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Il progetto della rete di cure palliative nella regione Marche

1. Il bisogno di salute alla base dell’integrazione socio-sanitaria “Il sistema di welfare italiano ha storicamente assunto come uno dei propri capisaldi il principio

dell’integrazione socio-sanitaria” (Cepiku, Meneguzzo 2009: 77). L’espressione integrazione

etimologicamente significa «completare» o «rendere intero» un qualcosa. In tal senso si cerca di superare la

netta divisione tra servizi di natura sanitaria e sociale al fine di rispondere in maniera unitaria alla crescente

domanda di salute, considerando la globalità della persona in tutte le sue dimensioni (fisica, psichica e

sociale), contribuendo quindi al raggiungimento di uno stato di benessere “totale” (Bronzini 2011; Cepiku,

Meneguzzo 2009). È evidente che tale concetto di salute richiede il concorso di una pluralità di attori

istituzionali e sociali, nonché la ricerca di nuovi strumenti e metodi in grado di favorire e realizzare

l’integrazione. La ricerca di nuovi strumenti, d’altra parte, è ancor più necessaria nel contesto attuale, nel quale il

miglioramento delle condizioni di vita dei paesi occidentali, la rivoluzione informatica (con la conseguente

facilità di reperire e scambiare informazioni), lo sviluppo di tecnologie sempre più innovative per l’erogazione dei

servizi hanno modificato la relazione tra cittadino (inteso come destinatario dei servizi) e istituzioni sanitarie: il

cittadino desidera sempre più partecipare attivamente al percorso di cura, imponendo alle strutture un’attenzione

sempre più marcata al sistema di servizio offerto, alla sua coerenza e continuità nel tempo (Nuti 2003, Vicarelli

2013). L’integrazione è quindi intesa come un sistema capace di elaborare un piano diagnostico e assistenziale

unitario, attraverso il raccordo tra i diversi professionisti i quali indirizzino il cittadino stesso lungo un percorso

delineato e coerente al fine di garantire la “continuità delle cure” (Longo 2009). La continuità delle cure può essere definita attraverso tre concetti: la continuità relazionale tra il cittadino

e i diversi professionisti sanitari e socio-sanitari che forniscono assistenza in maniera continuata e coerente

sulla base dello sviluppo del percorso di trattamento; la continuità gestionale come coordinamento

complementare e integrato tra i diversi attori istituzionali e professionali; la continuità informativa, che si

basa sullo scambio di informazioni tra i vari attori professionali e istituzionali, non soltanto degli aspetti

clinici ma in particolare del contesto personale del cittadino, in modo da rispondere in maniera più adeguata

al suo bisogno di salute globale (Di Stanislao, Visca, Caracci, Moriano 2010). Alla luce di queste considerazioni, i modelli organizzativi finora adottati non sembrano sufficienti a

soddisfare questi nuovi bisogni, e l’adozione di modelli reticolari viene vista come una possibile risposta a

tali esigenze. 2. Tratti essenziali del concetto di rete Il concetto di rete (o network) è stato negli anni interpretato in varie discipline: nella sociologia e

nell’antropologia sociale, nell’economia aziendale con particolare riferimento all’ambito delle teorie

organizzative e degli studi di strategia aziendale, nonché nell’economia industriale (Meneguzzo, Cepiku

2008; Mercuri 2008). Dagli studi svolti sulle teorie reticolari emerge come ogni disciplina apporti a suo

modo importanti elementi che favoriscono l’identikit della rete e le sue caratteristiche, in particolare si

possono riscontrare punti in comune nella definizione del concetto di network: • la pluralità degli attori; • l’esistenza di relazioni interattive; • l’autonomia dei soggetti; • la presenza di una cultura e di valori condivisi;

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• il presupposto delle parti di poter conseguire vantaggi in termini economici, qualitativi, strategici,

etici e culturali, dall’associarsi in rete.

Tali punti in comune possono essere riassunti in quattro elementi costituivi, che divengono fondamentali

per identificare l’esistenza di un modello di governance reticolare (Butera 2005; Lega 2002; Soda 1998;

Gugiatti 1996; Cartoccio, Fabbro 1992): • i nodi, che costituiscono la rete stessa, possono essere unità giuridicamente autonome (impresa,

ente, associazione o posizione professionale) oppure unità organizzative interne ad una singola

struttura o istituzione (divisione, dipartimento, gruppo di lavoro, ruolo o persona); • le connessioni sono i legami che si instaurano tra i nodi della rete, e attraverso di esse sono possibili

lo scambio e la trasmissione all’interno della rete degli artefatti (fisici, intellettuali, informativi)

prodotti da ciascun nodo. Favoriscono la creazione di valori condivisi, in un’ottica di maggiore

collaborazione e miglioramento, al fine di perseguire gli obiettivi preposti; • la struttura rappresenta la configurazione derivante dall’impostazione dei nodi e delle connessioni.

La rete è identificata come “formale” quando è sviluppata in maniera programmata, pensata da

individui o organizzazioni identificati che attraverso atti o documenti definiscono attori, obiettivi,

tecnologie utilizzate, strumenti operativi e di controllo. All’interno della rete formale sussistono

rapporti interpersonali, formali e informali, che contribuiscono alla nascita e allo sviluppo della rete

stessa, e possono in maniera decisiva cambiarne la conformazione e determinarne il successo; • le proprietà operative definiscono il funzionamento della rete. Di queste fanno parte le procedure

di progettazione, pianificazione e controllo delle risorse (ovvero i sistemi operativi e i sistemi di

gestione). Oltre a questi però vi è la necessità anche di una cultura uniforme, di valori, codici e di

linguaggi condivisi, aspetti fondamentali per indirizzare le scelte all’interno della rete. Nell’ambito dell’integrazione socio-sanitaria diviene fondamentale mettere in rete le risorse umane,

professionali, finanziarie e strutturali di un territorio per rispondere al bisogno di salute globale espresso dai

cittadini attraverso prestazioni di assistenza socio-sanitaria.

