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INSERTOS. TERESA PER I BAMBINI

S ommar i oEditorialeAttirami, noi correremo

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Radici dell’attualitàL’inventore di favole ... letali

Dai nostri archiviAnno 1961-1962

Fratelli SacerdotiDare il sangue del cuore

Mese del RosarioLa corona e la santità

16 Il grande libro della naturaLiquido o solido?i fluidi non newtoniani

La Santa della confidenza1° giorno: i due sguardi

Voci dalla RomaniaPellegrinaggio ai monasteridell’Oltenia

Compendio del CatechismoSolo Dio è Signore

CuriositàJuniperus, l’albero di Elia

30 Santa Teresa li proteggaNella pace del Signore

PREGHIAMO ...Per tutti i missionari e annunciatori delVangelo, per le molte famiglie in difficoltà,per la famiglia di Anita e Giovanni, per lasalute e la fede di Lina, per Pasquale e Pa-squalina, per tutte le intenzioni dei nostricari abbonati.RICORDIAMO CHE CELEBRIAMOOGNI MESE UNA MESSA PER LE IN-TENZIONI DEI NOSTRI ABBONATI.

A cura della Provincia Veneta dei Carmelitani ScalziVicolo Scalzi, 13 - 37122 VeronaCon approvazione ecclesiastica.Autorizzazione tribunale di Verona 20/01/1966 n. 191

Direttore Responsabile: p. Antonio Maria Sicari ocd

Rappresentante legale: p. Umberto Raineri ocd

Direttore: p. Giacomo Gubert ocdRedazione: Padri Carmelitani Scalzi

Santuario di Santa Teresa del Bambino GesùVia Volturno, 1 - 37135 Veronatel. 045.500.266 - fax 045.581.214

Foto: Foto Soave via L. Manara, 10 - Veronawww.flickr.com

Impaginazione: Grafiche Vilcar - Villa Carcina (Bs)

Stampa: Litografi a Casagrande - via dell’Artigianato, 10Colognola ai Colli - Verona

Spedizione: Nuova Zai - via A. Secchi, 7 - Verona

18 I fratini di S. TeresaUomo di Dio, amico dell’uomo

I lavori di manutenzione dellaBasilica stanno terminando: iltetto dell'abside è stato restau-rato. Mentre la gru toglieva le co-stose impalcature, abbiamopensato alla necessità di "ab-battere i bastioni" per mostrare labellezza dell'annuncio di Cristopredicato a tutto il mondo dallanostra santa Teresa come"nuovo messaggio". A tutti co-loro che volessero contribuirealla manutenzione della Basi-lica. Ricordiamo il nostro CCP213371.Foto di Domenico Di Nardo

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Da quando ho i miei due fratelli e le mie so-relline novizie, se volessi chiedere in parti-colare per ogni anima quello di cui habisogno, i giorni sarebbero troppo corti e te-merei molto di dimenticare qualcosa di im-portante. Alle anime semplici non servonomezzi complicati: poiché io sono tra queste,un mattino durante il ringraziamento, Gesùmi ha dato un mezzo semplice per compierela mia missione. Mi ha fatto capire questaparola dei Cantici: « Attirami, noi corre-remo all'effluvio dei tuoi profumi». O Gesù,dunque non è nemmeno necessario dire: At-tirando me, attira le anime che amo. Questasemplice parola: «Attirami» basta. Signore,lo capisco, quando un'anima si è lasciataavvincere dall'odore inebriante dei tuoi pro-fumi, non potrebbe correre da sola, tutte leanime che ama vengono trascinate dietro dilei: questo avviene senza costrizione, senzasforzo, è una conseguenza naturale della suaattrazione verso di te. Come un torrente chesi getta impetuoso nell'oceano trascina die-tro di sé tutto ciò che ha incontrato al suo passaggio, così, o mio Gesù,l'anima che si immerge nell'oceano senza sponde del tuo amore attira con sétutti i tesori che possiede...Signore, tu lo sai, io non ho altri tesori se non le anime che ti è piaciuto unirealla mia; questi tesori sei tu che me li hai affidati, perciò oso far mie le pa-role che hai rivolto al Padre Celeste l'ultima sera che ti vide ancora sulla no-stra terra, viatore e mortale. Gesù, mio Amato, io non so quando finirà il mioesilio... più di una sera deve vedermi cantare ancora nell'esilio le tue mise-ricordie, ma alla fine, anche per me verrà l'ultima sera; allora vorrei potertidire, o mio Dio: « Ti ho glorificato sopra la terra; ho compiuto l'opera chemi hai dato da fare; ho fatto conoscere il tuo nome a quelli che mi hai dato:erano tuoi, e li hai dati a me. Ora essi sanno che tutto quello che mi hai datoviene da te; perché le parole che hai comunicato a me, io le ho comunicatea loro, essi le hanno accolte e hanno creduto che tu mi hai mandato. Pregoper quelli che mi hai dato perché sono tuoi.

“Attirami,noi correremo …”

Un mezzo semplice per compierela propria missione di s. Teresa di Gesù Bambino del

Volto Santo (Ms C 33v°-34r°).

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Questo piccolo film sul gior-nalismo, una parabola sullaverità ispirata alla storiaautentica di un giovane ebrillante articolista cheaveva fatto dell’ “inven-tare” le notizie una praticaricorrente, si ispira ad unastoria realmente accaduta.Tuttavia, pur raccogliendol’eredità della migliore cine-matografia americana sulmondo dell’informazione[…] va ben oltre il semplicecinema di inchiesta e ci fariflettere con insolita pro-fondità sulla saldezza dellenostre convinzioni e sullanostra capacità di ricono-scere la verità. Anchequando essa si nasconde die-tro particolari di poco contocome un frigobar…E in un’epoca di scandali ca-paci di coinvolgere i più beinomi della stampa e dellatelevisione americana, men-tre documentari di successostrizzano l’occhio all’enter-teinment, il meglio di que-sta storia che non sivergogna di costruire unapologo morale è, sorpren-dentemente, nella costru-zione dei personaggi. Ilnostro “eroe” sembra, al-meno all’inizio, StephenGlass, un personaggio chenella sua irriducibile opacità(chiusura alla verità a favore

L’inventoredi favole ... letali

Proponiamo ai nostri lettori un largo estratto della recen-sione del film “L’inventore di favole” di Laura Cotta Ramo-sino (www.familycinematv.it/). Una riflessione quanto mainecessaria sul mestiere di giornalista, recentemente sfigu-rato dallo spirito di menzogna.

Il giornalismo,la verità,il caso Vittorio Feltri

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di una sfumatura che si confondecon la vera e propria menzogna) su-scita sentimenti contrastanti. Lovediamo all’inizio di fronte ad unaplatea di adoranti adolescenti, cheaspettano solo di sentirsi spiegarecome si fa a diventare giornalisti disuccesso. E lo vediamo durantetutto il film a tessere una trama dibugie così fitta da convincere anchese stesso. Stephen è poco più cheun ragazzino, ma è capace di ac-cattivarsi l’affetto di collaboratorie potenziali datori di lavoro, fa-cendo leva sui loro desideri e biso-gni inespressi ed esibiscecostantemente una presunta debo-lezza che chiede implicitamente diessere difesa e scusata e che si di-mostra un’arma efficacissima difronte ad ogni obiezione di carat-tere razionale.Tutto il contrario di Charles-ChuckLane, neo-direttore della rivista,certamente meno “amabile”, mafondamentalmente retto, anche sepuò apparire all’inizio perfinofreddo, pedante e antipatico. […] Quella in cui cade Stephen, ci ac-corgiamo, non è solo la sua perso-nale tentazione, ma quella di unintero mondo, tentato da quel-l’ibrido che oggi viene definitoinfotainment, sapientemente rias-sunto attraverso uno dei personaggisecondari, la giornalista scrupolosache si preoccupa di non essere “di-vertente”. Ma la riflessione del regista e sce-neggiatore Billy Ray va oltre la puracuta disamina del meccanismocomplesso della costruzione delgiudizio e della debolezza umana difronte alla menzogna e per adden-trarsi nel terreno ancor più minatodella responsabilità personale(tema assai praticato, e spesso inmodo deludente, dalla cinemato-grafia recente). Quando le circo-stanze fanno definitivamente

crollare l’elaboratocastello di carte diGlass, per il suo di-rettore sarebbe unascelta facile e ovvialavarsene le maniconsiderandolo unamela marcia. Tuttavia, l’elaboratosistema di controllidella documenta-zione usato nella re-dazione del NewRepublic rende difatto tutti i collabo-ratori almeno inparte responsabilidella menzogna chehanno offerto alpubblico. Di più, èstata la loro più omeno consapevoleconnivenza con lebugie e le favole diGlass a permettereil perdurare di quelcolossale imbroglio.Al giorno d’oggi anessuno interessadavvero la politica,a nessuno interessala verità dei fatti.[…] Quello che tuttivogliamo sentirciraccontare spesso èsolo una bella storia, ben scritta epiena di ironia, purché in qualchemodo titilli il nostro amor proprio ole nostre fragilità.L’assunzione comune di responsabi-lità che Lane ritiene indispensabilee che i suoi collaboratori sottoscri-vono con una pubblica lettera discuse ai lettori, quindi, non è soloun efficace climax drammaturgico,ma un esempio solido e commo-vente di maturità umana e di rettouso della propria libertà (di giudizioe di azione).

