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In questi anni sono stato in tanti

Ospedali pediatrici, ho conosciuto

tantissimi bambini, ed è a loro

che voglio dedicare questa favola

Educare

C’era una volta un genitore che voleva molto bene a suo figlio, e voleva che diventasse proprio come lui,

che voleva realizzasse proprio tutto quello che lui nonera riuscito a realizzare....

....E quando il bambino gli diceva – papà, io da grande vorreifare.... Lui gli rispondeva – no, figlio mio, quella professione

a me non è mai piaciuta....papà io vorrei andare a vivere a.... figlio mio, quel luogo non è

affatto bello....!Per lui educare significava instillare le sue idee, le suecredenze, una serie infinite di nozioni stratificate e

cristallizzate, senza tener conto delle esigenze e dellapersonalità del bambino.

Educare, secondo la radice etimologica di origine latina“E-DUCERE”, significa “tirar fuori” quanto di meglio c’è in

ogni piccolo uomo o piccola donna.Ogni potenzialità inespressa è un tesoro perduto

per l’umanità....Essere competenti sul piano umano – educativo significarispettare la persona nella sua vera essenza, il che non

significa assecondare ogni capriccio, ma sostenere la crescitadella personalità esercitando autorevolezza, non autorità.

Prof.ssa Susanna Picatto

UN BAMBINO DIVERSABILEE’ UNA LEZIONE D’AMORE

(Fabio Di Stefano)

Elia il“Parlanimali”

PREMESSA

Tutti i dialoghi di Elia sono di tipo non verbale, gestuale,

sono espressi in forma di dolcissimi movimenti

corporei. Nel libro vengono tradotti e descritti

come se Elia parlasse.

Capitolo IUn bambino speciale

Tra le persone che ho conosciuto e le avventure che ho

vissuto, una fra le altre mi commuove ancora....

E’ la storia del piccolo Elia.... il “parlanimali” lo chiamavano....

Chi è Elia? Ve lo dico io che sono il papà.... Ah, permettete che

mi presenti, sono il signor Abramo.

Sapete qual è il mestiere più difficile? Fare il genitore, edu-

care i figli: la mia professione è quella del veterinario; qui tra

i pascoli di Valle Pura e le alture dei Monti Silenti, dove vivo

con Elia, tutti mi conoscono e mi apprezzano, perché spesso

ho salvato la vita a molti animaletti.

Elia ha gli occhi della sua mamma,scuri e profondi.... già.... la

sua mamma.... forse Elia era troppo piccolo per ricordarsi del

giorno in cui quell’angelo è volato in cielo, su un carro traina-

to da sei cavalli bianchi, per vegliare sul piccolo, il quale però

ha compreso che la sua mamma è sempre accanto a lui, pron-

ta ad aiutarlo in ogni momento....

Elia è un bambino davvero speciale.... gli altri lo definiscono

“ipoacusico”, ma lui possiede semplicemente un modo di udire

e di parlare diverso rispetto agli altri..... usa canali sensoriali

diversi per comunicare e soprattutto è dotato di una spicca-

ta sensibilità e di una particolare intelligenza che gli proven-

gono dall’amore che la sua mamma ed io abbiamo sempre

nutrito nei suoi confronti.

Sì, è proprio così, l’amore è un alimento fondamentale nella

vita di ogni creatura.... E poi ha delle facoltà sorprendenti che

scoprirete leggendo il libro.

Elia frequenta la terza elementare.... la classe conta appena 8

bambini, molto affiatati tra loro.

Forse il fatto che io sia un veterinario lo ha indotto ad amare

gli animali in modo così straordinario, ma non credo che lo

abbia condizionato più di tanto; io non voglio influenzarlo

nelle sue scelte; da grande magari sarà anche lui un veterina-

rio, ma non certo perché io glielo imporrò.

I miei genitori mi volevano avvocato a tutti i costi ed io, nono-

stante fossi un ragazzo ubbidiente e diligente, spiegai loro

che la mia passione erano gli animali; mi piaceva prendermi

cura di loro, li ho sempre amati; loro capirono, mi aiutarono

nei miei studi ed è così che sono diventato un coscienzioso

“cura-animali”.

Non so se Elia seguirà la mia strada, ma se così fosse lo aiu-

terò con tutte le mie forze.

Mi segue spesso durante i miei interventi e mi dà una mano

quando c’è da soccorrere qualche piccolo amichetto a quattro

zampe.

Quando sono in sua compagnia, comprendo che dietro il suo

silenzio c’è qualcosa di profondo; lo osservo mentre vado in

giro per il bosco a controllare la salute degli animali; sono un

veterinario capace di comprendere da ogni movimento il com-

portamento dell’animale che mi appresto a visitare ma Elia....

