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J. M. J. P. Considerazioni ascetiche su La Confessione tenute dal P. M. Teolg. G. Alberione Ritiro Mensile dei sacerdoti 1933 Pia Società S. Paolo ALBA - ROMA - MESSINA

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J. M. J. P.

Considerazioni ascetiche su

La Confessione tenute dal

P. M. Teolg. G. Alberione Ritiro Mensile

dei sacerdoti

1933 Pia Società S. Paolo

ALBA - ROMA - MESSINA

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“LA CONFESSIONE”

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J. M. J. P.

Considerazioni ascetiche su

La Confessione tenute dal

P. M. Teolg. G. Alberione Ritiro Mensile

dei sacerdoti

1933 Pia Società S. Paolo

ALBA - ROMA - MESSINA

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SCHEMA-INDICE

Introd. Gli Ordini Minori pag. 7 Fine. Tre grazie da ottenere 8 Arg. LA CONFESSIONE 9 Corpo: I PREDICA: Natura della Confessione 9 1) Cosa sia la Confessione 9 2) Come sono le confessioni dei chierici e dei Sacerdoti 17 3) La disposizione generale per confessarsi bene 21 II PREDICA: Necessità della Confessione 24 1) Alla luce dell’Eternità 25 1) ...alla luce dell’Eternità 25 2) ...alla luce dell’ultima candela 28 3) Alla luce della fede 43 3) Alla luce della Fede 33 III PREDICA: Pratica della Confessione 1) Come confessarci 42 1) Come confessarci 42 2) Come confessare 48 3) Come predicare la Confessione 43 Conclusione 58

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Ritiro Mensile

Prima predica Ora abbiamo da fare il nostro Ritiro mensile, che ha diversi fini. Dico anzi tutto una cosa generale 1: Quale fine hanno gli ordini minori? LA TONSURA, che non è ordine, è per chiedere a Dio la grazia di aborrire, detestare e chiudere per sempre la porta del nostro cuore alle vanità del mondo, alle vanità della vita presente. L’OSTIARIATO è per ottenere la grazia dell’amore per la custodia della Chiesa. L’ESORCISTATO è per avere zelo nel procurare la pu-rezza nelle anime, per la mondezza

1 Questo ritiro è stato fatto in occasione delle nuove ordinazioni, come inizio degli Esercizi per gli ordinandi, e ritiro mensile per i Sacerdoti giovani.

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dei cuori e allontanare gli indegni dai divini misteri. L’ACCOLITATO è per avere lo zelo nelle funzioni re-ligiose e nel promuoverle. IL LETTORATO è per avere lo zelo della parola di Di-o, specialmente pel Catechismo. Queste sono le grazie da chiedere nel ricevere gli Ordini Minori. Ma veniamo in particolare al nostro riti-ro.

*** A che cosa mira il nostro Ritiro? Mira ad ottenere dal Signore, dal Cuore Misericordiosissimo di Gesù tre grazie: a) La grazia di confessarci bene; b) La grazia di amministrare bene il Sacramento del-la Confessione; c) La grazia di predicare bene sia a voce; che per iscritto, questo Sacramento di salute per le anime. Siamo qui ai piedi dell’Addolorata e con l’ Addolo-rata ai piedi del Crocifisso: abbiamo fatta ieri la festa dell’Esaltazione di S. Croce e oggi quella dell’ Addolo-rata: orbene, noi non osiamo quasi più accostarci a Ge-sù, perché ci pare di essere stati noi a crocifiggerlo «rursus crucifigentes Christum Jesum in cordibus no-stris», abbiamo nuovamente crocifisso Gesù

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Cristo nel nostro cuore e quindi non osiamo più acco-starci soli a Lui e allora? «Or su, dunque, o avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi pietosi. Eia ergo advocata nostra, illos tuos misericordes oculo ad nos converte!...» La pietà di Maria Addolorata ci ridonerà l’amore di Gesù Cristo, ci darà il dolore dei nostri pec-cati. Argomento. – L’argomento dunque deve essere que-sto:

La Confessione La confessione è il Sacramento di misericordia di N. S. Gesù Cristo. Vedremo questa sera: I. Cosa sia la Confessione: II. Come sono le Confessioni dei Chierici e dei Sa-cerdoti: III. La disposizione generale per confessarci bene. 1.° Cos’è la Confessione? La Confessione è: remis-sione nel passato, preservazione pel futuro, direzione nella vita dello spirito. 1) La Confessione è remissione del passato e cioè: remissione della colpa, remissione della pena eterna, della temporale, almeno in parte, 4. – La Confessione.

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remissione in parte delle pene e i rimorsi, remissione della colpa giuridica. a) Scioglie e scancella la colpa. Il peccato è una col-pa, colpa che è nostra perché l’abbiamo fatto noi, quando a somiglianza del figliuol prodigo siamo andati lontani da Dio, per vie storte, a perderci e a sciupare quanto avevamo di bene. Questo peccato, macchia l’anima, la priva della divina grazia, l’attribuisce; porta l’anima lontano da Dio e quindi merita la pena eterna, che è separazione, in primo luogo, eterna da Dio; l’anima è lontana da Dio? Ebbene non più il cielo; non può più entrare in Paradiso. Col peccato ha alzato la fronte contro il suo Dio, l’ha offeso, ingiuriato, insulta-to... è rea quindi di colpa: ebbene, l’assoluzione toglie la colpa. Ma notiamo bene, che non solo copre o ra-schia via o perdona, come fa l’insegnante nella scuola che, dopo aver inflitto un castigo allo scolaro colpevo-le, dice: «Sù, per questa volta ti perdono», no: l’as-soluzione addirittura distrugge, annienta la colpa, di modo che dopo non esiste più e neppure Iddio la ricor-derà oltre. Perché Gesù Cristo paga Lui, col Suo San-gue Preziosissimo e la Giustizia di Dio è così soddi-sfatta. b) L’Assoluzione scioglie dalla pena eterna:

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riapre il Cielo, chiude l’Inferno. Benedetto il Sacerdo-te, benedetta la sua sacra mano! come è buono e pio l’uso di baciare la mano al Sacerdote! vi è una vera e santa ragione. Ecco là un Sacerdote: quanti hanno ra-gione di correre a baciare la sua mano, che li ha tante volte rialzati, riconciliati con Dio, tolti dalla buca dell’inferno e riammessi sulla strada del Paradiso. c) Perdona le pene temporali, almeno in parte anche queste. Perché il peccato porta sempre con sé qualche disordine e cattive conseguenze. Quante croci portiamo in pena dei peccati della gioventù; stati sicuri che tutto ciò che fate da giovani lo troverete da vecchi. P. es. uno che non sia riconoscente, questa mancanza si ri-fletterà poi sugli altri, e quante ingratitudini avrà da soffrire! Ma poi: quanto sarà penoso il Purgatorio! Oh, quanto sarà lungo! La Fede ci dice soltanto che c’è il Purgatorio e che si può suffragare dai viventi le ani-me che sono là entro racchiuse. Ma quanto dura? e in che misura? sarà applicato anche là il principio: «per quæ homo peccat, per hæe et torquetur?» non sappia-mo, e il Sacerdote soffrirà solo come i semplici fedeli? Tutte cose che ci lasciano nell’oscurità e in grande ti-more. Ebbene, l’assoluzione scancella

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almeno una parte di queste pene, se non tutte. d) L’assoluzione libera dalle pene e dai rimorsi che conseguono al peccato. Come si sta male dopo il pec-cato! ce la prendiamo con tutto e con tutti e con noi stessi, perché abbiamo torto e chi ha torto grida sempre di più e si fa le ragioni, ma in realtà ha torto. Special-mente se uno ha gli ordini sacro, che pene! e se muori questa notte?! gira, volta e rivolta non si può prender sonno, sempre lì quel fastidio... e poi, le pene e i rimor-si sono tanto più gravi e insistenti, quanto più i peccati sono numerosi. Dà molta pena un peccato di fragilità, ma molto di più quando è un peccato di abitudine: con-fessa e torna a cadere, si rialza e ricade, che pena! ma di più ancora, quando è peccato di ostinazione, che non si ha la forza a detestare, si vorrebbe, ma... si prova, va fino lì, poi torna indietro... che pena! che rimorsi! Perché il Sacerdote non può dimenticare le sue col-pe, egli è sempre vicino all’altare, non può sottrarsi alla parola di Dio: «Tu porti le mie divise? ipocrita! che appari al fuori bello ed imbiancato e dentro sei marcio! togli l’imbiancatura almeno, o togli il marciume!» Ab-biamo bisogno dell’assoluzione