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La piccola C. L., datempo ammalata, nonriceveva più nessun be-neficio dalle medicine.Ormai non dormiva piùné giorno né notte. I ge-nitori, ricevute da unaparente le rose bene-dette e la novena di S.Teresa, raccomanda-rono la bambina allaSanta e ottennero lagrazia della guarigione.In riconoscenza abbo-nano e consacrano a S.Teresa tutti i figli.

Tradate (Varese)27-11-61

La mia cara piccola Lu-ciana dal primo giornodi nascita fu colpita da una forma gravedi itterizia, per cui fu ricoverata al-l’ospedale in gravissime condizioni.Benché fosse dichiarata spacciata daimedici, io non mi disperai, ma mi rivolsicon fede a S. Teresa e promisi di vestirela piccola da suorina se fosse guarita.Dopo 20 giorni la mia bambina comin-ciò a migliorare e poco dopo potei ri-portarla a casa guarita. Ora vengo aringraziare la Santa con la bambina e ilmarito, depongo il suo vestitino e offroun anello.

Z. C. e A. Vallese di Oppeano(Verona) 3-XII-61

Z. F. ringrazia S. Teresa per la guari-gione del figlio Lino colpito 7 volte dapolmonite. Ringrazia ancora per la suaMariaTeresa guarita dopo 2 anni di pa-ralisi infantile e per la guarigione della

figlia Ada, che fu colpita da avvelena-mento e da meningite per cui stette treore come morta. Per tante e grandi gra-zie ricevute la mamma ha adottato unfratino.

Z. F. Codevigo (Padova)28-XII-61

La mia piccola Claudia a pochi mesidalla nascita fu colpita da encefalite. Laricoverammo all’ospedale ormai già pa-ralizzata. Io e mio marito ci rivolgemmoalla cara e grande Santa con tanta fedeed ottenemmo che dopo solo pochigiorni la nostra bambina potesse uscireperfettamente guarita. Pochi mesi fa,però, provammo un altro grande dolore.Alla nostra piccola Claudia, che oggi haraggiunto l’età di 10 anni, fu riscontratoun distacco di retina all’occhio sinistro.Con quell’occhio a stento vedeva le dita

Rose di S. Teresa nella sua Basilica

Anno 1961-1962

I fratini di Santa Teresa pregano per voi.

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alla distanza di unmetro. Il professore miconsigliò un intervento,ma senza speranza, per-ché il distacco era divecchia data e la retinarisultava ormai logo-rata. Di nuovo invo-cammo l’aiuto dellaSanta, la quale nonmancò di esaudirci. Orainfatti la nostra bambinanon solo è migliorata,ma ha riacquistato lavista normale. In ricono-scenza mando un’offertae faccio pubblicare lafoto della bambina nelgiorno della sua Cre-sima.

M. I. Pian di Borno(BS) 9-02-62

Un ex-sergente offre unanello a S. Teresa per te-stimoniare la sua riconoscenza alla Santache gli ha ottenuto il ritorno in famigliadopo il periodo della guerra 40-45.

Vigasio (Verona) 19-3-62

Contro le previsioni dei medici il piccoloDal Forno nacque sano, benché la mammafosse molto ammalata. Per alcuni mesi poinon fu trovato il latte adatto al bambino.Ma la Santa invocata con tanta fede, ot-tenne anche questa grazia, così che il bam-bino ora sta bene. La mamma riconoscenteoffre una collanina a S. Teresa.

D. F. G. e L. Lavagno(VR) 21-5-62

G. N., scottatasi gravemente cadendo inuna pentola di acqua bollente, è stata sal-vata dalla Santina. La mamma viene alSantuario con la bambina per ringraziareS. Teresa.

G. M. Cerlongo di Goito(MN) 27-5-62

La signora D. B. R. 23 anni fa, cadendo da

per uno scosceso dirupo, invocò s. Teresaed ottenne di non rimanere ferita e di darealla luce dopo 8 giorni la sua piccola Fio-rina in perfetta salute. La bambina in se-guito fu guarita più volte dalla Santa dapolmonite, bronchite e catarro. Anche l’al-tra figlia, Anna Maria, ottenne la guari-gione dal tifo. La mamma promise divestirle tutte e due di bianco. Ora le figliesono sposate e godono buona salute. Inringraziamento la mamma offre un anellod’oro e prega anche per la salute del fra-tello Biagio.

Selva di Progno (VR) 23-6-62

La Santa delle Rose ha trovato una schieradi nuovi devoti nella Parrocchia di SanPietro Polesine, Rovigo. La Santina guarìmiracolosamente il giovane sacrista A. F.,gravissimamente ferito in una caduta dalcornicione della chiesa. Il giovane fecevoto di costruire una cappella alla Santanella Parrocchiale utilizzando i propri ri-sparmi. La Santa faccia scendere le suerose su tutti i nuovi devoti.

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Le lettere di suor Teresa di GesùBambino e del suo Santo Volto aisuoi fratelli spirituali ci offronomolto su diversi piani. Prima di tuttoper la nostra conoscenza di Teresastessa. Giunta alla sua maturità, vi-cina alla sua morte, ella si esprimecon verità e libertà. Ella, che non hamai stretto amicizie maschili, eccoche si impegna senza reticenze conecclesiastici in questo rapporto, conuno stile diretto molto lontano daquello delle corrispondenze conven-tuali della sua epoca. Il fatto che lesiano stati dati due fratelli facilita,d’altronde, un equilibrio. Ella com-prenderà mirabilmente Maurice eAdolphe. Molto rapidamente il pro-tocollare “Monsieur l’Abbe”, rivoltoal seminarista, si trasformerà in“Petit Frère”e “Mon cher petiteFrère”. Con Adolphe Roulland, essapassa subito da “Mon RéveréndPère” a “Mon Frère”. Occorre sot-tolineare la loro giovinezza: Mauriceha un anno meno di Teresa e Adol-phe appena due anni e mezzo più dilei. Si constata, negli Ultimi Collo-qui che ella li chiama “Maurice”,”lepetit Roulland”(Quaderno Giallo, 4settembre, 4ª parola). Bellière lachiama “sa petite Thérèse” (ibid.,21 settembre, 3ª parola).Ciascuno ha la propria storia ed ellanon li confonde mai. Ogni sua let-tera è strettamente personale eadeguata. In breve, ella è più madrecon il giovane orfano Bellière e più“sorella” con il missionario Roul-

land, più maturo e impegnato già sulterreno di missione. Prova supple-mentare della maturità affettivaalla quale ella è pervenuta. Si è lon-tani dalla giovane carmelitana sem-pre circondata da ragazze che nonsi curava dei “ragazzi” (LT 167).Ella riconosce, d’altronde, che i suoifratelli hanno ora un “un grandeposto nella sua vita”( cfr. Ms C,33r°). Prima di essere gravementeammalata, ella “pensava a loromolto spesso”(cfr. quaderno giallo,1° agosto, 8ª parola). Ha avuto ilpermesso di ricevere le loro foto-grafie. Invierà loro la sua. Guardan-dole esclama: “Io sono più preziosadi loro” (quaderno giallo, 30 luglio,4ª parola). Certamente, tutto av-viene sotto l’autorità e con il per-messo benevolo della priora, MadreMaria Gonzaga: tutta questa corri-spondenza passa attraverso di lei se-condo l’usanza del tempo. Ma la sualarghezza di vedute lascia unagrande libertà a questa giovane car-melitana che ella vede come una fu-tura priora e alla quale ha affidato ilnoviziato. “La mia inesperienza, lamia giovinezza non l’hanno spaven-tata …” le scrive Teresa. “Lei non haavuto timore di dirmi un giorno cheil Buon Dio illuminava la mia anima,che mi donava anche l’esperienzadegli anni …” (Ms C, 4r°).Ella completa o precisa la sua bio-grafia spirituale e risponde alle do-mande dei suoi fratelli che non laconoscono. Maurice Bellière la con-

di Guy Gaucher ocd, vescovo ausiliare emerito di Bayeux-Lisieux, tratto da “Lettere ai miei fratellisacerdoti”, (Ed.S. Paolo, Cinisello Balsamo, 2003). Traduzione di Maria Rosaria Del Genio.

Dare il sangue del cuoreThérèse, Maurice, Adolphe,un trio di giovani (III parte)

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fonde con la sorella suor Genoveffa(Celina)! Ella rettifica (LT 261), rac-conta la sua conversione di Nataledel 1886 a p. Roulland (LT 201),parla della sua famiglia (LT 261).

