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Fonti alternative Stanziati fondi per nuovi impianti di Guido Pocobelli Ragosta 18 Eolico nel Casertano La centrale di Ciorlano di Fabrizio Geremicca 19 Biocarburanti L’olio di Colza di Massimiliano Giovine 20 Ambiente & Sport Lo stadio della discordia di Gianfranco Lucariello 21 Terme & Dintorni Turismo alternativo di Anna Rita Cutolo 29 Grand-Tour Johann Caspar Goethe a Napoli di LorenzoTerzi 30-31 Ambiente & Salute Allevamenti e mutazioni di Tiziana Muscariello 7 Ambiente & Tradizione Antichi abusi edilizi di Gennaro De Crescenzo 12 Oasi & Musei Castel Nuovo o Maschio Angioino di Salvatore Lanza 13 numero in questo

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Page 1: inquestonumero - ARPAC · Al Summit della Terra di Rio, invece, il trattato ambientale internazionale punta alla riduzio- ... pianeta e i mutamenti climatici: si evince che, durante

Fonti alternativeStanziati fondi per nuovi impiantidi Guido Pocobelli Ragosta � 18Eolico nel Casertano

La centrale di Ciorlanodi Fabrizio Geremicca � 19Biocarburanti

L’olio di Colzadi Massimiliano Giovine � 20

Ambiente & SportLo stadio della discordiadi Gianfranco Lucariello � 21Terme & Dintorni Turismo alternativodi Anna Rita Cutolo � 29Grand-TourJohann Caspar Goethe a Napolidi LorenzoTerzi � 30-31

Ambiente & SaluteAllevamenti e mutazionidi Tiziana Muscariello � 7Ambiente & TradizioneAntichi abusi edilizidi Gennaro De Crescenzo � 12

Oasi & MuseiCastel Nuovo o Maschio Angioinodi Salvatore Lanza � 13

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Quale sarà il futuro dellaCampania dal punto divista climatico? Potrà

ancora definirsi “Felix” o Pliniosarà smentito e diventerà “Infe-lix” ?Èl’interrogativo, per la verità ab-bastanza angosciante, che i cit-tadini della nostra regione sipongono da alcune settimanedopo la pubblicazione del re-port formulato da cinquecentoscienziati di centotrenta Paesiche hanno partecipato al verticedi Parigi sul cambiamento del cli-ma nello scorso febbraio.Secondo tale rapporto tra circasettanta anni per quanto riguar-da il Sud dell’Italia ci sarà un au-mento indiscriminato delle preci-pitazioni alternate a periodi disiccità quindi non una vera e pro-pria desertificazione per la Cam-pania ma di certo un mutamentodel clima che potrà diventare piùtropicale.Tutto questo è determinato dal-l’uomo? L’umanità contribuiscein modo anche significativo manon è la sola responsabile. È altrettanto certo, però, che sipuò operare per combatterequesto fenomeno ed occorrequindi una forte sensibilizzazio-ne su questi temi con scelte politi-che volte a sviluppare, fra l’altro,le fonti di energia rinnovabile.Il prossimo fine maggio si terrà aMosca l’edizione di Ecomondo,il workshop internazionale dedi-cato all’ambiente ed allo svilup-po sostenibile: un’occasione im-portante anche per ciò che ri-guarda le opzioni da adottare inrelazione ai problemi che contri-buiscono ai cambiamenti climati-ci. In questo numero della nostrarivista abbiamo voluto affronta-re questo tema con analisi ap-profondite affidate non solo airesoconti della cronaca ma inter-vistando esperti e studiosi del set-tore che da sempre si occupanodal punto di vista scientifico delclima e dei suoi mutamenti.Non pretendiamo di offrire ai let-tori un quadro esaustivo delledomande che come cittadini di si-

curo si sono posti ma abbiamovoluto contribuire al dibattito incorso per cercare di capirne dipiù.Un dato emerge su tutti: è neces-saria e non più rinviabile unasvolta nelle scelte dei Paesi più in-dustrializzati circa lo sviluppo fu-turo.Far finta di nulla, affidarsi sola-mente al buon Dio o risponderepiù agli interessi di mercato chealla salvaguardia dell’ambienteequivale a lavorare contro l’u-manità.Altro argomento di cui ci siamooccupati, in qualche modo cor-relato anche alle condizioni del-l’ecosistema della nostra regio-ne, è quello del turismo.Innumerevoli le potenzialità cheil nostro territorio offre sotto tuttigli aspetti ma, ahimè, mal utiliz-zate e spesso sprecate.Non mancano iniziative da par-te della Regione ma evidente-mente non bastano: è necessa-ria una forte sinergia tra tutte leistituzioni e tra queste con tutti glioperatori del settore per avviareun decollo del turismo in Campa-nia che possa essere un vero vo-lano di sviluppo economico e so-ciale.Continua, intanto il nostro “viag-gio” tra le Agenzie per la Prote-zione Ambientale d’Italia: que-sta volta ci occupiamo di ArpaToscana.Si arricchiscono le nostre rubri-che con spazi dedicati all’Osser-vatorio Regionale sull’Ambien-te, un importante strumento del-la Regione preposto all’anali-si,allo studio ed alla propostaper la salvaguardia del nostroecosistema.

Pietro Funarodi

Arpa ToscanaContinua il viaggio nelle Arpa d’Italiadi Giulia Martelli

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Speciale parchi e riserve Taburno, Matese e Fusarodi Cimadomo, Naviglio, Buonfanti

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Ambiente & CulturaCappella Pontano e il Complesso dellaPietrasantadiLinda Iacuzio

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Si terrà dal 22 al 24 maggio a Mosca laprossima edizione di Ecomondo, ilworkshop internazionale dedicato al-

l’Ambiente e allo sviluppo sostenibile.È una tappa importante anche per ciò che ri-guarda le politiche da adottare in relazione aicambiamenti climatici. Il percorso verso strate-gie su scala globale parte da lontano. Si puòfar risalire alla Convenzione di Rio del 1992sui Cambiameti climatici (United Nations Fra-mework Convention on Climatic Change) che,entrata in vigore due anni dopo, pone al verti-ce delle “cure” la protezione dell’atmosferada influenze umane che ne turbino l’evoluzio-ne naturale. In particolare, l’articolo 2 di quel-la Convenzione sancisce che “l’obiettivo fina-le…è quello di stabilizzare le concentrazionidi gas ad effetto serra nell’atmosfera a un livel-lo che impedisca interferenze antropogenepericolose per il sistema climatico”. Una con-venzione, dunque, che rivoluziona la discus-sione sul mutamento climatico cominciata nel1972 (e delineata nel 1979 alla Conferenzamondiale sul clima) e stravolge quello che èpassato alla storia come il “Rapporto Leon-tief”. Un documento che, benché all’avan-guardia per quei tempi, dava per assunto che“una comunità umana fosse tanto più sviluppa-ta quanto maggiore fosse la ricchezza di cuidisponeva” e che, in sostanza, faceva coinci-dere lo sviluppo con la crescita. A propositodei cambiamenti climatici, Leontief ritenevache il problema ambientale si potesse risolverenel ridurre le emissioni di sostanze nocive pro-dotte dalle industrie, dai trasporti e dalle sediumane. Il rapporto immaginava l’ambientecome un meccanismo naturale da non sporca-re eccessivamente. Invece, secondo il princi-pio dello sviluppo sostenibile, la natura è un

complesso di ecosistemi, interagenti tra loro,che si comportano come organismi, capaci dimutare il loro stato interno a seconda delle sol-lecitazioni. Da Rio in poi, dunque, il mondo e ivari sistemi che agiscono su scala regionale elocale puntano a costruire modi di vita che, ol-tre a prevenire l’inquinamento, inteso nel sen-so riduttivo di emissioni di sostanze nocive,perseguano l’obiettivo molto più ambizioso divivere in armonia con gli ecosistemi. Non sitratta più di limitare i danni dell’ecosistema,bensì di non alterarne l’evoluzione naturaleattraverso danni inferti alla biodiversità, allaresilienza e ad altre proprietà ecologicamenterilevanti.Al Summit della Terra di Rio, invece, il trattatoambientale internazionale punta alla riduzio-ne delle emissioni dei gas serra, sulla base del-l’ipotesi di riscaldamento globale.L’approvazione del trattato non significò lasua attuazione né l’avvio di pratiche concreteperché la Convenzione, così come stipulataoriginariamente, non poneva limiti obbligato-ri per le emissioni ed era, dunque, “non vinco-lante”. Nel trattato, però, erano inclusi “proto-colli” ad hoc per fissare i tetti massimi delle im-missioni dell’aria degli agenti inquinanti. Il piùimportante è il “protocollo di Kyoto” negozia-to da 160 Paesi nel 1997, tra cui non figurano,però, gli Stati Uniti che pure sono responsabilidel 36,1 per cento del totale delle emissioni.L’accordo prevede, per i Paesi industrializzati,una riduzione degli inquinanti (biossido di car-bonio e altri cinque gas serra) del 5,2 per cen-to nell’arco temporale 2008-2012.L’entrata in vigore del protocollo di Kyoto, pe-rò, è stata travagliata perché occorreva la rati-fica di almeno 55 nazioni che producessero al-meno il 55% delle emissioni di gas serra. Unacondizione che fu raggiunta sette anni dopoproprio in Russia.E a maggio si riparte da Mosca.

Brunella Cimadomodi

1972. La United Nations Conference onthe Human Environment segna ladata di nascita delle strategie inter-nazionali in campo ambientale.

1979. È indetta la prima Conferenza mon-diale sul clima e si riconosce comeurgente il problema dei mutamenticlimatici. Il mondo scientifico de-nuncia che le alterazioni in atto pos-sono avere effetti di lungo periodosull’uomo e l’ambiente. La Confe-renza termina con una dichiarazio-ne rivolta a tutti i capi di Stato mon-diali “affinché tengano conto deglisconvolgimenti in corso e mettanoin atto le politiche necessarie al be-nessere dell’umanità”. Si stabilisceanche di dare vita al World ClimateProgramme (WCP) sotto la direttaresponsabilità della World Meteo-rological Organization (WMO), l’U-nited Nations Environment Pro-gramme (UNEP) e l’InternationalCouncil of Scientifics Unions (ICSU).

1990. L’Intergovernmental Panel on Cli-mate Change (IPCC) pubblica il suoprimo rapporto sul clima. Nel di-cembre, l’Assemblea generale del-le Nazioni Unite avvia un negoziatoper la stesura di un trattato interna-zionale. Termine ultimo, la Confe-renza mondiale sull’Ambiente diRio de Janeiro, prevista per il mesedi giugno del 1992. Si comincia a la-vorare al testo della Convenzioneche verrà definito a New York il 9maggio 1992.

1992. A Rio de Janeiro 154 Stati più la Co-munità europea firmano la Con-venzione sui cambiamenti climati-ci.

1994. Il 21 marzo entra in vigore la Con-venzione. Con essa, dal 21 settem-bre, tutti i Paesi in via di sviluppo co-minciano ad inviare i dati in loropossesso sui mutamenti climaticinazionali.

1997. Dal primo all’11 dicembre si svolgela Conferenza di Kyoto. Vi parteci-pano in 10mila, fra delegati, osser-vatori e giornalisti. Viene redatto ilProtocollo (che passerà alla storiacome Protocollo di Kyoto) di attua-zione della Convenzione sul clima.

2001. Èpubblicato il terzo rapporto sul cli-ma dell’Ipcc (l’IntergovernmentalPanel on Climate Change) che lan-cia l’allarme sul riscaldamento delpianeta e i mutamenti climatici: sievince che, durante il ventesimo se-colo, la temperatura globale è au-mentata dello 0,6 per cento. Bru.ci.

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Adriano Mazzarella, Professore di Climatologia presso ildipartimento di Geofisica e Vulcanologia dell’Universitàdegli studi di Napoli Federico II, responsabile dell’Osser-

vatorio Meteorologico dell’Università e dell’osservatorio Geofi-sico “Ciro Chistoni”, Terme di Agnano, risponde con chiarezzaed umorismo alle tante domande sui recenti cambiamenti climati-ci che caratterizzano il nostro paese e l’intero pianeta.

Professore quali sono i motivi che giustificano l’aumento dellatemperatura dell’aria su scala planetaria?

Il sole da cinque, sei anni ad oggi è nella sua attività massima as-soluta e le sue bizzarrie non dipendono sostanzialmente dallesue variazioni elettromagnetiche, che rimangono più o meno co-stanti, non a caso si chiama la costante solare (1400 WATT su me-tro quadro circa) ma quello che varia sono i flussi particellari, cor-puscolari. Il sole quando si trova in un’attività corpuscolare moltointensa emana un flusso turbolento che si approfondisce fino alnucleo della Terra che subisce un’accelerazione, portandosi die-tro il mantello e la crosta terrestre. L’atmosfera, quale involucrogassoso, segue la Terra come in accordo al principio della con-servazione del momento angolare: se la Terra accelera, l’atmo-sfera decelera.Questa decelerazione del pianeta fa in modo chel’anticiclone della Azzorre si sposti rispetto alla sua posizione so-lita e la circolazione che normalmente è da ovest verso est si spo-sta lungo il meridiano, diviene meridianale. Nasce allora l’antici-clone Africano. Ogni 60 anni avviene questa variazione del sole.

Quindi la rotazione terrestre e i cambiamenti geomagnetici sonoanch’essi indicatori del riscaldamento globale?

Assolutamente sì! “I sessanta anni della modulazione solare, del-la temperatura del globo: la rotazione della Terra e la connessio-ne della circolazione dell’atmosfera” questo mio ultimo lavoropubblicato da poco, dimostra esattamente che il sole non è causaunica dell’aumento della temperatura ma è l’intero sistema atmo-sfera-Terra e l’insieme di processi fisico-chimici, regolati da para-metri dinamici e termodinamici interconnessi che regolano talicambiamenti.

Ma quasi ogni giorno i mass media e una parte della comunitàscientifica diffondono scenari apocalittici del riscaldamento delpianeta per i prossimi cento anni , dovuto esclusivamente all’au-mento dell’immissione nell’atmosfera da parte dell’uomo dell’a-

nidride carbonica prodotta dai combustibili fossili, dalla defore-stazione e dal cambiamento dell’uso della superficie terrestre?

Stiamo vivendo un periodo d’intenso antropocentrismo con l’uo-mo che s’illude di governare la macchina termica del sistema at-mosfera-Terra. Fa di tutto per dimostrare che le cause del recenteriscaldamento del pianeta sono attribuibili alla sola azione for-sennata di produzione d’anidride carbonica. Questo perché unodei paradigmi della scienza, solo parzialmente intaccato dalla fi-sica quantistica, è quello del “determismo”, per cui un aumentodel gas serra dovrà per forza determinare un aumento della tem-peratura globale! Ogni evento possiede una causa e il futuro è unicamente determi-nato dal presente!Il riscaldamento globale della Terra dovuto alle attività umanepuò essere accelerato o frenato dalle variazioni del vento solare,ma è comunque un aspetto secondario del global warming.

Questo è quello che lei definisce “approccio riduzionista”?L’uomo è sicuramente un attivo e costante protagonista, ma nonassoluto. Tali variazioni sono fisiologiche e rientrano perciò nelleoscillazioni naturali a lungo periodo del clima. Non possiamoanalizzare correttamente il sistema atmosfera finché ci limitiamoa capirne le parti separatamente l’una dall’altra e non pensiamoal sistema nella sua interezza , evidenziandone, così, la variabili-tà naturale. La descrizione e la relativa quantificazione della va-riabilità naturale del clima dovrebbe essere, invece, la premessanecessaria per una corretta valutazione di eventuali cambiamen-ti climatici di natura antropica. L’esistenza inoltre di una modula-zione solare significativa della temperatura dell’aria globale, sianel dominio del tempo che in corrispondenza dei cicli 11, 22 e di60 anni dimostra la realtà fisica di una variabilità naturale di ori-gine esclusivamente solare e non ascrivibile certamente ad attivi-tà umana alcuna . I cicli di 11,22 e di 60 anni, tipici dell’attività so-lare, sono attualmente in fase tra loro e questo ha determinato glielevati valori sia nell’attività geomagnetica misurata al suolo chenella temperatura dell’aria planetaria.

Ma qual è lo scenario futuro?Tale processo non durerà all’infinito! I cicli dell’attività del soletenderanno a non essere più in fase tra loro con il passare del tem-po e l’attività solare tenderà a diminuire, la circolazione atmosfe-rica tenderà ad acquistare il suo carattere zonale che si tradurrànel ritorno progressivo delle stagioni intermedie e di un regimetermo-pluviometrico regolare.

Chiara Zanichellidi

La febbre del solee le stramberie del clima

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La Terra ha la febbre? Se lo sonochiesto i 500 scienziati di 130 Pae-si che hanno preso parte al vertice

di Parigi sul cambiamento del clima il 2febbraio scorso. Le conclusioni del pri-mo rapporto dell’anno degli espertidell’Ipcc lasciano spazio a pochi dub-bi. Il documento redatto dall’organi-smo delle Nazioni Unite per il monito-raggio del clima parla di un sensibileaumento delle temperature, prevedel’innalzamento dei mari e individuauna “quasi certezza” delle responsa-bilità umane nel riscaldamento globa-le. Il rapporto non è una nuova ricer-ca, ma il risultato di sei anni di studi.Secondo gli esperti Ipcc, l’evidenzadel surriscaldamento del pianeta ap-pare ormai inequivocabile. Nelloscorso secolo c’è stato un aumentodella temperatura globale di 0.74gradi centigradi, avvenuto in granparte negli ultimi decenni. Il collega-mento diretto fra le attività umane e ilriscaldamento globale appare piùchiaro che mai. E non è solo un aumen-to della temperatura dell’atmosfera,ma anche degli oceani, con un innal-zamento del livello del mare. Il “re-port” conferma che il riscaldamentodovuto all’uomo è circa dieci volte su-periore a quello derivante dai cam-biamenti dell’attività solare. L’Ipccconclude che la temperatura globalepotrà subire aumenti da 1,1 fino a 6,4gradi centigradi a fine secolo, influen-zata dalla crescita delle emissioni. Ilmessaggio per i politici appare chia-ro: il riscaldamento globale non èun’invenzione degli ambientalisti, marappresenta una sfida che coinvolgele economie e le società di tutto il mon-do. Giorgio Budillon, professore diClimatologia e Meteorologia all’Uni-versità “Parthenope” di Napoli non sisbilancia. “Non si sa ancora bene co-sa stia succedendo – dice – ma in ognicaso occorre adottare il principio diprecauzione”.

Professore, c’è chi lancia allarmi e chilo nega, ma dal punto di vista scienti-fico il riscaldamento della Terra esi-ste?

Il fenomeno è strumentale e misurato,quindi esiste, non si tratta di un’inven-zione. E dal 1860 ad oggi è di circa 6centesimi di grado.

Su chi ricadono le maggiori respon-sabilità?

Le cause sono da attribuire in granparte all’uomo. Con l’aumento della

temperatura si verifica anche un incre-mento dell’anidride carbonica nell’at-mosfera. Ma non è l’alta concentra-zione di C02a provocare disastri. Imodelli non sono concordi e perfezio-nati e i range di previsione sono moltoampi. Ad esempio, alcuni studi preve-dono che il riscaldamento dell’emisfe-ro Nord possa provocare un raffred-damento della temperatura a lungotermine. Se al polo si sciolgono i ghiac-ci, la corrente del Golfo, che trasportacalore verso Nord, può bloccarsi. Ecosì potrebbe far piombare l’emisferoboreale in una nuova epoca glaciale.Il film ambientalista dell’ex candidatodemocratico alla Casa Bianca Al Go-re, “Una scomoda verità”, sta facen-do molto discutere anche in ambitoscientifico. Lei cosa ne pensa?È un film autorevole, si basa su dati egrafici che uso anche io a lezione. Tut-tavia è di parte, ha sposato una causa.Bisogna infatti dire che ci sono degliaspetti positivi nel riscaldamento glo-bale. Con un inverno mite si risparmiasulle emissioni in quanto c’è bisognodi meno riscaldamento. E si spende dimeno per i vestiti pesanti. E in Inghil-terrra, mille anni fa con temperaturepiù alte si coltivava la vite.

Come va affrontato il cambiamentoclimatico?

Il problema non è combattere il climama prendere dei provvedimenti perproteggere le popolazioni interessa-te dagli sconvolgimenti più seri, comein Asia, dove si prevedono grandiinondazioni. Quanto al Mediterra-neo, anche se la previsione dell’innal-

zamento del livello del mare è allarmi-stica, lanciare l’allarme fa bene, inquanto aiuta a sensibilizzare cittadinie autorità locali.

Quale dovrà essere il ruolo dei go-verni?

I governi dei paesi industrializzati de-vono andare verso la promozione dipolitiche volte a sviluppare le fonti dienergia rinnovabile. Il protocollo diKyoto, fino a un anno fa, era comple-tamente dimenticato. Solo ultimamen-te Bush ha dato avvio ad una discussio-ne interna agli Usa. Ma in ogni caso, ilprotocollo prevede una riduzione diCO2 insufficiente a risolvere il proble-ma. E poi sarà difficile convincere adadottare misure drastiche anche i Pae-si che, come la Cina, vogliono aumen-tare il loro livello di benessere.

Quali le conseguenze del surriscal-damento del pianeta in una regionecome la Campania?

Per quanto riguarda il Sud dell’Italia,il pericolo non viene tanto dal marequanto invece da un aumento indiscri-minato delle precipitazioni, alternatea periodi di siccità. La situazione sipuò affrontare localmente attraversoil sistema delle previsioni. Con i model-li meteo possiamo creare delle allertee avvertire agricoltori e protezione ci-vile con qualche giorno di anticipo.

E il rischio desertificazione?Per la Campania non ci sono studi inmerito. Ma si tratta di una regione mol-to antropizzata, il che basta a contra-stare questo processo. Quel che ap-pare chiaro, invece, è che ci stiamo av-viando verso un clima più tropicale.

Pasquale De Vitadi

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Quest’anno si verificherà un ulte-riore aumento delle temperatu-re, probabilmente le più alte di

tutti i tempi, a causa della corrente del ElNiño proveniente dall'Oceano Pacificola cui intensità è determinata in gran par-te dagli effetti dell'emissione dei gas ser-ra. Il surriscaldamento globale è l’aumentodella temperatura media del globo terre-stre in conseguenza dell’aumento del fe-nomeno noto comunemente come “effet-to serra”. Tale fenomeno, al contrario diquanto si possa pensare, è necessarioper mantenere la temperatura della Ter-ra a valori ideali per la vita. Nell’atmosfe-ra sono infatti presenti naturalmente alcu-ni gas (gas serra, come l’anidride carbo-nica, il metano, ossido nitrico, l’ozono edil vapore acqueo) che sono in grado ditrattenere l’energia termica che la Terrarestituisce allo spazio, in conseguenzadell’irradiazione solare. Questo effettoaumenta la temperatura terrestre di circa33°C rispetto al valore che si otterrebbe

in loro assenza, favorendo la vita sull’in-tero pianeta. L’attività umana, immetten-do quantità ulteriori di gas serra nell’at-mosfera, inevitabilmente modifica que-sto elegante meccanismo di termoregola-zione, causando danni incommensurabi-li agli ecosistemi.Tra i numerosi pericoli potenziali che cosìsi palesano, le interazioni sulla flora ac-quatica sono certamente notevolmentepreoccupanti, sia per il sottile equilibriodell’ecosistema marino, sia per l’ingenteconsumo di prodotti ittici da parte dell’uo-mo. Un primo allarme ci giunge dalla di-minuzione del fitoplankton, il primo anel-lo della catena alimentare marina (di cuisi nutrono innumerevoli specie di pesci). Ilfitoplankton vive infatti nelle acque piùcalde che, meno dense, si dispongono su-perficialmente mentre gli elementi di cuifitoplankton necessita per sopravvivere,si depositano nei più freddi strati sotto-stanti. Sono deducibili gli effetti che unadeplezione della quantità di un organi-smo così a monte della catena alimentarepossa avere sull’ecosistema acquatico.Inoltre il fitoplankton, paradossalmente,per attuare il processo di fotosintesi cloro-filliana, rimuove ogni giorno cento milio-

ni di tonnellate di anidride carbonica (ungas serra) dall’atmosfera; una sua dimi-nuzione innesca un effetto autoamplifi-cante che dovrebbe preoccupare parti-colarmente gli studiosi.Altro tipo di danno è quello esercitato di-rettamente sulle specie ittiche; l’innalza-mento della temperatura, infatti, compro-mette il trasporto dell’ossigeno all’inter-no dell’organismo dei pesci, alterando-ne così le funzioni biochimiche e muscola-ri e creando così squilibri metabolici e su-scettibilità alla cattura da parte dei pre-datori.È particolarmente evidente che l’altera-zione degli ecosistemi produce dannoagli animali; quali danni causa, però, su-gli esseri umani?Emblematico è il caso del mercurio. Mol-te attività degli esseri umani (centrali elet-triche a carbone, inceneritori di rifiuti, mi-niere di oro e d’argento nelle quali il mer-curio è utilizzato come metodo estrattivo)immettono nell’ambiente ingenti quanti-tà dell’elemento che, depositandosi a li-vello dei bacini idrici, entra nella catenaalimentare attraverso il pesce che fungeda deposito. Questo accumulo viene in-crementato notevolmente dalle alte tem-perature delle acque che, aumentando

la forma metilata del mercurio, ne facilital’assorbimento da parte delle specie itti-che. Nell’uomo, l’intossicazione damercurio, che tra le altre eziologie rico-nosce l’ingestione di alimenti contamina-ti, provoca disordini neurologici cometremori, irritabilità, disturbi della vista,della memoria e della coordinazione;una conferma che ognuno può ottenere èscritta nelle pagine di “Alice nel paesedelle meraviglie”, nella figura del “cap-pellaio matto”, e deriva dall’uso lavorati-vo che questa classe faceva del mercurio,andando così incontro a frequenti intossi-cazioni. Una prima misura a carattere ge-nerale è stata presa nel 1997 con il proto-collo di Kyoto, con il quale numerosi pae-si industrializzati si sono impegnati a ri-durre le principali emissioni antropogeni-che del 5% entro il periodo 2008-2012.Per un netto ribaltamento della situazio-ne sarebbe necessario ridurle del 60%,circa dodici volte in più. Nonostante glisforzi compiuti, sia nel mettere in azionele procedure che nel redigerle, credo chequeste non siano sufficienti a fronteggia-re un problema che si conosce da oltre 30anni e che sta diventando una emergen-za dalla quale sarà, ad ogni modo, duris-simo riprendersi.