3. L’integrazione socio-sanitaria e la rete delle Cure Palliative La nuova visione d’insieme di una rete di servizi alla persona ispirata a principi universalistici era

contenuta nella L. 328/2000, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi

sociali”. Tale legge ha segnato un punto di svolta cruciale per superare vecchie logiche assistenzialiste e

settoriali ma non è, di fatto, riuscita a innescare il processo di trasformazione delle politiche sociali atteso in

Italia. Ciò è dovuto in parte al processo di regionalizzazione avviato con la riforma del Titolo V della

Costituzione del 2001, che ha demandato alle Regioni la potestà legislativa in materia sociale (Bronzini

2011). La maggiore responsabilizzazione delle Regioni come garanti dello sviluppo dei diritti del cittadino le

ha rese d’altra parte attori fondamentali nella realizzazione del sistema sanitario e di welfare locale. Si osserva in particolare come ogni Regione abbia riorganizzato il proprio servizio sanitario secondo

specifiche modalità (Balduzzi 2005) . Le Marche attraverso la Legge regionale n. 13 del 2003 hanno

modificato il proprio assetto sanitario in maniera profonda1 ponendosi l'obiettivo di assicurare «un

progressivo superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali, anche mediante l'organizzazione a rete

delle prestazioni e dei servizi, il rispetto della dignità della persona, l'equità nell'accesso e la 1 La Legge regionale n. 13 del 20/06/2003 e la successiva legge regionale n.17 del 1/08/2011 modificano profondamente

l’assetto sanitario regionale. Attualmente nella Regione Marche è presente un’unica Azienda Sanitaria Regionale (ASUR). L’ASUR

è articolata in 5 Aree Vaste, a loro volta articolate in distretti. Il distretto coincide con gli ambiti territoriali sociali e costituisce il

livello territoriale su cui si realizza la gestione integrata dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali. L’organizzazione dipartimentale

rimane il modello ordinario di gestione operativa ma sono ridefiniti i dipartimenti distinguendoli in dipartimenti aziendali e

dipartimenti di area vasta. Con la legge del 2003 (successivamente integrata dalla Legge regionale del 22/9/2009), vengono istituite

due Aziende Ospedaliere: l’Azienda Ospedaliero Universitaria “Ospedali Riuniti Umberto I - G. M. Lancisi - G. Salesi” di Ancona e

l’Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti Marche Nord”, che incorpora l'Azienda ospedaliera San Salvatore di Pesaro e la struttura

ospedaliera S. Croce di Fano. Sul territorio è presente inoltre un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “INRCA” di

Ancona, il quale è ente di carattere nazionale.

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continuità nei percorsi assistenziali, la qualità e l'appropriatezza delle cure». L'obiettivo citato diviene

particolarmente evidente nella volontà di introdurre un nuovo modello organizzativo e gestionale di tipo

reticolare nell'ambito dell'assistenza palliativa e della terapia del dolore, nel rispetto delle normative

nazionali.

3.1. Le Cure Palliative: garantire la dignità e la qualità della vita del malato Le Cure Palliative (CP) rientrano tra le prestazioni di assistenza socio-sanitaria individuate nel D.P.C.M.

del 2001 con il quale sono definite in maniera dettagliata le aree in cui si collocano le prestazioni

sociosanitarie a elevata integrazione, individuando appunto tra le aree di intervento le patologie cronico-

degenerative e le patologie terminali. Le CP si inseriscono in tale ambito in quanto, come afferma il Ministero della Salute, rappresentano «la

cura globale e multidisciplinare dei pazienti affetti da una malattia che non risponde più ai trattamenti

specifici e di cui la morte è diretta conseguenza». L'Organizzazione Mondiale della Sanità arricchisce tale

definizione, interpretandole come «un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro

famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la

prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale

trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicofisica e spirituale». Le CP, quindi, rappresentano una protezione2 per il malato nel momento più delicato della sua condizione

fisica, quella terminale, generata da patologie di tipo cronico ed evolutivo, come ad esempio malattie

oncologiche, neurologiche, respiratorie e cardiologiche, preservandolo da sofferenze inutili anche attraverso

l'utilizzo della terapia del dolore. Per realizzare effettivamente un approccio di tipo palliativo alla cura del paziente occorre una forte

integrazione, sia tra i vari attori del servizio sanitario, sia tra questi e coloro che a vario titolo si occupano del

paziente (famiglia, caregivers) in quanto nel 75-85% dei casi il domicilio rappresenta la sede di intervento

privilegiata dal malato e dal suo nucleo familiare (Ministero della Salute 2003). La particolarità di tale

approccio alla malattia necessita di un’apposita rete costruita attorno al paziente e che preveda percorsi

sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali fortemente integrati tra loro (Ministero della Salute 2010).7

3.2. Tutela dell’accesso alle Cure Palliative: disposizioni legislative

Su tali presupposti si è basato l'intervento del legislatore nazionale, che attraverso la Legge n. 38 del 15

marzo 20103 ha cercato per la prima volta di tutelare e garantire l'accesso alle CP nonché alla terapia del

dolore da parte del malato. Già nel 1999 vi era stato un primo intervento in ambito di assistenza palliativa (Legge n. 39 del 29

