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"Convertitore CC/CA per sistemi fotovoltaici connessi alla rete: progetto e realizzazione" Ing. Pierangelo Sandri settembre 2007 [email protected] Pagina 11 di 111 Capitolo 2 Impianti fotovoltaici connessi alla rete Il numero degli impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica nazionale in questi ultimi anni è cresciuto in maniera considerevole, grazie ai programmi di incentivazione promossi dall'Unione Europea e dal ministero dell'ambiente. Questi impianti possono essere installati esclusivamente nelle utenze collegate alla rete elettrica, infatti operano solo in regime di interscambio con essa. In questa tipologia di sistemi la rete elettrica può essere assimilata ad una sorta di accumulatore (vedi impianti PV isolati) che riceve energia nei momenti in cui l'impianto ne produce più di quanto l'utenza necessita e ne fornisce quando l'utenza richiede più energia di quanta l'impianto in quel momento è in grado di produrne (es. durante le ore notturne). Gli impianti PV connessi alla rete, facenti parte di una categoria più estesa denominata impianti di generazione distribuita”, sono i più idonei ad una diffusione in larga scala della tecnologia fotovoltaica, trovando facile applicazione su edifici esistenti e di nuova realizzazione, sfruttando tutte quelle superfici (es. tetti o pareti esterne) che altrimenti rimarrebbero inutilizzate. Inoltre, data la natura distribuita della fonte energetica primaria, l'irraggiamento solare, risulta poco conveniente adottare centrali di produzione “concentrate” come avviene per le centrali elettriche convenzionali, ma risulta più efficace e (data la grande superficie necessaria per kWh di produzione) di minor impatto ambientale adottare una nuova logica di produzione distribuita, sia geograficamente che elettricamente. Un impianto di questa tipologia può essere schematizzato come nella figura 2.1. Figura 2.1: Schema generale sistema fotovoltaico grid-connect

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Capitolo 2

Impianti fotovoltaici connessi alla rete

Il numero degli impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica nazionale in questi

ultimi anni è cresciuto in maniera considerevole, grazie ai programmi di incentivazione

promossi dall'Unione Europea e dal ministero dell'ambiente.

Questi impianti possono essere installati esclusivamente nelle utenze collegate alla rete

elettrica, infatti operano solo in regime di interscambio con essa.

In questa tipologia di sistemi la rete elettrica può essere assimilata ad una sorta di

accumulatore (vedi impianti PV isolati) che riceve energia nei momenti in cui l'impianto

ne produce più di quanto l'utenza necessita e ne fornisce quando l'utenza richiede più

energia di quanta l'impianto in quel momento è in grado di produrne (es. durante le ore

notturne).

Gli impianti PV connessi alla rete, facenti parte di una categoria più estesa denominata

“impianti di generazione distribuita”, sono i più idonei ad una diffusione in larga scala

della tecnologia fotovoltaica, trovando facile applicazione su edifici esistenti e di nuova

realizzazione, sfruttando tutte quelle superfici (es. tetti o pareti esterne) che altrimenti

rimarrebbero inutilizzate.

Inoltre, data la natura distribuita della fonte energetica primaria, l'irraggiamento solare,

risulta poco conveniente adottare centrali di produzione “concentrate” come avviene per

le centrali elettriche convenzionali, ma risulta più efficace e (data la grande superficie

necessaria per kWh di produzione) di minor impatto ambientale adottare una nuova

logica di produzione distribuita, sia geograficamente che elettricamente.

Un impianto di questa tipologia può essere schematizzato come nella figura 2.1.

Figura 2.1: Schema generale sistema fotovoltaico grid-connect

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2.1 Tipologie di connessione del generatore fotovoltaico

All'interno della classe degli impianti fotovoltaici connessi alla rete, in base alla

tipologia di connessione tra il generatore fotovoltaico e il convertitore di potenza

possono essere distinte tre tipologie di base (fig. 2.2).

