introduzione all'idrokinesiterapia

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> cristiano modanese 18.57.40 - 28/02/13 Corso “IDROKINESITERAPIA METODO A.S.P.” – Roma – 23-24.02|02-03| 16-17.03|06-07.04.2013 > relazione >>> Il metodo Il metodo di riabilitazione in acqua A.S.P. si propone innanzitutto di delineare, per il terapista che vi si rivolge, un approccio organico e razionale al paziente che, per le specifiche problematiche che lo coinvolgono, può trovare nell'“ambiente acqua” un setting riabilitativo adeguato, evolutivo, senz'altro complementare e talvolta elettivo. Non si pone pertanto come metodica esclusiva o alternativa rispetto ad altre, bensì come strumento che, affiancato ed integrato ad altre prassi, può offrire un contributo di efficacia nel raggiungimento degli obiettivi del percorso fisioterapico. Nell'ottica di sviluppare un percorso terapeutico globale e integrato, e non solo di fornire un'occasione di svago o di sollievo per il paziente, il metodo intende definire una metodica sequenziale nella sua presa in carico. E' stato pertanto strutturato secondo un logica di applicazione che inizia con la valutazione, a secco e successivamente in acqua, passa attraverso l'ambientamento assistito del paziente, e si concretizza in un percorso di acquaticità in progressione attraverso il quale raggiungere gli obiettivi individuati in fase valutativa. La modanese_2013_02_28_corso_ikt.doc 1/32

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Relazione sul corso ANIK - Roma 2013

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Page 1: Introduzione all'Idrokinesiterapia

> cristiano modanese 18.57.40 - 28/02/13

Corso “IDROKINESITERAPIA METODO A.S.P.” – Roma – 23-24.02|02-03|16-17.03|06-07.04.2013 > relazione

>>> Il metodo

Il metodo di riabilitazione in acqua A.S.P. si propone innanzitutto di delineare, per il terapista che vi

si rivolge, un approccio organico e razionale al paziente che, per le specifiche problematiche che lo

coinvolgono, può trovare nell'“ambiente acqua” un setting riabilitativo adeguato, evolutivo,

senz'altro complementare e talvolta elettivo. Non si pone pertanto come metodica esclusiva o

alternativa rispetto ad altre, bensì come strumento che, affiancato ed integrato ad altre prassi, può

offrire un contributo di efficacia nel raggiungimento degli obiettivi del percorso fisioterapico.

Nell'ottica di sviluppare un percorso terapeutico globale e integrato, e non solo di fornire

un'occasione di svago o di sollievo per il paziente, il metodo intende definire una metodica

sequenziale nella sua presa in carico. E' stato pertanto strutturato secondo un logica di applicazione

che inizia con la valutazione, a secco e successivamente in acqua, passa attraverso l'ambientamento

assistito del paziente, e si concretizza in un percorso di acquaticità in progressione attraverso il

quale raggiungere gli obiettivi individuati in fase valutativa. La logica sequenziale si estrinseca

anche, in presenza di un patologia neurologica, nel proporre esercizi con una progressione in

direzione cranio-caudale e prossimo-distale (si procede, ad esempio, nell'acquisizione di un

controllo del tronco a livello più alto prima di passare a richieste che coinvolgono le strutture più

basse).

Sebbene ogni paziente sia portatore di abilità, limitazioni, aspettative individuali e non ripetibili, il

metodo A.S.P. è strutturato per costituire un percorso propedeutico verso la massima autonomia del

soggetto, a prescindere dalla patologia e dalle specifiche attese.

Il percorso riabilitativo nel metodo A.S.P. comprende cinque fasi principali:

1. Valutazione a secco. Effettuata utilizzando procedure e scale tradizionalmente applicate per

quantificare i deficit del paziente (sensitivi, articolari, muscolari, ecc.). E' necessaria per

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valutare da una parte l'effettiva opportunità di introdurre nel percorso riabilitativo del

soggetto la terapia in acqua, dall'altra per individuare le abilità del paziente in ambiente

gravitario, così da poter definire un percorso evolutivo attraverso le facilitazioni di quello

microgravitario.

2. Ambientamento assistito. In questa fase il paziente viene educato nelle strategie e

precauzioni da attuare nell'entrata (e nell'uscita) in acqua. Obiettivo generale di questa fase

non è solo una corretta e sicura preparazione del paziente nei passaggi preliminari all'entrata

in acqua, ma anche il raggiungimento della massima autonomia nello svolgimento delle

procedure di preparazione all'immersione in piscina: dall'ingresso nella struttura alla

svestizione, al trasferimento in vasca, all'igiene personale (al termine della seduta).