Tiziana Muscariellodi

Effetti del surriscaldamentoglobale sulla fauna marina

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Se da un lato il Senato degli Stati Unitid’America accoglieva con profondoscetticismo la “svolta” ecologista del

Presidente Bush, che ha proposto di ridurredel 20% il consumo di benzina nei prossimidieci anni, dall’altro lato del mondo il Can-celliere Tedesco Angela Merkel, nel discor-so inaugurale del summit annuale (WorldEconomic Forum) di Davos, spiegava aiGrandi della Terra cosa fare per arginare ilcambiamento climatico e l’effetto serra, tut-to mentre nello stesso momento in Europaimperversava tra inusuali tempeste di ven-to, pioggia e gelo il ciclone Krill. Non passa mese senza che arrivino nuovee più dettagliate informazioni sui cambia-menti climatici che minacciano la nostra si-curezza collettiva ed individuale, dove ladifesa del clima è un obiettivo centrale chesi lega al tema della giustizia sociale e del-l’equità della crescita e in questo quadro lanetta posizione e l’impegno dell’UnioneEuropea di ridurre del 30% le emissioni digas serra entro il 2020 (rispetto ai livelli del1990) rappresenta un impegno sensato,ambizioso ed estremamente vincolante. Lo scorso gennaio la Commissione Euro-pea ha redatto un piano europeo per la po-litica energetica del vecchio continente, do-ve si sottolinea che “l’energia costituisce unelemento fondamentale per il funziona-mento dell’Europa”… e che “tutti i membri

dell’Unione Europea devono affrontarele sfide poste dai cambiamenti climatici,dalla crescente dipendenza, dalle impor-tazioni e dai prezzi più elevati dell’ener-gia…”, con una politica ambiziosa com-petitiva ed a lungo termine! È inoltre im-portante che in questo documento si affer-mi che le attuali politiche energetiche dellaUE non sono sostenibili, perché si porte-rebbe ad un aumento delle emissioni diCO2(anidride carbonica) di circa il 5% daqui al 2030 nel vecchio continente, e leemissioni mondiali aumenterebbero del55% con conseguenze, neanche a dirlo,inimmaginabili. Il “Piano di azione” postoin essere dall’Europa parte da tre aspettifondamentali: 1) lotta, come si è detto, aicambiamenti climatici; 2) limitazione del-la vulnerabilità esterna della UE nei con-fronti delle importazioni degli idrocarbu-ri; 3) promozione della occupazione edella crescita, in modo da fornire ai consu-matori una energia sicura ed a prezzi ac-cessibili. Per conseguire questi obiettivi sideve favorire una vera e propria “rivolu-zione industriale” che porti una crescitaeconomica a basso costo di carbonio eche produca, nel corso degli anni, un au-mento della quantità di energia locale abasse emissioni, diversificando l’approv-vigionamento energetico da fonti rinnova-bili (quali ad esempio i biocarburanti) edottimizzando il mercato interno dell’ener-gia. Per migliorare l’efficienza energeticae per raggiungere l’obiettivo della ridu-

Luca Monsurròdi

contro losmog

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Piano Europeo: il Vecchio Continente

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zione del 20% entro il 2020 il consumo glo-bale di energia primaria, l’UE dovrebbe ri-uscire a consumare quasi il 13% di energiain meno rispetto ad oggi con un risparmio di100 miliardi di euro e di circa 780 miliardidi tonnellate di CO2 l’anno comportandodei cambiamenti degli stili di vita, ma anchedegli investimenti supplementari. Tra le mi-sure da adottare certamente ci sarà quelladell’impiego dei veicoli efficienti sotto ilprofilo dei consumi, garantendo ed adope-randosi per un uso migliore dei trasportipubblici; difatti per i veicoli privati verran-no immessi nel mercato di anno in anno au-tomobili che avranno la caratteristica diemettere sempre meno anidride carbonica(circa 120 grammi di CO2per chilometro)e che saranno identificate con l’etichetta diEURO 4 (dopo il 1/1/2006), EURO 5 (do-po il 1/1/2008) ed EURO 6 (previsto nel2014); fino alla metà dell’anno 2007 ini-zieranno ad essere omologate le auto concaratteristica EURO 5 con norme severe

sulla misurazione del consumo di carbu-rante, mentre le precedenti EURO 4 pianpiano si svaluteranno sempre più veloce-mente e saranno, dal settembre 2009,escluse dalla circolazione nei giorni diblocco totale del traffico. Questi ed altridispositivi, adottati con diversi risultati, an-che in altre città europee come Londra,dove si pagano pedaggi piuttosto salatiper l’ingresso nella city, rappresentanoquelle misure piuttosto drastiche che do-vrebbero portare a diminuire l’afflussodei veicoli inquinanti nelle stesse. Certol’entrata in vigore in Italia della legge81/2006 che obbliga i produttori di car-buranti diesel e benzina di immettere alconsumo biocarburanti, quali bioetanoloe biodiesel, ottenuti da coltivazioni di col-za, girasole e mais, in sostituzione dei nor-mali combustibili derivati dal petrolio, rap-presentano una significativa innovazionetecnologica per abbattere il particolato ele polveri sottili dal 50% all’80% e addirit-tura della anidride solforosa di oltre del70%. I dati fino ad oggi per le nostre cittàItaliane non sono confortanti soprattuttoper quel che riguarda il superamento dei

livelli dei pm10, le temute polveri sottili, chele normative europee fissano in 35 voltel’anno il numero massimo degli “sforamen-ti”; città come Palermo che ha sforato perben 206 giorni, 162 Torino, 156 Venezia,152 giorni a Milano, 125 Roma e circa 70a Napoli, dove, solo nel capoluogo parte-nopeo, vi è, secondo l’ANEA, la densitàveicolare più alta d’Italia con seimilacin-quecento veicoli per chilometro quadrato,con un parco macchine tra i più vetusti e maltenuti di tutto lo stivale. Solo attraverso il ri-lancio del trasporto pubblico ed il controlloperiodico del proprio veicolo si può argina-re la quantità di veleni presenti nell’aria;d’altronde il trasporto su gomma oltre arappresentare uno dei principali elementidi pressione nell’ambiente urbano è, se-condo i dati APAT 2006, la principale sor-gente emissiva di polveri dannose per l’uo-mo. Tra l’altro è utile sottolineare che secon-do una recente sentenza del T.A.R. Vene-zia, neanche più il Sindaco pro tempore di

qualsiasi città italiana può emanare una or-dinanza contingibile ed urgente per limita-re (per ragione di tutela pubblica) la circo-lazione degli autoveicoli, se la situazionedi inquinamento acustico ed atmosferico èin essere da molti anni; difatti secondo ilT.A.R. “se la situazione di inquinamento inessere sussiste da molti anni, postula, peressere fronteggiata, di interventi strutturalie concertati tra le varie P.A. competenti, eidonei a predisporre situazioni adeguate,e per quanto possibile, durature”, affer-mando ancora che “le ordinanze in que-stione non sono solo inadeguate ed ema-nate senza presupposti, ma trasferisconoin altre aree i problemi di inquinamento,aggravandoli”.Oramai anche negli Stati Uniti d’America,nonostante la politica non-ambientalistamessa in campo dalla attuale amministra-zione, vi sono numerosi territori come laVirginia o la California che hanno posto alcentro della loro agenda politica il raggiun-gimento di standard ecologici sempre piùavanzati. Questo anche grazie alla diffu-sione nelle sale cinematografiche e non difilm-documentari, come quello dell’ex VicePresidente Al Gore dal titolo “una scomo-da verita”, che hanno portato all’attenzio-ne mondiale il declino della società con-temporanea e la necessità di dover cam-biare rotta a beneficio della nostra stessaesistenza. Ed ancora per esempio, la diffu-sione del documentario dal titolo “who kil-led the electric car ?” del regista Chris Pai-ne, che illustra come nel territorio ammini-strato dal Governatore Schwarzennegerera in circolazione un documento che ob-bligava al rispetto del decreto adottato ne-gli anni ’80, a seguito dell’allarme inquina-mento, che stabiliva quale limite minimodel 2% delle macchine in circolazione nellostato, avrebbe dovuto essere, entro il1998, ad emissione zero; ebbene la Gene-ral Motors in ottemperanza a quel docu-mento(denominato ZEV- Zero EmissionVeichle), anche in virtù di un finanziamentoricevuto di circa un miliardo di dollari dallaamministrazione dell’allora presidenteClinton, mise in produzione le EV1, esem-plari belli, veloci e soprattutto puliti a batte-ria elettrica che potevano raggiungere an-che i 250 Km/h; nati nel 1996 questi “esem-plari superbi”, come li hanno definiti gli af-fezionati acquirenti, sono sopravvissuti so-lo tre anni, finquando non furono seppellitinel deserto di Mesa in Arizona dalla stessaGM nel ’99 dopo più di un migliaio di autosfornate dalla fabbrica. Il cammino è ancora lungo e difficile, certa-mente rappresenta un buon segno, quan-tomeno di sensibilità, l’accordo dei Gover-natori di Lombardia, Piemonte, Veneto,Emilia-Romagna e le province autonome diTrento e Bolzano per il blocco totale deltraffico domenica 25 febbraio dalle 8 alle20, dichiarando guerra allo smog ed allepolveri sottili, con buona pace per i nostripolmoni.

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Secondo logica, la soluzione di unproblema trova la sua naturale evo-luzione nella quantità e soprattutto

nella qualità dei dati correlati: più un pro-blema è complesso, d’altra parte, più idati di per sé possono rappresentare unvero e proprio rompicapo per chi si ap-presta a trovare la soluzione al quesitosoprattutto se non sono organizzati e rac-colti secondo criteri analitici e scientifici.Non fanno eccezione a questo “modus”logistico i dati inerenti le problematicheambientali.Nasce, così, la fondamentale importan-za della conoscenza in campo ambienta-le, necessaria per fornire a tutti gli organi-smi preposti informazioni circa l’attua-zione di provvedimenti in materia am-bientale contenuti negli strumenti norma-tivi che viene assicurata dal sistema di re-porting ambientale (cfr. ARPACAMPA-NIA AMBIENTE anno I numero 2, ndr); insostanza esso rappresenta il momentoconclusivo di tutte le attività di monitorag-gio, controllo elaborazione, analisi e va-lutazione dati che costituiscono il sistemaconoscitivo ambientale.Questo strumento rappresenta una risor-sa fondamentale per tutti gli interventi mi-rati alla prevenzione dei danni ambienta-li piuttosto che su azioni di risanamento:

la semplice ed efficace regola del “preve-nire è meglio che curare”. È per questomotivo che l’Agenzia per la ProtezioneAmbientale della Campania ha avviatoun processo di potenziamento della retedi reporting attraverso la fornitura di ser-vizi per il progetto denominato “Repor-ting Ambientale e Stato dell’Ambiente”affidato all’associazione temporanea diimprese tra il Consorzio Sviluppo e tecno-logie Ambientali, la Protom s.p.a. e l’As-sociazione Cultura e Formazione.Il progetto presentato dall’A.T.I. propo-ne la realizzazione di quelli che sono gliobiettivi fondamentali di un sistema di re-porting:• elaborare, sviluppare e perfezionare

metodologie più efficaci di reportinganche attraverso l’aggiornamento,con cadenza annuale o pluriennale,dello stato dell’arte di tali metodolo-gie;

• realizzare prodotti necessari alla dif-fusione dei dati ambientali: l’«Annua-rio dei dati Ambientali della Campa-nia», report sulle tematiche ambienta-li di competenza dell’Agenzia ( Aria,Acque, Siti Contaminati, Agenti fisici,rifiuti), relazione sullo «Stato dell’Am-biente della Campania» e l’ «AtlanteAmbientale della Campania»;

• organizzare avvenimenti atti alla pre-sentazione dei prodotti del reporting(convegni, workshop);

Paolo D’Auriadi

Un nuovo progettoper l’ARPAC

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• curare la diffusione capillare al pub-blico dei prodotti del reporting (sitoWEB e pubblicazioni).

In seno al progetto, inoltre, l’ARPAC hasottolineato l’importanza del reportingapplicata agli strumenti per lo svilupposostenibile quali i Sistemi di Gestione Am-bientale e l’Agenda 21 locale.Per gli S.G.A. l’Agenzia suggerisce unnuovo approccio che punta al coinvolgi-mento delle pubbliche amministrazioni,degli operatori privati e di tutti i soggettiinteressati nel processo di gestione dellacomponente ambientale, alla semplifica-zione dei loro rapporti e alla modifica-zione dell’impostazione generale dellapolitica degli organi preposti al controlloindirizzata verso un criterio di controllo –conoscenza anziché di comando – con-trollo secondo il quale l’ARPAC stessa èinvestita del doppio ruolo di “controllo-re” e di “promotore” dei sistemi.Agenda 21, ovverosia il documento con-

tenente obiettivi programmatici su am-biente, economia e società, intesa nelsuo contesto locale rappresenta uno de-gli strumenti strategici a disposizionedelle amministrazioni per coniugareprotezione ambientale, sviluppo econo-mico ed equità sociale attraverso il coin-volgimento degli attori sociali di una stes-sa comunità e che viene garantito attra-verso la predisposizione di un efficacepiano di comunicazioni per la costituzio-ne di un Forum Locale. Obiettivi del Fo-rum sono l’indirizzo di Agenda 21, lapromozione di iniziative nella sfera loca-le per lo sviluppo sostenibile e la decisio-ne delle priorità di intervento sulla basedelle criticità ed emergenze territoriali.In particolare il progetto evidenzia spun-ti interessanti in relazione a precise do-mande ed esigenze presentate dall’A-genzia che sono state accolte con valideproposte dall’A.T.I. e che vengono rias-sunte nello schema sopra riportato.

Domanda dell’Agenzia

� Canali di diffusione dell'informazione ambientaleMiglioramento della piattaforma WEB

�Definizione degli indicatori ed indici ambientaliSistema Punto Focale Regionale

�Organizzazione delle attività di reportingStrutturare ed organizzare un sistema a rete tra Direzione Tecnica, Sistemi Informativi, DipartimentiProvinciali e Centri Regionali

�Realizzazione di un data base per la gestione delleinformazioni strutturate

�Aggiornamento professionale

�Presentazione degli elaborati

Risposta di progetto

�Sistema di gestione dei contenuti che si traduce in unintervento di risorse specialistiche al fine di render fruibilicontenuti multimediali che si propongono in altra forma didivulgazione

�Maggiore coesione tra i due progetti rappresentata dalfatto che indicatori ed indici sono da definirsi sulla base deidati raccolti dal PFR, punto di arrivo delle attività di raccol-ta validazione ed integrazione dei dati ambientali. Si preve-de una integrazione nativa tra il gestore di PFR e gli stru-menti offerti per il reporting.

�Collaborative DocumentConsente di realizzare e gestire una organizzazione distri-buita fisicamente ma logicamente unita, che riporta in essala strutturazione per ruoli. Lo strumento consente di moni-torare lo stato di lavoro di tutti i documenti che sono gesti-ti dalla collaborative suite.

�Il progetto prevede la realizzazione di un sistema digestione dei moduli di raccolta dati strutturati secondo i cri-teri di normalizzazione di una base dati informatica permigliorare la gestione dell'atività di ricerca e statistica.

�Predisposizione di corsi di aggiornamento professionaledel personale ARPAC correlati da assistenza individuale etelematica attraverso coaches ed apposita piattaforma web

�Organizzare e strutturare un evento introduttivo alle atti-vità progettuali connotato da un grado di approfondimentospecialistico.Aggiornamento continuo del sito web dell'Agenzia per for-nire calendari ed orari degli avvenimenti successivi, dellemanifestazioni e delle attività svolte e da svolgere; offertaagli utenti di inserire riflessioni e suggerimenti.

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Migliorare l’informazione ambientale ecoinvolgere attivamente i destinatari

per lo sviluppo di percorsid’azione condivisi.

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AMBIENTETRADIZIONE

Napoli diventò città romana nel 326 a. C. ma conser-vò molti privilegi e molte caratteristiche politiche, so-ciali e culturali legate alla sue radici greche. Intorno

al I sec. a. C. si diffuse a Roma la moda di venire ad abitaredalle nostre parti e il grande poeta latino Virgilio (esempiopiù che illustre) passò gli ultimi anni della sua esistenza tra gliantichi adoratori della sirena Partenope (“Mantua me ge-nuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascuarura duces”: Mantova mi generò, i Calabresi mi rapirono,ora mi tiene Napoli; cantai i pascoli, le campagne, gli eroi).Il poeta dell’Eneide, poi, si legherà per sempre alla città edin particolare a quel castello detto “dell’Ovo” proprio in vir-tù delle numerose leggende sorte in epoca medioevale eche lo vedevano protagonista non come autore di versi imm-mortali ma come artefice di magie e stregonerie. Sua l’ipo-tetica e misteriosa collocazione di un uovo nel castello e che,una volta scoperto e rotto, avrebbe causato la fine di tutta lacittà. Negli stessi anni un altro romano famoso scelse Napo-li come sua residenza: Lucio Licinio Lucullo. Lucullo fu un uomo politico di grande fama: nominato conso-le, sconfisse Mitridate, grande nemico di Roma. Utilizzòquasi tutte le sue immense ricchezze per costruire la sua abi-tazione napoletana, quella che sarebbe stata poi definitacome “castrum lucullanum”. Si trattava di una villa a dir po-co grandiosa che si estendeva tra l’antico isolotto di Megari-de (attuale Borgo Marinaro) e la pianura corrispondente al-la nostra piazza del Plebiscito. Durante la sua costosa ecomplessa costruzione fu addirittura tagliata una parte dimontagna tra Pizzofalcone e Sant’Elmo. In questo modol’acqua circondava tutta la struttura e, opportunamente ca-nalizzata, defluiva nelle enormi vasche per gli allevamentidi pesci e frutti di mare (leggendarie le sue feroci murene).Nell’area della fortificazione costruita in seguito dai Nor-manni si potevano trovare la grandiosa biblioteca pubblica

allestita dal potente politico romano e gli allevamenti itticinecessari per i lauti e proverbiali banchetti (duravano an-che più giorni, accompagnati da musicisti, danzatori e atto-ri).Secondo uno dei più antichi cronisti, “il castello lucullano,munito, afforzato e decorato su tutto il colle di Pizzofalcone,aveva tre vie di comunicazione, una con le mura della cittàpresso l’odierno palagio dei nostri re, l’altra con il lido diSanta Lucia e la terza che all’isola del Salvatore, dove eravi,secondo alcuni, quell’isola di Megari descritta da Plinio traNapoli e Posillipo. E ancor oggi nei giorni di bassa marea edi bonaccia si posson ravvisare prodigiose quantità di rude-ri greci e romani, di opere laterizie e reticolate, fin sulla pun-ta del Platamone, a testimoniare fino a noi l’antichissima po-sizione di quelle fabbriche”.Giardini, portici, terme, piscine e orti con ciliegi e peschi pro-venienti dalla Persia, una vastissima biblioteca aperta a tuttie con manoscritti preziosi, collezioni di sculture, quadri emonete e quei banchetti interminabili e sontuosi hanno resoLucullo stesso una leggenda al punto da diventare un agget-tivo ancora attuale. Senza entrare nel merito di “leggende nere” più o meno at-tendibili (Lucullo avrebbe dato numerosi schiavi indiscipli-nati in pasto alle sue murene), Plutarco, nelle sue “Vite paral-lele”, ne avrebbe condannato il lusso sfrenato perdonando-lo, però, per il suo amore per la cultura e per il suo progressi-vo e ironico distacco dalle cose terrene. Qualche considera-zione e qualche riferimento all’attualità: da un lato possia-mo osservare che non è stata ancora cancellata la bimille-naria consuetudine di utilizzare fama e posizione sociale opolitica per ottenere privilegi (magari sotto forma di conces-sioni o condoni), dall’altro che le bellezze del nostro pae-saggio, nonostante attacchi e offese secolari, hanno svoltoda sempre la funzione di “grande attrattore” e, con una giu-sta ed appropriata politica ambientale, potrebbero conti-nuare a svolgerla anche oggi.

Gennaro De Crescenzodi

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Napoli romana: la Villa di Lucullotra antichi abusi edilizi

e moderna tutela del paesaggio

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Castel Nuovo fu eretto per volere del reCarlo I d'Angiò, che nel 1266 divenne redi Napoli e di Sicilia, dopo aver sconfitto

gli ultimi regnanti Svevi.Trasferita la capitale del Regno da Palermo aNapoli, il sovrano pensò ad una nuova residen-za reale, in sostituzione di “Castel Capuano”che, per i gusti francesi e raffinati di Carlo, nonera probabilmente all’altezza. Il castello, costruito, su un progetto di un grup-po di architetti francesi, fu eretto strategica-mente in prossimità del mare; è caratterizzatoda cinque torrioni cilindrici, (la torre dell'Oro,la torre Beverello, la torre San Giorgio, la torredi Mezzo e la torre di Guardia) ornato di cosid-detti “merli guelfi”.I lavori iniziarono nel 1279 per terminare nel1281, un periodo molto breve, considerandole tecniche di costruzione dell’epoca medioe-vale. Il sovrano, però, non ebbe mai la gioia di dimo-rarvi; infatti, la rivolta dei cosiddetti “Vespri si-ciliani” metteva in grave pericolo la sua autori-tà e gli costò la corona di Sicilia, conquistata daPietro III d'Aragona. Questa ed altre vicende fecero sì che la nuovareggia rimanesse inoccupata fino al 1285, an-no della morte di Carlo I e dell’ascesa al tronodi Carlo II, che, ultimati necessari restauri, deci-se di trasferirsi subito. Castel Nuovo divennecosì la reggia fortificata dei sovrani di Napoli,ponendosi al centro di travagliate e importantivicende storiche della città: il 13 dicembre del1294, ad esempio, fu teatro di uno degli episo-di più celebri della storia medievale; nella Salamaggiore del castello, Papa Celestino V, Pietroda Morrone, celebrò la sua abdicazione al tro-no pontificio, quello che Dante chiamò il “granrifiuto”. Nella stessa sala, il 24 dicembre suc-cessivo, il collegio dei cardinali, in un insolitoconclave, elesse Papa, Benedetto Caetani, chedivenne Bonifacio VIII. Con l'ascesa al trono di Roberto il Saggio, nel1309, il castello, da lui ristrutturato e ampliato,divenne un centro di cultura senza paragoni inItalia. Il mecenatismo del re e la sua passioneper le arti e le lettere fecero di Napoli un impor-tante fulcro di promozione culturale e CastelNuovo ospitò personaggi di altissimo profilo in-tellettuale. Fu in questo periodo che a Napolisoggiornò Giovanni Boccaccio, che qui scrisse

quasi sicuramente il Decamerone.Tra le sue mura si sono svolti alcuni degli episodipiù importanti della storia napoletana e d’Ita-lia, infatti la Cappella Palatina, conserva lepreziose tracce della presenza a Napoli diGiotto e della sua bottega.Ci fu però un periodo di decadenza di CastelNuovo, interrotto dall'ascesa al trono, nel1442, di Alfonso d'Aragona, che ricostruì in-torno a sé un nuovo clima di fermento culturale.La magnificenza della corte aragonese di Na-poli fu tale da consentirle di competere con lacorte medicea di Lorenzo il Magnifico, che fecedi Firenze la capitale europea della cultura. Lafortezza fu ristrutturata e consolidata per me-glio resistere alle evoluzioni della tecnica mili-tare e fu abbellita con l'edificazione dellosplendido Arco di Trionfo sulla facciata: un’o-pera che doveva servire, a rendere eterno iltrionfale ingresso di re Alfonso nella capitaledel regno.Dal punto di vista artistico, l’Arco ditrionfo(realizzato da vari artisti tra cui il Laura-na, Isaia da Pisa, il Gagini e Sagrera) segna aNapoli (e tra i primi esempi italiani) il passag-gio dall’arte medioevale all’arte cosiddetta“Rinascimentale”. Con la caduta di Ferrandino prima (1496) e diFederico dopo (1503), il Regno di Napoli fuannesso al Regno di Spagna da Ferdinando ilCattolico, che lo costituì in Vicereame. In que-sto lungo periodo, Castel Nuovo perse la fun-zione di residenza reale, diventando un presi-dio militare d'importanza strategica per la suaposizione. Fu comunque all'interno delle sue mura chesoggiornarono i re di Spagna che giungevanoin visita a Napoli, come lo stesso imperatoreCarlo V, che vi abitò per un breve periodo nel1535.Castel Nuovo tornò in possesso della sua digni-tà solo con il restauro, fortemente voluto, in unclima di grande sviluppo economico, culturalee sociale, da Carlo di Borbone, il futuro Carlo IIIdi Spagna, salito sul trono di Napoli nel 1734. Anche se ormai il castello non poteva più com-petere con le splendide residenze reali di Na-poli, la Reggia di Capodimonte e di Portici e lamagnifica Reggia di Caserta, il “Maschio An-gioino”, divenne soprattutto un simbolo dellagrandezza del passato. Fu ristrutturato per l'ul-tima volta nel 1823 da Ferdinando I delle DueSicilie.

Castel Nuovoconosciutocome “Maschio Angioino”, è uno dei castelli più famosi del mondo

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Salvatore Lanzadi

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Si cambia rotta! Questa, innanzitutto,la terapia d’urto conseguente aduna diagnosi che sembra avere tutti

gli elettrocardiogrammi sulla malattia gra-ve. La temperatura del globo entro questosecolo aumenterà di tre gradi centigradi,riportando il pianeta alle condizioni clima-tiche di 3 milioni di anni fa, nell’era del Plio-cene! Purtroppo, anche se gradevole, quest’ulti-mo “Natale tropicale....” trascorso, comeho potuto tra l’altro commentare nel pre-cedente numero della nostra utile, nonchèsempre aggiornatissima, rivista, con ina-spettata anticipazione del verificarsi di pe-ricolosi uragani conseguenti, per l’appun-to il Kyrill, porta a riflettere sulla scelta che,necessariamente, si impone: sostenere ilmodello di vita e di sviluppo propri di po-tenti governi, come Usa, Cina, ArabiaSaudita, che non accettano la svolta clima-tica dell’Onu, oppure operare una sortadi dietrofront per indurre il pianeta a cam-biare rotta. Sull’argomento, oltre 500 i cli-matologi, tra i maggiori scienziati dellaTerra, convenuti a Parigi, in occasione del-la Conferenza mondiale sul clima, chehanno contribuito alla stesura finale delquarto rapporto dell’IPCC (l’Intergovern-mental panel on climate change), organi-smo consultivo dell’Onu avviato nel 1988con l’associazione meteorologica mon-diale, e che hanno affermato, con assolu-ta certezza rispetto a soli 5 anni fa, checausa del riscaldamento atmosferico èl’uomo.Il cambiamento climatico è la sfida più im-portante per la specie umana; non c’è piùtempo, la razza umana deve unirsi per ri-durre le emissioni di anidride carbonica,da subito. Affrontare immediatamente lacrisi, commenta l’economista americano,nominato, dal ministro dell’Ambiente ita-liano, super consulente per la prossimaconferenza mondiale sul clima, JeremyRifkin, significa ridurre del 20% in UE leemissioni di anidride carbonica, limitaredel 30% l’immissione di CO2 entro il2020, arrivare a produrre dalle energierinnovabili il 20% del totale dell’energia ecreare un’infrastruttura per immagazzi-nare entro il 2025 l’energia rinnovabile incelle di idrogeno combustibili, anche at-

traverso leggi da applicare in tutto il mon-do. Al riguardo, giova osservare che leRegioni, per la loro prossimità ai cittadini,sono la scala di governo più adatta a pro-muovere una gestione sostenibile delle ri-sorse energetiche. Le amministrazioni re-gionali possono informare le popolazionisui problemi energetici e ambientali attua-li e futuri, contribuendo alla formazione diuna nuova consapevolezza nei cittadini. Èessenziale, pertanto, che le Regioni sianofortemente associate nelle riflessioni del-l’Unione Europea sul futuro della sua poli-tica energetica, per proseguire con l’ema-nazione di primi provvedimenti legislativi.Parigi, e dopo anche l’Italia, ha spento leluci per 5 minuti, per testimoniare l’impe-gno a favore dello sviluppo ecosostenibilee della salvaguardia del pianeta. Un ge-sto simbolico illuminato, però, dai potentiriflettori puntati dai rappresentanti di queigoverni non favorevoli al cambiamentoradicale nel loro modello di vita e di svilup-po, al punto che Chirac ha voluto a tutti i co-sti, in parallelo, una conferenza interna-zionale per lanciare la proposta di unaAgenzia Onu sul clima, con pieni poteri elarghi finanziamenti di emergenza. Adoperare un primo positivo passo dietro-front, il Canada, fino a pochi mesi fa restìoall’adesione al trattato di Kyoto, nonchèl’Australia, oggi in netta rotta di collisionecon la politica di George Bush. Prossimoall’importante passo anche il governo ita-liano, il cui rappresentante ministro del-l’ambiente propone l’adesione ad unacarbon tax europea! Una misura forte, for-se più forte ed immediata dei certificati ver-di di Kyoto, eppure un principio di risolu-zione, almeno nell’indurre i più grandi au-tori dell’attuale grave danno ambientalea cambiare rotta! Paesi come la Cina, del

resto, aprono una centrale a carbone acielo aperto, ed il carbone genera il dop-pio della Co2rispetto al gas naturale, ogni15 giorni e ne hanno oltre 2mila in pro-gramma. In India ed in Cina, ancora, il nu-mero di automobili cresce con il reddito. Ela nuvola di smog, che uccide circa 400 mi-la cinesi all’anno, attraversa il Pacifico earriva, secondo le rilevazioni fatte, fino inEuropa! La lista dei fatti e dei rischi è lun-ga... così come gli avvertimenti in serbo aiclimatologi: nessuno sa, infatti, se con il ri-scaldamento si attiveranno, e quando ecome, effetti automoltiplicativi sul clima.Se il permafrost siberiano, sciogliendosi,comincerà a rilasciare nell’atmosfera mi-liardi di tonnellate di metano oggi conge-lato, 20 volte più a effetto serra della Co2,oppure se il plankton degli oceani più caldicomincerà a morire, riducendo la fotosin-tesi marina. Al riguardo, colpisce l’allar-me lanciato dai pescatori di Ancona che,stupiti, denunciano l’assenza della “Papa-lina” nelle loro reti, specie marina che esi-ge una temperatura dell’acqua di molto in-feriore a quella attuale e che, pertanto, vi-ve e si moltiplica nella profondità del ma-re. D’altronde, il cambiamento climaticoc’è, si avverte, si respira, si vede... Dallagrande isola di ghiaccio staccatasi dalNord Canada, più grande di una metro-poli, e che oggi minaccia le rotte petrolife-re dell’Artico, fino agli inediti “fiori inver-nali” di Roma, New York, alle fiorite mimo-se di Napoli ed ai giardini di Lussemburgoproprio a pochi passi dalla sede dell’Une-sco Parigina, dove si è tenuta la conferen-za. L’art. 32 della Costituzione riconosce ildiritto alla salute per l’uomo che, forte nel-la tutela, continua ad operare a danno diun valore, l’ambiente, che oggi, pur senzavoce, comincia a farsi sentire.

Alessia Giangrassodi

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ADiagnosi sullo stato di salute del pianeta:

malattia grave!

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Per una nuova qualità dei servizie delle funzioni pubbliche

Il 18 gennaio è stata sottoscrittal’intesa tra le OO.SS., le Confe-derazioni ed il Governo sulla ri-

organizzazione del lavoro pubbli-co. Il Memorandum affronta per laprima volta il complesso del lavoropubblico riconoscendone la com-plessa natura, le specificità e la cen-tralità per l’economia del Paese;tra i molti fattori sui quali occorre in-tervenire, si evidenziano in partico-lare:

• il deciso miglioramento dellaqualità dei servizi pubblici,

• la riorganizzazione della Pub-blica Amministrazione (PA) chedeve essere ispirata all'obiettivodi accrescere la produttività. Ciòrichiede misurabilità, verificabi-lità e incentivazione della quali-tà dei servizi e delle funzionipubbliche, il miglioramento del-le funzioni pubbliche, che richie-de il coordinamento, in partico-lare del:

• sistema dei controlli e della sem-plificazione amministrativa,

• le strutture e dei modi di comuni-cazione con i destinatari dei ser-vizi,

• l’utilizzo delle nuove tecnolo-gie,

• l’efficacia e l’efficienza dovran-no essere perseguiti ricorrendoalle esternalizzazioni solo per leattività “no core”, prevedendouna progressiva reinternalizza-zione di quelle “core”,

• i sistemi di reclutamento pianifi-cati dovranno portare alla scom-parsa del precariato nell’arcodella legislatura.

