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"Convertitore CC/CA per sistemi fotovoltaici connessi alla rete: progetto e realizzazione" Ing. Pierangelo Sandri settembre 2007 [email protected]
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Capitolo 2
Impianti fotovoltaici connessi alla rete
Il numero degli impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica nazionale in questi
ultimi anni è cresciuto in maniera considerevole, grazie ai programmi di incentivazione
promossi dall'Unione Europea e dal ministero dell'ambiente.
Questi impianti possono essere installati esclusivamente nelle utenze collegate alla rete
elettrica, infatti operano solo in regime di interscambio con essa.
In questa tipologia di sistemi la rete elettrica può essere assimilata ad una sorta di
accumulatore (vedi impianti PV isolati) che riceve energia nei momenti in cui l'impianto
ne produce più di quanto l'utenza necessita e ne fornisce quando l'utenza richiede più
energia di quanta l'impianto in quel momento è in grado di produrne (es. durante le ore
notturne).
Gli impianti PV connessi alla rete, facenti parte di una categoria più estesa denominata
“impianti di generazione distribuita”, sono i più idonei ad una diffusione in larga scala
della tecnologia fotovoltaica, trovando facile applicazione su edifici esistenti e di nuova
realizzazione, sfruttando tutte quelle superfici (es. tetti o pareti esterne) che altrimenti
rimarrebbero inutilizzate.
Inoltre, data la natura distribuita della fonte energetica primaria, l'irraggiamento solare,
risulta poco conveniente adottare centrali di produzione “concentrate” come avviene per
le centrali elettriche convenzionali, ma risulta più efficace e (data la grande superficie
necessaria per kWh di produzione) di minor impatto ambientale adottare una nuova
logica di produzione distribuita, sia geograficamente che elettricamente.
Un impianto di questa tipologia può essere schematizzato come nella figura 2.1.
Figura 2.1: Schema generale sistema fotovoltaico grid-connect
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2.1 Tipologie di connessione del generatore fotovoltaico
All'interno della classe degli impianti fotovoltaici connessi alla rete, in base alla
tipologia di connessione tra il generatore fotovoltaico e il convertitore di potenza
possono essere distinte tre tipologie di base (fig. 2.2).
Figura 2.2: a) Central Inverter. b) String Inverter. c)Module Integrated Inverter
2.1.1 Inverter Centrale “Central Inverter” (fig. 2.2-a)
Questa configurazione è generalmente impiegata per potenze >10 kW ed è caratterizzata
da un basso costo “specifico” rapportato alla potenza processabile. In tale topologia è
utilizzato un unico convertitore collegato al generatore PV costituito da un certo numero
di stringhe connesse in parallelo per ottenere la potenza richiesta. Ciascuna stringa è
formata da un certo numero di moduli PV connessi in serie per raggiungere una tensione
di stringa generalmente variabile dai 200 ai 600 V, le stringhe sono quindi collegate
attraverso un diodo ad un bus principale facente capo all'inverter.
Questo tipo di realizzazione presenta alcune limitazioni quali:
- Abbassamento del rendimento del generatore fotovoltaico dovuto all'MPPT
centralizzato (interno all'inverter) che non estrae la massima potenza da ogni
stringa ma agisce per estrarre la massima potenza dal bus centrale, facendo
ciò non è in grado di adattarsi alle inevitabili disomogeneità ed alle eventuali
parziali ombreggiature delle varie stringhe.
- La presenza di un unico convertitore di elevata potenza può tal volta limitare
l'affidabilità dell'impianto, infatti nell'eventualità di un guasto al convertitore
tutto l'impianto fotovoltaico è reso inutilizzabile, quindi, soprattutto per
impianti di alta potenza la mancata produzione può arrecare anche un ingente
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danno economico
Per ovviare ai precedenti inconvenienti, grazie anche allo sviluppo tecnologico con
conseguente abbassamento dei costi, vi è ora la tendenza ad utilizzare le configurazioni
ad “Inverter di Stringa” o ad “Inverter Integrato”, che forniscono una maggiore
modularità e versatilità al sistema.
2.1.2 Inverter di Stringa “String Inverter” (fig. 2.2-b)
Questa tipologia è simile a quella ad inverter centrale, il generatore è suddiviso in un
parallelo di stringhe, ciascuna delle quali assegnata ad un proprio inverter dedicato
(“String Inverter”).
