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5 Mercoledì 12 Novembre 2014 PRIMO PIANO LA CRISI E I POVERI L’appello Ai Grandi della terra il Pontefice torna a chiedere di fermare tutte le guerre e più sforzi anti-crisi, soprattutto per gli ultimi. Lo fa in una lunga missiva indirizzata al primo ministro australiano, Tony Abbot, in vista del vertice delle venti potenze economiche Il richiamo costante di Francesco alla centralità dell’uomo na Chiesa povera per i poveri. Un’econo- mia che metta al centro la persona e non il denaro, che non sia dominata dagli interessi fi- nanziari. Concetti risuonati spesso negli inter- venti di papa Francesco, sin dall’inizio del suo pontificato molto chiaro nel denunciare quella cultura dello scarto che antepone il denaro al- l’uomo, che non si fa scrupoli nel sacrificare bam- bini, giovani e anziani alla salvaguardia di qual- che decimale in più di Pil. Molto precisa in que- sto senso l’analisi dell’attuale crisi finanziaria con- tenuta in Evangelii gaudium là dove il Papa sot- tolinea la creazione di «nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trova- to una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia – aggiunge l’Esortazione apostolica – manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’es- sere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il con- sumo». Concetti che risuonano, con un’attenzio- ne più orientata verso le popolazioni rurali, nel Messaggio inviato alla Fao in occasione della re- cente Giornata mondiale dell’alimentazione. «Mai come in questo momento – ha scritto il Pontefi- ce – il mondo ha bisogno di unità tra le persone e tra le Nazioni per superare le divisioni esistenti e i conflitti in atto, e soprattutto per cercare concrete vie d’uscita da una crisi che è globale, ma il cui pe- so ricade maggiormente sui poveri». Ma elenca- re tutti i richiami di Francesco alla dottrina so- ciale della Chiesa, al dovere di una più equa ridi- stribuzione della ricchezza, alla necessità di so- stenere chi fa più fatica, sarebbe quasi impossi- bile. Basti citare, tra i più recenti, il discorso ai par- tecipanti al Convegno ecumenico di vescovi a- mici del Movimento dei Focolari (7 novembre 2014) o all’incontro mondiale dei Movimenti po- polari (28 ottobre). «Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi – ha detto il 2 ottobre Francesco alla Plenaria del di- castero vaticano "Giustizia e Pace" – non sono conformi ad una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, ad una democrazia inclusiva e partecipativa». U Il Papa: «Difendere i cittadini dagli abusi della finanza» Francesco scrive al G20: basta parole, la gente soffre Ai grandi della terra Papa Francesco tor- na a chiedere sforzi anti-crisi soprattutto per gli ultimi. Lo fa in una lunga missiva, che pubblichiamo integrale a fianco, in- dirizzata al primo ministro australiano, Tony Abbot, in vista del vertice G20 di sa- bato e domenica in Australia, a Brisbane. Un vertice che dovrebbe innanzitutto stu- diare misure per allontanare «lo spettro della recessione globale». Anche perché, secondo un rapporto diffuso da Oxfam in vista dell’appuntamento, dall’insedia- mento del governo australiano alla pre- sidenza (dicembre 2013) la ricchezza complessiva dei paesi del G20 è aumen- tata di 17mila miliardi di dollari. E all’1% dei più ricchi nei Paesi G20 è andata la fetta più grande, vale a dire 6.200 miliar- di di dollari, il 36% della crescita com- plessiva. Una crescita complessiva che, appunto, non può far dimenticare gli am- pi strati della popolazione ancora im- mersi nella povertà. Eliminare i paradisi fiscali e lottare con- tro l’evasione fiscale delle multinazionali sono misure efficaci per arginare il dila- gare delle disuguaglianze. Secondo i cal- coli di Oxfam, in particolare, l’evasione fi- scale delle grandi aziende sottrae ai Pae- si più poveri almeno 100 miliardi di dol- lari ogni anno. Un primo passo in tal sen- so è stato fatto proprio da Ocse e G20, i quali hanno elaborato un piano di attua- zione dello standard globale per lo scam- bio automatico di informazioni tributarie. Ne occorrono però altri, compiuti di pari passo con i Paesi in via di sviluppo, che se non ascoltati e coinvolti nel piano