Figura 2.2: a) Central Inverter. b) String Inverter. c)Module Integrated Inverter

2.1.1 Inverter Centrale “Central Inverter” (fig. 2.2-a)

Questa configurazione è generalmente impiegata per potenze >10 kW ed è caratterizzata

da un basso costo “specifico” rapportato alla potenza processabile. In tale topologia è

utilizzato un unico convertitore collegato al generatore PV costituito da un certo numero

di stringhe connesse in parallelo per ottenere la potenza richiesta. Ciascuna stringa è

formata da un certo numero di moduli PV connessi in serie per raggiungere una tensione

di stringa generalmente variabile dai 200 ai 600 V, le stringhe sono quindi collegate

attraverso un diodo ad un bus principale facente capo all'inverter.

Questo tipo di realizzazione presenta alcune limitazioni quali:

- Abbassamento del rendimento del generatore fotovoltaico dovuto all'MPPT

centralizzato (interno all'inverter) che non estrae la massima potenza da ogni

stringa ma agisce per estrarre la massima potenza dal bus centrale, facendo

ciò non è in grado di adattarsi alle inevitabili disomogeneità ed alle eventuali

parziali ombreggiature delle varie stringhe.

- La presenza di un unico convertitore di elevata potenza può tal volta limitare

l'affidabilità dell'impianto, infatti nell'eventualità di un guasto al convertitore

tutto l'impianto fotovoltaico è reso inutilizzabile, quindi, soprattutto per

impianti di alta potenza la mancata produzione può arrecare anche un ingente

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danno economico

Per ovviare ai precedenti inconvenienti, grazie anche allo sviluppo tecnologico con

conseguente abbassamento dei costi, vi è ora la tendenza ad utilizzare le configurazioni

ad “Inverter di Stringa” o ad “Inverter Integrato”, che forniscono una maggiore

modularità e versatilità al sistema.

2.1.2 Inverter di Stringa “String Inverter” (fig. 2.2-b)

Questa tipologia è simile a quella ad inverter centrale, il generatore è suddiviso in un

parallelo di stringhe, ciascuna delle quali assegnata ad un proprio inverter dedicato

(“String Inverter”).

In questi impianti ciascun inverter implementa l'MPPT su ogni singola stringa, per cui la

resa energetica dei generatori PV è massimizzata in quanto anche nell'eventualità di

ombreggiature parziali di alcuni pannelli, l'inverter si adatta alle variate caratteristiche

della stringa riuscendo ad estrarre comunque la massima potenza aumentando quindi il

rendimento totale.

Inoltre, grazie alla presenza di più inverter indipendenti, è incrementata anche

l'affidabilità generale del sistema, infatti un'eventuale guasto di un singolo inverter

pregiudica la produzione energetica di una sola stringa, mantenendo invariata quella di

tutte le altre.

Un'ulteriore evoluzione di questa struttura sempre più spesso adottata negli impianti di

media potenza (1-40 kW) è l'inverter multistringa “Multistring Inverter” (fig. 2.3)

Figura 2.3: Inverter Multistringa

Esso, grazie alla presenza su ogni singola stringa di un convertitore DC/DC

indipendente in grado di implementare l'MPPT, permette la connessione di più stringhe

ad uno stesso bus in continua (“DC Link”) facente capo ad un unico inverter DC/AC.

Questa soluzione con un buon rapporto Costo/Efficienza, combina i vantaggi delle due

tipologie precedenti, permettendo inoltre un'efficace modularità ed una facile

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integrazione di stringhe fotovoltaiche di differente tecnologia e/o di diversa orientazione

geografica (sud, nord, est,ovest).

Grazie all'abbassamento dei costi e all'aumento delle caratteristiche (aumento del

rendimento) dell'elettronica di potenza, la tipologia “Multi String Inverter” si è

affermata come configurazione standard degli impianti fotovoltaici connessi alla rete.

2.1.3 Inverter di Modulo “Module Integrated Inverter” (fig. 2.2-c)

Nella configurazione ad inverter integrato, utilizzata comunemente per basse potenze

(max. 500-700 W), si predilige l'adattamento energetico di ogni modulo. In tale sistema

un piccolo inverter è montato nel retro o nelle vicinanze di ogni singolo modulo, esso

provvede direttamente alla connessione del modulo alla rete elettrica.