Elia a volte si ferma e li guarda fisso negli occhi muovendo un

po’ la testa, i suoi occhietti tremano nelle palpebre accompa-

gnando il cinguettio degli uccellini o lo squittio degli scoiat-

toli, sembra conversare con gli animaletti del bosco senza che

alcuno fugga via da lui o si impaurisca almeno un po’.

Il suo linguaggio con gli animali è buffo ma i bambini lo guar-

dano affascinati perché i cuccioli del bosco giocano con lui e

gli ubbidiscono quando alla sera fa loro cenno di tornare nelle

tane.

Elia è un bimbo speciale e presto, anche nel suo silenzio, lo

dimostrerà....

La valle in cui è situata la nostra baita è incantevole, l’aria è

pura, l’acqua leggera e la natura che ti circonda è ancora

incontaminata, per questo si chiama Valle Pura..

Quando d’estate il sole illumina i prati scintillanti di fiori

multicolori, la natura risplende di una luce che sembra pro-

venire dal paradiso; il cielo è di un azzurro intenso, l’aria

purissima ti penetra nei polmoni; d’inverno poi, accoccolati

davanti al camino scoppiettante, vedi scendere dal cielo

color cenere bianchi fiocchi di neve che danzano volteggian-

do spinti dalla tramontana per poi posarsi sulla natura

addormentata.

Comprendi allora come sei fortunato a vivere a stretto con-

tatto con la natura.

Il mio piccolo adora anche essere avvolto dalla nebbia autun-

nale che nasconde tutto alla sua vista....

In quei giorni, quando tutti hanno il morale color grigio topo,

egli è felice di potersi dedicare al suo passatempo preferito:

leggere; eh sì, la biblioteca della sua camera è ricchissima di

libri di ogni specie, libri coloratissimi, illustrati che trattano

soprattutto.... indovinate un po’.... storie di animali.

Quando poi si è sciolta anche l’ultima neve e gli alberi si rico-

prono di gemme nuove, Elia respira a fondo l’aria ancora pun-

gente dei suoi monti, che contiene in sé già il profumo della

primavera.

In quelle tiepide giornate il piccolo porta con sé, in un minu-

scolo zainetto arancione a forma di orsetto, un po’ di pane e

frutta per i suoi piccoli amici che escono dal letargo; sbricio-

la pane, sbuccia mele e lascia cadere a terra piccoli frammen-

ti di cibo per i suoi piccoli amici affamati dopo il lungo sonno

invernale.

Capitolo IIIl Temporale

Cosa fai Elia? – Chiesi, gesticolando con le mani, una mattina

dopo un burrascoso temporale che aveva devastato Loviera, la

frazione di montagna dove io ed Elia viviamo.

Elia mi guardò e sorrise.... indossò gli stivali e corse fuori in

mezzo al fango e ai rami spezzati sotto la Quercia Madre....

Lo guardavo mentre ai piedi del grande albero sorrideva agli

animaletti che gli correvano incontro. Uno di loro salì sul

palmo della mano di Elia che lo avvicinò al suo orecchio come

se lo scoiattolino gli stesse sussurrando qualcosa.

Elia lo guardò fisso muovendo i suoi occhietti come se gli

rispondesse, lo adagiò su uno dei rami più bassi della quercia

e corse in casa dirigendosi verso la dispensa.

Capìi che Elia cercava qualcosa.

Cosa cerchi Elia? Vuoi che ti aiuti? Qualche tuo amichetto sta

male a causa del temporale?

Elia fece cenno verso la dispensa....

Vuoi dirmi che hanno fame? – chiesi ancora, Elia fece cenno di

sì con il capo mentre i suoi occhi e il suo sorriso esprimeva-

mo tanta gratitudine come se le nocciole che stavo prenden-

do dal barattolo, nella dispensa in alto, fossero per lui.

Ecco qui, credo che queste nocciole facciano al caso nostro.

Ma sai Elia, non credo abbiano fame i tuoi amici, di questi

tempi avrebbero già dovuto avere le tane piene di scorte.

Elia mi guardò con stupore e cominciò a mimare la scena del

temporale che aveva distrutto e spezzato i rami degli alberi

del bosco, l’acqua del fiume era andata in piena e la pioggia,

insieme ad essa, aveva rovinato le provviste degli scoiattoli

della zona.

