inserto africa -dicembre 2009

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“MamaAfrika” Miriam Makeba per cinquanta anni ha rappresentato nel mondo la lotta alla discriminazione razziale e per la li- bertà del suo popolo nel Sudafrica dell’apartheid. La fine di quel regime non ha segnato la fine dell’impegno della grande artista africana contro ogni forma di sopraffazio- ne in tutto il mondo. Miriam Makeba è morta in Italia a Castel Volturno il 10 novembre 2008 dopo un concerto anticamorra organizzato da Roberto Saviano I Miriam Makeba dalla lotta all’apartheid alla lotta alla camorra; la gioia della musica contro la sopraffazione, la violenza, l’ignoranza poi, anche se con minore violenza, nei protettorati di Eritrea e di Somalia. Negli anni sessanta è ini- ziato il processo di decolo- nizzazione, in parte per spinte rivoluzionarie, so- prattutto nell’africa araba, in parte per il collasso eco- nomico degli Stati coloniz- zatori quali il Portogallo e la Spagna, in parte infine per l’avvio di una nuova politica di dominio appre- sa ed indotta dall’emergere della nuova potenza colo- nialista degli Stati Uniti d’America, politica caratte- rizzata dal “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Molti Stati fantoccio sono così stati crea- ti secondo confini tracciati dalle po- tenze occi- dentali sull’al- bum Parlare dell’Africa signifi- ca “lambire” la storia del- l’umanità. È in quella terra che è nata la specie umana e da lì si è diffusa e dispersa nel glo- bo cambiano di colori, lin- gue e culture. Il “mal d’Africa” è forse in questa memoria atavica. Chiunque abbia avuto la possibilità di vedere, an- che per pochissimo tempo, l’Africa ne è rimasto colpi- to e segnato nel profondo, affascinato dalla grandiosi- tà della sua natura. Un solo aspetto ha sempre “stonato” allo sguardo dei bianchi colonizzatori: la pre- senza degli “uomini neri”. Per oltre cinque secoli l’Afri- ca è stata saccheggiata dai bianchi e le sue popolazioni nere ridotte in schiavitù con una violenza ed una crudel- tà che non ha avuto nulla da imparare dalla folle ferocia nazista e ciò anche molti an- ni dopo la fine delle dittatu- re europee. Questa disumanità ha ca- ratterizzato tutte le colo- nizzazioni occidentali, compresa quella italiana nella grottesca invasione del “corno d’Afri- ca”, dapprima con la conqui- sta del ridico- lo Impero di Etiopia e si di indipendenza, alcu- ni soffocati nel sangue che ancora oggi scorre copioso in talune regioni centro africane, altri inve- ce, più fortunatamente, seppure a grandissimo prezzo, approdati ad esiti positivi. Non pretendiamo in que- sto piccolo inserto di trat- tare la complicatissima e variegatissima storia dell’Africa post coloniale. Racconteremo, o almeno proveremo a ripescare da una memoria sapiente- mente rimossa, alcuni episodi che hanno vi- sto fare ingresso anche in quell’immenso con- tinente di quel- lo “spettro” che verso la fine dell’otto- cento ha cominciato ad “aggirarsi per l’Europa”: il comunismo. geografico del “continente nero”, senza alcun rispetto per le identità etniche e culturali ed anzi spesso (vedi il Ruanda ex belga) col il preciso scopo di co- stringere più etnie in una difficile convivenza co- stantemente “manipolabi- le” per aizzare conflitti tri- bali quanto mai opportuni per spezzare dall’interno pericolosi tentativi di vera autonomia. Innumerevoli governi fan- tocci, capeggiati da elite corrotte e comunque di formazione e dipendenza occidentale sono stati “in- ventati” dalle potenze co- loniali nascoste dietro so- cietà nazionali e multina- zionali che hanno in tal modo continuato a posse- dere e saccheggiare le ri- sorse naturali dell’Africa. La “guerra fredda”, che ha garantito l’occidente dal rischio di una terza guerra mondiale potenzialmente nucleare, ha spostato an- che in Africa i “campi di battaglia” tra i due blocchi sulla testa, o meglio sulla pelle, delle popolazioni africane. In quegli anni han- no co- munque preso av- vio nume- rosi percor- Là dove ha avuto inizio la storia dell’umanità supplemento al numero 4 - dicembre 2009 di Piazza del Grano