L'impiego di questa configurazione (grazie all'MPPT implementato da ogni inverter

connesso ad un singolo pannello) elimina completamente i problemi di disadattamento

dei moduli che rimane invece in minima parte sempre presente nelle precedenti due

configurazioni essendo le stringhe generalmente composte da più pannelli (moduli)

connessi in serie.

2.2 Il convertitore

Nel paragrafo precedente sono state illustrate le tipologie di connessione di base di un

generico impianto fotovoltaico grid-connected, citando le funzioni generali di ogni

singolo blocco senza entrare nel merito di eventuali strutture circuitali di realizzazione.

Sebbene negli ultimi anni la struttura del convertitore di potenza per applicazioni PV è

andata via via uniformandosi indirizzandosi verso alcune specifiche strutture, di seguito

verranno illustrate le più diffuse strutture utilizzate anche in passato (fig. 2.4).

Figura 2.4: Categorie di convertitori

Dal diagramma di figura si notano essenzialmente due grandi categorie distinte dalla

presenza del convertitore DC/DC. Il motivo della presenza o l'assenza del convertitore

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DC/DC è prima di tutto legata alla configurazione della stringa fotovoltaica, ad esempio

avere molti pannelli in serie (elevata tensione di stringa) e tensione di rete bassa (120V

come negli USA o in Giappone) rende possibile l'omissione del convertitore innalzatore

di tensione, facendo ciò può quindi essere utilizzato un convertitore DC/AC a singolo

stadio ottenendo un significativo aumento dell'efficienza.

Utilizzare una stringa composta da molti pannelli PV connessi in serie comporta però

una difficoltà nel raggiungere il massimo MPPT che molto spesso, specialmente negli

impianti di piccola potenza, dà luogo ad una perdita di energia maggiore di quella che si

recupera omettendo il convertitore DC/DC.

Il problema dell'isolamento galvanico è generalmente creato dalle normative di

sicurezza elettrica in vigore nel paese in cui l'impianto dovrà andare ad operare,

attualmente l'isolamento è richiesto solo negli Stati Uniti.

Di seguito verranno descritte con l'ausilio di schemi elettrici le principali configurazioni

facenti capo alle categorie classificate nel diagramma di figura 2.4.

2.2.1 Inverter con convertitore DC/DC e isolamento

Figura 2.5: Inverter PV con convertitore DC/DC e trasformatore di isolamento

a) Con trasformatore a bassa frequenza LF. b) Con Trasformatore alta frequenza HF

L'isolamento è tipicamente implementato per mezzo di un trasformatore che può essere

inserito dal lato della rete elettrica “low frequency” (LF) (fig. 2.5-a), o sul lato in alta

frequenza (HF) solitamente facente parte del convertitore DC/DC (fig. 2.5-b).

La soluzione ad alta frequenza è la più utilizzata, dà luogo ad un trasformatore più

compatto di minor peso e ingombro, la cui realizzazione richiede però, visto l'alta

frequenza in gioco, maggior attenzione per riuscire a ridurre efficacemente le perdite.

Le configurazioni più usate per l'utilizzo del trasformatore HF sono: Full-Bridge

isolated converter, single inductor push-pull converter (SIC), dubble inductor converter

(DCI), raffigurate in fig. 2.6-a-b-c. Altre tipologie, ad esempio Flyback (fig. 2.6-d), sono

raramente utilizzate se non in particolari applicazioni di bassa potenza; per questo

motivo queste configurazioni minori non sono qui trattate.

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Figura 2.6: Topologie di convertitore DC/DC con isolamento [1]. a) Full-Bridge; b) Single-

inductor push-pull; c) Duble-inductor push-pull. d) convertitore Flyback

Al fine di rendere il trasformatore più compatto possibile il range delle frequenze di

commutazione, utilizzate per impianti di media potenza, va dai 20 ai 200kHz. Il limite

inferiore è scelto in modo tale che eventuali vibrazioni meccaniche degli avvolgimenti

soggetti al campo magnetico prodotto dalla frequenza di commutazione non siano

udibili dall’orecchio umano, il limite superiore di frequenza è imposto nel tentativo di

contenere le perdite energetiche interne del trasformatore e quelle dovute alle

commutazioni degli interruttori. Con l'evoluzione tecnologica dei semiconduttori di

potenza e delle ferriti utilizzate nei nuclei magnetici, nel tentativo di ricercare soluzioni

sempre più compatte ed efficienti, tale limite superiore di frequenza è comunque

destinato ad aumentare.

