itis numero 1 guglielmo marconi marzo 2018 jesi · 1 jesi itis guglielmo marconi numero 1 marzo...

23
Itis Guglielmo Marconi Jesi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La corsa d’ oro nel Klondike Leonardo Pierella Il Klondike, una regione ricca d’ oro Diego Socci La corsa all’ oro nel Kl0ondike Alessandro Medici La cultura del Klondike Nicolò Fabiani La ferrovia del Klondike Edoardo Pierfederici Il passo Chilkoot Nicola Orianda L’ igloo Omar Chirrane Il kayak Mario Morici L’ husky Mattia Luchetta Sleddog Jeremy Rossi Sleddog racing Manuel Capomasi L’ ipotermia Marcello Mangoni Equipaggiamento in montagna Gabriele Moreschi Orientameno Jakub Milan Alimentazione Francesco Compagnucci Walkie Talkie Gabriele Federici Comunicazioni aeree Luigi Cirino Digitale satellitare Adrian Surugiu Il soccorso alpino

Upload: others

Post on 11-Jul-2020

5 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

1

Itis

Guglielmo

Marconi

Jesi

Numero 1

Marzo 2018

In questo numero

Samuele Brega Jack Lo0ndon

Pietro Piccinini La corsa d’ oro nel Klondike Leonardo Pierella Il Klondike, una regione ricca d’ oro

Diego Socci La corsa all’ oro nel Kl0ondike Alessandro Medici La cultura del Klondike

Nicolò Fabiani La ferrovia del Klondike Edoardo Pierfederici Il passo Chilkoot

Nicola Orianda L’ igloo Omar Chirrane Il kayak Mario Morici L’ husky

Mattia Luchetta Sleddog Jeremy Rossi Sleddog racing

Manuel Capomasi L’ ipotermia Marcello Mangoni Equipaggiamento in montagna Gabriele Moreschi Orientameno

Jakub Milan Alimentazione Francesco Compagnucci Walkie Talkie

Gabriele Federici Comunicazioni aeree Luigi Cirino Digitale satellitare

Adrian Surugiu Il soccorso alpino

Page 2: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

2

Esce il primo numero di Punto di Rottura2M

Perché un giornale di classe?

Ecco il primo numero di Punto di Rottura, il giornalino di classe della 2M dell’ Itis Marconi Jesi. Perché un giornalino di classe? Intuitiva e facile la risposta. Come per allenare i muscoli ho bisogno di una bella e attrezzata palestra, così pure, per allenare la mia intelligenza e la mia attitudine a scrivere, ho bisogno di un giornale dove manifestare il mio pensiero, architettando bene le frasi e scegliendo bene le parole. Il giornalino di classe, per quanto modesto possa essere, rappresenta comunque un’ occasione importante per l’ alunno dove mettere in luce le proprie capacità. Il giornalino ha infatti una sua ufficialità, è in un certo senso uno dei momenti alti della didattica in assoluto, forse anche più dei tradizionali compiti in classe. Certo, non è facile scrivere un articolo che finirà su un giornale. Molte persone potrebbero leggerlo: i familiari, gli amici, altri insegnanti, magari il capo di istituto. Si verrà quindi giudicati o perfino criticati: questo articolo è buono, quest’ altro no. L’ alunno deve quindi impegnarsi al massimo delle sue possibilità. Curare bene la ricerca delle informazioni, organizzarle adeguatamente in una mappa concettuale, infine scrivere l’ articolo in modo che sia corretto, leggibile, efficace nella trattazione e nelle espressioni. Un compito non facile, ripeto. Ma, se si lavora bene, arriva anche il momento delle soddisfazioni. La più grande? La firma in calce all’ articolo. Significa: ”Questo l’ ho fatto io, io sono stato capace di affrontare e trattare con intelligenza un determinato argomento.” Insomma, firmare un articolo è affermare la propria personalità, e quindi un momento della crescita come persone adulte che sanno essere concentrate e serie nell’ eseguire un compito assegnato. Il tema che abbiamo sviluppato, in questo primo numero, è “Il richiamo della foresta”, cioè il rapporto col mondo selvaggio della natura. L’ occasione ci è stata offerta dalla lettura in classe dell’ omonimo brano tratto dal grande romanzo di Jack London. Come si affronta la natura selvaggia? Ecco quindi svariati articoli che cercano di affrontare il tema in una prospettiva a trecentosessanta gradi: alimentazione, equipaggiamento, allenamento, tutto ciò che serve per avventurarci, come i cercatori d’ oro nel Klondike, nei posti più selvaggi della terra. E per concludere, spero che questo primo numero del giornalino di classe diventi per molti degli alunni della 2 M un’ occasione per diventare piccoli grandi giornalisti. Chissà mai che qualcuno di loro, un domani, non ne faccia una professione vera e propria.

Giovanni Scala

Page 3: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

3

Il grande scrittore americano

Jack London

John Griffith Chaney, conosciuto con lo pseudonimo di Jack London, scrittore statunitense nato a San Francisco il 12 gennaio 1876, è una delle più singolari e romanzesche figure della letteratura americana. Figlio illegittimo, allevato da una madre spiritista e da un padre adottivo che passava da un fallimento commerciale all'altro, si fece adulto sui moli di Oakland e sulle acque della baia di San Francisco insieme a compagnie poco raccomandabili. Se la strada fu la culla della sua adolescenza, Jack London era uso frequentare ladri e contrabbandieri, costretto ai mestieri più disparati e non sempre legali. Nella sua giovinezza passò da un lavoro all'altro senza troppe difficoltà e venne coinvolto nelle famose spedizioni in Canada alla ricerca del mitico oro del Klondìke. Jack London ha comunque sempre coltivato e custodito dentro di sé la passione per la letteratura, essendo un gran divoratore di libri di ogni genere. Scrisse romanzi di vario genere, da quelli avventurosi come “Il richiamo della foresta”, pubblicato nel 1903 e "Zanna Bianca” ,1906, a quelli appunto autobiografici. Fra questi si ricordano "In strada" , 1901, e “Martin Eden” , 1909. Jack London ebbe sin da piccolo un talento narrativo "naturale", che risalta anche grazie alla dimensione ridotta dei suoi racconti. La sua narrativa è caratterizzata infatti da un grande ritmo, da intrecci avvincenti e originalità nella scelta dei paesaggi e delle ambientazioni. Il suo stile è asciutto, giornalistico. Sulla morte di Jack London non vi è una chiara e precisa cronaca: una delle ipotesi più accreditate è che, distrutto dal vizio dell'alcool, sia morto suicida il 22 novembre 1916 a Glen Ellen, in California.

Samuele Brega

I libri di Jack London sono famosi in

tutto il mondo. Zanna Bianca e Il

richiamo della foresta i suoi capolavori.