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Mensile d'informazione politica e cultura dell'Associazione comunista "Luciana Fittaioli", via del Grano 11-13 Foligno (PG) Italia

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Page 1: Inserto Africa -Dicembre 2009

“Mama Afrika”

Miriam Makeba per cinquanta anni ha rappresentato nelmondo la lotta alla discriminazione razziale e per la li-bertà del suo popolo nel Sudafrica dell’apartheid. La finedi quel regime non ha segnato la fine dell’impegno dellagrande artista africana contro ogni forma di sopraffazio-ne in tutto il mondo. Miriam Makeba è morta in Italia aCastel Volturno il 10 novembre 2008 dopo un concertoanticamorra organizzato da Roberto Saviano

I

Miriam Makebadalla lotta all’apartheidalla lotta alla camorra;la gioia della musicacontro la sopraffazione,la violenza, l’ignoranza

poi, anche se con minoreviolenza, nei protettorati diEritrea e di Somalia.Negli anni sessanta è ini-ziato il processo di decolo-nizzazione, in parte perspinte rivoluzionarie, so-prattutto nell’africa araba,in parte per il collasso eco-nomico degli Stati coloniz-zatori quali il Portogallo ela Spagna, in parte infineper l’avvio di una nuovapolitica di dominio appre-sa ed indotta dall’emergeredella nuova potenza colo-nialista degli Stati Unitid’America, politica caratte-rizzata dal “cambiare tuttoper non cambiare nulla”.Molti Stati fantoccio sonocosì stati crea-ti secondoc o n f i n itracciat idalle po-tenze occi-d e n t a l isull’al-b u m

Parlare dell’Africa signifi-ca “lambire” la storia del-l’umanità. È in quella terra che è natala specie umana e da lì si èdiffusa e dispersa nel glo-bo cambiano di colori, lin-gue e culture.Il “mal d’Africa” è forse inquesta memoria atavica. Chiunque abbia avuto lapossibilità di vedere, an-che per pochissimo tempo,l’Africa ne è rimasto colpi-to e segnato nel profondo,affascinato dalla grandiosi-tà della sua natura.Un solo aspetto ha sempre“stonato” allo sguardo deibianchi colonizzatori: la pre-senza degli “uomini neri”.Per oltre cinque secoli l’Afri-ca è stata saccheggiata daibianchi e le sue popolazioninere ridotte in schiavitù conuna violenza ed una crudel-tà che non ha avuto nulla daimparare dalla folle ferocianazista e ciò anche molti an-ni dopo la fine delle dittatu-re europee.Questa disumanità ha ca-ratterizzato tutte le colo-nizzazioni occidentali,compresa quella italiananella grottesca invasionedel “corno d’Afri-ca”, dapprimacon la conqui-sta del ridico-lo Impero diEtiopia e

si di indipendenza, alcu-ni soffocati nel sangueche ancora oggi scorrecopioso in talune regionicentro africane, altri inve-ce, più fortunatamente,seppure a grandissimoprezzo, approdati ad esitipositivi.Non pretendiamo in que-sto piccolo inserto di trat-tare la complicatissima evariegatissima storiadell’Africa post coloniale.Racconteremo, o almenoproveremo a ripescare da

una memoria sapiente-mente rimossa, alcuniepisodi che hanno vi-sto fare ingresso anchein quell’immenso con-

tinente di quel-lo “spettro”

che verso la fine dell’otto-cento ha cominciato ad“aggirarsi per l’Europa”: ilcomunismo.

geografico del “continentenero”, senza alcun rispettoper le identità etniche eculturali ed anzi spesso(vedi il Ruanda ex belga)col il preciso scopo di co-stringere più etnie in unadifficile convivenza co-stantemente “manipolabi-le” per aizzare conflitti tri-bali quanto mai opportuniper spezzare dall’internopericolosi tentativi di veraautonomia.Innumerevoli governi fan-tocci, capeggiati da elitecorrotte e comunque di

formazione e dipendenzaoccidentale sono stati “in-ventati” dalle potenze co-loniali nascoste dietro so-cietà nazionali e multina-zionali che hanno in talmodo continuato a posse-dere e saccheggiare le ri-sorse naturali dell’Africa.La “guerra fredda”, che hagarantito l’occidente dalrischio di una terza guerramondiale potenzialmentenucleare, ha spostato an-che in Africa i “campi dibattaglia” tra i due blocchisulla testa, o meglio sulla

pelle, dellepopolazioniafricane.