Come fai a sapere questo, Elia? Come fai a sapere che il fiume

è andato in piena, a parte il fango non vi è nessuna traccia che

le acque siano straripate e se è davvero successo che il fiume

si è ingrossato, molti altri animali della parte nord potrebbe-

ro essere in pericolo, aver avuto degli incidenti.... devo anda-

re a vedere. Non uscire di casa Elia, non vorrei che tornasse la

pioggia e gli effetti fossero irreparabili. Me lo prometti picco-

lo? – Dissi tutto d’un fiato poggiando le mie grandi mani sulle

piccole spalle del bimbo, allarmato da un possibile pericolo.

Elia come un piccolo uomo fece cenno di sì. Non si sarebbe

mosso di casa prima del mio ritorno.

Corsi con la mia borsa del pronto soccorso nelle mani verso il

cuore del bosco; da lì sarei sceso verso il fiume a sud per

vedere se gli animali avevano bisogno d’aiuto.

Passarono circa cinque ore prima che facessi ritorno a casa.

Elia aveva acceso le luci nella baita e attizzato il fuoco nel

camino per accogliere il suo papà stanco. Era pronta anche la

minestra e il suo delicato sapore mi giungeva a dare il benve-

nuto, come sempre, al mio ritorno. Mi distesi senza fiatare

nella mia poltrona carezzando la testa di Elia che si

sforzava di liberarmi da quei pesanti stivali.

Come hai fatto Elia? Come hai fatto a sapere che il bosco era

andato distrutto, che il temporale a sud era stato devastan-

te, che gli animali erano in pericolo ed erano rimasti senza

cibo? Qui non è mai avvenuto nulla di simile – la mia mimica

diventava via via più fiacca per la fatica. Avevo combattuto

contro la natura da solo per aiutare i miei indifesi pazienti,

avevo liberato gli animali dalle trappole saltate a causa della

pioggia violenta, li avevo aiutati a risalire dai dirupi, li avevo

fasciati e nutriti con le riserve della baita del vecchio zio

Burt, uomo solitario e silenzioso che non accumulava né beni

né denaro ma solo provviste per i cuccioli del bosco.

Come hai fatto a sapere? – terminai prima di addormentarmi.

Elia mi guardò con affetto, mi sorrise e mi mise sul petto una

foto.... la mamma.... era stata la mamma.... i suoi occhietti par-

lavano agli animali del bosco e le sue orecchie percepivano i

suoni indecifrabili agli altri.... la sua mamma gli aveva lasciato

quel dono!

Capitolo IIINonno Giacu

Nonno Giacomo - Giacu nel dialetto locale - è un nonnino di 91

anni che vive da solo, nella baita accanto alla nostra, in com-

pagnia del suo vecchio cane, un enorme pastore maremmano di

nome Tommy.

E` un nonno che, nonostante l’avanzata età anagrafica, ha

conservato uno spirito giovanile, sportivo, dinamico e pieno di

entusiasmo.

Ama fare lunghe passeggiate nei boschi e nel paese è consi-

derato quasi un patriarca.

La sua casetta è veramente minuscola; arrivando dalla strada,

si vede un piccolo giardino pieno di fiori profumati e colora-

tissimi e un orticello dove il nonnino coltiva personalmente le

patate, l’insalata e altri ortaggi con cui prepara le sue

saporite minestre.

Entrando in casa di nonno Giacu, si avverte subito un buon

profumo di pulito, di legna bruciata, di polenta cucinata

secondo la tradizione in un antico paiolo di rame che lui stes-

so lucida, con le sue mani grinzose che sono ancora molto

forti, alla fontana vicino a casa sua dove scorre un’acqua

purissima, gelida anche in piena estate.

Nonno Giacu, con una pazienza infinita che lo contraddistin-

gue, ci racconta come un tempo fosse così difficile la vita su

questi monti; quando d’inverno scendeva tanta neve, si resta-

va a casa a raccontare fiabe e leggende.... Si trascorrevano

così le serate, tutti insieme nella stalla; i bimbi giocavano, le

donne cucivano o lavoravano a maglia, gli uomini riparavano

attrezzi agricoli e i vecchi narravano fiabe.... per i bambini è

impensabile un mondo in cui non esistano né la tv, né il compu-

ter, né i giochini elettronici.... è un vero piacere entrare nella

sua casetta; i vetri, lucidissimi, risplendono alla luce del sole,

coperti da candidissime tendine di pizzo; in mezzo alla tavo-

la, nella grande cucina, sono sempre presenti colorati fiori di

campo, appese alla parete ci sono vecchie foto di famiglia in

bianco e nero, piccoli cimeli, ricordi di guerra....

Quella mattina il profumo di terra bagnata riempiva l’intera

Valle Pura; Elia, alzatosi di buon’ora insieme a me, stava

andando a far visita a nonno Giacu.

