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INFORMATICA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE APPUNTI DELLE LEZIONI – G. PREITE (A.A. 2005/2006) Dall’Autorità al Centro per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione L’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione venne posta in essere dal D.lgs n. 39/1993, il quale fissava le norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche. Il D.lgs era frutto di una legge che delegava il governo in carica alla razionalizzazione e alla revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di finanza territoriale e di previdenza sociale, in materia di informatizzazione dell’amministrazione pubblica. Le funzioni prioritarie dell’AIPA erano sostanzialmente rivolte: alla integrazione ed alla interconnessione tra i sistemi informativi automatizzati; alla emanazione di norme tecniche sui sistemi informativi automatizzati; alla redazione di criteri per la progettazione e la gestione dei sistemi informativi automatizzati. Tali funzioni vennero ampliate, con il passare degli anni, da ulteriori strumenti di regolazione e coordinamento dei processi di digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, tra cui: il sistema di approvvigionamento (acquisto) di beni informatici; la redazione dei piani triennali per lo sviluppo informatico. Per un intero decennio l’Autorità, nella sua attività di interazione con gli Enti oltre che i soggetti privati, ha riscosso un notevole successo grazie soprattutto alla sua 1

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INFORMATICA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONEAPPUNTI DELLE LEZIONI – G. PREITE (A.A. 2005/2006)

Dall’Autorità al Centro per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione

L’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione venne posta in essere dal D.lgs n. 39/1993, il quale fissava le norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche.Il D.lgs era frutto di una legge che delegava il governo in carica alla razionalizzazione e alla revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di finanza territoriale e di previdenza sociale, in materia di informatizzazione dell’amministrazione pubblica. Le funzioni prioritarie dell’AIPA erano sostanzialmente rivolte:

alla integrazione ed alla interconnessione tra i sistemi informativi automatizzati; alla emanazione di norme tecniche sui sistemi informativi automatizzati; alla redazione di criteri per la progettazione e la gestione dei sistemi informativi

automatizzati.

Tali funzioni vennero ampliate, con il passare degli anni, da ulteriori strumenti di regolazione e coordinamento dei processi di digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, tra cui:

il sistema di approvvigionamento (acquisto) di beni informatici; la redazione dei piani triennali per lo sviluppo informatico.

Per un intero decennio l’Autorità, nella sua attività di interazione con gli Enti oltre che i soggetti privati, ha riscosso un notevole successo grazie soprattutto alla sua forma di operatività che dal 1996 le ha consentito di lavorare in “piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione”1 e di elaborare progetti ad alto contenuto innovativo, tra cui:

l’archiviazione ottica dei documenti; l’introduzione e la regolamentazione della firma digitale; il protocollo informatico; la creazione di un Sistema di Connettività Pubblica.

A seguito della istituzione del Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, parte delle competenze tecniche e gestionali dell’Autorità si è sovrapposta portando ad una singolare forma di conflitto di interesse; la decisione a livello politico fu quella di accorparla, inizialmente, nell’Agenzia Nazionale per l’Innovazione Tecnologica, sacrificando di fatto

1 Così com’era previsto dall’art. 42 della Legge n. 675 del 1996.

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l’indipendenza che in passato la aveva caratterizzata2 e dando adito a confusione sui compiti, sulle funzioni e sulle sorti stesse dell’Autorità.3

Per ristabilire l’equilibrio e per porre rimedio alla temporanea confusione, nel giugno del 2003 viene emanato l’attuale Codice in materia di protezione dei dati personali, il quale, all’art. 1764 stabilisce formalmente che il termine AIPA si converte definitivamente in CNIPA: è il momento storico in cui l’Autorità si trasforma in Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione; è il momento storico in cui diviene strumento necessario per l’attuazione dei processi di governance e per il raggiungimento degli obiettivi decisi dall’organo politico.

L’istituzione, il ruolo e le funzioni del CNIPA

Con il provvedimento dell’art. n. 176 del D.lgs n.196/2003 il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione unifica in sé due organi: l’AIPA e il Centro Tecnico; opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con finalità rivolte all’attuazione delle politiche del Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie. Con questo provvedimento vengono ampliati i rapporti istituzionali ed interistituzionali oltre che con le amministrazioni centrali anche con quelle locali.Sulla a questione dell’autonomia c’è da precisare che il Governo si è espresso preventivamente nel sottolineare che anche il CNIPA gode (e godrà) della medesima autonomia di cui godeva l’AIPA, più precisamente opera: con autonomia tecnica, funzionale, amministrativa, contabile, finanziaria e con indipendenza di giudizio nel processo di innovazione della amministrazione pubblica e nel raggiungimento degli obiettivi auspicati dalle politiche di governo, oltre che comunitarie, in termini efficientistici di modernizzazione degli apparati pubblici.Se la progettazione, la gestione e lo sviluppo dei sistemi informativi automatizzati delle Pubbliche Amministrazioni costituiscono gli strumenti fondamentali per il miglioramento dei servizi pubblici, per il contenimento dei costi di gestione e per la trasparenza dell’azione amministrativa, il CNIPA rappresenta l’apparato di coordinamento da cui partono interventi diretti all’emanazione di norme tecniche e alla realizzazione di funzioni atte a:

supportare l’attività del Ministro per l’innovazione e le tecnologie nell’attuazione di politiche per l’innovazione;

definire i processi e gli strumenti nell’attuazione dell’e-government; dettare criteri e regole tecniche di sicurezza ed interoperabilità; coordinare i piani di sviluppo attraverso la redazione di un piano triennale

annuale; emettere pareri di congruità tecnico-economica sugli schemi dei contratti

concernenti l’acquisizione di beni e servizi riguardanti sistemi informativi; curare i rapporti con le istituzioni comunitarie nelle materie di competenza e per

gli aspetti tecnico-operativi;

2 Lo strumento legislativo utilizzato per la manovra è la Legge n. 3 del 16 gennaio 2003 “………”.3 E. Montanari “Dall’AIPA al CNIPA – I Parte”, pubblicazione elettronica del 17.10.2003 “Soppressa l'Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione, sostituita da un organismo simile, ma forse meno indipendente dal Governo”.4 Questo articolo determina l’istituzione del Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione modificando il comma 1 dell’art. 4 del D.lgs n. 39/1993 (ancora in vigore) con cui era stata istituita l’AIPA.