In queglianni han-no co-m unquepreso av-

vio nume-rosi percor-

Là dove ha avuto inizio la storia dell’umanità

supplemento al numero 4 - dicembre 2009 di Piazza del Grano

Page 2: Inserto Africa -Dicembre 2009

Così i suoi assassini, il mili-tare belga Gerard Soete e l’a-gente CIA Lawrence Devlin,descrivevano il primo mini-stro democraticamente elet-to della neonata Repubblicadel Congo.Patrice Lumumba, nato inuna piccola città del centrodel Congo, avendo avuto lapossibilità di studiare dap-prima in scuole cattoliche epoi protestanti in totalemancanza di strutture scola-stiche pubbliche, riuscì a farparte di quella esigua mino-ranza di poco più di cento-mila congolesi, su milioni diabitanti, ai quali il governobelga aveva concesso il dirit-to di poter lavorare per im-prese belghe, più o meno co-me un liberto (schiavo libe-rato) dell’antica Roma.Nel 1958, a poco più di tren-ta anni, Lumumba è a capodella prima formazione poli-tica “nera” congolese, il Movi-mento Nazionalista Congole-se che, alle prime elezioni li-bere dopo la dichiarazione diindipendenza del Congo “gra-ziosamente” concessa dal reBaldovino nel giugno 1960,vince le elezioni e Lumumbaviene nominato primo mini-stro.Lumumba aveva studiatoMarx e si era avvicinato almovimento comunista mon-diale senza mai averlo uffi-cialmente reso pubblico, tan-to che fu uno shock inattesoil suo primo discorso di inse-diamento alla presenza del rebelga quando, dopo avereascoltato con crescente ner-vosismo la paternale del“buon re” che spiegava ai con-golesi quanto fossero debito-ri del Belgio per la concessio-ne della loro indipendenza,prese la parola e disse:“Nessun congolese degno diquesto nome potrà mai di-menticare che l’indipendenzaè stata conquistata giorno pergiorno. Noi abbiamo cono-sciuto le ironie, gli insulti, lesferzate e dovevamo soffrireda mattina a sera perché era-vamo negri, Chi dimenticheràle celle dove furono gettatiquanti non volevano sotto-mettersi a un regime di ingiu-stizia, di sfruttamento e dioppressione?”.La reazione del Belgio, soste-nuta da tutte le potenze colo-niali europee e dagli Stati Uni-

ti, fu immediata.La paura di un contagio in-dipendentista rivoluziona-rio e comunista, dopo l’e-sperienza della rivolta alge-rina, indusse le potenze co-loniali a provocare ed orga-nizzare la secessione dellaregione del Katanga ricchis-sima di minerali preziosi estrategici, “inventando” illeader secessionistaTciombè ed armandolo conun esercito di mercenaribelgi.Lumumba ricorse all’inter-vento dell’ONU che si limitò,tuttavia, a mandare alcuni ca-schi blù tra i quali, per chi loricorda, anche un contingen-te italiano della Folgore chevenne massacrato dagli stes-si mercenari di Tciombè.Per fermare definitivamenteil “Lenin africano” le potenzecoloniali ricorsero allora alconsumato espediente delcolpo di stato militare assol-dando per tale compito uncolonnello alcolizzato, Jo-seph Mobutu, che depose ilgoverno democraticamenteeletto assumendo tutti pote-ri, fece arrestare Lumumba,ma anziché processarlo, loconsegnò nelle mani deimercenari dell’esercito se-cessionista del Katanga.Il 17 gennaio 1961 PatriceLumumba fu fucilato, il suocorpo fu fatto a pezzi e sciol-to nell’acido.Allora regnava in Belgio il“mite” re Baldovino, governa-va in Francia l’antifascistagenerale De Gaulle, negli Sta-ti Uniti era stato eletto presi-dente John Fitzgerald Ken-nedy.Lumumba aveva solo 35 anni;dopo, 35 anni di potere asso-luto del capo tribù Mobutu,corrotto ed indebitato, ab-bandonato e deposto daglistessi che lo avevano portatoal potere per essere sostitui-to da un altro generale, De-sirè Kabila, a sua volta uccisoe sostituito dal figlio, attualepresidente.Lumumba diversi anni fa èstato riabilitato come eroe na-zionale dal suo stesso assas-sino Mobutu, ma il suo paeseè ben lontano dall’avere rag-giunto non solo la democra-zia, ma la stessa pace interna,ancora percorso da esercititribali sempre sul punto di