Sottolineiamo che ha una totale di-screzione sulla sua malattia. Nes-suno dei suoi corrispondenti sapràné sospetterà le atroci sofferenzecausatele dalla tubercolosi, o le an-gosce della prova contro la fede e lasperanza. Ignaro dello stato di sa-lute di sua sorella, Maurice Bellière,in vacanza a Langrune, la obbliga ascrivergli lettere fino al 10 agosto,quando, dopo l’8 luglio, ella non hapiù la forza di continuare il suo ma-noscritto. D’altronde la sua ultimalettera (LT 263) è scritta a matita ela malata ha molto sofferto per ter-

minarla. Alla fine, sarà proprio ne-cessario che ella li informi della suamorte imminente. Accompagna,però, questa notizia – che prima faribellare Maurice Bellière- con pro-messe profetiche sulla sua vita fu-tura. Ella si rivela soprattutto unamaestra di vita e “un’insegnante”della sua piccola via, che espone re-golarmente ai suoi fratelli. Puòanche scrivere a Madre Maria Gon-zaga: “Non mi credo capace diistruire dei missionari, fortunata-mente non sono ancora orgogliosaper questo!” (Ms C, 35R°); dice aMadre Agnese di Gesù guardandouna fotografia di Maurice Bellièresoldato: “A quel soldato che hal’aria così sicura, io do consigli pro-prio come a una bambina! Gli indicola via dell’amore e della confi-

Sotto:La cattedraledi Bayeux

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denza” (Quaderno Giallo, 12 ago-sto, 2ª parola). Infatti, ella inviadiciassette delle sue poesie e unframmento della settima pia ri-creazione (Il trionfo dell’umiltà) aDon Bellière, il che è un altromodo di trasmettergli la sua “pic-cola dottrina”. Invierà anche un-dici poesie e un frammento dellaterza pia ricreazione (Giovannad’Arco compie la sua missione) alp. Roulland.

Tutta questa corrispondenza haper fine il conforto reciproco nel-l’azione missionaria. Ai suoi fra-telli Teresa chiede di pregare perlei – soprattutto durante la messa-e, in cambio, ella si vede come un“piccolo Mosè” che prega sullamontagna del Carmelo, mentreessi evangelizzano nella pianura.

Le sue armi sono la “preghiera e ilsacrificio”. Con essi, “apostoladegli apostoli”, ella si sente sulcampo e promette di esservi an-cora di più dopo la morte. Infatti,in questi ultimi mesi, si sviluppa ilpiù grande dei suoi desideri: con-tinuare la sua missione dopo lamorte fino alla fine del mondo(Quaderno Giallo, 17 luglio).Ella aveva pensato, fin dal 1896,di partire per un Carmelo d’Indo-cina perché, come scrive a MadreMaria di Gonzaga,la sua vocazionemissionaria è stata riconosciuta,ma l’aggravarsi della malattia nonle permetterà di partire. Da quelmomento, si orienterà verso un’al-tra partenza, non meno missiona-ria: “Io non muoio, entro nellavita” (LT 244). E’ interessante no-tare ciò che suor Teresa pensa diquesta corrispondenza: “ Senzadubbio, è con la preghiera e il sa-crificio che si possono aiutare imissionari, ma talvolta, quandoGesù desidera unire le anime perla sua gloria, permette che, ognitanto esse possano comunicarsi iloro pensieri e spronarsi ad amaredi più Dio; ma occorre per questouna volontà espressa dell’autorità,perché mi sembra che altrimentiquesta corrispondenza farebbe piùmale che bene, se non al missio-nario, almeno alla carmelitanacontinuamente portata, per il suogenere di vita, a ripiegarsi su sestessa; allora, invece di unirla albuon Dio, questa corrispondenza(anche distanziata) che lei stessaavrebbe sollecitata le occupe-rebbe lo spirito; immaginando difare mari e monti, non farebbeproprio nulla se non procurarsi,con il pretesto di zelo, una distra-zione inutile. Per quanto mi ri-guarda, in questo come ingenerale, sento che occorre, per-ché le mie lettere facciano del

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bene, che siano scritte per obbe-dienza e che provi ripugnanzapiuttosto che piacere nello scri-verle” (Ms C, 32r° e v°).

In una delle rare parole profeticheche Teresa malata aveva pronun-ciato nelle sue ultime settimanedi vita, ella diceva a Madre Agnesedi Gesù che, dopo la sua morte,molti giovani preti avrebberoscritto al Carmelo per corrispon-dere con carmelitane: “Mi disseche ciò potrebbe diventare ungrande pericolo: - Chiunque po-trebbe scrivere quello che scrivoio, e riceverebbe gli stessi compli-menti, la stessa fiducia. E’ solocon la preghiera e il sacrificio chepossiamo essere utili alla Chiesa.La corrispondenza deve esseremolto rara e non bisogna permet-terla assolutamente ad alcune re-ligiose che ne sarebberopreoccupate, crederebbero difare meraviglie, e non farebberoin realtà che ferire la loro anima ecadere forse nei sottili tranelli deldemonio. […] Madre mia, ciò chele ho appena detto è molto im-portante, la prego non lo dimen-tichi in futuro. Al Carmelo, nonbisogna battere moneta falsa percomprare le anime … Spesso lebelle parole che si ricevono sonouno scambio di moneta falsa”(Quaderno Giallo, 8 luglio, 16ª pa-rola).

Scrivendo ai suoi fratelli spirituali,suor Teresa di Gesù Bambino e delVolto Santo non coniava false mo-nete. Ella dava loro “il sangue delcuore” (cfr. p 54,23), dimenti-cando le sue terribili sofferenzefisiche e le sue angosce dellanotte della fede. Non cercava chedi aiutarli nel loro apostolato, se-condo il suo progetto di vita enun-ciato il giorno del suo esame

Qui sopra:Manoscritto A 85v-86rManoscritto C 32v-33r

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canonico: “ Sono venuta per sal-vare le anime e soprattutto perpregare per i sacerdoti” (Ms A,69v°). Durante tutta la sua vita alCarmelo, ella è stata fedele a que-sta vocazione. Ma, a partire dal le-game fraterno con Maurice eAdolphe, la sua preghiera si è con-cretizzata e universalizzata: essiapriranno il suo cuore all’Africa,alla Cina, al mondo intero.

Quando, malata, passeggerà per ilgiardino – secondo il consigliodella sua infermiera – invece di ri-posarsi nella sua cella, questo sarà“per un missionario. Io penso chelaggiù,molto lontano, uno di essi èforse spossato nei suoi giri aposto-lici e, per diminuire le sue fatiche,io offro le mie al buon Dio” (UltimiColloqui, a suor Maria del SacroCuore, maggio).Suor Maria del Sacro Cuore, a cui sirivolgono queste parole, non po-teva immaginare che sua sorellapensava senza dubbio al p. Roul-land, perché tutta questa corri-spondenza era segreta, nota soloa Madre Maria di Gonzaga,chedarà molto tardi a Teresa il per-messo di parlarne a Madre Agnese.Dopo la morte di Teresa, numerosi

sacerdoti, come ella aveva annun-ciato, scriveranno a Lisieux perraccomandare il loro sacerdozioalle carmelitane. I missionari,prima di partire per terre lontane,verranno lì a celebrare le loroprime messe. Dopo la canonizza-zione di Teresa, proclamata “Pa-trona delle missioni universali” daPio XI (il 14 dicembre 1927), sicreerà l’Unione sacerdotale disanta Teresa di Lisieux nel 1932.Migliaia di preti del mondo interovi si iscriveranno per vivere la suaspiritualità di fiducia e di amore. Nel 1941, il cardinale EmmanuelSuhard – precedentemente ve-scovo di Bayeux e Lisieux, tra il1928 e 1931 – fonda la Mission deFrance a Lisieux, sotto il patronatodella santa, per l’evangelizzazionedelle masse popolari. Duranteun’udienza nel 1915, il papa Bene-detto XV diceva a un religioso: “èla missione di Teresa insegnare aipreti ad amare Gesù Cristo”. Anche oggi, santa Teresa di Lisieuxattira sempre numerosi sacerdotiche s’impegnano con speranzanella “nuova evangelizzazione”. Sitratta sempre, con lei, “di amareGesù e di farlo amare”.

(3 fine)

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Il Movimento Ecclesiale Carmelitanopropone una “Tre giorni” formativa(29 ottobre - 1 novembre)per universitari e giovani lavoratori.Per informazione contattare:Rivista S. Teresa: [email protected] p. Fabio Silvestri: [email protected].

Proposta per universitari e giovani lavoratori

A Pietralba (Bz) Ognisanti 2009

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«…Ma il motivo più importante perriproporre con forza la pratica delRosario è il fatto che esso costitui-sce un mezzo validissimo per favo-rire tra i fedeli quell’impegno dicontemplazione del mistero cri-stiano…».Così Giovanni Paolo II, nella letteraapostolica Rosarium Virginis Mariae,n. 5. Il papa, in occasione del XXVdel suo pontificato, indisse uno spe-ciale Anno del Rosario (ottobre2002-ottobre 2003), adducendo trale diverse motivazioni l’urgenza diinvocare da Dio il dono della pace edi arginare gli effetti devastantidella crisi epocale che investe l’isti-tuzione della famiglia. Ma la ragionefondamentale il papa l’ha colta incontinuità con quanto aveva propo-sto nella lettera apostolica conclu-siva del Grande Giubileo del 2000.In essa si riconosceva l’urgenza dellaquestione della santità, anzi della«pedagogia della santità».Per questo – sosteneva il pontefice –«c’è bisogno di un cristianesimo chesi distingua innanzitutto nell’artedella preghiera» (Novo millennioineunte, n. 32). Su questo asse san-tità – pedagogia della santità – artedella preghiera, «il Rosario si ponenella migliore e più collaudata tra-dizione della contemplazione cri-stiana» (Rosarium Virginis Mariae,n. 5). E, da questo punto di vista, sipuò legittimamente accostare alla«preghiera del cuore» o «preghieradi Gesù» germogliata sull’humusdell’Oriente cristiano.