Page 4: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

4

Alcuni si arricchivano, molti morivano

LA CORSA ALL’ ORO NEL KLONDIKE

La corsa all’ oro nacque alla fine del diciannovesimo secolo, nel Klondike, più precisamente tra le rive di due

fiumi: il fiume Klondike, e il fiume Yukon, tra il nord del Canada, e l’Alaska., Nel 1896, tre persone fecero

un’escursione in quei posti, e casualmente trovarono un gigantesco giacimento d’ oro. Il gruppo era

composta da due californiani, George Carmack e

Skookum Jim Mason ed un nativo del Klondike che restò

anonimo. Ancora non si sa di preciso chi sia stato

realmente il primo dei tre a trovare il giacimento, ma al

ritorno degli escursionisti, il merito fu attribuito, a causa

di un forte razzismo verso i nativi del luogo, a Skookum

Jim Mason, il Californiano e anche guida principale della

spedizione. L’ eclatante e sconvolgente notizia si sparse

molto rapidamente in tutto il mondo: i primi ad

approdare in quelle terre furono i Nord American –

Americani, poi gli inglesi, i tedeschi, anche noi

italiani….raggiungendo infine anche l’ Australia. Dal 1900

in poi la zona del Klondike fu la più grande meta

dell’immigrazione per milioni di persone che tentarono la

fortuna in quelle rigide terre. Pensate, in quel periodo i

minatori raccolsero oltre 500 tonnellate di oro solamente

lungo le rive dei fiumi Klondike e Yukon, senza neppure

toccare le immense e preziose pareti di dura roccia. Molti di questi minatori venivano spesso colpiti dalla

febbre dell’oro: ovvero la voglia sempre più sfrenata di scavare, setacciare, e trovare oro. Scavavano e

setacciavano senza mangiare, senza dormire o riposarsi, e questa vita frenetica li portava spesso alla

morte. Anche adesso, dopo oltre cento anni di continue ricerche, l’oro continua spuntare da ogni parte, e

infatti molti cercatori sfidano il freddo, il vento, e lasciano a casa le loro paure per mettere in pratica le loro

doti di sopravvivenza.

Pietro Piccinini

Minatori del Klondike al lavoro.

Page 5: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

5

Tutte le curiosità sul Klondike

Il Klondike: una regione ricca d’oro

Il Klondike è una regione del territorio dello Yukon, nel Canada nord-occidentale: è grande circa 160 km quadrati, e si trova appena al di là del confine orientale dell'Alaska. È collocata attorno al fiume Klondike, un piccolo torrente che sfocia a sud est nel fiume Yukon. Lungo 139 km, il fiume possiede numerose pagliuzze d'oro. Il Klondike deve la sua fama principalmente alla corsa all’oro. Il 16 agosto 1896 tre persone due nativi e un californiano, ,risalendo il fiume Klondike scoprirono casualmente dei ricchi giacimenti d'oro nel Fosso del Coniglio, nel territorio dello Yukon. Di loro conosciamo solo il nome di Jim Mason Skookum, il nativo che fece da guida e quello di George Carmack, il californiano. Non si sa chi dei tre abbia fatto la scoperta effettiva, tuttavia essa fu registrata ufficialmente per conto di George Carmack, a causa del forte razzismo dell’epoca verso i nativi. Oggi generalmente è attribuita a Skookum Jim Mason. La notizia di diffuse presto in tutti gli Stati Uniti, determinando una forsennata corsa di cercatori d’ oro che si diressero in numero elevatissimo verso il Klondike in cerca di fortuna. Nella zona si sviluppò una società mineraria che diventò famosa. L'attività mineraria rilevante cessò nel 1910, anche se tutt'oggi si estrae dell'oro in profondità nelle vecchie miniere. L'unica cittadina, costruita in una valle glaciale, è Dawson, costituita dalla Dawson storica e quella periferica. L'autore statunitense Jack London ha ambientato alcune delle sue storie proprio in questa regione. Nel 1897, infatti, lo scrittore partì col cognato alla volta del nord, per partecipare alla corsa all'oro di quegli anni. Nelle regioni del nord London vivrà numerose esperienze, da cui prenderà spunto per i suoi racconti, tra i quali ricordiamo Zanna Bianca e Il richiamo della foresta, entrambi ambientati proprio nel Klondike. In Burning Daylight , “Radiosa Aurora”, romanzo per molti tratti autobiografico, London narra la storia dell'immaginario Elam "Burning Daylight" Harnish, un pioniere che fu fra i primi a scoprire l'enorme ricchezza del Fosso di Bonanza e che riuscì ad arricchirsi più di chiunque altro sfruttando le migliori concessioni.

Leonardo Pierella

IL Klondike, una terra affascinanate e selvaggia

Page 6: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

6

Alla ricerca di un pizzico di fortuna

Corsa all’oro: la riscoperta del Klondike

La “corsa all’oro” nell’America settentrionale è una memoria dell’Ottocento. Ma è una epoca che porta fino ai nostri giorni e conserva ricordi divertenti e terribili, mescolando avventura, letteratura, storia e persino Paperon de’ Paperoni. Fu infatti Carl Barks, inventore del mitico papero, a raccontare la pepita d’oro “uovo d’anatra” che lo indusse, da quel momento, a rinunciare alla sua fiamma, Doretta Doremi, per dedicarsi all’accumulo di monete d’oro. Ma è stato Jack London, con due capolavori come Il richiamo della foresta e Zanna Bianca, oltre a una straordinaria quantità di racconti brevi, a immortalare nella letteratura quella epoca della storia americana. Con questi racconti infatti l’autore racconta di un monte selvaggio e crudele che rispecchia perfettamente quel periodo storico. Questi suoi due famosi libri hanno avuto talmente tanto successo che queste storie che narravano l’ottocento furono ripresentate sotto forma di film doppiati in tutte le lingue del mondo. E anche il cinema, oltre alla letteratura, ha trattato in prodondità questo periodo storico. Charlie Chaplin, con il suo film The Gold Rush (la corsa all’oro), nel 1925, raccontò, in chiave comica e satirica, la saga che coinvolse prima a metà Ottocento e poi a fine secolo, centinaia di migliaia di persone per cercare l’oro. C’erano degli itinerari che portarono carovane verso la California (nel 1848-1850), e poi soprattutto verso l’Alaska (a fine secolo). Si trattava di masse di persone in cerca di fortuna: onesti, disonesti, disperati, criminali, affaristi e quant’altro. Arrivavano da tutti gli Stati dell’Unione, e addirittura dall’Europa, italiani compresi, dal Cile, dalla Turchia, perfino dall’Australia e dalla Cina. Per arrivare da San Francisco al Klondike si devono percorrere migliaia di km (oltre cinquemila), risalendo l’Oregon, la British Columbia e lo Yukon canadesi, per poi arrivare al confine con l’Alaska, a Dawson City. Una volta arrivati nel Klondike, i cercatori iniziarono subito a setacciare la zona. Infatti, chi partecipava a questa corsa all’oro non aveva niente assicurato e tentava così la fortuna. Alle volte i cercatori d’ ora riuscivano, alle volte no. Nel Klondike una delle zone più pericolose era il passo Chilkoot. Chi riusciva ad arrivarci aveva maggiori possibilità di trovare un po’ d’oro. E questo li avrebbe ripagati del loro lungo viaggio in una terra disabitata e pericolosa.