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che ci lavi anche al di dentro! Che bene è l’ assoluzio-ne! In punto di morte, come bene diremo quell’angolo remoto, quel confessionale o meglio quel Confessore che con mano pietosa ha posto termine ai tanti rimorsi! d) L’assoluzione toglie ancora la colpa giuridica: (notate che non è propriamente così secondo il diritto canonico) ma noi con questo nome di colpa giuridica intendiamo dire, ciò che appare davanti agli altri. Per-ché chi è che non pecca? chi dicesse di essere senza peccato «hie mendax est!» E quindi, quando tu monti su quel pulpito, entri in confessionale, quanto volte po-trebbero dirti: «Medice, cura teipsum» perché anche tu hai peccato, tu stesso hai fatto queste cose. Ma quando sanno che anch’io mi confesso, e vedono che regolar-mente anche il Sacerdote si accosta a quel S. Tribunale, oh! allora non possono più guardare con diffidenza, ed io potrò con forza e con ragione dire: «Orbene, tutti assieme andiamo da Colui che è la Salute a ricevere il perdono per me e per te». L’assoluzione ci mette in giustificazione avanti alle anime e chi ci vede può dire: «Anche lui fu assolto, quindi è innocente, a ragione ci invita». Per questo è bene che i fedeli sappiano che ci confessiamo.

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2) La Confessione è preservazione dal peccato pel futuro. E non è soltanto un mezzo buono od utile, ma proprio il mezzo ufficiale, il mezzo istituito ad hoc. La confessione non è solo per rimediare il passato, ma an-cora per provvedere, prevenire il futuro: e proprio ad hoc, per togliere il peccato, non solo quello commesso, ma ancora col non lasciarlo commettere: e perciò con-tiene il Sacramento della Penitenza non solo la grazia di giustificazione per il passato, ma ancora una grazia per l’avvenire, una grazia apposita, la sacramentale, la quale dà forza a non cadere più, vincere le tentazioni, fuggire le occasioni e i pericoli. È quindi con sapienza che S. Filippo Neri, special-mente cogli abitudinari, dava per penitenza: «ritornerai appena sarai caduto» e con questo mezzo quanti ne ha rialzati e salvati! Cadi? Ebbene, ritorna a confessarti. Ricadi? e ritorna ancora! E se tu sarai costante, anche la superbia alla fine cede il passo, a forza di battervi sopra. Quando uno si confessa bene, vale più quell’atto di umiliazione che cento desideri di essere umile, ciò che non passa mai in pratica, se non si pigliano i mezzi. E questo è il mezzo dei mezzi: facciamolo questo atto di umiliazione! regolarmente; l’umiltà ci esalterà «chi si umilia sarà esaltato!»

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e ci esalterà avanti a chi? fra gli uomini? no, Dio ce ne liberi! ma ci esalterà nelle virtù e ci porterà fra gli An-geli e i Santi del Paradiso! Chi è che non si confessa? chi non si prepara o salta gli otto giorni. Noi andremo più su o più giù nella per-fezioni secondo che è più o meno fervorosa la confes-sione. 3) La Confessione è direzione spirituale dell’anima per le vie della virtù. Quando si confessano p. es. le Suore, non si fa la direzione, ma per gli altri sì. A che serve la direzione? La direzione nell’atto della Confes-sione, serve a dare i mezzi, serve ad animare, indiriz-zare, far conoscere i pericoli, far conoscere la volontà di Dio. È inutile la direzione?! ebbene: i due terzi di vocazioni si decidono dal Confessionale, vedete quanto è utile ed importante!? Quando, noi non ci consiglia-mo, dopo non siamo capaci a fare: e una cosa non rie-sce, l’altra non va, l’altra è al contrario di quel che la si credeva.... manca la benedizione di Dio! invece quando il Confessore dice così: «Ben, ben, fa’ così, prendi su-bito questo mezzo, prendi quest’opera a fare, va, sta tranquillo!» ha parlato Dio! egli va avanti sicuro e se-reno di far la volontà di Dio! e, riesca, non riesca, «io sono innocente, può sempre dire, il confessore a nome di Dio

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mi ha detto così e quindi avanti!» Invece quelli che non hanno la conferma del Confessore, prendono una cosa e poi la lasciano, ne prendono un’altra e poi la lasciano nuovamente cadere: hanno coloro di uomini che vo-gliono fare la volontà di Dio ma in realtà fanno la pro-pria e quindi non hanno la Sua Benedizione: come quelli che non vogliono ubbidire alla Chiesa, e voglio-no studiare religione? sprecano tempo e fatica! e vanno una volta più lontano dalla verità. La prima fonte della vera religione è la Chiesa. Specialmente adesso che state per ascendere agli or-dini sacri, vi si fanno incontro tante difficoltà, tanti dubbi: perché, contro un Sacerdote che fa bene, il dia-volo si arma con tutte le forze. Ma uno che sia ben uni-to al suo Confessore e Direttore Spirituale, potrà sem-pre dire: «Io ho fatta l’obbedienza, avrò forse anche sbagliato?! poco importa, io non ne ho colpa, ho fatto quello che per bocca del Vostro ministro mi avete det-to, o Signore», «et vir oboediens loquetur vietoria», dice il proverbio. Ecco cos’è l’assoluzione: per il passato è remissione della colpa, della pena eterna, della pena temporale al-meno in parte, delle pene e rimorsi in parte almeno e in ultimo della

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colpa giuridica. E se io fossi anche stato un gran pecca-tore che importa? Quando Ambrogio vietò all’ Impera-tore Teodosio di entrare in Chiesa Egli rispose: «Anche il Re Davide ha peccato eppure ha continuato il suo ufficio» e il Vescovo replicò: «Se tu l’hai seguito nel peccato, seguilo ora nella penitenza, dopo entrerai!» Sì, sì, ho mancato, è vero ma son io il primo a dire: «mea culpa, mea culpa!» e allora potrai di nuovo tenere con dignità il tuo posto! Inoltre l’assoluzione è: preservazione dal peccato pel futuro e direzione spirituale per il presente, nelle vie per cui ci vuole Iddio.

*** II° E sarebbe a dirsi ora: Come siano le confessioni dei Chierici e dei Sacerdoti. Io non dico le cose particolarmente, perché se si di-cesse in particolare, bisognerebbe alzare certi veli, veli poco gradevoli, non è vero? Non parlo quindi in parti-colare. Io dico soltanto le cose in generale, quali sono descritte dal B. Cafasso e più ancora dal Duboi e dallo Cabrini. Il Duboi, p. es. dice: Ci sono le confessioni del prete cattivo, ci sono quelle del tiepido, quelle del buo-no e quelle del fervoroso. 2. – La Confessione.