Nonno Giacu è un po’ il nonnino di tutti, è uno dei più anziani

nel villaggio ma non ama passare il giorno in compagnia degli

altri nonni, non ama invecchiare stando fermo a giocare con le

carte lamentandosi insieme agli altri anziani degli acciacchi e

dell’età avanzata.

“Bisogna invece ringraziare il buon Dio, dice dietro quei sim-

patici occhialini tondi, del grande dono della vita e che essa

continui a vivere attraverso i nostri figli” – dice sempre così

nonno Giacu.

Nonno Giacu, seduto nella sua sedia a dondolo, può guardare

i bambini giocare nel parco. Li saluta al mattino quando si reca

a scuola e divide con loro la merenda al pomeriggio quando,

finiti i compiti di scuola, si riuniscono da lui per ascoltare le

sue storie. E tra fette di pane e marmellata, biscotti al burro

e torte di mele preparate da Ada, i bambini ascoltano le sto-

rie di guerre passate che nonno Giacu narra affermando....

“chi ha vissuto la guerra, bambini, ama la pace e la vita. Ma un

giorno, quando non ci sarò, non siate tristi per me perché

vorrà dire che sarò partito per uno lungo viaggio....”.

I bambini diventano immediatamente tristi....

- non partire nonno Giacu – dice la piccola Nina

- non andartene nonnino – continuano gli altri e con lo sguar-

do anche Elia gli chiede di rimanere.

- Non rattristare i bambini – sussurra sorridendogli Ada, la sua

vicina che di tanto in tanto lo aiuta nelle faccende domestiche.

- Non abbiate paura, bambini – riprende nonno Giacu – questo

viaggio mi terrà vicino a voi in una dimensione diversa; sarò

ricordo nelle vostre memorie, calore nei vostri cuori e mi

aggiungerò alle stelle sotto i vostri occhi. Ma ancora sono

troppo giovane.... - termina ridendo nonno Giacu facendo ride-

re anche i bimbi dei suoi novantun anni e dei suoi quattro

denti.

Quella mattina, però, stranamente Tommy aveva raggiunto a

metà strada Elia e me. Tommy non si separava mai dal nonno

e questo allarmò entrambi. “Tommy, dove si trova nonno

Giacu, perché non sei con lui?” – chiesi io, conscio del fatto

che il fedele amico non poteva rispondermi.

Elia divenne serio, guardò fisso Tommy negli occhi, il pastore

cominciò ad abbaiare e, tirando per la maglia Elia, sembrò

intimargli di seguirlo. Io ero già pronto per correre dietro a

Tommy, ma Elia mi arrestò per il braccio.... capii che Elia lo

invitava a trovare una corda; nonno Giacu era caduto nella

scarpata. Avevamo percorso qualche chilometro d’un fiato e

nonno Giacu era lì, silenzioso, in fondo alla scarpata. Tommy

continuava ad abbaiare mentre io, dopo aver legato la corda

ad una roccia, mi calavo giù lentamente caricandomi infine

nonno Giacu sulle spalle.

Era salvo! Nonno Giacu era salvo. Aveva perduto conoscenza

nella caduta. Quando rinvenne si sentì dolorante a causa di

una frattura che aveva riportato nello scivolare giù; un cespu-

glio aveva reso meno violento l’urto e quindi quelle ossa forti

si sarebbero riprese presto.

“Ero andato a raccogliere le more perché Ada ne aveva biso-

gno per una nuova ricetta – disse nonno Giacu – ma come avete

fatto a trovarmi? – Chiese – sei stato tu, vero Tommy?”

– Continuò nonno Giacu rispondendo a se stesso.

Tommy indietreggiò accucciandosi poi guardò Elia che, sorri-

dendo, gli strizzò l’occhio.

Come incoraggiato da Elia, Tommy si alzò e festoso cominciò

ad abbaiare e a saltare per la stanza facendo sorridere tutti.

Capitolo IVLa Nevicata

Quanta neve cadde quella notte!

Quando Elia si affacciò alla finestra, vide una miriade di can-

didi fiocchi scendere dal cielo, sempre più fitti.... la neve

aveva ormai formato un soffice manto spesso qualche centi-

metro che ricopriva i prati, i rami degli alberi, le tane dei suoi

amici.... e non accennava a diminuire!

Quanto amava Elia, nelle lunghe notti invernali, assistere a

quello spettacolo meraviglioso!!!

Pensava, anzi ne era certo, che fosse la sua mamma a mandar-

gli questo dono che lo rendeva così felice!