non po- tranno avere alcun miglioramento delle loro condizioni. A Brisbane, come ha for- temente voluto il premier australiano Tony Abbott, crescita e investimenti sa- ranno il piatto forte mentre si pensa alla costituzione, in seno al G20, di un «hub» ad hoc per gli investimenti da istituire pro- prio a Sydney. Anche alla luce dell’ultimo monito del Fmi su una ripresa debole e si- gnificativi rischi al ribasso. Ma al di là del piatto forte, quello dell’economia, Bri- sbane sarà anche l’occasione per un giro di tavolo su altri temi cruciali. Dai teatri di crisi geopolitici ad Ebola, passando per i nodi del commercio mondiale. Sua Eccellenza Tony Abbott Primo Ministro dell’Australia. Il 15 e 16 novembre prossimo a Brisbane, ella presiederà il vertice dei capi di Stato e di go- verno dei 20 Paesi con le maggiori economie, por- tando in tal maniera a termine la Presidenza au- straliana del Gruppo dei 20 nell’anno trascorso. La presidenza ha dato prova di rappresentare u- na eccellente opportunità per tutti di apprezzare il significativo contributo dato dall’Oceania nella gestione delle problematiche mondiali e dei suoi sforzi per promuovere una costruttiva integrazione di tutti i Paesi. L’agenda del G20 a Bri- sbane è particolarmente concentrata sugli sforzi A per rilanciare un progetto di crescita sostenibile dell’economia mondiale, allontanando in tal mo- do lo spettro della recessione globale. Dal lavoro preparatorio è emerso un punto cruciale, vale a dire, l’imperativo di creare opportunità d’impiego dignitose, stabili e a favore di tutti. Questo pre- suppone e richiede un miglioramento nella qua- lità della spesa pubblica e degli investimenti, la promozione di investimenti privati, un equo e a- deguato sistema di tassazione, uno sforzo concer- tato per combattere l’evasione fiscale e una rego- lamentazione del settore finanziario, che garanti- sca onestà, sicurezza e trasparenza. Vorrei chiedere ai capi di Stato e di governo del G20 di non dimenticare che dietro queste discussioni politiche e tecniche sono in gioco molte vite e che sarebbe davvero increscioso se tali discussioni do- vessero rimanere puramente al livello di dichiara- zioni di principio. Nel mondo, incluso all’interno degli stessi Paesi appartenenti al G20, ci sono trop- pe donne e uomini che soffrono a causa di grave malnutrizione, per la crescita del numero dei di- soccupati, per la percentuale estremamente alta di giovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusio- ne sociale che può portare a favorire l’attività cri- minale e perfino il reclutamento di terroristi. Oltre a ciò, si riscontra una costante aggressione all’am- biente naturale, risultato di uno sfrenato consumi- smo e tutto questo produrrà serie conseguenze per l’economia mondiale. È mia speranza che possa essere raggiunto un so- stanziale ed effettivo consenso circa i temi posti in agenda. Allo stesso modo, spero che le valutazioni dei risultati di questo consenso non si restringeranno agli indici globali, ma prenderanno pari- menti in considerazione il reale miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie più povere e la ri- duzione di tutte le forme di inac- cettabile disuguaglianza. Formulo queste speranze in vista dell’A- genda post-2015, che sarà appro- vata dalla corrente sessione del- l’Assemblea delle Nazioni Unite, che dovrebbe includere gli argo- menti vitali del lavoro dignitoso per tutti e del cambiamento cli- matico. I vertici del G20, che iniziarono con la crisi finan- ziaria del 2008, si sono svolti sul drammatico sfon- do di conflitti militari, e questo ha prodotto disac- cordi tra i membri del Gruppo. È motivo di gratitu- dine che tali disaccordi non abbiano impedito un dialogo genuino all’interno del G20, con riferimen- to sia ai temi specificamente in agenda che a quel- li della sicurezza globale e della pace. Ma questo non basta. Il mondo intero si attende dal G20 un ac- cordo sempre più ampio che possa portare, nel qua- dro dell’ordinamento delle Nazioni Unite, a un de- finitivo arresto nel Medio Oriente dell’ingiusta ag- gressione rivolta contro differenti gruppi, religiosi ed etnici, incluse le minoranze. Dovrebbe inoltre condurre ad eliminare le cause profonde del terro- rismo, che