Febbraio), con il quale si disponeva la creazione di apposite strutture residenziali, nominate Hospice. Il

livello di assistenza in ambito palliativo e cronico era però del tutto insoddisfacente. Gli Hospice potevano

essere paragonati a «cattedrali nel deserto» del campo assistenziale poiché non erano integrati all'interno di

una rete che comprendeva tutti i livelli assistenziali (Zucco 2010: 2) . La legge n. 38 del 2010 si è posta, quindi, l’obiettivo di creare una vera integrazione nell’ambito delle CP

che si esplicano in assistenza domiciliare sanitaria e socio-sanitaria, assistenza territoriale residenziale e semi

residenziale (per pazienti terminali), trattamenti erogati nel corso del ricovero ospedaliero e interventi a

domicilio. Si tratta di una legge decisamente innovativa rispetto al passato: approvata dopo un iter

parlamentare di soli 5 mesi, ha come principi fondamentali il rispetto della dignità del malato, l'autonomia

della persona, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro

appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze del malato e della sua famiglia (e/o caregivers). Il legislatore, al fine di raggiungere tale obiettivo, ha disposto alle Regioni l'istituzione di una rete di CP e

una rete di terapia del dolore integrate tra loro sia a livello nazionale che regionale.

2 Il termine palliativo deriva dalla parola latina “pallium” che significa mantello, protezione.

3 Legge 38 del 15 marzo 2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle CP e alla terapia del dolore”, pubblicata in Gazzetta

ufficiale, serie Generale n. 65 del 19 marzo 2010.

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4. Le cure palliative nella regione Marche Nel Piano Socio Sanitario Regionale 2007-2009 la Regione Marche aveva inserito tra gli obiettivi la

realizzazione di una rete di CP nel medio-lungo termine. Nel biennio successivo sono state svolte una serie

di azioni preliminari atte alla realizzazione delle progettualità provenienti dalla Legge n. 38, attraverso

l'avvio di tavoli di confronto tra le professionalità che si dedicano all'assistenza dei pazienti che necessitano

di CP. Nella DGR n. 1512 del 14 novembre 2011 veniva sinteticamente descritto il Progetto per la

realizzazione della Rete di CP e il Progetto per la realizzazione della Rete di Terapia del dolore. A nemmeno

un mese di distanza da tale normativa sono stati definiti il “Gruppo di Coordinamento Regionale della Rete

di CP” e il “Gruppo di Coordinamento Regionale della Rete di Terapia del dolore”4. Attraverso tali decreti si

è dato effettivo avvio allo sviluppo delle reti, nel rispetto dell'Accordo Stato Regioni del 16 dicembre 2010,

individuando nei Gruppi di Coordinamento Regionali le strutture garanti, ai quali spettano funzioni di

coordinamento nonché di monitoraggio dello stato di attuazione delle stesse, con la definizione degli

indicatori quali-quantitativi e la promozione di programmi obbligatori di formazione continua, nonché la

definizione di un ulteriore Gruppo di Coordinamento Regionale per le CP e la Terapia del dolore in ambito

pediatrico. La prima azione svolta dal Gruppo di Coordinamento è stata quella di comprendere quale fosse lo stato

delle CP nella Regione Marche, e il quadro che ne scaturiva mostrava che le stesse erano erogate

principalmente all’interno degli Hospice e in maniera minore presso il domicilio del paziente5 . I livelli di

assistenza quindi non erano sufficienti a coprire tutto il fabbisogno potenziale delle cure (Giorgetti 2010), ed

era evidente la necessità di collegare la sfera sanitaria alla sfera sociale in un’ottica di integrazione e di

continuità assistenziale. È in questo contesto che viene proposta agli inizi del 2012 una Sperimentazione

della Rete di CP della durata di 18 mesi nell’Area Vasta 1, da replicare successivamente in tutte le altre.

Questa prevedeva alcune fasi preparatorie alle quali avrebbe seguito la fase operativa del progetto e quindi la

raccolta dei dati (vedi Tabella 1). Tabella 1. Tempi di attuazione della Sperimentazione della rete di CP in Area Vasta 1.

Fonte: Documento presentato dal Dott. Alfredo Fogliardi (Dirigente Medico presso l’U.O. Terapie Antalgiche e Cure Palliative presso Area Vasta 1 – Fano fino al 14

maggio 2014) , in sede di Gruppo Regionale di Coordinamento il giorno 9/5/2012. Intervista al Dott. Alfredo Fogliardi il giorno 17/5/2012.

La Sperimentazione, che sarebbe dovuta partire nel 2013, non è stata però di fatto realizzata. Si è deciso

invece di passare direttamente all’attivazione della rete di CP attraverso due normative: la DGR n. 1345 del

30 settembre 2013 “Riordino delle reti cliniche della Regione Marche” dove la rete di CP è definita come

“strategica” tra le reti cliniche prioritarie da attivare e la DGR n. 846 del 12 luglio 2014

4 Decreto dell’Agenzia Regionale Sanitaria n. 15/ARS e n. 16/ARS del 5 dicembre 2011. Fanno parte dei due Gruppi figure

professionali che operano all'interno delle CP e della terapia del dolore, scelti sulla base del loro operato e dell'ente di appartenenza:

Aree Vaste, Aziende Ospedaliere (Azienda Ospedali Riuniti di Ancona e l'Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord), Istituto