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definire i piani di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni orientandolo all’utilizzo di tecnologie informatiche innovative.

Il CNIPA e l’acquisizione di beni e servizi ICT

Nel dicembre 2003 il CNIPA ha costituito un Gruppo di Lavoro finalizzato alla realizzazione delle: “Linee guida sulla qualità dei beni e dei servizi ICT per la definizione ed il governo dei contratti della Pubblica Amministrazione”5.Le linee guida hanno lo scopo di definire prioritariamente un quadro di riferimento complessivo per gli appalti pubblici dei servizi ICT da parte delle PA, fissare metodi quantitativi per la definizione di misure di qualità, predisporre clausole da utilizzare nella fase di negoziazione per definire i capitolati contratti pubblici per la fornitura di beni e servizi nel settore dell’ICT; clausole da utilizzare nella fase di attuazione dei contratti ICT per il monitoraggio e la verifica del rispetto dei requisiti contrattuali in termini di tempi, costi, stato di avanzamento dei lavori, qualità e quantità attese dei servizi ICT richiesti.Le linee guida si rivolgono sia alle amministrazioni pubbliche sia ai fornitori di queste ultime innescando il meccanismo della biunivocità della relazione contrattuale secondo la filosofia che un qualcosa indicato e proposto a chi appalta (chi acquista) si riflette su chi offre (chi vende) e viceversa.Dal punto di vista delle amministrazioni l’adozione delle linee guida offre i seguenti vantaggi:

accellera la definizione degli atti di gara ICT; omogeneizza gli atti di gara; facilita l’emissione dei pareri CNIPA; integra le diverse culture necessarie alla acquisizione delle forniture ICT; permette di evidenziare e valorizzare le c.d. “best practices”.

Dal punto di vista dei fornitori l’adozione delle linee guida propone un economico ed efficiente processo di acquisizione di forniture ICT che:

aumenta la trasparenza delle gare; riduce possibili contenziosi tra le parti; permette di oggettivare il valore alla qualità dei servizi ICT offerti; contrasta le logiche del ribasso di costo; migliora la descrizione dei servizi ICT richiesti; riduce i costi di predisposizione delle offerte.

In sintesi si può affermare che con l’adozione delle linee guida si delinea una nuova filosofia gestionale, un nuovo approccio all’acquisizione di forniture che facilita la redazione degli atti di gara alle amministrazioni pubbliche e che al contempo migliora la

5 I documenti formali previsti dalle linee guida sono:Manuale d’uso → “Presentazione e utilizzo delle Linee Guida”Manuale applicativo → “Strategie di acquisizione delle forniture ICT”Manuale applicativo →“Appalto pubblico di forniture ICT”Manuale operativo → “Dizionario delle forniture ICT”Manuale applicativo → “Esempi di applicazione”Manuale di riferimento → “Modelli per la qualità delle forniture ICT”

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valutazione dell’opportunità da parte del fornitore di partecipare alla gara e, se questa valutazione è positiva, semplifica la predisposizione dell’offerta.

Il CNIPA ed il mercato elettronico: l’e-procurement

I termine e- procurement indica l’insieme delle tecnologie informatiche e telematiche, procedure, operazioni e modalità organizzative che consentono l’acquisizione di beni e di servizi in rete. In Italia, la diffusione del fenomeno nel settore pubblico, si inserisce in un processo molto più ampio di riforma e rinnovamento dei moderni apparati pubblici supportato da una parte dall’impiego di nuove tecnologie informatiche, telematiche e di comunicazione, dall’altra parte da una forte spinta al rinnovamento della struttura legislativa in ambito pubblicistico e amministrativistico.L’e-procurement rappresenta, dunque, una delle azioni fondamentali per la realizzazione del piano di azione di e-government, con l’obiettivo di potenziare in termini di economicità, di efficacia e di efficienza l’azione amministrativa nel mercato ICT (e non solo); ma per rendere possibile la realizzazione di tale sistema è indispensabile la presenza di alcune condizioni che possano consentire l’erogazione di servizi attraverso modalità innovative come: la creazione di nuovi canali di accesso ai servizi e alle informazioni, la necessità di ottimizzare l’operatività dell’attività di back office, l’interoperabilità e la cooperazione ed il collegamento tra le amministrazioni per una maggiore efficacia e trasparenza.Gli obiettivi che si intendono raggiungere si basano su:

la riduzione della spesa per la fornitura di beni e di servizi nella Pubblica Amministrazione anche attraverso l’aggregazione della domanda e la conseguente concentrazione degli acquisti;

la standardizzazione e la semplificazione delle procedure di acquisto; la garanzia e la trasparenza nelle operazioni di gara; l’apertura nel mercato delle forniture al fine di accrescerne la competitività; la selezione dei fornitori attraverso la stipula di convenzioni quadro vantaggiose

per l’amministrazione e nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e accessibilità;

la promozione degli acquisti in rete attraverso l’adozione e il consolidamento dei sitemi di e-procurement (mercato elettronico, negozi elettronici e gare telematiche);

il contenimento dei consumi attraverso la definizione di standard ed il monitoraggio costante della spesa.