Ogni anno, puntualmente, la notte di Natale il cielo diveniva

prima grigio poi si colorava di un rosso scuro, particolare, quel

rosso che Elia conosceva bene, in quanto portatore di neve; il

suo pensiero corse subito ai suoi amici animali, alle astute

volpi, ai teneri cerbiatti, alle marmotte dal pelo morbido che

si lasciavano dolcemente accarezzare dalla tenera manina di

Elia.... già a volte anche i loro monti incontaminati potevano

nascondere un pericolo....

Elia ricordò quella volta in cui aveva trascorso una giornata

stupenda in compagnia delle sue amiche marmotte....

Era una giornata radiosa; il sole, piacevolmente caldo sulla

pelle, irradiava la sua luce sui pascoli, sugli alpeggi tanto da

renderli di un verde brillante; il cielo, tersissimo, risplendeva

rendendo tutto scintillante; le rocce, gli alberi, i fiori.

Le marmotte erano tutte di fronte alla tana di Otty, la mar-

motta appena nata, un batuffolo peloso che non riusciva anco-

ra a tenere gli occhi aperti.

Tutte le marmotte delle montagne vicine erano giunte sul

luogo per salutare la neonata.

Anche Elia naturalmente era presente; anzi, fu proprio lui a

proporre di stare di vedetta per avvistare eventuali pericoli....

Si sedette sull’erba fresca, soffice, tra i fiori di colore gial-

lo e viola....

Si mise a giocare con un grillo, quando vide avvicinarsi

un’enorme sagoma nera....

Il sole era da poco tramontato dietro la montagna e le ombre

della sera danzavano sui prati.

Il ragazzo impiegò una manciata di secondi a capire che si

stava pericolosamente avvicinando alla tana delle marmotte

un vecchio enorme orso che aveva tutta l’aria di essere piut-

tosto affamato; se solo si fosse accostato alla tana delle mar-

motte, avrebbe seminato il terrore fra quegli esseri inermi....

L’orso avanzò con la sua mole imponente; Elia ebbe un fremi-

to di paura.... quando incontrò lo sguardo del bestione che si

avvicinava con fare minaccioso.... Il ragazzo istintivamente si

schermì facendosi scudo con le braccia sul viso, raggomitolan-

dosi a terra.... l’orso lo annusò e prese ad accarezzarlo con la

sua enorme zampa.... si instaurò un dialogo stupendo tra il

bambino e l’animale che pareva sussurrare “non aver paura,

non voglio farti del male, per me e per quelli della mia specie

aggredire l’uomo è un istinto dettato dalla necessità di difen-

derci.... tu sei una creatura che ama gli animali, tutti gli esse-

ri viventi, la natura di cui fai parte”.... Il bambino annuiva con

lo sguardo e gioiva, dentro al suo cuore, per la dolcezza di

questo bestione peloso, così spaventosamente massiccio

all’apparenza, ma in cui albergavano dolcezza e tenerezza....

A Elia, ancora in piedi davanti alla finestra, pareva quasi di

intravedere, tra i fiocchi fittissimi, la slitta di Babbo Natale

che, guidata dalle sue inseparabili renne, percorreva le vie del

cielo per portare i doni a tutti i bambini del mondo.

Elia, che cosa fai con il naso incollato alla finestra?

È ora di andare a letto!...

Attraverso i miei gesti, Elia si distolse dai suoi pensieri; Il

piccolo si girò verso di me e mi fece capire, con la sua dolcez-

za, che si era abbandonato alle sue fantasie; allora ubbidien-

te spense la luce e si infilò sotto le coperte. Mentre i bimbi

sognavano, era scesa una purissima coltre bianca sul paesino

addormentato....

L’indomani, al suo risveglio, gli occhi di Elia luccicavano di feli-

cità nel vedere tutto ricoperto di bianco; il suo cuore gioiva

ogni volta che quel candore scintillante come diamante rico-

priva i tetti delle case.... infilò un maglione di lana rosso e

uscì; l’aria era tagliente, gli mozzava il respiro.... il ragazzo

camminò con le mani in tasca fino al fiume, che si era trasfor-

mato in un lastrone di ghiaccio uniforme; I suoi amici camosci,

mamma e figlioletto, erano scesi a valle perché lassù, in alta

montagna, il cibo scarseggiava.... per spingersi fino ai campi

coltivati a trovare un po’ di cibo però bisognava attraversare

il fiume ghiacciato; come fare? Elia e mamma camoscio si

scambiarono uno sguardo d’intesa: il piccolo salì sulla schiena

della mamma la quale, appena appoggiò le sue esili zampette

sul lastrone di ghiaccio, perse l’equilibrio e si mise a pattina-

re, non riuscendo più a rialzarsi.