La fase di ambientamento comprende poi tutte le prassi atte ad avvicinare il paziente allo

spazio acqua che va ad accoglierlo, in modo graduale e senza che l'immersione possa

provocare ansia o condizioni sgradevoli: l'immersione del corpo a livello delle spalle (primo

contatto con l'acqua); il contatto dell'acqua sul viso; esercizi respiratori al di sopra e al di

sotto il livello dell'acqua; l'esperienza del galleggiamento assistito dal fisioterapista o

mediante ausili; il galleggiamento non supportato.

3. Valutazione in acqua. Attraverso una serie di procedure standardizzate, si procede a valutare

nell'ambiente acqua la qualità del movimento del paziente nei tre piani di movimento, le

eventuali asimmetrie, e le abilità nei passaggi posturali. La valutazione, nello specifico, si

propone di verificare:

a. entità del controllo del tronco (da posizione supina, con ciambella posizionata sotto il

bacino);

b. controllo del tronco associato a quello degli arti superiori (da posizione eretta, con

ciambelle in presa e arti in spinta verso il fondo della piscina);

c. controllo del tronco in rapporto alla mobilità di spalla (paziente prono, mani in

appoggio sul bordo della piscina, con ciambella che avvolge le ginocchia flesse).

4. Acquaticità in progressione. Rappresenta il fulcro del percorso terapeutico, fase in cui il

lavoro fisioterapico si concentra sullo specifico patologico del paziente.

5. Rivalutazione. Viene effettuata verificando l'evoluzione delle abilità e delle autonomie a

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secco.

Durante le diverse fasi del percorso in acqua, a partire da quella di valutazione, il fisioterapista

utilizza una serie di ausili che gli permettono di introdurre condizioni di facilitazione o di

destabilizzazione nel rapporto che si instaura fra il corpo in galleggiamento e lo spazio in cui esso si

muove. Ciambelle salvagente e tavolette sono solo i principali fra gli ausili che possono essere

utilizzati nella terapia in acqua. Il loro utilizzo è indicato in tutte le fasi di lavoro in acqua: per

promuovere un assetto stabile nel soggetto in galleggiamento supino; per guidare i movimenti lungo

i piani della spazio; per accompagnare il reclutamento muscolare; per stimolare la reazione

cinestesica; ecc.

Anche la variazione del livello di immersione nell'acqua, laddove la vasca lo permetta, costituisce

un parametro modificabile a discrezione del fisioterapista, ulteriore strumento per modulare la

difficoltà, e quindi l'effetto, delle proposte.

>>> Parole chiave

Anatomia, fisiopatologia, chinesiologia. Come è necessario avere dimestichezza con le regole

dell'acqua, così è fondamentale conoscere il funzionamento dell'organismo nelle sue componenti

neuromotorie, viscerali, somato-sensitive, e le conseguenze che la sua alterazione può

provocazione. E' l'intreccio delle conoscenze in questi due ambiti che permette di raggiungere gli

obiettivi del percorso fisioterapico attraverso le opportunità che mette a disposizione il setting

acquatico.

Assetto.

Carico indiretto. Le particolari caratteristiche del setting acquatico permettono di lavorare su un

segmento deficitario (ad esempio, l'arto inferiore dx) sfruttando l'azione del controlaterale.

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Compenso. La presenza di un'alterazione a carico di una struttura muscolo-scheletrica determina di

frequente l'instaurarsi di atteggiamenti compensatori da parte di altri segmenti o catene muscolari.

In molti casi il compenso è una condizione correlata ad un'alterazione temporanea, e pertanto va

gestito dal fisioterapista perché non si stabilizzi e persista alla risoluzione della circostanza che l'ha

provocato. In altri casi, in presenza di cambiamenti non reversibili, il compenso rappresenta una

strategia di adattamento alla nuova condizione, e per il fisioterapista un possibile alleato nella

riabilitazione. Ad esempio, nel paziente mieloleso il ridotto controllo del tronco, conseguente al

deficit della muscolatura stabilizzatrice, porta il soggetto a trasformare la caduta in avanti della

parte superiore del tronco stesso (nel momento in cui il baricentro supera i confini della base

d'appoggio) in una strategia per il trasferimento. Nella terapia in acqua “quello che il paziente non

ha” e viene sostituito da altro diventa strumento per la riabilitazione.