In questi impianti ciascun inverter implementa l'MPPT su ogni singola stringa, per cui la
resa energetica dei generatori PV è massimizzata in quanto anche nell'eventualità di
ombreggiature parziali di alcuni pannelli, l'inverter si adatta alle variate caratteristiche
della stringa riuscendo ad estrarre comunque la massima potenza aumentando quindi il
rendimento totale.
Inoltre, grazie alla presenza di più inverter indipendenti, è incrementata anche
l'affidabilità generale del sistema, infatti un'eventuale guasto di un singolo inverter
pregiudica la produzione energetica di una sola stringa, mantenendo invariata quella di
tutte le altre.
Un'ulteriore evoluzione di questa struttura sempre più spesso adottata negli impianti di
media potenza (1-40 kW) è l'inverter multistringa “Multistring Inverter” (fig. 2.3)
Figura 2.3: Inverter Multistringa
Esso, grazie alla presenza su ogni singola stringa di un convertitore DC/DC
indipendente in grado di implementare l'MPPT, permette la connessione di più stringhe
ad uno stesso bus in continua (“DC Link”) facente capo ad un unico inverter DC/AC.
Questa soluzione con un buon rapporto Costo/Efficienza, combina i vantaggi delle due
tipologie precedenti, permettendo inoltre un'efficace modularità ed una facile
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integrazione di stringhe fotovoltaiche di differente tecnologia e/o di diversa orientazione
geografica (sud, nord, est,ovest).
Grazie all'abbassamento dei costi e all'aumento delle caratteristiche (aumento del
rendimento) dell'elettronica di potenza, la tipologia “Multi String Inverter” si è
affermata come configurazione standard degli impianti fotovoltaici connessi alla rete.
2.1.3 Inverter di Modulo “Module Integrated Inverter” (fig. 2.2-c)
Nella configurazione ad inverter integrato, utilizzata comunemente per basse potenze
(max. 500-700 W), si predilige l'adattamento energetico di ogni modulo. In tale sistema
un piccolo inverter è montato nel retro o nelle vicinanze di ogni singolo modulo, esso
provvede direttamente alla connessione del modulo alla rete elettrica.
L'impiego di questa configurazione (grazie all'MPPT implementato da ogni inverter
connesso ad un singolo pannello) elimina completamente i problemi di disadattamento
dei moduli che rimane invece in minima parte sempre presente nelle precedenti due
configurazioni essendo le stringhe generalmente composte da più pannelli (moduli)
connessi in serie.
2.2 Il convertitore
Nel paragrafo precedente sono state illustrate le tipologie di connessione di base di un
generico impianto fotovoltaico grid-connected, citando le funzioni generali di ogni
singolo blocco senza entrare nel merito di eventuali strutture circuitali di realizzazione.
Sebbene negli ultimi anni la struttura del convertitore di potenza per applicazioni PV è
andata via via uniformandosi indirizzandosi verso alcune specifiche strutture, di seguito
verranno illustrate le più diffuse strutture utilizzate anche in passato (fig. 2.4).
Figura 2.4: Categorie di convertitori
Dal diagramma di figura si notano essenzialmente due grandi categorie distinte dalla
presenza del convertitore DC/DC. Il motivo della presenza o l'assenza del convertitore
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DC/DC è prima di tutto legata alla configurazione della stringa fotovoltaica, ad esempio
avere molti pannelli in serie (elevata tensione di stringa) e tensione di rete bassa (120V
come negli USA o in Giappone) rende possibile l'omissione del convertitore innalzatore
di tensione, facendo ciò può quindi essere utilizzato un convertitore DC/AC a singolo
stadio ottenendo un significativo aumento dell'efficienza.
Utilizzare una stringa composta da molti pannelli PV connessi in serie comporta però
una difficoltà nel raggiungere il massimo MPPT che molto spesso, specialmente negli
impianti di piccola potenza, dà luogo ad una perdita di energia maggiore di quella che si
recupera omettendo il convertitore DC/DC.
Il problema dell'isolamento galvanico è generalmente creato dalle normative di
sicurezza elettrica in vigore nel paese in cui l'impianto dovrà andare ad operare,
attualmente l'isolamento è richiesto solo negli Stati Uniti.
Di seguito verranno descritte con l'ausilio di schemi elettrici le principali configurazioni
facenti capo alle categorie classificate nel diagramma di figura 2.4.