Il suono della contemplazioneMa che cosa rende contemplativa lapreghiera del Rosario?Anzitutto il fatto di essere una pre-ghiera vocale. Proprio così: il Rosa-rio non è pensato, ma va recitato.Contemplare, prima di tutto, nonconsiste nel pensare qualcosa suDio, ma nel confessare ad alta vocela sua realtà e i suoi prodigi. Sitratta – come Maria – di magnificareil Signore, di raccontare quello chelui ha compiuto, e di farlo davanti atutti, perché il mistero di Dio è unmistero pubblico e santo. E se anchesi può recitare privatamente, èbello pensare il Rosario come mani-

La corona e la santitàNel Rosario della Vergine Mariala pedagogia della santità

di p. Giuseppe Furioni ocd

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festazione comunitaria di fede. Daquesto punto di vista il Rosario è ilmiglior antidoto contro quel mododi immaginare la preghiera comeuna sorta di ripiegamento su di sé,come ricerca intimistica di una tran-quillità interiore. Se la recita calmadelle Ave Maria ha il potere di rea-lizzare una pace interiore, questo èdovuto al fatto non di evadere dallarealtà talvolta faticosa, ma di im-mergersi nel mistero di Cristo e diMaria, lì dove si raccoglie e si com-pone ogni avversità.È evidente che c’è modo e modo direcitare il Rosario! Già Paolo VI loaveva avvertito assai bene: «Senzacontemplazione, il Rosario è corposenza anima, e la sua recita rischiadi divenire meccanica ripetizione diformule e di contraddire all’ammo-nimento di Gesù: “Quando pregate,non siate ciarlieri come i pagani,che credono di essere esauditi in ra-gione della loro loquacità” (Mt 6,7).Per sua natura la recita del rosarioesige un ritmo tranquillo e quasi unindugio pensoso, che favoriscano

nell’orante la meditazione dei mi-steri della vita del Signore, visti at-traverso il Cuore di Colei che alSignore fu più vicina e ne dischiu-dano le insondabili ricchezze» (Ma-rialis cultus, n. 47).

MOLTE VOCI, UN SOLO DISCORSOIn secondo luogo, il Rosario è pre-ghiera contemplativa per la suastruttura dialogica. Fin dagli inizidella sua storia, prima ancora cheraggiungesse la forma «canonica»stabilità dal papa Pio V nel XVI se-colo, questa orazione si caratteriz-zava cristianamente perché siinseriva nel grande colloquio che Dioha instaurato con l’umanità me-diante la sua rivelazione, e che i mi-steri – ora venti, dopo l’integrazionedi Giovanni Paolo II – ripropongonocon chiarezza.Il Padre nostro è prima di tutto ungesto di obbedienza: praeceptis sa-lutaribus moniti, et divina institu-tione formati. Cioè, colmati dagliinsegnamenti del Salvatore e edu-cati dalla sua divina pedagogia, pos-siamo rivolgerci a Dio come alnostro Padre. Nell’Ave Maria ci sonole parole dell’angelo rivolte allaVergine piena di grazia, c’è l’accla-mazione di Elisabetta che supponela risposta consenziente di Maria:benedetta tu fra le donne, c’è l’im-plorazione fiduciosa del popolo cri-stiano: prega per noi peccatori…Infine il Gloria: la lode alla Trinità èla sostanza stessa della vita del-l’uomo. «La gloria di Dio è l’uomovivente e la vita dell’uomo è la vi-sione di Dio», ricorda S. Ireneo.Per questo recitare il Rosario, signi-fica non suscitare un dialogo, av-viare un colloquio, ma entrare inquel rapporto amoroso che Dio vivein se stesso, e nel quale già abbrac-cia Maria e tutta la Chiesa e tutti gliuomini che liberamente si dispon-gono a cercarlo e ad ascoltarlo.

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LA CORONA E LO SGUARDO“La contemplazione di Cristo ha inMaria il suo modello insuperabile. Ilvolto del Figlio le appartiene a titolospeciale. È nel suo grembo che si èplasmato, prendendo da Lei ancheun'umana somiglianza che evocaun'intimità spirituale certo ancorapiù grande. Alla contemplazione delvolto di Cristo nessuno si è dedicatocon altrettanta assiduità di Maria.Gli occhi del suo cuore si concen-trano in qualche modo su di Lui giànell'Annunciazione, quando lo con-cepisce per opera dello SpiritoSanto; nei mesi successivi cominciaa sentirne la presenza e a presagirnei lineamenti. Quando finalmente lodà alla luce a Betlemme, anche isuoi occhi di carne si portano tene-ramente sul volto del Figlio, mentrelo avvolge in fasce e lo depone nellamangiatoia (cfr Lc 2, 7). Da allora ilsuo sguardo, sempre ricco di ado-rante stupore, non si staccherà piùda Lui. Sarà talora uno sguardo in-terrogativo, come nell'episodio dellosmarrimento nel tempio: «Figlio,perché ci hai fatto così?» (Lc 2, 48);sarà in ogni caso uno sguardo pene-trante, capace di leggere nell'intimodi Gesù, fino a percepirne i senti-menti nascosti e a indovinarne lescelte, come a Cana (cfr Gv 2, 5);altre volte sarà uno sguardo addolo-rato, soprattutto sotto la croce,dove sarà ancora, in certo senso, losguardo della 'partoriente', giacchéMaria non si limiterà a condividerela passione e la morte dell'Unige-nito, ma accoglierà il nuovo figlio aLei consegnato nel discepolo predi-letto (cfr Gv 19, 26-27); nel mattinodi Pasqua sarà uno sguardo radiosoper la gioia della risurrezione e, in-fine, uno sguardo ardente per l'effu-sione dello Spirito nel giorno diPentecoste (cfr At 1, 14)”.

Giovanni Paolo II,Rosarium Virginis Mariae, 10

Il Rosario è preghiera che accompagna le gior-nate di tanti credenti. Nel libretto “Con Maria. IlRosario settimanale” lʼArcivescovo di TrentoLuigi Bressan propone - insieme ai misteri tradi-zionali - unʼintegrazione che finisce per dare adogni giorno della settimana una particolare at-tenzione biblica e quindi spirituale. I misteri dellagioia (lunedì) sono così affiancati da quelli del-lʼincontro (martedì), della parola (mercoledì),della luce (giovedì), del dolore (venerdì), dellagrazia (sabato) e della gloria (domenica). Il testopresenta, per ciascun mistero, un brano evan-gelico, corredato da unʼopera dʼarte dal Trentino.“Si tratta evidentemente di una proposta perso-nale - scrive mons. Bressan nellʼintroduzione -da accogliere dove e quando favorisce la pre-ghiera e la conoscenza del Vangelo. Spero chepossa vivacizzare la preghiera almeno in alcunecomunità e possibilmente anche in gruppi gio-vanili e di ragazzi” I. M. da Vita Trentina).

Con Maria,il Rosario

settimanaleDedicato al nostro Santuario carmelitano

della Madonna delle Laste (TN)

QUESTO BEL SUSSIDIO VERRÀ INVIATOA TUTTI GLI ABBONATI SOSTENITORI

CHE NE FACCIANO RICHIESTA.

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Tutti abbiamo esperienza di cosa significhino le parole liquido e solido. Le so-stanze possono trovarsi allo stato liquido o allo stato solido in funzione dellatemperatura; prendiamo per esempio l'acqua: a 0° C questa è solida, men-tre al di sopra degli 0° C è liquida.Questo vale per la maggior parte delle sostanze. Ma c'è una particolare ca-tegoria di fluidi (per fluido si intende una sostanza non solida) che si com-porta in modo diverso...Potete creare voi stessi una di queste sostanze con due semplici ingredienti,amido di mais e acqua.

Che cosa occorre:- 125 g di amido di mais (la “maizena” chesi compra al supermercato)- 75 ml di acqua- una terrina- cucchiaino o forchetta per mescolare

Come procedere:Versa l'amido nella terrina e aggiungi l'ac-qua un poco per volta, mescolando lenta-mente.Ciò che si deve ottenere è una pastellaomogenea e molto viscosa (come il miele):ci vuole molta pazienza perché noterai giàda subito che l'amido tende a diventare so-lido appena inizi a mescolarlo con l'acqua.Non è facile dosare correttamente gli in-gredienti: una volta capito cosa bisognaottenere, regolati aggiungendo un po' d'ac-qua o un po' di farina.

Che cosa succede:Questa pastella rimane liquida se viene la-sciata a riposo o mossa lentamente, manel momento in cui viene agitata o colpita,ad esempio con un pugno, assume di colpouna costituzione solida.

Liquido o solido?I fluidi non newtoniani

a cura di Silva Valentini

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ECCO LA DIFFICOLTÀ, POICHÈ“A LUNGO SI DEVE CERCARE ...IL VERO POVERO DI SPIRITO”.

AH! RIMANIAMO DUNQUELONTANI DA TUTTO CIÒ CHEBRILLA, COSÌ SAREMO “PO-

VERI DI SPIRITO”

CIÒ CHE PIACE A DIO

È DI VEDERMI AMARE

LA MIA PICCOLEZZA

È LA SPERANZA CIECANELLA SUA

MISERICORDIA!E LA MIA

POVERTÀ

ECCO IL MIO

SOLO TESORO

PERCHÈ QUESTO TESORONON POTREBBEESSERE IL TUO?