Contesto microgravitario. In acqua l'azione della gravità è ridotta, permettendo al soggetto di

allentare la morsa dei compensi e delle limitazioni approntati dal sistema nervoso per affrontare le

modificazioni biomeccaniche, sensitive, propriocettive conseguenti alla patologia od al trauma

subito. La riduzione della gravità è uno dei fattori positivi che permette di allentare o modificare

schemi patologici e atteggiamenti errati, e di agevolare il soggetto nell'apprendimento o

riapprendimento neuromuscolare e sensitivo.

Globalità. Il setting acquatico permette di muoversi “interiorizzando le esperienze motorie in

globalità”, evocando al loro massimo grado le potenzialità psicomotorie” dei soggetti.

Irradiazione. Sfruttando alcuni meccanismi neurofisiologici pre-corticali (riflessi midollari) è

possibile trattare un segmento in via indiretta attraverso la stimolazione o l'attivazione del

controlaterale.

Leggi fisiche. Sono i principi su cui si regola lo spazio acqua. E' grazie al particolare modo di agire

dell'acqua sui corpi che possiamo effettuare determinate azioni ed ottenere precisi risultati.

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Motivazione. In quanto contesto in cui è gratificante muoversi e nel quale, soprattutto per il paziente

con deficit neuromotori, è possibile agire con una libertà e una efficacia impossibile in presenza di

piena gravità, l'ambiente acqua può alimentare la motivazione a perseguire gli obiettivi della

riabilitazione, e stimolare un coping attivo e positivo.

Piacere. L'ambiente acqua rappresenta per la maggior parte delle persone un contesto al quale è

piacevole approcciarsi e in cui è gradevole muoversi.

Propedeuticità. Le agevolazioni che l'ambiente acqua può offrire, in determinate condizioni e in

presenza di particolari richieste, lo rendono particolarmente indicato, all'interno di un percorso

terapeutico articolato, come momento di passaggio verso l'acquisizione di una competenza adeguata

ad affrontare richieste più complesse nell'ambiente gravitario.

Protezione. L'acqua avvolge, rallenta, sostiene. Queste caratteristiche uniche forniscono una

condizione di massima garanzia per il paziente, aumentando la sua compliance al trattamento.

Semplicità. L'acqua, per le sue caratteristiche, può costituire per molti soggetti un facilitatore

all'interno di un percorso riabilitativo. L'acqua è forse l'elemento più affine all'essere umano:

l'organismo è composto per la sua maggior parte di acqua; il feto trascorre il tempo della sua

evoluzione, prima del suo ingresso al mondo, in uno spazio liquido; l'acqua avvolge, sostiene,

rilassa.

Spazio liquido. L'acqua, come l'aria, è uno spazio all'interno del quale un corpo può muoversi. Nel

suo ambito, però, gli oggetti sottostanno a leggi diverse da quelle che regolano l'atmosfera terrestre,

contesto nel quale l'organismo e la sua “regia” (il SNC) sono abituati ad agire, e dove hanno

acquisito schemi, comportamenti, riflessi.

Tridimensionalità. Spesso al soggetto con deficit neuromuscolari è preclusa l'esperienza del

movimento sui tutti e tre i piani di movimento. L'acqua, grazie alla sua capacità di sostenere,

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rallentare e accompagnare i movimenti, può concedere al soggetto una mobilità scevra da talune

limitazioni insuperabili a secco, restituendo al soggetto l'esperienza delle tre dimensioni dello

spazio.

>>> Il setting: l'ambiente acqua

“L'idrokinesiterapia sfrutta le proprietà fisiche dell'acqua a scopo terapeutico e riabilitativo”.

Lo spazio nel quale l'organismo si “immerge” quando entra in acqua è regolato da leggi molto

diverse da quelle che ne determinano il comportamento nell'atmosfera terrestre. Essere consapevoli

di questo fatto, e degli effetti che i principi che determinano azioni e reazioni di un corpo in acqua

possono produrre sul corpo stesso, è una premessa irrinunciabile per attuare la fisioterapia in acqua

secondo un razionale adeguato.

Le condizioni e leggi che determinano il comportamento di un corpo all'interno di un fluido

traggono origine da alcuni principi della fisica, e possono essere elencati come segue:

Ambiente microgravitario. L'acqua, per le sue caratteristiche fisiche, modifica l'impatto della

gravità terrestre su un corpo riducendone l'entità dell'azione sul corpo. Grazie a questa

peculiare condizione, alcune delle reazioni associate alla gravità e al movimento che il SNC

sviluppa in ambiente atmosferico, fisiologiche e patologiche, vengono mitigate, permettendo

di agire su schemi di movimento consolidati o non più evocati. Grazie alla variazione del

livello di immersione e l'utilizzo di specifici ausili, inoltre, l'impatto della gravità può essere

modulato con gradualità.