Ospedaliero INRCA , Medici di Medicina Generale. Tali figure professionali rivestono all'interno degli enti di appartenenza il ruolo

di medici anestesisti, medici oncologi, psicologi e infermieri (sono presenti anche i pediatri di libera scelta per quanto riguarda il

Gruppo di Coordinamento Regionale delle CP e terapia del dolore pediatriche). Sono presenti inoltre all'interno dei Gruppi l'Agenzia

Regionale Sanitaria nella PF Ricerca sanitaria e biomedica, innovazione e formazione, e il Direttore Sanitario dell'ASUR. Ogni

Gruppo si compone dalle 10 alle 18 persone e alcune figure fanno parte di tutti e tre i Gruppi al fine di favorire il coordinamento tra i

Gruppi stessi nonché la condivisione di documenti e la conoscenza dello stato di attuazione dei lavori svolti dagli altri Gruppi. 5 Tali informazioni sono state recepite in sede di riunione del Gruppo di Coordinamento Regionale della Rete di CP tenutasi il

giorno 20 dicembre 2011 presso il Palazzo Rossini, via Gentile da Fabriano, n. 3, Ancona

4

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dove si definiscono le “Linee di indirizzo per la definizione della Rete regionale di CP”6. Quest’ultima

normativa ricalca in gran parte la Sperimentazione prevista in Area Vasta 1, che quindi, seppur non

applicata, è evoluta in norma ed estesa a tutta la regione.

4.1. Il progetto regionale della rete di cure palliative La DGR 846 si basa su un modello scientifico di approccio al paziente di derivazione anglosassone,

denominato “modello bio-psico-sociale”. Tale modello è stato sviluppato da Engel7 negli anni Ottanta e si

sostanzia in una differente strategia di approccio alla persona. Il paziente non è visto come malattia ma come

persona con dei bisogni a cui si cerca di dare una risposta. La salute quindi è vista non soltanto in termini di

funzioni e organi, ma riguarda anche gli aspetti psicologici, sociali, familiari dell'individuo, fra loro

interagenti e in grado di influenzare lo stato del paziente. Diviene centrale in questo approccio il lavoro in

équipe multiprofessionali, interagenti sia al loro interno sia con il paziente e con la famiglia. Terreno di

crescita di questo rapporto è (quando possibile) il domicilio stesso del paziente, in cui può ritrovare gli affetti

e le cose a lui care. La DGR 846 afferma “La Rete Locale di CP è un’aggregazione funzionale ed integrata per Area Vasta

delle attività di CP erogate in ospedale, in Hospice, a domicilio e in altre strutture residenziali in un ambito

territoriale definito. Il modello organizzativo proposto considera il domicilio come il naturale contenitore

delle fasi di fine vita, e ne favorisce la permanenza del malato”. L'integrazione tra questi diversi attori prevede innanzitutto la creazione di un’Unità Operativa,

denominata Unità di Cure Palliative-Hospice (UCPH), che rappresenta il più importante nodo della rete ed

ha compiti di coordinamento, formazione, e controllo. Essa è composta da figure professionali dedicate con

specifica competenza ed esperienza8. La sede dell’UCPH, almeno una per ogni Area Vasta, è situata

all’interno dell’Hospice (vedi Tabella 2). Negli Hospice le CP sono erogate da équipe multiprofessionali e multidisciplanari, nelle quali

l’integrazione dei servizi sociali e sanitari è garantita dalla presenza di medici, MMG, infermieri, operatori

socio-sanitari, assistenti sociali, fisioterapisti, psicologi, assistenti spirituali.

Tabella 2. Hospice presenti nella Regione Marche

Fonte: Federazione Cure Palliative Onlus, mappa interattiva (www.fedcp.org)

(* La struttura di Offida sebbene definita Hospice non è riconosciuta in quanto il numero di posti letto è pari a 3 mentre il numero di posti letto definiti a livello

nazionale è pari a 8, con un massimo di 30. Nell’Area Vasta 2, CP sono erogate in maniera indiretta anche all'interno dell'I.N.R.C.A.) Il raccordo con l'assistenza domiciliare è svolto attraverso la creazione di una Unità di Cure Palliative

Domiciliari (UCPD), composta da un’équipe specificatamente formata multidisciplinare e

multiprofessionale (medico, medico specialista, infermiere, professionisti della riabilitazione, dietista,

6 Il percorso che porta allo sviluppo della rete di CP passa anche per altre normative sia nazionali che regionali. Tra le più

rilevanti si riporta l’Accordo Stato Regioni del 25 luglio 2012 nel quale vengono fornite indicazioni operative per lo sviluppo della

rete e i requisiti minimi e le modalità di accreditamento delle strutture di assistenza ai malati terminali. Le DGR n. 1345 e la DGR

846 sono emanate nel rispetto dei requisiti riportati nel suddetto Accordo. 7 Engel sviluppa tale modello sulla base della concezione multidimensionale della salute decritta dalla World Health

Organization nel 1947. 8 Art. 5 comma 2 delIa legge 38/2010; Accordo Stato Regioni del 25/07/2012; l’Accordo Stato Regioni del 10 luglio 2014.