Elia dalla sponda del fiume tese le mani per afferrare il cuc-

ciolo di camoscio e così lo aiutò a raggiungere la riva vicina

sano e salvo insieme alla sua mamma.

I due ringraziarono il ragazzo che non faceva mai mancare il

suo aiuto.

Capitolo VSpettacolo di beneficenza

Pensieri di Elia

E` mattina presto; io e il mio papino ci alziamo dal letto alle

sei.

Dalla finestruccia del bagno, mentre mi lavo, ogni tanto lo

osservo, seduto sulla panca da lui stesso costruita, immobile,

sereno, rilassato, così tanto che sembra dormire da seduto.

Dopo essermi lavato e vestito, consumiamo insieme la colazio-

ne, ringraziando il buon Dio per il cibo cui provvede e per la

giornata che sta per iniziare.

Io lo guardo con fare interrogativo e lui mi fa capire i suoi

pensieri.... ”Papà si rilassa.... Bisogna abituarsi a pensare che

siamo esseri di luce provenienti da un mondo spirituale, e là

torneremo, proprio come ha fatto la mamma, perché è

la nostra vera dimora.

Dobbiamo vivere ogni giorno con stupore e meraviglia....

Sedersi a meditare è un modo per ritrovare se stessi, il pro-

prio equilibrio; ti aiuta a vivere in armonia.... è così piacevole

percepire la natura.... gli alberi.... lasciarsi accarezzare dal

vento, sentirsi cullare così dolcemente, trasportati sulle ali

della fantasia.... Imparare la saggezza da un semplice filo

d’erba che non oppone resistenza al vento.... è davvero

un’esperienza unica, un toccasana naturale, stare così a rilas-

sarsi respirando i profumi della natura.... E` sufficiente una

manciata di minuti la mattina e la sera; ti aiuta a mantenere

un atteggiamento di umiltà, di apertura mentale, ti fa sentire

bene e soprattutto.... ricco interiormente....

Il mio papà, oltre ad essere veterinario, è consigliere comu-

nale, si interessa di ambiente e provvede alle fasce sociali più

bisognose.

Il mio paese non ha barriere architettoniche; sapete cosa

vuol dire?

Che nonostante le costruzioni risalgano a molti anni fa, per

accedere ai vari edifici o ai negozi non vi è nessun impedimen-

to per chi ha problemi di deambulazione.

Ad esempio Daniele, un graziosissimo ragazzetto di tredici

anni che si muove in carrozzina, può recarsi in tutti i luoghi in

cui gli altri normalmente accedono con le proprie gambe.

Daniele è un vero piccolo genio del computer; purtroppo la

sua famiglia è così povera da non potersi permettere di acqui-

starne uno nuovo per il ragazzo, a cui viene offerta la possi-

bilità di utilizzare quello di proprietà del Comune.

Un giorno mi venne un’idea che feci comprendere a papà....

Quella di organizzare uno spettacolo nell’oratorio del paese, i

cui proventi sarebbero serviti per l’acquisto del computer per

Daniele.

Così fu; realizzai, con l’aiuto del mio papà e la collaborazione

del parroco, uno spettacolo; pensate che quel giorno

nell’oratorio erano presenti più di cento persone, quasi tutto

il paese.

Gli attori erano.... i miei amichetti; due scoiattolini, un gatto,

un cane, un canarino, una volpe, tre marmotte e il simpatico

orso.

Ero molto emozionato quel giorno; da molto tempo addestra-

vo i miei piccoli amichetti a compiere varie acrobazie, molto

buffe; ci eravamo divertiti un sacco insieme nel preparare

questo spettacolino: i miei amici dovevano esibirsi in acroba-

zie di vario genere con una palla coloratissima; erano disposti

tutti in cerchio e, muovendosi ritmicamente a suon di musica,

dovevano far sì che la palla passasse dalle zampe dell’uno e

dell’altro.

Per l’occasione i miei piccoli amici si erano vestiti con dei

costumi di foglie, erba , fiori....

Erano davvero graziosi così abbigliati e.... come risero quan-

do mi videro con il mio coloratissimo abito da clown pieno di

toppe, le scarpe enormi, il naso posticcio rosso che di tanto in

tanto si accendeva come una lampadina.

La volpe rideva a crepapelle emettendo dei versi che pareva-

no quasi.... umani.

Io ero un giocoliere e, lanciando per aria le palline colorate,

ogni tanto sbagliavo a causa dell’emozione e ci fu persino un

passerotto che, scambiando la mia parrucca bionda per gra-

noturco, si infilò tra i miei capelli per cercare chicchi di

mais.... da portare nel proprio nido.

Fu un successo straordinario, tanto che alcuni adulti commen-

tarono: “Questi animaletti sembrano davvero degli umani!”