Patrice Lumumbail Lenin Nero

“Due occhi iniettati di sangueche roteano dietro gli occhiali inquella testa da Lenin africano”

Thomas Sankara è stato unleader carismatico per tuttal’Africa Occidentale sub-sahariana.Nato da una famiglia cattoli-ca scelse la carriera militare edurante il periodo dell’adde-stramento in Madagascarscoprì il marxismo. Più tardi, divenuto presiden-te della Repubblica, introdus-se nelle accademie militaril’obbligo dell’istruzione so-stenendo che i militari, persvolgere bene la loro funzio-ne di difesa democratica, do-vevano essere istruiti.Tornato nel suo paese, allorachiamato Alto Volta, fondò ilRaggruppamento degli Uffi-ciali Comunisti.Divenuto per elezione demo-cratica primo ministro vennedestituito ed arrestato dopouna visita in Alto Volta del fi-glio dell’allora presidentedella Repubblica francese ilsocialista Francois Mitterand.L’arresto provocò una rivoltache sfociò in una vera e pro-pria rivoluzione e nel 1983Sankara divenne presidentedella Repubblica dell’AltoVolta alla quale lui stessocambiò il nome in Burkina Fa-su, coniugando due paroledelle due lingue prevalentinella regione, termine chevuol dire “paese degli uomi-ni integri”.Nei quattro anni del suo go-verno Sankara introdusse in-

novazioni e realizzò operestraordinarie.In un paese in cui l’aspettati-va di vita non raggiungeva i40 anni Sankara diede vita aquella che la stessa Unicefdefinì la più grande campa-gna di vaccinazione di massadi bambini mai realizzata.In uno storico discorso all’O-

NU Thomas Sankara disse:“Parlo a nome delle madri chenoi nostri Paesi impoveritivedono i propri figli moriredi malaria o di diarrea, senzasapere dei semplici mezziche la scienza delle multina-zionali non offre loro, prefe-rendo investire in laboratoricosmetici o nella chirurgia

plastica a beneficio del ca-priccio di pochi uomini edonne il cui fascino è minac-ciato dagli eccessi della as-sunzione calorica nei loropaesi, così abbondanti e rego-lari da dare le vertigini a noidel Sahel”.Governando un paese di for-te influenza musulmanaSankara proibì l’infibulazionee la poligamia, inserì un gran-de numero di donne negliesecutivi del governo e perprimo denunciò la gravitàdella diffusione dell’AIDS inAfrica dando vita ad unagrande campagna sanitariaper la diffusione dell’uso deiprofilattici.Tom, come lo chiamavano isuoi sostenitori, passò anchealla “leggenda” per avere ven-duto tutte le Mercedes blu,sostituendole con la Renault5, proclamata automobile uf-ficiale di rappresentanza delgoverno.Venne ucciso il 15 ottobre1987 nel corso di un colpo distato organizzato da un excompagno d’armi, BlaiseCompaorè, attuale presiden-te del Burkina Fasu; moltihanno visto dietro quell’ese-cuzione l’ombra lunga dellaFrancia di Francois Mitterand.Dopo la sua morte il BurkinaFasu è ripiombato nella mise-ria e nell’ignoranza.