Il DPR n. 101/2002 “Regolamento recante criteri e modalità per l’espletamento da parte delle amministrazioni pubbliche di procedure telematiche di acquisto per l’approvvigionamento di beni e servizi” (Regolamento sull’e-procurement), si raggiunge una fase molto importante di quel processo avviato originariamente dall’AIPA e ripreso successivamente dal CNIPA sotto la guida del MIT. Il regolamento disciplina lo svolgimento delle procedure telematiche di acquisto che alle Pubbliche Amministrazioni di effettuare approvvigionamenti di beni e servizi attraverso sistemi automatizzati di scelta del contraente. Il ricorso alle tecnologie informatiche e telematiche costituisce, in tal senso,

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uno strumento indispensabile per conseguire un’effettiva trasformazione dei rapporti tra cittadino, impresa e Pubblica Amministrazione dando così attuazione ai principi costituzionali di imparzialità e trasparenza delle scelte amministrative e consentendo la riduzione dei costi (principio di economicità).

Il CNIPA e le tecniche biometriche

Gli eventi legati al terrorismo internazionale degli ultimi anni hanno coinvolto hanno indotto una richiesta generalizzata di misure atte a incrementare la sicurezza. Nel contesto attuale l’utilizzo di caratteristiche biometriche quali impronte digitali, caratteristiche dell’iride o geometria del volto e della mano per l’identificazione o l’autenticazione dell’individuo, rappresenta l’unico strumento che consente, sotto opportune condizioni, di certificare l’identità dei soggetti sulla base di caratteristiche uniche e non riproducibili dell’individuo. Molti dei paesi a rischio terrorismo, fra i quali gli USA ed i paesi dell’UE, puntano sul passaporto contenente dati biometrici al fine di rendere più affidabile l’identificazione dei soggetti. Anche l’Italia ha promosso una serie di iniziative in tale direzione e che prevedono l’utilizzo dell’elemento biometrico nella realizzazione di documenti quali il passaporto biometrico e il permesso di soggiorno elettronico. Le notevoli potenzialità offerte dall’utilizzo delle tecnologie biometriche per l’autenticazione degli individui hanno fatto si che l’interesse intorno a tali tecnologie non rimanesse legato esclusivamente all’ambito investigativo e preventivo. La rapida digitalizzazione dell’informazione ed il notevole utilizzo delle reti rendono cruciali le problematiche legate alla sicurezza dell’acceso a dati e servizi on-line. La prima necessità che ogni organizzazione, pubblica o privata, incontra nel fare fronte a tali esigenze consiste nell’avere la certezza che chi accede alle risorse sensibili o semplicemente riservate, sia effettivamente chi dichiara di essere.I metodi attualmente più diffusi per autenticare gli utenti, quelli basati sull’uso di password, non sempre sono in grado di garantire il livello di sicurezza necessario.Nella Pubblica Amministrazione italiana si è ricorso all’utilizzo combinato di dati biometrici e di smart card che consente di certificare la titolarità della carta sulla base di caratteristiche più “forti” dell’usuale PIN. Inoltre l’utilizzo delle carte custodite dall’utente per la memorizzaznione del dato biometrico consente una più semplice gestione delle problematiche legate alla privacy ed al trattamento dei dati personali.Tenuto conto dell’importanza che le tecniche biometriche possono rivestire nei processi di e-government e, in generale, nei rapporti cittadino-istituzioni, il CNIPA ha ritenuto opportuno approfondire gli aspetti tecnici e normativi che riguardano la biometria e i suoi utilizzi, con particolare interesse alle applicazioni nel campo dell’e-government.Nel luglio del 2003 il CNIPA ha istituito un Gruppo di Studio sulle tecnologie biometriche che ha concluso i sui lavori nel novembre dello stesso anno producendo un documento dal titolo "Brevi note sulle tecnologie biometriche in un contesto ICT" contenente una “analisi dello stato della biometria” (condotta anche con incontri con società di analisti del mercato, con il mondo accademico, con fornitori e con altre amministrazioni pubbliche interessate alla materia). Nel novembre del 2003 il CNIPA ha istituito un Gruppo di Lavoro per la redazione delle "Linee guida per le tecnologie biometriche" con l’obiettivo di fornire indicazioni alle Pubbliche Amministrazioni per attività che prevedono il ricorso a tecnologie biometriche. Il documento fornisce indicazioni alle amministrazioni nella fase

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di progettazione di interventi che prevedono il ricorso a tecnologie biometriche. Viene offerta una panoramica sulle tecnologie disponibili e vengono esaminate le principali questioni legate agli aspetti tecnologici e forniti elementi utili per la valutazione delle soluzioni alternative per affrontate le tematiche legate agli ambiti sociali e normativi, con particolare riferimento alla tutela dei dati personali. L’ulteriore e fondamentale compito del Gruppo di Lavoro, oltre alla redazione delle Linee Guida, è quello di procedere alla realizzazione di un Vademecum contenente indicazioni operative per le amministrazioni a supporto della progettazione e realizzazione di sistemi biometrici, con riferimento a situazioni reali e concrete che di fatto si realizzano.

La partecipazione democratica elettronica: l’e-democracy

La promozione di nuove forme di partecipazione democratica derivate dal sistema della scienza e che sfruttano le tecnologie dell’informatica e dell’informazione, come nel caso dell’e-democracy6, rappresenta un elemento fondamentale e qualificante delle politiche nazionali per l’e-government nella società dell’informazione.Tuttavia la relazione tra nuovi gruppi sociali e sistema della politica rappresenta un rapporto difficile in quanto continua ad esistere un certo convincimento sulla concezione tradizionale da parte delle istituzioni politiche che porta a chiedersi se nella rete prevarrà la deriva oligarchico-tecnocratica ovvero se la rete sarà in grado di divenire il luogo della condivisione politica nella società dell’informazione, la nuova polis.Quest’ultima ipotesi sembra prevalere, negli ultimi tempi, grazie agli sforzi e alla particolare attenzione posta ai contesti “locali”, al coinvolgimento dei gruppi sociali e alla partecipazione del cittadino ai processi democratici di governance7 rendendo realizzabile il processo che porta al passaggio da un modello organizzativo autoritario e razionale ad un modello consensuale e partecipativo come forma di “cittadinanza telematica” e come base per una nuova forma di democrazia che presuppone un sistema garantista biunivoco, e che considera in particolar modo:

da una parte, la tutela dei diritti della sfera individuale di ogni singolo cittadino nei rapporti con i “moderni” apparati burocratici pubblici;

dall’altra parte, la gestione della “cosa pubblica” in maniera più efficace e consona alle attuali esigenze dei cittadini, dunque, della collettività.