2.2.1 Inverter con convertitore DC/DC e isolamento
Figura 2.5: Inverter PV con convertitore DC/DC e trasformatore di isolamento
a) Con trasformatore a bassa frequenza LF. b) Con Trasformatore alta frequenza HF
L'isolamento è tipicamente implementato per mezzo di un trasformatore che può essere
inserito dal lato della rete elettrica “low frequency” (LF) (fig. 2.5-a), o sul lato in alta
frequenza (HF) solitamente facente parte del convertitore DC/DC (fig. 2.5-b).
La soluzione ad alta frequenza è la più utilizzata, dà luogo ad un trasformatore più
compatto di minor peso e ingombro, la cui realizzazione richiede però, visto l'alta
frequenza in gioco, maggior attenzione per riuscire a ridurre efficacemente le perdite.
Le configurazioni più usate per l'utilizzo del trasformatore HF sono: Full-Bridge
isolated converter, single inductor push-pull converter (SIC), dubble inductor converter
(DCI), raffigurate in fig. 2.6-a-b-c. Altre tipologie, ad esempio Flyback (fig. 2.6-d), sono
raramente utilizzate se non in particolari applicazioni di bassa potenza; per questo
motivo queste configurazioni minori non sono qui trattate.
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Figura 2.6: Topologie di convertitore DC/DC con isolamento [1]. a) Full-Bridge; b) Single-
inductor push-pull; c) Duble-inductor push-pull. d) convertitore Flyback
Al fine di rendere il trasformatore più compatto possibile il range delle frequenze di
commutazione, utilizzate per impianti di media potenza, va dai 20 ai 200kHz. Il limite
inferiore è scelto in modo tale che eventuali vibrazioni meccaniche degli avvolgimenti
soggetti al campo magnetico prodotto dalla frequenza di commutazione non siano
udibili dall’orecchio umano, il limite superiore di frequenza è imposto nel tentativo di
contenere le perdite energetiche interne del trasformatore e quelle dovute alle
commutazioni degli interruttori. Con l'evoluzione tecnologica dei semiconduttori di
potenza e delle ferriti utilizzate nei nuclei magnetici, nel tentativo di ricercare soluzioni
sempre più compatte ed efficienti, tale limite superiore di frequenza è comunque
destinato ad aumentare.
Il convertitore full-bridge (ponte intero fig. 2.6-a) è solitamente utilizzato per livelli di
potenza maggiori di 700W e in presenza di tensioni di ingresso relativamente elevate,
tali da rendere trascurabili le cadute di tensione dovute ai due interruttori che risultano
in serie al trasformatore ad ogni istante di conduzione.
I principali vantaggi di questa tipologia sono:
- Magnetizzazione del nucleo magnetico con flusso bipolare con conseguente
buona utilizzazione dello stesso.
- Buone prestazioni durante il funzionamento a controllo di corrente, che
permette inoltre la riduzione della magnetizzazione residua dovuta ad
eventuali componenti di corrente continua
Lo svantaggio principale di tale tipologia confrontata con le tipologia push-pull è la
necessità di un maggior numero di interruttori che, oltre a dar luogo ad un sensibile
aumento delle perdite, rende anche più complicata la struttura della circuiteria di
comando, infatti i due interruttori superiori necessitano di un comando flottante.
Nel convertitore Push-Pull a singolo induttore (SIC) il trasformatore e l'induttanza di
Boost contribuiscono entrambi alla funzione di innalzamento di tensione riducendo di
fatto le perdite interne al trasformatore mantenendone un’ottima utilizzazione
(magnetizzazione bipolare) del nucleo. Ad una maggior efficienza del sistema è
associata una corrente di ingresso sensibilmente minore, tale corrente, nel percorso di
richiusura attraversa la caduta di tensione di un singolo interruttore (riduzione delle
potenze dissipata in conduzione), rendendo quindi la configurazione idonea al
funzionamento con basse tensioni di ingresso (es. 48V delle celle a combustibile).
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I due principali svantaggi che obbligano la scelta di componenti con specifiche maggiori
sono: la necessità degli interruttori di sopportare elevate tensioni di ingresso e la
presenza di un presa centrale nel trasformatore che ne rende più complicata
l'ottimizzazione e la realizzazione.