• le azioni normative, amministrati-ve e contrattuali saranno ispirateai seguenti principali indirizzi ecriteri generali.Misurazione della qualità equantità dei servizi. L’individua-zione di obiettivi e la misurazio-ne dei risultati devono costituire

la base dell'intero impianto di ri-organizzazione della PA. La mi-surazione, in particolare:

• deve valutare il conseguimentodegli obiettivi, fissati in terminisia di realizzazioni, sia di effettisul benessere dei cittadini,

• deve essere il riferimento ogget-tivo per la valutazione delle ri-sorse umane,

• la PA deve produrre e pubbliciz-zare informazione di qualità suirisultati effettivamente consegui-ti,

• si devono usare strumenti dibenchmark e di misurazione, chevedano la partecipazione delleOrganizzazioni Sindacali e de-gli utenti.Dirigenza. Principali indirizzi ecriteri generali:

• il numero complessivo dei diri-genti pubblici deve essere ridot-to,

• deve essere eliminata ogni pro-gressione automatica,

• deve essere tolta alla attualegraduazione degli uffici la fun-zione esclusiva di meccanismoautomatico di differenziazioneretributiva.

PERCORSI PROFESSIONALI

Il percorso professionale dovrà di-pendere in modo più significativodai risultati conseguiti. Per le posizioni organizzative do-vranno essere adottati criteri di va-lutazione simili a quelli della diri-genza; per il restante personale,andranno realizzati meccanismidedicati e trasparenti di selezionebasati anche sulla valutazione.

Contrattazione integrativa

Nella contrattazione integratival'utilizzo dei fondi deve essere fina-

lizzato anche per conseguire risul-tati quali-quantitativi dei servizi; adesempio, l'ampliamento degli oraridi apertura dei servizi, riduzionedei tempi di attesa, innovazioni diprocesso. Il protocollo segue la Direttiva DFP“Per una pubblica amministrazionedi qualità”, del 19/12/2006, cheavvia la messa a punto di un pianonazionale pluriennale per la quali-tà nella PA. La direttiva impegna leamministrazioni pubbliche ad inse-rire precisi obiettivi di miglioramen-to della qualità nelle loro attività diprogrammazione strategica e ope-rativa. Tra i principali obiettivi dellaDirettiva emerge il ricorso all’auto-valutazione della prestazione or-ganizzativa, in termini di valutazio-ne della propria prestazione orga-nizzativa, individuazione dellepriorità di intervento, pianificazio-ne dei necessari cambiamenti inmodo integrato e funzionale alleproprie esigenze. Nell’intrapren-dere tale percorso è ritenuto essen-ziale, in particolare, il ruolo svoltodai destinatari dei servizi e dai por-tatori di interesse, nonché il doverrendere conto dei risultati ottenuti.

Mimmo Fedeledi

1) Memorandum d'intesa su la-voro pubblico e riorganizza-zione delle AmministrazioniPubbliche, firmato il18/12/2007 dal Ministroper le Riforme e le Innova-zioni nella Pubblica Ammi-nistrazione, dal Ministrodell’Economia e delle Finan-ze e da CGIL, CISL, UIL.

2) Direttiva “Per una pubblicaamministrazione di quali-tà”, emanata il19/12/2006 dal Ministroper le Riforme e le Innova-zioni nella Pubblica Ammi-nistrazione-Dipartimentodella Funzione Pubblica(DFP).

Principali riferimenti BIBLIOGRAFICI

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valutazioneIl documentodi valutazionedei rischisul luogo di lavoro

La tutela dei lavoratori, riguardola sicurezza e la salubrità degliambienti di lavoro, rappresenta

un tema di fondamentale interesse so-ciale e normativo, sottolineato dalcontinuo susseguirsi di notizie di cro-naca relative alle condizioni spessoprecarie in cui il personale si trova adoperare, condizioni che frequente-mente provocano incidenti più o me-no rilevanti.Il D. Lgs. 626 del 1994, che prescrivemisure per la tutela della salute e perla sicurezza dei lavoratori durante illavoro in tutti i settori di attività privatio pubblici, nell’art. 4 impone al dato-re di lavoro l’obbligo della valutazio-ne dei rischi attraverso la redazionedi un apposito documento e, al com-ma 7 dello stesso articolo, se ne pre-vede il continuo aggiornamento ognivolta che l’ambiente di lavoro è sog-getto a cambiamenti significativi.A tal proposito, l’ Agenzia Regionaleper la Protezione Ambientale dellaCampania, nella quale sono confluitii laboratori di prevenzione e prote-zione delle AA.SS.LL., ha avuto la ne-cessità di aggiornare il preesistentedocumento di valutazione del ri-schio, processo in continua evoluzio-ne ed ancora in atto, in corrisponden-za della fisiologica evoluzione delmondo lavorativo ed in relazione alleattuali esigenze medico – scientifi-che.Tale innovazione deve avvenire coin-volgendo i lavoratori stessi al fine diottenere una fattiva crescita profes-sionale in materia di sicurezza garan-tendo metodologie, condizioni ed uti-lizzo delle attrezzature in modo ade-guato per un efficace incremento de-gli standard di sicurezza.L’aggiornamento del documento divalutazione del rischio riguarda so-prattutto l’ampliamento del sistema

di gestione per la prevenzione chedeterminerà il miglioramento nei la-boratori, delle attività in sicurezzadei servizi territoriali, la riduzione diassenza per infortuni ed eventualimalattie professionali, l’incrementodelle determinazioni analitiche non-ché il miglioramento della qualità delservizio.Gli organi competenti prevedono,dunque, un programma di lavoro chesi articolerà in diverse fasi:

Fase di audit - valutazione dello stato dell’arte che consente

di comprendere:

• la“cultura della sicurezza” dei la-voratori mediante la compilazio-ne di un questionario predispostodal RSPP;

• il tipo di organizzazione del siste-ma sicurezza e prevenzione me-diante un check-up organizzativocon analisi di:

• politica dell’agenzia;

• documenti organizzativi esistenti;

• piani di emergenza;attuali servizi di prevenzione e re-lativo grado di funzionalità;

• grado di coinvolgimento dei lavo-ratori nella redazione del docu-mento precedente;

• programma di manutenzione ap-plicato alle macchine con la relati-va documentazione di registrazio-ne degli interventi;

• programma sanitario;

• presenza/assenza di documentiorganizzativi in materia di sicurez-za, quali compiti e responsabilità;

• esame delle procedure emesse evalutazione delle procedure daemettere in materia di sicurezza;

• verbali di riunione dei gruppi di la-voro.

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S. Sodano - T. TripodiA.Ramondo

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La normativa per la tutelae la sicurezza

dei lavoratori

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Fase di elaborazione delle misure di sicurezza nell’organizzazione

attuale

L’attuale organizzazione della sicu-rezza in ARPAC ha il compito di stabi-lire la metodologia di coinvolgimen-to dei lavoratori attraverso procedu-re, organizzazione di corsi di forma-zione per dipendenti e frequentatoridei laboratori (tesisti, tirocinanti, vo-lontari, stagisti), inserire le attività dimanutenzione degli impianti nel pro-gramma di gestione della sicurezzaed organizzare il servizio di emer-genza e le relative procedure Il Servizio di Prevenzione e Protezio-ne proprio dell’ARPAC, costituito dadirigenti e tecnici per ogni Diparti-mento Provinciale coordinati da unResponsabile del servizio, opera atti-vamente in questo settore offrendo lapossibilità di aggiornare, informaree formare i lavoratori sulle responsa-bilità dell’applicazione delle norma-tive di sicurezza contribuendo, così,alla esatta valutazione dei rischi cor-relati agli agenti chimici e biologicida loro stessi utilizzati.Sono implementati, inoltre, il SistemaGestione Sicurezza e Prevenzione(SGSP) ed il Sistema di Gestione del-la Qualità (SGQ) che hanno comeobiettivi il riconoscimento dell’Istitu-to Superiore della Sanità dei labora-tori preposti al controllo ufficiale de-gli alimenti ai sensi del D. Lgs.156/97, l’accreditamento dei labo-ratori preposti al controllo ufficialedelle matrici ambientali e la certifica-zione della Direzione Generale edelle Direzioni dei Dipartimenti Pro-vinciali.Concludendo, quindi, il coinvolgi-mento degli stessi dirigenti nell’ag-giornamento del documento di valu-tazione in una struttura pubblica nonè solo l’ottemperanza alla legge maè principalmente un obiettivo volto asovvertire la filosofia della normati-va che da un sistema protettivo devetrasformarsi in un sistema preventi-vo, attraverso la crescita della cultu-ra della sicurezza.Il coinvolgimento dell’intero perso-nale, dalla base al vertice dell’azien-da, la corresponsabilizzazione ditutte le unità lavorative, la scelta diA.R.P.A. Campania di considerareQualità e Sicurezza sullo stesso pia-no senza subordinazioni tra loro,porta sicuramente alla soddisfazio-ne degli utenti, per una maggiorequalità del prodotto, ma soprattuttoalla serenità dei lavoratori che vivo-no in un ambiente proteso ad un con-tinuo miglioramento in un clima cultu-rale aziendale tendente alla culturasociale.

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In tre anni la Campania spera di re-cuperare almeno in parte i ritardinella produzione di energia. E que-

sto grazie anche alla produzione sulterritorio di energie rinnovabili: èl’auspicio della Giunta regionale. LaCampania importa l’80% del fabbi-sogno energetico, pari a poco più di18 GWh. La giunta Bassolino si è da-ta l’obiettivo di incrementare la po-tenza di circa 4mila Mw, di cui 3miladerivanti da centrali termoelettrichee 1.000 da fonti rinnovabili. Nellestanze di Palazzo Santa Lucia spera-no di poter abbattere almeno la metàdel deficit energetico entro la fine diquest’anno. Un traguardo che po-trebbe essere raggiunto grazie al-l’entrata in funzione di due centrali diproduzione con tecnologie a ciclocombinato alimentate a gas metano aTeverola e Sparanise per una poten-za di 1.200 MW. Entro il 2007 si punta anche a coprireil fabbisogno energetico per non me-no del 25% con l’utilizzo di fonti rin-novabili.In realtà in tutta la nazione c’è un for-te deficit di produzione di energia an-che da fonti rinnovabili. Non a casoPalazzo Santa Lucia rivendica dueprimati. Il primo riguarda la produ-zione di energia da impianti eolicicon poco più di 400MW di potenzaistallata (in Italia se ne produce pocopiù di 1.200 MW). Il secondo prima-to rivendicato dalla giunta regionalecampana è quello derivante dallaproduzione di energia da impianti fo-tovoltaici: 4 MW di potenza istallatache rappresentano circa il 65% della

produzione nazionale che è di circa7,1 MW di potenza istallata. Questograzie soprattutto alla centrale foto-voltaica di Serre nel Salernitano, chevanta una potenza istallata di 3,3MW. La centrale di Serre ha una su-perficie di pannelli istallati di 26.500metri quadrati.Il primato campano dovrebbe raffor-zarsi ulteriormente grazie innanzitut-to alla realizzazione della centrale diGiugliano, che dovrebbe essere lapiù grande in Europa e riuscire a pro-durre da sola più dell’energia attual-mente prodotta in tutta Italia nel cam-po fotovoltaico. La centrale di Giu-gliano si estenderebbe su una super-ficie di 10 ettari, generando una po-tenza di circa 12 MW. Attualmente lecentrali fotovoltaiche più potenti inEuropa sono a Sanlucar La Mayor, vi-cino Siviglia, che produce 11 MW, equella di Pocking in Germania che neproduce 10. In ogni caso si tratta diquantità che non possono certo sod-disfare il fabbisogno locale di ener-gia. Una centrale come quella di Giu-gliano è in grado di soddisfare unacittadina di circa 20 mila abitanti.La Campania non punta solo sul foto-voltaico. La Regione ha stanziato 54milioni di euro per l’istallazione di im-pianti di cogenerazione distribuita.Vengono privilegiati i progetti chefanno utilizzo di biomasse, cioè rifiutie residui provenienti dall’agricoltu-ra, dalla silvicoltura e dalle industrieconnesse. Gli impianti di cogenera-zione forniscono il produzione com-binata energia elettrica ed energiatermica.Le fonti rinnovabili non sono ovvia-mente l’unica risorsa sulla quale sta

investendo la Regione. La Giuntacampana ritiene decisivo l’apportoche potrà essere assicurato dallenuove centrali di produzione con tec-nologie a ciclo combinato alimentatea gas metano. Sono quattro quelleautorizzate e che dovrebbero sorge-re a Teverola, Sparanise, Orta diAtella e Salerno per un totale di2.800 MW di potenza. Si spera cheTeverola e Sparanise possano entra-re in funzione già entro la fine del2007. In attesa di autorizzazione c’èpoi un quinto impianto che dovrebbesorgere a Flumeri e che, se realizza-to, produrrà 400 MW. A questi im-pianti deve aggiungersi quello di Vi-gliena a Napoli. In questo caso si trat-ta di un intervento di ammoderna-mento della centrale già esistente. Ilpassaggio a gas metano potrebbeportare benefici ambientali. L’im-pianto a regime produrrà 400 MW.L’assessore campano alle AttivitàProduttive Andrea Cozzolino si dicesoddisfatto del lavoro finora fatto.“Avevo fissato un obiettivo: arrivareentro il 2010 – sottolinea Cozzolino– a coprire il 25% del fabbisogno re-gionale attraverso l’utilizzo di fontirinnovabili. Ci riusciremo già alla finedi quest’anno, con tre anni di antici-po”. L’esponente della giunta Basso-lino ricorda che “uno dei massimiesperti al mondo di energie alternati-ve, Jeremy Rifkin, definisce la Cam-pania come l’Arabia Saudita dellerinnovabili anche per le condizioniclimatiche particolarmente favorevo-li. Vogliamo sfruttare al massimo que-sto vantaggio – assicura Cozzolino –e fare della Campania la regione lea-der del rinnovabile in Italia”.

Guido Pocobelli Ragostadi FO

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Stanziati 54 milioni per impianti di cogenerazione distribuita

Più risorse per produrreEnergia A Giugliano sorgerà la centrale

fotovoltaicapiù grande d’Europa

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Qualche settimana ancora di la-voro ed inizierà a produrreenergia la fattoria eolica di

Ciorlano, la prima della provincia diCaserta. La sta costruendo la Dotto srl,una società legata alla Abn costruzio-ni che si è ispirata al nome di uno deisette nani della favola di Biancaneve.“L’impianto”, informa Nino Apreda,direttore dei lavori, “prevede 10 torridi 80 metri ciascuna, in acciaio, pog-giate su fondamenta interrate di circa150 mq. Ogni torre è sormontata da unrotore in carbonio. Questi ultimi sonoprodotti in Danimarca dalla Vestas,una delle aziende più importanti nelmondo, riguardo alla tecnologia eoli-ca. Ciascun rotore ha un raggio di circa35 metri. Attraverso un generatore dicorrente le pale mosse dal vento pro-durranno energia che cavi interraticondurranno fino alla rete del gestorenazionale”. La fattoria eolica di Ciorla-no ha una potenza di 24Mw e garanti-rà circa 60 milioni di chilovattori all’an-no, sufficienti a rifornire di elettricitàuna comunità di 100.000 abitanti. LaDotto investe circa 36 milioni di euro e,nell’arco della vita produttiva dell’im-pianto – 20 anni – guadagnerà attra-verso la vendita dell’energia o diretta-mente alla rete del gestore nazionale oai produttori di energia da combustibi-le fossile i quali, per legge, devonoogni anno immettere in rete anche uncerto quantitativo ricavato da fonti rin-novabili. Da Ciorlano arriverà energiapulita, dunque, ma non per questo lafattoria eolica piace a tutti. Ad ottobredell’anno scorso, per esempio, la Fore-stale aveva sequestrato la strada trac-ciata per portare le torri fin sulla collina-300 metri più in alto del centro storicomedievale di Ciorlano – dove sarannocollocati i “mulini”. Il Tribunale ha san-cito il dissequestro prima di Natale. So-no perplessi anche alcuni degli abitantidi Ciorlano, i quali temono che le torriprovocheranno rumore, che i cavi ge-nereranno inquinamento elettroma-gnetico e che, sulla collina dell’impian-to, contadini e pastori non potranno piùsvolgere le loro attività. Per convincerei suoi concittadini, il sindaco Silvio Ven-dettuoli li ha portati in visita ad Albanel-la, il comune della provincia di Salernodove da tempo è in funzione una cen-trale eolica della stessa società che stalavorando a Ciorlano. Dice: “Hannoverificato che il rumore è minimo, che icavi sono interrati e schermati per ridur-re drasticamente le emissioni elettro-magnetiche, che sotto le pale gli anima-li continuano tranquillamente a pasco-lare". Non è dello stesso parere Mat-teo Palmisani, il coordinatore per la

Campania della Lega per la protezio-ne degli uccelli: “Nella nostra regioneè in atto una corsa ad impiantare cen-trali eoliche. Sono strutture che hannoun notevole impatto ambientale: sugliuccelli che finiscono nei motori( uno stu-dio spagnolo del 2001 ha rilevato per400 torri di 5 impianti 7250 collisionimortali in 12 mesi, n.d.r.); sul paesag-gio; sul terreno, perché realizzare lefattorie eoliche implica costruire stradeed infrastrutture dove prima c’eranocampi coltivati, pascolo o sentieri rura-li. In Campania bisognerebbe puntaresull’energia solare e da biomasse, rifiu-ti compresi”. La Lipu chiede dunqueuna moratoria sull’installazione di nuo-ve fattorie del vento. Wwf e Legam-biente hanno invece stipulato due pro-tocolli d’intesa con l’Associazione del-le imprese che operano nel settore eoli-co(Anev). Nei documenti si valuta fa-vorevolmente la produzione di ener-gia dal vento, nell’ambito delle politi-che di riduzione delle emissioni di gasserra previste dal protocollo di Kyoto. Icontraenti prevedono però regole fina-lizzate a minimizzare l’impatto am-bientale: divieto di costruire gli impiantinelle riserve naturali, nei siti dove nidifi-cano specie a rischio di estinzione e lun-go le rotte migratorie; obbligo di re-stauro ambientale dopo le modificherealizzate in fase di cantiere e di eserci-zio dell’impianto, utilizzo di aerogene-ratori a bassa velocità di rotazione del-le pale, utilizzo per le torri di vernici an-

tiriflettenti. In Campania, intanto, lapassione per Eolo non si placa. Su 260richieste di autorizzazione inoltrate al-la Regione per costruire e gestire im-pianti di energia alternativa(il dato èaggiornato ad ottobre 2006), oltre lametà riguardava le fattorie eoliche.Non è tutto merito, però, delle condi-zioni favorevoli (venti forti e costanti)che effettivamente presentano vastearee dell’avellinese e del beneventa-no. È in atto una gara ad accaparrarsile autorizzazioni da parte di diversesocietà ma non è detto che saranno poile stesse a realizzare gli impianti. Anto-nio Pellecchia, architetto e dirigente re-gionale del settore, garantisce peròche le istanze strumentali saranno boc-ciate: “Il controllo sarà rigoroso. Il futu-ro dell’eolico, lo sappiamo bene, risie-de nella sostituzione delle vecchie fat-torie – meno efficienti – con quelle tec-nologicamente avanzate, che garanti-scono più energia con meno torri e mi-nore impatto ambientale”. In Campa-nia, attualmente, sono in funzione 215impianti eolici, per una potenza di 420Mw, poco meno di un quarto del totalenazionale(1920 Mw). “La Regione im-porta l’80% dell’energia che consu-ma”, riferisce il responsabile del setto-re energia della Regione, VincenzoGuerriero. “Il piano energetico preve-de di incrementare la potenza installa-ta sul territorio di 4000 Mw, entro il2010. Almeno un quarto dovrà prove-nire da fonti rinnovabili”.

Fabrizo Geremiccadi A Ciorlano la prima centrale eolica della

provincia di Caserta

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In Francia sono già arrivati il mese scor-so. In Brasile poi rappresentano oramaiuna realtà consolidata.

L’Italia è ancora indietro, nonostante nesia il terzo produttore europeo (dopoGermania e Francia). Parliamo dei bio-carburanti. Ovvero i ricavati dai vegetaliche si preparano a sostituire (inizialmentead affiancare) il petrolio. Quest’ultimo de-stinato a finire nei prossimi anni grazie al-l’abuso scellerato che ne abbiamo fatto.Immaginiamo un'automobile in grado diandare indifferentemente a benzina o adalcool. Ecco. Queste auto biocombustibilipermettono di fare il pieno con la normalebenzina, con alcool (c.d. bioetanolo) ocon un qualsiasi mix fra i due. In Brasile sipuò comprare già oggi al prezzo di unaqualsiasi utilitaria. Ma finalmente anche da noi si inizia a sen-tir parlare di bioetanolo, biodiesel e bio-metano. In Italia, che per adesso si limitasolo all’esportazione, è La Spezia la cittàpiù all’avanguardia in questo campo. IlComune della città ligure ha già acquista-to dieci auto e tre bus ad etanolo. A breveverranno installati due distributori specifi-ci.Ma cosa sono e come si possono utilizza-re questi carburanti? Vediamo.BIOETANOLO: è il comunissimo alcol etili-co (o spirito di vino). Chimicamente moltosimile agli idrocarburi, con la differenzaperò che, contenendo anche atomi di ossi-geno, diviene per le nostre auto un combu-stibile anche migliore della benzina. Lapotenza e la coppia, funzionando solo adetanolo, aumenterebbero del 10-15%.Ma il consumo, poichè l’alcol richiede mi-scele più “grasse”, aumenterebbe di circail 35%. Inoltre si avrebbero difficoltà di av-viamento a freddo e minore lubrificazionedegli organi meccanici. Motivi questi, percui oggi si utilizzano miscele alcol-benzi-na dette “E85” (85% bioetanolo, 15%benzina). Pensate che in Svezia il 10% deidistributori ha già pompe di “E85”.Chi può usarlo? Le auto a benzina attualipossono già utilizzare etanolo miscelatoa benzina (max 10-15%). Per percentualimaggiori occorrono modifiche meccani-che sostanziali poco consigliate sull’usa-to.BIODIESEL: è un olio vegetale sottopostoad un trattamento chimico detto “esterifi-

cazione”. Processo che elimina dall’oliola glicerina. Ne vien fuori una sostanzaoleosa di colore ambrato con caratteristi-che di combustione e prestazionali ugualial gasolio. Con in più un miglior potere lu-brificante. Ma anche con qualche svan-taggio. Come ad esempio quello di gene-rare una maggiore usura di guarnizioni,tubi e raccordi (ha un potere solvente ele-vato). Problema che nei motori più recentiè superato adottando materiali appro-priati. Chi può usare il biodiesel? Tutti i motori die-sel sul mercato possono andare anche abiodiesel puro o miscelato con il gasolio,senza limiti percentuali. Ma attenzione al-la garanzie. Le case costruttrici non risarci-scono danni derivanti dall’utilizzo di car-buranti diversi da quelli ufficialmente indi-catiBIOMETANO: altro biocombustibile, almomento meno famoso. Il metano – maforse molti non lo sanno – non è solo di ori-gine fossile. Esso si ottiene anche per viabiologica, attraverso alcuni processi. Il ri-sultato offre caratteristiche eccellenti, avolte anche migliori rispetto al gas di origi-ne fossile. Inoltre può essere ottenuto dairifiuti solidi urbani organici, da scarti di la-vorazione agroalimentare, dalle deiezio-ni degli animali da allevamento, dagli im-pianti di depurazione delle acque fogna-rie delle città.Infine non dimentichiamo la totale biode-gradabilità di questi composti che consen-te, in caso di fuoriuscite o dispersioni acci-dentali, di non creare disastri ambientalima solo di fornire cibo ai microrganismi eai pesci.Ma, come spesso accade, non è tutto oroquello che luccica. I biocombustibili, alme-no per ora, hanno anche alcuni svantaggida prendere in considerazione, come l’e-levato costo di produzione e la necessitàdi vaste aree agricole necessarie alla colti-vazione. E proprio su quest’ultimo punto diverse as-sociazioni ambientaliste, Greenpeace inprimis, lanciano un grido di allarme: laproduzione di biocarburanti su ampiascala implica il rischio di una drammaticasottrazione di suoli all'agricoltura, di unloro progressivo impoverimento, condanni riflessi sulla biodiversità.Greenpeace teme che la diffusione deibiocarburanti avvenga a discapito delleforeste che dominano immensi territori echiedono (e come si può non condivide-

re…) che i biocarburanti vengano da agri-coltura sostenibile, non provochino diret-tamente o indirettamente la distruzione diecosistemi intatti e non rappresentino unaminaccia alla sicurezza alimentare.Un esempio? Eccolo: negli Stati Uniti, oggimolto interessati alla diffusione del bioeta-nolo, non vi è sufficiente terreno per le col-tivazioni occorrenti ad una completa sosti-tuzione della benzina. Stesso discorsoper l’Europa, specie per l’Italia.Nel nostro paese infatti, con circa 35 mi-lioni di veicoli circolanti, anche se si con-vertisse a biocombustibili tutta la superfi-cie agricola nazionale (13 milioni di etta-ri), si potrebbe soddisfare solo 1/3 delladomanda di carburanti.Ma le bioenergie sono però una stradache va ben oltre la semplice sostituzionedei carburanti petroliferi. I biocombustibi-li posso infatti essere ricavati da moltissimimateriali organici di partenza, prodotti discarto, sottoprodotti chimici, industriali,biologici, cosmetici, medici.L’Unione Europea si è comunque già pro-nunciata verso questa direzione. Con unadirettiva ha imposto a tutti gli stati membrialcuni obiettivi di utilizzo di biocarburantiin percentuale sul totale di benzina e die-sel. Ecco i “numeri” da raggiungere: 2,5 %entro il 31/12/2008; 5,75 % entro il31/12/2010. Previsti inoltre 73 milioni dieuro all’anno (2008/2010) di fondi desti-nati alla ricerca per le bioenergie.Anche l’Italia, sembra fare qualche mossapiù concreta. Il 10 gennaio u.s. è stato pre-sentato dal ministro Paolo De Castro,presso il Ministero delle Politiche Agricolealimentari e forestali, il primo contrattoquadro nazionale sui bio-carburanti, cherappresenta il primo passo verso la costru-zione di una filiera nazionale delle agro-energie e contribuirà a conferire un nuovoruolo all'agricoltura italiana.Soggetti interessati dal contratto quadrosono le Associazioni agricole, l’UnioneSeminativi (produttori di semi oleosi) e, sulversante industriale, Assitol, Assobiodie-sel, Assocostieri.L'intesa raggiunta esprime così la rispostadel Governo agli obblighi imposti dal Pro-tocollo di Kyoto, mettendo in rapporto dicollaborazione agricoltura e ambiente. Con l’auspicio, concludo, che si riesca aporre un freno intelligente all’”impazzi-mento” preoccupante ed evidentissimodel nostro (unico, ahimè…) ecosistema.

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Massimiliano Giovinedi

I biocarburantisostituiranno il petrolio?