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a) Come sono le confessioni del prete cattivo? Il pre-te cattivo le sue confessioni o non le fa o le fa mala-mente. Vi sono dei preti che non si confessano se non a Pasqua, altri ogni 4 o 5 mesi, un mese, 20 giorni. Son purtroppo così. E chi non è diligente per sé, vi aspettate forse che sia poi diligente per gli altri?! Ah! purtroppo che tanta freddezza nelle anime è causata da Sacerdoti e confessori, che mentre dovrebbero essere centro di calore, sono invece centro di dove si espande la fred-dezza. Inoltre: le confessioni del prete cattivo sono: sacri-leghe o nulle. Sono nulle quando non vi è pentimento: quando dopo parecchie confessioni quel chierico, quel prete è sempre lo stesso; anzi se si guarda bene, pare più dissipato di una volta, e quindi fa molto dubitare se abbia avuto il pentimento! Saranno sacrileghe? eh! si può anche profanare il Sangue di Gesù! S. Alfonso di-ce: «chi pecca contro la giustizia speri nella misericor-dia». Ma se poi uno pecca contro la misericordia, in che cosa può sperare ancora?! O novelli ordinandi, ricordate le parole: «Aufer a nobis Domine, iniquitates nostras, ut ad S. Sanctorum puris mereamur mentibus introire...» E chi è Sacerdote ricordi le parole: «Hic est enim calix sanguinis mei, Novi et

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Æterni Testamenti, qui pro vobis, et pro multis effunde-tur in remissionem peccatorum».Qui pro vobis effunde-tur! in primo luogo, ma quando lo si calpesta, potrà ancora essere in remissionem peccatorum? E tu che non hai più la speranza nel Sangue di Gesù Cristo, per-ché lo calpesti, in che cosa speri ancora? nella tua in-nocenza? maledetto colui che spera in se stesso «male-edictus homo qui confidit in homine!» nessuno può salvarsi senza del Sangue di Gesù Cristo! b) E quali le confessioni del tiepido? Tiepidi sono i disordinati, che vanno a confessarsi una volta dopo 6 giorni, e l’altra dopo 20, cambiano spesso confessore; confessano i peccati grossi a uno e i peccati piccoli ad un altro; fanno un esame superficiale e all’ingrosso; il dolore non si saprebbe dire se lo abbiano; hanno una coscienza fatta a maglia... eh! in quelle maglie! chissà quante cose lasciano passare come piccolezze, ma che in realtà sono tutt’altro che piccole! Sui loro occhi non vedi mai una lacrima, in loro non trovi mai una risolu-zione efficace! Il tiepido non aspetta che di aver finito; la confessione per lui non è un conforto settimanale, ma un tormento, un peso che non vorrebbe mai toccare. c) La Confessione invece del buono è una

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buona giornata; non è ancora giornata in piena luce, no, questa è la confessione del santo, che fa le cose per-fettamente, per quanto è possibile all’umana fragilità: quindi la confessione del prete buono non è ancora una giornata di piena luce, ma intanto il buono è diligente quanto al tempo, fa bene il suo esame, ha il pentimento dei suoi peccati, in morte è già sufficientemente tran-quillo! ma ce ne manca ancora. Dio voglia questo: che se lungo l’anno le sue confessioni sono soltanto buone, siano fervorose almeno nei Ritiri e negli Esercizi Spiri-tuali. d) E come sono le confessioni del santo? Oh! il San-to! La sua delicatezza gli fa vedere colpe enormi dove un altro vede niente; il santo vede gravità in una debo-lezza dove un altro ride, come di cosa di nessun conto. «Ma hai fatto questo, hai fatto quello di bene», gli si potrebbe dire, ma egli vi risponde: «Ho fatto quel bene lì sì, ma, intanto so che non corrispondo, dovrei fare molto di più! ho fatto quel bene, ma c’era ancora amor proprio!» e si sforza a dire, si picchia il petto... oh! la confessione del Santo! è diversa! Come sono le nostre confessioni? Dio ci liberi dal doverle classificare fra quelle dei cattivi! ma neppure son mica tiepide?! son

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buone? fervorose? Che fortuna! tutto quello che dete-stiamo ora, non ci sarà più rinfacciato! tutto ciò che scopriamo, sarà sepolto! Siamo debitori, ma abbiamo nelle nostre mani la moneta del Sangue di N.S. Gesù Cristo.

*** III° La disposizione generale per confessarci bene. Tante sono le disposizioni che si richiedono per fare una buona Confessione, ma tutte queste disposizioni si possono ridurre a questa, la quale le vale tutte: tutte ad una ed una per tutte: che consiste in un forte proposito di volerci emendare; occorre però essere molto sinceri in questa volontà: «io voglio proprio farmi santo! costi quel che vuole, voglio farmi santo!» Allora questa vo-lontà fa cercare i mezzi, fa fare i propositi, eccita il do-lore, anche quando non c’è. Ma ci vuole proprio la vo-lontà sincera, la sincerità della volontà, non solo una maschera di buona volontà davanti agli altri o davanti a noi stessi. State per salire l’altare? «mundamini! mundamini!» Siete già ascesi? «Munda cor meum ac labia mea, Do-mine Deus omnipotens, qui labia Isaiæ prophetæ calcu-lo mundasti ignito!...»

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O voi, che state per toccare le cose sante, siate santi ed immacolati! «pavete a sanctuario meo!» accostatevi all’Altare con un santo timore! Ed ecco che io sono felice di vedervi salire un po’ più in su all’Altare di Dio! Sette sono i gradini di que-sto Altare, che vi auguro di salire presto, ad uno ad u-no. Ed effondendo il mio cuore fra il vostro, io, che ebbi a curarvi, a educarvi da molti anni, benché inde-gnissimo di questo ufficio 2, son contento di dirvi da parte di Dio: «ascendite superius! più in su! più in al-to!» Io non sono estraneo in mezzo a voi, son vostro Padre! ed ho bisogno di tutto il vostro aiuto di figli: chiedetemi la grazia di confessarmi bene! ne ho ricevu-te tante assoluzioni! tante volte il Sacramento di Mise-ricordia! e poi un’altra grazia che mi sta a cuore, tanto a cuore. Ed io per parte mia metto tutti i vostri desideri in quel S. Calice. E domandiamo

2 Egli si chiama indegnissimo ma noi sentiamo tutta la salutare efficacia delle Sue paterne premure e sentimmo il bisogno di pregare il Signore che ce lo conservi ancora lungamente «ad multos annos! Ed è nostro dovere ricompen-sarlo con una sincera corrispondenza da parte nostra unita a una calorosa preghiera e cooperazione nei Suoi santi ideali, che per noi diventano comandi e necessità.

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per tutti fin d’ora, la grazia di divenire buoni confesso-ri. Date molta gloria a Dio, molta pace alle anime coll’assoluzione; molto conforto amministrando bene il Sacramento di Misericordia! Tre grazie dunque abbiamo da chiedere in questo ritiro: La grazia di confessarci bene, confessare bene, predicare con efficacia, sia colla parola, che con lo scritto, questo Sacramento di salute e di risurrezione. State nella pace, fate i riflessi e poi andate a ricevere la Benedizione di quel Gesù così buono! che ha voluto istituire un Sacramento apposta per espandere la Sua infinita Misericordia. Domattina considereremo l’im-portanza e la necessità di questo Sacramento.

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Seconda predica

Siamo ora per considerare la

Necessità del Sacramento di Penitenza.

E la consideriamo: I. Alla luce dell’Eternità; II. Alla luce dell’ultima candela; III. Alla luce della Fede. Ah! io sono certo che se il Cuore di Gesù per Sua misericordia ci darà la grazia di confessarci sempre be-ne, di confessare bene, di saper predicare conveniente-mente di questo sacramento, ogni volta che se ne pre-senterà l’occasione propizia, grande sarà la nostra ri-compensa in Paradiso, perché saremo allora tutta pietà e misericordia come il Cuore Sacratissimo di Gesù! Anzi, se siamo stati come Pietro, come la Maddalena, piangiamo prima e poi predichiamo, perché «qui bene fecerit et docuerit, hic magnus vocabitur in Regno Coe-lorum».

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I. Alla luce dell’Eternità. Fra gli adulti son mica molti che si salvano innocen-ti! chi è che può dire di essere senza peccati? e le vie del Cielo son solo due: Innocenza o Penitenza. Nell’ufficiatura della festa di S. Luigi Gonzaga, la Chiesa ci fa pregare: «...innocentem non secuti, poeni-tentem imitemur». Se guardiamo in Paradiso, troviamo tante anime che dicono: il Battesimo ci ha messe sulla strada buona, sulla via della salute, ma noi non l’abbiamo seguita, non abbiamo saputo mantenervici; e allora si stringono attorno al loro Sacerdote e con accento di infinita rico-noscenza lo ringraziano, per averle Egli rimesse, me-diante il Sacramento di Penitenza. La maggior parte di quelli che si salvano, fra gli a-dulti, devono dir grazie al Sacerdote, si salvano in for-za del Sacramento della Penitenza. Anzi, noi stessi siamo stati cattivi, abbiamo naufragato; e allora non ci sarà più speranza? sì, purché ognuno si attacchi con due mani, con tutto il cuore, a questa tavola di salvez-za, che è la Confessione ben fatta. Un Sacerdote che confessa e che predica, arricchisce la sua anima di me-riti immensi! perché egli ha proprio lo spirito di Gesù Cristo, il quale non condannava il peccatore ma di- 3. – La Confessione.