Per ovviare agli inconvenienti delle precedenti due tipologie si può utilizzare il
convertitore a doppio induttore (DCI) (fig. 2.6-c) dove l'induttore di Boost della
configurazione precedente è stato diviso in due induttori. Questa tipologia è assimilabile
a due convertitori Boost interconnessi, ciò riduce il ripple della corrente di ingresso; la
costruzione del trasformatore è semplificata non richiedendo la presenza della presa
centrale e l'unico inconveniente rimane quello di dover inserire due induttori.
Nel seguito verranno messe a confronto tramite tabella le principali caratteristiche delle
tre tipologie sopra descritte.
Tabella 2.1: comparazione tra le tre tipologie di convertitore DC/DC
2.2.2 Inverter con convertitore DC/DC senza isolamento
Nei paesi, ad esempio Italia-Europa, in cui non è necessario garantire l'isolamento
galvanico tra pannelli fotovoltaici e rete elettrica pubblica, il convertitore DC/DC può
essere ridotto ad un semplice convertitore Boost (fig. 2.7).
Questo convertitore è composto da un basso numero di componenti ed offre quindi una
soluzione economica e di elevato rendimento che è quasi sempre utilizzata negli
impianti multistringa, in quanto ciascun convertitore deve processare una potenza
modesta. Inoltre, grazie alla presenza del diodo e al particolare principio di
funzionamento, la connessione in parallelo di più convertitori boost ad un bus centrale
(denominato DC link) può essere effettuata senza complicazioni del sistema di controllo
tralasciando addirittura la misura del valore della tensione del bus (Vlink).
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Figura 2.7: Inverter PV con convertitore DC/DC senza isolamento a) struttura generale; b) esempio
comune con convertitore Boost e full-bridge inverter
2.2.3 Inverter senza convertitore DC/DC con isolamento
Figura 2.8: Inverter PV senza convertitore DC/DC e con isolamento. a) Schema generale; b)esempio
pratico di inverter con trasformatore di isolamento
Per poter ottenere l’isolamento galvanico in questa tipologia è necessario utilizzare un
trasformatore a frequenza di rete (50Hz in l’Italia), spesso il rapporto spire del
trasformatore può essere diverso da 1:1, in tal modo si ottiene un’ulteriore grado di
libertà nella possibilità di adattamento della stringa fotovoltaica alla rete.
Uno degli svantaggi più rilevanti dei sistemi senza convertitore DC/DC con isolamento
è proprio l’utilizzazione di un trasformatore LF, a tale frequenza, anche per il
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trasferimento di potenze relativamente piccole, il trasformatore risulta di grandi
dimensioni, elevato peso e ingombro. Attualmente questa struttura, dato l’elevato
ingombro e la difficoltà ad effettuare un accurato MPPT, è scarsamente utilizzata.
2.2.4 Inverter senza convertitore DC/DC e isolamento
Quest’ultima è la struttura più semplice realizzabile per la trasformazione dell’energia
elettrica DC prodotto dal generatore fotovoltaico in energia elettrica alternata tale da
poter essere immessa in rete. Per la realizzazione di questa struttura è comunemente
utilizzato un’inverter a ponte intero controllato in modalità PWM, con tale modalità di
modulazione è possibile ridurre notevolmente il contenuto armonico della corrente
immessa in rete.
Come nella struttura precedente l’MPPT è effettuato controllando il valore efficace della
corrente immessa in rete. Per ridurre le oscillazioni della corrente assorbita dalla stringa
fotovoltaica, questa tipologia necessita di un condensatore di disaccoppiamento di
valore elevato.
La tipologia in esame, non essendo fornita di dispositivi in grado di aumentare la
tensione continua presente in ingresso, può essere utilizzata solo quando un numero
elevato di pannelli sono connessi in serie, in modo tale che la tensione di stringa risulti
sufficientemente maggiore della tensione di picco della rete in cui si desidera immettere
energia.
Figura 2.9: inverter senza DC/DC converter e isolamento. a)schema di principio; b) configurazione
tipica; c) Cascaded Inverter
Un’interessante variante è riportata in fig. 2.9-c, essa si può implementare effettuando
due raggruppamenti, tra loro bilanciati, di stringhe. Questo particolare convertitore
fig. 2.9-c è un’inverter a cinque differenti livelli di tensione di uscita, sfruttando questi
cinque gradini si può abbassare la frequenza di commutazione degli
interruttori(riduzione delle perdite in commutazione) riuscendo lo stesso a mantenere
una forma d’onda d’uscita con un ridotto contenuto armonico.