Il convertitore full-bridge (ponte intero fig. 2.6-a) è solitamente utilizzato per livelli di

potenza maggiori di 700W e in presenza di tensioni di ingresso relativamente elevate,

tali da rendere trascurabili le cadute di tensione dovute ai due interruttori che risultano

in serie al trasformatore ad ogni istante di conduzione.

I principali vantaggi di questa tipologia sono:

- Magnetizzazione del nucleo magnetico con flusso bipolare con conseguente

buona utilizzazione dello stesso.

- Buone prestazioni durante il funzionamento a controllo di corrente, che

permette inoltre la riduzione della magnetizzazione residua dovuta ad

eventuali componenti di corrente continua

Lo svantaggio principale di tale tipologia confrontata con le tipologia push-pull è la

necessità di un maggior numero di interruttori che, oltre a dar luogo ad un sensibile

aumento delle perdite, rende anche più complicata la struttura della circuiteria di

comando, infatti i due interruttori superiori necessitano di un comando flottante.

Nel convertitore Push-Pull a singolo induttore (SIC) il trasformatore e l'induttanza di

Boost contribuiscono entrambi alla funzione di innalzamento di tensione riducendo di

fatto le perdite interne al trasformatore mantenendone un’ottima utilizzazione

(magnetizzazione bipolare) del nucleo. Ad una maggior efficienza del sistema è

associata una corrente di ingresso sensibilmente minore, tale corrente, nel percorso di

richiusura attraversa la caduta di tensione di un singolo interruttore (riduzione delle

potenze dissipata in conduzione), rendendo quindi la configurazione idonea al

funzionamento con basse tensioni di ingresso (es. 48V delle celle a combustibile).

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I due principali svantaggi che obbligano la scelta di componenti con specifiche maggiori

sono: la necessità degli interruttori di sopportare elevate tensioni di ingresso e la

presenza di un presa centrale nel trasformatore che ne rende più complicata

l'ottimizzazione e la realizzazione.

Per ovviare agli inconvenienti delle precedenti due tipologie si può utilizzare il

convertitore a doppio induttore (DCI) (fig. 2.6-c) dove l'induttore di Boost della

configurazione precedente è stato diviso in due induttori. Questa tipologia è assimilabile

a due convertitori Boost interconnessi, ciò riduce il ripple della corrente di ingresso; la

costruzione del trasformatore è semplificata non richiedendo la presenza della presa

centrale e l'unico inconveniente rimane quello di dover inserire due induttori.

Nel seguito verranno messe a confronto tramite tabella le principali caratteristiche delle

tre tipologie sopra descritte.

Tabella 2.1: comparazione tra le tre tipologie di convertitore DC/DC

2.2.2 Inverter con convertitore DC/DC senza isolamento

Nei paesi, ad esempio Italia-Europa, in cui non è necessario garantire l'isolamento

galvanico tra pannelli fotovoltaici e rete elettrica pubblica, il convertitore DC/DC può

essere ridotto ad un semplice convertitore Boost (fig. 2.7).

Questo convertitore è composto da un basso numero di componenti ed offre quindi una

soluzione economica e di elevato rendimento che è quasi sempre utilizzata negli

impianti multistringa, in quanto ciascun convertitore deve processare una potenza

modesta. Inoltre, grazie alla presenza del diodo e al particolare principio di

funzionamento, la connessione in parallelo di più convertitori boost ad un bus centrale

(denominato DC link) può essere effettuata senza complicazioni del sistema di controllo

tralasciando addirittura la misura del valore della tensione del bus (Vlink).