Angolo di attacco.

Centro di massa, centro di spinta, metacentro.

Densità. Rapporto tra la massa e il volume di un corpo. Si misura in kg/m³. Al variare di una

di queste caratteristiche, cambierà la risposta dell'acqua all'oggetto stesso (densità

idrostatica).

Galleggiamento. Condizione che permette al corpo, grazie al principio di Archimede, di non

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affondare (assetto positivo) nel liquido e all'acqua di sostenere il corpo stesso.

Inerzia. Fattore facilitante.

Legge di Pascal. Importante perché è un altro degli aspetti che distinguono l'ambiente acqua

da quello esterno. Oltre al discorso centrifugo-centripeto, c'è anche il fatto che in acqua la

pressione sul corpo va dal basso in alto e si distribuisce in maniera uniforme su tutta la

superficie corporea, a secco invece, al contrario, la direzione della forza applicata al corpo

(la gravità) è dall'altro in basso e si concentra sul baricentro.

Peso specifico. Rapporto tra peso e volume del corpo. Il peso specifico relativo di un corpo

immerso in acqua è il rapporto fra la sua densità e quella dell'acqua.

Principio di Archimede. Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verticale, dal basso

verso l'altro, pari al peso del volume del fluido che sposta. In generale, i corpi con densità

minore galleggiano su quelli a densità maggiore.

Pressione.

Resistenza idrodinamica. L'acqua, per la sua particolare densità (maggiore, è in grado di

rallentare il movimento del corpo immerso in essa, agendo da potenziale facilitatore nei

processi di percezione cinestesica e di elaborazione o rielaborazione degli schemi motori. La

resistenza all'avanzamento si esplica in un diverso rapporto fra corpo e sua azione

nell'ambiente. Se a secco le strutture appendicolari del corpo umano muovono secondo una

direzione centrifuga (è l'aria che “resiste” al corpo, ovvero il corpo risponde all'ambiente), in

acqua la direzione è centripeta (è il corpo che “resiste” all'acqua, ovvero l'ambiente risponde

al corpo).

Spinta idrostatica. L'oggetto viene ad assumere così un assetto che lo fa galleggiare (a.

positivo), ne mantiene la posizione laddove completamente sommerso nel fluido (a. neutro)

o lo fa affondare (a. negativo).

Turbolenze/perturbazioni. Fattore destabilizzatore.

Oltre ai vantaggi della fisica, vi sono altri fattori che rendono l'ambiente acqua indicato per un

soggetto che sta affrontando un percorso riabilitativo. Fra questi il fatto che il setting apra alla

relazione, in quanto pone il soggetto in rapporto con altre persone che possono frequentare la

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piscina (ottica bio-psico-sociale).

L'acqua è un ambiente che “sento”. Per il bambino è uno spazio ludico ideale.

L'acqua è vantaggiosa anche per il FT laddove riduce gli effetti del lavoro, in quanto in acqua non ci

si stanca fisicamente (ovviamente se si utilizzano procedure corrette).

Peso specifico (soggetti magri e soggetti grassi non reagiscono allo stesso modo).

Massa e volume (ruolo della respirazione nell'assunzione di un assetto neutro).

>>> Biomeccanica in acqua

Vi sono alcuni presupposti biomeccanici e neurofisiologici alla base dei molteplici esercizi che è

possibile proporre al paziente che intraprende un percorso fisioterapico in acqua.

Usare la testa per direzionare il movimento. Da posizione seduta, ma anche da supino, la

flessione del capo determina una retroposizione (con effetto di affondamento) del bacino che

agevola il raddrizzamento. Al contrario, portare la testa in estensione determina un

movimento del bacino in anteposizione, ciò che agevola il corpo nel mantenere la posizione

di galleggiamento.

Importanza delle leve nei trasferimenti.

Utilizzare inspirazione ed espirazione per agevolare il movimento di raddrizzamento o per

effettuare gli esercizi (es. fisarmonica).

Flettere anche e ginocchia in posizione supina determina l'affondamento.

Livello dell'acqua.

>>> Le prese

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>>> Piscina

La piscina, le porte, lo scivolo (5-8°).

>>> Avvertenze

L'acqua può essere un ambiente ostico per alcuni soggetti. Da una parte, per la scarsa

dimestichezza con l'elemento, magari precedente alla patologia. In altri casi, sono i cambiamenti

visibili che la patologia ha determinato sul corpo del soggetto a determinare una ritrosia nel

mostrarsi ad altri, condizione peculiare di un ambiente “sociale” com'è la piscina. Anche per questo

è consigliato l'utilizzo di una muta shorty, abbigliamento che copre e uniforma.