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ceva: «Veni salvum facere quod perierat» e raccontò le parabole di misericordia e di perdono, come quella del Buon Pastore, della Dramma perduta, del Figliuol Pro-digo! «Non hanno bisogno i sani del medico, ma gli ammalati!» O cuore sacerdotale e misericordioso di Gesù, fate che si salvino tutte quelle anime che si acco-steranno a quel Sacro Tribunale! Quel Sacerdote che confessa, che conforta, che salva le anime si può proprio paragonare al Divin Maestro. E Gesù vedendo quel Sacerdote vede un «Alter Christus» veramente; ma proprio un’altra Sua immagine vivente, un altro Lui, nei pensieri, nei sentimenti, nelle aspira-zioni, nelle intenzioni! perché solo essere «Alter Chri-stus» nei poteri non c’è merito, poiché questi non son nostri, ci furono dati benché ne siamo indegni; ma il merito sta nell’amore con cui si esercitano, il merito è la sollecitudine pei peccatori «sollecitudo animarum». E quando quel Sacerdote confessore si presenterà al Padre celeste, Questi lo troverà veramente simile al Suo Gesù «conformes imagini Filii Sui» e lo introdurrà nel regno dei Figli di Dio, all’eredità dello stesso Suo Divin Figliuolo «coheredes autem Christi». Di più: la superbia è difficile che ci prenda per quella parte, poi-ché lì tutto è

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sigillo, tutto è segreto: noi non possiamo neppure van-tarci del bene operato nel confessionale; lì nessuno ha veduto, niente possiamo dire, il merito quindi è tutto al di là e perciò qui si può proprio dire: «qui bene fecerit, hic intrabit in Regnum Coelorum; qui bene fecerit et docuerit hic magnus vocabitur in Regno Coelorum». Il B. Cafasso molti meriti si è fatto confessando! e se voi troverete la via del Confessionale, vi farete molto santi, acquisterete un cuore molto conpassionevole e misericordioso verso le anime: poiché lì si esercitano tutte le opere di misericordia, specialmente spirituali: lì si consigliano i dubbiosi; si istruiscono gli ignoranti; si confortano gli afflitti; si ammoniscono non solo, ma si riconciliano i peccatori con Dio; lì si esercita la pazien-za... il B. Cafasso dava una regola sola per confessare bene: Pazienza, pazienza, pazienza; ecc. con una pro-messa di meriti infiniti, perché «...tutto quello che avre-te fatto a uno di questi minimi lo considero fatto a me». Guardate quel prete, egli è un ospedale pubblico di ammalati! Oh! come parleranno i Confessionali in cie-lo! Il Confessionale, o meglio il Confessore, avrà una luce più splendente che lo stesso Battistero (o meglio, che lo stesso Battezzante).

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È impossibile dire la grandezza dei meriti di uno che confessa e si confessa bene, perché tanto più è umile quell’atto e tanto più sarà la gloria per la eternità. Chè, se è vero che «chi si umilia sarà esaltato», chi più si umilia di chi si confessa bene? qual bene è più nascosto di quello fatto al confessionale? Lì è tutto umile, tutto nascosto: quante cose perdono il merito per la vanità, per la esaltazione; ma lì è tutto merito! II. La Confessione alla luce della morte. In punto di morte ci consoleranno le confessioni ben fatte, le assoluzioni ricevute degnamente. In quel mo-mento, alla luce di quell’ultima candela, andremo con sguardo scrutatore esaminando la vita passata, se mai vi siano ancora dei punti neri, delle macchie fino allora non ancora scancellate. Oh! allora, non il posto, non la lode, ma l’amor di Dio ci consolerà! Ma se invece, a-vessimo a trovare, anziché amor di Dio, dei punti ne-ri!... questo ci spaventerà, questo ci affliggerà; non le maldicenze degli uomini che ci possono aver dette o dire in quel momento. E allora, fra tanta afflizione, dove si rifugerà il no-stro cuore? dove si rivolgerà il nostro spirito per trova-re un po’ di conforto?

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Colla memoria andremo là, alla confessione e doman-deremo come a noi stessi: «...in quell’occasione, hai pianto davvero? nelle tue confessioni hai proprio pro-curato di essere pentito davvero? sei stato un tratto di tempo, senza più cadere in quel peccato? sei stato un po’ di tempo così, lontano dal peccato? il che dimostra che non solo siamo rientrati nella casa paterna, ma che siamo anche da allora in poi rimasti fedeli alla prova; l’essere stato un certo tempo senza più cadere dimostra che non solo ci siamo confessati, ma confessati bene. E perché questo tratto di tempo senza peccato? Il perché sta qui: che il dolore deve aver portato seco i mezzi e con i mezzi pure i lumi per non cadere più, per saper conoscere i pericoli, fuggire le occasioni. Beato te, beato me, se dopo aver detto ai piedi del Confesso-re: «Padre non son più degno di essere chiamato tuo figlio» abbiamo fedelmente seguito e amato il nostro Dio! Allora potremo dire con S. Agostino: «Ho pecca-to, ma ho pure pianto il mio peccato; e tu, o Signore, che hai visto il mio peccato, hai pure visto le mie la-crime; hai pure visto che ho messo mano all’aratro del-la penitenza e non mi son più voltato indietro, né a de-stra o sinistra.

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E veniamo anche ad una considerazione amara; ed è questa: se in quel momento avessimo poi ancora delle pene, dei rimorsi, risultasse che non si fossimo confes-sati bene, se avessimo ancora dei dubbi: delle cadute e ricadute ostinate... oh! allora, quali pene, quali dubbi! sì, sì, l’anima cercherà di scrutare l’esito del giudizio, che le apparirà quale temporale, pieno di tuoni e di lampi, ma non sa se finirà con una grandinata furiosa! Ma andiamo avanti: Finora abbiamo considerato la cosa come se fossimo in un letto all’ultima malattia: ma, e se viene la morte improvvisa? e se ci sorprende mentre camminiamo, per viaggio? se ti sorprende nel sonno e non ti svegli più, se non nell’eternità? se ti sorprende per istrada repentinamente in modo da non darti neppur tempo a fare un atto di dolore? Ditemi un poco: Quali scuse, che cosa potremo dire nell’eternità? Cosa potrà dire quel sacerdote?... «un’altra volta mi confesserò bene?» Ma è già al di là e si muore una vol-ta sola! Egli ha ***resinato, e gli è andata male, la partita è rovinata, è perduta! Come quell’insensato che giuoca il patrimonio! e in una nottata perde tutto, rovina sé e la famiglia. Ma lì si tratta soltanto del patrimonio materia-le,

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senza di che si può ancora vivere: uno può vivere di lavoro, del sudore di sua fatica. Invece, perduta l’ ani-ma, rimane più nulla! anima se n’ha una sola! E già, ha resigato! ***Resiga: «può essere che mi confessi per tempo» e già! ma ti getti in un pozzo colla speranza di uscirne per tempo??... E mettiamo pure che confessi, farai una buona con-fessione?! sarà proprio il punto adatto quello? Non è al punto di morte che si aspetta a fare le alte speculazioni filosofiche o teologiche! quelle si fanno quando si sta bene e per un poco di mal di testa si lasciano. Orbene, mettere a posto anni ed anni non è cosa tanto più facile. E poi, con quel mal di testa... il malato va sempre a-spettando di stare più bene, sempre tramanda le sue cose. Vuol dire tutto questo che il conto è più difficile. Non aspettiamo che ci sia detto: «su, presto, hai più poco tempo, più poche ore rimangono», prendiamo ad occasione gli Esercizi, il Ritiro Spirituale, quando ab-biamo tempo e libertà di scelta, Perché in morte si ag-giunge ancora questo, che non sempre abbiamo como-dità di scegliere il Confessore che vogliamo e non sempre abbiamo libertà di mente: spesso la testa del malato non regge più; e poi, mille sollecitudini e pre-occupazioni