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LA MIA FOLLIA ... È DI SPERARE

ED IL MIO CUORE PROVATUTTE LE ASPIRAZIONI

DELL’AQUILA

POICHÈ, MALGRADO LA

MIA PICCOLEZZA ESTREMA,

ARDISCO FISSARE IL

SOLE DELL’AMORE

D’AQUILA HO

SOLO GLI OCCHI

ED IL CUOREIO NON SONOUN’AQUILA

EBBENENO

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VI SUPPLICO, VOI ANGELI E SANTI,

DI ADOTTARMI .. ARDISCO DOMANDARE

D’OTTENERMI IL VOSTRODOPPIO AMORE ...

LA MIA FOLLIA È DI SUPPLICARE LEAQUILE MIE SORELLE

D’OTTENERMI IL FAVORE

DI VOLARE VERSO

IL SOLE DELL’AMORE

CON LE ALI

DELL’AQUILA DIVINA

TEMERARIA? MA NO,

DA MOLTO TEMPO TU

MI HAI PERMESSO

D’ESSERE AUDACE

CON TE ...

COME AL FIGLIOL

PRODIGO TU MI HAI

DETTO: TUTTOCIÒ CHE È MIO

... È TUO!

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L’UCCELLINO NONRIESCE AD ALZARSI

IN VOLO

MORIRÀ DAL DISPIACERE NEL

VEDERSI COSÌ IMPOTENTE?

OH NO

NIENTE POTREBBE SPAVENTARLO: NÉ IL

VENTO NÈ LA PIOGGIA

CON UN ABBANDONOAUDACE, VUOLE

RESTARE A FISSARE IL SUO SOLE DIVINO.

SA CHE AL DI LÀ DELLE

NUBI IL SUO SOLE

BRILLA SEMPRE

VUOLE ESSERE AFFASCINATODAL TUO SGUARDO ...

NE HO LA SPERANZA, UNGIORNO, AQUILA ADORATA,

TU VERRAI A CERCARMI

!

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INCREDIBILE ...Grazie a questa proprietà sorprendente puoi giocare con il tuo fluido:

- Puoi muovere lentamente il recipiente verificando che si tratta di un liquido e poi agi-

tare il recipiente energicamente senza che una sola goccia di liquido esca o schizzi

fuori...- puoi mescolare lentamente il liquido con un cucchiaino ma verificare che non appena

aumenti la velocità il liquido diventerà così duro da impedire il movimento (per poi ri-

diventare liquido non appena cessa la rotazione)...

- puoi immergere lentamente il dito nella terrina fino a toccare il fondo oppure puoi

dare forti colpi con le dita sulla sua superficie e il liquido opporrà resistenza diventando

un magico “muro” solido solo nell’istante in cui avviene l’impatto con la tua mano...

- puoi prenderlo con le mani e, muovendoti velocemente, fare delle palline solide, e

farlo tornare liquido appena ti fermi...

- puoi capovolgere il recipiente e poi farlo tornare immediatamente alla posizione ori-

ginale: se sarai veloce il liquido non cadrà perché diventerà solido durante il movi-

mento…

Lasciando il liquido fermo troppo tempo l'acqua evapora e il liquido perde le sue proprietà.

Ma basterà aggiungere ancora un po' di acqua e tornerà come prima.

Spiegazioni:La maggior parte dei liquidi hanno una viscosità ben definita, costante e indipendente dallaforza che agisce su di essi. Si tratta di fluidi che continuano a scorrere indipendentementedalla forza che agisce su di essi. Se metti ad esempio dell'acqua in un barattolo, e la mescolivelocemente con un cucchiaio, essa non muterà la sua resistenza all'aumentare della velocitàcon cui giri. I fluidi non newtoniani sono quelle sostanze fluide che non hanno una viscosità bendefinita. Questa dipende dallo sforzo che agisce su di essi. Sono dunque dei composti che ri-mangono liquidi in determinate condizioni ambientali, fino a diventare solidi (o quasi) in altre.Tornando all’esempio di prima, se prendi un fluido non-newtoniano e lo metti in un barattolo,riuscirai a girare il cucchiaio finché ti muovi lentamente. Non appena aumenterai la velocità(e quindi la forza che agisce sul fluido), il fluido diventerà estremamente duro fino ad impe-dire il movimento del cucchiaio, ma tornerà immediatamente liquido non appena cesserai larotazione … Inserisci nel motore di ricerca Google le parole “fluidi non newtoniani”: trove-rai articoli e filmati a riguardo.

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La grande famiglia Magolini (da Bassano del Grappa)attorno a Suor Angela Marino delle Orsoline di Piacenza.

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Sabato, 4 luglio scorso, due nostrigiovani confratelli – fra Enzo Vacca-rino e fra Fabio Silvestri – sono statiordinati sacerdoti, nella nostra bellachiesa di S. Pietro in Oliveto in Bre-scia. Si è compiuto così il loro cam-mino di formazione. È stato un lungopercorso, cominciato il giorno in cui– discretamente ma in modo sicuro –si è fatto vivo in loro l’appello allavita religiosa e sacerdotale. È ilBuon Dio chiama chi vuole, è Lui chesemina la vocazione nel segreto delcuore della persona, è Lui che de-cide l’età adatta o la circostanzagiusta. Comincia allora un dialogomisterioso e «inevitabile» tra Dio el’uomo; un dialogo diverso per ognipersona, che non ha regole se nonquella dell’obbedienza e del-l’amore: per chi è «chiamato», nonobbedire a questa parola sarebbecome negare quanto ha di più pre-zioso, vorrebbe dire non poter più

amare la sua stessa vita. «Alla fine tiaccorgi che Dio ti vuole interamenteper Sé, che non puoi realisticamentepensarti altro da così: tu sei Suo» –così si esprimeva uno dei due con-fratelli. Certo la persona non è maisola nel suo cammino; la persona èun frutto che cresce su un terrenofamiliare, dentro un contesto difede. Quanto di una vocazione sa-cerdotale ha le proprie invisibili ra-dici nel cuore delle mamme, o nellatestimonianza delle famiglie o dellecomunità ecclesiali? Questi segreti liconosce solo il Signore. La personadice liberamente il proprio «sì», matanti cooperano al fiorire e al matu-rare di una vocazione. È stato cosìanche per i nostri due amici. Final-mente arriva il giorno della deci-sione di entrare in convento. Si fapresto a scriverlo, in realtà è neces-sario l’impegno deciso di tutta la li-bertà, per aderire alla volontà di

Uomo di Dio,amico dell’uomo

di Padre Gianni Bracchi ocd , Maestro

Brescia, 4 luglio 2009.Fr. Enzo Vaccarinoe fr. Fabio Silvestri

stesi durante la preghieradelle litanie dei Santi.

Al centro il Vescovo di Bergamo

Mons. Francesco Beschi

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Dio. Sono così iniziate le tappe ufficiali delpercorso di formazione. Prima il Postulan-dato; Enzo e Fabio lo hanno vissuto a Trevisoe poi a Trento. Con il Postulandato il giovanecomincia a vivere in convento: per meglioconoscersi, per conoscere e farsi conoscere.Il discernimento vocazionale è sempre uncanto a due voci; o meglio: è un lavoro co-mune per riconoscere l’unica Sua Voce. È unmomento particolarissimo: allo stesso tempotutto è chiaro, ma tutto è talmente inizialeda richiedere tempo, pazienza, lavoro di ve-rifica. L’esperienza mostra come i passi ini-ziali di un cammino vocazionale sono colmidi gioia e di fatica: proprio come l’opera delcontadino che d’autunno, al momento dellasemina, deve «fidarsi» della semente, senzapoter ancora vedere il grano maturo. Poiviene il Noviziato. È il cuore della forma-zione religiosa. Un anno tutto di Dio, perchéla persona possa morire e rinascere «nuova»(ecco perché si chiama Noviziato), sco-prendo il «nome nuovo» che Dio ha prepa-rato da sempre per lei. In questo anno, chei nostri due confratelli hanno trascorso nelconvento di Trento, non ci sono studi, nonc’è apostolato: tutto il tempo è per impa-rare ad affidarsi a Dio e alla comunità. Poic’è lo Studentato, nel convento di Brescia.Sono sei anni di studio della filosofia e dellateologia, in preparazione al sacerdozio. Nonè cosa che riguardi solo l’intelligenza: comesi può avvicinarsi al mistero di Dio, al fuocodel suo «troppo grande amore» per l’uomo,senza rimanere incendiati, senza esserecoinvolti in questa Sua grande passione? Stu-dio, preghiera, vita comune, apostolato:tutto quello che serve per amare di più il Si-gnore e rispondere più efficacemente al bi-sogno di salvezza dell’uomo. Perché questo,in fondo, è il sacerdote: «uomo di Dio,amico dell’uomo».Adesso il cammino di preparazione di fraEnzo e fra Fabio si è compiuto. Di un per-corso, ogni passo è importante, ma l’ultimo,quello che ti fa «guadagnare» la meta, ha unfascino unico: fascino fatto di memoriacolma di gratitudine, di attesa segnata dagiusto timore, di voglia generosa di servire ilSignore. Auguri.

Mons. F. Beschi impone le mani a fr. Enzo (sinistra) e a fr. Fabio (destra).

Tutti i presbiteri concelebranti impongono le mani ai novelli sacerdoti. Nellafoto p. Giuseppe impone le mani a p. Enzo e p. Gino a p. Fabio.