ha raggiunto proporzioni finora inim- maginabili; tali cause includono la povertà, il sot- tosviluppo e l’esclusione. È diventato sempre più e- vidente che la soluzione a questo grave problema non può essere esclusivamente di natura militare, ma che si deve anche concentrare su coloro che in un modo o nell’altro incoraggiano gruppi terroristici con l’appoggio politico, il commercio illegale di pe- trolio o la fornitura di armi e tecnologia. Vi è inoltre la necessità di uno sforzo educativo e di una con- sapevolezza più chiara che la religione non può es- sere sfruttata come via per giustificare la violenza. Questi conflitti lasciano profonde cicatrici e pro- ducono in varie parti del mondo situazioni umani- tarie insopportabili. Colgo questa opportunità per chiedere agli Stati membri del G20 di essere esem- pi di generosità e di solidarietà nel venire incontro alle tante necessità delle vittime di questi conflitti, e specialmente nei confronti dei rifugiati. La situazione nel Medio Oriente ha riproposto il di- battito sulla responsabilità della comunità interna- zionale di proteggere gli individui e i popoli da at- tacchi estremi ai diritti umani e contro il totale disprezzo del di- ritto umanitario. La comunità internazionale, e in particolare gli Stati membri del G20 do- vrebbero anche preoccuparsi della necessità di proteggere i cittadini di ogni Paese da forme di aggressione, che sono meno evidenti, ma ugualmente reali e gravi. Mi riferisco specifica- mente agli abusi nel sistema fi- nanziario, come quelle transa- zioni che hanno portato alla cri- si del 2008 e più in generale alla speculazione sciolta da vincoli politici o giuridici e alla mentalità che vede nella massimizzazione dei profitti il criterio finale di o- gni attività economica. Una mentalità nella quale le persone sono in ultima analisi scartate non rag- giungerà mai la pace e la giustizia. Tanto a livello nazionale come a livello internazionale, la respon- sabilità per i poveri e gli emarginati deve perciò es- sere elemento essenziale di ogni decisione politica. Con la presente lettera, desidero esprimere il mio apprezzamento per il vostro lavoro, signor primo ministro, ed offrire il mio incoraggiamento e la mia preghiera per le deliberazioni che dovranno essere adottate e per la riuscita del vertice. Invoco la be- nedizione divina su tutti coloro che prendono par- te a questo incontro e su tutti i cittadini dei Paesi del G20. In modo particolare, esprimo i miei più senti- ti auguri, insieme alla mia preghiera, per la felice conclusione della presidenza dell’Australia e vo- lentieri Le assicuro la mia più alta considerazione. Francesco © LIBRERIA EDITRICE VATICANA «Dal lavoro preparatorio del vertice è emerso un punto cruciale: l’imperativo di creare opportunità d’impiego dignitose, stabili e a favore di tutti» Il caso. E la City di Londra va a lezione di Dottrina sociale la Dottrina sociale della Chiesa che può garantire la via di uscita dalla crisi del 2008. A sostenerlo è Clifford Lon- gley, già corrispondente religioso Daily Telegraph nonché commentatore della in uno studio intitolato «Just Mo- ney: How Catholic Social Teaching can redeem capitalism», ovvero «Denaro giusto: come la dottrina sociale cattolica può redimere il Racconta Longley ad «Sono coinvolto da tre anni nell’i- niziativa voluta dall’arcivescovo cattolico Nichols nella City di Lon- dra intitolata «Un piano per un mondo degli affari migliore» (www.blueprintforbusiness.org). Si tratta di una serie di convegni per diffondere il punto di vista cat- tolico tra gli uomini d’affari che, di solito, sono occupati con i picco- li dettagli della vita economica e si concentrano nella massimizza- zione del profitto per gli investitori e gli azionisti. La crisi economica del 2008 ha dimostrato che questo mondo ha fallito e li ha costretti a un ripensamento. È per fornire lo- ro una risposta che ho scritto que- sto documento. Il centro di studi religiosi londinese "Theos" ha sponsorizzato questa ricerca e u- na dozzina di economisti e acca- demici mi hanno aiutato indican- domi la giusta direzione e correg- gendo alcuni errori. Perché ritiene che la Dottrina so- ciale cattolica spieghi la crisi e- conomica del 2008 e possa in qualche