Thomas Sankara il Che Guevara africano“Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmenteLa dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosaIl nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità”

Comund’Afr

II

Page 3: Inserto Africa -Dicembre 2009

Eduardo Mondlane è considerato il padre del Mozambico in-dipendente anche se non ebbe la fortuna di vedere realizzatoil suo sogno. Nato come pastore riuscì caparbiamente a studi-are dapprima nelle scuole private inferiori in Mozambico, poinelle superiori in Sudafrica da dove venne cacciato con l’avven-to delle leggi dell’apartheid. Proseguì gli studi negli Stati Unitidove riuscì persino a laurearsi. Tornato in Africa fondò in es-ilio a Dar-es-Salam in Tanzania il Frelimo, Fronte di Liberazionedel Mozambico, del quale rimase a capo sin al 1969 quandovenne ucciso in un attentato terroristico dalla Gladio portogh-ese, emanazione della Cia statunitense.La sua morte non fermò la guerriglia del Frelimo che nel 1975ottenne l’indipendenza dal Portogallo e diede vita ad un gover-no comunista del Mozambico. La pace seguita alla vittoria del-la lunga guerra di liberazione durò assai poco, interrotta da uncolpo di stato provocato e sostenuto dalle nuove potenze colo-niali occidentali e dai razzisti bianchi del Sudafrica e dellaRhodesia, che condusse ad una unga guerra civile guidata dalRenamo cessata solo nel 1992 con la sconfitta dei mercenaricontrorivoluzionari. Da allora il Frelimo governa democratica-mente il Mozambico forte di un consenso elettorale ampia-mente maggioritario.

Nel settembre 1975 in segui-to al collasso del regime fa-scista del Portogallo di Sala-zar la colonia dell’Angolaconquistò la propria indipen-denza.La caduta del fascismo porto-ghese certamente agevolòl’indipendenza dell’Angola,ma la stessa fu soprattutto ilfrutto di una lunga e sangui-nosa guerra di liberazione in-trapresa dal Mpla, Movimen-to Politico per la Liberazionedell’Angola, fondato dal Par-tito Comunista Angolano nel1956 con il braccio armatodelle Fapla, Forze Armate perla Liberazione dell’Angolache, dopo la dichiarazione diindipendenza, costituironol’esercito angolano.Di questo movimento popo-lare e del suo braccio armatoAgostino Neto fu l’ispiratoree la guida e nel 1975 assunsela presidenza della Repubbli-ca dell’Angola libera, caricache ricoprì sino alla morteper malattia avvenuta nel1979 a Mosca.Agostino Neto, cresciuto acontatto con i quartieri piùpoveri di Luanda, durante glistudi universitari in Portogal-lo entrò nel Partito Comuni-sta e venne più volte arresta-to dal regime fascista porto-ghese provocando l’interven-to di Amnesty Internationalche nel 1957 lo dichiarò “pri-gioniero politico dell’anno”.Tornato nel suo paese allaguida del movimento politicoe dell’esercito di liberazioneriuscì a coniugare la lotta ar-mata con la poesia alla qualesi dedicò per tutta la vita nel-

la ricerca della identità stori-ca e culturale angolana soffo-cata dai secoli di dominazio-ne portoghese. La conquistadella indipendenza dal domi-nio portoghese non portòtuttavia la pace in Angola.Nuove potenze coloniali ste-sero le loro aspettative sullerisorse e ricchezze naturalidell’Angola scatenando e so-stenendo, con denaro, armi etruppe mercenarie una guer-

ra civile che durò ancoratrenta anni sino alla disfattadella formazione controrivo-luzionaria dell’Unita diretta-mente organizzata dal regi-me sudafricano dell’ap-partheid.Nella difesa della libera Re-pubblica angolana fu deter-minante il contributo dell’e-sercito cubano giunto in soc-corso tecnico e militare alpiccolo esercito guerrigliero

ancora non strutturato delFapla, per respingere il tenta-tivo di invasione dell’Angolada parte dell’esercito sudafri-cano.Nell’Angola libera e pacifica-ta, oggi governata con un am-pio consenso elettorale dal-l’Mpla-Partito del Lavoro, re-sta forte l’insegnamentoidentitario di Agostino Neto:“Non stiamo ad aspettare glieroi, se uniamo le nostre vo-ci e le nostre braccia saremonei stessi gli eroi. Difendia-mo palmo a palmo la nostraterra, mandiamo via i nemi-ci e cantiamo in una lotta vi-va ed eroica. Domani into-neremo inni alla libertà,quando commemoreremo ladata dell’abolizione di que-sta schiavitù”

Eduardo Mondlanepastore, sociologo

e guerrigliero

Chi si ricorda di lui?

