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INFORMATICA E GRAFICA PER IL WEB Scienze psicosociali della comunicazione A.A. 2017/2018 Università degli studi Milano-Bicocca docente: Diana Quarti LEZIONE 04

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INFORMATICA E GRAFICA PER IL WEB | A.A. 2017/2018 | docente: Diana Quarti 01

INFORMATICA E GRAFICA PER IL WEB

Scienze psicosociali della comunicazioneA.A. 2017/2018

Università degli studi Milano-Bicoccadocente: Diana Quarti

LEZIONE 04

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INFORMATICA E GRAFICA PER IL WEB | A.A. 2017/2018 | docente: Diana Quarti 02

LA COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI(Layout + Colore + Tipografia) : (Testi + Immagini) = Design : Contenuto

34 cycle! 35

“Bicicletta pieghevole per favorire il trasporto su autovetture”: questo il titolo del brevetto della

Graziella datato 22 dicembre 1964, un prodotto che coniugava efficienza, design e un po’ di snobismo. L’origine di questo importante capitolo del costume e della storia industriale italiana è legato quindi a dop-pio filo con la motorizzazione di massa, l’effetto più vistoso del boom economico. Ai quei tempi la mobilità sostenibile non era neanche una curiosità intellettua-le, nonostante di lì a poco iniziassero a levarsi i primi gridi di allarme su un paesaggio compromesso dalle grandi infrastrutture. L’uso della bicicletta, da prota-gonista della mobilità quotidiana, fu presto confinato nel tempo libero. L’automobile si era insinuata nei de-sideri degli italiani non solo come vettore di mobili-tà, ma anche come modello di consumo e garante di identità sociale. A sottolineare la dipendenza dal mon-do dell’automobile la prima Graziella montava camere d’aria con valvola schrader, quella che si gonfia dal benzinaio. Una volta piegata e riposta nella sua appo-sita sacca, la Graziella era più adatta a comodi bauli di auto di un certo tono, piuttosto che essere affastella-ta su stracolmi portapacchi simbolo degli esodi estivi in affollate utilitarie. I prodotti del design industriale di quegli anni sono rivolti alla classe media che può spendere, anche se per un solo articolo alla volta: de-vono quindi essere comunque portatili, pratici, come i televisori Brionvega che seguivano gli spostamenti della famiglia dalla residenza alla villeggiatura. A conti fatti, la specialità della Graziella non era tanto nell’es-sere pieghevole o pratica, quanto nell’essere riuscita, sfruttando l’inarrestabile traino della motorizzazione

di massa, a elevare a status symbol un veicolo che anno dopo anno perdeva visibilmente mercato. Oltre a vedere l’esordio della Graziella, il 1964 è stato infatti anche l’ultimo anno nel quale in Italia si sono vendu-te più biciclette che automobili prima del 2012, anno della riscossa delle due ruote come veicolo per la mo-bilità individuale: almeno nelle vendite.

il papà della Graziella: Rinaldo donzelliLa Graziella delle origini, un successo di portata glo-bale, è una bici uscita dalla matita di Rinaldo Donzelli (1921-1984), grafico e designer brianzolo con una car-riera punteggiata dall’impegno nelle due ruote. Amico e collaboratore di Bruno Munari, mostro sacro della grafica e del design made in Italy, donzelli diventò presto art director, curando gli allestimenti fieristici e l’immagine dei negozi per Gilera e Guzzi. Nella carrie-ra di Donzelli le due ruote a motore convivevano con il pedale, e nello stesso periodo ecco quindi arrivare anche incarichi simili per Bianchi e per la Teodoro Carnielli di Vittorio Veneto, che sarà poi il produttore della Graziella. La particolarità del design della Gra-ziella sta nella valorizzazione delle piccole dimensioni delle ruote, inizialmente da 16’’, in un insieme elegante e emotivamente compatibile con l’universo femminile, un target allora in espansione sia come potere d’ac-quisto sia nell’espressione di una inarrestabile eman-cipazione. Il nome della bici conferma questo obbiet-tivo; ma non deriva, come i più eruditi potrebbero supporre, dalla poesia Le due strade di Guido Gozzano (1907), dove una non più giovane Graziella va «sen-za cavalieri in bicicletta». La nostra Graziella prende

EPPUR sI PIEGa di Federico Del Prete

La Graziella compie 50 anni

40 cycle!