Diego Socci

Page 7: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

7

Il Klondike, un territorio inospitale

La cultura del Klondike

Le popolazioni del Klondike non possiedono il concetto di possesso o proprietà privata con riferimento tanto a cose materiali, quanto a persone. Abituati ad autogestirsi , non hanno capi e faticano a concepire l’idea di una struttura politica che regoli la loro vita dall’alto. L’educazione dei bambini riveste una grande importanza e i piccoli , pur ricevendo attenzioni continue , crescono liberi di fare di tutto privi di inibizioni e di limiti imposti ed ignari dei concetti di punizione e castigo. Attualmente la cultura di queste popolazioni risultano fortemente minacciate a causa dei mutamenti economico-sociali e delle condizioni di vita derivanti in gran parte dei cambiamenti climatici e ambientali , dalla maggiore influenza e penetrazione della cultura e degli stili di vita occidentali , oltrechè delle forti pressioni provenienti delle potenze economiche interessante ad un più libero e disinvolto sfruttamento delle risorse naturali di cui le loro terre sono ricchissime. A causa di ciò le popolazioni stanno progressivamente modificando i propri stili di vita sta portando ad un evidente alienazione sociale che si manifesta con altissimi tassi di alcoolismo e di suicidio. Anche la campagna di Greenpeace che ha portato al divieto di caccia alle foche , ha creato dei gravissimi problemi di sopravvivenza ai nativi a cui è venuto a mancare il principale mezzo di sostentamento che per secoli ha consentito loro di sopravvivere in un ambiente estremo e inospitale. Di questi pericoli si è fatto portavoce Robert Peroni, un alpinista altoatesino che da oltre 30 anni , dopo essersi lasciato tutto alle spalle , si è trasferito a Tasiilaq in Groenlandia per conoscere da vicino le popolazioni che vivono in questo ambiente tanto inospitale, e farsi promotore delle loro istanze dando vita a progetti per la salvaguardia della loro cultura. La lingua inuit è tradizionalmente parlata in tutta la zona dell’Artide nordamericana e in alcune zone del sud dell’ Artide, nel Labrador . Nella lingua inuiti esistono molte parole per descrivere le diverse forme e condizioni della neve.

Alessandro Medici

Page 8: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

8

La ferrovia del Klondike

Il treno che vive nel passato e nel

futuro

La Ferrovia del Klondike: non una comune ferrovia ma una delle più, forse, ricche di storia. Essa ha accompagnato la corsa all’oro del 1896, l ‘esodo che attirò da tutto il mondo migliaia di persone in cerca di fortuna. Tuttò durò fino al 1910, anno della fine alla corsa dell’oro. Ma ritorniamo a noi e alla nostra ferrovia. In passato, come e quanto veniva usata? Pure troppo: Infatti essa raggiunge l’Alaska e i territori circostanti dell’america del nord-ovest che sono molto freddi, con precipitazioni e bufere intense di neve, e proprio per questo era uno dei pochissimi e ottimi mezzi di trasporto. Era inoltre utilizzata

sia per fini commerciali, che di comunicazione. Ma come faceva a transitare se intorno ai binari c’ erano spesso metri e metri di neve? I treni moderni hanno una lamiera rinforzata nella parte anteriore del convoglio, il quale è come uno spazzaneve: durante la camminata del treno, libera le rotaie, permettendo il transito. Oltrè a ciò i convogli vengono preceduti da spazzaneve a rotaie, e vengono fatte di continuo opere di manutenzione tramite cariche esplosive posizionate sui pendii innevati per creare valanghe artificiali, prevenendo quelle naturali, pericolosamente mortali. Sicuramente anche i treni di una volta ne erano provvisti . La tecnologia- ovviamente - non era come oggi e, di conseguenza, alcune volte il treno rimaneva bloccato o subiva alcuni problemi. Ad esempio, il freddo. Essendo antichi, questi treni andavano a carbone, o comunque con un combustibile che sicuramente sprigionava molto calore, e questa era già di per sé la soluzione a eventuali blocchi del motore. Ma oggi in che condizioni è la ferrovia del Klondike? C’è gente che ancora sale su queste storiche carrozze? Ormai la corsa all’oro è terminata più di un secolo fa, ma la ferrovia tutt’oggi esiste. Si è

modernizzata anche se non troppo: veloci e sofisticate locomotive, dotate di moderni strumenti di sicurezza e dei più ricercati software, trainano carrozze di ultima generazione dotate di tutti i comfort. E tuttavia essa conserva il suo carattere unico di treno con un glorioso passato. E’ ancora utilizzata da migliaia di persone per spostarsi. Ed è fondamentale per il commercio visto che muoversi coni mezzi gommati in certi posti è un’ impresa proibitiva . Chiunque la visiti rimane affascinato: perché la ferrovia del Klondike attraversa siti molto antichi e incontaminati, dove l’uomo non ha ancora messo le mani, in un paesaggio da favola.

Nicolò Fabiani

Convoglio sulla ferrovia del

Klondike

Paesaggio Klondike, confini di Alaska

Page 9: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

9

Esploriamo il luogo dove si svolge la vicenda di Buck

Passo Chilkoot

Il passo Chilkoot è un passaggio di alta montagna sul confine tra le montagne costiere dello stato americano dell'Alaska e quelle della Columbia Britannica, in Canada. Il punto più alto del passo Chilkoot collega Dyea, in Alaska, al lago Bennet nella Columbia Britannica. Il passo Chilkoot è stato a lungo un percorso utilizzato dai Tlingit (un popolo indigeno dell

’America del Nord-Ovest) per il commercio.

Durante la Klondike Gold Rush del tardo diciannovesimo secolo, è stato utilizzato dai minatori per passare attraverso le montagne. Durante la corsa

all’oro sono stati costruiti diversi paranchi superficiali

per favorirne il passaggio. Quando la Passerella bianca e la ferrovia della rotta di Yukon furono costruiti nel vicino passaggio bianco, il percorso del passo Chilkoot rimase tutto per i minatori, che, pur di arrivare nelle terre dell’ oro, sfidavano il continuo pericolo valanghe. Inoltre sulla cima del passo vi era la polizia doganale che aveva il compito di registrare chi passava di lì e i beni che portava con sè. Oggi Il Passo Chilkoot e il Sentiero sono amministrati dai servizi del parco nazionale degli Stati Uniti e del Canada. Nell'estate del 1998, il sito e il parco si unirono a formare il Klondike Gold Rush International Historical Park. I visitatori di oggi possono percorrere il percorso di 33 miglia proprio come i minatori di un tempo in cerca di fortuna.