Dag Hammarskjold, svede-se, diplomatico, economi-sta, scrittore, premio Nobelper la pace “alla memoria”. Chi si ricorda di lui? Eppu-re fu segretario generaledell’Onu per due mandatidal 17 aprile 1953 al 17 set-tembre 1961.Nel suo secondo mandatoHammarskjold si trovò ad

affrontare la crisi della neo-nata Repubblica del Congo,opponendosi strenuamentealla secessione della riccaregione mineraria del Ka-tanga, secessione ordita dalgoverno belga con l’accor-do degli Stati Uniti.Scomparve in un incidenteaereo nei cieli dello Zam-bia. Le cause di quell’inci-

dente non vennero maichiarite ma resta forte laconvinzione che, in verità,si fosse trattato di un atten-tato organizzato diretta-mente dall’Unione Minera-ria belga, “padrona” dellerisorse minerarie del Katan-ga e finanziatrice dell’eser-cito mercenario diTciombé.

Dag Hammarskjold, svedese, fu segretario generaledell’Onu e premio Nobel per la pace alla memoria

“Noi dell’Africa immensaecco le nostre mani apertealla fratellanza del mondoper la Pace ecco le nostre voci”

Agostino Neto, medico, guerrigliero, presidente, poeta:il padre dell’Angola indipendente

nistirica

III

Page 4: Inserto Africa -Dicembre 2009

E’ la primavera del 1965 il“numero due” della rivolu-zione cubana, truccato dasignore di mezza età, quasicalvo, con gli occhiali ed in-grassato, parte dall’aero-porto di Avana, destinazio-ne il Congo ex belga. In quell’immenso Stato cen-troafricano dilaniato dallaguerra interna innescatadalla secessione del Katan-ga di Tciombé, gli eredi del-la breve esperienza del go-verno democratico di Lu-mumba stanno organizzan-do la resistenza in un’areaai confini con la neo costi-tuita Repubblica della Tan-zania di Neyrere. Il Che parte per l’Africa se-guendo il suo sogno dei“due, tre, mille Vietnam”per abbattere l’imperiali-smo “yanqui” che stava mi-nacciando la sopravviven-za di Cuba. Il Che programma almenocinque anni di presenza cu-bana in Congo necessariper creare ed addestrare unvero esercito rivoluziona-rio congolese. L’esperienza durerà sola-mente sette mesi e si con-cluderà con una rotta disa-strosa dei sopravvissutidel piccolo manipolo di

guerriglieri cubani attra-verso il lago Tanganica, insalvo nell’ancora amicaTanzania.L’esperimento rivoluziona-rio era fallito, l’innesco nonaveva funzionato. Si dice che fu persino ne-cessario un accordo ai mas-simi livelli internazionaliper salvare la vita al “nume-ro due” di Cuba e consen-tirgli di tornare libero e vi-vo in Europa. Molti avvenimenti di im-portanza mondiale eranoaccaduti nei pochi mesidella permanenza del Chenella giungla congolese,l’esperimento socialista diBen Bella nell’Algeria libe-rata dalla dominazione co-loniale francese era statobruscamente interrotto dalcolpo di stato di Boume-dienne, la “guerra fredda”tra gli USA e l’URSS avevacongelato anche l’Africa, laCina di Zhou Enlai avevadato inizio alla penetrazio-ne cinese in Africa, soprat-tutto Cuba, con la storicaconferenza della Triconti-nentale di Avana del feb-braio 1966, aveva assuntola leadership dei bloccodei “paesi non allineati”con la Yougoslavia di Tito e