modo forni- re gli antidoti per e- vitare un suo possi- Dagli anni Settanta e Ottanta l’ideologia prevalente, nelle e- conomie anglosas- soni, sia in Gran Bre- tagna sia negli Stati Uniti, è stata una fe- de cieca nel libero mercato che, libero dalla qualsiasi intervento stata- le, avrebbe prodotto ricchezza per tutti. Punto di vista proposto da Friedrich Hayek, l’economista austriaco che ha lavorato con i governi di Canada e America e ha firmato «Verso la schiavitù». Per Hayek la competizione è la legge base della vita economica. Già nella «Rerum Novarum», prima enciclica sociale della Chiesa, Leone XIII criticò queste teorie, dicendo che gli uomini sono, per loro natura, sociali, mettendo al centro la persona e invitando o- perai e padroni a collaborare per evitare scontri. Questa tensione, tra Dottrina sociale della Chiesa e neoliberalismo si è riproposta con la crisi del 2008. Dimostran- do che il libero mercato, lasciato a sé stesso, finisce per mettere il profitto al primo posto, travol- gendo così le persone. Pensa in particolare a quel pro- dotto del capitalismo spinto che è la finanza speculativa? Il prezzo al quale i prodotti finan- ziari che hanno il dato il via alla crisi venivano comprati e venduti non aveva nessun rapporto con qualsiasi valore del mondo reale. Valevano qualcun altro era di- sposto a pagare per es- si. Gli operatori che promuovevano questi prodotti sapevano di imbrogliare, ma, al- l’interno di un sistema che poneva al primo posto il denaro, questo non era importante. A metterlo in luce con chiarezza è stata l’enciclica di Be- nedetto XVI «Caritas in veritate», che ha sottolineato come la crisi del 2008 sia stata soprattutto una crisi di valori. Il mercato, lasciato a sé stesso, aveva divorato il capi- tale sociale, ovvero l’onestà degli operatori finanziari, la fiducia che nutrivano gli uni verso gli altri e la consapevolezza che avevano di servire, col loro lavoro, la comu- nità alla quale appartengono. Proprio i valori che oggi la City in qualche modo tenta di recu- Sì. Oggi nel cuore finanziario di Londra si legge e si discute la Dot- trina sociale cattolica. Il governa- tore della Banca di Inghilterra, Mark Carney, cattolico pratican- te, ha recentemente affermato che, come qualunque rivoluzione divora i suoi bambini, così anche il fondamentalismo del mercato, senza controlli, può divorare il ca- pitale sociale, un capitale essen- ziale per il dinamismo di lungo termine del capitalismo stesso. Clifford Longley Saranno due multinazionali quotate, Uni- lever e Vodafone, a finanziare nella City lon- dinese una nuova serie di convegni pro- mossi dalla Chiesa sulla Dottrina sociale cattolica. È una nuova puntata di «A blue- print for better business» (www.blue- printforbusiness. org), l’iniziativa avviata dal primate d’Inghilterra cardinale Vincent Nichols per diffondere i valori cristiani nel mondo degli affari. «Ci vorrà un po’ di tem- po prima che la dottrina sociale della Chie- sa prenda il posto del neoliberalismo, ma siamo sulla strada giusta», conferma Clifford Longley. Oltre a "formare" i ban- chieri, la Chiesa è anche coinvolta nel «Banking Standards Review Council», com- missione che sta promuovendo nuovi cri- teri di trasparenza e onestà nel mondo fi- nanziario per ricostruire il rapporto di fi- ducia tra pubblico e investitori. A guidarla è Colette Bowe, cattolica, che è anche tra gli amministratori del settimanale cattolico «The Tablet». La commissione che l’ha scel- ta era presieduta da Mark Carney, governa- tore della Banca di Inghilterra, e compren- deva lo stesso cardinale Nichols. L’intervista Clifford Longley: banchieri e finanziari si stanno interrogando sui limiti di un approccio speculativo che distrugge il capitale sociale Gli Stati del G20 dovrebbero anche preoccuparsi della necessità di proteggere i cittadini di ogni Paese da forme di aggressione, che sono meno evidenti, ma ugualmente reali e gravi. Mi riferisco specificamente agli abusi nel sistema finanziario, come quelle transazioni che hanno portato alla crisi del 2008 e più in generale alla speculazione sciolta da vincoli politici o giuridici e alla mentalità che vede nella massimizzazione dei profitti il criterio finale di ogni attività economica