5

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psicologo, operatore socio-sanitario)9, integrata con l’équipe dell’Hospice al fine di prevenire e ridurre il

“burn-out” dei professionisti dell’équipe e mantenere la continuità assistenziale. L’UCPD ha il compito di

offrire l'assistenza domiciliare in tutto il territorio di competenza e di fornire prestazioni di consulenza

palliativista a tutti i nodi della rete, ovvero i Distretti, i Medici di Medicina Generale (MMG), le Unità Operative Ospedaliere presenti sul territorio (strutture per acuzie), le strutture di

ricovero dotate di posti letto dedicati (Residenze Sanitarie Assistenziali), i Servizi di Continuità

Assistenziale (Guardia Medica) nonché con le Associazioni di Volontariato Convenzionate, la famiglia e

il paziente. Lo sviluppo del network va inteso anche attraverso collegamenti intra-ospedalieri (all’interno di ogni

singola struttura di ricovero e cura) e inter-ospedalieri (vari erogatori che afferiscono allo stesso ambito

territoriale). Ad esempio nell’Area Vasta 1 i collegamenti dovranno essere creati tra il Polo Ospedaliero di

Urbino, i tre Ospedali di Rete situati a Pergola, Fossombrone e Sassocorvaro, le strutture di ricovero e cura

pubblica, nonché l'Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti Marche Nord”. Si prevede inoltre un collegamento

con le Unità Operative di Terapia del dolore (dove presenti) attraverso un’integrazione organizzativa e di

risorse.

4.2. Il funzionamento della rete

I soggetti eleggibili alla Rete di CP sono i malati/avanzati terminali (oncologici, neurologici, cardiologici,

ecc) che necessitano di assistenza e cure per il controllo dei sintomi fisici e psico-emozionali10, e per i quali

non è più indicata una terapia di tipo attivo. Per quanto riguarda le connessioni tra i nodi nella fase di segnalazione del paziente e la sua successiva

presa in carico, l'UCPH si interfaccia con l’Unità Valutativa Integrata (UVI) e sulla base sia della richiesta

di invio che del livello di carico assistenziale del malato (intensità e cura dei sintomi) nonché delle richieste

di quest’ultimo e della famiglia, individuano e propongono le risposte necessarie. L’UCPH si interfaccia in

questa fase anche con i MMG, che oltre a segnalare essi stessi la necessità della presa in carico del paziente,

hanno anche un ruolo di attiva partecipazione alle CP, rimanendo comunque i titolari della gestione del

paziente stesso. Tale gestione risulta non più unilaterale ma plurilaterale, attraverso il coinvolgimento e il

confronto del MMG con l'équipe multidisciplinare (UCPD). Anche il paziente stesso e i suoi familiari, così

come tutti gli altri nodi (medici ospedalieri, servizi sociali, UVI territoriali, Associazioni di Volontariato o

altre fonti) possono contattare direttamente l'UCPH per segnalare la necessità di CP. Le strutture ospedaliere, e quindi i medici, possono usufruire della consulenza e della collaborazione

dell'UCPD presso tutte le sedi ospedaliere dell'Area Vasta. In particolare la normativa prevede

un’attivazione anticipata delle CP nelle Unità Operative Ospedaliere, in special modo quelle di Oncologia,

con la partecipazione di medici palliativisti al percorso clinico e assistenziale dei pazienti e delle famiglie,

quando la prognosi prevista è infausta. Inoltre le CP ospedaliere si caratterizzano anche per prestazioni in

ospedalizzazione in regime diurno anche per pazienti non ricoverati che possono recarsi in ospedale o in

Hospice per prestazioni terapeutiche di particolare complessità non eseguibili nelle altre strutture della rete.

È prevista anche l’attività ambulatoriale, attraverso prestazioni per pazienti autosufficienti che necessitano di

valutazione multidimensionale specialistica per il controllo ottimale dei sintomi e per il supporto alla

famiglia. Quindi l’integrazione funzionale tra i nodi della rete presuppone anche un accesso facilitato e

programmato alle diagnostiche e alle prestazioni sanitarie dell’ospedale di riferimento in merito ad esami,

indagini, attività di consulenza a favore dei pazienti seguiti dagli Hospice e/o dalla UCPD a domicilio. Alla stessa stregua si prevede all’interno della rete un raccordo con le strutture Hospice e le strutture

residenziali territoriali dotate di posti letto dedicati (RSA). Tali strutture, come nodi della rete, garantiranno

l’accesso preferenziale dei malati assistiti dalle UCPD che necessitano di CP in regime di ricovero e/o di

sollievo familiare.

9 L’elenco delle figure professionali che possono comporre l’équipe domiciliare è contenuto nell’allegato all’Accordo Stato

Regioni del 25/07/2012. 10

Affinché si attivi un programma di CP vi sono alcuni criteri clinico-assistenziali che debbono essere esplicitati. Per

approfondimenti si veda il DGR 846 del 2014.

6

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4.3. La presa in carico Una volta avvenuta la segnalazione del paziente il modello prevede un’aggregazione funzionale ed

integrata nell’ambito delle CP erogate nei diversi settings assistenziali (Hospice, ospedale, residenziale e

domiciliare). La continuità in particolare è garantita, oltre che dalla connessione tra i nodi della rete,

attraverso la stesura di un piano di assistenza individuale (PAI) per il passaggio dalla fase ospedaliera a

quella residenziale e domiciliare o viceversa, “senza trascurare gli aspetti di integrazione socio-sanitaria”

(come afferma la normativa). Si prevede inoltre l’iscrizione dei pazienti in un registro apposito. La presa in carico del paziente da parte dell’UCPH non è immediata, ma è subordinata ad un primo

colloquio di valutazione tra il paziente, i caregivers e l'équipe multidisciplinare, durante il quale viene aperto

un fascicolo di base volto alla verifica dell'eleggibilità del paziente al percorso di CP11, sia esso domiciliare

piuttosto che residenziale, attraverso la valutazione di alcuni indicatori quali: • i dati socio-anagrafici, l'indagine socio-familiare e abitativa; • i dati riguardanti la patologia specifica ed il quadro clinico complessivo del paziente sia in termini

retrospettivi-anamnestici sia in reazione alla condizione clinica attuale.