In Italia, il piano di azione di e-government, ha coinvolto a pieno titolo Regioni ed Enti Locali, con l’obiettivo di seguire, implementare ed integrare le seguenti categorie di azioni:

azioni di informatizzazione che mirano a migliorare l’efficienza operativa all’interno delle PA;

azioni che mirano all’informatizzazione dell’erogazione dei servizi ai cittadini e alle imprese, che spesso comportano la interoperabilità tra diverse amministrazioni;

6 Dall’acronimo inglese “e” = electronic e democracy, letteralmente: democrazia elettronica.7 La partecipazione del cittadino in tal senso è orientata al governo delle scelte. Il ché si realizza con l’intensificarsi delle relazioni, di confronto e cooperazione, tra attori pubblici e privati. Una partecipazione dei cittadini e delle imprese (in veste di attori individuali e associativi, culturali e produttivi) più ampia (per bacino di soggetti coinvolti) ed estesa (per tematiche ed estensione temporale) ai processi decisionali.

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azioni dirette a consentire l’accesso telematico dell’utente a servizi e informazioni della PA;

Tali categorie di azioni sono a loro volta realizzabili attraverso:

la predisposizione di front-office e servizi di e-government per cittadini e imprese; la realizzazione di una rete nazionale avente caratteristiche e principi di

cooperazione applicativa; la interoperabilità dei sistemi di protocollo informatico e di posta elettronica

certificata da firme elettroniche; l’accesso telematico dei cittadini ai servizi dell’ente con la Carta di Identità

Elettronica e con la Carta Nazionale dei Servizi (smart-card); le garanzie sulla gestione e il trattamento (anche in termini di sicurezza) dei dati

personali e più ancora dei dati sensibili.

In estrema sintesi, il rafforzamento e l’introduzione di nuove forme di partecipazione dei cittadini potrebbe rappresentare l’elemento fondante del processo di ammodernamento delle istituzioni democratiche e di inclusione sociale.

Dal punto di vista normativo un passo decisivo si individua nel Codice dell’Amministrazione Digitale, in vigore dal 1 gennaio 2006, che all’art. 9 cita: “Lo Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all’estero, al processo democratico e per facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi”.Così come il concetto di democrazia, anche il concetto di e-democracy deve essere analizzato ed interpretato sotto diversi profili. La partecipazione democratica elettronica deve essere tradotta in:

inclusione sociale, che nel caso specifico si traduce in possibilità di inclusione di tipo tecnologico nella società dell’informazione;

accesso alla sfera pubblica e all’informazione, inteso come possibilità, da parte del cittadino, di esercitare un controllo democratico sull’operato delle istituzioni e sulla trasparenza dei processi decisionali politici;

partecipazione elettorale, con particolare riguardo al processo di voto che vede, oltre alle nuove modalità tecniche di votazione a distanza, particolari innovazioni riguardanti sia le modalità di selezione delle candidature, sia la formazione delle liste elettorali; a ciò si aggiungono le iniziative di democrazia diretta, come nel caso di referendum, iniziativa popolare, petizioni, appelli ecc.

coinvolgimento dei cittadini e delle loro forme associative in specifici e particolari processi decisionali che riguardano lo sviluppo, l’organizzazione e la pianificazione di “questioni locali”, come nel caso dei patti territoriali, dell’urbanistica partecipata, del piano del traffico, del piano sanitario, del bilancio partecipativo, ecc.

In ciascuno dei profili esposti ed in tutte le fasi del ciclo di vita decisionale, il dialogo, il confronto, la cooperazione tra i cittadini e l’amministrazione pubblica, possono essere ulteriormente promossi e sostenuti attraverso l’utilizzo degli strumenti offerti dall’ICT, senza per questo sostituire gli ambiti e le modalità della partecipazione attivata attraverso i

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canali e le sedi tradizionali. A ciò si aggiunga che le politiche per la promozione della partecipazione dei cittadini attraverso l’ICT possono divenire uno strumento di avvicinamento alle istituzioni per i soggetti distanti, per cultura o per rischio di esclusione (come nel caso dei disabili)8.

Politiche e tecnologie per la disabilità nella società dell’informazione

Per affrontare la questione connessa alle varie forme di disabilità, occorre partire dal termine inglese “handicap” inteso come uno svantaggio che insorge nella misura in cui la disabilità interferisce nelle aspettative della persona condizionando taluni aspetti, comportamenti e vicende del quotidiano. L’Organizzazione Mondiale per la Sanità definisce:

menomazione: la perdita anomala di funzioni psicologiche, fisiologiche e anatomiche;

disabilità: ogni forma di restrizione o mancanza dell’abilità, derivante da una menomazione, di svolgere un’attività nel modo o entro i limiti ritenuti normali per un essere umano;

svantaggio (handicap): condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità, che limita o impedisce l’adempimento di un ruolo normale (in dipendenza dell’età, del sesso e dei fattori sociali e culturali) per quell’individuo9.