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  • 5Mercoledì12 Novembre 2014 P R I M O P I A N OLA CRISIE I POVERI

    L’appelloAi Grandi della terrail Pontefice torna a chiedere difermare tutte le guerre e piùsforzi anti-crisi, soprattutto pergli ultimi. Lo fa in una lungamissiva indirizzata al primoministro australiano, TonyAbbot, in vista del vertice delleventi potenze economiche

    Il richiamo costante di Francesco alla centralità dell’uomona Chiesa povera per i poveri. Un’econo-mia che metta al centro la persona e non il

    denaro, che non sia dominata dagli interessi fi-nanziari. Concetti risuonati spesso negli inter-venti di papa Francesco, sin dall’inizio del suopontificato molto chiaro nel denunciare quellacultura dello scarto che antepone il denaro al-l’uomo, che non si fa scrupoli nel sacrificare bam-bini, giovani e anziani alla salvaguardia di qual-che decimale in più di Pil. Molto precisa in que-sto senso l’analisi dell’attuale crisi finanziaria con-tenuta in Evangelii gaudium là dove il Papa sot-

    tolinea la creazione di «nuovi idoli. L’adorazionedell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trova-to una nuova e spietata versione nel feticismo deldenaro e nella dittatura di una economia senzavolto e senza uno scopo veramente umano. Lacrisi mondiale che investe la finanza e l’economia– aggiunge l’Esortazione apostolica – manifesta ipropri squilibri e, soprattutto, la grave mancanzadi un orientamento antropologico che riduce l’es-sere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il con-sumo». Concetti che risuonano, con un’attenzio-ne più orientata verso le popolazioni rurali, nel

    Messaggio inviato alla Fao in occasione della re-cente Giornata mondiale dell’alimentazione. «Maicome in questo momento – ha scritto il Pontefi-ce – il mondo ha bisogno di unità tra le persone etra le Nazioni per superare le divisioni esistenti ei conflitti in atto, e soprattutto per cercare concretevie d’uscita da una crisi che è globale, ma il cui pe-so ricade maggiormente sui poveri». Ma elenca-re tutti i richiami di Francesco alla dottrina so-ciale della Chiesa, al dovere di una più equa ridi-stribuzione della ricchezza, alla necessità di so-stenere chi fa più fatica, sarebbe quasi impossi-

    bile. Basti citare, tra i più recenti, il discorso ai par-tecipanti al Convegno ecumenico di vescovi a-mici del Movimento dei Focolari (7 novembre2014) o all’incontro mondiale dei Movimenti po-polari (28 ottobre). «Visioni che pretendono diaumentare la redditività, a costo della restrizionedel mercato del lavoro che crea nuovi esclusi – hadetto il 2 ottobre Francesco alla Plenaria del di-castero vaticano "Giustizia e Pace" – non sonoconformi ad una economia a servizio dell’uomoe del bene comune, ad una democrazia inclusivae partecipativa».

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    Il Papa: «Difendere i cittadinidagli abusi della finanza»Francesco scrive al G20: basta parole, la gente soffreAi grandi della terra Papa Francesco tor-na a chiedere sforzi anti-crisi soprattuttoper gli ultimi. Lo fa in una lunga missiva,che pubblichiamo integrale a fianco, in-dirizzata al primo ministro australiano,Tony Abbot, in vista del vertice G20 di sa-bato e domenica in Australia, a Brisbane.Un vertice che dovrebbe innanzitutto stu-diare misure per allontanare «lo spettrodella recessione globale». Anche perché,secondo un rapporto diffuso da Oxfamin vista dell’appuntamento, dall’insedia-mento del governo australiano alla pre-sidenza (dicembre 2013) la ricchezzacomplessiva dei paesi del G20 è aumen-tata di 17mila miliardi di dollari. E all’1%dei più ricchi nei Paesi G20 è andata lafetta più grande, vale a dire 6.200 miliar-di di dollari, il 36% della crescita com-plessiva. Una crescita complessiva che,appunto, non può far dimenticare gli am-pi strati della popolazione ancora im-mersi nella povertà. Eliminare i paradisi fiscali e lottare con-tro l’evasione fiscale delle multinazionalisono misure efficaci per arginare il dila-gare delle disuguaglianze. Secondo i cal-coli di Oxfam, in particolare, l’evasione fi-scale delle grandi aziende sottrae ai Pae-si più poveri almeno 100 miliardi di dol-lari ogni anno. Un primo passo in tal sen-so è stato fatto proprio da Ocse e G20, iquali hanno elaborato un piano di attua-zione dello standard globale per lo scam-bio automatico di informazioni tributarie.Ne occorrono però altri, compiuti di paripasso con i Paesi in via di sviluppo, che senon ascoltati e coinvolti nel piano non po-tranno avere alcun miglioramento delleloro condizioni. A Brisbane, come ha for-temente voluto il premier australianoTony Abbott, crescita e investimenti sa-ranno il piatto forte mentre si pensa allacostituzione, in seno al G20, di un «hub»ad hoc per gli investimenti da istituire pro-prio a Sydney. Anche alla luce dell’ultimomonito del Fmi su una ripresa debole e si-gnificativi rischi al ribasso. Ma al di là delpiatto forte, quello dell’economia, Bri-sbane sarà anche l’occasione per un girodi tavolo su altri temi cruciali. Dai teatri dicrisi geopolitici ad Ebola, passando per inodi del commercio mondiale.