In sede di colloquio, dopo aver verificato l’eleggibilità, si procede alla programmazione della presa in

carico: viene indicato quale nodo della rete verrà attivato e vengono fornite le prime indicazioni sulla

tipologia di servizio offerto, e descritto il PAI. Qualora vi sia il consenso della famiglia e del paziente, viene

aperta la cartella clinica informatizzata (accessibile a tutti i nodi della rete) e fissato il ricovero in Hospice o

la prima visita domiciliare, da effettuarsi entro le 72 ore successive12 . Il Medico di Medicina Generale

partecipa alla prima visita effettuata dal medico e dall’infermiere dell'UCPD. 4.4. La continuità dell’assistenza: domicilio, Hospice e altre strutture

Affinché il paziente possa essere seguito presso la propria abitazione, occorre che vi sia il consenso al

trattamento domiciliare, nonché un grado di medicalizzazione che ne consenta l'assistenza e un ambiente

adeguato attraverso la presenza di uno o più referenti per l'assistenza quotidiana (familiari e/o caregivers). Nel susseguirsi delle visite domiciliari da parte dell'équipe multidisciplinare (UCPD) vengono raccolti

ulteriori dati del paziente e valutate le sue condizioni (quadro clinico-generale, bisogni assistenziali espressi

dal paziente o dai familiari, ecc…), viene compilato il quadro clinico giornaliero, viene consegnato ai

caregivers materiale informativo di supporto per la gestione del paziente e allo stesso vengono date

indicazioni circa le modalità di accudimento. Si redige, inoltre, un piano terapeutico e si fissano le visite

successive. Particolare attenzione è posta anche alle esigenze del malato e dei familiari per quanto riguarda

gli aspetti psicologici e spirituali13. In tale sede vengono inoltre fornite alla famiglia le informazioni relative

agli orari di attività e di reperibilità del servizio. A tal proposito riveste un ruolo centrale l'UCPH che provvede, attraverso la “struttura operativa”

dell’UCPD, alla definizione di un servizio di segreteria (con linea telefonica specifica, fax e propria posta

elettronica, cartella clinica informatizzata consultabile on-line da tutti gli operatori coinvolti nella rete locale

di CP), a rispondere alle chiamate di segnalazione (dalle ore 08:00 alle ore 20:00 dal lunedì al venerdì),

fungendo così da primo punto di raccordo tra gli attori della rete e l'UCPH. Tale servizio è affiancato inoltre

dalla reperibilità notturna (dalle 20:00 alle 08:00, anche sabato e domenica) che fornisce un primo filtro da

parte di un operatore, disponibile a confrontarsi con il 11 Definire il percorso del paziente significa descrivere le modalità con le quali si sviluppano i processi di gestione dei problemi

di salute del paziente. Gli elementi costitutivi del percorso del paziente sono tre: i criteri di ingresso (o accesso), lo sviluppo

operativo del percorso, la definizione dei risultati di salute. In particolare la definizione dei criteri di ingresso risulta essenziale al

fine di graduare lo stato di necessità del paziente e definire le priorità di intervento sanitario attraverso il continuo confronto tra

collocazione effettiva ed attesa del paziente nell'ambito del percorso di cura. (Casati G. 1999)

12 Nel caso in cui venga rilevata una situazione di complessità ed intensità assistenziale l’accesso del personale dell’équipe sarà

garantito nella stessa giornata della presa in carico.

13 La rete locale di CP garantisce risposte organizzate ai bisogni sociali e spirituali di malati e familiari, programmi di supporto

all’elaborazione del lutto per i familiari, e procedure per la discussione e risoluzione dei dilemmi etici che si dovrebbero presentare,

anche per quanto riguarda le procedure di eventuale segnalazione al Comitato Etico.

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familiare e/o caregiver per offrire pareri, consigli o suggerimenti sulla problematica in atto del paziente. Nel

caso che ciò non sia sufficiente, si provvede a contattare ulteriori figure professionali facenti capo alle

strutture di continuità assistenziale già in essere in ambito territoriale, tra cui in particolare la Guardia

Medica e il Servizio del 118. Questi ultimi sono garanzia di continuità assistenziale a domicilio, e per tale

motivo, nella Sperimentazione, era stata prevista per il personale afferente a tali servizi una specifica

formazione in tema di CP (nonché di terapia del dolore) da svolgersi assieme agli altri professionisti della

rete. Il numero di accessi settimanali domiciliari da parte dell’UCPD è definito attraverso un’apposita griglia di

valutazione redatta dall'UCPH/UCPD.