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2.3 Normative
Gli impianti PV connessi alla rete elettrica nazionale oltre a dover rispettare tutte le
normative concernenti la sicurezza elettrica e i disturbi elettromagnetici irradiati e
condotti, devono sottostare anche a delle specifiche normative che ne garantiscono
l’idoneità e la sicura compatibilità per poter lavorare in parallelo alla rete elettrica
nazionale immettendo potenza in essa.
IEE 922 (Stati Uniti)
IEC 61727 (Comunità Europea )
In particolare, la normativa Europea è stata recepita dal gestore energetico Italiano
“Enel” con la direttiva DK 5940 (aprile 2007) “ Criteri di allacciamento di impianti di
produzione alla rete a bassa tensione ENEL”.
La direttiva DK5940 va applicata a tutti gli impianti di produzione funzionanti per
mezzo di convertitore statico con potenza nominale superiore a 750W.
I principi generali adottati come linea guida nella stesura della normativa sono:
- il cliente non deve causare disturbi alla tensione di alimentazione e alla
continuità del servizio sulla rete pubblica; in caso contrario l’utente dovrà
interrompere il collegamento di parallelo dell’impianto di produzione
immediatamente ed automaticamente.
- in caso di mancanza di tensione sulla rete pubblica, l’impianto di
produzione non deve alimentare la rete.
Seguendo i riferimenti normativi contenuti nella DK5940 di seguito saranno estrapolati
ed analizzati i punti salienti delle normative di interesse per la realizzazione del progetto
oggetto di questo elaborato.
2.3.1 Energia reattiva e fattore di potenza
Il sistema fotovoltaico deve scambiare energia reattiva con la rete entro i limiti
prescritti. Gli impianti che si interfacciano tramite convertitore statico devono erogare
energia attiva con fattore di potenza (riferito alla componente fondamentale) non
inferiore a 0.8 in ritardo quando la potenza attiva erogata è compresa tra il 20% e il
100% della potenza nominale del convertitore, per ottenere il massimo rendimento del
sistema, se possibile, è conveniente adottare un cosφ pari ad 1 (tensione e corrente in
fase).
Nel periodo in cui l’impianto è inattivo (non trasferisce potenza alla rete), l’inverter
deve comportarsi come un’utenza passiva per la quale valgono tutte le regole generali
relative all’assorbimento e al divieto di immettere energia reattiva nella rete.
Considerazioni: il compito di far rispettare al sistema le specifiche sul fattore di
potenza è generalmente demandato al sistema di controllo dell’inverter, che dovrà
quindi essere in grado di effettuare un’accurata misurazione della tensione e della
corrente immessa in rete e agire variando il riferimento della modulazione PWM per
mantenere il cosφ il più vicino possibile ad 1.
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2.3.2 Qualità dell’energia, distorsione armonica
Gli impianti di produzione possono essere fonte di possibile disturbo per le altre utenze
e tal volta compromettere il regolare funzionamento delle apparecchiature elettriche
collegate alla stessa rete di bassa tensione “BT”; per evitare ciò è quindi necessario
imporre dei limiti normativi da rispettare, nel caso di impianti di conversione statica
connessi alla rete devono essere soddisfatte le prescrizioni riguardanti il contenuto
armonico e la componente continua dell’energia prodotta.
Per quel che concerne il contenuto armonico della corrente immessa in rete, i
convertitori con potenza nominale <20kW devono rispettare le prescrizioni CEI 61727
per cui la distorsione armonica totale ”THD” della corrente in uscita non deve superare
il 5% della fondamentale con limiti specifici per le singole armoniche tab. 2.2.
Ordine delle armoniche Limite di distorsione
3th
÷9th
< 4%
11th
÷15th
< 2%
17th
÷21th
< 1.5%
23th
÷33th
< 0.6%
33th
< < 0.3%
Tabella 2.2: limiti di distorsione armonica
Per gli impianti di conversione statica con potenza nominale >20kW deve essere
garantita la separazione “metallica” mediante trasformatore di isolamento tra la rete
elettrica e il convertitore. Per potenze nominali inferiori ai 20kW tale separazione
galvanica può essere sostituita da una idonea protezione che intervenga quando la
componente continua della corrente immessa in rete pubblica supera lo 0.5% del valore
efficace della componente fondamentale. Il tempo di intervento deve essere immediato
(senza ritardi intenzionali) in ogni caso minore di 100ms e provocare il distacco del
convertitore dalla rete pubblica.