Si evince che uno svantaggio è la risultante sia di condizioni ambientali che di menomazioni. Se le barriere vengono rimosse lo svantaggio per il disabile decresce anche se resta immutato il danneggiamento, ciò varia con diverse connotazioni da soggetto a soggetto. E’ pacificamente condiviso che le barriere non sono solo quelle architettoniche ma, al contrario, che quelle architettoniche sono le barriere che residuano quanto tutte le altre – psicologiche, logistiche, di conoscenza – sono superate10.Si può dunque affermare che, nel caso specifico della prevenzione degli svantaggi causati dalla disabilità, concorrono in modo determinante: il miglioramento della fruibilità dell’ambiente tenendo conto delle esigenze imposte dalla disabilità; dall’adozione di appositi strumenti, detti ausili, che sono concepiti per consentire alla persona disabile di fare ciò che altrimenti non potrebbe, oppure di farlo con minore sforzo o dispendio di energia, oppure di farlo in modo più sicuro o psicologicamente più accettabile. Entrambi i fattori concorrono ad offrire un contributo determinante sul recupero dell’autonomia del singolo nel senso di capacità dello stesso a svolgere attività corrispondenti alle proprie aspettative.11

La società moderna si caratterizza per le potenzialità offerte dalla possibilità della comunicazione globale che a sua volta riduce drasticamente i limiti tradizionali delle 8 “Linee guida per la promozione della cittadinanza digitale: e-democracy”. Progetto CRC – Dipartimento della Funzione Pubblica – Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie. Roma, 2004.

9 Fonte: Word Health Organization, 1980.10 A. Violante “L’attività dell’Inail nel campo dell’accessibilità” ” in “I disabili nella società dell’informazione. Norme e tecnologie” a cura di P. Ridolfi. FrancoAngeli, Milano 2002.11 G. Le Moli “Strumenti per migliorare l’accessibilità - disabilità e strumenti di riabilitazione” in “I disabili nella società dell’informazione. Norme e tecnologie” a cura di P. Ridolfi. FrancoAngeli, Milano 2002.

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attività umane. Occorre, tuttavia, che un tale vantaggio giunga a tutti; per questo è fondamentale definire, in termini operativi, il rapporto tra alcuni tipi di svantaggi ed il possibile aiuto che può derivarne da opportuni ausili.In ambito informatico, per rendere il sistema oggettivamente fruibile, si rende opportuno analizzare le caratteristiche dell’utente, tracciare le necessità e verificare successivamente la fruibilità del servizio reso.I moderni apparati pubblici costruiscono le loro politiche al servizio del cittadino partendo dall’accessibilità dei siti e dei relativi servizi; puntando da un lato al superamento delle barriere comunicative e all’utilizzo della tecnologia informatica per creare nuovi processi che possano favorire i disabili nella fruizione dei servizi on-line; e rafforzando, dall’altro lato, il diritto del disabile al telelavoro, che come tale deve essere esercitato in piena libertà e senza rischio che l’attività svolta utilizzando tale strumento possa diventare motivo di ulteriore isolamento ed esclusione sociale.L’evoluzione del quadro legislativo è vissuta all’interno della Pubblica Amministrazione come una irripetibile possibilità per contribuire efficacemente al miglioramento del welfare del nostro Paese.

La questione dell’accessibilità nella società dell’informazione

Accessibilità vuol dire soprattutto e-partecipation, cioè la rimozione delle barriere informatiche. Con questo termine si indicano le difficoltà che i disabili incontrano nell’usare un sistema informatico, che discendono da: carenze nella progettazione del software e dei contenuti dei siti web, che non tengono conto dei principi della progettazione universale e dell’usabilità, indisponibilità dei dispositivi specificamente realizzati per favorire l’uso dei computer da parte dei disabili. Il primo problema, pur non riguardando soltanto i disabili e la cui soluzione spesso non richiede alcun investimento aggiuntivo, ha notoriamente le conseguenze più negative sull’accessibilità. L’importanza dell’accesso dei disabili alle tecnologie informatiche è stata posta in evidenza in numerosi documenti internazionali ed è argomento prioritario nei programmi della Commissione europea.Anche a livello nazionale si è posta la necessità di elaborare strategie operative per il raggiungimento di questi obiettivi, fissando regole compatibili con il rapido evolversi della tecnologia e in grado di tenere conto del panorama vasto e composito delle necessità dei disabili. Con la Circolare n. 32 del 6 settembre 2001, "Criteri e strumenti per migliorare l’accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche", l’AIPA ha specificato i criteri da rispettare nella progettazione e nella manutenzione dei sistemi informativi pubblici al fine di garantire l’accessibilità.Nel luglio 2003 è stata istituita dal Consiglio dei Ministri la "Commissione Interministeriale permanente per l'impiego delle tecnologie ICT per le categorie deboli e svantaggiate" per la redazione del c.d. Libro Bianco su “Tecnologie per la disabilità: una società senza esclusi”, con il quale per la prima volta in Italia si è analizzata dettagliatamente la condizione dei disabili rispetto alle nuove tecnologie. Ulteriori compiti della Commissione sono:

proporre ai ministri competenti le azioni necessarie a garantire, sia nel pubblico che nel privato, l’accesso all’informazione destinata al mondo dei disabili, delle categorie deboli e svantaggiate; 

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individuare le applicazioni delle tecnologie innovative per il superamento delle limitazioni al godimento dei diritti fondamentali relativi all’informazione e partecipazione alla vita di relazione, con particolare riferimento all’accesso ai servizi e all’inclusione all’impiego nel mondo del lavoro; 

promuovere azioni per lo sviluppo della ricerca finalizzata all’impiego delle stesse tecnologie; 

realizzare di piani di iniziative a favore delle medesime categorie basate sull’applicazione delle tecnologie informatiche e orientate alla formazione, informazione, riabilitazione ed occupazione; 

predisporre annualmente un rapporto propedeutico al varo di norme necessarie per adeguare l’ordinamento nazionale ai livelli di qualità ritenuti più appropriati;

stabilire elementi e criteri per la definizione degli indicatori utili a definire i diversi livelli di accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche, per la loro relativa misurazione ed eventuale certificazione, sempre sulla base delle indicazioni dell’apposita segreteria tecnico-scientifica.

