Co. è uno dei molti modi per continuare a lot-tare per un'agricoltura a km0, come va di moda dire,biologica, insomma Mediterranea.È un dolce molto elaborato, per questo, benché la ri-cetta si trovi in internet, preferisco non lasciarla e in-vitarvi a Falerone in un prossimo periodo natalizio perassaggiarne e magari comperarne un po'.

e le Clarisse di

↗ Il dolce detto de lu serpe.

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di Francesca Mazzanti *

ricetta:torta

imbalchonata

LaLa

L'ineguaglianza di fronte all'alimentazione è cosaovvia in qualunque tempo e lo è ancor più riguardoalla cucina medievale. I ricettari sopravvissuti ripor-tano spesso ricette destinate ai banchetti dei nobilio degli alto-borghesi; di scritto a proposito della cu-cina contadina abbiamo ben poco! Sulle tavole deisignori si trovavano pietanze raffinate e costose chespaziavano da carni arrosto e selvaggina allo spiedo,pesci cucinati nei modi più disparati e curiosi... La raf-finatezza, il potere e il “peso” del grado sociale delsignore trapelava anche dagli ingredienti impiegatinella preparazione dei dolci e delle confetture. Nonera da tutti, infatti, l'utilizzo dello zucchero (soprat-tutto quello bianco), delle spezie costosissime cheprovenivano dall'Oriente, abbinate spesso all'aroma-tica ed energetica frutta secca. È il caso della ricettache vi proponiamo.Si tratta, in generale, di una torta a due o più sfoglie,spolverata di zucchero all’interno e farcita con uncomposto pastoso di mandorle, noci, datteri snoc-ciolati, uva passa e chiodi di garofano. L’aggettivo“imbalchonato” fa pensare alla struttura della pre-parazione, con molteplici ripiani separati da sfogliedi pasta, il che potrebbe avvalorare un rimando altermine “balcone”, derivante a dal longobardo balk(trave), che poteva significare anche palco o sop-palco.La nostra ricetta prevede ben cinque strati (altri ricet-tari ne propongono addirittura sette!). Abbiamoscelto di mescolare tutta la frutta secca insieme, maè possibile anche farcire ogni strato di torta con unasola tipologia di frutta. Meglio preparare questodolce durante l’inverno perché è abbastanza nu-triente e si trova frutta secca di miglior qualità.

* insegnante, ricercatrice storica

www.cucinamedievale.itIngredienti | Cosa ci dobbiamo procurare:Per la pasta brisée• 700 g di farina biologica di tipo 1• 300 g di burro• sale e acqua in proporzionePer il ripieno• latte di mandorla• zucchero di canna• 500 g di mandorle non spellate biologiche• 36 noci, 25 grossi datteri e 225 g di uva passa• una punta di chiodi di garofano macinati• mezzo cucchiaino di spezie dolci fini

Esecuzione | Come la prepariamo:

Prepariamo la pasta brisée mescolando farina e burrofreddo tagliato a pezzetti fino ad ottenere la consi-stenza della segatura. Aggiungiamo l’acqua in cuiavremo sciolto il sale e mescoliamo rapidamente conla punta delle dita, senza lavorare troppo, fino ad ot-tenere un impasto omogeneo. Lasciamo riposare lapasta così ottenuta in un luogo fresco o in frigo peralmeno 2 ore prima dell’utilizzo. Mettiamo l’uvapassa a bagno in acqua tiepida affinché si ammorbi-disca, poi strizziamola bene. A parte trituriamo, anchecon l’aiuto di un frullatore, le noci, le mandorle e ag-giungiamo i datteri a pezzetti e l’uva passa. Aggiun-giamo lo zucchero, quanto basta, e irroriamo con illatte di mandorle. Dividiamo il composto in cinqueparti uguali. Stendiamo una sfoglia di pasta. Quandoavrà raggiunto forma e consistenza tale da foderarviuna teglia, cospargiamola abbondantemente di zuc-chero e di spezie e ripassiamo sopra col mattarello af-finché si attacchino bene alla pasta. Con l’aiuto diuna spatola spalmiamo bene il composto sulla pastae ripetiamo l’operazione con altre quattro sfoglie. In-forniamo a 200°C per più di un’ora. Serviamo il dolcequando è freddo.

(dal Libro di buone et dilicate vivande)

Page 40: Il Natale nell’ARTE · 2020. 12. 8. · • Oliviero Toscani ... hanno concesso un’intervista a tre, nonché la do-cente Laura Trucchia e le altre colleghe di Loreto per averci