Lo sfarfallio, le luci, il rumore presenti nel setting possono provocare reazioni particolari in soggetti

con alterazioni cognitive. Possono infatti provocare epilessia.

Lavoriamo in un ambiente con presenza di agenti chimici (cloro).

Ruolo della temperatura dell'acqua (deve essere fra i 29 e i 32. Più bassa se si deve svolgere

un'attività aerobica, più alta se prevalgono obiettivi di rilassamento) e della temperatura in ambiente

esterno (deve essere 4-5 gradi più bassa di quella della piscina). Aerazione del locale.

Temperatura indifferente: quando il corpo umano non subisce scambi significativi con l'ambiente

esterno.

Temperatura specifica per il tipo di patologia. Es.: SM (serve temperatura bassa); distrofia

muscolare (serve temperatura alta); patologie vascolari (Kneipp).

>>> Obiettivi fisioterapici

Reclutamento neuromuscolare

Rieducazione al carico. A seconda del livello di immersione del corpo umano, in posizione

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eretta, varia anche il carico sugli arti inferiori.

Rilassamento

Respirazione

Propriocettività

Ri-Apprendimento. L'acqua rallenta il movimento, e quindi agevola l'apprendimento e il

riapprendimento di schemi motori. “L'acqua rallentando il movimento facilita

l'apprendimento o il riapprendimento di schemi o immagini di movimento persi, dimenticati

o mai avuti” (p.15). Recupero di vecchi schemi ed evitamento dei compensi.

Equilibrio

Performance vascolare

Performance viscerale. Lavoro passivo sul torchio addominale grazie alla legge di Pascal.

>>> Indicazioni

LESIONI SNC

L'acqua rappresenta un setting particolarmente favorevole nel trattamento di alcuni degli

esiti delle patologie neurologiche, sia delle cerebrolesioni (non evolutive) prenatali e

perinatali, sia di quelle acquisite a seguito di eventi traumatici (traumi cranici) o

degenerativi (ictus). In particolare nelle prime, i sintomi che si manifestano si possono

distinguere in positivi (quelli direttamente provocati dalla lesione) e in negativi (quelli

conseguenti alle disfunzioni neurologiche, che prescindono dalle cause che le hanno

provocate).

Fra le disfunzioni che possono essere efficacemente trattate in acqua, si evidenziano in

modo particolare quelle dell'equilibrio e della coordinazione (corea, atetosi, distonia,

atassia, ecc.), la rigidità e la spasticità.

Spasticità / Rigidità. Espressione dell'aumento del tono posturale.

Atetosi. Movimenti non coordinati, non diretti ad uno scopo, non guidati

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dall'intenzione e dal controllo sensoriale. Le discinesie toniche che la caratterizzano

determinano l'instaurarsi di contratture che possono portare, persistendo, in fibrosi

muscolari e retrazioni.

Corea. Movimenti involontari fasici e veloci che intervengono nel corso di un

movimento volontario (sono pertanto assenti nel sonno) sovrapponendosi ad esso,

disturbandolo e deformandolo.

Distonia. Caratterizzata da una contrazione muscolare involontaria e prolungata, tale

da determinare movimenti e posture abnormi.

Atassia. Disturbo della stazione eretta e del movimento derivante da un difetto del

controllo sensitivo del suo svolgimento, aggravato dalla soppressione del controllo

visivo.

Lo schema corporeo

Rappresentazione del corpo, nel suo complesso e nella relazione reciproca fra le sue parti,

che va formandosi nei primi anni di vita attraverso lo sviluppo del SNC in relazione ai

movimenti reciproci dei diversi segmenti.

L'immersione in acqua altera le condizioni che in ambiente gravitario limitano il SNC nella

definzione dello schema corporeo (essenzialmente, il carico), permettendo l'acquisizione di

informazioni propriocettive normalmente non esperite (ad es., il sostegno del tronco

garantito dall'acqua in galleggiamento supino o in posizione seduta permette di liberare gli

arti, sperimentare la stereognosia, avvicinare un oggetto, cogliere la tridimensionalità) o

l'evocazione di meccanismi di reazione ed equilibrio normalmente sostituiti da modelli

patologici.

PCI

Disturbo motorio persistente, non progressivo, dovuto ad alterazioni della funzione cerebrale

acquisite in fase pre-, peri- o post-natale (entro il primo anno di vita) che determinano una

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mancata acquisizione di schemi motori. La sola abolizione della spasticità infatti, nelle

paralisi spastiche congenite, non determina la comparsa di schemi motori non maturati in

precedenza, sostanziando la definizione di “paralisi” scelta per questa condizione patologica.