Il telelavoro come fatto sociale

La struttura organizzativa dell’impresa moderna riflette le trasformazioni che caratterizzano il mercato della new economy (nel nostro caso, ancora più specifico: net economy) in cui la competizione è sempre più accentuata ed in cui la flessibilità prende il posto al fianco delle tradizionali forme di strategia aziendale. Conseguentemente a ciò, l’organizzazione aziendale passa da un modello gerarchico ed accentrato ad un nuovo modello in grado di adattarsi meglio alla rapida evoluzione tecnologica, alle nuove opportunità di business nel mercato e alle nuove esigenze dei lavoratori.Il fenomeno del lavoro a distanza nasce nei primi anni ottanta, quando la crescente disponibilità e la diffusione di tecnologie per l’elaborazione e la trasmissione di informazioni ha indotto le imprese e le amministrazioni pubbliche a prendere in considerazione la possibilità di fruire a distanza di alcune prestazioni lavorative. In altri termini si è ritenuto possibile e sperimentabile eseguire alcuni lavori di trattamento delle informazioni in un luogo diverso dalla sede istituzionale ed operativa della organizzazione, facendo sì che gli imput-autput del prodotto lavorativo venissero utilizzati rispettivamente dal prestatore d’opera e dal datore di lavoro per il tramite di tecnologie informatiche di elaborazione e trasmissione di informazioni.Oggi i campi di applicazione del telelavoro sono concepiti secondo un nuovo modello costi-benefici in termini di efficienza, flessibilità e produttività, sotto il profilo aziendale a cui si aggiungono una serie di obiettivi generali di carattere sociale rivolti alla maggiore disponibilità di tempo lavorativo e flessibilità del tempo impiegato, alla mobilità e al tempo stesso alla riduzione degli spostamenti, alla decongestione delle aree urbane, allo sviluppo e al riequilibrio occupazionale, ed ancora alla riduzione dei costi di sistema, al miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle infrastrutture e alla riduzione dei costi di investimento per le stesse12.12 Cfr. S. Campodall’Orto e M. Gori “Telelavoro e flessibilità: due sinonimi dell’odierna società dell’informazione” in “Regole giuridiche ed evoluzione tecnologica – Telecomunicazioni, multimedialità, computercrimes, banche dati, privacy, copiright, telelavoro, telemedicina” a cura di C. Vaccà. Collana di diritto e prassi degli scambi internazionali. EGEA Editore. Milano, 1999.

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L’importanza del telelavoro è sempre più avvertita dalle istituzioni pubbliche in ambito europeo. In Italia si possono individuare essenzialmente tre modalità di adozione del telelavoro, differenti per l’ambiente di riferimento a cui si rivolgono:

Telelavoro a domicilio (homeworking). In questo caso ci si trova di fronte alla massima forma di decentramento del lavoro; con questa forma il telelavoratore (a vario titolo) svolge la propria attività a casa, con collegamenti telematici con il datore di lavoro o con i clienti, oppure alternando il telelavoro con attività convenzionali presso la sede aziendale.

Ufficio satellite (satellite/branch offices). In questo secondo caso, si tratta della riallocazione di una o più parti del processo produttivo aziendale in sedi decentrate collegate con la sede principale da reti telematiche, di solito localizzate ad una distanza ridotta dall’abitazione dei telelavoratori rispetto alla sede centrale.

Lavoro mobile (mobile work). In questo terzo caso il lavoro viene svolto prevalentemente presso la sede del cliente. Tale modalità operativa è molto diffusa nei settori commerciali che implicano una particolare assistenza tecnica.

Le differenti modalità operative che implicano l’impiego di soluzioni informatiche e telematiche in ambito lavorativo anche se aiutano a distinguere le diverse tipologie di lavoro a distanza, non sono sufficienti a definire formalmente le attività di telelavoro in quanto comprende tutta una serie di mansioni e di forme di decentramento operativo finalizzate al c.d. home computer.Risulta difficile prendere in considerazione in un’unica definizione tutte le problematiche connesse alle tecnologice impiegate, alla distanza, allo status del lavoratore, al tempo dedicato al lavoro a distanza. Anche la definizione di matrice americana secondo cui “il telelavoro è una forma flessibile di lavoro, che coinvolge una vasta gamma di attività e che implica la separazione spaziale dalla sede di lavoro, basata sulla elaborazione elettronica di informazioni e sull’utilizzo costante delle reti di telecomunicazione per il collegamento tra lavoratore e datore di lavoro” (Gordon, USA 1996), lascia numerosi dubbi sulla sua completa validità.La definizione di Gordon potrebbe essere valida per definire il telelavoro in senso ampio e generale; sicuramente adatta agli studi sui comportamenti sociali e sulla loro evoluzione a seguito dell’introduzione di nuove tecnologie nella società dell’informazione.

La disciplina del telelavoro in Italia

In Italia, le questioni giuridiche legate al telelavoro, alle forme di tutela possibili ed alla complessità degli interessi delle parti, sono state affrontate con consistente ritardo rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea. Nel nostro Paese la dottrina giuslavoristica è stata impegnata a lungo nel tentativo di qualificare giuridicamente la fattispecie e convenire ad una nozione di telelavoro caratterizzata da particolari modalità tecniche e spaziali di esecuzione della prestazione, ma che appare di per sé neutra rispetto alla classificazione degli schemi normativi del lavoro, tanto subordinato (art. 2094 c.c.) che autonomo (art.

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2222 c.c.). La prestazione del lavoro a distanza, infatti, potrà essere, a seconda dei casi, ricondotta ad un contratto di lavoro subordinato, autonomo, o anche parasubordinato13.Il primo elemento che caratterizza il lavoro a distanza riguarda il luogo in cui viene svolta l’attività lavorativa, mentre struttura e contenuto cambiano a seconda delle fattispecie lavorative, resta dunque da stabilire e definire a quale dei tipi legali previsti dal nostro ordinamento debba essere ricondotto il telelavoro14.