Considerazioni: per quel che concerne la qualità dell’energia si può dedurre dalla tab.
2.2 che per rispettare i limiti di distorsione si deve agire sia sul sistema di controllo sia
sulla progettazione del filtro di uscita del convertitore. In particolare le armoniche di
ordine basso (armoniche con frequenza interna alla banda passate del controllo) possono
essere compensate con un’adeguata retroazione, mentre le armoniche di ordine più
elevato (esempio quelle dovute alla frequenza di commutazione della modulazione
PWM) devono essere attenuate “fisicamente” con un’adeguata progettazione del filtro
d’uscita.
Dalla normativa sopra citata si può osservare che per impianti di potenza inferiore ai
20kW è conveniente (per diminuire peso, ingombro e costo) non inserire il trasformatore
di isolamento e quindi demandare interamente al controllore il compito di azzerare
l’eventuale componente continua presente nella forma d’onda della corrente di uscita.
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2.3.3 Protezione d’interfaccia
Rientrano in questa categoria tutti i sistemi atti a scollegare automaticamente l’inverter
dalla rete elettrica pubblica quando quest’ultima presenta un funzionamento anomalo
esce cioè dalle specifiche elettriche garantite da gestore pubblico “Enel”.
Le principali protezioni di interfaccia previste dalla normativa sono:
- protezione di tensione (sovratensione-sottotensione)
- protezione di frequenza (sovrafrequenza-sottofrequenza)
- protezione sulla caduta di tensione di rete “Islanding Protection”
per sistemi con potenza nominale superiore ai 20kW queste funzioni devono essere
svolte da un dispositivo dedicato, mentre per potenze inferiori possono essere
direttamente implementate all’interno del sistema di controllo dell’inverter purché il
loro corretto funzionamento possa essere verificato e monitorato.
2.3.3.1 Protezione di tensione (sovratensione-sottotensione)
Quando la tensione di rete si scosta al di fuori delle specifiche di fornitura dichiarate dal
gestore il sistema fotovoltaico deve essere scollegato dalla rete pubblica. Il tempo di
intervento della protezione dipende dall’entità dello scostamento della tensione dal
valore nominale. I tempi specifici di intervento per ogni fascia di scostamento sono
riportati nella tabella 2.3.
Escursione rispetto tensione
nominale
Tempo di intervento
[s]
V < 0,5·Vnom 0.1 s
0.5·Vnom < V < 0.85 Vnom 2 s
0.85·Vnom < V < 1.10·Vnom funzionamento continuo
1.1·Vnom < V < 1.35·Vnom 2 s
1.35·Vnom < V 0.05 s
Tabella 2.3: tempo di intervento protezione di tensione
2.3.3.2 Protezione di frequenza (sovrafrequenza-sottofrequenza)
Tale protezione deve agire scollegando l’inverter dalla rete quando la frequenza di
quest’ultima esce dal range indicato nelle specifica di fornitura Enel.
Questa protezione deve intervenire in un tempo massimo di 200ms quando la frequenza
si discosta di ± 1 Hz dal valore nominale (50 Hz ± 1 Hz per l’Italia e l’Europa).
La protezione deve funzionare correttamente con tensione di rete compresa tra lo
0.2·Vnom e l’1.3·Vnom; per tensioni di rete minore di 0.2·Vnom deve venir inibita, in ogni
caso la protezione deve essere insensibile a transitori di frequenza di durata minore o
uguale a 40 ms.
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2.3.3.3 “Islanding Protection”
Il più importante vincolo di sicurezza dei sistemi PV collegati alla rete pubblica è quello
che l’impianto PV deve venire sezionato automaticamente in caso di caduta
dell’alimentazione della rete pubblica, indipendentemente dalla presenza di carichi o di
altri generatori. La normativa IEC61727 indica un tempo massimo di intervento pari a
2s.
Tale sezionatura deve essere effettuata per impedire l’alimentazione di ritorno della
linea che potrebbe dar luogo ad una situazione pericolosa per il personale di
manutenzione e per gli stessi utenti della rete pubblica.
L’alimentazione della rete pubblica può essere interrotta in qualunque momento per
svariati motivi, per esempio l’apertura di un sezionatore della sottostazione dovuta a
condizioni di guasto, oppure la disinserzione della linea di distribuzione durante la
manutenzione della stessa.