Edoardo Pierfederici

Il passo Chilkoot in una fotografia dell’

epoca. Si vede la lunga fila dei minatori che

andavano in Klondike in cerca di fortuna

Page 10: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

10

La casa di ghiaccio che non teme il freddo

L’IGLOO

Un igloo è un rifugio costruito con blocchi di neve, generalmente a forma di cupola. Era una

costruzione tipica degli Inuit (popolazione originaria dell'estremo nord del Canada) prima degli anni

settanta.

Fasi di costruzione:

1. I mattoni vengono realizzati con neve pressata e vengono segati diversamente in base a

dove devono essere collocati, in modo da poter costruire una parete sferica (vedi disegno).

2. Come riferimento per ottenere una curvatura ottimale può essere usata una corda fissata al

centro della base e usata come misura del raggio della cupola (vedi disegno).

3. I mattoni possono essere montati seguendo una spirale oppure semplicemente in cerchi via

via più stretti e inclinati verso l'interno. La seconda possibilità è geometricamente più

semplice ma forse meno robusta.

4. Finita la cupola si scava nella parete il foro d'entrata, generalmente protetto da una piccola

volta che serve a ostacolare l'entrata di raffiche di vento.

Un foro più piccolo, in alto, serve da comignolo per

quando si accende un fuoco per riscaldare l'ambiente. La

tipica apertura che si vede nelle immagini è in realtà solo

una finestra; il vero ingresso dell’igloo è costituito da un

passaggio sotterraneo che impedisce al vento gelido di

entrare nella struttura. Alcune volte, nei villaggi,

venivano scavati cunicoli sotterranei comunicanti tra i

vari iglù, per motivi di sicurezza o per muoversi di casa

in casa in condizioni atmosferiche avverse.

La temperatura interna all’igloo

Quello dell’ igloo è un ambiente abbastanza ristretto, per cui, nonostante sia una costruzione tipica

di luoghi molto freddi, portarlo ad una temperatura adatta per viverci è un'operazione piuttosto

veloce. Due persone al suo interno e l'accensione di un piccolo braciere sono sufficienti per

raggiungere e mantenere i 17 °C mentre la temperatura

esterna si mantiene costantemente tra i -40 °C e -50 °C.

L'aria interna si riscalda rapidamente e i blocchi di

ghiaccio che costituiscono le pareti non si sciolgono a

causa della capacità termica del ghiaccio. Infatti, due

persone sprigionano, col proprio calore corporeo, una

temperatura interna di 15 gradi. Naturalmente il calore è

direttamente proporzionale al numero di persone che vi abitano: più si è più si sta caldi.

Orianda Nicola

Page 11: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

11

LE ORIGINI DEL KAYAK

IL KAYAK

Il kayak fu ideato dalle popolazioni che vivevano nelle regioni artiche e sub artiche del nostro pianeta. Veniva utilizzato espressamente come mezzo da caccia e da trasporto. Velocità e silenziosità rappresentavano nel passato, e rappresentano tuttora, due peculiarità di questa imbarcazione. Non deve però essere dimenticato un altro aspetto, ancora più importante: il kayak consente di recuperare la posizione dopo un ribaltamento senza dover per forza uscire dal pozzetto. Questo voleva dire poter sopravvivere là dove la temperatura dell’acqua è prossima al punto di congelamento. Al di là delle diverse tipologie che si svilupparono, dalla Siberia alla Groenlandia, i kayak erano costruiti con i pochi materiali che le popolazioni del Grande Nord avevano a disposizione: legno per l’intelaiatura, pelli per la copertura, tendini per le cuciture. I modelli antichi, conservati nei musei, testimoniano la maestria dei vecchi costruttori nel creare una imbarcazione che ogni volta si doveva adattare alle misure tipiche dell’ uomo media del popolo che utilizzava il kayak. Il kayak ha poi un’ altra inconfondibile caratteristica: è una barca che va indossata, quasi proprio come un vestito. In altre parole lo scafo deve essere il prolungamento fisico e spirituale di chi lo veste. E infatti nel kayak ci si infila con E non va dimenticato poi lo strumento principe con cui lo si guida: la pagaia. Anch’essa si è sviluppata in diverse tipologie: dagli esemplari con una sola pala a quelli con due, da quelli lunghi appena 2 metri ad altri che arrivano ai 2,5 metri e oltre. Altre importanti differenziazioni riguardano la forma delle pale, la loro simmetricità, la presenza di anelli sgocciolatoi e di rinforzi alle estremità o lungo i bordi. È da notare come le antiche pagaie presentino le pale generalmente strette e non incrociate: questo le rendeva molto silenziose durante le battute di caccia, neutre alle raffiche di vento e poco stancanti per l’utilizzatore che, tra l’altro, non era costretto a ruotare i polsi. Manasse Mathaeussen, uno degli ultimi cacciatori di foche ad utilizzare il kayak, è riuscito a tramandare agli Aleutini diverse manovre che rischiavano di essere cancellate del tutto dall’introduzione delle barche a motore. Probabilmente i cacciatori Aleutini sono stati i migliori pagaiatori in acqua mossa della storia del kayak: si pensa che molti di loro, costretti a cacciare zibellini e lontre di mare per il mercato russo, arrivarono sin sulle coste Californiane. Di loro non ci rimane che il Bajdarka, il tipico kayak con la prua bifida, e qualche esemplare di pagaia.

Omar Chirrane

Un tipico Kayak

Page 12: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

12

Un fedele amico e un indispensabile collaboratore

L’ Husky

Origini e storia

L’husky, cane originario delle steppe siberiane, venne allevato per secoli dal popolo dei Ciukci come animale da traino delle slitte. Nei primi anni del Novecento venne importato in Alaska, dove si distinse subito per le sue capacità nel traino e per i successi ottenuti durante le corse con i cani da slitta. Nel 1932, sempre negli Stati Uniti, vennero definiti gli standard di razza e nacque così il Siberian Husky che oggi conosciamo. In realtà gli appassionati di sleddog (corse con slitte trainate da cani), per migliorare le prestazioni di velocità dei propri cani, hanno scelto di mescolare la razza dell’husky con razze dotate di maggiore velocità, a scapito della loro resistenza al freddo. Questa pratica, tuttavia, non ha dato origine ad una razza ufficiale di cani, ma solo ad una variante, definita Alaskan Husky.