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Il dossier del nuovo stadio di calcio che ilComune di Napoli vuole costruire nel-l'ambito di un più vasto progetto deno-

minato "Cittadella dello Sport", da metàfebbraio è sul tavolo del presidente del-l’Uefa Michel Platini, insieme con gli incar-tamenti complessivi che riguardano gli im-pianti di Palermo, Torino, Milano, Roma,Firenze, Udine e Bari, le sedi proposte dal-la Figc per ospitare le partite degli Euro-pei del 2012. Il dietrofront del Governosulla disponibilità dei suoli con le tre caser-me - Carretto, Boscariello e Beghelli - daabbattere nella zona di Miano, ha tutta-via creato una nuova situazione di grandeincertezza, inizialmente finanche di tota-le sfiducia e perché no di totale depressio-ne.Il pasticcio è incredibile, tanto per capire èdi quelli... all'italiana, giacchè per soste-nere presso l'Uefa la sua candidatura sup-portata dal progetto "Miano-Scampia" at-traverso le dismissioni delle aree e dellestrutture militari, Napoli aveva rinunciatoal San Paolo per poi ritornare sui propripassi prima di riprendere la trattativa conil Governo, allo scopo di trovare una solu-zione, pur se attraverso una disponibilitàdiversa e più contenuta delle aree, a cau-sa del veto posto dalle autorità militari sul-la caserma Caretto che ospita il X Batta-glione Mobile dei Carabinieri. Cartastraccia il progetto per la costruzione diuna nuova e più moderna struttura di cal-cio da 65mila posti, da realizzare in basealle normative dell'Uefa? C'è ancora unpò di tempo disponibile, ma bisogna farein fretta giacchè il 18 aprile, dopo averesaminato anche la documentazione inte-grata relativa all'organizzazione localedi ogni singola città e relativa alle strutturealberghiere, ai trasporti, alla sanità, agliaeroporti, la massima istituzione calcisti-ca continentale, deciderà a chi assegnarei campionati europei del 2012. Per la veri-tà i fatti di Catania - e lo ha ricordato qual-che tempo fa il commissario straordinariodella Figc Pancalli - influiranno sulla sceltada parte dell'Uefa, pur se l'Italia è in nettovantaggio rispetto ad alcuni paesi dell'Est

che si sono proposti.In un clima di scetticismo e di contestazio-ne da parte della tifoseria azzurra contra-ria allo spostamento della squadra di cal-cio da Fuorigrotta a Miano, Napoli avevaraccolto l'occasione al volo, tanto che permettere insieme tutti i tasselli dell'iniziativada realizzare nell'area Nord, si sono for-zati i tempi, trasformando lungo la strada ipiani iniziali in un articolato progetto de-nominato "Polo dello Sport" e che oltre al-la costruzione di un nuovo stadio per il cal-cio, prevedeva un palazzo destinato allamusica e agli spettacoli, alberghi, punti divendita e di ristoro, parcheggi, un elipor-to, un laghetto artificiale, impianti per losfruttamento dell'energia solare, super-mercati, negozi, ristoranti, multisale, tea-tri e tante altre strutture su di un'area com-plessiva di 313mila metri-quadri. Tutto darifare, naturalmente. La nuova avveniristi-ca struttura per il football era consideratanel perimetro maggiore, ora non più dis-ponile. Definito sulla carta uno stadio al-l'inglese, per la sua costruzione e per larealizzazione delle altre opere era statapreventivata una spesa di circa 400 milio-ni di euro, da coprire con gli investimentidei privati, aziende e imprenditori interes-sati all'affare e che sarebbero comunquepronti ad intervenire in qualsiasi momentoe per qualsiasi soluzione. Va detto infattiche Palazzo San Giacomo non si è arreso

e continua a valutare le diverse ipotesi, ol-tre a quella iniziale. Si sono fatti avanti in-tanto il sindaco di Acerra e quello di Frat-tamaggiore offrendo la loro totale dispo-nibilità mentre si parla di un'altra serie disoluzioni: Afragola, Pianura, Ponticelli. Ilsindaco Rosa Russo Iervolino vuole co-munque pensare ad una località che nonsia penalizzante per la città, mentre si èscatenato un intenso dibattito politico trachi è favorevole e chi è contrario. Contrario alla costruzione in assoluto diun nuovo stadio, è il presidente della So-cietà Sportiva Calcio Napoli Aurelio DeLaurentiis che punta invece alla ristruttu-razione del San Paolo: "Basterà renderloal passo con i tempi", il patron azzurrocontesta pure la cifra fissata per un even-tuale intervento di recupero sullo stadio diFuorigrotta: "Dicono che ci vogliono 70milioni di euro, chi lo ha stabilito? Finoranon ho visto né uno studio né un preventi-vo. Se vogliono, posso farlo prepararedai miei esperti. Il San Paolo rappresentatra l'altro un patrimonio storico-sportivo distraordinario spessore ed è lì che voglia-mo giocare in Coppa Uefa e in Cham-pions League, dopo il nostro ritorno in se-rie A". Insomma il progetto per la costru-zione del nuovo tempio del calcio è ac-compagnato dall'inizio della vicenda conun'etichetta fin troppo eloquente: "lo sta-dio della discordia".

Gianfranco Lucariellodi

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Ha appena compiuto tre anni d’età l’Osser-vatorio Ambiente della Regione Campa-nia. Istituito esattamente il 27 febbraio

2004 dalla giunta di Palazzo Santa Lucia e suproposta dell’assessorato al ramo, ha l’obietti-vo, quanto mai importante nell’ottica di un auten-tico sviluppo sostenibile, di formare competenzeadeguate negli operatori impegnati direttamen-te o indirettamente, attraverso un’attività perma-nente di studio, approfondimento, informazioneed aggiornamento.Un pool di esperti al servizio dell’AmbientePresieduto da Angelo Fusaro, classe ’55 e dasempre attento alle tematiche ambientali e delterritorio, l’Osservatorio è formato da altri cin-que componenti e si caratterizza per l’elevatacompetenza tecnico-scientifica e l’attenzione ri-spetto a tutte le province campane. Ne fannoparte l’ingegner Luciano Capobianco, direttoregenerale dell’Arpac e docenti universitari tra imassimi esperti delle tematiche ambientali: il pro-fessor Felice Casucci, in rappresentanza dell’U-niversità del Sannio (Dipartimento Pemeis); ilprofessor Benedetto Di Blasio, in rappresentan-za della Seconda Università degli Studi di Napo-li; il professor Giovanni Capo dell’Università diSalerno. La Regione Campania è invece rappre-sentata da Antonello Barretta dirigente dellaGiunta Regionale della Campania.La competitività passa dall’integrità ambientaleRaccogliere dati e notizie che riguardano l’Am-biente, studiarli, elaborarli e diffonderli. È que-sto lo scopo principale dell’Osservatorio che haconcentrato la propria attività sulla gestione del-le aree protette al fine di promuoverle “il che si-gnifica – ha spiegato lo stesso presidente AngeloFusaro – contribuire al mantenimento della bio-diversità cioè essere in linea con le finalità stessedelle aree protette che puntano a garantire epromuovere la conservazione e la valorizzazio-ne del patrimonio naturale, di specie animali evegetali, di associazioni forestali, di singolaritàgeologiche, di valori scenici e panoramici, diequilibri ecologici. Del resto, l’istituzione del-l’Osservatorio parte proprio dalla consapevo-lezza dell’ente Regione che i Parchi istituiti neces-sitano di un costante ed adeguato supporto pro-mozionale sia in campo nazionale che in quelloeuropeo finalizzato alla conoscenza del patri-monio naturalistico campano “utile, da un lato –spiega ancora Angelo Fusaro – a sostenere la tu-tela delle ricchezze ambientali e, dall’altro, a fa-

vorire lo sviluppo sostenibile della nostra regio-ne. Il patrimonio naturalistico deve divenire – haauspicato in conclusione il presidente – volanodello sviluppo delle nostre aree”. Come dire chela competitività passa attraverso l’integrità am-bientale.Da “Ambientiamoci” ad un modello per lo svilup-po sostenibile“Ambientiamoci”. È questo il titolo della mostra-convegno realizzata dall’Osservatorio ambien-te nel maggio 2006 a Nocera Inferiore. Un even-to che ha visto la partecipazione di tutti i Parchidella Campania, la realizzazione di stand dedi-cati alla promozione delle numerose realtà di in-teresse turistico-paesagistico del comprensorioe che ha segnato la nascita di un coordinamentodei Parchi. Un’esigenza emersa, appunto, dallatavola rotonda alla quale hanno preso parte an-che il direttore generale dell’Arpac, Luciano Ca-pobianco e l’assessore regionale alle PoliticheAmbientali, Luigi Nocera che concluse i lavoricon una considerazione: “Siamo fermamenteconvinti – dichiarò - che i Parchi (i due nazionali, inove regionali, quelli urbani e quelli sommersi), i106 siti di importanza comunitaria, le riserve na-turali, le oasi, le zone umide di Ramsar, e le altrearee protette rappresentino il punto di partenzaper rimettere in moto l’economia. Dobbiamo la-vorare insieme ad una radicata cultura dei par-chi che non resti un mero discorso fra addetti ai la-vori. L’amore e la tutela dell’ambiente devono es-sere patrimonio condiviso dalla classe politica edai cittadini”. Ed è proprio in quella direzioneche ha lavorato l’Osservatorio dando vita al con-vegno su “La tutela ambientale tra responsabilitàe valorizzazione” che si è svolto a Benevento e alvolume “Sannio, un modello di sviluppo sosteni-bile”.Un lavoro che costruisce un’ipotesi delle variefunzioni dei Parchi, da quella Ecologica, a quellasocio-culturale, a quella economica per poi con-cludere che, come scrive il professor Casucci, cheha curato la pubblicazione, “la costruzione diuna ‘economia che conservi’, sullo sfondo di si-stemi locali percorsi da profondi processi di cam-biamento nei valori, nelle tecnologie e nelle istitu-zioni, è un compito che non può essere evitato edi cui accettare la complessità”. “Queste iniziative – ha osservato il direttore ge-nerale dell’Arpac, Capobianco – tendono a svi-luppare la conoscenza del territorio in cui si vive,migliorando la fruibilità dello stesso da parte diun’utenza ampliata e, al contempo, ad educaree sensibilizzare i giovani al rispetto e alla prote-zione dell’ambiente”.

Brunella Cimadomodi

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“La Regione Campania èla prima regione d’Italia per estensione di aree

protette. Abbiamo 2 Parchi nazionali, otto parchi re-gionali, un parco urbano, due parchi archeologico-ambientali sommersi, 5 riserve naturali statali e quat-tro regionali, 106 siti di importanza comunitaria, 28zone di protezione speciale e l’area marina di PuntaCampanella. Occorre ora sostenere un ampio percor-so culturale e informativo finalizzato alla valorizza-zione delle aree protette e alla sempre maggiore pre-sa di coscienza che l’istituzione di un parco non è un li-mite allo sviluppo bensì un punto di forza”. L’assessoreregionale alle Politiche ambientali, Luigi Nocera, do-po aver dato impulso alle attività gestionali dei Parchi,va avanti verso strategie di sviluppo delle aree protet-te della Campania e le pone al centro dell’azione stes-sa dell’Osservatorio dell’Ambiente istituito dalla giun-ta regionale il 27 febbraio di tre anni fa.

Assessore, quale è stato, ad oggi, il contributo appor-tato dall’Osservatorio dell’Ambiente a questa politi-ca per le aree protette?

“L’Osservatorio dell’Ambiente – la cui istituzione si si-tua proprio in relazione a tale azione di sostegno cul-turale – ha avviato le sue attività operative nel feb-braio 2006, realizzando numerose attività tra cui spic-cano la mostra convegno “Ambientiamoci”, che si èsvolta a Nocera Inferiore nel maggio scorso, il conve-gno “La tutela ambientale tra responsabilità e valoriz-zazione”, che si è tenuto a Benevento in novembre e laredazione e pubblicazione del volume “Sannio, unmodello di sviluppo sostenibile”.

Fin qui gli eventi. Ritiene che l’Osservatorio sia servitoanche a sensibilizzare le amministrazioni locali e cioèdi quei Comuni inclusi nelle aree protette?

“Di certo l’esperienza acquisita in questa prima faseoperativa si è rivelata preziosa anche perché ci ha per-messo di registrare le richieste di confronto, supporto escambio pervenute da parte di amministratori locali edi rappresentanti di enti parco. Il sistema dei Parchi,che è di relativamente recente istituzione, ha bisognodi strumenti di riconoscibilità e riconoscimento che pos-sano favorire una più ampia ed efficace azione, non-ché la strutturazione di una rete che concorra a fluidifi-care la condivisione di criticità e progettualità”.

Quali sono gli obiettivi futuri, le linee programmatichedell’Osservatorio?

“Innanzitutto la realizzazione di incontri con stakehol-der e esperti finalizzati all’acquisizione di elementi co-noscitivi relativamente alle situazioni puntuali dei par-chi, alle necessità operative, alle prospettive program-matiche di sviluppo. Uno screening che ci aiuterà adavere il cosiddetto ‘polso della situazione’ su ciò chesta avvenendo e sulle eventuali necessità dei Parchi.Del resto, alla promozione di questo ‘sistema’, fiore al-l’occhiello della Campania, dedicheremo manifesta-zioni e convegni. In più, però, pensiamo di garantiresempre maggiore visibilità all’attività stessa dell’Os-servatorio che è costante e preziosa e si svolge attra-verso riunioni periodiche dei componenti”.

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ENTEIntervista

all’assessoreLuigi Nocera

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Come regalo di Natale per ilterritorio dell’alto casertanoe del basso Lazio, la Sogin,

società che si occupa, per conto del-l’Enel, dello smantellamento dellesette centrali nucleari presenti sulterritorio nazionale, dona un sitoper allocare le scorie radioattivedella centrale nucleare del Gari-gliano. Che la Sogin aveva inten-zione di costruire questo sito, chechiama “di stoccaggio provviso-rio”, si sapeva da tempo, come sisapeva che il comune di Sessa Au-runca, dove è presente la centralesuddetta, ancora non si era espres-so in materia. Proprio la lungaggi-ne della decisione ha fatto sì che laSogin, attraverso il commissariostraordinario per la messa in sicu-rezza e lo smaltimento dei rifiuti nu-cleari, nonché, presidente della so-cietà, il generale Carlo Jean, invias-se lo scorso mese di dicembre,un’ordinanza che scavalca tutti glienti locali e ordina la costruzione ditale sito. Un “luogo” dove dovreb-

bero essere allocate le scorie ra-dioattive che attualmente si trova-no in trincea e che dovrebbe ospi-tarle fino all’individuazione del sitonazionale. Quest’ultimo si cerca daanni ma non si riesce ad individuaree il Governo ha prolungato la suaindividuazione al 2018. L’ordinan-za di Jean ha sconvolto gli enti loca-li, le associazioni di categoria e lapopolazione. “Non si possono sca-valcare i consigli comunali, provin-ciali e regionali, che sono la vocedel popolo – ha subito dichiaratoAntonio Lepore sindaco di Cellole,una cittadina vicinissima alla cen-trale – noi non siamo contrari perprincipio ma vorremmo conoscerenei particolari la questione ”. Sullastessa falsa riga il sindaco di SessaAurunca Elio Meschinelli, che purfavorevole alla costruzione del si-to, non ha ritenuto giusto un’ordi-nanza perentoria. Molto più decisoil suo vice con delega all’ambiente,il diessino Carlo Fusco che dichia-ra: “Sono contrario a qualsiasi tipodi imposizione. Dobbiamo aprire,sulla questione, una serena e profi-cua discussione e nessuno deve det-

tare i tempi di quanto si andrà a dis-cutere, in quanto, si tratta di mate-ria delicata destinata a segnare ildestino di terra aurunca. Ci oppor-remo con ogni mezzo ed intanto sia-mo impegnati ad aprire canali con ilgoverno centrale su cui iniziare unafase di riflessione generale. Riten-go che con queste nostre iniziativesi interpreta la volontà di migliaia dicittadini, preoccupati dell’evolver-si della questione del nucleare”. Ilvice di Meschinelli parla anche diun dispendio inutile di denaro e diuna seria preoccupazione: “pensoche sia inutile e dispendioso costrui-re capannoni, che poi dovrebberoessere demoliti, nel sito del Gari-gliano… a meno che non s’intendachiamare provvisorio ciò che inve-

Tommasina Casaledi

Pericolo tra basso Lazioe alto Casertano perscorie radioattive?

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Il commissariamento con la nomina diun generale avvenne nel 2003 per

motivi di antiterrorismo. In quell’epocasi temevano in Italia attentati che pote-vano coinvolgere le centrali nuclearitutte in fase di smantellamento. Questoprovvedimento concentrò nelle manidel generale Jean un superpotere che èdurato tre anni. Infatti tali poteri non silimitavano solo alle misure antiterrori-stiche ma a tutte le attività di messa insicurezza dei rifiuti radioattivi e dellesedi dove queste scorie sono presenti.In pratica il compito che avrebbe dovu-

to svolgere istituzionalmente la Sogin,cioè la stessa società di cui Jean è presi-dente. Ma il commissario, in questi treanni, non ha portato a termine il suocompito. La sua attività iniziò con la no-ta vicenda di Scanzano Ionico dovevenne individuato il primo sito nazio-nale per collocare definitivamente tut-te le scorie delle centrali nucleari pre-senti sul territorio nazionale. Un tenta-tivo che fallì con un clamoroso dietrofront del governo centrale. Dopo que-sta vicenda Jean si avvalse di poteristraordinari che il governo gli conferì

in materia edilizia. Inizia così a decide-re di costruire dei siti “temporanei”nelle centrali stesse. Sito che, con l’or-dinanza emessa lo scorso dicembre,decide di far costruire anche a SessaAurunca. Inizia così un allarme che, se-condo i tecnici della Sogin in forzapresso la centrale del Garigliano, nonesiste e attraverso l’ingegnere Severi-no Alfiero ci spiegano: “la struttura ènecessaria come deposito temporaneonell’ ambito delle attività di smantella-mento dell’ impianto, che attualmenteè in uno stato di custodia protettivapassiva”. L’Ing. Alfieri è stato anchechiamato in alcune ocasioni, tra cui unconsiglio comunale aperto nella vici-nissima cittadina di Cellole, ad un in-contro con i vertici del consorzio di Bo-nifica Aurunco presieduto da RaffaelePuoti. Alfieri ha spiegato che quei rifiu-ti sono tutti di terza e quarta categoria

COMMISSARIAMENTO

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e che non sono pericolosi come sivuol far credere. “Quel deposito ser-ve per attivare lo smantellamento”,dichiara a tutti gli incontri l’ingegne-re - La preoccupazioni di molti è che ilsito diventi definitivo e non provviso-rio ma Alfiero chiarisce che questonon può avvenire perché: “i siti dovedepositare definitivamente le scorieradioattive devono essere lontani dafonti di acqua e quello che vogliamorealizzare è vicino al fiume Gariglia-no, di conseguenza i rifiuti, una voltaindividuato il sito nazionale, saran-no trasferiti”.

ce diventerà definitivo”.Sulla questione è intervenuto imme-diatamente il ministro dell’ambien-te Alfonso Pecoraro Scanio che hadichiarato a caldo: “di non essere aconoscenza di questa ordinanza”.Il Ministro si è subito attivato non rei-terando, alla scadenza del31/12/2006, il decreto di nominadel generale Carlo Jean. Grazie aquest’ultimo si ritorna alla gestioneordinaria, anche se il problema del-le scorie resta ancora irrisolto. Ilcontrollo è ritornato dunque all’A-genzia nazionale per la protezionedell’ ambiente (Apat), e quindi delMinistero dell’ Ambiente, in attesache l’intera struttura della Soginvenga riorganizzata, compito que-sto del ministero dello Sviluppo.

Il nucleare quali danni ha prodotto ele scorie quali danni potranno pro-

durre in futuro? Ogni qualvolta siparla di centrale nucleare si parla dimalattie neoplastiche che sono au-mentate a dismisura sul territorio cir-costante le centrali. Sul caso dellacentrale del Garigliano spesso sonostate fatte delle indagini epidemiolo-giche che in alcuni casi sono state al-larmanti. In particolare due consi-glieri comunali di opposizione di duecittà diverse ma vicine alla centralesuddetta che svolgono la professionedi medici di base. Si tratta di Pino Rus-so, consigliere comunale di Minturno(Lazio) e Aldo Izzo, ex sindaco ed at-tuale consigliere comunale a Cellole(Campania). "Chi opera sul territorio- ha detto Pino Russo - si rende contodi determinate situazioni. Senza vo-ler creare allarmismi, mi sembra op-portuno sottolineare che si è notatoun incremento di forme neoplasticheche interessano il sangue ed ancheforme di tiroiditi, acute e croniche. Uneventuale monitoraggio, in tal senso,sarebbe opportuno, in modo che gliorgani competenti possano valutarese è una tendenza locale o no. Circa larealizzazione dei capannoni, a mioavviso, è necessario fermare la Soginche vuole chiudere un coperchio eaprirne un altro. E' vero che le scorierimaste all'interno dell'impianto so-no di bassa radioattività, ma questasituazione va affrontata subito. Laprovincia di Latina, "chiusa" tra duecentrali nucleari, ha bisogno di mag-giori attenzioni sugli investimenti,proprio per quanto di disastroso èstato fatto negli anni. Ciò per rendere

meno amaro quanto si è verificato."Anche il suo collega medico e consi-gliere comunale Aldo Izzo, non hanascosto le proprie preoccupazioni, ele ha ribadite anche ai responsabilidella Sogin e ai consiglieri comunalidella sua città. “Prima di prendereuna posizione su tale questione vo-glio approfondire la situazione manon posso non evidenziare dellepreoccupazioni sullo stato di salutedella collettività – dichiara il consi-gliere comunale Izzo -Negli ultimi an-ni le leucemie e le malattie mielotichehanno avuto un grosso incremento.Non ci si può non preoccupare sul fat-to che in un primo momento la volu-metria da realizzare e da destinareallo stoccaggio di rifiuti radioattiviammontava a circa quarantamilametri cubi. Successivamente, a segui-to del diniego espresso dal Comune diSessa Aurunca, la richiesta è stata ri-dimensionata. Appare inevitabilechiedersi perchè di una richiesta tan-to maggiore di quella che attualmen-te (diecimila mc) sembra sufficiente.A che cosa si intendevano destinare -si chiede il medico casertano- i qua-rantamila mq originariamente richie-sti? L'operazione da farsi è effettiva-mente necessaria? la sua realizzazio-ne garantirà realmente la salute pub-blica o l'operazione di trasferimentodei rifiuti creerà problemi ancora piùgravi? A tali perplessità - ha conclusoAldo Izzo- non fornisce spiegazioni lascarna ordinanza firmata dal Com-missario Generale Carlo Jean". LaSogin, invece, smentisce i due medicie, sempre attraverso l’ingegnere Al-fieri evidenzia che la radioattività nelterritorio aurunco esiste già ed è quel-la naturale del vulcano di Roccamon-fina. Sempre Alfiero dice che l’incre-mento delle malattie tumorali è almassimo dell’uno per cento. Dati contrastanti: chi ha ragione?

Indagineepidemiologica

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26 La rivoluzione del turismo ruota intorno ad un acroni-mo: Aretur. Via enti e aziende superati dal tempo infavore di un unico, moderno organismo come ap-

punto l’Agenzia Regionale del Turismo. La prima rifor-ma organizzata del sistema turistico campano traespunto da questo principio ispiratore e recepisce lanuova formulazione dell’articolo 117 della Costituzio-ne che ha devoluto alle Regioni la competenza legislati-va in materia di commercio e turismo, settori strategiciper lo sviluppo locale. Il disegno di legge, che sarà discusso a breve in Consi-glio Regionale, rivolge una particolare attenzione aitemi ambientali. Non a caso tra le finalità principali siparla della valorizzazione delle risorse storiche, am-bientali e culturali della Campania; della promozionedelle produzioni agricole e artigianali; del rilancio delturismo sostenibile finalizzato allo sviluppo delle attivi-tà nel rispetto delle risorse naturali e paesaggistiche delterritorio. Altra nota di rilievo è la creazione dei Sistemi TuristiciLocali, i quali, individuati dalla Regione su propostadelle Province e d’intesa con i Comuni, sono costituti daambiti territoriali omogenei, caratterizzati dall’offertaintegrata di beni culturali e ambientali che rappresenta-no il contesto territoriale di riferimento per le politichedi programmazione e promozione delle attività. Nel-l’ambito degli Stl saranno istituiti i Distretti turistici cultu-rali, rappresentati da ambiti territoriali a forte concen-trazione di beni archeologici, storici, artistici, architet-tonici e demoetnoantropologici.Ma non è tutto: il disegno di legge, proposto dall’asses-sore regionale Marco Di Lello e varato in giunta, rifor-ma gli attuali strumenti di promozione turistica attraver-so la soppressione degli Enti provinciali per il turismo edelle Aziende autonome di Soggiorno e la creazione

dell’Aretur, che avrà personalità giuridica di dirittopubblico, dotata di autonomia amministrativa, orga-nizzativa e gestionale. L’Agenzia Regionale del Turi-smo dovrà garantire il coordinamento della promozio-ne dell’offerta turistica. In particolare collaborerà conla Regione alla predisposizione delle linee guida dellosviluppo turistico campano Tra queste, in primis la valo-rizzazione del turismo ambientale, naturalistico e ga-stronomico; attuare le strategie e le politiche di marke-ting territoriale per il raggiungimento degli obiettiviprevisti dalla programmazione, promuovere i SistemiTuristici Locali, organizzare borse, fiere, incontri di la-voro e altre manifestazioni del mercato turistico nazio-nale ed estero. È interessante notare che tra gli organidell’Aretur spicca il comitato d’indirizzo nel qualeprenderà posto anche un rappresentante delle associa-zioni ambientaliste che operano nel settore. La legge, inoltre, istituisce l’Osservatorio Turistico Re-gionale che assicurerà il monitoraggio, attualmente ca-rente, del sistema turistico nella sua complessità orga-nizzativa. L’Otr avrà, tra l’altro, il compito di quantifi-care e qualificare anche per tipologia i flussi turistici cheinteressano la regione e di verificare il livello dei serviziofferti. Il braccio operativo dell’Otr sarà il Sistema in-formativo turistico territoriale che si occuperà di racco-gliere, attraverso un’unica banca dati, l’elenco dei ser-vizi turistici offerti in Campania. Il disegno di legge, nel rispetto del principio di sussidia-rietà, valorizza finalmente le associazioni Pro Loco cheavranno, più di ieri, il compito di custodire e promuove-re i valori naturali e artistici do ogni località e raggiun-gere gli obiettivi sociali del turismo attraverso la parte-cipazione popolare. Per iscriversi all’albo, le Pro Locodovranno essere dotate di caratteristiche climatiche,storiche, paesaggistiche di interesse turistico e di ido-nee strutture ricettive in grado di promuovere la capaci-tà attrattiva dei luoghi, coordinando le manifestazioniche incentivano il movimento turistico nelle rispettivezone.Infine, un capitolo intero delle legge è dedicato al turi-smo sociale, finalizzato a garantire la fruizione dei ser-vizi turistici da parte di categorie svantaggiate qualisoggetti meno abbienti, i giovani, i nuclei familiari, lepersone di terza età, i diversamente abili. Si prevedonomisure di intervento mirate alla promozione del turismosociale anche mediante la predisposizione di progettisperimentali e l’erogazione di risorse economiche.

Giuseppe Piccianodi

Turismo, si cambia nel segno

dell’ambiente

Turismo, si cambia nel segno

dell’ambiente

Nasce l’Aretur, l’agenzia unica che si occu-perà anche di valorizzazione delle risorsenaturali e agricole della Campania. Istituiti gliinnovativi Sistemi Turistici Locali e l’Os-servatorio. La parola ora passa al Consiglio Re-gionale

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Secondo un recente studio svolto dalla dottoressa Ma-ria Simeon nell’ambito dell’I.R.A.T – C.N.R. (Istitutodi Ricerche sulle Attività Terziarie – Consiglio Nazio-

nale delle Ricerche), in Italia, soprattutto negli ultimi anni, èil settore culturale il punto di forza del turismo nazionale.Infatti, il patrimonio culturale è l’attrattiva principale permilioni di visitatori “ma – afferma la Simeon – il Mezzo-giorno non riesce ad attrarre ancora significativi flussi di tu-rismo culturale pur disponendo di un imponente patrimo-nio storico-artistico a cui sarebbe opportuno dar maggioreattenzione e visibilità”. Secondo i dati raccolti in Italia ladomanda turistica ha registrato al 2004 quasi 86 milioni diarrivi e 345 milioni di presenze, di cui circa 3 su 10 stranie-re; tra il 2000 ed il 2004 gli arrivi sono aumentati del 7.4%,mentre le presenze solo del 2%; si è ridotta quindi la per-manenza media, che passa da 4,2 a 4 giorni. Su 86 milionidi arrivi, circa 29 (pari al 33,8%) sono stati registrati in cittàdi interesse storico ed artistico, 20 (pari al 23,3%) rilevatinelle località balneari e 10 (pari al 13,2%) nelle localitàmontane.Nel 2005 si registra una crescita della domanda, che con-ferma un aumento del 2,7% sia negli arrivi che nelle pre-senze rispetto all’anno precedente.Esaminando i flussi turistici per aree geografiche, emergo-no forti squilibri territoriali: al 2004 nel Mezzogiorno d’Ita-lia insistono solo il 19,3% degli arrivi ed il 20,6% delle pre-senze turistiche complessive con una forte affluenza di turi-sti stranieri in Campania e Sicilia (rispettivamente 41,4% e38% del totale). Nel turismo, il posizionamento competiti-vo delle regioni del Sud resta molto al di sotto delle poten-zialità, pur se in crescita negli ultimi cinque anni e con incre-menti maggiori rispetto alle dinamiche nazionali. Il “peso”del Sud è infatti passato tra il 1995 ed il 2004 dal 18,4% al20,6% delle presenze, con un tasso di crescita del 3,4% an-nuo, contro l’1,6% a livello nazionale, l’1,0% nel Nord-ovest, lo 0,5% del Nord-est ed il 2,5% del Centro Italia. “Il turismo culturale – sottolinea la Simeon – è quello che hasaputo mantenere un andamento di crescita costante ed èovviamente meno soggetto alla stagionalizzazione deiflussi.Nel 2005 gli Istituti statali hanno accolto 33 milioni divisitatori contro i 34.4 del 2006. A tal proposito, per quan-to riguarda la regione Campania, dopo una fase di stallotra il 2004 ed il 2005, durante la quale i visitatori “storico-culturali” registrati sono stati 6.4 milioni, nello scorso annosi è avuto un incremento di presenze (6.7 milioni) non-ostante però l’esistenza di evidenti differenze sia territoria-li che tra istituzioni museali: in particolare i flussi sembranoconcentrarsi su pochi, forti poli museali, mentre sono pocoaccreditati gli istituti minori presenti soprattutto in contestiterritoriali del Mezzogiorno poco sviluppati sotto il profilo

turistico ed economico.“L’apporto che deriverebbe –spiega la Simeon – da unareale e continua valorizzazione e fruizione degli innume-revoli Beni Culturali presenti sul nostro territorio, sarebbedi fondamentale importanza per l’intero sviluppo socialeed economico dello stesso – e continua – “dalle analisi svi-luppate, emerge nel Mezzogiorno una situazione di incer-tezza della domanda, che condiziona la crescita del setto-re sia turistico che culturale ed in qualche misura inibisce losviluppo di una offerta di qualità; si crea così un circolo vi-zioso, in cui i disservizi dell’offerta provocano una flessio-ne della domanda, con conseguente rallentamento degliinvestimenti privati, che inibisce a sua volta sia i processi diriqualificazione dell’offerta che lo stabilizzarsi di una cre-scita strutturale dei flussi di turismo culturale”. Dare alla Campania e all’intero Sud l’opportunità di esse-re “guardati” e vissuti pienamente, non solo dalla popola-zione locale ma da quella di tutto il mondo, è un chiaro eforte esempio di senso di responsabilità e attaccamento al-la propria terra, senza il quale ogni azione, attività o pro-getto svolto per la crescita e il miglioramento sociale edeconomico della stessa, risulta vano.