Un signore del pubblico, alla fine dello spettacolo, mi si avvi-

cinò e, congratulandosi con me, esclamò: “Bravo Elia, li hai

ammaestrati veramente bene questi animaletti!”

Io, ringraziando educatamente con un ampio sorriso e un

cenno del capo, gli feci capire che non intendo limitarmi ad

addestrare i miei amici animali; li voglio educare con amore al

rispetto reciproco.... a volte gli uomini si fanno la guerra per-

ché si credono diversi.... magari soltanto perché hanno abitu-

dini diverse, o un diverso colore della pelle.

I miei amici hanno compreso che la tolleranza, l’accettazione

di chi è apparentemente diverso da noi non porta mai alla

distruzione, l’amore non porta all’isolamento.

Quando lo spettacolo terminò, tutti, adulti e bambini, aveva-

no le lacrime agli occhi per le risate e si sentivano.... a cuor

leggero, di buon umore; ridere fa proprio bene alla salute; è

un esercizio che si dovrebbe compiere ogni giorno, più volte

al giorno; se ridi non ti ammali mai, prova e vedrai!!!

Noi bimbi condividiamo con gli animali la possibilità di espri-

mere sentimenti ed emozioni senza che nessuno ci giudichi,

possiamo rotolarci per terra ridendo a crepapelle senza che

nessuno ci ritenga matti.

Fu così che, grazie a quell’indimenticabile serata, Daniele

ebbe il suo computer.... nuovo di zecca....

Ricevere fa piacere, ma donare rende felici....

Capitolo VIIl disperso

È il mese di agosto, fa abbastanza caldo, nonostante che qui

siamo in alta montagna.

Da pochi giorni si è trasferito nel nostro paesino un bambino

della mia età, carino, un po’ vivace, forse a volte anche un

po’ troppo....

Il suo nome è Alberto, il suo papà si è trasferito con la

mamma ed i nonni, in quanto è venuto a lavorare qui vicino in

una fabbrica dove imbottigliano l’acqua che sgorga dai nostri

monti.

Spesso ci vediamo al parco giochi ed Alberto, con la sua alle-

gria, ha legato con tutti noi.

Un giorno, mentre davamo quattro calci ad una palla, cominciò

a prendersi gioco di me imitando la mia gestualità nel comuni-

care; forse si aspettava una mia reazione, ma mio papà dice

sempre di non rispondere mai alle provocazioni, e invece io

replicai, ma con un sorriso, facendogli capire che non era riu-

scito ad imitarmi. A volte si incontrano persone che si espri-

mono in modo ineccepibile ed hanno una dialettica invidiabile,

ma sono talmente precisi da sembrare finti, costruiti, pro-

grammati e non è detto che quanto dicono provenga dal pro-

fondo del cuore.

Alberto rimase perplesso e andò via senza salutarmi.

Il papà di Alberto era un appassionato di montagna, ma non

conosceva bene i posti in quanto era arrivato da poco tempo,

tuttavia amava fare escursioni e fotografare i paesaggi.

Quel giorno, (e non lo dimentico facilmente perché era il 23

agosto, il giorno del compleanno del mio babbo), il babbo di

Alberto, un po’ incautamente nonostante il tempo non promet-

tesse nulla di buono, decise di fare ugualmente un’escursione

in alta montagna e per giunta da solo.

Erano le 3 del pomeriggio e il cielo si oscurò talmente tanto

che sembrava sera.

Si scatenò un temporale, come avviene qui di frequente sul

finire dell’estate.

Le nuvole avvolsero le montagne, gli scoiattolini miei amichet-

ti si rifugiarono nel nostro garage, abbandonando per il

momento la grande quercia.

Pensai al papà di Alberto; era andato su dopo pranzo, chissà

se era tornato.

Di solito questi temporali sono forti come intensità, ma dura-

no meno di un’ora; questo non solo fu intenso, ma sembrava

non avesse fine.

Si fece sera, e si diffuse la notizia che un uomo si era smar-

rito in montagna: era il papà di Alberto.

Cominciarono le ricerche con il soccorso alpino, ma le condi-

zioni meteorologiche erano proibitive; nonostante tutto, si

protrassero per tutta la notte fino al mattino successivo;

sono inesauribili quelli del soccorso alpino, non si arrendono

tanto facilmente, e spesso rischiano la propria vita pur di por-

tare in salvo quella degli altri.

In paese la mattina successiva vidi Alberto disperato, il suo

papino non tornava, e il mio amichetto non si dava pace.

Gli feci capire di non preoccuparsi, che sarebbe presto

tornato....