Di seguito saranno trattate brevemente le principali tecniche per la rilevazione dello
stato di funzionamento in isola
2.3.3.4 Metodi “anti-islanding ” [3] [4] [5]
Per soddisfare la normativa sul funzionamento in isola è necessario riuscire ad
individuare nel più breve tempo possibile la condizione di isola.
Per far ciò è possibile utilizzare i seguenti metodi:
Metodi passivi
- bassa-alta tensione e bassa-alta frequenza
- voltage phase jump detection
- misura delle armoniche di tensione
Metodi attivi
- variazione della potenza di uscita
- deriva attiva di frequenza “AFD active frequency drift”.
- sleep-mode phase shift
- misura dell’impedenza di rete “grid impedace measurement”
Saranno ora descritti brevemente i principali metodi di interesse pratico. Molto spesso
per un’accurata individuazione della condizione di isola si utilizzano
contemporaneamente vari metodi.
Voltage phase jump detection
In questo metodo viene monitorata costantemente la differenza di fase tra la tensione e
la corrente.
Quando la rete viene isolata la fase tensione-corrente subisce una variazione istantanea
(fig. 2.10).
VANTAGGI:
- facile da implementare
- non genera degradazione della forma d’onda di uscita o della risposta ai
transitori del sistema
SVANTAGGI:
- difficoltà nell’individuare con sicurezza il funzionamento in isola, i salti di
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fase potrebbero essere anche causati dall’inserzione o disinserzione di grossi
carichi.
Figura 2.10: voltage phase jump
AFD active frequency drift
Questo metodo fornisce al carico una forma d’onda di corrente con periodo leggermente
minore dell’effettivo periodo della tensione di rete, l’onda di corrente è risincronizzata
alla fine di ogni periodo della tensione di rete.
Quando la rete funziona in isola, non essendoci altri generatori in rete, il periodo della
tensione è uguale al periodo della corrente e ciclo dopo ciclo tale distorsione provoca un
deriva in frequenza (fig. 2.11).
Figura 2.11: active frequency drift “AFD”
VANTAGGI:
- facile da implementare in sistemi a µp
SVANTAGGI:
- degradazione delle qualità del segnale di uscita, per mantenere tale
distorsione ad un livello accettabile si deve effettuare una variazione sulla
durata del periodo minore dell’1%. Far ciò però aumenta il tempo necessario
all’intervento della protezione.
Sleep-mode phase shift
In questo metodo la fase tra tensione e corrente è cambiata in funzione della frequenza,
se il sistema è in isola tale variazione da luogo ad una variazione delle frequenza.
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VANTAGGI:
- facile da implementare in sistemi a µp
- buona affidabilità anche in presenza di impianti multi inverter
- bassa degradazione della forma d’onda di uscita
SVANTAGGI:
- per carichi RLC con frequenza di risonanza vicina alla frequenza di rete, la
risposta di fase del carico è simile alla variazione di fase generata
intenzionalmente dall’inverter rendendo quindi più difficile la taratura della
soglia per l’intervento della protezione.
Figura 2.12: principle of slip-mode phase shift method
Grid impedace measurement
Questo metodo è basato sulla misura dell’impedenza di rete, quando quest’ultima
subisce una variazione di elevate entità istantaneamente è molto probabile che sia
avvenuta la messa in isola della rete.
La misura dell’impedenza di rete può essere effettuata con un dispositivo esterno
dedicato inserito tra l’inverter e la linea; o come molto spesso avviene la misura
dell’impedenza di rete viene implementata direttamente all’interno del µP di controllo
dell’inverter che, osservando il comportamento della risposta della rete ad un’apposita
armonica iniettata volontariamente, riesce a stimare l’impedenza. Di solito la frequenza
dell’armonica di perturbazione è scelta di 75Hz.
VANTAGGI:
- buona affidabilità
- rapidità di intervento
SVANTAGGI:
- per ottenere un’adeguata stima dell’impedenza di linea dall’osservazione
della forma d’onda è necessario acquisire ed elaborare una grande quantità di
campioni. Per far ciò si deve avere a disposizione un DSP di elevate
prestazioni.
- l’iniezione dell’armonica perturbante deve essere di breve durata, di bassa
intensità e molto spaziata nel tempo in modo tale da non degradare in
maniera inaccettabile il valore di distorsione armonica del sistema.