P. Antonio impone le mani a p. Fabio e p. Tarcisio a p. Enzo. Seguiranno p.Gianni, maestro degli studenti e p. Angelo, provinciale.

I novelli sacerdoti sono rivestiti dei paramenti presbiterali. P. Giuseppe acco-moda la casula a p.Enzo.

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Il primo di questi sguardi è quello diDio, quello di Gesù; l’altro, quellodell’uomo. Il primo è lo sguardo ce-leste, l’altro lo sguardo terrestre: ilSuo ed il mio. Il Suo è sempre rivoltoverso me, mi cerca, mi ama. Ed il mio ? ! … La santità della nostra vita ne di-pende: i due sguardi si incontrano eper quanto tempo ? ! Il mio, il miosguardo umano, s’immergerà nel Suo,lo sguardo divino, lo sguardo bene-detto di Gesù?! Oppure si distoglieràda esso, forse per sempre? Oppurefisserà il suo Sguardo a momenti, perun tempo più o meno lungo? Come ilgabbiano che sfiora la cresta delleonde ma non s’immerge nel mare, ilmio sguardo potrà appartenere total-mente al Suo sguardo?!Bisognerebbe trovare un mezzo perriunire definitivamente lo sguardodella terra e quello del cielo, losguardo dell’uomo e quello di Dio, ilmio sguardo ed il Suo. Un mezzo chemi renda Suo schiavo, che mi avvin-ghi, mi leghi a Lui, mi forgi in Lui!

Servirebbe un legame che non possaessere rotto! …Ascoltiamo la dolce parola! Abbi fidu-cia, figlio mio! Abbi fiducia, figliamia! Dal fondo del Vangelo, essasgorga incoraggiante, affettuosa, ca-rezzevole. La piccola Teresa ha pe-scato dalla saggezza del testoancestrale questa voce che cichiama. L’ha presa all’amo come unapreda miracolosa, ne ha riempito lasua rete sino a romperla. Ne è diven-tata ricca e felice. Ha trovato un te-soro nella terra coltivata e ha lasciatotutto per esso: la Misericordia divinale ha offerto una perla preziosa edella l’ha acquistata pagando contutto ciò che possedeva. Confidenza! Confidenza! La confi-denza fa dei miracoli! Questa piccolasanta benedetta ce ne ha fatto pren-dere coscienza, e d’allora, milioni disguardi umani si sono rivolti a Dio. Èla confidenza che avvicina due esseriumani! Essa lega il bambino a suamadre, il ragazzo e la ragazza ai lorogenitori, e se la fiducia si perde, i due

1°Giorno: i due sguardi La novena della fiducia

da La sainte de la confiance Neuf jours de méditations avecThérèse de l’Enfant Jésus, di p. Marcel Boldizsar Marton ocd,

Éditions du Carmel – Toulouse 2007.

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esseri si allontanano l’uno dall’altro.Anche i fidanzati, gli sposi hanno bi-sogno di fiducia e là dove essa nonesiste, la vita è un inferno. Senza fi-ducia, l’educazione non è possibile!Senza di lei, il cielo e la terra non siincontrano mai.

La confidenza tra due sguardi,è tutto! …Quando lo sguardo della Piccola Te-resa ha incontrato per la prima voltaquello di Gesù? Al momento dellaprima comunione. Da allora, ella nonha più staccato il suo sguardo dalloSguardo divino. Osava farlo quandosentiva la sua miseria e la sua picco-lezza? Ma proprio per questa ragione! La confidenza la portava verso Lui. Lagoccia era caduta nell’oceano, il gab-biano dalle piume bianche sprofon-dava per sempre nelle onde.“Io mi considero invece un debole uc-

cellino coperto solo da una leggeralanugine. Non sono un'aquila: del-l'aquila ho semplicemente gli occhi eil cuore perché, nonostante la miapiccolezza estrema, oso fissare il SoleDivino, il Sole dell'Amore, e il miocuore sente dentro di sé tutte le aspi-razioni dell'Aquila... L'uccellino vor-rebbe volare verso quel Sole brillanteche affascina i suoi occhi, vorrebbeimitare le Aquile sue sorelle che vedeelevarsi fino al focolare Divino dellaTrinità Santissima... Ahimè, tutto ciòche riesce a fare è sollevare le suepiccole ali! Ma alzarsi in volo, questonon è nelle sue piccole possibilità!Che ne sarà di lui? Morirà dal dispia-cere nel vedersi così impotente?...Oh, no! L'uccellino non si affliggerànemmeno. Con un abbandono au-dace, vuole restare a fissare il suoSole Divino. Niente potrebbe spaven-tarlo: né il vento, né la pioggia. E se

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nubi oscure vengono a nasconderel'Astro dell'Amore, l'uccellino noncambia posto, sa che al di là dellenubi il suo Sole brilla sempre, che ilsuo splendore non potrebbe eclissarsineanche un momento” (Ms B 4v°-5v°). C’è nella confidenza una forzaaffascinante. Colui che ne è inon-dato, ella lo attira a sé, lo rende suoschiavo. È lo sguardo del bambino. In-catena sua madre. Lo sguardo da cuiirradia la confidenza, cela una forzamagica. Fa scendere il cielo sullaterra … lega Dio a lui, Gli fa dimenti-care tutto; Dio è obbligato a perdo-nare, non può resistere allaconfidenza. Si arrende davanti al suosguardo. Diventa una madre e persinopiù di una madre! Come lo assicuraIsaia, Egli consola il bimbo fiducioso,lo porta in braccio, lo culla, lo acca-rezza sulle sue ginocchia … (cfr. Is 66,12). La piccola Teresa si ricordava benedel caso del Figliol Prodigo, ricordavail successo imperituro di Maria Mad-dalena. Comprendeva il mistero dellaforza accattivante della confidenza alpunto da sentire che, persino seavesse commesso tutti i peccati delmondo, avrebbe avuto ancora fiduciae nulla avrebbe temuto. Teresa arrivaquasi a sollecitare la potenza dell’al-tro sguardo, lo cerca cosciente-mente, fissa gli occhi su di lui, vuole

letteralmente legarlo a sé: “Per tuttoil tempo che vorrai, o mio Amato, iltuo uccellino resterà senza forze esenza ali, egli sempre terrà gli occhifissi su di te: vuole essere affascinatodal tuo sguardo divino, vuole diven-tare la preda del tuo Amore!...”.Ecco il segreto della confidenza! Nonsi preoccupa del passato, non pensaal futuro, fissa solamente Gesù, ilcaro Presente, questa Verità incanta-trice che è realmente e nella quale –è Lui che lo ha detto – noi non avremomai troppa fiducia!Sino ad oggi, Signore, non lo sapevo!Avevo ascoltato il messaggio dellapiccola Teresa, ma non le avevo pre-stato attenzione. Il mio sguardo ter-restre non aveva scorto l’altroSguardo. Guardavo le Tue creature, lamateria, i corpi, le persone ma non ilTuo sguardo divino. Cercava la feli-cità e trovava la maledizione, partivaalla ricerca dell’oro puro ed ottenevamonete di rame; seminava tempo eraccoglieva polvere …Ora lo so: bisogna guardare solo loSguardo divino! Con una confidenzaconquistatrice, restando totalmentesotto il Suo fascino.

Ecco quello che sarà il mio stabileesercizio: conservare uno sguardopieno di confidenza sino alla morte.

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Le ImpressioniIl monachesimo in Romania è giànoto con Giovanni Cassiano (435), esi è sempre tramandato fino al me-dioevo. Solo dal 1500 conosciamodocumenti e opere architettonicheche sono giunti a noi dopo le nume-rose invasioni tartare e turche.L’apogeo del monachesimo rumenosi ha nel 1700 grazie alla celebre fi-gura di Paissie Velitchkovsky prove-niente dalla Russia e dal Monte Atos.Egli consolidò la vita cenobitica, lostudio dei padri e diffuse la praticadella preghiera di Gesù anche tra ilpopolo. Tradusse dallo slavo la Filo-calia rumena. Possiamo dire che ilfenomeno monastico rumeno èquello che più vivamente pratical’esicasmo, da qui è partita una ri-forma del monachesimo russo. Oggimolti dei monasteri sono monumentistorici sotto la protezione dell’UNE-SCO l’architettura brancoveana (acui si richiama anche il monasterocattolico carmelitano di Snagov) èsoprattutto una sintesi di ispirazionibizantine, gotiche e rinascimentali. Un semplice dato statistico ci dicesubito quanto, il fenomeno mona-stico, sia parte costitutiva non solodella chiesa, ma dell’identità nazio-nale del popolo rumeno: più del 35%della popolazione si è consacrataalla vita monastica, mentre in Italiao in Europa, la media è del 10% con-tando anche i religiosi stranieri ve-nuti a lavorare nel nostro paese. Come dicevamo per conoscere me-glio e per beneficiare anche spiri-tualmente di questa grandeesperienza di preghiera, un gruppo

di giovani carmelitani si è messo inmarcia per raggiungere a piedianche i monasteri più sperduti deiCarpazi nella provincia di RamnicuValcea in Oltenia. Il tempo del pel-legrinaggio ci insegna anche che lavita è fatta di ospitalità, di provvi-denza, di amicizia e di nuovi incon-tri. La nostra vita ha in se unaricchezza che a volte la polveredella routine quotidiana non ci per-mette di scorgere e valorizzare.Noi cattolici sicuramente non siamopassati inosservati agli sguardi au-steri di monaci e monache che ci

Pellegrinaggioai monasteri dell’Oltenia

di p. Luca Bulgarini, ocd

Qui sopra ilmonastero diBistriza visto

dall'alto.