Aspetto e caratteristiche distintive

L’Husky è un cane di taglia grande, con altezza al garrese tra 50 e 60 cm. Il suo peso può variare tra 16 e 27kg. Ha una testa di dimensioni medie e ben proporzionata. I suoi occhi a mandorla, possono essere di molti colori: azzurri, marroni o eterocromi (occhi di colori differenti tra loro, o ciascun occhio con 2 colori differenti).Le orecchie sono ben dritte e vicine tra loro, di piccole dimensioni per non disperdere troppo calore. Sono ben rivestite di pelo, atto a far sopportare meglio le basse temperature a cui questo cane si espone. L’Husky ha un manto a pelo doppio, molto folto ma senza nascondere le linee del corpo. Il pelo è liscio e di colore nero, bianco o intermedio. La sua coda è portata a scimitarra e somiglia ad una coda di volpe, essendo ben coperta di pelo.

Carattere ed educazione

Il Siberian Husky è un cane nato per essere libero. E’ molto elegante ed altrettanto bello, pur essendo per eccellenza un cane da lavoro. Proprio questa sua caratteristica lo rende bisognoso di spazi aperti, dove possa correre e sfogare la sua energia.Questo non significa che non sia un cane da compagnia, anzi. Ama molto stare con le persone, è un compagno molto dolce ed affettuoso. Tuttavia, non possiamo definirlo un cane da città, né un cane mansueto che possa andar bene per qualunque tipo di famiglia.

Mario Morici

Page 13: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

13

Un curioso sport con slitte e cani

LO SLEDDOG

Lo sleddog è un’ attività sportiva che consiste nel farsi trainare con una slitta da cani. Questo metodo di

trasporto è stato ed è ancora oggi utilizzato dagli Eskimesi e dagli Indiani Athabaska, ma anche da cercatori

d'oro, avventurieri e corrieri postali. Le fonti storiche ci dicono che lo sleddog esiste da più di duemila anni.

Nell'ultimo secolo questo sport si è sviluppato soprattutto in Alaska, Canada e USA. In questa disciplina

possono essere impiegati dai due ai venti cani, in base alle necessità. Con otto elementi non si supera la

velocità di 35-40 km/h. Il muscher (conduttore della slitta) deve avere una grande conoscenza delle

tecniche di guida della slitta e dell'attitudine di ogni singolo cane. Non esiste un vero e proprio metodo di

allenamento per muta e conduttore, ma un bravo muscher adotta un sistema elaborato in base alla propria

esperienza, che tiene gelosamente segreto.

Di solito i cani vengono divisi in quattro

categorie: per primi i Leaders (hanno un

miglior addestramento e rispondono

meglio ai comandi), poi a seguire gli

Swingdogs (sono molto veloci e danno il

ritmo al resto della muta), i Team Dogs(il

loro principale compito è armonizzare i

movimenti dell'intera muta), ed infine i

Wheel Dogs(i cani attaccati alla slitta che

generalmente sono i più forti di tutta la

muta). La slitta può essere fatta di legno

tradizionale o materiali super leggeri come

carbonio e alluminio. La scelta del

materiale dipende dallo scopo a cui la slitta

è destinata e lo stesso vale per le relative

dimensioni e peso. La slitta viene

equipaggiata con la "sacca", obbligatoria per il trasporto di viveri o di eventuali cani feriti o in difficoltà; con

un "freno di emergenza" azionabile con un piede e con "l'ancora da neve" per le soste prolungate. La slitta

è collegata alla linea di traino principale costituita da un materiale sintetico con un cavo all'interno, e dello

stesso materiale è formata anche la corda che lega i cani fra di loro. Per la sicurezza dei cani, la loro

imbragatura è imbottita intorno al petto, al collo e alle spalle. Per far sì che i cani non si feriscano alle

zampe, durante le attraversate delle piste ghiacciate vengono equipaggiati con degli stivaletti in materiale

morbido.

Mattia Luchetta

Lo sleddog: attraversare in slitta trainata da cani le distese

selvagge del Nord America

Page 14: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

14

La grande gara dove il cane è protagonista

La sleddog racing

La corsa con i cani da slitta è uno sport invernale praticato con l’impiego di una slitta trainata da cani che a loro volta sono guidati da un conduttore detto musher. Questa disciplina viene anche detta sleddog; sled dog racing o dog sled racing (sled: slitta; dog: cane; racing: corsa). In questo sport, solitamente, si impiegano cani di razza nordica come il Siberian Husky, l’Alaskan Malamute, il Samoiedo e il Groenlandese perché sono cani che resistono alle temperature gelide. Inoltre vengono impiegate razze pure in modo che i cani della muta siano tutti in condizioni di parità e per preservare la razza dal rischio di indebolimenti. Comunque nulla vieta che si possano utilizzare anche cani di razze diverse. E’ possibile anche praticare gare su terra con carrelli a tre o quattro ruote o addirittura in bicicletta. In questo sport esistono quattro tipi di specialità: lo sprint, la media-distanza, il long trail e le stage race. Lo sprint consiste in una gara dove il percorso è breve; la media-distanza consiste in una gara dove il percorso è una media fra lo sprint e il long trail; il long trail consiste in una gara dove vengono messe alla prova la resistenza del musher e dei cani; le stage race sono delle gare a tappe. Le più importanti stage race sono: Iditarod, Yukon Quest e la francese “ La Grande Odyssee” si considera anche l’Alpirod fra le più famose stage race. Le gare più importanti e difficili si svolgono nel nord America, in particolare in Alaska. Questo sport è arrivato anche in Italia. Gare di sleddog racing si tengono, oltre che sulle Alpi, anche sugli Appennini : è la famosa traversata nominata “Balla coi lupi” che si tiene da più di dieci anni nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Inoltre si praticano gare anche nel meridione, in particolare nel Pollino e nella Sila calabrese. Le categorie dello sleddog si dividono in due gruppi: su neve o su terra. Le categorie su neve sono: - sleddog: slitta trainata da 2-4-6-8 o illimitati cani; - Skioring: sciatore con sci di fondo con cane; - pulka scandinava: sciatore di fondo con uno slittino tra sé e il cane. Le categorie su terra sono: - canicross: inizialmente chiamata "Dog trekking" corsa a piedi con uno/due cani; - bike-joring: corsa in bicicletta con uno/due cani; - dog-scooter: monopattino a ruote grandi con 1-2 ruote; - cart: carrello a 3/4 ruote con 2-4-6-8 o illimitati cani. Jeremy Rossi