Ma non mi ascoltò e tornò a casa piangendo.

Tornai a casa; nel frattempo il temporale cessò, il cielo si

schiarì e le nuvole andavano dissolvendosi, il sole tornò a

riscaldare la splendida vallata; mi recai in garage, i miei due

amichetti erano grati per essere stati ospitati e protetti dal

temporale.

Chiesi loro se potevano aiutarmi, spiegandogli che si era perso

in montagna il padre di un mio amichetto; mi risposero che

l’unico modo per arrivare lassù era di competenza della regi-

na delle alpi: l’aquila.

Si decise di fare un passaparola e, nonostante alcuni animali

non fossero proprio amici per la pelle, si creò un cordone di

solidarietà per arrivare a salvare il povero malcapitato.

Gli scoiattoli avvertirono la marmotta e la stessa chiamò la

volpe e quest’ultima il lupo di montagna che avvertì l’aquila la

quale, dall’alto della sua maestosità, avvistò l’uomo che si era

rifugiato in un’insenatura tra le rocce, ed era lì bloccato in

quanto si era smarrito nella nebbia così fitta da non vedere

più nulla sotto i suoi piedi; la grotta in cui l’uomo si era rifu-

giato era umida e buia; le pareti erano ricoperte di muschio di

color verde scuro, le voci risuonavano echeggiando in modo

quasi sinistro… Era una cavità la cui entrata, per lo più rico-

perta di rami, era ridotta a una minuscola apertura…

eppure fu proprio grazie ad essa che il malcapitato riuscì a

salvarsi da quei fulmini tremendi....

L’aquila scese direttamente vicino a casa mia e prima si posò

sulla grande quercia, poi si avvicinò verso di me; con

un incredibile salto balzò sul davanzale della finestra di

camera mia, era bellissima; anch’io senza nessun timore mi

avvicinai a lei, era lì per aiutarmi.

Mi spiegò in modo dettagliato dove si trovava il papà di

Alberto, la ringraziai e riprese il volo.

Avvertii il soccorso alpino, e spiegai con estrema precisione il

punto dove si trovava il disperso.

L’abilità dei soccorritori riuscì a prelevare l’uomo che tornò a

casa e riabbracciò il figlio, che era talmente emozionato che

quasi.... era senza parole.

Sorrisi, ero felice per il mio piccolo amico.

Alberto seppe che fu grazie a me che il suo babbo era torna-

to a casa. L’indomani mi venne incontro, abbracciandomi e

ringraziandomi.

Gli risposi indicandogli il cielo, l’aquila, il bosco e i loro abi-

tanti, che non doveva ringraziare me, ma i miei amici animali.

Da quel giorno diventammo due inseparabili amici.

Ecco miei piccoli lettori.... ora, dopo aver letto la storia del

piccolo eroe della Valle Pura, capite perché mi ha toccato il

cuore.... Elia ci insegna che nella vita non ti devi arrendere

mai.. anche se non hai ciò che gli altri possiedono normal-

mente, puoi ugualmente mettere in atto strategie che ti

rendono vincente.... Egli, non avendo l’uso della favella e del-

l’udito, è diventato.... “speciale”, ha sviluppato facoltà non

meno importanti.... ci ha insegnato che siamo tutti uguali, non

ci sono persone superiori o inferiori, ognuno di noi deve,

seguendo le proprie inclinazioni, sviluppare le facoltà che

sente più congeniali. Il piccolo montanaro, con il suo amore per

la natura e gli animali, insegna che siamo tutti parte di un

grande progetto, siamo tutti utili.... ognuno può, nel suo pic-

colo, fornire un importante contributo per rendere il mondo

migliore....

L’autore Fabio Di Stefano

ha già pubblicato:

• Le avventure di Dodo Braun

Grazie alla vendita del

quale sono stati raccolti

e devoluti 6.100 Euro al terzo circolo

didattico, per favorire l’assistenza ai

bambini diversabili.

• Lasciati accarezzare l’Anima

L’incasso di Elia il Parlanimali,

verrà utilizzato per un intervento

mirato di osteopatia cranio-sacrale,

ippoterapia e fisioterapia, a favore di

bambini diversabili, affinché si possa

migliorare la loro qualità di vita.

Ringrazio Naomi Chiaramonte per la collaborazione.

Un grazie di cuore alla prof.ssa Susanna Picatto,

per la prefazione e per i preziosi consigli.

Illustrazioni: Danilo Sanino: cell. 3892776844

e-mail: [email protected]

© tutti i diritti riservati, riproduzione vietata

Finito di stampare nel mese di Novembre 2005presso la TIPOLITOEUROPA - CUNEO