l’India di Ghandi. Ma un altro e ben più gravefu l’errore di interpretazio-ne politica nel quale caddel’Eroico Guerrigliero, erroredel quale lui stesso preseconsapevolezza solo nellafase finale della ritirata edannotò nei suoi diari dalCongo. Il Che era nato e si era for-mato nel cosiddetto “conoeuropeo” dell’America delSud assorbendo, suo mal-grado, l’idea “eurocentrica”della storia del mondo, ecosì cadendo anche lui nel-la presunzione della possi-bilità di “esportare” le espe-rienze rivoluzionarie occi-dentali nell’immenso conti-nente africano, non cono-scendone, se non moltosommariamente, la sua sto-ria e la sua cultura. La “miccia” rivoluzionarianon si era innescata nonper la incapacità dei popolid’Africa di ribellarsi alla so-praffazione coloniale, maperché il “detonatore” nonera africano. Alcuni anni più tardi i cu-bani torneranno in Africacon un vero e proprio eser-cito composto da circa60.000 effettivi, ma questavolta sarà in aiuto ad uno

Stato, l’Angola, che avevagià preso coscienza di sestesso ed aveva iniziato ilsuo autoctono ed autono-mo percorso di liberazione. Il risultato fu estremamen-te positivo: con l’aiutodell’addestrato esercito cu-bano la giovane repubblicaangolana riuscì a respinge-re l’invasione delle truppemercenarie organizzate esostenute dal Sud Africa emantenere la sua libertà edindipendenza. Di quell’esperienza africa-na del Che ci piace ricorda-re un aspetto dell’uomo edel padre affettuoso chesosteneva l’immagine eroi-ca dell’indomito combat-tente per la libertà delmondo. Un breve messaggio scrittoin una cartolina che Erne-sto invio alla piccola figliaAliusha: “Piccolina, stavoguardano le gazzelline cor-rere nella savana e mi sonoricordato di te. I leoni ci so-no soltanto qui, così nel no-stro paese le gazzelline po-tranno correre senza chenessuno le insegua. Conti-nua ad andare a scuola edai un bacino da parte miaal tuo nuovo fratellino. Unbacio papà”.

Tutte le “grandi democra-zie”, occidentali per pri-me, ma anche orientali“reali”, hanno avuto (edancora purtroppo hanno)l’arroganza di possedere ilmodello perfetto di demo-crazia e quindi la presun-zione di poterlo/doverloinsegnare ai popoli sotto-sviluppati, ai primitivi, equando questi ultimi mo-strano di non gradire i loroinsegnamenti “missiona-ri”, hanno pensato di spie-garli meglio con invasioni,bombardamenti, occupa-zioni e “protettorati”.Ma la Storia, quella con la“S” maiuscola, ci ha inse-gnato da tempo che la de-mocrazia può essere soloil risultato, il punto di ap-prodo, di una crescita cheparte dall’interno di queipopoli, della loro storia,della loro cultura, della lo-ro capacità di autodeter-minazione.Perché questo percorsoprenda avvio occorre peròche prima vengano scon-fitti i tre “cavalieri del-l’Apocalisse”: la fame, lamalattia, l’ignoranza.Solo un popolo sano edistruito può prendere consa-pevolezza di se stesso, delleproprie aspettative, dei pro-pri diritti ed emanciparsi.Impedire questo percorsosaccheggiando le ricchez-ze del così detto terzo oquarto mondo, inducendo-lo a disperdere e dissiparei propri patrimoni in guer-re tribali aizzate e soste-nute dall’esterno, crearegoverni corrotti e vendutitiranni dei loro stessi po-poli, è stata da sempre la

strategia vincente delle“grandi democrazie”.Qualcosa sta cambiando. Il “mercato”, il “libero mer-cato” cuore del capitali-smo moderno, paradossal-mente, sta corrodendodall’interno se stesso.Tutti ricorderanno l’espe-rienza dell’ENI di EnricoMattei, quando tentò disovvertire le “regole delgioco” imposte dalla “SetteSorelle” (le grandi compa-gnie petrolifere che, unitein un “cartello”, un pattocommerciale blindato, sierano spartite le risorseenergetiche del mondo),proponendo ai governantidei paesi produttori dicondividere la gestione