Slitta impegnata in una corsa

Page 15: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

15

Una possibile causa di morte in ambienti freddi

L’IPOTERMIA

Quando si frequenta un ambiente naturale molto freddo, come l’ alta montagna o un territorio del grande Nord, bisogna stare attenti a evitare il pericolo dell’ ipotermia, ovvero il fatto che il corpo umano perda per qualche motivo la sua temperatura normale. Alpinisti sorpresi nelle tenebre lontano dal rifugio, escursionisi che smarriscono l’ orientamento dovendo passare fuori la notte sono i più esposti a questo pericolo. A questo riguardo abbiamo chiesto al dottor Alex Ferretti di spiegarci meglio in che cosa essa consista. Dottor Ferretti, a che cosa porta l’ipotermia? “La protratta esposizione del corpo umano al freddo, in particolare a temperature inferiori a 28°C, porta ad un rallentamento della funzione cellulare, soprattutto per i due organi cosiddetti “nobili”: il cervello e il cuore. Sopraggiungono così alterazioni dello stato di coscienza, dalla sonnolenza fino al coma profondo, arrivando poi all’arresto cardiorespiratorio. Questo accade perché le cellule del cuore non riescono più a contrarsi. Inoltre, si blocca anche il respiro, perché il cervello non “comanda” più ai polmoni di lavorare. L’ipotermia, soprattutto se di rapida insorgenza, già di per sé può provocare una pericolosa aritmia cardiaca, la fibrillazione ventricolare. Se non viene rapidamente trattata, porta a morte certa”. Esiste un modo per rallentare questo processo? “La prima cosa da fare è chiamare il 118, sempre e in ogni caso. Utili consigli possono essere di coprire la persona con dei panni asciutti, caldi e non umidi (il calore elevato, paradossalmente, peggiora la prognosi). Così come bisogna evitare la somministrazione di alcolici e di bevande eccessivamente calde, che peggiorano la circolazione del sangue. Mettersi al riparo quanto prima, evitando però bruschi cambi di temperature e infine evitare di strofinarsi per generare calore. Ovviamente il trattamento ospedaliero è quello più indicato. Esso consisterà in un riscaldamento passivo e attivo, fino ai casi più gravi di ipotermia dove si può arrivare anche all’applicazione del paziente alle macchine per il sostegno del circolo sanguigno”. Che consigli potrebbe dare? “Il consiglio fondamentale è quello della prevenzione. Oltre ad una attenta valutazione delle situazioni metereologiche a rischio prima di ogni partenza per una eventuale avventura nel freddo, è opportuna una corretta alimentazione ed idratazione, abbigliamento adeguato. Solo così si favorisce il progressivo adattamento del corpo umano alle condizioni climatiche più rigide”.

Manuel Capomasi

ipotermia

Page 16: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

16

Equipaggiamento corretto per escursioni in montagna

Abbigliamento in montagna

In montagna, equipaggiamento e sicurezza vanno sicuramente a braccetto. È chiaro che la sicurezza in montagna dipende innanzitutto dal buon senso, dalla preparazione fisica tecnica e mentale e dalla capacità di saper riconoscere i propri limiti, ma è altrettanto vero che un’ attrezzatura adeguata ci premette di muoverci e operare al meglio rispetto a un equipaggiamento inadeguato.

Scarpe e calze Dopo il cervello la scarpa è l’ elemento più importante dell ‘escursionista: è

indispensabile e non si può fare meno di preferirne una adatta. La calzatura da trekking deve essere scelta con cura e deve avere una suola flessibile e antiscivolo e delle misura giusta, non troppa larga ne troppo stretta. Basse e morbide con suole artigliate per le passeggiate di fondo valle, alte e rinforzate sui fianchi per escursioni, vie ferrate e ghiaioni. Da non sottovalutare l’ importanza delle calze. Meglio lana o fibra perché si bagnano meno e riducono l’ attrito con lo scarpone, possibilmente rinforzate in punta e sul tallone.

Pantaloni Anche se può sembrare che faccia molto caldo, non è mai consigliato partire solo con

pantaloni corti: la vegetazione può pungere e graffiare i polpacci. Oggi esistono pantaloni “modulari”, con cerniere alle ginocchia che permettono di renderli corti o lunghi in base al bisogno. Per gli stessi motivi elencati sopra è sempre bene che siano anti strappo, traspiranti perché camminando si suda parecchio, con qualche rinforzo nei punti strategici come ginocchia caviglie e fianchi, soprattutto antivento ed impermeabili.

Maglietta, felpa, pile, giacca il primo strato a contatto con la pelle è meglio che non sia di cotone

perché attira e trattiene il sudore, ma di tessuto tecnico e traspirante consente di espellere il sudore, non rimane inzuppato, termoregola e si asciuga in fretta. L a lana è un tessuto naturalmente isolante e traspirante il che significa che riesce mantenere il corpo fresco d ‘estate e caldo d’ inverno. Il secondo strato de indossare se la temperatura si abbassa o se si alza vento deve assicurare calore e protezione. Oggi vanno per la maggiore i pile i quali riescono, con il miniore spessore possibile ad assicurare buone performance e il minore ingombro. Indispensabile è la giacca da mettere sempre e comunque nello zaino anche se quando si parte splende un sole che non lascia dubbi con il clima gradevole, ma dai 2000 metri in su la temperatura si abbassa anche di 6/7 gradi ogni 1000 metri.

Zaino non deve mai mancare il nella dotazione di un escursionista. La capienza dipende da quanto tempo

si vuole stare in giro. Non deve mai mancare all’ interno dello zaino di un escursionista: occhiali da sole, cappellino, bandane, fasce, guanti e cappello, crema solare e stick per le labbra, borraccia per l’ acqua, coltellino multifunzione, maglietta e calze di ricambio, un fischietto, bussola, mappa, telo termico, lampada frontale,kit di primo soccorso, bastoncini da trekking.

Marcello Mangoni

Page 17: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

17

Come facciamo a sapere dove ci troviamo esattamente?

L’ orientamento in montagna

Orientarsi significa sapere in che direzione si va e da quale direzione si proviene. Esistono diversi modi naturali per orientarsi. Di giorno il sole ha un moto costante che va da est verso ovest e così possiamo scoprire i punti cardinali, in quanto, mettendosi col sole alle spalle intorno a mezzogiorno riusciamo anche a capire dove stanno il nord e il sud. Un altro metodo è quello del bastoncino. Proviamo a piantare un ramo da 50 cm in un terreno senza erba e nel punto in cui l’ombra finisce mettiamo un sasso. Poi, dopo 10-15 minuti, mettiamone un altro nel punto dove si trova la “nuova ombra”. In questo modo possiamo capire che il primo sasso è orientato verso ovest, il secondo verso est, il nord si trova davanti a noi e il sud dietro.