La passione per la Graziella ha infinite declinazioni. Dai collezionisti-restauratori ai creativi che “customizzano” le loro pieghevoli ridando vita – e che

vita! – a esemplari abbandonati a fare ruggine nelle cantine; dallo spirito olimpico e goliardico di chi organizza le Grazielliadi alle sfide in salita da

Guinness dei Primati di Franco Cacciatori. Questa una sintetica rassegna dei Graziellismi, biodiversità ciclistiche da preservare.

da cOllEzIONE

Una storia emblematica del revival Graziella può essere quella di Antonio

Dembech, cicloattivista della Fiab di Foggia, collezionista di Graziella e

animatore del blog miticagraziella.wordpress.org, dal 2008 punto di riferi-

mento per gli appassionati. Antonio doveva lasciare i suoi due figli piccoli

dalla suocera, per poi andare a lavorare. Lunghi tratti sprovvisti di trasporto

pubblico, da fare quindi in automobile. Antonio lavora in centro città, dove

è impossibile trovare parcheggio. Comprò così un catorcio di mountain

bike da lasciare parcheggiata abbastanza lontano dall'ufficio, per poi pe-

dalare l'ultimo miglio in bicicletta. La cosa funzionò per vari mesi, ma un

bel giorno non ritrovò né la bici né il palo, e l'unica possibilità rimasta per

evitare inconvenienti era trovare una bici che entrasse nel bagagliaio della

macchina. La sua prima Graziella, trenta euro, gli ha cambiato la vita, la

seconda (10 euro) è servita a sua figlia, e così via. Adesso ne ha dieci, ma

il suo rammarico di blogger è di aver contribuito a far schizzare verso l'alto

i prezzi: una Graziella restaurata a regola d'arte può costare anche mille

euro. Antonio preferisce usarle tutti i giorni, piuttosto che vederle in una

teca (miticagraziella.wordpress.org).

Diversa la storia di Willy, cento Grazielle in garage e una sterminata eru-

dizione su modelli ufficiali, misteriose varianti e oscuri accessori. Willy

non si ferma davanti alle distanze: la prima volta è andato in Spagna a

prendere un tandem, poi nella campagna di Copenhagen ha raccolto un

altro tandem equipaggiato con il cambio nel mozzo; nel viaggio di ritorno

si è fermato a Francoforte per un Triplet, cioè una Graziella a tre posti, e

così via fino a scoprire, sulle rive del lago Michigan negli USA, un rarissimo

e fin'ora unico esemplare rimasto del Rickshaw, ovvero un risciò a quattro

ruote dato da due Grazielle affiancate, con tanto di parasole. La passione

di Willy deriva dalla Graziella Oro dei suoi quattordici anni, il modello di

punta del catalogo, dotato di contachilometri, cambio 2V a contropedale

in serie con il freno e finitura, neanche a dirlo, dorata. Gli fu regalata dal

padre invece del motorino: una felice usanza che sta tornando di moda.

gRazIEllISmI

di Gino Cervi e Federico Del Prete

da REINVENzIONE cREaTIVaDal settembre del 2008 è online il blog Thriller Graziella (www.thrillergraziel-

la.com), il primo blog dedicato alla mitica pieghevole. Indianrope – così si fir-

ma il responsabile del sito – per presentare il suo progetto scrive: «Se qualcu-

no negli anni ne supponeva la morte commerciale o ha pensato che non se ne

sarebbe più vista una, questo blog vuole essere la dura e ferma risposta che

ne sancisce l’ errore. Mi piace pensare che le grazielle che giacciono nei box e

nelle cantine probabilmente non sono “morte”, aspettano solo sapienti mani

per fare ritorno dall’ade. […] Il mio personale intento è quello di condividere

questa pieghevole passione con voi e di approfondirne gli aspetti tecnici della

manutenzione e della customizzazione scambiandoci informazioni utili.» E in

effetti nel blog se ne vedono delle belle. Particolare il contest “The Thrillest

Grizzly”, dove Grizzly sta a indicare la Graziella modificata, diventata transge-

nica grazie all’irrefrenabile creatività di chi applica alla “docile” pieghevole le

soluzioni tecniche e “artistiche” più strabilianti. www.thrillergraziella.com

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Dieci anni in picchiatadi Claudio Gregori