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hanno amabilmente accolto e nu-trito; è vero che nelle preghieredegli Acatisti offerti, (come le no-stre messe per vivi o per i defunti)non bisognava menzionare insiemedefunti ortodossi e cattolici, e perconsolarci ci dicevano: “coraggio,almeno siete cristiani!”. Questamoltitudine immensa di voci che silevano giorno e notte dalle chiese,dai boschi dalle rocce sperdute trale montagne, non pregano per sé,ma per ogni uomo, per la nazione,per il mondo per chi viaggia, per icapi di stato, per ogni malato perle famiglie, per chi ha bisogno.A volte incontravamo volti barbutiduri da montanari solitari, che di-cevano di una grande severità eascesi di vita, altre volte soprat-tutto negli anziani eremiti di Pa-trunsa, (99 anni) o nel sorrisotranquillo accogliente delle mona-che di Arnota si scorgeva un cuore

grande, lavorato dal Signore peressere una lode di Dio, giorno enotte nel tempio del Signore.

Il ViaggioA Hurezi, ci siamo arrivati dopoun’ora di cammino sotto il solebollente di luglio facendo qualchesosta ai pozzi lungo la strada, vereoasi di ombra che danno ristoro,come a Gesù in Samaria. Il mona-stero abitato da 60 monache fufondato da Costantin Brancoveanunel 1697. Qui siamo stati genero-samente alloggiati in una casettapiena di gerani. Il giorno dopo, ab-biamo attraversato un'altra collinadove ci siamo incontrati con un pa-store che esprimeva tutta la suapassione per questo mestiere cheè una vocazione, una vita spesa afavore del gregge perché sia bencustodito, produca lana e latte ab-bondante e sia fecondo nelle na-scite. Purtroppo al giorno d’ogginessuno più è disposto a questo sa-crificio. Era Domenica e alla messale parole del pastore calzavanoesattamente con il tema di Gesùnostro pastore. Giunti a Bistriza, ci siamo messi infila per venerare le reliquie di Gri-gore Decapolito. In questo mona-stero del 1400 ci sono 50 monache,qui funzionò la prima stamperia diRomania per libri liturgici. Nelleimmediate vicinanze di aprono trai monti profonde gole rocciose egrotte che ospitano chiese rupestrie antichi rifugi di monaci. Alla sera dopo un ultimo sforzo cisiamo portati sul monte Arnota peressere accolti dalle monache inquesto stupendo chiostro fiorito incima alla montagna. Era la vigiliadi S. Elia, e per tutta la notte LaVecernia, e altre preghiere e lalettura del testo sacro ci hanno ac-compagnato nel sonno o mentrecontemplavamo il panorama del

Eremo diS. Pacomio.

Devozione orto-dossa verso le reli-

quie dei santi.

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cielo stellato. Nel Giorno di S. Elia,mentre all’intorno da tutte lechiese si innalzavano al cielo cantie preghiere, noi celebravamo lanostra Eucaristia all’ombra di unsalice. Dopo tre ore di cammino dimontagna finalmente arrivavamoal complesso monastico di Pa-trunsa, un vero e proprio monteAtos in miniatura. La chiesa prin-cipale, e tante piccole baite abi-tate da singoli monaci. Lo StarezVarsanufie, uomo di Dio, ci ha of-ferto un pranzo ma ci ha detto cheli non potevamo pernottare perchénon potevano rimanere le donne.Alla sera giungevamo all’eremo diS. Pacomio dedicato proprio a S.Elia che ci ha fatto il miracolo diessere ospitati per la notte anchecon le donne che avevamo ap-presso, a patto che andassimo allapreghiera notturna dall’una finoalle quattro di mattina.Questi monaci molto severi e ner-vosi, vivono in un angolo di cielo,sotto una roccia strapiombantedove fin dal 1520 un monaco di Bi-striza fondò un altare e poi la chie-setta.Nelle vicinanze dalle rocce scatu-risce una fonte proprio come alMonte Carmelo vicino all’insedia-mento dei primi monaci. La nottetrascorsa nel cuore della monta-gna, in preghiera sotto un cielo in-finito di stelle, ascoltando inginocchio la voce dei monaci ci hainsegnato che la vetta del monte èCristo per tutti, anche se i sentierisono diversi, la preghiera vocale,la meditazione, l’esicasmo, peròquando arrivi, incontri solo Cristodentro di te che è fonte viva dipace e gioia.Nei giorni successivi dopo averpernottato tra covoni di fieno,guadato fiumi, e gustato il for-maggio fresco degli ovili di altaquota, dove i cani pastore lottano

con orsi e lupi di notte per proteg-gere il gregge, siamo arrivati al-l’eremo di Iezer, dove la vitasembra rimasta al 1700 quando ilmonaco S. Antonio eremita vivevain una grotta da lui scavata. Purel’insediamento di Turnu nella valledell’Olt custodisce tra le rocce lecelle scavate dai primi eremitiDanil e Misail che cercavano silen-zio e preghiera. L’ultimo mona-stero, Stanisoara, perduto tra imonti del massiccio Cozia, piùvolte distrutto e ricostruito anchea seguito delle incursioni turche,ci ha atteso dopo lunghe ore di sa-lita, per rivelarci ancora una voltauna chiesa vicina al cielo dove uo-mini dedicano la loro vita alla lodedi Dio anche per noi, e nel lavoroquotidiano di casa, si lasciano con-quistare pienamente da Cristo.

Tra la legna unanziano monacodi 99 anni.

Chiostrodel monasterodi Hurezi.

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«Amerai il Signore Dio tuo…». Già,nella nostra pur povera vita di ognigiorno, iniziamo a esperimentare lafelicità quando stiamo amando sin-ceramente qualcuno, ma proviamo apensare quale felicità quandoamiamo niente poco dimeno che Diostesso, Colui che racchiude l’interoamore del mondo, anzi è l’Amore inpersona! La prima richiesta da parte di Dioverso l’uomo è che questi lo accolgae lo adori: adorerai il Signore Diotuo. Scrive S. Giustino, martire delsecondo secolo, nel Dialogo con unGiudeo: “Non ci saranno mai altridei, o Trifone, né mai ce ne sonostati fin dalle origini, all’infuori dicolui che ha creato e ordinato l’uni-verso…” (Dialogus cum Tryphone Ju-daeo, 11, 1). La nostra vita morale trova la sua

sorgente nella fede in Dio che ci ri-vela il suo amore. “L’obbedienza allafede” (Rm 1,5) è un obbligo prima-rio. La nostra prima giustizia neiconfronti di Dio è di fidarci di Lui.Quando il Creatore afferma: “Io sonoil Signore tuo Dio” include il coman-damento della fede, della speranzae della carità. Egli è l’Eterno, l’Im-mutabile, l’infinitamente Verace; nesegue l’obbligo intrinseco di aderirecon sincerità a Lui, di riconoscere lasua autorità, l’onnipotenza, labontà. Come non offrirgli la nostradedizione e tutto il nostro amore?

Quando facciamo piccolo DioPurtroppo ci sono diversi modi dipeccare contro la fede: il dubbio vo-lontario trascura o rifiuta di ritenereper vero ciò che Dio ha rivelato eche la Chiesa ci propone a credere…

Solo Dio è SignoreIl primo comandamento

di P. Agostino Pappalardo ocd

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.

Sopra: Il grande gruppo del GREST in Trentino, al Rifugio LaMontanara, sopra Molveno. Accanto: il gruppo degli IDROS,animatori del GREST e apprendisti attori.

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fino all’accecamento dello spirito.L’incredulità è la noncuranza dellaverità rivelata, il rifiuto volontario diassentirvi. L’eresia, per un cristiano,è la negazione persistente di unaqualche verità di fede; l’apostasia èil ripudio totale della fede cristiana;lo scisma è il rifiuto della sottomis-sione al Papa e della comunione conla Chiesa. Al Signore che si è rivelato, ama echiama a riamare, l’uomo non puòrispondere pienamente con le sueproprie forze. Deve sperare che Diogli offra la capacità di ricambiare ilsuo amore. La speranza è l’attesa fi-duciosa della benedizione e dellabeata visione di Dio. Purtroppo pos-siamo mancare di speranza con la di-sperazione, l’uomo cessa diattendere da Dio la propria salvezzapersonale, o il perdono dei propripeccati; ciò si oppone alla bontà,alla giustizia del Signore, il Fedelesempre alle Sue promesse, alla Suamisericordia illimitata; oppure conla presunzione: sia presumendo delleproprie capacità (illusione di salvarsisenza l’aiuto dall’Alto), sia illuden-

dosi di ottenere il perdono divinosenza conversione e impegno pro-prio. Infine si può peccare in diversimodi contro l’amore di Dio: l’indif-ferenza è il non prendersi cura dellacarità divina, ignorarne l’iniziativa ela forza. L’ingratitudine tralascia diriconoscere tale carità e di ricam-biarLa. La tiepidezza è un esitare,una negligenza nel rispondere a que-sto Amore; non si abbandona adEsso. L’accidia o pigrizia spiritualegiunge a rifiutare la gioia che vieneda Dio e a provare repulsione per ilbene divino. L’odio di Dio nasce dal-l’orgoglio. Si oppone all’amore versoil Signore, del quale assurdamentenega la bontà e che addirittura ardi-sce maledire!Quando facciamo grande DioLa virtù della religione ci dispone aridonare a Dio ciò che gli dobbiamoin quanto creature. Innanzituttol’adorazione che è l’atto principale.Adorare Dio, è riconoscerlo come ilCreatore, l’Amore infinito e miseri-cordioso. “Solo al Signore Dio tuo tiprostrerai, Lui solo adorerai” (Lc4,8), risponde Gesù al tentatore.