Ma se il cielo è nuvoloso o piovoso? Possiamo esaminare le piante. Esse vengono piantate nelle zone ventose e, sapendo da dove provengono i venti più forti e l’inclinazione delle piante verso il sole, riusciamo a trovare il sud. E’ ovvio però che lo strumento principe per orientarsi rimane la cartina geografica.Nella cartografia, come chiunque può intuire, la terra, paragonabile grossomodo a una sfera, è difficilmente rappresentabile su carta. Questa premessa è indispensabile per capire come le carte geografiche, per quanto curate, costituiscano una rappresentazione ridotta ,approssimata, simbolica della superficie terrestre e i nquanto tale non è precisissima. Comunque ogni sfera può essere tagliata a spicchi, come un’arancia, o a fette, come l’ananas, quello in scatola al supermarket. E questa suddivisone del territorio in quadranti permette di identificare con una certa precisione l’ ubicazione di questo o quel posto. Come si chiamano queste linee? Nel caso della sfera ‘Terra’ riconosciamo un asse di rotazione e due poli alle sue estremità. Se dividiamo l’ intero pianeta con queste linee verticali otteniao degli ‘spicchi’ che corrispondono ai meridiani: linee immaginarie che uniscono tutti i punti aventi il mezzogiorno allo stesso momento. Ogni meridiano ha, dalla parte opposta della Terra, il suo antimeridiano. Invece, tagliando la terra esattamente a metà nel punto della sua circonferenza massima abbiamo l’Equatore. Esso può altresì essere definito come l’unione di tutti i punti equidistanti dai due poli. Alle ‘fette’ così ottenute corrispondono i paralleli: linee immaginarie parallele all’Equatore. Il numero di meridiani e paralleli è infinito. Per ogni punto della Terra passano un solo meridiano e un solo parallelo. E quindi fornendo le coordinate possiamo stabilire l’ esatta ubicazione di ogni punto del territorio: cosa molto utile quando esploriamo e ci troviamo in un luogo che non conosciamo bene. Di notte ci si orienta anche attraverso le stelle. A cielo sereno, ci si può eventualmente orientare con la stella polare; e avremo così trovato il nord. Si tratta di una stella, visibile in tutto l’emisfero boreale, che indica sempre il Nord. Come facciamo a identificarla? La stella polare è la risultante delle linee che uniscono l’ ultima stella del Carro e quella che unisce le ultime due stelle di Cassiopea.

Gabriele Moreschi

Page 18: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

18

Un aspetto di fondamentale importanza

ALIMENTAZIONE IN MONTAGNA

Spesso in molti si chiedono quale sia la giusta

alimentazione in montagna. Il primo consiglio per ben

alimentarsi in montagna è innanzitutto quello di

idratarsi molto bene. Infatti, in alta quota ed al freddo,

ci disidratiamo prima, perdendo i sali minerali. Che cosa

possiamo bere? Oltre alla semplice acqua possiamo bere

il tè, infusi, succhi di frutta. Quale deve essere invece la

scelta degli alimenti da mangiare? Essi , come prima

cosa, devono essere facilmente digeribili ma al tempo

stesso energetici. Inoltre ci si deve proteggere dalle

sostanze tossiche prodotte dal nostro corpo durante l’

attività fisica. Pertanto, nella dieta di un escursionista,

devono essere presenti vitamine antiossidanti come le

vitamine: C,A e la vitamina E. In quali alimenti si trovano

queste vitamine? La vitamina C si trova nella frutta, in

particolare negli agrumi , ma anche nelle mele e nei

frutti di bosco. La vitamina A si trova in tutti gli ortaggi di colore arancione e rosso come: carote, rape,

zucche. La vitamina E si trova negli oli vegetali, nelle noci e nocciole. Quante volte al giorno dobbiamo

mangiare? In montagna è molto importante alimentarsi spesso, se possibile anche cinque volte al giorno,

stando attenti a non esagerare con la quantità.

Comunque, pur essendo certo alimenti migliori di altri, rimane il fatto che l’ alimentazione deve essere

quanto più possibile ricca e varia, in modo da garantire all’ organismo quell’ apporto di sostanze che

permettono una vita sana. L’ importante è non esagerare. L’ obesità è il nemico numero uno di chi va in

montagna, sia che arrampichi, sia che si limiti al semplice escursionismo. Ogni chilo in più che abbiamo in

corpo si traduce in tanta fatica in più. Occhio a quello e a quanto mangiamo dunque!

Milan Jakub

Per andare in montagna curare

l’alimentazione è fondamentale

Page 19: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

19

Indispensabile per chi vive l’ avventura

Il Walkie-talkie

Il primo Walkie-talkie (in italiano ricetrasmittente)

fu creato nel 1940 da un gruppo di progettisti alla

Galvin Manufacturing Company. Il walkie-talkie può essere tenuto in mano ed adibito alla comunicazione vocale con altri terminali. Esso viene utilizzato per vari motivi : pronto soccorso, comunicazioni marittime, come radio, come radioamatore, per scopi personali e per scopo militare. Tra più importanti ci sono quello militare, quello del radioamatore e quello del pronto soccorso. I militari posso comunicare in sicurezza grazie a bande di frequenza diverse e con modulazioni criptate. Il radioamatore è uno sperimentatore, senza finalità di lucro, del mezzo radio e delle radiocomunicazioni intese nella più ampia accezione del termine e viene classificato come un servizio. I wlakie talkie sono inoltre spesso utlizzati nell'ambito della protezione civile, infatti possono svolgere attività di radio assistenza a gare sportive, manifestazioni o altro tipo di eventi in collaborazione con enti locai e forze dell’ordine. Per pronto soccorso si intendono tutti i vari soccorsi, per esempio : bagnini, soccorso alpino soccorso marittimo etc… . I walkie-talkie hanno tutti la funzione del push-to-talk “premi per parlare” . Nel 2017 un sito ha creato una classifica di walkie-talkie, in decima posizione troviamo il cobra ACXT 300 series con il costo di 58.62 $, in nona posizione troviamo midland LXT series con il costo ridottissimo di 6.00 $, in ottava posizione troviamo midland X-talker con il costo di 79.89 $, come settimo troviamo il motorola talkabout MR series il suo costo è di 42.00 $, in sesta posizione troviamo il cobra ACXT 500 series con il costo di 49.99 $, per quinto troviamo il midland GXT series che costa 57.00 $, in quarta il cobra ACXT 1000 series con il costo di 99.99 $, entriamo nel podio, si aggiudica la medaglia di bronzo l’uniden GMR5000 series che costa 129.99 $, la medaglia d’argento se la aggiudica il motorola talkabout MU series con il costo di 99.99 $ , nel gradino più alto con la meaglia d’oro “al collo” troviamo il motorola talkabout T600 series con il grandioso costo di 89.99 $. Il mio approfondimento è concluso spero vi sia piaciuto a presto! .

Francesco Compagnucci

Page 20: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

20

Sei al sicuro quando viaggi?