    Sua Eccellenza Tony Abbott Primo Ministrodell’Australia. Il 15 e 16 novembre prossimo a Brisbane,

    ella presiederà il vertice dei capi di Stato e di go-verno dei 20 Paesi con le maggiori economie, por-tando in tal maniera a termine la Presidenza au-straliana del Gruppo dei 20 nell’anno trascorso.La presidenza ha dato prova di rappresentare u-na eccellente opportunità per tutti di apprezzareil significativo contributo dato dall’Oceania nellagestione delle problematiche mondiali e dei suoi

    sforzi per promuovere unacostruttiva integrazione ditutti i Paesi.L’agenda del G20 a Bri-sbane è particolarmente

    concentrata sugli sforzi

    A per rilanciare un progetto di crescita sostenibiledell’economia mondiale, allontanando in tal mo-do lo spettro della recessione globale. Dal lavoropreparatorio è emerso un punto cruciale, vale adire, l’imperativo di creare opportunità d’impiegodignitose, stabili e a favore di tutti. Questo pre-suppone e richiede un miglioramento nella qua-lità della spesa pubblica e degli investimenti, lapromozione di investimenti privati, un equo e a-deguato sistema di tassazione, uno sforzo concer-tato per combattere l’evasione fiscale e una rego-lamentazione del settore finanziario, che garanti-sca onestà, sicurezza e trasparenza.Vorrei chiedere ai capi di Stato e di governo del G20di non dimenticare che dietro queste discussionipolitiche e tecniche sono in gioco molte vite e chesarebbe davvero increscioso se tali discussioni do-

    vessero rimanere puramente al livello di dichiara-zioni di principio. Nel mondo, incluso all’internodegli stessi Paesi appartenenti al G20, ci sono trop-pe donne e uomini che soffrono a causa di gravemalnutrizione, per la crescita del numero dei di-soccupati, per la percentuale estremamente alta digiovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusio-ne sociale che può portare a favorire l’attività cri-minale e perfino il reclutamento di terroristi. Oltrea ciò, si riscontra una costante aggressione all’am-biente naturale, risultato di uno sfrenato consumi-smo e tutto questo produrrà serie conseguenze perl’economia mondiale.È mia speranza che possa essere raggiunto un so-stanziale ed effettivo consenso circa i temi posti inagenda. Allo stesso modo, spero che le valutazionidei risultati di questo consensonon si restringeranno agli indiciglobali, ma prenderanno pari-menti in considerazione il realemiglioramento delle condizioni divita delle famiglie più povere e la ri-duzione di tutte le forme di inac-cettabile disuguaglianza. Formuloqueste speranze in vista dell’A-genda post-2015, che sarà appro-vata dalla corrente sessione del-l’Assemblea delle Nazioni Unite,che dovrebbe includere gli argo-menti vitali del lavoro dignitosoper tutti e del cambiamento cli-matico.I vertici del G20, che iniziarono con la crisi finan-ziaria del 2008, si sono svolti sul drammatico sfon-do di conflitti militari, e questo ha prodotto disac-cordi tra i membri del Gruppo. È motivo di gratitu-dine che tali disaccordi non abbiano impedito undialogo genuino all’interno del G20, con riferimen-to sia ai temi specificamente in agenda che a quel-li della sicurezza globale e della pace. Ma questonon basta. Il mondo intero si attende dal G20 un ac-cordo sempre più ampio che possa portare, nel qua-dro dell’ordinamento delle Nazioni Unite, a un de-finitivo arresto nel Medio Oriente dell’ingiusta ag-gressione rivolta contro differenti gruppi, religiosied etnici, incluse le minoranze. Dovrebbe inoltrecondurre ad eliminare le cause profonde del terro-rismo, che ha raggiunto proporzioni finora inim-maginabili; tali cause includono la povertà, il sot-tosviluppo e l’esclusione. È diventato sempre più e-vidente che la soluzione a questo grave problemanon può essere esclusivamente di natura militare,ma che si deve anche concentrare su coloro che in