La dottrina ha individuato, in Italia, almeno cinque possibili modalità operative di telelavoro connesse ad altrettanti tipi di contratto di lavoro:

telelavoro come oggetto di appalto; telelavoro come oggetto di contratto d’opera; telelavoro come oggetto di contratto di lavoro parasubordinato; telelavoro come oggetto di contratto di lavoro subordinato; telelavoro come oggetto di contratto di lavoro subordinato a domicilio.

Le prime tre modalità operative (e contrattuali) di telelavoro rientrano nella categoria del lavoro autonomo; le ultime due rientrano nella categoria del lavoro subordinato.A parte questo tentativo di inquadrare il telelavoro in uno dei modelli contrattuali possibili, la disciplina italiana risulta circoscritta in un quadro normativo costituito da accordi-quadro tra le parti sociali, che verrà illustrato di seguito, e dal DPR N. 70/1999 “Regolamento recante la disciplina del telelavoro nelle Pubbliche Amministrazioni”.

L’Accordo sul telelavoro nella Pubblica Amministrazione

A seguito del parere favorevole espresso sull’ipotesi di accordo quadro sul telelavoro dal Coordinamento dei Comitati di Settore e in attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 4, comma 3, della Legge n. 191/1998, il 23 marzo del 2000 è stato sottoscritto “L’accordo sul telelavoro nelle Pubbliche Amministrazioni”.Con l’Accordo, le parti convengono preliminarmente sul fatto che le potenzialità positive che scaturiscono dal telelavoro sul piano sociale ed economico, necessitano, tuttavia, di appropriate regole e strumenti idonei ad assicurare:

alla Pubblica Amministrazione, la concreta possibilità di avvalersi funzionalmente di tale forma di flessibilità lavorativa;

al lavoratore, di scegliere una diversa modalità di prestazione del lavoro, che comunque salvaguardi in modo efficace il sistema di relazioni personali e collettive espressive delle sue legittime aspettative in termini di formazione e crescita professionale, senso di appartenenza e socializzazione, informazione e partecipazione al contesto lavorativo e alla dinamica dei processi innovatori.

Nell’ambito di ciascun comparto, la contrattazione potrà disciplinare gli aspetti strettamente legati alle specificità del comparto e, in particolare:

13 Cfr. E. Ghera “Diritto del lavoro”. Cacucci. Bari, 2003.14 Cfr. F. Del Giudice, F. Mariani, F. Izzo “Diritto del lavoro”. Edizioni Giuridiche Simone. Napoli, 2002.

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criteri generali per l’esatta individuazione del telelavoro rispetto ad altre forme di delocalizzazione;

criteri generali per l’articolazione del tempo di lavoro e per la determinazione delle fasce di reperibilità telematica;

forme di copertura assicurativa delle attrezzature in dotazione e del loro uso;

iniziative di formazione legate alla specificità del comparto.

Nell’ambito dei progetti di telelavoro nella Pubblica Amministrazione, così come previsto dall’art. 3 del DPR N. 70/1999, ogni singola amministrazione procede all’assegnazione a quei lavoratori che hanno dichiarato la disponibilità a ricoprire tale posizione, con priorità per coloro che già svolgono le relative mansioni o che sono già in possesso di esperienza lavorativa in mansioni analoghe a quelle richieste.Tuttavia può verificarsi che le richieste di adesione a tale modalità di lavoro a distanza siano superiori al numero di posizioni che l’amministrazione ha pianificato nella programmazione. In tal caso si procederà all’attribuzione utilizzando dei criteri di selezione che daranno priorità ad un lavoratore rispetto ad un altro, come:

situazioni di disabilità psico-fisiche tali da rendere disagevole il raggiungimento del luogo di lavoro;

esigenze di cura dei figli minori di otto anni; esigenze di cura nei confronti di famigliari o conviventi, debitamente certificate; maggiore tempo di percorrenza dall’abitazione del dipendente alla sede.

Inoltre, in conformità all’art. 3, comma 6 del citato DPR, anche un dirigente può esercitare le sue funzioni svolgendo parte della propria attività in telelavoro, sempre secondo quanto è previsto dal progetto dell’amministrazione di appartenenza.

Adempimenti e postazione di telelavoro

Come già illustrato nella prima parte dell’argomento trattato, il telelavoro si realizza secondo differenti modalità, le stesse previste dal progetto dell’amministrazione di riferimento – telelavoro a domicilio (homeworking), ufficio satellite (satellite/branch offices), lavoro mobile (mobile work) o altre forme di lavoro flessibili anche miste comprese quelle in alternanza – organizzate in un luogo idoneo diverso dalla sede dell’ufficio alla quale il dipendente è stato assegnato ed in cui sia tecnicamente ed operativamente possibile effettuare la prestazione a distanza.Ogni questione in materia di strumenti di lavoro e responsabilità deve essere formalmente definita prima dell’inizio dell’attività di telelavoro in conformità a quanto previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva, così come ogni questione in materia di costi.Il datore di lavoro fornisce al telelavoratore i supporti tecnici necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa e quest’ultimo si impegna al diligente utilizzo e custodia impegnandosi a non raccogliere né diffondere materiale illegale via internet. In caso di guasto o malfunzionamento degli strumenti di lavoro, il telelavoratore si impegna a darne immediato avviso alle strutture competenti.