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Ecco gli animatori HDS (sono ad alta definizione).

Il parroco p. Damiano con un gruppo di famiglie in piazzaS. Pietro, prima tappa del loro viaggio in Sicilia.

Sopra: Anche il direttore p. Giacomo va in vacanza! Eccolodopo una settimana di esercizi spirituali totali (del corpo e del-l'anima e dello spirito) davanti alla parrocchiale di Scanno(AQ) con la sua tribù goum (cfr. www.goum.it). Ma chi è il di-rettore? Un premio speciale ai lettori che lo sapranno indivi-duare.

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Adorare Dio è riconoscere, nel ri-spetto e nell’ umile sottomissione, il“nulla della creatura”, la quale esi-ste soltanto grazie al Signore. Ado-rare Lui è, come fa Maria nelMagnificat, lodarlo, esaltarlo, con-fessando con gratitudine che egli haoperato cose meravigliose. L’adora-zione del Dio Unico ci libera dal ri-piegamento su noi stessi,dall’asservimento ai peccati, dal-l’idolatria del mondo. Tuttavia lafede, la speranza e la carità, esigitidal primo comandamento, si alimen-tano e si compiono nella preghiera. Èil volgere sempre nuovamente lo spi-rito a Dio, che si declina in preghieradi lode e di rendimento di grazie,d’intercessione e di domanda. Pre-gare è indispensabile per poter ob-bedire ai comandamenti di Dio.Bisogna “pregare sempre, senzastancarsi” (Lc 18,1). E’ una cosa giu-sta e buona offrire sacrifici a Dio,come espressione del proprio cuore,in segno di adorazione,di ricono-scenza, di implorazione, di comu-nione: “Ogni azione compiuta peraderire a Dio rimanendo con lui incomunione, e poter così essere nella

gioia, è un vero sacrificio” (S. Ago-stino, De Civitate Dei, 10, 6). L’unicoSacrificio perfetto è quello che Cri-sto ha offerto sulla croce conse-gnandosi all’amore del Padre e perla nostra salvezza. Unendoci al suosacrificio, possiamo fare della nostravita un sacrificio a Dio. In parecchieventi della vita siamo chiamati afare delle promesse a Dio, ad esem-pio nel Battesimo, nella Conferma-zione, nel Matrimonio. Possiamopure promettere a Dio un’azione,una preghiera, un’elemosina, un pel-legrinaggio, ecc. Per rispetto eamore verso il Dio fedele siamo chia-mati a mantenere queste promesse.Il voto è un atto, con cui il cristianooffre se stesso a Dio o gli prometteun’opera buona. La Chiesa riconosce“un valore esemplare” ai voti com-piuti dai religiosi per praticare finoalla perfezione i consigli evangelicie, come Madre “si rallegra di trovarenel suo seno molti uomini e donne,che seguono più da vicino l’annien-tamento del Salvatore… al fine diconformarsi più pienamente a Cristoobbediente” (Lumen gentium, 42).

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Il gruppo dei giovani padri a Firenze, nel monastero di santa Teresa Margherita Redi.

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Della Famiglia delle Cupressacee, ilginepro è una pianta arbustiva sem-preverde di buon valore ornamentaleche presenta un aspetto molto mute-vole a seconda della zona di coltiva-zione. Questa pianta spinosa, dallacrescita lenta, può avere infatti, ec-cezionalmente, solo dove il clima èmite, l’aspetto di un piccolo albero,ma spesso forma cespugli più o menoalti, o assume un portamento pro-strato. Così in alta montagna, ed è unmodo per difendersi dal freddo e daiventi. Le foglie aghiformi, stretta-mente lineari, sono di color verde ar-genteo. I piccoli fiori giallo chiaro diquesto arbusto appaiono in tarda pri-mavera o all’inizio dell’estate. Solodai fiori femminili si sviluppano lebacche. I frutti del ginepro sono bac-che chiamate in botanica «galbuli»,che, prima di giungere a matura-zione, cambiando il colore verde inun viola scuro, con riflessi argentei,restano da due e tre anni sullapianta. Ogni cespo presenta quindicontemporaneamente frutti maturi efrutti acerbi, ancora verdi. I galbulipresentano forma arrotondata, sonolievemente cerati, resinosi e moltoaromatici. Il loro sapore ha dato ori-gine al nome della pianta, derivatoda una parola celtica, juneprus, chesignifica acre. Nel Medioevo, questefalse bacche hanno avuto la fama dioperare guarigioni miracolose; anchenel XVI secolo, erano considerate unapanacea universale prodigiosa.Oltre alla varietà communis il gine-pro è presente in natura in numerosespecie. Tra le più note: Juniperusoxycedrus (ginepro rosso), dal qualesi ricava un legno particolarmente

pregiato. Le caratteristiche baccherosse sono chiamata coccole; Junipe-rus phoenicea (ginepro fenicio), uti-lizzato per l’estrazione dell’essenzadi ginepro; e Juniperus turbinata, ti-pica della Sardegna.Il ginepro è pianta comune nei luoghiincolti situati presso il mare come inmontagna, ove cresce numeroso nellazona del faggio, del castagno e dellequerce. Questo arbusto è tipico del-l’area mediterranea nella quale aleg-gia il suo piacevole profumo;predilige un terreno ben drenato,leggero, anche arido e un po’ alca-

Juniperus,l’albero di Elia

di fr. Ginepro

Un angelo visita econforta il profetaElia, che dispera al-l'ombra di un gine-pro. "Non sonomigliore dei mieipadri".

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lino. Una posizione soleggiata risulta gradita aquesta pianta che si ambienta comunque senzadifficoltà anche a mezz’ombra. La moltiplica-zione può avvenire per semina o per talea, am-bedue da effettuarsi all’inizio dell’autunno.Anche il metodo della propaggine dà ottimi ri-sultati. Al momento di mettere a dimora un gi-nepro è bene aver cura di scegliere una specieadatta al clima locale. Il terreno d’impiantoandrà concimato con un certo anticipo con unfertilizzante organico e la nuova pianta andràirrigata regolarmente durante i primi due anni,mentre in seguito sarà necessario annaffiaresolo in caso di siccità. La concimazione va sem-pre eseguita in autunno.Il periodo della raccolta è l’autunno, tra set-tembre e ottobre, e le bacche vanno poi fatteseccare all’ombra. Gli steli tagliati devonovenir essiccati all’ombra, in un ambiente seccoe ventilato; in questo modo manterranno alungo intatto il caratteristico stimolante pro-fumo. Le bacche sono usate per aromatizzare

arrosti, stufati e ripieni – già lo facevano gli antichi Greci e Romani – e per lapreparazione di liquori; il distillato di ginepro è infatti alla base del gin. Se,per cuocere le carni alla griglia, viene usata della legna di ginepro, questa co-munica ai cibi il suo aroma. Le bacche contengono poi un olio balsamico cheha proprietà stimolanti, disinfettanti, digestive, diuretiche e sudorifere. Perdisinfettare la bocca e combattere l’alitosi se ne possono masticare 5 o 6 algiorno; sempre con le bacche fresche si prepara un decotto che favorisce ladigestione e può risultare utile nel caso di malattie respiratorie. Poiché‚ puònuocere ai reni il decotto di ginepro va però sempre assunto, per uso interno,sotto stretto controllo medico. Se viene usato esternamente, per esempio ag-giungendolo all’acqua del bagno, non presenta alcuna controindicazione ed ètonificante e riscaldante. Se viene bruciata la pianta deodora e rinfresca gliambienti..

Le caratteristichebacche del

ginepro rossodette "coccole".

I frutti del Gineprocomune.

Qui sotto:suggestivo esem-plare di ginepro.

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Santa Teresa li protegga

Vittorio Ambrosi,Caselle di Sommacampagna

(VR).

Guido TessariniCa' di David (VR)

nel I Ann. della morte (20-9-2009)

Giuseppe GalberoBovolone (VR).

Franchini VincenzoNogara (VR)

III Anniversario

Raffaello Merlinidi Isola Rizza (VR).

Lara Cè,Gottolengo (BS).

Alessia Uberti - Oppeano (VR)Alessia è stata in ospedale: i geni-tori ringraziano s. Teresina e invo-cano sempre la sua protezione.

Miriam e Riccardo BellimazzoVillabartolomea (VR)

nel giorno della I comunionedi Miriam.

Mattia, Christopher e Nicolò StocherPradelle-Gazzo Veronese (VR).

Erica ed Emma StocherNogara (VR).

Nella pace del Signore

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Padri Carmelitani ScalziSantuario di Santa Teresa del Bambino GesùVia Volturno, 1 - 37135 Veronatel. 045.500.266 - fax [email protected]://santuariosantateresa.carmeloveneto.it

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