    un modo o nell’altro incoraggiano gruppi terroristicicon l’appoggio politico, il commercio illegale di pe-trolio o la fornitura di armi e tecnologia. Vi è inoltrela necessità di uno sforzo educativo e di una con-sapevolezza più chiara che la religione non può es-sere sfruttata come via per giustificare la violenza.Questi conflitti lasciano profonde cicatrici e pro-ducono in varie parti del mondo situazioni umani-tarie insopportabili. Colgo questa opportunità perchiedere agli Stati membri del G20 di essere esem-pi di generosità e di solidarietà nel venire incontroalle tante necessità delle vittime di questi conflitti,e specialmente nei confronti dei rifugiati.La situazione nel Medio Oriente ha riproposto il di-battito sulla responsabilità della comunità interna-zionale di proteggere gli individui e i popoli da at-

    tacchi estremi ai diritti umani econtro il totale disprezzo del di-ritto umanitario. La comunitàinternazionale, e in particolaregli Stati membri del G20 do-vrebbero anche preoccuparsidella necessità di proteggere icittadini di ogni Paese da formedi aggressione, che sono menoevidenti, ma ugualmente reali egravi. Mi riferisco specifica-mente agli abusi nel sistema fi-nanziario, come quelle transa-zioni che hanno portato alla cri-si del 2008 e più in generale allaspeculazione sciolta da vincoli

    politici o giuridici e alla mentalità che vede nellamassimizzazione dei profitti il criterio finale di o-gni attività economica. Una mentalità nella qualele persone sono in ultima analisi scartate non rag-giungerà mai la pace e la giustizia. Tanto a livellonazionale come a livello internazionale, la respon-sabilità per i poveri e gli emarginati deve perciò es-sere elemento essenziale di ogni decisione politica.Con la presente lettera, desidero esprimere il mioapprezzamento per il vostro lavoro, signor primoministro, ed offrire il mio incoraggiamento e la miapreghiera per le deliberazioni che dovranno essereadottate e per la riuscita del vertice. Invoco la be-nedizione divina su tutti coloro che prendono par-te a questo incontro e su tutti i cittadini dei Paesi delG20. In modo particolare, esprimo i miei più senti-ti auguri, insieme alla mia preghiera, per la feliceconclusione della presidenza dell’Australia e vo-lentieri Le assicuro la mia più alta considerazione.

    Francesco© LIBRERIA EDITRICE VATICANA

    «Dal lavoro preparatoriodel vertice è emerso un

    punto cruciale:l’imperativo di creareopportunità d’impiegodignitose, stabili e a

    favore di tutti»

    Il caso. E la City di Londra va a lezione di Dottrina socialeSILVIA GUZZETTILONDRA

    la Dottrina sociale dellaChiesa che può garantire lavia di uscita dalla crisi del

    2008. A sostenerlo è Clifford Lon-gley, già corrispondente religiosodel Times e del Daily Telegraphnonché commentatore della BBC,in uno studio intitolato «Just Mo-ney: How Catholic Social Teachingcan redeem capitalism», ovvero«Denaro giusto: come la dottrinasociale cattolica può redimere ilcapitalismo».Racconta Longley ad Avvenire:«Sono coinvolto da tre anni nell’i-niziativa voluta dall’arcivescovocattolico Nichols nella City di Lon-dra intitolata «Un piano per unmondo degli affari migliore»(www.blueprintforbusiness.org).Si tratta di una serie di convegniper diffondere il punto di vista cat-tolico tra gli uomini d’affari che, disolito, sono occupati con i picco-li dettagli della vita economica esi concentrano nella massimizza-

    Èzione del profitto per gli investitorie gli azionisti. La crisi economicadel 2008 ha dimostrato che questomondo ha fallito e li ha costretti aun ripensamento. È per fornire lo-ro una risposta che ho scritto que-sto documento. Il centro di studireligiosi londinese "Theos" hasponsorizzato questa ricerca e u-na dozzina di economisti e acca-demici mi hanno aiutato indican-domi la giusta direzione e correg-gendo alcuni errori.Perché ritiene che la Dottrina so-ciale cattolica spieghi la crisi e-conomica del 2008 e possa inqualche modo forni-re gli antidoti per e-vitare un suo possi-bile ripetersi?Dagli anni Settanta eOttanta l’ideologiaprevalente, nelle e-conomie anglosas-soni, sia in Gran Bre-tagna sia negli StatiUniti, è stata una fe-de cieca nel liberomercato che, libero