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Figura 2.7: Inverter PV con convertitore DC/DC senza isolamento a) struttura generale; b) esempio

comune con convertitore Boost e full-bridge inverter

2.2.3 Inverter senza convertitore DC/DC con isolamento

Figura 2.8: Inverter PV senza convertitore DC/DC e con isolamento. a) Schema generale; b)esempio

pratico di inverter con trasformatore di isolamento

Per poter ottenere l’isolamento galvanico in questa tipologia è necessario utilizzare un

trasformatore a frequenza di rete (50Hz in l’Italia), spesso il rapporto spire del

trasformatore può essere diverso da 1:1, in tal modo si ottiene un’ulteriore grado di

libertà nella possibilità di adattamento della stringa fotovoltaica alla rete.

Uno degli svantaggi più rilevanti dei sistemi senza convertitore DC/DC con isolamento

è proprio l’utilizzazione di un trasformatore LF, a tale frequenza, anche per il

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trasferimento di potenze relativamente piccole, il trasformatore risulta di grandi

dimensioni, elevato peso e ingombro. Attualmente questa struttura, dato l’elevato

ingombro e la difficoltà ad effettuare un accurato MPPT, è scarsamente utilizzata.

2.2.4 Inverter senza convertitore DC/DC e isolamento

Quest’ultima è la struttura più semplice realizzabile per la trasformazione dell’energia

elettrica DC prodotto dal generatore fotovoltaico in energia elettrica alternata tale da

poter essere immessa in rete. Per la realizzazione di questa struttura è comunemente

utilizzato un’inverter a ponte intero controllato in modalità PWM, con tale modalità di

modulazione è possibile ridurre notevolmente il contenuto armonico della corrente

immessa in rete.

Come nella struttura precedente l’MPPT è effettuato controllando il valore efficace della

corrente immessa in rete. Per ridurre le oscillazioni della corrente assorbita dalla stringa

fotovoltaica, questa tipologia necessita di un condensatore di disaccoppiamento di

valore elevato.

La tipologia in esame, non essendo fornita di dispositivi in grado di aumentare la

tensione continua presente in ingresso, può essere utilizzata solo quando un numero

elevato di pannelli sono connessi in serie, in modo tale che la tensione di stringa risulti

sufficientemente maggiore della tensione di picco della rete in cui si desidera immettere

energia.

Figura 2.9: inverter senza DC/DC converter e isolamento. a)schema di principio; b) configurazione

tipica; c) Cascaded Inverter

Un’interessante variante è riportata in fig. 2.9-c, essa si può implementare effettuando

due raggruppamenti, tra loro bilanciati, di stringhe. Questo particolare convertitore

fig. 2.9-c è un’inverter a cinque differenti livelli di tensione di uscita, sfruttando questi

cinque gradini si può abbassare la frequenza di commutazione degli

interruttori(riduzione delle perdite in commutazione) riuscendo lo stesso a mantenere

una forma d’onda d’uscita con un ridotto contenuto armonico.

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2.3 Normative

Gli impianti PV connessi alla rete elettrica nazionale oltre a dover rispettare tutte le

normative concernenti la sicurezza elettrica e i disturbi elettromagnetici irradiati e

condotti, devono sottostare anche a delle specifiche normative che ne garantiscono

l’idoneità e la sicura compatibilità per poter lavorare in parallelo alla rete elettrica

nazionale immettendo potenza in essa.

IEE 922 (Stati Uniti)

IEC 61727 (Comunità Europea )

In particolare, la normativa Europea è stata recepita dal gestore energetico Italiano

“Enel” con la direttiva DK 5940 (aprile 2007) “ Criteri di allacciamento di impianti di

produzione alla rete a bassa tensione ENEL”.

La direttiva DK5940 va applicata a tutti gli impianti di produzione funzionanti per

mezzo di convertitore statico con potenza nominale superiore a 750W.

I principi generali adottati come linea guida nella stesura della normativa sono:

- il cliente non deve causare disturbi alla tensione di alimentazione e alla

continuità del servizio sulla rete pubblica; in caso contrario l’utente dovrà

interrompere il collegamento di parallelo dell’impianto di produzione

immediatamente ed automaticamente.