Tutti i dati relativi al 2006 sono da ritenere provvisori (Ministero per i Beni e le Attività Culturali - ufficio statistica).

Fabiana Liguoridi

Sud e Turismo:il Patrimonio culturalepunto di forza

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Una Cattedra al servizio del citta-dino. Incontro con Anna MariaValentino.

Professoressa, da quando è attiva ladisciplina che lei insegna?

L’insegnamento di Economia dell’Am-biente è attivo nella nostra Universitàdal 2001 in quanto, all’interno dell’im-postazione di Politica Economica edEconomia dello Sviluppo, si è sentita lanecessità di approfondire il “pezzo”mancante dell’Economia Ecologica.

Potrebbe, in poche battute, spiegarcila differenza tra queste discipline chea volte si confondono e ci confondono?

La differenza tra l’Economia dell’Am-biente e l’Economia Ambientale è ilquadro di riferimento metodologico eteorico nel quale l’Economia Ecologicasi inserisce con un’analisi radicale all’e-conomia neoliberista corrente. Essa at-tiva percorsi critici alla crescita econo-mica a tutti i costi. Si preoccupa preven-tivamente delle ricadute dei processiproduttivi e si occupa della “sostenibili-tà “ dello sviluppo. Progetta “impattileggeri” e compatibili sul territorio e ciòche esso produce.

Possiamo dire che l’Economia Am-bientale si “preoccupa” anche del fu-turo del pianeta?

Sì, sicuramente, proprio nel senso am-pio del termine!

Che cos’è il “quarto pilastro” dello svi-luppo sostenibile di cui tanto si parla?

Il quarto pilastro dello sviluppo sosteni-bile è il livello istituzionale. Ad esempio, nella nostra regione, cheda troppi anni vive continue emergen-ze ambientali quali lo smaltimento deirifiuti, il dissesto idrogeologico ecc., unriassetto delle istituzioni politiche checorregga lo squilibrio tra democrazia,criteri di sviluppo economico e dirittoall’ambiente di ciascuno è ormai unapriorità.

Sembrano i concetti elaborati agli in-contri di Porto Alegre e dall’ “Agenda21” delle Nazioni Unite, quindi anchelei considera improcrastinabile la par-tecipazione ai processi decisionaliprogrammatici ed economici da partedei cittadini, delle forze sociali ed eco-nomiche come una necessità assoluta-mente collegata al benessere dell’in-tero ecosistema?

Sì, naturalmente con dei correttivi loca-li, ovvero anche attraverso leggi speci-fiche e l’uso più ampio delle tecnologie“dolci”.

In sintesi, lei pensa che la partecipa-zione dei cittadini ai processi decisio-nali può riguardare anche il diritto al-l’ambiente?

Di solito l’accesso alle informazioni èconsiderata il centro del diritto ambien-tale ma anche così non è sufficiente.

Si parla di “comunicazione ambienta-le”, meno di “informazione ambienta-le”... La comunicazione non è un ufficiostampa ma presuppone che la naturadegli atti pubblici sia improntata allatrasparenza e questo non è scontato.Infatti, la variabile ambiente deve esse-re assunta proprio nelle decisioni fon-damentali.

Ci sono margini, secondo lei, per co-struire da subito una rete di diritti am-bientali?

I margini sono ormai esauriti, siamo giàdentro l’emergenza. le nuove genera-zioni di cui tanto si parla, sono già natee hanno già tra i 20/30 anni. Il vero problema è che lo stravolgimen-to del clima è già in atto ed avrà conse-guenze sempre peggiori: le nostre pre-visioni di crescita economica non pos-sono prescindere dai danni da muta-mento climatico in termini di crollo del-l’agricoltura di eccellenza, innalza-mento dei mari e desertificazione dei

suoli. Professoressa, non è più il catastrofi-smo annunciato da sparuti gruppi diambientalisti, ma lo studio voluto dal-l’Unione Europea (pubblicato a Bru-xelles nei primi giorni di questo 2007),ad allarmarci. I dati di previsione por-tano il numero delle vittime in due sce-nari differenti da 36 mila a 86 mila...

Lei ha anticipato le considerazioni cheio stessa valuto in termini di ingenti “co-sti sociali” ed economici che tutto ciòcomporterà sia per quanto riguarda lasalute e la vita degli umani.

In questo quadro il PIL regionale puòtenere conto dei costi ambientali cre-scenti?

L’invito a fare la prossima finanziariaregionale con previsioni di aggiusta-mento sul danno è realistico ed auspica-bile. Bisognerà introiettare nei bilancieconomici gli impatti ambientali ed icosti sociali. Fare ciò che in altri terminiviene definito “bilancio verde”.

Candida Lauro GerusodiA

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Coniugare il relax e il benessere delle termecon l’ambiente, la storia, l’enogastrono-mia e il turismo religioso. È questo l’obietti-

vo del workshop “Terme e dintorni” organizzatodal comune di Contursi Terme per la metà di aprilein vista dell’avvio della nuova stagione turistico-termale nella rinomata cittadina della Valle delSele. Per la prima volta ben 22 comuni della zona deifiumi Sele e Tanagro hanno cooperato per il buonesito dell’iniziativa che mira a promuovere un tu-rismo alternativo: non solo cure termali, ma an-che percorsi ambientalistici, dalla riserva natura-le dei monti Eremita e Marzano, alle Grotte di Per-tosa, quindi percorsi culturali, dalla Certosa di Pa-dula, alla villa d’Ayala di Valva, allo storico Bor-go della Regina di Oliveto Citra, all’antica Volceidi Buccino, nonché percorsi religiosi – spirituali aiSantuari. Quindi percorsi enogastronomici per ladegustazione dei prodotti tipici locali come i for-maggi (rinomatissimo il caciocavallo) e il tartufo.Alle tradizionali attività termali si unisce quindi unpacchetto turistico unico, che punta a valorizzarele bellezze ambientali ed artistiche della zona an-cora poco conosciute dai turisti. Un evento che co-involge tutti gli operatori del territorio per offrireai visitatori una vacanza alternativa al mare. La

manifestazione, prevista per un week-end di apri-le, aperta a tutti gli operatori turistici, culturali edeconomici, nazionali ed internazionali, si terrà inuno stabilimento termale dove saranno allestiti glispazi espositivi.L’iniziativa, curata dalla Camera di Commercio edalla Provincia di Salerno, dall’Ept e dall’Univer-sità degli Studi di Salerno, è nata anche in seguitoad un accordo con il comune di Contursi per unostudio sulle acque termali e il loro uso terapeuticoche sarà effettuato presso il costruendo Museodelle acque. Così, Contursi, meta obbligata per ilturista alla ricerca del benessere psico-fisico, rino-mata per le cure idrotermali sin dai tempi dell’im-peratore Augusto, punta a fare da volano ad unnuovo ecoturismo, proponendo, attraverso centi-naia di operatori, una interessante serie di alter-native alle “solite” vacanze. Paesaggi incontami-nati, sorgenti di acque terapeutiche, bellezze sto-riche e artistiche, artigianato locale sarannoquindi un’attrattiva notevole anche per i turististranieri, di cui è nota la particolare predilezioneper le cure termali e le nuove terapie di benesse-re. <<Per il “Work Shop dei beni prodotti nel terri-torio di Contursi Terme e del comprensorio Alto eMedio Sele” abbiamo messo insieme ben 22 Co-muni – spiega il sindaco di Contursi, Giacomo Ro-sa – per offrire ai turisti che scelgono le terme unaserie di itinerari alternativi che permettano di va-lorizzare le nostre risorse naturali, culturali, stori-che, artistiche e religiose facendo conoscere sem-pre di più i nostri incantevoli posti. Miriamo a co-involgere tutti gli operatori economici della zonae a richiamare così turisti da tutto il mondo>>.Il territorio, del resto, si presta particolarmente aquesto tipo iniziative. Notevole nella zona la pre-senza di boschi, come quelli in località Marzano,Nescara, Piano di Pecora, Saraceni e Dardanodove, per un’estensione di circa 1200 ettari, sipuò ammirare una natura incontaminata. Da nonperdere poi le oasi di protezione naturale deiMonti Eremita-Marzano, il suggestivo percorsodel fiume Sele, in passato detto anche Valle Ton-da, che, è, per vastità di bacino, il secondo fiumedella Campania: infatti insiste su circa 3000 chilo-metri quadrati. Il fiume Sele, che nasce dal monteRoialonga e si arricchisce a valle delle sorgenti diCaposele, riceve a sud le acque del Minuto e delSenerchia, per unirsi poi, nel comune di Contursi,al fiume Tanagro. Così arricchito, il fiume penetranell’omonima valle per sfociare poi nel mar Tirre-no. Alle bellezze paesaggistiche si aggiunge lapresenza delle preziose e salutari sorgenti: giànel I secolo d.C. Plinio il Vecchio parla delle acquedi Contursi che pare mostrassero la capacità dipietrificare i rami e le foglie. Queste acque furonosfruttate per scopi terapeutici a livello poco piùche locale fino alla fine del XIX secolo, epoca incui iniziarono le attività termali organizzate cheebbero il loro felice sviluppo fino al 1980, quan-do il terremoto dell’Irpina distrusse buona partedegli impianti. Ora sono di nuovo attivi tutti gli sta-bilimenti termali e molte strutture alberghiere,sempre più attrezzate in base ai nuovi trend e per-corsi di benessere.

Turismo alternativo:percorsi termali e ambiente

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Anna Rita Cutolodi

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Lettera 88Da Gray Fra tanto comincerò il mio sentimento di Napoli che, come giàdissi, oltre la sua grandezza, è da per tutto bellissima: strade larghe, ti-

rate a linea, selciate con pietre quadrate di rocca, e prese secondo alcunidalla Via Appia, ed ambe le parti ornate con case superbe ed una gran

quantità di palazzi, il che fa insieme un prospetto maestoso. Circa il nu-mero degli abitanti, nessuno seppe darmi alcuna certezza, ma è facile

argomentare che sia ben considerabile. Le strade sono talmente piene dicarrozze, di sedie e portantine, che il camminar vi è molto incomodo. Inquanto alle chiese, se ne vedono infinitamente belle, da per tutto opered’architettura e fatture preziose. Pavimento, pilastri, mura sin al soffittodi marmo, d’alabastro, di porfido, di pitture a fresco, di quadri, tutto con

ammirabile arte e ingegno ordinato e disposto, di maniera che l’occhionon vede che capi d’opera. Non ostante queste prerogative rimarche-

voli, si osserva nelle strade principali un gran mancamento, e si è che lebotteghe d’ogni sorta di viveri, come pesci, carne, vino ecc., vi si tro-

vano, onde il prospetto vien guastato e l’odore delle cose fritte con olioincomoda molto il naso tedesco.

Un giorno andai sopra il nobile e bel monastero di S. Martino, il qualeera per l’addietro un casino regio, servendo ai re per divertimento di cac-

cia, e poi, dedicato alla religione certosina, fu cambiato in chiostro e ri-dotto dalle spese regie alla presente magnificenza. Questi Certosini

sono effettivamente ben alloggiati, non da monaci, ma da re, non es-sendovi un’altra situazione che questa superasse. Da qui si scopre tuttoil mare, insieme coll’isola di Capri, luogo del serraglio di Tiberio impera-tore, la città intiera, co’ suoi contorni, montagne, valli, boschi, villaggi,

l’orrido Vesuvio, colline, ville, terre, pianure, casini e la campagna felice,di maniera che i Napoletani non hanno torto quando dicono che non sia

in Europa una simil prospettiva, e una veduta così dilettosa che non sistancherebbero di mirare. Tutto quivi spira fasto, e tutto è di marmo. La

chiesa, una delle più belle che abbia Napoli, fuor della finezza de’marmi, fa vedere i più rinomati pennelli d’Italia. È ornata di 13 altari, ed

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Dal viaggioin Italia di JohannCaspar Goethe

Johann CasparGoethe a Napoli

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Nelle sue memorie JohannWolfgang Goethe ricorda lapredilezione del padre, Jo-

hann Caspar, per la lingua italiana e,in generale, per tutto ciò che aveva ache fare con l’Italia. Il grande autoredel Werther rievoca il genitore rap-presentandolo chino sul manoscrittodei ricordi italici relativi alla sua visitanella Penisola, avvenuta fra il 1739 eil 1740: “Una gran parte del tempo lospendeva nel suo diario di viaggio,scritto in italiano, di cui eseguiva disua mano, fascicolo per fascicolo,con lentezza e precisione, la copia ela redazione”. Il risultato di questopaziente lavoro fu un grosso volumedi 1096 pagine, sul quale Johann Ca-spar Goethe continuò a lavorare dicerto fino al 1768, prima di esserecolpito da paralisi. Alla sua morte, ilmanoscritto passò alla moglie, quin-di al figlio Johann Wolfgang, per poifinire nel National Museum di Wei-mar. Nel 1932 Arturo Farinelli, perincarico dell’Accademia d’Italia, necurò un’edizione a stampa in due vo-lumi, il primo dei quali conteneva ildiario vero e proprio; il secondo to-mo, invece, comprendeva il testo in-tegrale delle epigrafi e iscrizioni tra-scritte dall’autore, note illustrative e

Lorenzo Terzidi

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rettifiche, indici. Nelle pagine di Jo-hann Caspar si cercherebbero, cer-to, inutilmente tracce della genialitàdel figlio; tuttavia, se il lettore evita difarsi condizionare da questo pesanteconfronto, il diario di viaggio di Goe-the padre gli si rivela pieno di piace-voli sorprese. L’autore vi appare uo-mo di profonda e seria cultura, osser-vatore attento e curioso dei costumilocali, infaticabile ricercatore di do-cumentazione epigrafica, puntual-mente trascritta con teutonica metodi-cità.

Johann Caspar Goethe giunge a Na-poli il 30 marzo 1740, dopo cinquegiorni di viaggio da Roma. Le sue pri-me impressioni rivelano subito un ani-mo cortese e ben disposto: “…mi tro-vo a Napoli” scrive appunto in quelladata “città detta la garbata, e di cuiuno dei suoi poeti disse leggiadra-mente che sembrava esser cascatadal cielo, siccome in verità è forse an-cor la più bella fra le belle, non ostan-te che soffrì sovente scosse terribili”.L’entusiasmo per l’amenità della ca-pitale e del suo sito non gli impedisce,però, di rilevare la furfanteria dei do-ganieri, “feccia di ribaldoni”, i qualisi presentano ai viaggiatori recitan-do la loro solita litania, volta a ottene-re un’indebita mancia: “… cioè chedesideravano visitare le nostre robe,ma in considerazione della nostra no-bile condizione non lo farebberomai, persuadendoci ch’una simil civil-tà avrebbe meritato anche una pro-porzionata ricompensa”. Il coriaceovisitatore tedesco, però, non si dilun-ga nel racconto di episodi “di colo-re”, e passa subito alla descrizioneminuziosa dell’edilizia sacra napole-tana. A dispetto del suo convinto esincero protestantesimo, il “lutera-no” Johann Caspar Goethe riservaun’ammirata attenzione alle chiesepartenopee, dal Gesù Nuovo a San-ta Chiara, dall’Annunziata al Mona-stero di San Martino, dalla Cattedra-le alla Chiesa dei SS. Apostoli, conte-nente il sepolcro “dell’incomparabi-le Marino”, ossia del poeta baroccoGiovan Battista Marino.“Imitando la natura che varia coi suoioggetti”, Goethe padre, a partiredalla Lettera XXVI, cambia la materiadel suo racconto e inizia a rievocarele meraviglie viste al di fuori della cin-ta muraria di Napoli. La prima tappaè Pozzuoli, cui Johann Caspar giun-ge attraverso l’amena via del “mon-te” Posillipo, “composto di altrettan-te colline ben coltivate ed abbondan-ti di vigne eccellenti, e con magnifici

palazzi, begli edifici e vaghi giardiniper tutta la riva, i cui possessori intempo della state vi vanno a diportoper godere dell’aria più sana e tem-perata di chi che sia”. La Solfatara,“monte secco, composto di zolfo ed’allume”, è considerato dai napole-tani – scrive Goethe – come il cammi-no dell’inferno. Addirittura, i Cap-puccini del vicino Convento di SanGennaro “avendo l’orecchio più finodegli altri, assicurano sentir di tempoin tempo lamentazioni ed ululati spa-ventevoli, e di esser spesse volte tra-vagliati dai Diavoli”. Il viaggiatore,quindi, si dà a percorrere in lungo e inlargo i Campi Flegrei; il resoconto diquesta escursione occupa parecchiepagine del diario, nelle quali Goethepadre ha modo di dimostrare ancorauna volta la sua conoscenza appro-fondita dei classici, nonché di trascri-vere integralmente numerose epigra-fi in lingua latina.Altrettanto lungo e particolareggiatoè il ragguaglio sull’esplorazione delversante opposto – quello meridio-nale – del Napoletano, cui è dedica-ta la Lettera XXVII del 10 aprile1740. L’epistola si apre con la descri-zione di Portici, “villa dilettevolissi-ma”, e soprattutto del Vesuvio, nel cuicratere Johann Caspar non esita a ca-larsi, insieme con i suoi compagni diviaggio, “per appagare il nostro de-siderio e vedere tante meraviglie,senza risico di vita”.Prima di porre fine al suo soggiorno aNapoli, Goethe ha modo di compie-re, a Resina, l’ennesima esperienzasingolare: “vedere pubblicamentepranzare il Re colla sua real sposa”.Nella sala da pranzo, aperta ai visi-tatori, Johann Caspar osserva Carlodi Borbone – “meno vivace” dellaconsorte, “ed assai bruno, naso aqui-lino, ma oltre modo affabile e grazio-so” – conversare familiarmente, “al-la maniera francese”, con gli astanti,appoggiati, “assai negligenti e libe-ri”, alle mura della stanza.

il soffitto tutto è rimesso con oro con bellissima opera di stucco e di-pinto dal Cavalier Lanfranco. Moltissimi quadri a olio vi sono e contansi

per tutto il monastero reale più di cento pezzi d’opere.

La Santa Casa [dell’Annunziata] dunque possiede molti poderi, terre,feudi, baronie in tutte le province del Regno, o per eredità, o dona-

zione, o altro modo a essa pervenute, che è facile immaginarsi quantesieno le sue rendite, superando la somma di 200 mila ducati per anno,

che vengono dispensati tutti in opere pie, in esser liberamente eserci-tate, come ci fa capire il nobil epigramma sulla porta del suo palazzo:

LAC PVERIS · DOTEM INNVPTIS · VELVMQVE PVDICISDATQUE MEDELAM AEGRIS HAEC OPVLENTA DOMVS ·HINC MERITO SACRA EST ILLI · QVAE NVPTA · PVDICA ·

ET LACTANS ORBIS VERA MEDELA FVIT ·

Vi sono alimentati tanti e tanti poveri bambini, o bastardi, o miserabil-mente dai loro genitori esposti; in una stanza nel piano che va alla

strada pubblica sono continuamente otto nutrici, per allattare i fanciulli,subito che vengono nella rota messi e presi; poi si registrano in un libro

particolare con quella a cui dessi ad allevare; ed è stupendo che il nu-mero delle nutrici monta sempre a circa 2500, il che gran spese im-

porta, ricevendo ciascheduna ogni mese la sua mercede. Vengonodopo secondo gli anni, l’ingegno e il sesso trattati, onde molti s’appli-cano alle lettere o ad altre arti meccaniche, o vanno nel chiostro, anzi

tal bambino vien per la registrazione quasi legittimato, conforme labolla di Papa Nicola IV. Ma le fanciulle che sono ammaestrate frattanto

in ogni sorta di lavoro, volendosi maritare, sono dotate al meno concento ducati; le quali, abbandonate dai loro mariti, o rimaste vedove, o

incontrando altro sinistro accidente, di nuovo vi si rinchiudono, in unluogo separato detto delle ritirate. Separata vi è una infermeria d’ognicosa a ciò necessaria provvista, per mantener bene e aver cura de’ ma-

lati, curabili e incurabili.

È già noto che fra le città più celebri d’Italia Napoli vien detta la gentile,epiteto in verun modo da disputarle; e chi vuol esserne convinto, con-

versi solo con la nobiltà ed entri nei chiostri, che ne potrà far espe-rienza, perché certo non ne uscirà che colmo di civiltà e pieno di soddi-

sfazione.

Da Johann Caspar Goethe, Viaggio in Italia (1740), a cura e con intro-duzione di Arturo Farinelli, Roma, Reale Accademia d’Italia, 1932.

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Proseguiamo il nostro viaggio virtualeattraverso le Arpa d’Italia giungendoalla secondogenita Agenzia: l’Arpa

Toscana (ARPAT) istituita con Legge Regio-nale n. 66 del 1995 ma entrata in attivitàl’anno successivo. ARPAT può essere consi-derata la prima Agenzia ad aver avvertitoe dato seguito ad un’esigenza di innova-zione anche normativa del suo operato,dando avvio, al termine del suo secondoquinquennio di attività, ad un percorso di ri-forma della sua stessa legge istitutiva (adopera dell’ ex DG di ARPAT Dott. Alessan-dro Lippi), oggi in gran parte attuato.

UN’ AGENZIA IN CONTINUA EVOLUZIONE

Il percorso di riorganizzazione di ARPATverso la “nuova agenzia” ha inteso ade-guare l’iniziale modello della cosiddetta“fase costituente” ai mutamenti ed alle di-namiche evolutive scaturite dal VI Pro-gramma d’azione comunitario, alle più re-centi direttive europee e alle riforme istitu-zionali nazionali. Si tratta di uno scenarioche, negli ultimi anni, ha visto sostanzial-mente modificate le politiche di protezioneambientale, nella più ampia strategia pub-blica dello sviluppo sostenibile e, di rifles-so, i ruoli e le responsabilità della Pubblicaamministrazione e dei suoi organismi stru-mentali. La riorganizzazione di ARPAT, nelsecondo quinquennio di operatività dell’Agenzia (2001-2005), è stata orientata

dai principi del decentramento, dell’inte-grazione delle competenze e della specia-lizzazione, della responsabilizzazionedegli operatori, della economicità ed effi-cienza delle soluzioni e della garanzia difunzionalità ed efficacia dell’azione. Datale processo, è scaturito il potenziamentodei compiti di direzione ed operativi dei Di-partimenti provinciali e dei Servizi sub-pro-vinciali e locali del territorio, la valorizza-zione delle specializzazioni delle strutturema, altresì, la revisione dell’organizzazio-ne della Direzione generale con la valoriz-zazione dei compiti e delle attività di indi-rizzo, di coordinamento, di consulenza edi supporto nei confronti delle attività terri-toriali. Anche l’assetto dei “poteri” dellevarie figure di responsabilità interna è sta-to mutato e precisato, a partire dalle figuredel Direttore Generale, del Direttore Tecni-co e di quello Amministrativo, per arrivareai responsabili delle varie tipologie di parti-zioni organizzative (figure, queste ultime,ancora in fase di istituzione).

ARPAT: DI COSA SI OCCUPAARPAT effettua il monitoraggio dello statodell' ambiente e svolge accertamenti sullefonti di inquinamento e gli impatti che ne de-rivano, occupandosi dell'individuazione edella prevenzione dei fattori di rischio perla salute dell'ambiente e dell'uomo. Prov-vede alle ispezioni sul territorio toscanoper controllare il rispetto delle attuali nor-me in materia di tutela ambientale e verifi-care che le prescrizioni contenute negli attiautorizzativi rilasciati dalle amministrazio-

ni competenti siano rispettate effettuando icontrolli tecnici che serviranno alle autoritàcompetenti per adottare i provvedimentinecessari alla tutela dell'ambiente. L’Agenzia mette inoltre a disposizione delleistituzioni, delle associazioni e dei cittadini irisultati delle sue attività di controllo e moni-toraggio attraverso un efficace sistema didiffusione della conoscenza ambientale efornisce assistenza tecnica agli Enti pubbli-ci in materia di tutela ambientale attraversopareri e proposte di carattere tecnico-scientifico. L'Agenzia opera con un Siste-ma di gestione per la qualità riferito ai re-quisiti UNI EN ISO 9001 e UNI EN ISO17025, che integra con gli aspetti di sicu-rezza ed eco-efficienza. In particolare AR-PAT effettua:• monitoraggio della qualità dell'aria e

controllo delle emissioni in atmosfera • monitoraggio delle acque superficiali e

sotterranee • studio dell'ambiente marino - costiero e

dell'ittiofauna • difesa del suolo, con azioni di controllo

sui produttori di rifiuti speciali e sui ge-stori di

• impianti di trattamento rifiuti • controllo dell'inquinamento acustico • monitoraggio dei campi elettromagne-

tici e controllo sugli impianti e sui siti co-involti

• controllo e analisi di aria, acqua, suoloe rifiuti per verificare la presenza diamianto

• monitoraggio sui siti contenenti radon • analisi sugli alimenti

Giulia Martellidi

Continua il nostroviaggio tra le agenzie regionali per la protezione ambientale

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• controllo della salute delle piante, con-trollo e monitoraggio degli OGM

•studio dei rapporti tra lo stato dell'am-biente e l'insorgenza di alcune malattie

•(epidemiologia ambientale) •gestione del Sistema informativo regio-

nale ambientale (SIRA) •diffusione di strumenti volontari di gestio-

ne della sostenibilità ambientale (ISO14001,

•EMAS, Ecolabel)

ARPAT: LA STRUTTURA INTERNA

Direttore GeneraleIl DG è il legale rappresentante dell’Agen-zia, titolare dei poteri di ordinaria e straor-dinaria amministrazione, è coadiuvato dalDirettore tecnico (DT) e dal Direttore ammi-nistrativo (DA), ai sensi della legge istituti-va. Il DG si avvale, nell’esercizio delle pro-prie funzioni della seguente organizzazio-ne:• Settore tecnico“Sistema informativo re-

gionale ambientale (SIRA)” • Settore tecnico “Comunicazione, edu-

cazione, documentazione, informazio-ne e formazione (CEDIF)”

• Area “Progetti comunitari, ecogestionee sportello unico per le imprese”

• Articolazione funzionale “Servizio diprevenzione e protezione (SePP)”

• Articolazione funzionale “Sistema qua-lità”

Direttore tecnicoIl DT, nell’ambito delle proprie competen-ze, coadiuva il DG nella direzione dell’AR-

PAT, concorre con la formulazione di pro-poste e di pareri alla formazione delle suedecisioni e assume diretta responsabilitàdella direzione e del coordinamento delleattività tecniche previste dalla legge istituti-va nonché di quelle previste dalla normati-va statale e regionale vigente. Il DT può es-sere delegato dal DG a rappresentarlo intutti gli organismi di cui lo stesso è compo-nente.Sono strutture della Direzione tecnica:a) Area della Direzione tecnica;b) Settore tecnico “Promozione e produ-

zione delle attività e dei servizi”;c) Settore tecnico “Innovazione tecnolo-

gica, sviluppo e ricerca ambientale”;d) Settore tecnico “Controlli fitosanitari”;e) Area per la tutela dell’ambiente mari-

no, lagunare, lacustre, costiero e dell’it-tiofauna;

f) Area Valutazione di impatto ambienta-le, valutazione ambientale strategica egrandi

infrastrutture di mobilità.

Direttore amministrativoIl DA, nell’ambito delle proprie competen-ze, coadiuva il DG nella direzione dell’AR-PAT, concorre con la formulazione di pro-poste e di pareri alla formazione delle deci-sioni del DG e assume diretta responsabili-tà della direzione e del coordinamento del-l’attività amministrativa dell’Agenzia. Egliè responsabile della gestione complessivadelle risorse umane e della gestione deicontratti di lavoro subordinato sia negliaspetti normativi che in quelli economici econtrolla, al fine di verificarne la congruità

economica, l’affidamento di consulenze,collaborazioni ed incarichi professionali.Anch’egli può essere delegato dal DG arappresentarlo in tutti gli organismi di cui lostesso è componente. Sono strutture dellaDirezione amministrativa:a) Area bilancio, contabilità e controllo di

gestione;b) Area del patrimonio, ufficio tecnico,

provveditorato;c) Area gestione delle risorse umane e po-

litiche del personale;d) Area atti amministrativi e Ufficio Legale.

Dipartimenti provincialiI Dipartimenti provinciali costituiscono l’ar-ticolazione operativa dell’ARPAT nel terri-torio della Regione Toscana e sono posti al-le dipendenze funzionali delle Province.Essi svolgono di norma le attività tecniche,analitiche ed amministrative previste dallalegge istitutiva, nonché quelle previste dal-la normativa statale e regionale vigente. Atal fine, sono dotati di autonomia gestiona-le nei limiti delle risorse umane, finanziariee strumentali assegnate, nonché di autono-mia tecnico professionale. ARPAT si suddi-vide in 10 Dipartimenti Provinciali (Prato,Siena, Arezzo, Firenze, Grosseto, Livor-no, Lucca, Massa Carrara, Pisa); sottopostiad alcuni di questi esistono poi i cosiddettiServizi sub-provinciali, dotati di autono-mia gestionale nei limiti delle risorse uma-ne, strumentali e finanziarie assegnate,nonché di autonomia tecnico professiona-le.