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sopravvengono: e il medico e i parenti... «Ma l’assoluzione non è difficile». Non è difficile! sì, in via ordinaria questo, ma bisogna anche vedere se giova, poiché non basta l’assoluzione, ci vuole anche il pentimento! ma poi: come non è difficile per uno che deve mettere a posto anni ed anni di trascuratezze! quante cose sono passate dalla memoria, ma Dio non le dimentica! quante cose che prima apparivano un nulla e adesso paiono un castello, una montagna insormonta-bile! Quello studio così mal fatto, mezzo trascurato, che responsabilità! se io avessi saputo di più quanto bene avrei potuto fare! Quelle prediche fatte con cuore freddo, quasi a forza, quell’articolo, quanto più amore a Dio avrebbe suscitato se fosse stato scritto con più calore. E quei miei compagni, venuti su divagati, tiepi-di, imputabili in parte a me: avrei potuto dare più buon esempio, in quella scuola potevo tenere più serietà! al-cuni fra i compagni nella scuola son solo centro di maggior leggerezza e di divagazione! e il buon esem-pio? per noi non è soltanto un consiglio, ma è dovere. Inoltre: se io avessi avuto più fervore avrei

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potuto suffragare di più le Anime Sante del Purgatorio, avrei potuto salvare più vocazioni, educarle e formarle meglio; avrei potuto moltiplicare le mie energie, scri-vere di più, lasciare di più del bene presso di me! quan-te più cose avrei potuto fare! di quante occasioni avrei potuto usufruirmi! E sicuro! non siete ormai più bam-bini. Altro è la vita di un giovinetto e altra quella di un Sacerdote. Voi tutti o siete già entrati, o state per entra-re nella vita pubblica; e qui, quante responsabiltà! Si dice che la causa di Savio Domenico fosse pronta in due giorni, eppure non ha potuto precedere, perché va bene che fosse chiara la sua virtù, ma tuttavia non deve farsi precedere il Discepolo davanti al Maestro. E la causa di Don Bosco durò lunghi anni ed intricatissi-ma, perché la sua vita fu tutta operosa e grandemente attiva. Ma ad ogni esame non si faceva altro che riscon-trare più fulgida e lampante la figura del Santo e dell’Apostolo zelantissimo. Potrai dire: «La mia vita è semplice quindi faccio presto ad esaminarla». Va bene, ma e lo zelo!? che tu avresti dovuto avere nello

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scrivere, nell’aiutare le vocazioni, nel salvare le ani-me?! ci vuole Iddio per andare fino a fondo. Chè non è mica un consiglio questo, lo zelo è dovere del nostro stato: «Non accendunt lucernam et pontunt eam sub modio sed ponut eam super candelabrum, ut luceat omnibus!» Far tutto questo in punto di morte?! ti par sia facile? mentre pur ti è difficile ora?! «Ma io mi confesso bene dei peccati individuali, che è più facile». Sì, ma e dei sociali? Tu non sei più tuo, la tua vita è legata, non è più per te. Bisogna confessarsi anche dei peccati della vita pubblica, se no, non basta! L’istruire per noi è ob-bligo, l’assistere i giovani, l’aiutare le vocazioni e le anime è obbligo! non consiglio... Quindi non basta più confessarsi dei peccati individuali. Dunque, come ce la passeremo? Invece: chi può dire: «Nella mia vita ho cercato di fare del bene». Poco importa che gli uomini non lo ri-conoscano. Il bene che ho fatto Iddio lo sa! Ricorderà ancora in quel momento anche il male, che ha fatto, ma ricorda anche che l’ha annullato, e allora in morte go-drà una gran pace! Egli confida e con ragione, nella misericordia di Dio.

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II) Consideriamo ancora la necessità della Confes-sione alla luce della fede. Che cosa dice la fede? Ci dice che noi siamo Preti per diventare dispensatori dei misteri di Dio «dispen-satores mysteriorum Dei». E questo per ufficio, non è mica consiglio. Il Signore ci ha dati i poteri apposita-mente. Chi ha buon spirito lo mostra con una tendenza spe-ciale a confessarsi e a confessare ed a predicare sulla confessione. Lo spirito leggero si ferma alla esteriorità, lo spirito buono invece mira sempre a confessarsi. Vo-gliamo sapere se in noi vi è buon spirito? esaminiamo se c’è costanza nei buoni propositi; se c’è vero dolore nelle confessioni; se andiamo regolarmente dallo stesso confessore: vi può essere alle volte qualche motivo di utilità nel cambiare, ma questo è solo per provvedere alle necessità della propria santità e di rado, ma la rego-la è di tenere un solo confessore e di andare sempre da quello; esaminiamo se nelle nostre confessioni vi è qualche lacrima, almeno qualche volta: ma vi è chi piange facilmente e altri no, non importa, il piangere non è necessario, ma in tutti i casi bisogna però che il dolore sia intenso; deve essere almeno pari al dispiace-re che si

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prova di cosa importante, la più importante anzi deve essere sommo, soprannaturale, universale, efficace. Le qualità che deve avere il dolore sono: 1) che sommo, cioè dispiacere di aver offeso Dio, ma dispia-cere che deve essere sopra ad ogni cosa, per cui l’anima deve essere risoluta di lasciare il peccato ad ogni costo; 2) per motivo soprannaturale, per esempio non pasta il dolore che ne viene per le conseguenze che può aver portato il peccato come per es. una sgridata, ma deve essere perché il peccato è offesa di Dio, chiu-de il Paradiso, apre l’inferno... 3) universale, cioè che abbracci tutti i peccati gravi, e anche i veniali se ce ne vogliamo purificare; e 4) che sia efficace, cioè porti alla fuga delle occasioni e pericoli e all’uso dei mezzi necessari per la emendazione. Noi portiamo davvero il dolore necessario alla con-fessione? Abbiamo proprio buono spirito? Miriamolo dalle confessioni. Quando un’anima va retrocedendo comincia dal lasciare l’esame di coscienza e la confes-sione o se subito non la lascia la abbrevia, la fa in fret-ta, col puro essenziale delle disposizioni

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invece tanto più uno si infervora, e tanto più corre al confessionale, e insiste, vorrebbe dire, egli vede tante imperfezioni nella sua anima e tanti mancamenti che non sa di dove incominciare... e ci vuole tutto a calmar-la e ad assicurarla che Dio l’ha perdonata e non cessa finché non si senta dire: «Adesso basta, sta tranquil-lo!». Per il nostro spirito le Confessioni sono l’indice e il termometro. Un chierico che ha buon spirito, ha vera vocazione, studia bene il «De Poenitentia» sia nella sua parte dogmatica che morale; perché egli mira non solo al pulpito, che è già buon segno, ma al Confessionale, la qual cosa è lo stesso che dire al Cuore di Gesù, tra-sformarsi in lui, ad accostarsi alle anime colle stesse sue viscere di misericordia e di amore. Quando un giovane dice: «Io voglio farmi prete, perché ho voglia di predicare, di scrivere: io a casa fa-cevo altarini» ciò è segno buono di sua vocazione. Ma è ottimo quando egli sente pena per la bestemmia, quando vede o sente raccontare qualche male, o quando i giovani aspiranti al Sacerdozio guardano al Confes-sionale, non soltanto alla buona riuscita,

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ma al Confessionale, la retta intenzione allora c’è, sicu-ro, state pur certi. Mirate un po’ se vi è la retta inten-zione della vostra anima? Diceva quel predicatore: «Io attiro tanta gente alle mie prediche, che montano persino sul Confessiona-le...» «Ma egli li fa entrare dentro» si diceva invece del P. Segneri. Quando un prete ha buon spirito predico spesso sulla Confessione e penitenza. Egli non si lascia sfuggire le occasioni e a buon diritto, perché le anime hanno la vita, lì si grida le tante volte il «Lazzare, veni foras!» e poi agli Angeli del cielo: «Scioglietelo dai lacci del peccato e lasciatelo camminare per le vie di Dio!» Dunque, volendo riepilogare, abbiamo considerato: 1) che cosa ci dice della Confessione il pensiero dell’ eternità, e cioè cos’è la confessione considerata al lume dell’ eternità; e abbiamo trovato che la Confessione è una grande occasione di merito per noi e per le anime. 2) Alla luce della morte; e abbiamo visto che è il grande mezzo di sicurezza e di pace per quell’ultimo passo. 3) Alle luce della fede: e abbiamo riconosciuto che la Confessione è sorgente di fervore per noi, segno ottimo di