“La riabilitazione in acqua può essere utile per facilitare il raggiungimento di schemi

motori, ottenere più autonomia, e lavorare con più cognizione nella relazione tra corpo e

ambiente. L'acquisizione di un tono posturale più normale [ottenibile con una temperatura

adeguata dell'acqua, grazie alla facilitazione microgravitaria, applicando manovre passive di

scivolamento e dissociazione dei cingoli] è essenziale perché il soggetto con paralisi

cerebrale realizzi movimenti più efficaci”. (p.169)

Obiettivi

Normalizzazione del tono. Puntare in via prioritaria sulla normotonia è necessario

per poter migliorare la performance tonica antigravitaria;

Controllo del ritmo respiratorio;

Controllo e raddrizzamento del tronco (nei casi più gravi);

Evocazione di meccanismi di reazione e di equilibrio;

Riduzione delle contratture causate da scoliosi neurogene;

Ridefinizione dello schema corporeo attraverso l'esperienza in un ambiente

alternativo a quello di formazione e sperimentazione della tridimensionalità;

Finalizzazione delle residue potenzialità motorie a nuovi compiti e richieste di

apprendimento, accessibili grazie alle peculiari caratteristiche dell'ambiente acqua,

con l'acquisizione di movimenti precedentemente non esperiti e via via più fini.

Trattamento

Rilassamento

supino: scivolamento; rullamento; scivolamento e rullamento spirale con

affondamento (riproduzione dello schema del passo); scivolamento sinusoidale con

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presa dal cavo popliteo (rottura reazione estensoria degli AAII).

Respirazione

eretto: vocalizzazione; respirazione naso/bocca e bocca/naso; espirazione in acqua

con produzione bolle.

prono: respirazione con maschera e snorkel.

Coordinazione

prono: mobilizzazione attiva degli AASS con ausilio di palla (immersa e rallentata);

recupero della vista come senso di controllo e programmazione del movimento;

raggiungimento e presa oggetti immersi (coordinazione occhio-mano).

Tronco e colonna

laterale: distensione della colonna da decubito laterale; controllo del tronco superiore

(reazioni di equilibrio).

Atassia

Disturbo della funzione motoria caratterizzato dall'alterazione della direzione e

dell'ampiezza nel movimento volontario (appendicolare) e del reclutamento volontario e

riflesso della muscolatura tonica (assiale). Può avere carattere prevalentemente cinetico

(alterazione dei movimenti diretti ad uno scopo, soprattutto AASS) o posturale (con disturbi

a carico del passo e in posizione statica). Si manifesta attraverso un ventaglio di sintomi

tipici: dismetria (azione incoordinata degli antagonisti sugli agonisti), disequilibrio,

incoordinazione, nistagmo. Può essere aggravata da deficit del visus (strabismo, diplopia).

L'atassia propria (cerebellare) è provocata da una lesione dei centri o delle vie cerebellari.

Manifestazioni a carattere atassico posso presentarsi anche in presenza di eventi a carico del

tronco.

Obiettivi

Migliorare l'equilibrio durante la deambulazione;

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Migliorare la coordinazione dei movimenti;

Favorire la conoscenza delle capacità motorie;

Migliorare motricità fine e manipolazione;

Accrescere il controllo propriocettivo;

Migliorare la conoscenza del proprio schema corporeo.

Trattamento

Equilibrio

supino: controllo della ciambella sotto il bacino, con feedback visivi (oggetto sul

petto per facilitare il mantenimento della posizione di galleggiamento, in estensione,

e visualizzare il ritmo respiratorio) con progressivo aumento della difficoltà (base

d'appoggio più stretta, destabilizzazione con AASS fuori dall'acqua),

destabilizzazione provocata dal FT agli AAII).

eretto: deambulazione con gambe piegate e supporto di ausili agli AASS (aumento

della difficoltà alzando il baricentro); deambulazione con gambe piegate e tavoletta

sotto il bacino; deambulazione con appoggio degli AASS su ausili galleggianti

(aumento della difficoltà riducendo il livello dell'acqua, aumentando la spinta degli

ausili, richiedendo il controllo della deambulazione lungo una linea retta); assumere

la posizione fetale e controllare galleggiamento ed estensione del rachide

(inizialmente, facilitare con ciambella al cavo popliteo); controllo e spostamento di

una tavoletta posta sotto gli AAII, con tronco in appoggio alla parete della vasca e

braccia appoggiate al bordo (aumento della difficoltà con variazione della flessione

dell'anca, spostamenti latero-laterali degli AAII. “Snowboard”); cavalier servente con