    dalla qualsiasi intervento stata-le, avrebbe prodotto ricchezzaper tutti. Punto di vista propostoda Friedrich Hayek, l’economistaaustriaco che ha lavorato con igoverni di Canada e America e hafirmato «Verso la schiavitù». PerHayek la competizione è la leggebase della vita economica. Giànella «Rerum Novarum», primaenciclica sociale della Chiesa,Leone XIII criticò queste teorie,dicendo che gli uomini sono, perloro natura, sociali, mettendo alcentro la persona e invitando o-perai e padroni a collaborare per

    evitare scontri. Questa tensione,tra Dottrina sociale della Chiesae neoliberalismo si è ripropostacon la crisi del 2008. Dimostran-do che il libero mercato, lasciatoa sé stesso, finisce per mettere ilprofitto al primo posto, travol-gendo così le persone.Pensa in particolare a quel pro-dotto del capitalismo spinto cheè la finanza speculativa?Il prezzo al quale i prodotti finan-ziari che hanno il dato il via allacrisi venivano comprati e vendutinon aveva nessun rapporto conqualsiasi valore del mondo reale.

    Valevano semplice-mente quello chequalcun altro era di-sposto a pagare per es-si. Gli operatori chepromuovevano questiprodotti sapevano diimbrogliare, ma, al-l’interno di un sistemache poneva al primoposto il denaro, questonon era importante. Ametterlo in luce con

    chiarezza è stata l’enciclica di Be-nedetto XVI «Caritas in veritate»,che ha sottolineato come la crisidel 2008 sia stata soprattutto unacrisi di valori. Il mercato, lasciatoa sé stesso, aveva divorato il capi-tale sociale, ovvero l’onestà deglioperatori finanziari, la fiducia chenutrivano gli uni verso gli altri e laconsapevolezza che avevano diservire, col loro lavoro, la comu-nità alla quale appartengono.Proprio i valori che oggi la Cityin qualche modo tenta di recu-perare?Sì. Oggi nel cuore finanziario diLondra si legge e si discute la Dot-trina sociale cattolica. Il governa-tore della Banca di Inghilterra,Mark Carney, cattolico pratican-te, ha recentemente affermatoche, come qualunque rivoluzionedivora i suoi bambini, così ancheil fondamentalismo del mercato,senza controlli, può divorare il ca-pitale sociale, un capitale essen-ziale per il dinamismo di lungotermine del capitalismo stesso.

    © RIPRODUZIONE RISERVATAClifford Longley

    Saranno due multinazionali quotate, Uni-lever e Vodafone, a finanziare nella City lon-dinese una nuova serie di convegni pro-mossi dalla Chiesa sulla Dottrina socialecattolica. È una nuova puntata di «A blue-print for better business» (www.blue-printforbusiness. org), l’iniziativa avviatadal primate d’Inghilterra cardinale VincentNichols per diffondere i valori cristiani nelmondo degli affari. «Ci vorrà un po’ di tem-po prima che la dottrina sociale della Chie-sa prenda il posto del neoliberalismo, masiamo sulla strada giusta», confermaClifford Longley. Oltre a "formare" i ban-chieri, la Chiesa è anche coinvolta nel«Banking Standards Review Council», com-missione che sta promuovendo nuovi cri-teri di trasparenza e onestà nel mondo fi-nanziario per ricostruire il rapporto di fi-ducia tra pubblico e investitori. A guidarlaè Colette Bowe, cattolica, che è anche tra gliamministratori del settimanale cattolico«The Tablet». La commissione che l’ha scel-ta era presieduta da Mark Carney, governa-tore della Banca di Inghilterra, e compren-deva lo stesso cardinale Nichols.

    L’intervista

    Clifford Longley: banchierie finanziari si stanno

    interrogando sui limiti di unapproccio speculativo che

    distrugge il capitale sociale

    Gli Stati del G20dovrebbero anchepreoccuparsi dellanecessità diproteggere i

    cittadini di ogni Paese daforme di aggressione, chesono meno evidenti, maugualmente reali e gravi. Miriferisco specificamente agliabusi nel sistema finanziario,come quelle transazioni chehanno portato alla crisi del2008 e più in generale allaspeculazione sciolta da vincolipolitici o giuridici e allamentalità che vede nellamassimizzazione dei profittiil criterio finale di ogni attivitàeconomica