dello sfruttamento delloloro risorse naturali.Oggi nuovi soggetti semprepiù potenti stanno invaden-do lo scenario del mercatomondiale delle risorseenergetiche, offrendo aquei paesi, o almeno perora ai loro governi, nuovipatti assai più vantaggiosi.La Cina, il nuovo gigantedell’economia mondiale,sta invadendo l’Africa, noncon eserciti, né con dena-ro, ma con opere.La principale merce discambio che la Cina pro-pone oggi ai paesi del ter-zo mondo ricchi di risorseenergetiche è la costruzio-ne di infrastrutture: stra-de, ponti, dighe, porti e

Che Guevara: «I miei sogni non avranno frontierealmeno finché le pallottole non avranno l’ultima parola»

La via per l’emancipazioneLa democrazia non si esporta, può nascere solo dall’interno

Da Sharm el Sheikha Copenaghen

IV

strada facendo le strutturecomplementari: fabbriche,scuole, ospedali.Certamente anche le nuovepotenze economiche emer-genti perseguono il fine diacquisire le risorse energe-tiche necessarie al soste-gno del loro sviluppo eco-nomico interno, ma creanoe lasciano in quei paesi ipresupposti per una auto-noma crescita interna chesconfigga la fame, le malat-tie, l’ignoranza.Il resto spetterà a queipaesi, ai quei governanti, aquei popoli; spetterà a lo-ro e solo a loro intrapren-dere la strada per una de-mocrazia propria e nonimportata.

Lo sviluppo, la crescita eco-nomica, quello che noi co-munemente chiamiamo il“benessere” ha un prezzo:l’ambiente. Il benessere uti-lizza e sfrutta e, infine, con-suma l’ambiente.Negli ultimi cento anni unaminoranza dell’umanità hasostenuto la propria crescita,consumando a piene manil’ambiente di tutti, anchequello degli altri.Questi “altri”, questa maggio-ranza ha iniziato a rivendica-re il proprio diritto al benes-sere e quindi il diritto a con-sumare anche lei l’ambiente. Oggi ci si sta rendendo contoche non ce ne è per tutti;l’ambiente, il nostro mondo,non è in grado di sostenerel’attuale ritmo di crescita del“diritto al benessere” di tutti isuoi abitanti.Il mondo è diviso in due, an-zi, in tre.L’occidente che punta il ditoaccusatore sulle nuove eco-nomie emergenti eccessiva-mente dinamiche ed affama-te di benessere.Queste seconde puntano illoro dito sull’occidente inca-pace di porre un freno allasete di ulteriore benessere.Poi ci sono i terzi, il terzomondo che rischia di non tro-vare più lo spazio vitale per lasua speranza di benessere.L’occidente è in una crisi eco-

nomica della quale continuaa non voler capire la ragioneed insiste nell’unica direzio-ne che conosce: l’aumentodei consumi.Dall’altro gli immensi popoliemergenti che sono dispostia “bruciare” tutto per il lorodiritto al benessere.Perché possa coesistere cre-scita e tutela dell’ambienteoccorre un forte investimen-to nella ricerca scientifica enell’applicazione di sistemidi produzione protetti.Ma non basta che i paesi ric-chi facciano tale sforzo in ca-sa loro sviluppando i loro si-stemi di produzione eco-compatibili, occorre ancheche gli stessi forniscano aipaesi emergenti i mezzi tec-nologici e finanziari per con-sentire anche a loro di inse-guire il legittimo diritto al be-nessere.Il 9 ed il 10 novembre scorsisi è tenuta in Egitto, a Sharmel Sheikh, la Quarta Confe-renza della Cooperazione Ci-no-Africana.Tra gli otto nuovi punti delprogramma di cooperazioneil primo concerne proprio icambiamenti climatici conl’impegno della Cina a finan-ziare, raddoppiando le som-me già promesse, 100 im-pianti di produzione di ener-gia pulita: solare, bio gas edidroelettrica.

La cartolina (fronte e retro) che Ernesto “Che” Guevara inviòdal Congo alla figlia Aliusha

Inserto a cura di Sandro Ridolfi