- in caso di mancanza di tensione sulla rete pubblica, l’impianto di

produzione non deve alimentare la rete.

Seguendo i riferimenti normativi contenuti nella DK5940 di seguito saranno estrapolati

ed analizzati i punti salienti delle normative di interesse per la realizzazione del progetto

oggetto di questo elaborato.

2.3.1 Energia reattiva e fattore di potenza

Il sistema fotovoltaico deve scambiare energia reattiva con la rete entro i limiti

prescritti. Gli impianti che si interfacciano tramite convertitore statico devono erogare

energia attiva con fattore di potenza (riferito alla componente fondamentale) non

inferiore a 0.8 in ritardo quando la potenza attiva erogata è compresa tra il 20% e il

100% della potenza nominale del convertitore, per ottenere il massimo rendimento del

sistema, se possibile, è conveniente adottare un cosφ pari ad 1 (tensione e corrente in

fase).

Nel periodo in cui l’impianto è inattivo (non trasferisce potenza alla rete), l’inverter

deve comportarsi come un’utenza passiva per la quale valgono tutte le regole generali

relative all’assorbimento e al divieto di immettere energia reattiva nella rete.

Considerazioni: il compito di far rispettare al sistema le specifiche sul fattore di

potenza è generalmente demandato al sistema di controllo dell’inverter, che dovrà

quindi essere in grado di effettuare un’accurata misurazione della tensione e della

corrente immessa in rete e agire variando il riferimento della modulazione PWM per

mantenere il cosφ il più vicino possibile ad 1.

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2.3.2 Qualità dell’energia, distorsione armonica

Gli impianti di produzione possono essere fonte di possibile disturbo per le altre utenze

e tal volta compromettere il regolare funzionamento delle apparecchiature elettriche

collegate alla stessa rete di bassa tensione “BT”; per evitare ciò è quindi necessario

imporre dei limiti normativi da rispettare, nel caso di impianti di conversione statica

connessi alla rete devono essere soddisfatte le prescrizioni riguardanti il contenuto

armonico e la componente continua dell’energia prodotta.

Per quel che concerne il contenuto armonico della corrente immessa in rete, i

convertitori con potenza nominale <20kW devono rispettare le prescrizioni CEI 61727

per cui la distorsione armonica totale ”THD” della corrente in uscita non deve superare

il 5% della fondamentale con limiti specifici per le singole armoniche tab. 2.2.

Ordine delle armoniche Limite di distorsione

3th

÷9th

< 4%

11th

÷15th

< 2%

17th

÷21th

< 1.5%

23th

÷33th

< 0.6%

33th

< < 0.3%

Tabella 2.2: limiti di distorsione armonica

Per gli impianti di conversione statica con potenza nominale >20kW deve essere

garantita la separazione “metallica” mediante trasformatore di isolamento tra la rete

elettrica e il convertitore. Per potenze nominali inferiori ai 20kW tale separazione

galvanica può essere sostituita da una idonea protezione che intervenga quando la

componente continua della corrente immessa in rete pubblica supera lo 0.5% del valore

efficace della componente fondamentale. Il tempo di intervento deve essere immediato

(senza ritardi intenzionali) in ogni caso minore di 100ms e provocare il distacco del

convertitore dalla rete pubblica.

Considerazioni: per quel che concerne la qualità dell’energia si può dedurre dalla tab.

2.2 che per rispettare i limiti di distorsione si deve agire sia sul sistema di controllo sia

sulla progettazione del filtro di uscita del convertitore. In particolare le armoniche di

ordine basso (armoniche con frequenza interna alla banda passate del controllo) possono

essere compensate con un’adeguata retroazione, mentre le armoniche di ordine più

elevato (esempio quelle dovute alla frequenza di commutazione della modulazione

PWM) devono essere attenuate “fisicamente” con un’adeguata progettazione del filtro

d’uscita.

Dalla normativa sopra citata si può osservare che per impianti di potenza inferiore ai

20kW è conveniente (per diminuire peso, ingombro e costo) non inserire il trasformatore

di isolamento e quindi demandare interamente al controllore il compito di azzerare

l’eventuale componente continua presente nella forma d’onda della corrente di uscita.