La dimissione dal percorso di CP domiciliari può avvenire secondo tre diverse modalità: per volontà

esplicita del paziente, per decesso al domicilio oppure per decisione condivisa tra l'équipe di CP, la famiglia

e il medico di base, di trasferire il paziente ad un altro livello di assistenza 14 (Hospice e/o struttura con posti

letto dedicati alle CP). In quest'ultimo caso si provvede al trasferimento del paziente dopo aver spiegato allo

stesso le necessità del trasferimento e il successivo percorso di cura. In Area Vasta 1 il centro privilegiato

della rete di CP, tra le varie strutture dotate di posti letto, è l'Hospice “Il Giardino del Duca” di

Fossombrone. 4.5. Monitoraggio della rete, formazione degli operatori e campagne informative

La DGR 846 prevede, infine, il monitoraggio della rete a cura dell’UCPH, che ha il compito di valutare

la qualità delle prestazioni erogate attraverso appositi questionari rivolti ai pazienti e ai familiari. Inoltre

grazie al Sistema Informativo per il monitoraggio dell’assistenza erogata presso gli Hospice (DM del

6/6/2012) è prevista una rilevazione delle attività dalla fase di presa in carico fino alla sua conclusione. Si fa

inoltre specifico riferimento alla necessità di formazione degli operatori e alla creazione di specifiche

campagne informative, da svolgere in collaborazione con i MMG, le farmacie pubbliche e private e le

organizzazioni di volontariato. 5. La Rete di Cure Palliative oggi: criticità e prospettive Nel progetto regionale della Rete di CP appena descritto è evidente la volontà di creare una vera

integrazione tra i servizi, nel rispetto della continuità assistenziale e della libertà decisionale del paziente e

dalla famiglia. A distanza di un anno però dall’emanazione della DGR 846 c’è ancora molto da fare per

procedere alla realizzazione effettiva della rete. Si sono manifestate infatti alcune criticità che di seguito si

sintetizzano15. 5.1. Scarsità delle risorse e necessità di formazione

Tra le cause principali di tale ritardo troviamo innanzitutto la scarsità delle risorse a disposizione. La rete,

infatti, prevede un grande investimento soprattutto in termini di risorse umane: occorre creare o integrare le

équipe multidisciplinari e multiprofessionali in quanto il personale tuttora in servizio non è sufficiente

all’espletamento delle attività previste dalla rete. Inoltre, è necessaria una formazione in ambito di CP a tutti

i livelli di assistenza: domiciliare, Hospice, unità ospedaliere, RSA, volontariato, ecc. A tal proposito la

normativa16 afferma l’importanza della formazione degli operatori della rete, ne individua le figure

professionali competenti e ne elenca le specializzazioni. Ai medici privi di specializzazione o in possesso di

una specializzazione diversa da quella prevista dal Ministero della Salute, che hanno però prestato servizio

presso le reti dedicate alle CP per almeno tre anni (anche non continuativi), viene data la possibilità di

presentare istanza alla propria Regione per il rilascio della certificazione dell’esperienza professionale nel

campo delle CP. La domanda dovrà essere presentata entro i prossimi 18 mesi e le Regioni avranno 90 giorni

di tempo dalla data di 14 In questo caso tale trasferimento deve avvenire al verificarsi di almeno una delle seguenti circostanze: 1) esplicita richiesta del

paziente di essere seguito in una struttura protetta; 2) esplicita richiesta del paziente di non morire in casa; 3) sopravvenute difficoltà

di natura organizzativa da parte dei familiari del paziente; 4) sopravvenute difficoltà di ordine psicofisico da parte dei familiari; 5)

difficoltà di organizzazione sanitaria legate a condizioni ad elevata medicalizzazione.

15 Tali considerazioni sono state elaborate a seguito di interviste svolte al personale dell’Hospice di Fossombre “Il Giardino del

Duca”. In particolare di grande importanza l’intervista svolta con il Dott. Carlo Alberto Brunori, Coordinatore Regionale della

Società Italiana di CP, il giorno 8 luglio 2015.

16 Accordo Stato-Regioni del 25/07/12, Decreto del Ministro della Salute del 28/03/13, Accordo Stato-Regioni del 10/07/14.

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presentazione per provvedere al riconoscimento (decreto pubblicato in G.U. il 1/7/2015)17. La Regione

Marche, quindi, dovrà attivarsi in tal senso e promuovere la formazione continua di tutti gli operatori della

rete.

5.2. Complessità della rete e scarsa presenza delle Associazioni di Volontariato Dal punto di vista domiciliare, è evidente la necessità di provvedere quanto prima ad un raffronto sia con

le Associazioni di Volontariato che con il settore sociale degli Enti Locali, assi fondamentali

dell’integrazione socio-sanitaria (come descritto nell’Accordo Stato Regioni del 25 luglio 2012). In merito

alle Associazioni di Volontariato, la Sperimentazione prevedeva un raccordo molto forte con l’UCPD. La

DGR 846, invece, cita le associazioni di volontariato come nodi della rete, ma di fatto non ne approfondisce

il ruolo all’interno della rete stessa. Tale mancata precisazione è dovuta da un lato alla necessità di stabilire

apposite convenzioni con le associazioni (normate ancora dalla DGR 1081/2008), dall’altro alla difficoltà di

avere un quadro chiaro e definito delle associazioni operanti nel territorio, le quali risultano non omogenee e

spesso non adeguate a fornire assistenza di tipo palliativo. Le piccole associazioni di volontariato

marchigiane, d’altra parte, hanno visto negli ultimi anni un rallentamento della loro attività a causa della crisi

economica e dei tagli avvenuti. In Area Vasta 1, ad esempio, le associazioni del territorio ricevevano la

maggior parte delle erogazioni dagli imprenditori locali, che a causa della crisi hanno ridotto i contributi e le

stesse associazioni rischiano, quindi, di non garantire il servizio svolto fino ad oggi. 5.3. Instabilità politica e dirigenziale

Un altro fattore di criticità della rete è rappresentato dall’instabilità politica e dirigenziale che ha

caratterizzato negli ultimi anni il panorama nazionale e regionale. In particolare a livello regionale, le

modifiche dei vertici dirigenziali sanitari e la conseguente ridefinizione dei ruoli decisionali18, hanno

generato incertezza e instabilità provocando un rallentamento delle progettualità. 5.4. Assenza di una cultura condivisa