Servizi Locali TerritorialiCostituiscono ulteriori articolazioni dei Di-partimenti provinciali e sono dotati di auto-nomia gestionale nei limiti delle risorseumane e strumentali assegnate, nonché diautonomia tecnico professionale ma non fi-nanziaria. A

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Per facilitare il contatto con la propriautenza ARPAT ha attivato,

fin dal 1997 un servizio di numero verde800-800400.

Il servizio è attivo dal lunedì al venerdìcon orario 9-13.30/14-16.

ARPA Toscana Via Nicola Porpora50144 FIRENZE

Tel. 055/3206301 Fax 055/3206329

Direttore Generale:Dott.ssa Sonia CANTONI

Tel. 055/32061 Fax 055/3206324E-mail: [email protected]

http://www.arpat.toscana.it

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La ricerca di uno sviluppo sostenibile è un tema di ricor-rente attualità in quanto è una richiesta, sempre più in-cessante, fatta dai cittadini a tutte le Istituzioni coinvol-

te. Con il supporto di un quadro legislativo e normativosempre più chiaro, seppure in costante evoluzione, sonostati attivati una serie di studi approfonditi per gli interven-ti che possono, sia tutelare e salvaguardare le risorse na-turali, sia produrre dei benefici socio – economici signifi-cativi. Tali studi e ricerche hanno necessariamente riguar-dato l'immensa risorsa della fascia costiera che, per la so-la Regione Campania, ha uno sviluppo lineare complessi-vo di circa 510 km. L'importanza della fascia costiera nonè ascrivibile solo alla quantità, ma soprattutto alla propriaindiscussa qualità, infatti, molto spesso, le aree costieresono tutelate dal punto di vista ambientale perché rica-denti in aree protette (terrestri e/o marine) ovvero perchéle aree a terra limitrofe al mare sono state proposte comeSiti di Interesse Comunitario (pSIC). Di contro, negli anni'70 si è assistito ad una vera e propria azione di devasta-zione delle fasce costiere solo ed esclusivamente per rea-lizzare interventi di edilizia residenziale, quasi sempreabusiva. Un caso significativo di tale paradosso è costituito dalla fa-scia costiera del Comune di Castel Volturno, appartenen-te alla provincia di Caserta, dove, in circa 27 km di costa,coesistono aree fortemente urbanizzate, realizzate pro-prio negli anni '70 sino quasi al ridosso della battigia, concirca 1.500 ettari di aree protette. Da molti anni, inoltre, èstata istituita, alla foce del fiume Volturno, l'Oasi dei Vari-coni che costituisce una delle ultime aree umide di impor-tanza internazionale, tutelata, infatti, dalla Convenzionedi Ramsar. Attualmente, con specifico riferimento alla co-sta, due sono gli aspetti che maggiormente attirano l'at-tenzione delle istituzioni e degli investitori su questo terri-torio: l'enorme potenzialità di sviluppo in termini di turi-smo ecosostenibile; l'esistenza di ultimi lembi di costa in cuiancora “sopravvivono” dune costiere sabbiose embrio-nali o addirittura consolidate dotate di un habitat naturali-stico unico. Con l'obiettivo di tutelare l'enorme risorsa am-bientale ancora esistente e, contemporaneamente, pre-servare le centinaia di attività a scopo turistico-balneareancora attive, è in atto, già da alcuni anni, una proficuacollaborazione istituzionale tra l'Autorità di Bacino dei fiu-mi Liri – Garigliano e Volturno, l'Autorità di Bacino Nord-Occidentale della Campania, la Regione Campania, laProvincia di Caserta e il Comune di Castel Volturno. Su talipresupposti, è stato recentemente pubblicato un bando digara riguardante l'Appalto integrato relativo alla proget-tazione esecutiva ed esecuzione di opere di difesa dellecoste e di riqualificazione ambientale del litorale Domitio -I° stralcio.L’opera è stata finanziata nell’ambito dell’Accordo di Pro-gramma Quadro “Difesa Suolo” con fondi P.O.R. , mentrela progettazione è stata curata dall'Autorità di Bacino deifiumi Liri – Garigliano e Volturno.L'intervento è fondamentalmente suddivisibile in due par-ti: opere di difesa delle coste e interventi di riqualificazio-ne ambientale.La difesa della costa sarà attivata in prossimità della loca-lità Ischitella, ubicata tra il Villaggio Coppola e il Lago Pa-tria, realizzando una barriera in massi naturali di tipo sof-folta (sommersa) che potrà finalmente dare una soluzionedefinitiva alla protezione di circa 1,0 km di costa e sarà ca-pace di eliminare gli attuali problemi di erosione costierache stanno letteralmente “cancellando” decine di attivitàbalneari che contribuiscono in maniera significativa all'e-

conomia di tutto il territorio. La barriera sarà realizzataad una distanza di circa 200 m dall'attuale linea costiera,con andamento pressoché parallelo a questa ultima. Daidati tecnici in possesso si può ipotizzare che i motivi princi-pali dell'erosione costiera in quest'area sono dettati dallacostruzione, negli anni '70, del porto di Pinetamare e deisuccessivi pennelli, in località Fontana Blu, che hannocompletamente interrotto il trasporto solido longitudinaleproveniente dal fiume Volturno e dal Canale dei Regi La-gni. La duna costiera esistente, inoltre, è insufficiente per

Angelo MorlandodiLA

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Difesa delle coe riqualificambienta

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ricarare le spiagge della quantità necessaria di sabbia cheviene trascinata via durante le frequenti mareggiate. Unabarriera di tipo sommerso, dotata inoltre di un bassissimoimpatto ambientale e paesaggistico, sembra l'unica solu-zione che in tempi abbastanza rapidi riuscirà a salvarequei brevissimi tratti di battigia “sopravvissuti” e le decinedi attività balneari esistenti. A seguito di un attento e conti-nuo monitoraggio dell'opera potrà valutarsi la possibilitàdi eseguire anche un ripascimento di tipo artificiale. E' pa-lese che essendo ormai quasi nullo il trasporto solido lito-

raneo, si dovrà ipotizzare di prolungare l'opera propostain questo progetto, da una parte, sino ad almeno la focedel Lago Patria e, dall'altra, eseguendo una connessionefino al porto di Pinetamare per il quale, peraltro, è in corsouna progettazione che ne prevederà il completo rifaci-mento. La sostenibilità ambientale del progetto e, quindi, l'atten-zione per la tutela della risorsa naturale, è costituita ancheda una serie di interventi di riqualificazione, eseguiti a ter-go della barriera sommersa e compatibilmente con i lidibalneari esistenti, tra i quali è possibile individuarne due ti-pologie principali:• restauro o ricostruzione delle dune embrionali esistenti;• stabilizzazione di dune mobili esistenti.

Nelle aree limitrofe all'opera di difesa, infatti, sono esi-stenti delle dune embrionali o piccole dune mobili, mentredietro a tale zona di transizione esiste ed è tutelata un’am-pia zona di duna consolidata ubicata all'interno della Ri-serva Regionale della Foce del Volturno – Costa di Licola.Negli interventi di riqualificazione è stata posta particola-re cura alla realizzazione di piccole opere tutte nel pienorispetto dell'ingegneria naturalistica e all'inserimento dispecie floreali compatibili con l'habitat esistente, infatti, laflora dei luoghi è di incommensurabile bellezza e si descri-verà di seguito con estrema sintesi. Si può definire una pri-ma fascia che si sviluppa a partire dalla linea di battigia fi-no a che la sabbia non è più raggiunta dalle onde, dove èpossibile individuare il cosiddetto “Cakileto”, costituito so-prattutto da piante come Cakile maritima e Salsola kali.Spesso isolate si trovano specie psammofile da duna mobi-le, come Pancratium maritimum ed Eryngium maritimum. Inuna seconda fascia, definibile come retroduna e interdu-na, esistono formazioni sabbiose più stabili che assumonouna direzione quasi parallela a quella della linea di batti-gia. Le specie floreali maggiormente presenti hanno l'atti-tudine a sviluppare in profondità gli apparati radicali che,quindi, sono capaci di resistere alle azioni del vento e di fa-vorire gli accumuli sabbiosi. Tali specie appartengono alleGraminacee e sono principalmente: Agropyron junceum,posta alla base delle dune Ammophila littoralis, posta agliapici delle dune ed Echinophora spinosa. Sono ulterior-mente rintracciabili Matthiola sinuata Medicago maritimaMedigaco lupulina.Addentrandosi sulla terra ferma è possibile individuaredune consolidate dove si sviluppa una vera e propria mac-chia mediterranea di tipo basso. Si possono incontrare, trale tante specie, Pistacia lentiscus Lonicera implexa, Junipe-rus oxycedrus, Myrtus communis Asparagus acutifolius,Smilax aspera.Una piccola digressione è necessaria farla per quanto at-tiene la cosiddetta “macchia alta” che nella zona di CastelVolturno è comunemente individuata nella “Pineta”. Eb-bene, forse non tutti sanno che la Pineta non è costituita dapiante che crescono spontaneamente, ma sono state intro-dotte artificialmente. Quindi, le piante come Pinus pinea,Pinus halepensis, Pinus pinaster o addirittura l'Eucaliptusche ha origini esotiche, non appartengono alla nostra flo-ra. La pianta che, invece, ha da sempre popolato i boschi ele foreste di buona parte del Litorale Domitio è costituitodal Quercus Ilex, ovvero il Leccio. Questo racconto, seppu-re, è solo un breve contributo alla descrizione delle bellez-ze ineguagliabili delle nostre coste, lungo le quali è am-piamente diffusa la vita; quindi, è indispensabile che du-rante tutto l'anno si attivino le più efficienti e affidabili misu-re di tutela e salvaguardia. Le Istituzioni stanno predispo-nendo tutte le possibili azioni in merito, ma è necessario ilcontributo di tutti noi se vogliamo preservare le nostre ri-sorse naturali anche per il prossimo futuro.

le costelificazione

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“Tre milioni di euro per realiz-zare quattro importanti pro-getti che daranno risalto alle

peculiarità del Parco del Taburno-Camposauro”. Il presidente dell'Ente,Clemente Di Cerbo annuncia le strate-gie operative per far sì che il Parco nonsia un limite allo sviluppo bensì un pun-to di forza per tutti i quattordici comuniche ne fanno parte.43 anni, sindaco di Dugenta dal 1993al 2001, consigliere provinciale di Be-nevento per i due anni successivi ecomponente della direzione naziona-le dell'unione delle Province italiane,Di Cerbo conosce bene sia il territoriodi pertinenza del Parco che gli enti lo-cali. Due caratteristiche essenziali perdisegnare un futuro vincente per l'enteche ora guida.

Presidente, qual è il punto di parten-za?

“Avvicinare i cittadini ai parchi e alleriserve naturali, realtà oggi consolida-te, attraverso apposite e mirate inizia-tive che ne consentano la loro valoriz-zazione e fruizione. Si tratta di un im-pegno non più rinviabile”.

Come pensa di riuscirci?“In primo luogo avviando una intensacampagna di promozione tesa a pub-blicizzare e far conoscere i meravi-gliosi luoghi che ricadono nel territo-rio del Parco del Taburno-Camposau-ro”.

È a tal fine che sono stati avviati questiprogetti?

“Anche. Tra i progetti ve n'è uno che hacome scopo principale quello di pro-muovere la conoscenza e la tutela del-le risorse del Parco ciò al fine di garan-tirne la sopravvivenza e stimolare la ri-scoperta dell’identità socio-culturaledelle popolazioni locali. L’obiettivodello sviluppo socio-economico soste-nibile sarà favorito e promosso conuna strategia di marketing del territo-rio in grado di veicolare, con produ-zioni tipiche caratterizzate da qualitàed eccellenza, l’immagine dell’interoterritorio del Parco”.

Il parco ha il compito di conservare lebellezze paesaggistiche e naturalisti-che del territorio per consentirne ilgodimento alle popolazioni locali enon. Come pensa di conciliare la con-servazione del territorio e della natu-ra con quelle della comunità umanache vive nell'area del Parco?

“Insieme alle attività promozionali sa-ranno contemporaneamente indivi-duate soluzioni concrete che sianopropedeutiche alla conservazione eche, allo stesso tempo, permettanouno sviluppo socio-economico compa-tibile con le bellezze ambientali chesono presenti all’interno del parco

stesso”.La Campania, oggi, è la prima regioned'Italia per estensione di aree protet-te. Ritiene che ciò possa significare losviluppo di un turismo ambientale?“Di certo sì. E bisogna dare atto all'as-sessore alle Politiche ambientali dellaRegione Campania, Luigi Nocera, diaver dato grande impulso all'istituzio-ne e all'attività dei Parchi. Queste areeprotette rappresentano di certo un pa-trimonio che noi dobbiamo non solopromuovere ma anche tramandare in-tatto alle generazioni future. Dobbia-mo dire che le istituzioni campane cisono molto vicine”. Inizialmente i Parchi venivano vissuticome un limite allo sviluppo. Oggi nonè più così. C'è un segnale che, più deglialtri, ci fa cogliere questa inversione ditenendenza?“Si ravvisa una sempre maggiore ri-chiesta di itinerari turistici di qualità neiquali i visitatori possano fruire sia del-le bellezze naturali e sia degli aspettipiù peculiari dei nostri territori, come

ad esempio i prodotti tipici del luogo. Ènecessario, pertanto, valorizzare emettere a punto questo insieme di ele-menti per consentire un’offerta com-pleta ed esaustiva. Molto ha giovatoanche la promozione in loco attarver-so convegni e workshop ai quali han-no partecipato uomini delle istituzioni.L'assessore Nocera, il presidente delConsiglio regionale, Sandra Lonardo,il consigliere Fernando Errico”.

Qual è il prossimo passo?“Abbiamo attivato rapporti bilateralicon la Regione per raccogliere la sfidadei fondi strutturali 2007-2013 perchèriteniamo che sia questo il momento to-pico per consolidare alcuni progettigià in itinere e realizzarne altri ex no-vo per lo sviluppo complessivo dell'a-rea. Attraverso l'Ambiente possiamosenz'altro sviluppare sinergie per losviluppo sostenibile. Non manchere-mo a questo importante appuntamen-to che dovrà consentire al Parco in pro-spettiva di camminare in maniera au-tonoma”.

Brunella Cimadomodi

Parco del Taburno

progetti e programmi

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Il Consiglio direttivo del parco del Taburno

Presidente:Clemente Di Cerbo

Rappresentanti designati dallaComunità del Parco:Angelo Salvatore Aceto, Miche-langelo Aceto, Alfonso Ciervo,Domenico Mortaruolo

Rappresentante della ComunitàMontana del Taburno:Rossano Libero Insogna

Rappresentante della Provincia di Benevento:

Mennato Pedicini

Rappresentanti di AssociazioniAmbientaliste e Naturaliste:Camillo Campolongo (Wwf Ita-lia), Grazia Fasano (Legam-biente), Raffaele Spagnuolo(Amici della Terra)

Rappresentanti di Organizzazio-ni Professionali e Agricole:Aneglo Milo (Coldiretti), Elia Ni-cola Fusco (Confagricoltura),Aurelio Grasso (Confederazio-ne Italiana Agricoltura)

I progetti in corso

Provincia di Benevento

Provincia di Benevento

Provincia di Benevento

Provincia di Benevento

ARCHEO (Soprintendenza peri Beni Archeologici delle pro-vince di Salerno, Avellino eBenevento)

Soprintendenza archeologica

Comune di Bonea

Comune di Bucciano

Comune di Cautano

Comune di Foglianise

Comune di Frasso Telesino

Comune di Melizzano

Rinaturalizzazione dell’asseovest-est di penetrazione alParco del Taburno Camposau-ro

Porta di ingresso al Parco del-la Valle Caudina-Isclero

Realizzazione del S.I.A. delParco del Taburno Camposau-ro

Sentiero multifunzionale na-turalistico di penetrazioneporta sud occidentale diS.Agata dei Goti

Completamento del comples-so monumentale del castellodi Montesarchio e allestimen-to Museo Archeologico Nazio-nale del Sannio

Recupero degli insediamentirupestri e dei percorsi pede-montani

Recupero Chiesa San Seba-stiano da adibire ad emporiodei prodotti tipici del Taburno

Recupero, riqualificazione evalorizzazione degli invasispaziali del centro storico

Lavori di realizzazione di un centro di informa-zione turistica

Museo della Paglia

Riqualificazione integratadel centro storico

Realizzazione di un centroambientale didattico e serviziper il turista

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I NUOVI PROGETTI1. Progetto TOTEM – Sarà virtuale, ma dis-

ponibile 24 ore su 24, la superguida delParco del Taburno. Il Programma diInformazione Turistico Culturale prevede,infatti, la realizzazione e la fornitura diservizi informativi territoriali consultabiliattraverso una rete di totem multimedia-li da installare in luoghi strategici e diparticolare interesse turistico sull’interoterritorio del parco. I totem, dotati di tec-nologia touch screen, costituiranno labanca dati - contenente layer informati-vi di tutti i comuni - riguardante specifi-cità di ogni tipo: turistico, culturali,gastronomiche, bellezze naturali, siti diinteresse archeologico e faunistico, stra-de di percorrenza, manifestazioni edavvenimenti dell’intero territorio delparco.

•••

2. Dai prodotti tipici, il traino per la promo-zione del Parco. Promuovere la cono-scenza e la tutela delle risorse del Parco alfine di garantirne la sopravvivenza e sti-molare la riscoperta dell’identità socio-culturale delle popolazioni locali. E' que-sto l’obiettivo del presidente Di Cerbo.Per favorire lo sviluppo socio-economicosostenibile, pensa ad una strategia dimarketing del territorio in grado di veico-lare, con produzioni tipiche caratterizza-te da qualità ed eccellenza, l’immaginedell’intero territorio del Parco.

•••

3. Progetto di avvicinamento al Piano Terri-toriale. Ascoltare le comunità locali perlocalizzare correttamente gli interventi eottimizzare le risorse. Lo scopo del pro-getto è quello di acquisire la conoscenzadello stato urbanistico, produttivo, deitrasporti nonché dello sviluppo sostenibi-le del territorio del Parco.

•••

4. Il progetto Immagini e Mestieri. “Labora-tori d'azione” per la conoscenza per im-magini del patrimonio ambientale, delletradizioni, dei mestieri e delle realtà loca-li. Saranno creati, con il coinvolgimentoattivo delle istituzioni scolastiche per rico-stituire l’intimo legame tra il territorio e lacomunità che lo abita. I laboratori servi-ranno a catalogare, inventariare e divul-gare documenti e materiale fotograficorelativi alla realtà storica, culturale, so-ciale ed ambientale del territorio del Par-co.

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Èattualmente in corso, in tre areeprotette italiane e in tre greche ilprogetto ARCHICHARTER che in-

tende applicare la Carta Europea delTurismo Sostenibile in maniera integra-ta con i principi di altri strumenti volon-tari finalizzati alla sostenibilità. Il Par-co regionale del Matese, il più grandedei parchi regionali della Campaniapartecipa a questo progetto.La Carta Europea del Turismo Sosteni-bile è uno strumento ad adesione vo-lontaria gestito da Europarc, la retedelle aree protette europee, che “tra-duce” i principi della Carta Mondialedel Turismo Sostenibile, redatta a Lan-zarote nel lontano 1985, in un docu-mento che aiuti le aree protette a per-seguire i propri obiettivi di sostenibili-tà. Il principio alla base della Carta èche le risorse ambientali, cioè naturali-stiche, storiche e culturali di un territo-rio, sono la ragione stessa del richiamoturistico e, quindi, vanno tutelate e ge-stite con oculatezza al fine di non dan-neggiarle, dal momento che sono la ra-gione stessa della presenza di turisti.Partendo da questa constatazione, laCarta chiede ai soggetti pubblici e pri-vati di un’area protetta di creare unarete, di condividere una strategia co-mune e di adottare un piano di azionicon cui ognuno, per quanto di propriacompetenza, si prenda la responsabili-tà di contribuire alla promozione di unturismo attento all’ambiente e alla tute-la delle risorse.L’adesione alla Carta prevede che sieseguano degli approfondimenti percapire: l’attuale relazione tra il turismoe le altre attività economiche, in quan-to vi può essere una integrazione traattività diverse e una migliore distribu-zione del reddito, la relazione tra le at-tività antropiche e lo stato dell’ambien-te per capire se vi siano già segni di im-patto negativo o se le pressioni eserci-tati sul territorio siano ancora all’inter-no della capacità dei sistemi naturali disopportare le pressioni stesse, qualisiano i margini di ampliamento dell’of-ferta turistica rispetto ai livelli attuali e,soprattutto, quali siano le iniziativeche possono essere messe in moto per

sviluppare l’economia locale con un tu-rismo diverso da quello di massa e mol-to stagionalizzato come è ora.Alla base del miglioramento dell’offer-ta turistica ci devono essere i principidella qualità: nella gestione, nei servi-zi e nei prodotti offerti dal territorio.Ecco, allora, che la Carta Europea delTurismo Sostenibile si può giovare del-l’introduzione, nelle organizzazionipubbliche e private, dei principi fonda-mentali del sistema di gestione ambien-tale (norma ISO 14001/regolamentocomunitario EMAS), che aiuta ad “or-ganizzare” i processi lavorativi, a sta-bilire ruoli e responsabilità e a monito-rare i risultati, di quelli dell’Ecolabel,con particolare riguardo ai requisitiper assegnare il marchio europeo allaricettività turistica e ai campeggi, e del-l’Agenda 21 locale, che indica comeattivare i processi partecipativi e dicondivisione attraverso i Forum.Il progetto ARCHICHARTER è stato fi-nanziato nell’ambito del programmacomunitario INTERREG IIIB Archimed,

è iniziato a giugno 2006 e termineràalla fine del 2007. I risultati fino ad oraintrapresi possono essere visti, per orain italiano e in inglese, nel sitohttp://infosig3.frascati.enea.it/archi-charter . I partner italiani sono, oltre alParco del Matese, il Parco Regionaledelle Serre (Calabria), che ha il ruolodi capofila e il Parco dei Nebrodi (Sici-lia), mentre le tre aree protette grechesono il Parco Marino di Zakynthos nel-le Isole ioniche, la parte del delta delNestos nel Parco della MacedoniaOrientale e Tracia e il territorio di Ne-vropolis e del lago di Plastiras, in Tessa-glia.Per approfondimenti sulla Carta Euro-pea, oltre che il sito sopra elencato,possono essere visitati anche i sitiwww.europarc.it e http://www.euro-parc.org/european-charter.org/in-dex.htm

*Lucia Naviglio, ENEA, coordinamento scientifico del

progetto Archicharter, febbraio 2007

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Lucia Naviglio*di

Parco del Matese:verso l’adesione alla Carta Europea

del Turismo Sostenibile

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Restauro della dimora reale bor-bonica, protezione delle bellez-ze naturali, acque balneabili e

piste ciclabili… Tutto ciò per riportareil Fusaro agli antichi splendori.I Campi Flegrei rappresentano, sen-za dubbio, un sistema ambientale diparticolare unicità.La sua conformazione geomorfologi-ca, insieme alle grandi risorse natura-li, alla notevolissima presenza di testi-monianze storico-archeologiche e aduno straordinario scenario paesaggi-stico, configura un’area di eccezio-nale pregio e di grandi valori ambien-tali.La presenza dei quattro laghi poi (Fu-saro, Miseno e Lucrino di acque sal-mastre e Averno di acque dolci) in-gentilisce il paesaggio regalando aivisitatori momenti di relax in ogni pe-riodo dell’anno.Il lago Fusaro in particolare fu acqui-sito da Ferdinando IV di Borbone susuggerimento di Carlo Vanvitelli. Ciòsegnò l’inizio di un periodo di riquali-ficazione della zona del Fusaro che,dopo una fase di crescita e sviluppo inperiodo romano, aveva subito una fa-se di decadenza durante il medioevo.Infatti il lago si era impaludato e cosìera rimasto fino al Settecento, quan-do nel 1782 diventò uno dei Siti RealiBorbonici e fu quindi utilizzato comeriserva di caccia e di pesca. Dopo l’u-nità d’Italia, nel 1861, il lago Fusarodivenne proprietà della corona. Oggi il parco storico e il complessovanvitelliano vengono gestiti da unasocietà denominata Centro ItticoCampano di cui l’azionista di mag-gioranza con il possesso della quasitotalità delle quote è il Comune di Ba-coli. In seguito all’accordo di pro-gramma stipulato tra la RegioneCampania e il Ministero dei Beni Cul-turali e Ambientali, il Programmaoperativo regionale 2000-2006 pre-vedeva nell’area dei Campi Flegreied in particolare nell’area del Fusa-ro, interventi di riqualificazione al fi-ne di assicurare una migliore e realetutela di questi luoghi. E finalmente nello scorso mese di gen-naio il progetto per la riqualificazio-ne del Fusaro ha avuto inizio grazieai 10 milioni di euro stanziati dallaRegione Campania. La soprinten-denza ai Beni Archeologici ha dato ilplacet per l’inizio dei lavori. Il parco vanvitelliano del lago Fusaroaccoglie importanti edifici, inseritinella cornice ambientale e paesaggi-stica del lago. Il complesso vanvitel-liano comprende la famosa Casinavanvitelliana, la villa del lago detta

Ostrichina, gli Stalloni e il giardinostorico.L’attuale progetto mira a far rinasce-re il Fusaro come luogo d’attrazioneturistica non solo per coloro che ven-gono da fuori ma anche e soprattuttoper gli abitanti di Napoli.Gli architetti della soprintendenzaCosimo Tarì e Maria Teresa Minervinihanno curato la progettazione degliimmobili, la Sala Ostrichina e la Casi-na Vanvitelliana, suggestiva per lasua location essendo situata sulle ac-que del lago. La dimora borbonica diventerà unluogo di aggregazione, un centro cul-turale e museale all’interno del qualeverranno allestite mostre, diventan-do così il primo polo storico-culturaledei Campi Flegrei.Oltre alla riqualificazione degli im-mobili è prevista anche la riproduzio-ne dei dipinti di Filippo Hackert chedecoravano le pareti della Casinaprima di essere distrutti dal fuoco nelcorso della Rivoluzione partenopeadel 1799.Intorno al perimetro del lago, lungo 6chilometri, verrà costruita per gliamanti della bicicletta, una pista ci-clabile che si collegherà poi con unabretella alla pista prevista lungo il ba-cino del lago Miseno. Ed il sindaco di

Bacoli, Antonio Coppola, ricco di or-goglio annuncia che la sua città saràl’unico centro in Italia ad avere duelaghi con piste ciclabili lungo il peri-metro.Intanto si mira anche alla costruzionedi un grande villaggio turistico sullesponde del lago. Naturalmente perpoter dare il via ai lavori è necessarioprima di tutto rendere le acque del la-go balneabili, così come è stato pro-grammato anche per il lago Miseno.Attualmente purtroppo le acque delFusaro sono estremamente inquina-te. Proprio l’anno scorso l’Arpac è in-tervenuta nei laghi Fusaro, Miseno eLucrino ed ha verificato la presenzadi diverse sostanze tossiche. Nel progetto rientra anche un pianoper tutelare i 27000 metri quadrati dimacchia mediterranea e trasformareil parco in una riserva naturale. Diquesto se ne sta occupando con gran-de interesse l’Orto Botanico di Napo-li.Questo grandioso progetto, una vol-ta terminato, favorirà lo sviluppo ed ilrilancio della città di Bacoli, regalan-do ai suoi abitanti e non solo un luogodove il divertimento, la cultura e lebellezze naturali non saranno più sol-tanto immaginazione ma realtà con-creta.

Ilaria Buonfantidi

10 milioni di euro per far risplendere

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Lungo il decumanus maior, l’attualevia Tribunali, oltrepassati il Conser-vatorio, la Chiesa di S. Pietro a Ma-

jella e la Croce di Lucca, ci si imbatte inun angolo davvero singolare del cen-tro antico di Napoli, dove, alle spalle diun tempietto di ispirazione classica - lacappella Pontano - sorge la chiesa di S.Maria Maggiore, detta anche dellaPietrasanta. In asse con la cappellaPontano, e di fronte a essa, svetta ilcampanile di epoca medievale, unicaattestazione rimasta per questo generedi architettura, nonché testimone diuna fase di vita precedente della basili-ca. La cappella Pontano - piccolo tem-pio rinascimentale in piperno - fu erettatra il 1490 e il 1492 per volere dell’u-manista, letterato e “segretario maio-re” del duca Alfonso di Calabria Gio-vanni Pontano. Il progetto della costru-zione fu attribuito dal De Dominici adAndrea Ciccione, mentre Roberto Pa-ne identificò il suo autore prima in Fra’Giocondo da Verona, poi in Francescodi Giorgio Martini. La cappella, dedi-cata alla Vergine Maria e a San Gio-vanni Evangelista, fu costruita qualetempio funerario in memoria della mo-glie del Pontano, Adriana Sassone, maanche con l’intenzione, da parte dell’u-manista, di conservare le proprie spo-glie mortali e quelle dei tre figli. Restau-rata nel 1759, al tempo di Carlo di Bor-bone, sotto la direzione del professoredi lingua greca Giacomo Martorelli, esuccessivamente nel 1792, la cappel-la, di forma rettangolare, si erge su unalto basamento, con due portali inqua-drati da marmo bianco. Dei due ingres-si, uno è posto sul lato lungo della co-struzione, prospiciente il decumanus,l’altro si trova “in asse con l’altare” del-la Pietrasanta, prospiciente l’attualeslargo che un tempo fungeva da sagra-to della basilica originaria. Il tempiettoè inquadrato esternamente da quattroe da sei lesene, rispettivamente dispo-ste sul lato corto e su quello lungo, sor-montate da una sobria trabeazione e

da un attico, più volte ricostruito. Deidue portali, quello prospiciente il cam-panile della Pietrasanta è sovrastatoda epigrafi latine dettate dal Pontano,mentre quello posto sulla facciata prin-cipale è sormontato da una lapide coniscrizione latina e dagli stemmi delledue famiglie, Pontano e Sassone. L’in-terno della cappella, costituito da ununico vano, ha una copertura a botte e,alle pareti, una serie di lapidi con iscri-zioni greche e latine, alcune ricavateda testi antichi, altre dettate dal Ponta-no. Nell’opera Del bello dell’antico delcurioso della città di Napoli di CarloCelano con le “aggiunzioni” di Gio-vanni Battista Chiarini, vengono tra-scritte alcune di queste iscrizioni, comequella dedicatoria, posta sulla facciataprincipale del tempietto, o quella postasulla facciata della porta piccola, cheinizia significativamente con il verso“audendo agendoque respublica cre-scit non iis consiliis quae timidi cauta ap-pellant”. È inoltre da segnalare l’iscri-zione che fu “trasportata nel tempiettoper iniziativa del Martorelli” diretta-mente dalla casa dell’umanista. Sullaparete, dietro l’unico altare, vi è unanicchia con il trittico raffigurante la Ma-donna col Bambino e i Santi GiovanniBattista e Giovanni Evangelista. L’affre-sco, risalente alla fine del XV secolo, èattribuito a Francesco Cicino da Caiaz-zo. La bellissima pavimentazione, co-stituita da maioliche databili alla finedel XV secolo, è caratterizzata da “ot-tagoni formati da un elemento centralequadrato e da quattro mattonelle esa-gonali”, dove alla raffigurazione cen-trale degli stemmi del Pontano e diAdriana Sassone si alternano motivigeometrici, vegetali e animali. Attra-verso una ripida e piccola scala, infine,si scende nel vano della cripta, che ripe-te la struttura dell’aula soprastante,con volta a botte, mentre un sedile lun-go le pareti rappresenta l’unico ele-mento d’arredo.