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2.3.3 Protezione d’interfaccia

Rientrano in questa categoria tutti i sistemi atti a scollegare automaticamente l’inverter

dalla rete elettrica pubblica quando quest’ultima presenta un funzionamento anomalo

esce cioè dalle specifiche elettriche garantite da gestore pubblico “Enel”.

Le principali protezioni di interfaccia previste dalla normativa sono:

- protezione di tensione (sovratensione-sottotensione)

- protezione di frequenza (sovrafrequenza-sottofrequenza)

- protezione sulla caduta di tensione di rete “Islanding Protection”

per sistemi con potenza nominale superiore ai 20kW queste funzioni devono essere

svolte da un dispositivo dedicato, mentre per potenze inferiori possono essere

direttamente implementate all’interno del sistema di controllo dell’inverter purché il

loro corretto funzionamento possa essere verificato e monitorato.

2.3.3.1 Protezione di tensione (sovratensione-sottotensione)

Quando la tensione di rete si scosta al di fuori delle specifiche di fornitura dichiarate dal

gestore il sistema fotovoltaico deve essere scollegato dalla rete pubblica. Il tempo di

intervento della protezione dipende dall’entità dello scostamento della tensione dal

valore nominale. I tempi specifici di intervento per ogni fascia di scostamento sono

riportati nella tabella 2.3.

Escursione rispetto tensione

nominale

Tempo di intervento

[s]

V < 0,5·Vnom 0.1 s

0.5·Vnom < V < 0.85 Vnom 2 s

0.85·Vnom < V < 1.10·Vnom funzionamento continuo

1.1·Vnom < V < 1.35·Vnom 2 s

1.35·Vnom < V 0.05 s

Tabella 2.3: tempo di intervento protezione di tensione

2.3.3.2 Protezione di frequenza (sovrafrequenza-sottofrequenza)

Tale protezione deve agire scollegando l’inverter dalla rete quando la frequenza di

quest’ultima esce dal range indicato nelle specifica di fornitura Enel.

Questa protezione deve intervenire in un tempo massimo di 200ms quando la frequenza

si discosta di ± 1 Hz dal valore nominale (50 Hz ± 1 Hz per l’Italia e l’Europa).

La protezione deve funzionare correttamente con tensione di rete compresa tra lo

0.2·Vnom e l’1.3·Vnom; per tensioni di rete minore di 0.2·Vnom deve venir inibita, in ogni

caso la protezione deve essere insensibile a transitori di frequenza di durata minore o

uguale a 40 ms.

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2.3.3.3 “Islanding Protection”

Il più importante vincolo di sicurezza dei sistemi PV collegati alla rete pubblica è quello

che l’impianto PV deve venire sezionato automaticamente in caso di caduta

dell’alimentazione della rete pubblica, indipendentemente dalla presenza di carichi o di

altri generatori. La normativa IEC61727 indica un tempo massimo di intervento pari a

2s.

Tale sezionatura deve essere effettuata per impedire l’alimentazione di ritorno della

linea che potrebbe dar luogo ad una situazione pericolosa per il personale di

manutenzione e per gli stessi utenti della rete pubblica.

L’alimentazione della rete pubblica può essere interrotta in qualunque momento per

svariati motivi, per esempio l’apertura di un sezionatore della sottostazione dovuta a

condizioni di guasto, oppure la disinserzione della linea di distribuzione durante la

manutenzione della stessa.

Di seguito saranno trattate brevemente le principali tecniche per la rilevazione dello

stato di funzionamento in isola

2.3.3.4 Metodi “anti-islanding ” [3] [4] [5]

Per soddisfare la normativa sul funzionamento in isola è necessario riuscire ad

individuare nel più breve tempo possibile la condizione di isola.

Per far ciò è possibile utilizzare i seguenti metodi:

Metodi passivi

- bassa-alta tensione e bassa-alta frequenza

- voltage phase jump detection

- misura delle armoniche di tensione

Metodi attivi

- variazione della potenza di uscita

- deriva attiva di frequenza “AFD active frequency drift”.