Le scorribande di Marco Pantani, il Pirata

Il Passo di Monte Giovo, 2094 metri, è un intaglio sulla costa del monte, tra le Alpi dello Stubai e le Alpi Sa-rentine. Pascoli ardui e vette regali. Il Monte Re, il Monte Principe e la Cima delle Anime. Giganteschi gendarmi di confine. Marco non li guarda. Fissa un bersaglio che fug-ge. La schiena di Pascal Richard gli scompare davanti, precipitando a valle. È scollinato tredici secondi dopo di lui. Dietro, vicino e minac-cioso, ha il gruppo. È il 4 giugno 1994. Mancano qua-ranta chilometri all’arrivo. È il quinto passo della Lienz-Merano, 235 chilometri, quattordicesima tappa del Giro d’Italia. Marco ha già scalato il Passo di stalle, il Furcia, il Passo delle Erbe e il Passo Eores. «scatto del numero 34», aveva annunciato radiocorsa a un chilometro dal Passo di Monte Giovo. Ora scende come un falco in picchiata. Giù per la cresta e, poi, per la costa del monte. Allun-gato sopra il telaio, braccia tese, pancia sulla sella, i glutei che sfio-rano la ruota posteriore. Un cuneo aerodinamico che perfora. Nello

stile acrobatico e pazzo che Stefa-no Giuliani aveva portato al Giro. salta Pascal Richard. sprofonda nel bosco. attraversa radure. sfio-ra le case sparse di walten. Giù, a rotta di collo, per la strada tor-tuosa e stretta. Undici tornanti nel miagolìo dei freni. Trapassa una galleria. Giù, lottando con la forza centrifuga nel frinire delle ruote, nel tam-tam del cuore. Fa l’equi-librista sul filo. vola per la costa della Vannestal. Attraversa San Leonardo e San Martino. Galoppa sui saliscendi della strada. Irrom-pe a Merano e le case lo guardano stupite. Le finestre sono bocche aperte rosse di gerani. Incredulo, si volta. Non vede nessuno sul fondo della strada ed è folgorato da una certezza: ha vinto. Che gioia! La prima vittoria. Mentre Bugno bru-cia Chiappucci a quaranta secondi, ode la gente gridare il suo nome: «Pantani».

l’uomo che viene dal mareL’uomo che viene dal mare vince tra i monti. Al Giro doma il Mor-tirolo e si aggiudica due tappe, al

Tour infiamma la corsa, non vince mai, ma va sul podio dopo Indurain e Ugrumov. è la nuova stella. Una stella maledetta. E tutta la sua car-riera sarà alti e bassi, sconvolta da trionfi e cadute, incidenti, fatalità. Il Fato infierisce su di lui. Il 24 mag-gio 1997, al rientro dopo tre anni sulla scena del Giro, nella discesa del Chiunzi un gatto fa cadere lo svizzero Puttini. Pantani, coinvolto, è costretto al ritiro. Risorge al Tour e torna sul podio dietro Ullrich e Virenque. Entusiasma.Arriva solo all’Alpe d’Huez e a Morzine. diventa “il Pirata”. Un fenomeno mediale. E il 1998 lo consacra. Pantani conquista Giro e Tour. Il Tour 33 anni dopo Gimon-di. Il Giro e il Tour, la doppietta, 46 anni dopo Coppi. Però è il re di un ciclismo di naufraghi. Quel Tour è ferito dallo scandalo Festi-na, dagli arresti e dai fermi di poli-zia, dall’espulsione di una squadra e dall’abbandono di altre cinque, dallo sciopero. Un ciclismo falsa-to da un doping duro, all’Epo, che trasforma i ronzini in purosangue. Nel 1997 l’Uci, persalvare la pelle

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COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI: TESTI

Nella composizione del testo è importante:

» scelta del carattere

» gerarchia delle informazioni (titolo 1, titolo 2, sottotitoli, testo, didascalie ecc.)

» scelta degli stili, dei pesi, dei colori e delle dimensioni

» disposizione e ingombro nella pagina

» interazione con le immagini

BAUER FOTOGRAFO 1°ANNO | Editing e cultura visiva | A.S. 2011/2012 | docente: Diana Quarti 28

CAPACITÀ ESPRESSIVA DEI CARATTERI TIPOGRAFICI

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

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M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

M’illumino d’immenso.