Il fattore di criticità più importante rimane tuttavia la mancanza di una cultura condivisa in merito

all’importanza e al ruolo delle Cure Palliative. Queste, infatti, sono viste nell’immaginario della popolazione

come “cure passive” e l’Hospice come il luogo “ dove si muore ”. Le persone quindi sono poco inclini alla

richiesta di tali prestazioni e domandano ai medici “cure attive” anche in situazioni cliniche gravi. La

mancanza di una cultura condivisa è evidente anche tra i professionisti sanitari in quanto, come riporta il

Rapporto 2015 sullo stato di attuazione della Legge n. 38, “i malati e soprattutto i loro bisogni di CP non

vengono riconosciuti tempestivamente, i professionisti sanitari tendono ad utilizzare in modo talvolta

“meccanico” ed inappropriato trattamenti rivolti ad un teorico prolungamento della vita, sottovalutando

invece altri obiettivi di cura che, quanto più ci si avvicina alla fine della vita, tanto più diventano di

importanza fondamentale, quali il controllo della sofferenza fisica, psicologica e spirituale del malato”

(Rapporto 2015: 3 -4). Inoltre, si evidenzia come le CP siano rivolte soprattutto ai malati oncologici, i quali però rappresentano

solo una parte dei pazienti che hanno necessità di avere assistenza in termini palliativi. L’intesa del 25 luglio

2012 in particolare sottolinea l’esigenza di estendere l’assistenza palliativa anche a pazienti non oncologici e

di adeguare quindi la rete anche ad altre patologie (neurologiche, cardiologiche, respiratorie, patologie rare

come ad esempio la SLA, ecc). 5.5. A piccoli passi verso la rete

In tale contesto di criticità si riscontra però la volontà di iniziare ad attivare alcuni livelli di integrazione

previsti dalla rete.

Nell’Area Vasta 1, ad esempio, si è provveduto alla formazione di un gruppo di medici ospedalieri,

infermieri, psicologi e fisioterapisti, attraverso giornate di formazione sulle CP in ambito SLA, e a creare

una collaborazione con i poli ospedalieri. In particolare, l’équipe dell’Hospice si reca presso i poli

ospedalieri di Urbino, Pergola e Fossombrone per fornire consulenza e prestazioni palliative ai

17 Decreto del Ministro della Salute del 4/6/2015 pubblicato in G.U. il 1/7/2015.

18 Tra il 2013 e il 2014 sono stati modificati i Vertici del Servizio Salute, della Direzione Generale Asur e dei relativi Direttori di

Area Vasta e Direttori di Distretto. È tuttora in atto la ridefinizione dei ruoli dirigenziali sanitari a seguito delle elezioni del Consiglio

e del Presidente della Giunta Regionale avvenute nel maggio 2015.

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pazienti ricoverati in oncologia. Inoltre è prevista la realizzazione di un ambulatorio di CP presso il Polo di

Urbino per erogazioni in day- hospital rivolte ai pazienti seguiti a domicilio. È presente poi una

collaborazione con la Fondazione ANT (Associazione Nazionale Tumori) che, tra i vari compiti, svolge

assistenza domiciliare oncologica nel territorio di Pesaro e Urbino, Fano, Fermignano e Gabicce.

Allo stesso modo, a livello regionale, si pensa di procedere nel prossimo futuro ad una verifica degli

indicatori di attivazione della rete (personale che ha seguito la formazione in CP, attivazione delle unità

domiciliari, indicatori di somministrazione di farmaci oppiacei, ecc) in modo da sollecitare la realizzazione

della stessa19. Nonostante, quindi, il Progetto della Rete di CP in un’ottica di integrazione socio-sanitaria sia ancora in

essere, e molti siano i fattori di complessità ancora da risolvere, la volontà degli attori facenti parte del

network di provvedere ad un suo effettivo avvio lasciano ben sperare sulle possibilità di successo.

Ovviamente saranno indispensabili i prossimi interventi a livello nazionale e regionale in ambito di CP. A tal

proposito, il recente DM 70/2015, ha generato grande scalpore tra i professionisti che erogano le CP in

ambito ospedaliero in quanto tra i nuovi standard ospedalieri contenuti nel decreto non vi è alcun cenno alle

CP tra i servizi che devono essere garantiti in ospedale. Il 23 luglio 2015 il Dott. Roberto Carlo Rossi,

presidente dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Milano, scrive al Ministro Lorenzin che “se il

servizio diventa discrezionale, soprattutto in tempi di contenimento dei costi da parte delle strutture

ospedaliere si rischia di mettere in discussione il principio della continuità assistenziale così come previsto

dalla legge 38/2010 e dalle successive modalità attuative, che ha portato l'Italia a dotarsi di una rete

nazionale per le CP e per la terapia del dolore, indicata anche come modello nel corso del semestre di

presidenza italiana dell'Unione europea” (Il Sole 24 ore). Tale modello innovativo di rete di CP quindi,

rischia di rimanere solo sulla carta se non vi è alla base una cultura condivisa e un reale intento di

considerare il paziente e la famiglia al centro del servizio socio-sanitario.

19 Intervista svolta alla Dott.ssa Lucia Di Furia, PF Ricerca sanitaria e biomedica, innovazione e formazione il 27 aprile 2015

che ha seguito e coordinato lo sviluppo del Progetto di Rete di CP fin dal suo avvio con i Gruppi di Coordinamento Regionale.

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