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vocazione vera e che forma il buon spirito pastorale. Raccolti qui nella tranquillità e pace, preghiamo il Maestro Divino, che ci faccia comprendere bene la grande importanza della Confessione e che ci dia un cuore simile al Suo. E già! Gli facevano l’accusa di essere troppo buono, di andare coi peccatori, essere l’ amico loro!... Oh! sì, o Signore, siete stato troppo buo-no per me ed io ho abusato di questa vostra bontà! son tornato ad offederVi! ma ora, aggiungete misericordia a misericordia, e giacché ora avete istituito questo Sa-cramento, datemi queste tre grazie: 1° di confessarmi d’ora avanti sempre bene: 2° di confessare bene e 3° di predicare convenientemente di questo Sacramento. Sentite ancora, o Sacerdoti novelli, cosa vi ha detto il Vescovo a nome di Gesù Cristo nelle sacre ordina-zioni imponendovi le mani: «Accipite Spiritum San-ctum, quorum remiscritis peccata remittuntur eis!» Per-donate, sciogliete molte anime dal peccato, perché il vostro operato sarà confermato in Cielo! E voi, che aspirate a sentire questo alito di amore, disponete il vostro cuore coll’apprendere

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bene non solo la lettera, ma più ancora lo spirito del trattato «De Poenitentia» sia nella parte dogmatica, che morale ed ascetica, perché a suo tempo lo amministria-te poi con misericordia e sapientemente.

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Terza Predica La nostra anima, dice S. Francesco di Sales, si può paragonare alla città di Gerusalemme, la mistica città dove il Signore vuole abitare. Attorno a questa città si raggirano molti nemici in cerca del punto debole per potervi entrare; e purtroppo alle volte questi nostri ne-mici riescono ad abbatterle le mura or da un lato or da un altro. Noi dobbiamo riedificare le mura abbattute e prendere le rivincite, contro le passioni, il demonio, il mondo. Il Ritiro mensile è per questo. Questa terza nostra considerazione dovrebbe quindi scendere alla pratica, a vedere cioè: I. Come confessarci. II. Come confessare. III. Come predicare la Confessione, per rialzare que-sto lato forse abbattuto.

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Vi sono dei Sacerdoti che si possono veramente dire martiri della Confessione: chi è martire del dogma del-la Confessione; chi è martire del Sigillo sacramentale e chi della vita, spesa e consumata fra quei quattro assi. E al giorno del giudizio ne vedremo tanti di questi mar-tiri. «Non è martire soltanto chi confessa Dio davanti agli uomini, dice S. Francesco di Sales, ma ancora chi confessa gli uomini davanti a Dio». «Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi», diceva S. Giovanni B. di Gesù e similmente si potrebbe dire di ogni Sacerdo-te; perché il Sacerdote è veramente «Alter Christus». Chi è che toglie il peccato dal mondo? chi è che di-strugge il peccato colla predicazione della divina paro-la, colla esortazione, ma in modo speciale colla Con-fessione? Il Sacerdote! Sotto la protezione dei SS. Martiri, Martiri della Fe-de e Martiri della vita spesa tutta per il Signore, venia-mo alla nostra considerazione. I. Come confessarci? a) Confessarci! Vuoi sapere come confessarti? Pri-ma cosa è quella di confessarti. E confessarci a tempo, ogni otto giorni saran

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sette, saran nove alle volte, ma che nella sostanza sia una volta alla settimana. Una volta sarà un poco prima, un’altra forse un poco dopo, ma che nel complesso sia-no 52 volte all’anno. Così prescrive il Diritto Canonico e così vuole una regola, così usano i buoni Sacerdoti, le anime pie e i Santi, considerati in generale. Vi sono anche dei Santi che si confessano più di frequente e alcuni anche tutti i giorni, ogni quattro, e altri anche più raramente, ma questi sono casi particolari. Noi dobbiamo stare alla comune, non alla comune per dire alla buona e all’ingrosso, ma alla comune dei buoni. Il can. Boccardo ha scritto grossi volumi sulla Confessio-ne per i Preti ed insiste molto contro l’abuso del con-fessarsi soltanto ogni quindici giorni. b) Inoltre: noi vogliamo fare un po’ di penitenza dei nostri peccati, nevvero? per non averla poi da fare tutta al di là; orbene, la Sacramentale penitenza è l’ ufficia-le; il Sacramento della Penitenza è proprio ad hoc, per fare la penitenza dei nostri peccati, come il Battesimo è per togliere il peccato originale e la Cresima per irro-bustirsi nella vita spirituale. La Penitenza Sacramentale dunque è

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proprio ad hoc, per riparare al misfatto dei nostri pec-cati; sì, possiamo anche aggiungere altre penitenze di contorno, ma la sacramentale ha valore ex opere opera-to, e quindi, farla bene la penitenza che si riceve dal Confessore, anzi desiderare che ne venga data molta, farsi elevare a valore di penitenza sacramentale per es. tutte le preghiere della giornata, del mese, tutti i rosari della vita. Di più la Penitenza sacramentale ripara non solo al passato, ma ancora giova al futuro: poiché nell’atto della Confessione si esercitano tutte le mag-giori virtù: Si esercita la Fede nel valore sacramentale dell’Assoluzione; l’Umiltà col mettersi ai piedi del Confessore; la Diligenza nell’esame di coscienza; la Speranza nella Misericordia di Dio di avere il perdono; la Detestazione del male e di conseguenza la Carità di amore a Dio e di propositi per l’avvenire; e tutto questo avanti a Dio e avanti agli uomini. Confessarci dunque, fare questa penitenza. L’amor proprio porta tante scuse... ma col peccato ci siamo in-nalzati e inalberati contro

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Dio ed è giusto che colla penitenza ci abbassiamo ai suoi piedi. c) Tenere lo stesso Confessore: non va bene cambia-re sovente, né confessarci in giro, ma andare dai Sacer-doti della Casa: questa è regola generale di tutte le Comunità Religiose; e ve ne sono tanti, se non piace uno si va da un altro; ma se noi faremo questo sacrifi-cio avremo più grazie di unità e di carità. Del resto se la nostra amicizia non viene fino a questo punto di dare uno le grazie all’altro, di comunicarci i tesori del San-gue di Gesù Cristo che teniamo nelle mani, non è vera amicizia e la fraternità spirituale ci fa membra di mem-bra di uno stesso corpo, sangue che si comunica nelle comuni vene: l’amicizia e fraternità spirituale porta la comunione dei beni spirituali, per cui si viene a costitu-ire una Casa. Conffessarci dunque e bene: non essere scrupolosi, no: non va bene essere scrupolosi, perché fermeremmo l’attenzione su una cosa che non merita, trascurando altre più importanti: lo scrupolo, è una deviazione di attenzione, deviazione di attenzione messa dal diavolo, nemico giurato di ogni cosa buona; lo scrupolo

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esalta nel valutare una cosa, mette lo squilibrio nel giu-dicare, facendo apparire più importante ciò che non è: guasta le idee teologiche. Quindi via lo scrupolo, ma però confessiamoci. «Io non vado perché non ne ho voglia, non mi sento disposto». Bisogna andare allo stesso ed eccitarsi alle disposizioni. Siam mica liberi di portare avanti le no-stre miserie, no! E quindi, se non vi è il dolore, bisogna eccitarlo col considerare la bruttezza del peccato, i No-vissimi, la Passione. E preghiamo fin che ci sentiamo la voglia vero? e colla preghiera e colla considerazione del gran male che è il peccato eccitarci al dolore e ai propositi. Quindi: confessarci, far bene penitenza dei nostri peccati e confessarci dallo stesso confessore. È utile però cambiare qualche volta per provvedere alla pro-pria santità. b) Come confessarci? Colle dovute disposizioni, le quali si possono ridurre tutte a una e una per tutte: la sincerità! Ci vuole la volontà di farci santi; state sicuri che se c’è quello in noi c’è tutto, se non c’è quello tutto il resto è un’imbiancatura che vale nulla. Bisogna che noi esaminiamo più profondamente noi stessi: doman-diamoci un po’: «ho