AASS in appoggio e tavoletta sotto il piede in appoggio.

passaggi: utilizzando degli ausili posti fra le gambe (formando una sorta di “sella”),

passaggio da posizione supina a seduta a prona (e viceversa, agendo in particolare sul

raddrizzamento), con richiesta di controllo nei diversi passaggi; da prono, con AASS

estesi e poggiati su tavolette, AAII immersi, raggiungere la posizione eretta portando

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gli AASS in abduzione orizzontale (“croce orizzontale”).

Propriocezione

supino: correzione della simmetria degli emisomi in galleggiamento (ciambella sotto

il bacino).

eretto: “snowboard”.

Coordinazione

prono: organizzazione motoria degli AASS con ausilio di palla (immersa e

rallentata); recupero della vista come senso di controllo e programmazione del

movimento.

seduto: (su una sedia immersa) passaggio della palla fra FT e pz; passaggi da una

mano all'altra; palleggi.

eretto: palleggi.

Emiplegia

Obiettivi

ridurre la spasticità, in particolare per recuperare la funzionalità all'AS plegico;

mobilizzare la spalla dolorosa;

facilitare il lavoro sul tronco;

migliorare la consapevolezza spaziale, in presenza di neglect;

migliorare l'equilibrio;

allentare contratture e limitare retrazioni che alterino la deambulazione;

contrastare le alterazioni dello schema corporeo dovute all'emiplegia;

svincolare i cingoli;

migliorare le capacità stereognosiche legate alla manipolazione.

Trattamento

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Spasticità

supino: mobilizzazione passiva (presa poplitea) con scivolamento sinusoidale in

rotazione e affondamento dal lato plegico (ciambella alla testa e al bacino);

mobilizzazione passiva (presa ascellare / scapolare) con stretching dal lato paretico;

avvitamento (presa ascellare laterale) con strech lato paretico.

eretta: ft sostiene pz a livello delle coste (per agevolare espirazione) e richiede

affondamento e flessione AAII con tubo a livello popliteo (associazione

inspirazione / espirazione).

Equilibrio

supino: ricerca dell'assetto positivo (galleggiamento) con fascia in neoprene di

supporto.

Spalla dolorosa

supino: manovre di contrazione-rilasciamento assistite dalla spinta idrostatica (sfrutta

il riflesso miotatico inverso); mobilizzazione arto e scapola plegica da posizione

craniale con presa dorsale (ausili al cavo popliteo e dorso); variazione con arto sano

AB 90° su ausilio.

Reclutamento

supino: reclutamento inclinatori dopo stretching dal lato paretico (presa ascellare /

scapolare).

seduto: controllo AASS, spalla e appoggio sacro con braccia appoggiate a bordo

vasca e ciambella al cavo popliteo.

prono: pz con bracciolo tra le ginocchia, tronco in appoggio, contrazioni

concentriche ed eccentriche FL/ES AAII.

Carico e deambulazione

eretta: carico indiretto su AI plegico con anca AI sano in ES e galleggiamento

(ausilio alla caviglia) con pz. in appoggio con entrambi gli AASS sul piano vasca; da

posizione inginocchiata a cavalier servente, mani in appoggio su ciambelle,

avanzamento AI plegico.

prono: ft in appoggio al bordo vasca, posizione craniale, presa gomito AS plegico, pz

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con ginocchio AI plegico FL in ciambella e appoggio mano AS sano ES su ciambella

(stretching, lavoro attivo e trasferimento carico); pz con ginocchia AAII FL in

ciambelle, appoggio mano AS sano su ciambella (ripresa di coscienza dell'AS

plegico come effetto indiretto della variazione di carico su quello sano); pz in

appoggio AASS su ciambelle, tronco in appoggio su ausilio, ft guida schema crociato

da AAII; variazione con appoggio AI sano su ft e richiesta FL AI plegico.

Propriocezione

seduto: controllo movimento AASS in appoggio su tavolette, associato a respirazione

(“croce assistita”).

eretta: coordinazione schema cammino con AASS in appoggio su tubo, carico

alternato con AI plegico in appoggio su ausilio.

Respirazione

supino: training respiratorio in galleggiamento con fascia in neoprene di supporto.