- sleep-mode phase shift

- misura dell’impedenza di rete “grid impedace measurement”

Saranno ora descritti brevemente i principali metodi di interesse pratico. Molto spesso

per un’accurata individuazione della condizione di isola si utilizzano

contemporaneamente vari metodi.

Voltage phase jump detection

In questo metodo viene monitorata costantemente la differenza di fase tra la tensione e

la corrente.

Quando la rete viene isolata la fase tensione-corrente subisce una variazione istantanea

(fig. 2.10).

VANTAGGI:

- facile da implementare

- non genera degradazione della forma d’onda di uscita o della risposta ai

transitori del sistema

SVANTAGGI:

- difficoltà nell’individuare con sicurezza il funzionamento in isola, i salti di

Page 14: Impianti fotovoltaici connessi alla rete - GRIX.IT · potenza maggiori di 700W e in presenza di tensioni di ingresso relativamente elevate, tali da rendere trascurabili le cadute

"Convertitore CC/CA per sistemi fotovoltaici connessi alla rete: progetto e realizzazione" Ing. Pierangelo Sandri settembre 2007 [email protected]

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fase potrebbero essere anche causati dall’inserzione o disinserzione di grossi

carichi.

Figura 2.10: voltage phase jump

AFD active frequency drift

Questo metodo fornisce al carico una forma d’onda di corrente con periodo leggermente

minore dell’effettivo periodo della tensione di rete, l’onda di corrente è risincronizzata

alla fine di ogni periodo della tensione di rete.

Quando la rete funziona in isola, non essendoci altri generatori in rete, il periodo della

tensione è uguale al periodo della corrente e ciclo dopo ciclo tale distorsione provoca un

deriva in frequenza (fig. 2.11).

Figura 2.11: active frequency drift “AFD”

VANTAGGI:

- facile da implementare in sistemi a µp

SVANTAGGI:

- degradazione delle qualità del segnale di uscita, per mantenere tale

distorsione ad un livello accettabile si deve effettuare una variazione sulla

durata del periodo minore dell’1%. Far ciò però aumenta il tempo necessario

all’intervento della protezione.

Sleep-mode phase shift

In questo metodo la fase tra tensione e corrente è cambiata in funzione della frequenza,

se il sistema è in isola tale variazione da luogo ad una variazione delle frequenza.

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VANTAGGI:

- facile da implementare in sistemi a µp

- buona affidabilità anche in presenza di impianti multi inverter

- bassa degradazione della forma d’onda di uscita

SVANTAGGI:

- per carichi RLC con frequenza di risonanza vicina alla frequenza di rete, la

risposta di fase del carico è simile alla variazione di fase generata

intenzionalmente dall’inverter rendendo quindi più difficile la taratura della

soglia per l’intervento della protezione.

Figura 2.12: principle of slip-mode phase shift method

Grid impedace measurement

Questo metodo è basato sulla misura dell’impedenza di rete, quando quest’ultima

subisce una variazione di elevate entità istantaneamente è molto probabile che sia

avvenuta la messa in isola della rete.

La misura dell’impedenza di rete può essere effettuata con un dispositivo esterno

dedicato inserito tra l’inverter e la linea; o come molto spesso avviene la misura

dell’impedenza di rete viene implementata direttamente all’interno del µP di controllo

dell’inverter che, osservando il comportamento della risposta della rete ad un’apposita

armonica iniettata volontariamente, riesce a stimare l’impedenza. Di solito la frequenza

dell’armonica di perturbazione è scelta di 75Hz.

VANTAGGI:

- buona affidabilità

- rapidità di intervento

SVANTAGGI:

- per ottenere un’adeguata stima dell’impedenza di linea dall’osservazione

della forma d’onda è necessario acquisire ed elaborare una grande quantità di

campioni. Per far ciò si deve avere a disposizione un DSP di elevate

prestazioni.

- l’iniezione dell’armonica perturbante deve essere di breve durata, di bassa

intensità e molto spaziata nel tempo in modo tale da non degradare in

maniera inaccettabile il valore di distorsione armonica del sistema.