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Dieci anni in picchiatadi Claudio Gregori

Le scorribande di Marco Pantani, il Pirata

Il Passo di Monte Giovo, 2094 metri, è un intaglio sulla costa del monte, tra le Alpi dello Stubai e le Alpi Sa-rentine. Pascoli ardui e vette regali. Il Monte Re, il Monte Principe e la Cima delle Anime. Giganteschi gendarmi di confine. Marco non li guarda. Fissa un bersaglio che fug-ge. La schiena di Pascal Richard gli scompare davanti, precipitando a valle. È scollinato tredici secondi dopo di lui. Dietro, vicino e minac-cioso, ha il gruppo. È il 4 giugno 1994. Mancano qua-ranta chilometri all’arrivo. È il quinto passo della Lienz-Merano, 235 chilometri, quattordicesima tappa del Giro d’Italia. Marco ha già scalato il Passo di stalle, il Furcia, il Passo delle Erbe e il Passo Eores. «scatto del numero 34», aveva annunciato radiocorsa a un chilometro dal Passo di Monte Giovo. Ora scende come un falco in picchiata. Giù per la cresta e, poi, per la costa del monte. Allun-gato sopra il telaio, braccia tese, pancia sulla sella, i glutei che sfio-rano la ruota posteriore. Un cuneo aerodinamico che perfora. Nello

stile acrobatico e pazzo che Stefa-no Giuliani aveva portato al Giro. salta Pascal Richard. sprofonda nel bosco. attraversa radure. sfio-ra le case sparse di walten. Giù, a rotta di collo, per la strada tor-tuosa e stretta. Undici tornanti nel miagolìo dei freni. Trapassa una galleria. Giù, lottando con la forza centrifuga nel frinire delle ruote, nel tam-tam del cuore. Fa l’equi-librista sul filo. vola per la costa della Vannestal. Attraversa San Leonardo e San Martino. Galoppa sui saliscendi della strada. Irrom-pe a Merano e le case lo guardano stupite. Le finestre sono bocche aperte rosse di gerani. Incredulo, si volta. Non vede nessuno sul fondo della strada ed è folgorato da una certezza: ha vinto. Che gioia! La prima vittoria. Mentre Bugno bru-cia Chiappucci a quaranta secondi, ode la gente gridare il suo nome: «Pantani».

l’uomo che viene dal mareL’uomo che viene dal mare vince tra i monti. Al Giro doma il Mor-tirolo e si aggiudica due tappe, al

Tour infiamma la corsa, non vince mai, ma va sul podio dopo Indurain e Ugrumov. è la nuova stella. Una stella maledetta. E tutta la sua car-riera sarà alti e bassi, sconvolta da trionfi e cadute, incidenti, fatalità. Il Fato infierisce su di lui. Il 24 mag-gio 1997, al rientro dopo tre anni sulla scena del Giro, nella discesa del Chiunzi un gatto fa cadere lo svizzero Puttini. Pantani, coinvolto, è costretto al ritiro. Risorge al Tour e torna sul podio dietro Ullrich e Virenque. Entusiasma.Arriva solo all’Alpe d’Huez e a Morzine. diventa “il Pirata”. Un fenomeno mediale. E il 1998 lo consacra. Pantani conquista Giro e Tour. Il Tour 33 anni dopo Gimon-di. Il Giro e il Tour, la doppietta, 46 anni dopo Coppi. Però è il re di un ciclismo di naufraghi. Quel Tour è ferito dallo scandalo Festi-na, dagli arresti e dai fermi di poli-zia, dall’espulsione di una squadra e dall’abbandono di altre cinque, dallo sciopero. Un ciclismo falsa-to da un doping duro, all’Epo, che trasforma i ronzini in purosangue. Nel 1997 l’Uci, persalvare la pelle

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Dieci anni in picchiatadi Claudio Gregori

Le scorribande di Marco Pantani, il Pirata

Il Passo di Monte Giovo, 2094 metri, è un intaglio sulla costa del monte, tra le Alpi dello Stubai e le Alpi Sa-rentine. Pascoli ardui e vette regali. Il Monte Re, il Monte Principe e la Cima delle Anime. Giganteschi gendarmi di confine. Marco non li guarda. Fissa un bersaglio che fug-ge. La schiena di Pascal Richard gli scompare davanti, precipitando a valle. È scollinato tredici secondi dopo di lui. Dietro, vicino e minac-cioso, ha il gruppo. È il 4 giugno 1994. Mancano qua-ranta chilometri all’arrivo. È il quinto passo della Lienz-Merano, 235 chilometri, quattordicesima tappa del Giro d’Italia. Marco ha già scalato il Passo di stalle, il Furcia, il Passo delle Erbe e il Passo Eores. «scatto del numero 34», aveva annunciato radiocorsa a un chilometro dal Passo di Monte Giovo. Ora scende come un falco in picchiata. Giù per la cresta e, poi, per la costa del monte. Allun-gato sopra il telaio, braccia tese, pancia sulla sella, i glutei che sfio-rano la ruota posteriore. Un cuneo aerodinamico che perfora. Nello