Alle spalle della cappella Pontano, su-bito dopo la cappella del Salvatore, sierge la chiesa di S. Maria Maggiore, odella Pietrasanta. Secondo una leg-genda popolare, la chiesa fu costruitanel 533 d. C. sui resti di un edificio ro-mano, identificato dagli eruditi del XVIIsecolo, tra i quali il Celano, con un tem-pio pagano dedicato alla dea Diana.La originaria basilica paleocristianasorse, sempre secondo la leggenda, inun luogo infestato dal demonio, grazieall’iniziativa dell’allora vescovo Pom-ponio. Si tramanda infatti che a lui fosseapparsa in sogno la Vergine Maria di-cendogli: “Pomponio và in quel luogoove suole apparire il Demonio e con di-ligenza cerca che troverai una pezzadi panno color celeste, di sotto farai ca-vare, che troverai una pietra di marmo,e nello stesso luogo edificherai la Chie-sa, la qual chiamerai dal mio nome e su-bito si partirà tal infernal serpente” (inNapoli Sacra, Guida alle chiese dellacittà, 7° itinerario, Elio De Rosa Edito-re, Napoli, 1994 pp. 65-66). La basili-ca, secondo alcuni, derivò l’aggettivo“maggiore” dall’essere la prima chie-sa napoletana eretta in onore dellaVergine, ma il Celano spiega che essafu denominata in questo modo “nonperché fosse la prima Chiesa dedicataalla Vergine, (…) ma perché dalla Ver-gine medesima fu comandata” (Delbello dell’antico del curioso della cittàdi Napoli… p. 721). Una volta edifica-ta, la basilica di S. Maria Maggiorevenne solennemente consacrata da pa-pa Giovanni II. Tra i vari appellativi datialla chiesa, “Santa Maria in Sole et Lu-na”, “Pomponiana”, “Santa MariaMaggiore”, “Santa Maria ad Prese-pe” nel IX secolo, quello più noto – Pie-trasanta – fu utilizzato a partire dal1623 “per una pietra con incisa unacroce, che si credeva concedesse indul-genza a chi la baciava”. Dell’impiantoarchitettonico della basilica paleocri-stiana non sono rimaste testimonianze,

Linda Iacuziodi

AMBIENTECULTURA&

La Cappella Pontanola Chiesa e il Campanile della Pietrasanta

Un angolo di Napoli da conoscere e salvaguardare

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in seguito ai vari rifacimenti e alle diver-se ristrutturazioni che, tra la fine del’500 e la prima metà del ’600, ne tra-sformarono definitivamente la strutturaoriginaria. I lavori di ricostruzione del-la chiesa cominciarono nel 1653 e furo-no affidati a Cosimo Fanzago. Dopouna breve interruzione, a causa dellapestilenza del 1656, i lavori furono suc-cessivamente ripresi fino alla consacra-zione della chiesa, avvenuta nel 1678.Posteriori interventi di restauro stravol-sero ulteriormente la struttura dellachiesa di Santa Maria Maggiore, checostituiva un tutt’uno con la sagrestia econ l’annesso convento dei Chierici re-golari minori. In seguito alla soppres-sione del convento, avvenuta nel1823, mentre nella chiesa tornaronogli Ebdomadari, il monastero “fu adat-tato a caserma delle Regie Compagniedei Pompieri”. Tale destinazione d’usodeterminò una serie di interventi chemodificarono ancora una volta gli im-pianti originali. La chiesa subì, poi, nu-merosi danni durante la guerra e, scon-giurato il pericolo dell’abbattimento,proposto dall’amministrazione comu-nale negli anni ’50 per costruire una ca-serma più ampia, la basilica fu oggettodi un primo concreto restauro architet-tonico nel 1975. Durante i lavori furo-no rinvenuti, nella cripta, blocchi di tu-fo, un reticolato di epoca romana e unmosaico risalente all’età tardo-repub-blicana, mentre nell’area del sagratofurono rinvenute parti di mura stratifi-cate risalenti al III secolo a. C. Il succes-sivo restauro del 1992, di cui si fecepromotore il FAI, si occupò soprattuttodi recuperare il pregevole pavimentosettecentesco, in cotto e maiolica, rea-lizzato nel 1764 dalla fabbrica di Giu-seppe Massa. La chiesa oggi vieneaperta solo occasionalmente ai visita-tori. Di fronte a S. Maria Maggiore, sierge il bellissimo campanile della Pie-trasanta, il più antico della città, e tra ipiù antichi d’Italia, datato tra il X e l’XIsecolo. A pianta quadrata, è costruitoin laterizi e termina con una cuspide.Questa preziosa testimonianza archi-tettonica altomedievale presenta il tipi-co riutilizzo di materiale di spoglio a fi-ni strutturali e decorativi. In questo spe-cifico caso si tratta sia dei laterizi, siadelle bellissime decorazioni marmo-ree, alcune delle quali trafugate – co-lonne, sarcofagi, fregi – inserite soprat-tutto nel basamento, all’interno e all’e-sterno di quello che costituiva il vano diaccesso alla cella campanaria. Que-st’ultimo, per incuria, ignoranza e unadiffusa indifferenza da parte delle am-ministrazioni, ma anche da parte dei

cittadini verso il proprio patrimonio sto-rico e culturale, verso la propria memo-ria e identità, è stato nel corso degli an-ni ricettacolo di immondizie e, insiemecon i marmi, oggetto di vandalismi diogni genere, dall’affissione di cartellialle scritte colorate, che, nonostante itentativi di restauro e pulitura, conti-nuano a perpetrarsi e restano triste-mente visibili. Sarebbe opportunoprendersi maggiormente cura di un pa-trimonio unico al mondo, anche attra-verso una capillare e maggiore diffu-sione di una educazione alla storia e auna cultura che, in antico, rese grandeNapoli e il Mezzogiorno.Proprio il Pontano sembra suggerirci lastrada da seguire con le parole di quel-la “bellissima” iscrizione, posta su un

marmo della cappella (anch’essa sog-getta in passato ad atti di vandalismo),che il letterato eresse a sua memoria eche, come scrisse il Chiarini, “per l’in-genuità ed affezioni che contiene,amiamo di riportare in nostra favella:vivo mi apparecchiai questa dimoraper riposarvi morendo / chieggo nonmi facciate ingiuria/ ch’io morendonon ne feci ad alcuno. / sono giovannigioviano pontano, che le buone museebbero caro, gli uomini virtuosi rag-guardarono, i re del signore esaltaro-no. sai ora chi mi sono o chi piuttosto siastato; io dalle tenebre non ti posso co-noscere o passaggiero, ma priegotiche tu conosca te stesso. addio”. (delbello dell’antico del curioso della cittàdi napoli… pp. 842-843).

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Il POR misura 1.1 – Monitoraggio del-le acque sotterranee - ha destinato alDipartimento Tecnico dell’ArpaC di

Benevento un nuovo spettrometro dimassa per analisi di isotopi stabili. Talestrumentazione, unica nei Laboratoridell’Agenzia, rappresenta un ulteriorepasso in avanti nel completamento delladotazione strumentale del Dipartimen-to. Tanto a significare non solo l’arricchi-mento tecnologico quanto l’aprirsi dinuove opportunità di indagini da esten-dersi su varie matrici. Gli isotopi stabili,di fatto, possono essere proficuamenteutilizzati come traccianti nei cicli dell’ac-qua, del carbonio e dei nutrienti ed in ge-nere delle sostanze disciolte (D/1H,15N/14N, 13C/12C, 18O/16O,34S/32S) per cui, in estrema sintesi, sa-ranno possibili:a) La prospezione isotopica in pozzi se-

lezionati della rete regionale.b) Risalire all'origine dei nitrati negli ac-

quiferi delle pianure alluvionali cam-pane.

c) Applicazioni della geochimica isoto-pica nei settori ambientali, della sismi-cità e delle eruzioni vulcaniche.

d) La corretta definizione di rapporti fradiscariche di rifiuti e acque sotterra-nee.

e) La valutazione della genesi delle ac-que minerali.

f) La verifica, attraverso le analisi di iso-topi stabili, di bioelementi nel settoredel controllo delle genuinità e dell'ori-gine nell'agroalimentare.

Attraverso la nuova Area Analitica si do-vrà garantire , a livello regionale, il servi-zio per l’ isotopia ambientale fino al rag-giungimento di un elevato livello delleprestazioni nell’ambito della ricerca esviluppo sulle attività analitiche di com-petenza.Il programma di lavoro dell’IsotopiaAmbientale per il 2007 si articola, in sin-tesi, come segue:1. collaudo della nuova strumentazione

e dei sistemi di campionamento:2. avvio della formazione secondo i

programmi POR;3. avvio delle determinazioni isotopi-

che sulle acque superficiali e sotterra-nee delle rispettive reti regionali, inaccordo con i programmi della Dire-zione Tecnica e secondo le modalitàfissate dai POR;”,

4. messa a punto di metodiche analiti-che ed addestramento di personaletecnico (partecipazione ad iniziativeformative) per l’utilizzo della stru-mentazione per la determinazionedelle abbondanze isotopiche;

5. affiancamento delle attività previstein ambito della convenzione ARPAE.R./ ARPA Campania, nell’ambitoA

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ISOTOPIAambientale:una nuova frontiera

Pietro Mainolfidi

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del Programma interregionale “Agri-coltura e qualità – Misura 5 “Suoli evulnerabilità delle acque ai nitrati”

6. esecuzione, in ambito regionale, dianalisi di ‰18O, ‰2H e ‰15N incampioni di acque sotterranee, ela-borazione e interpretazione dei dati;

7. attivazione di una o più stazioni dimonitoraggio degli isotopi stabili inambito provinciale sulle deposizioniumide al suolo;

8. messa a punto di un sistema di comu-nicazione, sul sito Web di ARPA, deidati dell’attività svolta sull’isotopiaambientale e di informazioni inerentila tematica .

Sono previsti, nella fase iniziale, circa700 campioni relativi alle sole reti di mo-nitoraggio delle acque sotterranee e su-perficiali campane e sono già in corsocontatti con l’Università per l’avvio diprogettazione congiunta.La nuova area analitica si affianca alleattività che da sempre hanno visto prota-gonista il Dipartimento Tecnico sia su sca-la provinciale che su scala regionale. Difatto la struttura ha sempre risposto posi-tivamente, grazie alla concreta disponi-bilità ed all’interesse scientifico del per-sonale , alle sollecitazioni esterne di ca-rattere scientifico e di supporto ad altriDipartimenti dell’Agenzia.Gli incrementi hanno riguardato in parti-colar modo le attività connesse con le in-dagini analitiche sulle sostanze stupefa-centi, sulle acque superficiali, sui rifiuti esuoli e sui prodotti alimentari per i quali èin corso, peraltro, la procedura per il ri-conoscimento del Laboratorio secondola norma UNI CEI EN ISO/IEC17025:2005. A mero titolo di esempiovengono mostrati i trends in continua cre-scita dal 2000 ad oggi. Tutto ciò assumeuna particolare valenza ove si consideriil progressivo decremento della dotazio-ne organica che è passata dalle 30 unitàdel 2001 alle attuali 24 comprensive delpersonale a contratto e con soli tre chimi-ci in organico.A fianco di queste attività è stato assicu-rato il continuo aggiornamento scientifi-co e tecnologico nonché le attività di col-laborazione con le Università e con ilPrusst i supporti formativi richiesti dallescuole e dagli ENTI formativi. Infatti, so-no state elaborate nell’anno 2006 in col-laborazione con la cattedra di Igienedell’Università degli studi di Napoli Fe-derico II° e con la cattedra di Ecologiadella II^ Università degli Studi di Napoliuna serie di tre tesi sperimentali relativead applicazioni di modellistica ambien-tale su acque superficiali di rilevanza re-gionale.Alla luce di quanto appena riassunto ap-pare chiaro perché la nuova attività su-scita nel personale interesse ed entusia-smo non considerandola affatto un ag-gravio dei carichi di lavoro. A

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Nella seguente tabella vengono riassunte le attività dipartimentali negli anni2000-2006 dalla quale si evince il progressivo incremento dei carichi di lavo-ro negli anni fino ad arrivare all’attuale raddoppio delle attività.

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

ACQUE SUPERFICIALI 102 274 625 628 877 850 811ACQUE DI SCARICO 110 159 210 86 267 122 102ACQUE SOTTERRANEE 6 41 300 115 255 91 108ACQUE PISCINA 38 84 86 83 137 91 92INQ. ATMOSFERICO 39 14 151 23 30 19 1AMIANTO 73 90 141 50 72 64 19RIFIUTI 44 48 397 106 129 32 332SUOLO 43 10 31 162 192 109 114ALIMENTI 770 950 1051 1000 1057 1101 1098ACQUE USO UMANO 1645 1276 1478 1700 2323 1469 1365ACQUE MINERALI 28 33 50 57 355 184 153SOST. STUPEFACENTI 249 266 366 376 588 565 747TOTALI 3147 3245 4886 4386 6285 4697 4942

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LABORATORINORME

La Norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 “Requisiti Ge-nerali per la Competenza dei Laboratori di prova etaratura” del 2000 stabilisce i requisiti generali per

la competenza dei laboratori ad eseguire prove e/o ta-rature incluso il campionamento.Essa contiene tutti i requisiti che devono essere soddi-sfatti dai laboratori di prova e di taratura se intendonodimostrare che attuano un sistema qualità, e che quindisono tecnicamente competenti e che possono produrrerisultati validi.La norma si applica a tutte le organizzazioni che ese-guono prove e/o tarature. Tali organizzazioni sono, per esempio, laboratori di pri-ma, seconda e terza parte e laboratori dove le provee/o le tarature fanno parte delle attività d’ispezione ecertificazione di prodotto.La norma è applicabile a tutti indipendentemente dal nu-mero di persone o dall’estensione del campo di applica-zione delle attività di prova e di taratura.Quando un laboratorio non esegue una o più delle atti-vità coperte dalla presente norma internazionale, comeil campionamento e la ricerca/sviluppo di nuovi metodi,i requisiti dei relativi paragrafi non sono applicabili.Il Servizio Sistema di Gestione per la Qualità di ARPACampania ha tra i suoi obiettivi quello del Riconoscimen-to dei laboratori delle Unità Operative Alimenti dei Di-partimenti Provinciali di ARPAC e dei Laboratori Specia-listici Fitofarmaci e Micotossine del Dipartimento Tecni-co di Napoli previsto per il 2007. Tale riconoscimentoviene effettuato dall’Istituto Superore di Sanità(ISS.ORL) secondo il D.M. del 12 maggio del ‘99. Si èdovuto quindi prendere atto dei cambiamenti della nor-ma ai fini dell’implementazione in atto.Il Working Group 25 dell’ISO/CASCO ha effettuatol’allineamento tra la ISO/IEC 17025:99 e la ISO9001:2000 “Sistemi di gestione per la Qualità”. È statodeciso, anche per tener conto delle richieste degli utenti,che tale operazione comprendesse solamente il minimodei cambiamenti per rendere compatibile la 17025 conla ISO 9001:2000. Questo ha imposto di limitare il lega-me tra le due norme rimuovendo nello “Scopo” dellanorma la dichiarazione secondo la quale i laboratoriche sono conformi ai requisiti della 17025 lo siano an-che automaticamente a quelli della ISO 9001.A transito ultimato, in nessun caso un laboratorio accre-ditato secondo la 17025 potrà dichiarare di essere au-tomaticamente conforme ai requisiti della 9001. Tale norma è strutturata in tre parti: Introduzione con loScopo e Campo d’Applicazione, i Requisiti Gestionali e

i Requisiti Tecnici.I principali cambiamenti nella ”Introduzione” e nello“Scopo” della norma evidenziano che la conformità airequisiti non comporta la conformità ai requisiti dellaISO 9001 e la modifica di alcuni dei requisiti gestionalinella 17025 riflettono il contenuto della ISO 9001 so-prattutto nella responsabilità dell’Alta Direzione neltendere al miglioramento continuo dell’efficacia del si-stema di gestione e ad una maggiore attenzione allasoddisfazione del committente attraverso informazionidi ritorno. La parola cliente viene sostituita da quella dicommittente per dare maggiore importanza all’aspettocontrattuale delle attività di prova e di taratura. La conformità del sistema di assicurazione della qualitàentro cui il Laboratorio opera rispetto ai requisiti dellaISO 9001 non dimostra la competenza del laboratorioa produrre dati e risultati tecnicamente validi, infatti unlaboratorio accreditato secondo la norma 17025 seguei principi della ISO 9001 ma non può dichiarare di se-guirne tutti i requisiti.I cambiamenti nei “Requisiti Gestionali” determinanoche l’Alta Direzione debba assicurare nel Laboratorioun sistema di comunicazione appropriato utile per larealizzazione del sistema di gestione e che la comunica-zione permetta di aumentare l’efficacia del sistema digestione stesso.Gli obiettivi posti al sistema di gestione devono essere ri-visti durante il riesame della Direzione includendo rac-comandazioni per il miglioramento continuo.In base all’articolo 4.7 “ Servizi al committente”, il labo-ratorio deve fare in modo di cooperare con il committen-te per chiarirne i bisogni e ottenere le informazioni di ri-torno sia positive che negative ed utilizzarle per miglio-rare il sistema, le attività di prova e taratura e il servizioin genere.Il laboratorio deve migliorare l’efficacia del suo sistemadi gestione attraverso l’uso della politica della qualità,degli obiettivi della qualità, del risultato degli audit, del-l’analisi dei dati, delle azioni correttive e preventive, lavalutazione dell’efficienza delle azioni di addestramen-to e del riesame da parte della Direzione.Infine nei “Requisiti Tecnici” l’unico cambiamento si rife-risce al miglioramento continuo secondo il quale i datidel controllo di qualità devono essere analizzati, equando vengano trovati al di fuori dei limiti prefissati,devono essere attuate le azioni previste per correggerei problemi. I cambiamenti previsti dalla nuova ISO 17025 sono statiimmediatamente applicati dalla nostra organizzazioneai fini della stesura della documentazione, della forma-zione del personale ed in genere in tutte quelle attivitàproprie dell’implementazione del Sistema di Gestione.

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La Nuova Norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 del 2005:

I principali cambiamenti rispetto all’edizione del 2000

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VIAGGIO nelle LEGGIper l’ambiente

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Circa il 75% della popolazione eu-ropea vive in aree urbane e si sti-ma che tale quota entro il 2020

raggiungerà un valore dell’80%, deter-minando un progressivo deterioramentodell’ambiente di vita e una crescentepressione sugli ecosistemi. Per questomotivo l’osservazione continua di quan-to avviene in questi importanti ambiti ter-ritoriali in materia di energia, mobilità,qualità dell’aria, rifiuti, acqua, suolo, na-tura e territorio assume carattere di inelu-dibilità per la programmazione degli in-terventi e la sensibilizzazione e il coinvol-gimento dei cittadini. Al riguardo, lo scor-so 19 gennaio , è stato presentato dall’A-PAT il “III Rapporto sulla Qualità dell’Am-biente” di 24 città italiane capoluogo diprovincia con popolazione superiore a150.000 abitanti. Si sintetizzano alcunidegli indicatori illustrati più dettagliata-mente nel Rapporto:Qualità dell’aria & emissioni: per la con-centrazione di PM10, ozono e biossidodi azoto nel periodo 1993-2005, nessu-na chiara tendenza alla diminuzione.Il trasporto su strada costituisce la princi-pale sorgente emissiva di PM10 per piùdella metà delle città considerate. Il con-tributo del settore industriale è consisten-te in particolare modo per i comuni in cuisono localizzati grandi poli industriali:Taranto (93%), Venezia (75%) e Geno-va(49%). Il trasporto su strada è la princi-pale sorgente emissiva anche per gli altriinquinanti che contribuiscono alle alteconcentrazioni di PM10, ozono e biossi-do di azoto. Più confortante la situazionerelativa alle concentrazioni di monossi-do di carbonio, benzene, piombo e bios-sido di zolfo che, dall’analisi delle seriestoriche dal 1993 al 2005, risultano esse-re ormai sotto controllo con pressochénessun superamento del limite per il mo-nossido di carbonio , piombo e biossidodi zolfo e un trend decrescente, oramaiconsolidato, per il benzene. Trasporti: sirileva che il parco autovetture continua acrescere nelle 24 realtà urbane, soprat-tutto a livello dei comuni di prima e secon-da cintura: in particolare in molte città del

Centro-Sud si registra una crescita rispet-to al 1996 superiore al 20%. Nel 2005 ilparco auto di Roma è cresciuto al ritmo di3 auto l’ora!Il numero di autovetture pro-capite rima-ne tra i più altri d’Europa anche a livellodei singoli comuni. La quota di mezzi disuperficie alimentata a gasolio rimaneassolutamente dominante, dal 60% aParma al 99% di Reggio Calabria, ma sievidenzia quasi ovunque un incrementodelle percentuali di vetture meno inqui-nanti EURO 2 e EURO 3, dell’uso di car-buranti alternativi con minori emissioni edispositivi atti a ridurle. I mezzi di traspor-to a trazione elettrica sono diffusi princi-palmente nelle grandi città mentre le li-nee metropolitane sono presenti attual-mente solo in un ristretto numero di esse.Verde urbano:dal 1999 al 2003 quellogestito dal Comune è aumentato del75% delle città mediamente dell’1,4%(con un massimo di 6,6% a Palermo). Idati più recenti, relativi al 2003, mostra-no un valore medio del verde rispetto allasuperficie comunale pari al 4,9%. Trat-tandosi del solo verde di gestione comu-nale, i valori riportati rappresentano unasottostima di tutto il verde presente nellecittà.Acque: a livello nazionale la coperturadel servizio di acquedotto appare accet-tabile ovunque. Essa in nessun caso risul-ta inferiore, in termini di abitantiserviti/abitanti residenti, al 92% con unvalore medio pari al 96%. A livello na-zionale i servizi di fognatura e depura-zione mostrano un grado di copertura ri-spettivamente dell’84% e del 74,8%. Ivalori dei dati relativi agli Ambiti Territo-riali Ottimali (ATO) dei 24 capoluoghi diprovincia con popolazione superiore ai150.000 abitanti non si discostano daquelli nazionali.Rifiuti: i valori più elevati di produzionepro capite nel 2004 si riscontrano a Pratoe Catania e nelle città a maggiore voca-zione turistica – Firenze, Venezia e Ro-ma. Alcune città come Verona, Genova eMilano fanno registrare valori di produ-zione di rifiuti urbani pro capite partico-larmente bassi (in linea con la media na-zionale pari a 553 Kg. abitante anno).Per quanto attiene la raccolta differen-

ziata: solo Padova, con circa il 40% di ri-fiuti raccolta in maniera differenziata nel2004, supera l’obiettivo del 35% fissatodal D. Lgs 22/97 per il 2003. I dati evi-denziano, nel triennio considerato(2002 – 2004), una forte crescita dellaraccolta differenziata a Taranto(+116%), Catania (+113%), Roma(+96%) e Palermo (+36%), tuttavia taliincrementi si traducono, in termini assolu-ti, in percentuali di raccolta differenziataancora insoddisfacenti, al di sotto del10%.

Brunella Mercadantedi

Inquinamento nelle città,i trasporti tra i maggioriresponsabili

Èstato presentato al Senato alla fi-ne dello scorso gennaio, ed è in at-

tesa di esame congiunto con altri duetesti relativi alla stessa materia, unDdl che prevede disposizioni a favo-re dei lavoratori e dei cittadini espostio precedentemente esposti all’a-mianto e dei loro familiari, nonché ladelega al Governo per l’adozione diun testo unico in materia di esposizio-ne all’amianto.Il suddetto Ddl prevede lo stanzia-mento di 182 milioni di Euro l’annoper l’istituzione presso l’INAIL di unfondo per le vittime dell’amianto epiù circostanziate definizioni su lavo-ratori e cittadini esposti.Propone, inoltre, presso il Ministerodell’Economia e delle Finanze, lacreazione di un ulteriore fondo, de-nominato “Fondo nazionale per il ri-sanamento degli uffici pubblici” per ilfinanziamento degli interventi fina-lizzati ad eliminare i rischi per la sa-lute pubblica derivanti dalla presen-za di amianto negli edifici pubblici.Si stabiliscono altresì nuove agevola-zioni tributarie per l’eliminazionedell’amianto anche dagli edifici pri-vati e si introducono modifiche al-l’art. 47 del decreto legge 30 settem-bre 2003 n. 269 (convertito in legge326/03) in materia di benefici previ-denziali e maggiorazioni pensioni-stiche ai lavoratori esposti all’amian-to. Si propone, inoltre, un program-ma sanitario con previsione di eroga-zioni gratuite per consulenze legali eprestazioni sanitarie ai soggettiesposti.

Rischio amiantoNuovo Ddl al Senato

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In gergo, ormai, li chiamano “archi-star”, con uno di quei neologismiche art-addict e giornalisti sfornano

a ritmo vertiginoso. Sono gli architettiingaggiati a peso d’oro da istituzionipubbliche ed enti privati per disegna-re, ristrutturare o trasformare radical-mente un edificio, una piazza, unastrada o, addirittura, una consistentefetta di città. Progettisti che non s’ac-contentano di elaborare piante espaccati, o di definire piani volumetri-ci e cubature, ma concepiscono le loronuove costruzioni come vere e pro-prie opere d’arte. A questa tendenzanon poteva certo sottrarsi Napoli, daanni in corsa per il ruolo di centro ne-vralgico per la divulgazione e il radi-camento dell’arte contemporanea,dove per la prima volta al mondo è sta-to felicemente tentato un esperimentodi contaminazione fra rigore tecnico epiacere estetico, tra vincoli strutturalie libertà d’invenzione, in nome di unacompenetrazione fra routine quoti-diana e bisogno di evadere. Il riferi-mento, ovvio, è alla metropolitana, omeglio a quel “Metrò dell’arte” in cuiogni giorno migliaia di viaggiatori, sa-lendo e scendendo dai convogli, ven-gono a contatto con le diverse espres-sioni d’oggi. Una trovata insolita,quasi provocatoria, ispirata da Achil-le Bonito Oliva, celeberrimo critico-

curatore e accanito sostenitore delconcetto di “arte obbligata”, grazieal quale le nuove frontiere creativevengono squadernate davanti agli oc-chi del pubblico in contesti non con-venzionali. Così, usciti da musei e gal-lerie, inossidabili protagonisti dellascena internazionale e nomi storici co-me Sol LeWitt, Jannis Kounellis, Jo-speh Kosuth, Michelangelo Pistoletto,Mario Merz e Giulio Paolini sono ap-prodati nella Linea 1 della “subway”partenopea. Ora, per la Linea 6 e l’e-stensione della 1, il concetto si è evolu-to. Perché non bastava più cooptarescultori, pittori et similia per “decora-re” le stazioni, ma occorreva affidarel’ideazione delle stesse a stelle di pri-ma grandezza dell’architettura mon-diale, subentrate così agli altrettantoblasonati colleghi Gae Aulenti edAlessandro Mendini, fautori degli sca-li della Linea 1. Una prestigiosa cam-pagna acquisti a largo raggio, pre-sentata con successo lo scorso annoalla X Biennale dell’Architettura di Ve-nezia in “Metrò-Polis”, esposizionecurata da Benedetto Gravagnuolo eAlessandro Mendini, riproposta di re-cente a Castel dell’Ovo e in procintodi essere esportata a Londra e a NewYork. Così, in attesa che l’ennesima“Fabbrica di San Pietro” nostranagiunga a conclusione (il termine previ-sto è il 2011), tra cantieri che proce-dono a rilento – anche perché, su untessuto così stratificato e ricco di pree-

sistenze storiche come quello napole-tano, ogni “trivellamento” si trasfor-ma spesso in uno scavo archeologico,tant’è che in piazza Cavour è statoaperto un museo ad hoc per ospitare ireperti rinvenuti durante i lavori per ilmetrò – e “tagli del nastro” scagliona-ti (all’inizio di quest’anno sono entra-te in funzione le quattro fermate com-prese nel tratto Mergellina- Mostrad’Oltremare), plastici e maquettehanno offerto l’opportunità di comin-ciare a familiarizzare con questi nuoviaccessi alle viscere della terra, sforna-ti dagli studi di Alvaro Siza (Munici-pio), Massimiliano Fuksas (Duomo),Karim Rashid e Sergio Cappelli (Uni-versità), Uberto Siola (Chiaia), Domi-nique Perrault (piazza Garibaldi), Ri-chard Rogers (Capodichino), OscarTusquets Blanca (Toledo), Mario Botta(Tribunale e Poggioreale), Boris Po-drecca (San Pasquale), Hans Kollhoff(Arco Mirelli), Benedetta Miralles Ta-gliabue (Centro Direzionale). Una ri-voluzione ipogea destinata ad avereripercussioni sulla visione urbana so-prastante, connessa all’auspicio di unpiù incisivo e diffuso sistema di tra-sporti sostenibile e poco inquinante.Perché, al di là del glamour e del van-to di stazioni “griffate”, la vera sfida èquella della vivibilità. E poi lasciare acasa l’auto per entrare, anche se soloper un momento, in un capolavoro èdecisamente più piacevole che rima-nere imbottigliati nel traffico.