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io sinceramente la volontà di farmi santo?» massima-mente dobbiamo far questo quando si tratta di peccati veniali, perché se no, la materia prossima, le disposi-zioni, dov’è? la materia circa quam c’è, ma la prossima no, non basta la remota. Il dolore poi deve nascere da questa volontà, da que-sta disposizione generale; e il dolore c’è sempre quan-do c’è questa volontà. Consideriamo quindi sempre come ci confessiamo e come sono le nostre disposizio-ni, ma in modo particolarissimo questa volontà. c) Quando? Ogni otto giorni, l’abbiamo già visto, ma è bene fissare il giorno. Fin’ora ognuno si regolava da sé, man mano che il numero cresce riesce più diffi-cile, senza avere una data fissa e comune. È bene quin-di che stabiliamo anche la data fissa comune per noi, adesso, dirò poi ancora quando dev’essere. 1 Intanto consideriamo che quando c’è la

1 Alcuni giorni dopo, precisamente di Venerdì, ci diceva nella meditazione: «...È bene che oggi facciamo la nostra confessione e così rimane fissato il giorno. Insistiamo inoltre, insistiamo molto che si scelga il Venerdì come data di confessione in ossequio al Divin Maestro che in questo giorno ha versato il Suo Sangue da cui ci viene il perdono di cui il Sacramento della Penitenza è applicazione». Il giorno stabilito, quindi, per le Confessioni qui in Casa è al Venerdì, per tutti, fatta qualche piccola eccezione portata dalla necessità.

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regolarità è più facile fare bene e si fa anche più presto. Se vi è maggior ordine di coscienza vi sarà anche mag-gior frutto. E perciò, nella vita bisogna avere una certa regolarità, se no, non si è mai equilibrati; del resto; come si fissa l’ora del mangiare, del dormire, del gio-care, così è utile naturale che si fissi anche l’ora dello spirito e precisamente il giorno e l’ora della Confessio-ne. L’andare a sbalzi è fare la volontà propria, invece l’essere fissi nelle cose è fare la volontà di Dio. II. Come confessare? Ci vuole preparazione remota, e perciò facciamo in modo di prepararci. Le doti che deve avere un bravo confessore sono: Scientia, probitas vitæ, prudentia e poi un complesso di altre doti che si riducono tutte a questa: pazienza o cuore pastorale. a) Scienza: il trattato «De Poenitentia» va studiato bene, e ciò vuol dire non solo materialmente;

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come è nel libro, ma collo spirito e volontà; compren-dere che è misericordia, persuadersi che il Sacerdote non è solo altare per la offerta a Dio, ma confessionale per la salute delle anime: comprendere che il Sacerdote è una continua remissione e conciliazione delle anime con Dio, è l’anello di congiunzione! comprenderne quindi bene lo spirito. b) Probitas vitæ: Occorre essere buoni e perciò con-fessarci bene per confessare poi bene. Perché uno nella sostanza fa agli altri come, fa lui; e chi non si confes-sasse bene non rileverebbe poi negli altri neppure le cose più importanti dalle accidentali: non conoscerebbe poi neppure i bisogni. Chi si confessa bene, confesserà anche bene; chi si confessa male confesserà anche ma-le. «Ma io darò dei consigli già detti nei libri e molto belli». Sì, sì, tu potrai suggerire tante belle cose, ma le cose esteriori valgono poco. Bisogna che sentiamo ciò che diciamo: chi sente ha poche parole, ma taglienti! efficaci! c) Prudenza: ci vuole prudenza nel confessare, ma non aspettare di essere nel confessionale per imparare la prudenza, bensì avere

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prudenza fin da giovane. Bisogna già che voi 1 confes-siate un po’ i piccoli... Occorre perciò essere calmi, sereni, saper tenere un segreto. Alcuni vengono su così formati seri, taciturni... altri, non son mai capaci di un segreto: sbadati, chiac-chieroni, pur che ridano... Saper tenere il segreto è gran cosa! essere misurati nelle nostre parole, pacieri, saper sempre aggiustare le cose, la via di uscita. Non quando si incontra un altro, che in un momento di debolezza acerbì, andare soffiando ancora e aiutarlo nel suo furo-re: ma saper mettere la pace e la tranquillità: «la, là, lascia un po’ stare! e cosa fai? vieni» e cose simili da spegnere e calmare. Chi è prudente, dà importanza a ciò che merita, nelle cose sa tenersi in equilibrio, né troppo, né troppo poco; dà importanza secondo che merita la gravità della cosa. Il sacerdote prudente sa distinguere per es.

1 Queste parole erano rivolte ai novelli ordinandi, non ancora preti quindi, e vogliono dire: di sapersi attirare già la fiducia e le piccole confidenze dei piccoli, interpretare i loro fastidi ecc.

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fra l’atto e l’ostinazione, fra peccato e debolezza di fragilità umana. Quante volte capita che non si fa di-stinzione fra peccato e peccato che si sente! Per es. al-tro è uno che dica: «ho avuto distrazioni nella preghie-ra» e altro che un secondo dica: «ho sbirciato in un li-bro parole brutte»; distrazioni nella preghiera, e... sbir-ciato parole brutte! bisogna fermarsi: «ma e come? e dove?» rimuovere il pericolo: «l’hai ancora quel libro? è tuo? chi te lo ha dato? ecc.» e tagliare corto, con po-che parole: bisogna dare il taglio alla radice. Per es. venire abili a capire quando le anime hanno pentimento o no, ciò che per noi non è mica soltanto consiglio, ma dovere di ufficio, e avvertirle come di cosa importantissima: perché se c’è sarà valida l’assoluzione e se non c’è no, non è valida. Mi fa molto piacere perché da un anno o due si è divenuti più prudenti, in generale, più silenziosi. Que-sto mi ha spinto a dare le ordinazioni anche a chi non se l’aspettava, perché è molto buona cosa. Crescete! Dicono che per crescere nella prudenza ci vuole del senso comune: sia pure e allora se non l’abbiamo oc-corre domandarlo al Signore, che ce lo dia e ce lo ac-cresca.

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d) La quarta dote, e che comprende tutte le altre che ancor si potrebbero dire, è la Pazienza o Cuore Sacer-dotale. Bisogna che noi crediamo che la Confessione è la risurrezione delle anime: risurrezione che si compie attraverso a tre penitenze: di Gesù C., del penitente, e del Confessore. Attraverso alle penitenze di Gesù Cristo, il quale si è addossato sulle proprie spalle i nostri peccati «peccata nostra Ipse tulit... Ipse portavit» e li ha scontati nel proprio Sangue. Del penitente, al quale costa quest’atto di umiliazio-ne: è vero Sacramento di Penitenza! ... e del Confesso-re che deve chiudersi fra quei quattro assi a ricevere la confessione. È penitenza! Occorre quindi amare, amare molto le anime: andare a loro con un cuore largo! E questo voler loro bene deve consistere nel desiderio e premura di condurle alla massima perfezione, di cui ne saranno capaci. Quando uno si accorge che un’anima corrisponde ed è molto favorita da Dio, allora bisogna condurla molto avanti, suggerire sempre nuovi mezzi, aprire sempre nuovi orizzonti avanti ai suoi occhi; e quando invece

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l’anima è più indietro, allora usare più carità, tutta la carità del cuore di Gesù, tutte le premure di Gesù per i peccatori. III. Come predicare la Confessione? a) Predicarla e predicarla spesso. Tutte le volte che predicherete su questo argomento ne vedrete subito i frutti; tanto più se dopo la predica entrerete in confes-sionale, ne sentirete subito la eco, se avete predicato bene. Perché l’uomo sente che è caduto, e Adamo dopo la caduta sentì il bisogno di nascondersi, e tutti capi-scono che la Confessione è risurrezione. L’uomo è proprio così, che caduto, non è più capace di rialzarsi da se «qual masso che dal vertice di lunga, erta montana abbandonato all’impeto di rumorosa rana per lo scheggiato calle precipitando a valle batte sul fondo e stà» Così è l’uomo dopo la colpa. È così radicato e profondo il sentimento di non poter fare da sé, ma di aver bisogno di un aiuto dall’alto, che anche i pagani già capivano ciò e aspettavano il Reden-tore. Facciamo spesso la predica sulla Confessione,