LESIONI MIDOLLARI

La fisioterapia in setting acquatico è particolarmente indicata per il trattamento delle

mielolesioni. Non solo per l'efficacia di questo approccio nel raggiungimento degli obiettivi

riabilitativi in fase post-acuta, ma anche per la valenza ludica che l'ambiente acqua può

avere per un paziente stabilizzato. Per il mieloleso, infatti, il percorso fisioterapico non si

conclude, come per altre patologie, con il recupero dell'autonomia e il ritorno all'attività

lavorativa e di relazione. La fisioterapia accompagnerà tutta la vita del soggetto. La

possibilità di effettuare il lavoro di mantenimento in un contesto motivante, poco stancante e

socializzante come può essere una piscina, pertanto, è senza dubbio un motivo sufficiente

per dedicare almeno una parte del trattamento in acqua.

Obiettivi

generali: autonomia e qualità della vita. Fondamentale focalizzarsi su un percorso

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che fornisca al paziente strumenti da utilizzare nel quotidiano quando la sua

condizione sarà stabilizzata e non potrà più contare sulla sequela del team

riabilitativo come in fase acuta.

specifici: problemi motori, schema corporeo, alterazioni cognitive, tono muscolare.

Avvertenze:

Ipotensione ortostatica;

Funzioni vescico-sfinteriche. Il soggetto che ha subito una lesione midollare

presenta un deficit a carico delle funzione vescicali e sfinteriche. E' quindi

fondamentale, per prevenire eventuali problemi in acqua, conoscere queste

problematiche.

Disreflessia autonomica (in particolare termoregolazione, ma anche regolazione

vescicale e sfinterica). Il soggetto non è in grado di gestire le reazioni autonomiche

non potendo associare la sensazione che prova alla causa che la provoca. In acqua ci

sono diverse condizioni che possono attivare reazioni a livello autonomo. E' quindi

necessario approntare tutte le strategie atte a ridurre gli eventuali effetti conseguenti

alla disreflessia: gestione delle tempistiche di entrata e uscita (non far prendere

freddo); cateterismo prima di entrare in acqua.

Decubito da contatto con il pavimento o la parete della vasca. Strategia: utilizzo di

calzini;

Sensibilità. L'alterazione della sensibilità è forse l'aspetto più importante (sebbene

quello meno evidente, e per questo spesso non adeguatamente monitorato) nel

soggetto mieloleso.

Trattamento

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PATOLOGIE ORTOPEDICHE

Il recupero della forza, del trofismo e del reclutamento muscolare rappresenta il principale

degli obiettivi nel trattamento dei traumi ortopedici. Fra i presupposti teorici dei quali è

necessario tenere conto quando si affronta il percorso riabilitativo in questo ambito di

intervento, la distinzione fra componenti muscolari toniche o antigravitarie (fibre di tipo I,

bianche, lente, lavoro aerobico) e fasiche (fibre di tipo II, rosse, veloci, lavoro anaerobico), è

fondamentale. E' infatti necessario strutturare il lavoro riabilitativo secondo una logica

globale che armonizzi elementi statici e dinamici, operando tuttavia in maniera specifica sui

due tipi di muscolatura. L'efficienza muscolare, nel caso delle componenti toniche, è

principalmente correlata al tempo di mantenimento della contrazione (resistenza). Nel caso

delle componenti fasiche, invece, è l'approssimarsi al picco massimale della forza erogata a

misurare l'efficacia della contrazione (potenza).

La fisioterapia in acqua, pur agendo in maniera globale, opera soprattutto con un lavoro

aerobico, e quindi sulla resistenza muscolare, ottimizzata dal lavoro eccentrico assistito dalla

spinta idrostatica. Prima di introdurre il lavoro in acqua nel percorso riabilitativo, è sempre

opportuno valutare la forza volontaria massimale indolore a secco. L'ambiente

microgravitario, infatti, produce effetti analgesici conseguenti alla migliore ossigenazione

dei tessuti dovuta all'azione della pressione sulla circolazione ematica. Tale condizione può

modificare le soglie di affaticabilità e di dolorabilità, con il rischio che il paziente superi i

limiti patologici che a secco è il dolore a delimitare.

Patologie ortopediche

Terapia elettiva in pazienti con esiti da eventi traumatici all'anca, al ginocchio, alla caviglia

(distorsioni). Soprattutto, ottima gestione del carico.

PATOLOGIE REUMATICHE

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Patologie reumatiche

Terapia elettiva per gonartrosi e coxartrosi. In questo caso si sfrutta l'effetto che il peso può

avere sul recupero. E anche in questo caso possiamo modulare con grande precisione il

carico.

Miopatie

Paralisi ostetriche (cardiologiche, pneumologiche, psicomotorie).

>>> Controindicazioni

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