Le comunicazioni Aeree

Nel settore aeronautico, le comunicazioni avvengono attraverso un gergo tecnico, cioè una “fraseologia” tutta particolare. Le frasi e le parole utilizzate nelle trasmissione aeree tra il pilota e chi dirige il traffico aereo, sono frutto di una convenzione internazionale, fatta eccezione per alcune linee aeree nel continente americano. Ovviamente, se non si usa tale linguaggio, possono sorgere degli equivoci e quindi possono verificarsi problemi o peggio ancora

incidenti. E’ per questo che esiste il famoso spelling aeronautico. A ogni lettera dell’ alfabeto corrisponde una parola- il famoso alfa, beta, charlie, delta, fox – che internazionalmente permette di capire da quali lettere è formata la parola. Esiste poi una ben precisa tecnica di trasmissione: prima di parlare si deve essere certi di essere sintonizzati sulla frequenza giusta. Inoltre si deve usare un tono di voce tranquillo, comprensibile, a un volume costante e mantenendo un rateo non superiore alle 100 parole per frase. Questo mette al riparo da fraintendimenti vari. E’ poi opportuno fare delle pause prima e dopo la trasmissione di numeri, evitare l’uso di parole o espressioni intercalate. Il microfono va tenuto a una distanza sempre costante dalla bocca. La cuffia del radiomicrofono – e questa è una cosa che pochi sanno – è saldamente allacciata alla testa del pilota sia sopra che sotto in modo da impedire che si sospenda la trasmissione se per qualche motivo si ruota la testa eccessivamente o si fanno movimenti bruschi. Altri accorgimenti? Ad esempio, premere il tasto per l’inizio della trasmissione pochi secondi prima di cominciare e finire di parlare, e spezzare messaggi complessi in messaggi più semplici. La lingua principale con cui si parla è l’inglese visto che è una lingua molto conosciuta e compresa da tutti. Ci sono molti fattori che potrebbero causare problemi nel volo: ad esempio il meteo o il mancato aggiornamento della posizione del pilota alla torre radio, un aereo fuori linea, un malfunzionamento delle apparecchiature elettriche, un guasto sull’aeroplano e cosi via. E’ proprio per questo motivo che le comunicazioni aeree rivestono la massima importanza e incidono molto sulla sicurezza del volo e devono dunque essere fatte nel modo più chiaro e sicuro possibile.

Gabriele Federici

Page 21: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

21

Alpinismo

Orientamento tramite GPS

Che cos’è ? Il ricevitore GPS è uno strumento di posizionamento e di navigazione satellitare che, grazie al segnale trasmesso da molti satelliti, è in grado di determinare la sua posizione geografica. Inoltre è capace di fornire informazioni sull’altitudine e sulla direzione mentre viene sfruttato dall’utente. E’ stato introdotto per la prima volta a scopi militari dagli Stati Uniti negli anni ’70 al fine di realizzare un sistema di orientamento preciso, affidabile, E’ stato introdotto per la prima volta a scopi militari dagli Stati Uniti negli anni '70 al fine di realizzare un sistema di orientamento preciso, affidabile, indipendente dalle condizioni meteo e inattaccabile. Esistono vari tipi di GPS,con funzioni e modi differenti. Quello più utilizzato per l’alpinismo è il GPS con mappa. Come funziona?Una volta acceso, il dispositivo determinerà la posizione. Quando

avrà finito inizierà a registrare e a visualizzare l’itinerario. Tra le varie schermate solitamente disponibili su quasi tutti i modelli in commercio, la più importante è quella della mappa. Si tratta di una visualizzazione grafica in una scala in base all’ambiente che circonda il ricevitore. Quest’ultimo registra varie informazioni,come la

direzione attuale, l’altitudine, le isoipse ecc.. L’indicazione della quota è una delle funzioni principali del GPS; ache essa viene ricavata dai rilevamenti satellitari.I ricevitori di fascia medio alta incorporano un altimetro barometrico. Il suo funzionamento è analogo a quelli installati in apparecchi differenti,con la possibilità aggiuntiva di utilizzare i dati del GPS per la taratura in mancanza di dati più certi. La presenza dell'altimetro consente la raccolta di ulteriori dati utili e la visualizzazione del profilo altimetrico del percorso, aggiornato in tempo reale durante il cammino. Inoltre, sarà possibile risalire velocemente alla quota a cui ci si trovava in un determinato momento e in un preciso punto del percorso.

Luigi Cirino

Il GPS, uno strumento indispensabile

per chi affronta la natura selvaggia

Page 22: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

22

Ogni anno centinaia di persone vengono salvate

Il soccorso alpino

In Italia non esiste un solo corpo di soccorso alpino ma ne esistono varie categorie ognuna guidate da diverse sezione la prima anche una delle più importante è il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico che è guidato dal Club Alpino Italiano. Un altro esempio potrebbe essere il Soccorso alpino del Corpo della Guardia di Finanza oppure le "Squadre Soccorso" del Comando truppe alpine che sono guidate dell'Esercito. Essi svolgono tre funzioni molto importanti come prestare soccorso ai infortunati, ai pericolanti e si occupa del recupero dei caduti nel territorio alpino, contribuire alla prevenzione e alla vigilanza degli infortuni nelle attività che si svolgono in territorio montano oppure prestare soccorso in caso di calamità naturale.

Contattare il soccorso alpino è molto semplice la richiesta può essere fatta tramite il numero 118 oppure tramite il numero 112(dove è possibile farlo).Ai soccorsi non bisognerà dire solamente di essere in pericolo , ma anche specificando dove vi trovate se in montagna o in una grotta e dando ai soccorsi il maggior numero di informazioni per poter essere trovato nel minor tempo possibile. Gli operatori decideranno quale tipo di intervento è più appropriato. Per esempio in caso di valanga interverranno in prima istanza le unità cinofile specializzate nella ricerca in valanghe, in caso di dispersi interverranno le unità cinofile da ricerca specializzate in superficie, in caso di infortunio su parete rocciosa interverranno tecnici specializzati nel recupero con l'elicottero che si caleranno da quest’ultimo con delle funi cercando di recuperare la persona in pericolo.

Nel 2009 il soccorso alpino risulta aver fatto più di 102 000 interventi e aver soccorso oltre 118 000 persone. Si hanno questi risultati al quanto incredibili grazie all’organizzazione che il soccorso alpino possiede infatti, il lavoro è svolto da tecnici altamente preparati e organizzati su base regionale.

Adrian Surugiu

Intervento con l’ elicottero

Page 23: Itis Numero 1 Guglielmo Marconi Marzo 2018 Jesi · 1 Jesi Itis Guglielmo Marconi Numero 1 Marzo 2018 In questo numero Samuele Brega Jack Lo0ndon Pietro Piccinini La orsa d [ oro nel

23

2°M Redazione

Anno scolastico 2017/18

La 2° M

Adrian Surugiu Mihai, Gabriele Federici, Edoardo Pierfederici, Marcello Mangoni,

Pietro Piccinini, Nicolò Fabian ,Milan Jakub, Samuele Brega, Nicola Orianda, Mario

Morici, Leonardo Pierella, Diego Socci, Mattia Luchetta, Francesco Compagnucci,

Omar Chirrane, Alessandro Medici, Jeremy Rossi, Gabriele Moreschi, Manuel

Capomasi.

Direttore responsabile: Giovanni Scala.

Direttore tecnico: Leonardo Pierella..

Segretario di redazione: Diego Socci, Edoardo Pierfederici.