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quindi. Quante volte? negli Esercizi? certo negli Eser-cizi ci vuole la predica sulla Confessione, perché Eser-cizi senza Confessione non sono Esercizi: quindi lì si-curo, ci vuole una buona predica, anche due sulla Con-fessione. Ma poi nell’anno bisogna ancora parlarne al-meno 4, 5 volte ex professo: e un po’ si tratta l’importanza, un po’ le qualità; una volta il modo, l’altra il dolore; un po’ si tratta della Confessione ordi-naria e un po’ della straordinaria; questo ex professo. E poi occasionalmente, anche più in breve, un richiamo per es. a Pasqua: per fare bene la Pasqua ci vuole una buona Confessione e Comunione. Siamo a Maggio: per volere veramente bene alla Madonna bisogna essere ben in pace col Figlio: siamo alla festa di S. Paolo: per celebrare bene la festa del nostro Protettore è molto utile una buona confessione, più le anime saranno pure e più riceveranno le grazie in abbondanza. E così per il mese del Rosario, così per la solennità di tutti i Santi, così a natale, così nell’Anniversario di qualche data memoranda, come l’anniversario del proprio Battesi-mo, Professione, Prima Messa, ecc. Servirsi di

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tutte le occasioni per parlarne spesso e, non solo in pubblico, ma ancora dal confessionale e dalle relazioni esterne, alle anime in particolare: sei scoraggiato? fa una Confessione generale: sei invitato dalla Grazia ad andare più avanti? fa una confessione straordinaria, di maggior purificazione e maggior dolore; hai da scegliere la vocazione? ci vuole la Confessio-ne genera; state per ricevere gli Ordini? è prescritta la Confes-sione. Mille occasioni si prestano e si suscitano per parlare di questo grande mezzo di salute. Inoltre: cercare di facilitare la strada: scrutare l’anima se ha sinceramen-te sincerità di volontà nel farsi santa, vedere se fa il la-voro spirituale, se ha il proposito vero: di più, non ba-sta questo, ma bisogna che venga a dire: «sì, corregge-rò la mia superbia» oppure «...la mia pigrizia, l’ira», secondo che sarà il difetto principale, certamente uno dei sette vizi capitali, con tutto il fardello di miserie che ognuno porta seco. Predicare dunque spesso sulla Confessione

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con la parola e con lo scritto. Chi vuol scrivere un li-briccino sulla Confessione? Si potrebbe trattare la parte dogmatica e la morale assieme, oppure a parte: meglio ancora se a parte e allora la parte dogmatica dovrà es-sere illustrata con esempi, spiegata bene, resa facile ed attraente; la morale poi è più facile, perché nella prati-ca è più comune e più necessaria. Lì non occorre insi-stere tanto perché tutti ne capiscono il valore; vengono mai i dubbi lì sopra, difficilmente vengono; sono pochi quelli che abbiano a lamentare dubbi sul valore sacra-mentale della Confessione, perché tutti ne sentono il bisogno e il grande vantaggio che ne viene alle anime. Piuttosto è che alle volte non se ne ha voglia. Perciò il modo pratico sia chiaro, semplice, alla portata di tutti. Quanti bei volumi abbiamo qui sopra di S. Alfonso, di S. Antonino, dello Scabrino, la Praxi peri Confessori, ecc. In generale però rivolgersi al popolo, perché i teo-logi sono pochi e il popolo è molto: quindi lasciare le dispute che gli studiosi possono trovare altrove, ma scegliere ciò che è più utile per le anime. Il Libro «Confessatevi bene» per es. è già pratico, sì,

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ma si può migliorare ancora: basterebbe anche soltanto tradurre il Marck, arricchendolo die esempi popolari. Parlarne poi spesso sui Bollettini e sui Periodici, con articoli e con fatti, figure anche. Parlarne in tutte le oc-casioni e se le occasioni non si presentano inventarle: servirsi della Confessione per celebrare bene la festa della Madonna, dei Santi, del Natale, del Protettore, ecc., ecc. Parlarne ora in particolare ed ora in generale: ai fanciulli, ad ai pasqualini; grandi frutti si riceveran-no sempre. Si dirà: ma lì vi è il sigillo e bisogna essere fedele al segreto e quindi si può fare poco per le anime. Non ci vogliono anche delle belle funzioni, delle occorren-ze?... Sì, sì, si possono dire tante cose, ma intanto con la Confessione si comincia a liberare le anime dal pec-cato e questo non è poco! Ma poi: facciano qual che vogliono, se non si sciogliono le anime dal peccato, si fa niente, per condurle a Dio, bisogna allontanarle dal peccato; e quindi, bisogna andare li: tutto è per condur-re le anime all’unione con Dio; e l’esteriore, come sono le funzioni, i canti, la musica, le Feste, tutto deve esse-re per condurre lì, all’unione dell’anima col suo Dio!

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CHIUSURA Voglia il Signore concederci la grazia di rialzare questo lato dell’edificio dell’anima nostra, col darci la grazia di confessarci bene, confessare bene, e predica-re convenientemente e con frutto la Confessione. Chi si confessa bene, avrà un premio; chi confessa avrà un premio più grande; chi zela la confessione avrà un grosso premio: «Qui fecerit et docuerit hic magnus vocabitur in regno cælorum!» Imitiamo i grandi santi: S. Giovanni da Pomiceno, S. Antonino, S. Alfonso, il B. Cafasso, il Beato Bosco, l’Apostolo della gioventù: guardiamo a questi che facevano della Confessione il punto a cui tutti indirizzavano. È difficile confessarsi bene! Sentite questo paragone malizioso: Stavo vicino ad un sacerdote malato; il me-dico dopo averlo visitato bene dice: «Ha un po’ di tut-to, non si sa che cosa dargli; ha consumato tutti i tessuti per cui è inutile la cura: egli ha consumate le sue forze nel bere, non bisogna più dargli da bere!» In altra oc-casione invece, nella prima mi trovavo per dovere in quest’altra

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per combinazione di circostanza; si trattava pure di un malato sacerdote, del quale il medico diceva: «Bisogna dirglielo, si consuma la vita fra quei quattro assi! dite-glielo!» E sicuro: si consuma, e si consumano tutti, ma che differenza! fra gli uni e altri! «Non lasciatelo più confessare!» che elogio, ne?! benché fatto indiretta-mente «se no si consuma tutte le forze!» e questo altro: «Ma chiudete quella cantina, chè non beva più!» che... che cosa!! nè?! vi pare un bell’elogio? Ci consumiamo tutti, sì, egualmente: alla sera si ar-riva tutti a ½ notte assieme, ma le ore come si sono consumate?! La differenza della morte sta nella diffe-renza con cui si passa la vita: Come si vive, così si muore. Il Signore ci benedica tutti e ci conceda oggi le tre grazie.

* * * Fatevi un’idea esatta degli Ordini che state per rice-vere e dei doveri dei chierici. Si può leggere per questo il De Amicis, l’Olier: «Gli alunni del Santuario». Stu-diate bene il trattato degli Ordini. Raccomandatevi an-che ai tre Santi Diaconi, protettori degli Ordinandi:

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S. Vincenzo, che illustrò la chiesa di Spagna; S. Loren-zo che illustrò la Chiesa di Roma e l’Italia ed è anche titolare della Cattedrale e Patrono della nostra Diocesi; e S. Stefano che illustrò colla sua fortezza la Chiesa di Gerusalemme: di lui dice il Breviario, «Stefanus autem plenus Gratiæ et Fortitudinis signa magna faciebat in populo!». Fate poi tre visitine qui sopra: questi tre San-ti sono i Protettori degli Ordinandi e quindi bisogna pregarli se si vuole poi imitarli. Ma sopra tutto, studia-re bene de Clericis, de Ordinibus et de Oris Canonicis, tanto nella loro parte dogmatica, che morale e ascetica. Bisogna poi anche rileggere i pontificali prima, af-finché uno sappia cosa riceve e il momento in cui lo riceve; e così la funzione sarà anche più divota, meno disturbata e più fruttuosa. Questa è la preparazione a ricevere lo Spirito Santo!

G. D. P. H. cum laude.

B. M. ac S. P. A.