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Il datore di lavoro ha la responsabilità di adottare misure appropriate atte a garantire la protezione dei dati utilizzati ed elaborati dal telelavoratore per fini professionali, ed in particolare per quel che riguarda il software.Il datore di lavoro provvede, inoltre, ad informare il lavoratore in merito ad ogni eventuale restrizione riguardante l’uso di apparecchiature, strumenti, programmi informatici ed alle eventuali sanzioni applicabili in caso di violazione.Le spese per l’installazione, la manutenzione della postazione di telelavoro e le spese relative al mantenimento dei livelli di sicurezza, sono interamente a carico dell’amministrazione di riferimento che è tenuta, inoltre, ad informare il lavoratore circa le modalità attraverso le quali avviene la valutazione del lavoro prestato, fermo restando il fatto che nessun dispositivo di controllo può essere attivato all’insaputa dei lavoratori.Ciascun progetto deve prevedere la possibilità di rientri periodici del lavoratore presso la sede di lavoro; tali rientri sono disposti con frequenza media da definirsi in sede di contrattazione di comparto. L’amministrazione deve garantire che la prestazione di telelavoro si svolga in piena conformità con la normativa vigente in materia di salute, dei lavoratori, ambiente e sicurezza; deve prevedere, nell’ambito delle attività formative dei dipendenti, l’effettuazione di iniziative di formazione generale e specifica tendente a garantire un elevato livello di professionalità e socializzazione per gli addetti al telelavoro; deve assicurare forme di comunicazione celere ed efficace (incluso l’utilizzo della posta elettronica) per rendere partecipe il lavoratore delle informazioni di carattere amministrativo, organizzativo e gestionale che riguardano la sua posizione lavorativa nell’amministrazione di riferimento.

Diritti e obblighi del telelavoratore

L’attività in telelavoro consegue ad una scelta volontaria del datore di lavoro e del lavoratore interessati.Il passaggio all’attività di telelavoro non incide, di per sé, sullo status del lavoratore; il rifiuto del lavoratore di optare per il telelavoro non costituisce motivo di risoluzione del rapporto di lavoro, né di modifica delle condizioni del rapporto di lavoro del lavoratore medesimo.La decisione di passare al telelavoro è reversibile e tale reversibilità può comportare il ritorno all’attività lavorativa tradizionale effettuata presso la sede del datore di lavoro su richiesta di quest’ultimo o del lavoratore.La prestazione di telelavoro è orientata a modelli innovativi di distribuzione dell’orario di lavoro, ferma restando la stessa quantità oraria globale prevista per il personale che presta la sua attività nella sede.Eventuali brevi periodi di interruzione del circuito telematico o “fermi macchina” dovuti a guasti non imputabili al lavoratore, vengono considerati utili al fine del completamento dell’orario di lavoro. In caso di fermi prolungati per cause di ordine strutturale, è facoltà dell’amministrazione richiedere il temporaneo rientro del lavoratore presso la sede di lavoro (sentite le OO.SS.).Il lavoratore, da parte sua, nel caso in cui la postazione sia ubicata presso la sua abitazione, è tenuto a consentire, con modalità concordate, l’accesso alle attrezzature di cui ha l’uso da parte dei tecnici e degli addetti alla manutenzione, nonché del responsabile di prevenzione e protezione e da parte del delegato alla sicurezza, per verificare la corretta applicazione

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delle disposizioni in materia di sicurezza, relativamente alla postazione di telelavoro e alle attrezzature tecniche ad essa collegate.Al lavoratore, la cui postazione di lavoro è ubicata presso la sua abitazione, dovrà essere corrisposta una somma, che potrà per alcune spese essere anche forfetaria, a titolo di rimborso delle spese connesse ai consumi energetici e telefonici, nonché delle eventuali altre spese connesse all’effettuazione della prestazione.Il trattamento retributivo, tabellare e accessorio, la fruizione delle ferie e dei permessi, è quello previsto dalla contrattazione collettiva, nazionale, integrativa e decentrata, che si applica ai lavoratori del comparto.Il lavoratore, infine, deve poter essere informato e deve poter partecipare all’attività sindacale che si svolge in azienda (con la previsione ad esempio di una bacheca sindacale elettronica), il datore di lavoro garantisce l’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del telelavoratore rispetto agli altri lavoratori dell’azienda, come ad esempio l’opportunità di incontrarsi regolarmente con i colleghi e di accedere alle informazioni che riguardano la vita aziendale.

Gli ulteriori accordi sul telelavoro e i contenuti

Il 16 luglio del 2002 è stato stipulato a Bruxelles un “Accordo-quadro europeo sul telelavoro”. Nel quadro della strategia europea per l’occupazione, il Consiglio Europeo ha invitato le parti sociali a procedere alla negoziazione di accordi diretti a modernizzare l’organizzazione del lavoro, includendo intese riguardanti la flessibilità sul lavoro, finalizzati alla produttività ed alla competitività delle imprese sul mercato ed a garantire il necessario equilibrio tra flessibilità e sicurezza.Tale Accordo è stato recepito in Italia il 9 giugno del 2004 con un “Accordo Interconfederale sul telelavoro” firmato dalle parti sociali15.In tale accordo le parti sociali vedono nell’attività di telelavoro non solo un mezzo che consente di modernizzare l’organizzazione del lavoro, ma anche un mezzo per i lavoratori che permette di conciliare l’attività lavorativa con la vita sociale offrendogli maggiore autonomia nell’assolvimento dei compiti affidati; ed inoltre convengono che se si intendono utilizzare al meglio le possibilità insite nella società dell’informazione deve essere maggiormente incoraggiata e promossa tale nuova forma di organizzazione del lavoro, deve essere migliorata la qualità del lavoro, devono essere offerte sempre più ampie possibilità sul mercato del lavoro (soprattutto per le persone disabili), deve essere coniugata flessibilità e sicurezza insieme.

15 L’Accordo è stato firmato da una parte: CONFINDUSTRIA, CONFARTIGIANATO, CONFESERCENTI, CNA, CONFAPI, CONFSERVIZI, ABI, AGCI, ANIA, APLA, CASARTIGIANI, CIA, CLAAI, COLDIRETTI, CONFAGRICOLTURA, CONFCOOPERATIVE, CONFCOMMERCIO, CONFETRA, CONFINTERIM, LEGACOOPERATIVE, UNCI; dall’altra parte: CGIL, CISL, UIL.

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