Anita Pepedi

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Il giardino pensile leggenda o realtà?

Il tetto verde di cui si parla ultimamente co-s’è: un capriccio degli architetti? Una ten-denza della moda? Una nuova forma di

battaglia ambientale?In realtà rappresenta la realizzazione diun’antica idea con tecnologie moderne e si-cure.Sin dall’antichità una delle sette meravigliedel mondo erano i giardini pensili di Babilo-nia di cui purtroppo non è rimasta traccia.Le prime testimonianze di coperture verdi ri-salgono agli Etruschi che nel IV secolo a.C. ri-coprivano i loro monumenti funebri con deitumuli di terra su cui piantavano gli alberi.L’imperatore Adriano durante il suo regnoutilizzò il sistema del giardino pensile sia peril sepolcro di famiglia, sia nella sua villa di Ti-voli.Nel ‘ 500 e ‘600 in Italia e all’estero venneroedificate splendide ville in cui il giardino pen-sile era sempre ricorrente: Villa Medici a Fi-renze, Villa d’Este a Tivoli, Villa Aldobrandi-ni a Frascati per arrivare alle regge come ilcastello di Saint-Germain en Laye di EnricoIV o la Villa di Versailles dove Andrè Le No-tre progettò l’insieme degli aranceti al di so-pra della stalle reali per evitare di interrom-pere la continuità del parco.Ma fu nell’800 che il giardino pensile vennestudiato anche sotto il profilo funzionale edecologico, al verde si attribuì non solo fun-zione estetica ma anche valenza sociale edigienica, specie nelle città industrializzate fi-no ad arrivare ai maestri dell’architetturamoderna Alvar Aalto, F. Lloyd Wright e LeCorbusier i quali videro nel verde pensile unelemento ecologicamente funzionale per in-tegrare la struttura architettonica con l’am-biente circostante, esaltandone gli aspettiestetici.In realtà si è sempre cercato di realizzare ilverde sul tetto ma purtroppo i materiali utiliz-zati e le soluzioni tecnologiche non sempresono stati in grado di garantire la durata delverde e le infiltrazioni d’acqua.Negli anni ’60 la Germania ha iniziato a stu-diare tecnologie e materiali in grado di ren-dere sicuro il verde pensile che attualmenetesi sono evolute a tal punto da permettere l’in-verdimento dei tetti in assoluta sicurezza.E finalmente l’idea del tetto verde sta pren-dendo piede anche in Italia, ma come sem-pre le regioni pioniere sono al nord : il Trenti-no Alto Adige e l’ Emilia Romagna. Il comunedi Bolzano ha adottato il R.I.E.:Riduzione

Impatto Edilizio, un indice numerico di quali-tà ambientale per certificare la qualità del-l’intervento edilizio rispetto alla permeabili-tà del verde. Si tratta del rapporto tra gli ele-menti che concorrono a modificare il territo-rio rispetto alla gestione delle acque meteo-riche. Più elevato è l’indice RIE, migliore è lagestione del territorio, anche dal punto di vi-sta edificatorio. L’indice RIE è stato introdot-to nel Regolamento Edilizio del Comune diBolzano ed è diventata procedura obbliga-toria per gli interventi di nuova costruzione eper le ristrutturazioni.In realtà l’uso e l’incentivazione del tetto ver-de in Campania potrebbero essere degli utilistrumenti per la mitigazione degli impatti ne-gativi dell’urbanizzazione cittadina, non-ché mezzi per le pubbliche amministrazioniper aumentare il verde urbano, attenuarel’inquinamento atmosferico e contribuire adevitare un peggioramento dell’effetto serra.È scientificamente provato che il verde pen-sile contribuisce a ridurre gli effetti del riscal-damento dell’atmosfera grazie ad un mino-re riscaldamento, una minore irradiazioneed un abbassamento delle temperature at-traverso l’evapotraspirazione della vegeta-zione, permettendo anche un maggiore be-nessere interno sia in estate che in inverno econtribuendo a evitare l’uso indiscriminatodi riscaldamento e condizionamento, altracausa di inquinamento da CO2.Esemplare è il caso di Tokio, dove sin dal2001 è stato imposto l’inverdimento di alme-no il 20% delle coperture piane esistenti.Questo strumento urbanistico, con l’ausiliodi forme di incentivazione pubblica, è statoadottato per contrastare l’aumento di quasi3 gradi delle temperature medie annue chesi è verificato nelle città per l’effetto serra.Il realtà le modificazioni climatiche sono cau-sate da un insieme di fattori in sinergia tra lo-ro quali: l’espansione edilizia incontrollata,l’aumento dei flussi del traffico, l’eccessivosviluppo industriale con il conseguente au-mento di emissioni, lo sviluppo demografico,per cui per ovviare a questi problemi è neces-sario applicare strumenti di correzione e mi-tigazione che siano coordinati tra loro.Ed in questo inverno così “terribilmente” mi-te forse sarebbe il caso di riflettere sull’im-portanza di adottare misure ecologicamen-te corrette per sconfiggere in maniera intelli-gente l’inquinamento e contestualmente mi-tigare l’espansione edilizia selvaggia pre-sente in maniera eclatante sul nostro territo-rio, migliorando la qualità dell’aria ed an-che lo skyline delle nostre città.

Elvira Tortoriellodi

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La maggiore associazione am-bientale mondiale, presenteanche in Italia, è impegnata da

oltre 30 anni nel perseguimentodel binomio attività umana - tuteladel pianeta nella prospettiva dellapromozione di uno sviluppo soste-nibile.Tutela dell’ambiente, valorizza-zione della natura, sviluppo soste-nibile. Da tre decenni la sezioneitaliana della Federazione FriendsOf Earth International è in trinceaper la protezione e la salvaguar-dia dell’amica migliore dell’uomoin tutti i tempi: la terra.Trenta anni di battaglie, di sensibi-lizzazione, di azioni mirate e diprese di posizioni forti sulle que-stioni scottanti attinenti alle emer-genze scaturite dai rapporti turbo-lenti tra l’attività umana e la prote-zione del pianeta. La Federazione InternazionaleAmici della Terra fu fondata agli ini-zi degli anni settanta ad opera diquattro organizzazioni- pionieripresenti in Francia, Svezia, Inghil-terra e Stati Uniti ai quali si eranosuccessivamente aggregati altrigruppi sparsi su tutto il globo. Oggisono 61 i paesi che constano di unapresenza attiva degli Amici dellaTerra. Un radicamento capillareche ne fa la maggiore rete mondia-le di organizzazioni ambientali dibase suddivisa in 70 gruppi nazio-nali e circa 5000 gruppi locali di at-tivisti in ogni continente. I soci, circa un milione e mezzo al li-vello internazionale, attuano cam-pagne attinenti alle più urgenti te-matiche di controversie socio- am-bientali. Gli Amici della Terra sfidano l’im-perante modello di globalizzazio-ne dell’economia abbinata allaneo corporazione, e promuovonosoluzioni che possano contribuirea creare società caratterizzate dal-la giustizia sociale nonché azionidi mutuo sostegno in una prospetti-va sostenibile per l’ambiente. La sezione italiana viene imple-mentata nel 1977. Oggi l’associa-zione Amici della Terra- Italia , lacui direzione nazionale ha sede aRoma, è diffusa su l’intera Penisolacon la presenza, in quasi tutte le re-gioni, di club che hanno il compitodi concorrere all’attuazione deiprogrammi nazionali, con facoltàdi decidere autonomamente le atti-

vità d’interesse locale. In Campa-nia, i club sono quattro di cui unoad Avellino, uno in Terra di Lavoro(Caiazzo) e due nel salernitano(Club di Cava de’ Tirreni e Club Ci-lento). Da qualche anno, i clubcampani si sono anche costituiti inassociazione regionale.Gli Amici della Terra sono attivi sututti i dibattiti sia a livelli planeta-rio, nazionale, sia a livello regio-nale e locale sulle tematiche am-bientali antiche e nuove: rifiuti,emissione CO2 auto, traffico marit-timo di sostanze pericolose, cam-biamenti climatici,… Infatti, l’o-rientamento è di “proteggere il pia-neta da ulteriori deterioramenti eriparare i danni all’ambiente de-terminati da attività umane e da ne-gligenze; preservare la diversitàecologica, culturale e etnica dellaterra; aumentare la partecipazio-ne pubblica ai processi decisionalidemocratici. Una maggiore demo-crazia è fine in sé stesso ed è anchevitale per la protezione dell’am-biente e la buona gestione delle ri-sorse naturali, promuovere uno svi-luppo sostenibile ed ecologica-

mente compatibile”.Con la loro consolidata esperien-za gli Amici della Terra sono mem-bri del Consiglio Nazionale perl’Ambiente e vengono consultatidal Parlamento, dal Governo,dalle Regioni nonché dal Consi-glio Nazionale dell’Economia edel Lavoro. In Europa, fanno par-te della Consulta dell’Ambienteistituita presso la Commissione Eu-ropea e collaborano con l’UfficioEuropeo per l’Ambiente. Il coordinamento Europeo degliAmici della Terra, con sede a Bru-xelles, rappresenta la rete am-bientalista più organizzata e atti-va dell’Unione Europea. Nel mondo, Friends Of Earth Inter-national ha lo status di osservatorepresso vari agenzie specializzatedelle Nazioni Unite fra cui l’UNEP,

la Commissione Sviluppo Sosteni-bile. Sono inoltre interlocutori rico-nosciuti della Banca Mondiale edel Fondo Monetario Internazio-nale.La definizione delle politiche am-bientali e la conseguente attuazio-ne delle stesse sono l’epicentro del-le azioni congegnate dall’associa-zione. A titolo illustrativo, basti tenerepresente che l’organizzazione hapromosso il referendum per sot-trarre alle Unità Sanitarie Locali lacompetenza sui controlli ambienta-li. Sulla stessa scia, grazie alla ca-parbietà degli Amici della Terra-Italia, era stata approvata la leggeistitutiva dell’Agenzia Nazionaledi Protezione dell’Ambiente e del-le Agenzie Regionali. La linea d’indirizzo seguita è quel-la di mettere in atto l’ecologia poli-tica che vuol dire “avvicinarsi allavita con fantasia e intelligenza, co-noscenza ed emozione, responsa-bilità e cultura. Significa lottarecontro la burocrazia e l’ideologia,l’uniformità e l’autoritarismo, eogni tentativo di eliminare la diver-

sità e l’autonomia”.L’ecologia politica degli ADT vuoloffrire a ciascuno una nuova ami-ca: la Terra.

ASSOCIAZIONIAMBIENTALISTEJean René Bilongodi

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“Amici della Terra”: una rete dalle dimensioni

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RECENSIONILIBRI

ll tema dell’energia, all’interno del dibattito scientifi-co e politico, ha assunto importanza preminente nel-le discussioni e nell’elaborazione di progetti decisio-

nali. L'obiettivo delle politiche, anche di quelle che han-no fatto da modello nel settore delle risorse rinnovabili,è stato semplicemente quello di allargare la loro quotain un mercato dominato dai combustibili fossili; oggi pe-rò questo obiettivo risulta del tutto insufficiente. Il mo-do stesso di produrre e di distribuire l'energia è soggettoa cambiamenti continui, ha subito variazioni profondeil nostro modo di concepirne l'approvvigionamento el'uso. Autonomia energetica è il tema di riferimento diquesta pubblicazione, che sintetizza l'uscita dal model-lo di produzione centralizzata in grandi impianti, al-l'autoproduzione del proprio fabbisogno energetico.Che cosa ostacola ancora oggi il decollo di un sistemaenergetico basato sulle risorse rinnovabili? Se l’interes-se da parte del pubblico verso le tecnologie energetichepulite appare elevatissimo, quando ci si sposta sul pia-no dei decisori si trovano resistenze enormi e spesso ildibattito sembra non solo in stallo, ma addirittura in re-gresso. A intervalli regolari si riprende a parlare di nu-cleare, mentre il peso delle fonti fossili cresce e l’impe-gno nello sviluppo delle risorse rinnovabili rimane per-lopiù alle dichiarazioni di principio. Interessi di pochelobby, certamente, ma anche una diffusa inadeguatez-za della politica nell’attuare concretamente scelte ispi-rate alla logica dell’interesse collettivo. Oggi ci trovia-mo ad un bivio: l’avvio della svolta verso un sistemaenergetico basato sulle risorse rinnovabili sembra sem-pre più vicino, ma lo è quanto il rischio di una ulteriore ecostosissima stagnazione. L’autore analizza nel detta-glio le argomentazioni e le ragioni profonde di questasituazione, e individua nell’autonomia energetica ilconcetto chiave per porre in evidenza i vantaggi offertidalle risorse rinnovabili e ripulire il dibattito dai pregiu-dizi e dalle falsificazioni che condizionano oggi sia l’o-pinione pubblica sia la politica e a volte perfino gli am-bientalisti più convinti. L’autonomia energetica non è solo il risultato della con-versione alle rinnovabili, ma è anche la strategia mi-gliore per attuarla. Una molteplicità di attori al posto diun sistema gestito da pochi soggetti, un sistema basatosulla produzione locale e a piccola scala al posto dellefaraoniche infrastrutture che oggi si vuole far apparireinsostituibili. Scheer mette in risalto tutta una serie di dubbi scientificie politici, posti in essere ad arte, sulle energie rinnovabi-li per evidenziarne le carenze. La realtà che emergerompe il circuito di disinformazione che fa apparire lerinnovabili come le energie di un futuro che si allontanacostantemente e permette invece di ricollocare nellagiusta prospettiva lo sviluppo di un sistema energetico

alternativo a quello fossile/nucleare. La vera rispostaalla ricorrente domanda “tra quanto?” apparirà conchiarezza essere: “tra non molto”. A parte la disinformazione tecnica sulle energie rinno-vabili, sistematicamente diffusa e confutata da una ric-ca letteratura, sono essenzialmente sette le premessetecnico-scientifiche dubbie (il potenziale disponibile èinsufficiente; è necessario molto tempo; l’assoluta ne-cessità di grandi centrali; la priorità delle strutture di ap-provvigionamento energetico esistenti; la salvaguar-dia delle risorse macroeconomiche; l’onere economicodell’introduzione delle energie rinnovabili) e sei le pre-messe dell’azione politica (le energie rinnovabili di-penderebbero dalle sovvenzioni; la necessità di un ac-cordo con l’industria energetica; il dogma della compe-titività nei mercati energetici; l’irrinunciabilità degli im-pegni contrattuali globali; l’impatto ambientale delleenergie rinnovabili; il realismo politico dei piccoli passi;il tempo delle energie rinnovabili; i costi del nucleare),considerate acquisite a priori e ritenute inconfutabili.Chi le assume o ne condivide qualcuna va a finire in unaposizione che comprende solo in parte il potenziale del-le energie rinnovabili, lasciandolo perciò inutilizzato.L’autore propone un nuovo modello di sviluppo econo-mico asserendo che: nonostante il suo dominio, il siste-ma energetico fossile/nucleare globale si è rivelato in-capace di rifornire di energia tutta la popolazione delpianeta. Un terzo dell’umanità è rimasto escluso dalsuo approvvigionamento. Il numero degli esclusi au-menterà anziché diminuire, e con essi aumenteranno lesproporzioni nello sviluppo economico mondiale. Spro-porzionato è anche il rapporto nei paesi industrializzatifra i centri economici e gli spazi rurali, che sono diventa-ti dipendenti dagli eccessi dei centri. In questo modo,prima o poi, ogni società perderà il terreno che la sostie-ne. Né la disoccupazione in crescita nella maggior partedei paesi industrializzati né l’impoverimento nel Terzomondo potranno essere superati senza un nuovo rilan-cio del valore dell’agricoltura, che può venire solo dal-l’attivazione della risorsa rinnovabile della biomassa,da una gestione delle risorse naturali che rappresente-ranno la materia prima dell’industria del domani. È or-mai certo che seguire lo sviluppo della società industria-lizzata è la strada sbagliata quando si vuole intrapren-dere la via politica della cooperazione e dello sviluppo.Pur trattandosi di un fatto acquisito, non sono state trat-te le conseguenze necessarie; questo perché in un’eco-nomia mondiale, sempre più globalizzata, non è possi-bile seguire due modelli di sviluppo economico diversi.Questa contraddizione può essere superata con il ri-orientamento alle energie rinnovabili nei paesi indu-strializzati e in via di sviluppo.Autonomia energetica Ecologia, tecnologia e sociologia delle risorse rinnova-bili, di Hermann Scheer, Edizioni Ambiente, 2006, pagi-ne 256, ISBN 88-89014-38-5

Andrea Tafurodi

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Autonomia energetica Ecologia, tecnologia e sociologiadelle risorse rinnovabili

L'idea di sviluppo sostenibile ha senz'altromesso radici profonde, da Rio de Janeiro(1992) in poi si sono moltiplicati gli impe-

gni per generare comportamenti, buone prati-che, protocolli internazionali di azione coerenticon essa. Strumenti efficaci di analisi, interventoterritoriale, migliore attuazione dei programmidi sostegno allo sviluppo sostenibile, individua-zione del valore naturalistico delle aree protette,condivisione delle conoscenze e delle competen-ze. Sono solo alcuni dei concetti che vengono evi-denziati quando si parla di sviluppo sostenibile. Sannio: un modello di sviluppo sostenibile, si in-serisce a pieno titolo nel solco tracciato da questiconcetti. La pubblicazione, edita da ARPAC, è sta-ta realizzata nell’ambito delle attività dell’Osser-vatorio dell’Ambiente relative allo sviluppo soste-nibile e alla valorizzazione delle aree protette. L’autore, Felice Casucci, docente dell’Universitàdegli Studi del Sannio, evidenzia la necessità diriscoprire modalità alternative di interazione conla natura, ispirate a pratiche di reciprocità e convi-venza. Si sente il bisogno, quindi, di rivalutarequelle culture tradizionali che per secoli hannovissuto dei doni della terra. Il Sannio, in altre pa-role, è considerato dai più uno spazio esemplifi-cativo dell’integrazione dello sviluppo territoria-le, dove cioè convivono i fattori sociali, quelli am-bientali e quelli produttivi in una sorta di fenome-nologia dell’unisono, caratterizzata da forti mar-ginalità ma, al contempo, da un nucleo vivido, im-manente, evoluto. Nella prima parte, l’autore,evidenzia il percorso temporale dell’evoluzionedel concetto di parco. Dal parco inteso come areasenza sistemi antropici, passa a considerare que-sto come area protetta, mezzo per la conservazio-ne della biodiversità, regolatore dell’ecosistemae opportunità per lo sviluppo del sistema locale.Le comunità locali, integrate in tale sistema, tro-vano nello sviluppo economico, favorito e alimen-tato dall’area protetta – parco, la risposta allaconservazione sostenibile dell’ambiente. Questeultime mantenendo vive e alimentando le coltiva-zioni tradizionali, regolando i paesaggi agrari,organizzando gli insediamenti abitativi, realiz-zando le forme architettoniche assegnano un va-lore al territorio, investendolo della funzione diregolare e conservare la biodiversità, il paesag-gio e la cultura.I parchi si orientano quindi a dive-nire sempre più sia degli strumenti per la gestio-ne del territorio, sia dei servizi pubblici, come evo-luzione dei più tradizionali compiti di tutela, con-servazione e ricreazione. Il parco così inteso as-solve alla:- funzione ecologica in quanto influen-za l’assetto fauno-floristico e la biodiversità

SANNIO: UN MODELLO DI

SVILUPPO SOSTENIBILE

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Volevo complimentarmicon la redazione per la

vostra rivista. Pregevoli gli approfon-dimenti e ritengo le pagine culturalie le rubriche: ambiente e tradizionee oasi e musei di grandissimo spes-sore formativo.

Saluti prof. Carlo Conte

Egr. Direttore, vorrei farlei complimenti per la rivi-

sta che trovo estremamente interes-sante e professionale in tutti i suoiaspetti nonché utile strumento diinformazione e di aggiornamento.Sono un Agronomo che operaanche, inevitabilmente, nel campodelle tematiche ambientali per cui lesarei immensamente grato se potessiricevere tale utile strumento diapprofondimento professionale. Nel ringraziarla anticipatamente,fiducioso in un vostro positivo riscon-tro, colgo l'occasione per porgerecordiali saluti.

dott. Agr. Luigi De Vito

Sono un'insegnante dimaterie letterarie, attual-

mente in servizio presso il LiceoClassico di Solopaca (BN). Durantele mie lezioni di Geografia non tra-lascio mai di sollecitare nei giovanidiscenti la passione per la tutela delpatrimonio ambientale, utilizzandoquali validi strumenti didattici perio-dici e riviste specializzati. Ho avutoil modo di conoscere e apprezzarela vostra interessante pubblicazioneche desidererei ricevere presso il mioindirizzo.Certa di un benevolo acco-glimento porgo distinti saluti.

prof. Stefania Marenna

Vorrei sapere se fosse pos-sibile ricevere le copie

arretrate della rivista Arpacampaniaambiente. Grazie.

dr. Geol. Angelo Massaro

Volevo chiedere come è pos-sibile ricevere la vostra rivista

bimestrale Arpa Campania Ambiente.Certo di una vostra risposta Vi salutocordialmente.

dott. Lanzuise Natale

Spett.le Redazione arpacampa-nia ambiente sono un architet-

to della provincia a nord di Napoli, homolto a cuore l'argomento della tutela del-l'ambiente e l'importanza della sua diffu-sione nel nostro territorio. Sono venuto aconoscenza del Vostro periodico, ho letto ilnumero 6 e sarei interessato ad avere mag-giori informazioni. Nell'attesa vi porgo imiei auguri e cordiali saluti.

arch. Francesco Caserta

Egr. Direttore della rivista ARPACAMPANIA Ambiente

Il sottoscritto Luigi Pesce, ingegnere civileidraulico, specializzato in IngegneriaSanitaria e già docente del Dipartimento diIdraulica, Costruzioni idrauliche edIngegneria ambientale dell'Università diNapoli Federico II, il quale si è sempre inte-ressato di problemi d'inquinamento idricoed ambientale, di cui si interessa tuttora perla zona di Marigliano e paesi limitrofi,chiede di poter ricevere la rivista in ogget-to. Il sottoscritto ha già apprezzato la pre-sentazione degli articoli tecnico-ambientalidi detta Rivista e ringrazia la Direzione perl'eventuale, gentile accoglimento della suarichiesta.

prof. Luigi Pesce

Pensieri, suggerimenti, domande, segnalazioni , e quant’altro vogliate comunicarci, potete farlo scrivendo al nostro indirizzo di postaelettronica [email protected] via fax al numero 081. 5529383.

Libero ascolto Libero ascolto Libero ascolto Libero ascolto Libero ascolto

Libero ascolto

Un minuto di raccoglimento per ilcollega Franco Landolfo, edito-

rialista de “Il Roma”, segretariodell'Ordine dei giornalisti dellaCampania e presidente dell'Arga,sigla regionale che riunisce i gior-nalisti esperti in materia agricola,ambientale, del terriorio, della ri-cerca scientifica e dell'enogastro-nomia. Così si sono aperti i lavoridel Consiglio nazionale dell'Una-ga (l'unione di tutte le Arga) che sisono tenuti a Bari alla fine di gen-naio e a cui ha preso parte la dele-gazione campana, composta dalvicepresidente Brunella Cimadomoe dal collega Giuseppe De Girola-mo.Il tavolo, che ha visto la parteci-pazione del presidente dell'Asso-stampa Puglia, Felice Salvati, si èconfrontato sugli indirizzi da dareall'Associazione nazionale in vistadel congresso che si è svolto a Bolo-gna il 9 e 10 marzo scorso. Ma ilConsiglio è servito a stigmatizzareanche un trend: quello di garantireuna tribuna al gusto ma non spazialtrettanto significativi alla rigoro-sa informazione tecnico-scientificaed è stata segnalata la trasforma-zione di pagine agricole in pagineenogastronomiche. “La categoria -è emerso dal dibattito - non può sot-trarsi al ruolo di critica e di pungo-lo”. Il resoconto finale, infatti, se-gnala le difficoltà che sta vivendonegli ultimi anni l'editoria agricolae ambientale. È passata l'idea diintitolare un evento nazionale allostesso giornalista prematuramentescomparso.Un quadro efficace sulle prospetti-ve dell'agricoltura in vista del2013, ovvero della fine dei fondistrutturali, ma alla vigilia dellacreazione dei Piani di sviluppo ru-rale è stato invece tracciato dal di-rettore dello Iamb (l'istituto agro-nomico mediterraneo di Valenzanoche ha ospitato il Consiglio diretti-vo), Cosimo Lacerignola.

Dai giornalistiambientali un appelloper l'editoria di settore

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�DIRETTOREEDITORIALE�

Luciano Capobianco

�DIRETTORERESPONSABILE�

Pietro Funaro

�SEGRETERIADIREDAZIONE�Paolo D’Auria, Carla Gavini, Salvatore Lanza,

Fabiana Liguori, Giulia Martelli

�REDAZIONE�Ilaria Buonfanti, Tommasina Casale, Fabrizio Geremicca, Linda

Iacuzio, Franco Matteo, Ciro Montella, Rosario Naddeo, Luca Pane

Anita Pepe, Giuseppe Picciano, Guido Pocobelli Ragosta Vittoria Principe, Renato Rocco, Lorenzo Terzi

�COMITATOTECNICO-SCIENTIFICO�Luigi Aulicino, Cosimo Barbato, Giuseppe D’Antonio, Silvana Del Gaizo, Alfonso De Nardo, Sergio Ferrari,

Maria Luisa Imperatrice, Giuseppe Manzo, Vincenzo Mataluni, Massimo Menegozzo, Francesco Polizio

�HANNOCOLLABORATOAQUESTONUMERO�Serafino Barbati, Brunella Cimadomo, Anna Rita Cutolo, GennaroDe Crescenzo, Pasquale De Vita, Mimmo Fedele, Candida Lauro

Geruso, Antonio Giampaglia, Alessia Giangrasso, Massimiliano Giovine, Gianfranco

Lucariello, Pietro Mainolfi, Brunella Mercadante, Luca Monsurrò, Angelo Morlando, Tiziana Muscariello,

Lucia Naviglio, Antonio Ramundo, Sebastiano Sodano, AndreaTafuro, Elvira Tortoriello, Tiziana Tripodi,

Chiara Zanichelli

�DIRETTOREAMMINISTRATIVO�Pietro Vasaturo

�EDITORE�Arpa Campania

Via Vicinale Santa Maria Del PiantoCentro Polifunzionale Torre 1

80143 Napoli

�REDAZIONE�Via Morgantini, 3 - 80134 Napoli

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�REALIZZAZIONEGRAFICA&IMPAGINAZIONE�Spazio Creativo Publishing s.a.s.

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agenzia regionaleper la protezione ambientale dellacampania

rpacampaniambientea

ANNO III - NUMERO 2 FEBBRAIO-MARZO 2007 [email protected]

Periodico di informazione ambientale

• Viaggio nelle Arpa d’ Italia •

• Ambiente & Cultura •

• Grand-Tour •

• Oasi & Musei •

• Ambiente & Tradizione •

• Ambiente & Salute •

• Ambiente & Sport •

• Associazioni ambientaliste •

• Osservatorio sull’ambiente •

• Recensione libri •

• Viaggio nelle leggi ambientali •

nelprossimonumero

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L’Agenzia Regionaleper la Protezione Ambientaledella Campania,Ente strumentaledella Regione Campania,sviluppa attivitàdi monitoraggio, prevenzione econtrollo orientate a tutelarela qualità ambientaledel territorio.

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DIREZIONE GENERALEtel. 081 2326111fax. 081 2326225e-mail: [email protected]

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Le attività prioritariedell’Agenzia:Supporto tecnico specialisticoalle Amministrazioni Locali.Analisi chimico-fisiche e biologichedi aria, acque, suolo e rifiuti.Misure di campi elettromagnetici,rumore e radiazioni ionizzanti.Promozione di nuovi strumenti operativi e gestionali per la protezione ambientale, anche incollaborazione con soggetti pubblici e privati.