stile acrobatico e pazzo che Stefa-no Giuliani aveva portato al Giro. salta Pascal Richard. sprofonda nel bosco. attraversa radure. sfio-ra le case sparse di walten. Giù, a rotta di collo, per la strada tor-tuosa e stretta. Undici tornanti nel miagolìo dei freni. Trapassa una galleria. Giù, lottando con la forza centrifuga nel frinire delle ruote, nel tam-tam del cuore. Fa l’equi-librista sul filo. vola per la costa della Vannestal. Attraversa San Leonardo e San Martino. Galoppa sui saliscendi della strada. Irrom-pe a Merano e le case lo guardano stupite. Le finestre sono bocche aperte rosse di gerani. Incredulo, si volta. Non vede nessuno sul fondo della strada ed è folgorato da una certezza: ha vinto. Che gioia! La prima vittoria. Mentre Bugno bru-cia Chiappucci a quaranta secondi, ode la gente gridare il suo nome: «Pantani».

l’uomo che viene dal mareL’uomo che viene dal mare vince tra i monti. Al Giro doma il Mor-tirolo e si aggiudica due tappe, al

Tour infiamma la corsa, non vince mai, ma va sul podio dopo Indurain e Ugrumov. è la nuova stella. Una stella maledetta. E tutta la sua car-riera sarà alti e bassi, sconvolta da trionfi e cadute, incidenti, fatalità. Il Fato infierisce su di lui. Il 24 mag-gio 1997, al rientro dopo tre anni sulla scena del Giro, nella discesa del Chiunzi un gatto fa cadere lo svizzero Puttini. Pantani, coinvolto, è costretto al ritiro. Risorge al Tour e torna sul podio dietro Ullrich e Virenque. Entusiasma.Arriva solo all’Alpe d’Huez e a Morzine. diventa “il Pirata”. Un fenomeno mediale. E il 1998 lo consacra. Pantani conquista Giro e Tour. Il Tour 33 anni dopo Gimon-di. Il Giro e il Tour, la doppietta, 46 anni dopo Coppi. Però è il re di un ciclismo di naufraghi. Quel Tour è ferito dallo scandalo Festi-na, dagli arresti e dai fermi di poli-zia, dall’espulsione di una squadra e dall’abbandono di altre cinque, dallo sciopero. Un ciclismo falsa-to da un doping duro, all’Epo, che trasforma i ronzini in purosangue. Nel 1997 l’Uci, persalvare la pelle

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Anche solo con la tipografia è possibile costruire logotipi efficaci (o meno).

Ma è anche importante valutare come il carattere può interagire con simboli e immagini.

COMPOSIZIONE TIPOGRAFICA: ESEMPI DI LOGOTIPI TIPOGRAFICI

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COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI: IMMAGINI

» scelta del tipo di illustrazione (fotografica, grafica, vettoriali, illustrazioni ecc.) e selezione delle immagini

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COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI: IMMAGINI

» colore (bianco e nero, colori, viraggi ecc.) e stile

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COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI: IMMAGINI

» taglio e formato della foto

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COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI: IMMAGINI

» disposizione nella pagina; in gabbia, al vivo e sequenza

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COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI: IMMAGINI

» interazione con il testo

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IL PROGETTO WEB ALL’INTERNO DI UN’IDENTITÀ VISIVA

Il progetto di un sito web si inserisce spesso all’interno di un progetto di identità visiva o immagine coordinata per un’azienda, un brand, un prodotto, un servizio, un evento culturale (mostre, concerti, eventi sportivi, ecc.). In questo caso è importante riprendere le specificità dell’identità esistente (colori, font, caratteri, stili, elementi distintivi ecc.).

Altre volte invece il progetto di un sito web è l’occasione per pensare a un’identità visiva.

www.lazzarifood.com - design by Cristina Chiappini Identity: il progetto di un sito all’interno del progetto di immagine coordinata

www.flowsmag.com - design by Alizarina Il progetto di una rivista online

www.stefanmetz.com e www.francescasemprini.com - design by Alizarina Il sito come partenza di un progetto di identità