julius evola adriano romualdi e la questione indoeuropea

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    Julius Evola, Adriano Romualdi e la questione indoeuropea19 aprile 2014

    Di Fabio CalabreseA volte mi capita di riflettere su quanto sia assurda e mistificante la terminologia

    politica che ci definisce estremisti di destra. Per prima cosa, che noi non siamo npossiamo essere di destra, lho spiegato pi di una volta e ora non il caso ditornarci su se non in sintesi estrema: destra significa conservatorismo, difesa dellostatus quo sociale, nulla che ci possa in qualche modo riguardare, ma neppure iltermine estremismo ci si attaglia in qualche modo.

    Se noi guardiamo allestremo opposto, vediamo che questa terminologia risultapienamente adeguata, nel senso che il no global, il black block per lappuntospingono allestremo unopzione politica presente in forma man mano pi attenuatanel comunista classico, nel socialista, nel socialdemocratico, nel liberal nel sensoamericano del termine, via via discendendo, finch il rosso acceso non sfuma nel rosapallido e nel bianco centrista, ma noi, basta che guardiamo alla nostra immediatasinistra e gi non abbiamo pi parenti di sorta. Abbiamo forse qualcosa a chespartire coi liberali, coi conservatori, coi berlusconiani?

    La verit che noi non siamo estremisti, non siamo unestrema, siamo ci cherimane di un intero mondo, di quel che i vincitori del secondo conflitto mondiale nonsono riusciti a schiacciare, di ci che non sono riusciti a far sparire nemmeno conlimpiego dei mezzi pi subdoli lungo larco di settantanni dopo il pi imponentedispiegamento di forza militare che si sia mai visto nella storia umana.

  • Se qualcuno in un futuro per ora non ipotizzabile dovesse provare a ricostruire lastoria della cultura dalla seconda met del XX secolo in poi, e lo facesse condocumentata obiettivit, non potrebbe evitare di notare una stranezza che hadellincredibile: una parte estremamente minoritaria che continua a porre i problemidella Weltanschauung, della comprensione di noi stessi, dei valori, del significatodella civilt e dellessere umano, del divenire storico, e laltra, quella numericamentepreponderante in maniera schiacciante, che detiene tutte le posizioni di potere, diautorit accademica e di controllo mediatico, congelata in unassoluta sterilit, cheripete formule stereotipate e bugiarde, i dogmi dellantifascismo, delluguaglianzadegli uomini, della non rilevanza dellappartenenza etnica e razziale,lautocelebrazione dellipocrisia democratica che proprio mentre si appresta auccidere i popoli annegandoli nelluniversale meticciato per creare unumanit ibridae schiava, ne proclama pomposamente la sovranit.

    Nello spirito di un contributo alledificazione, al restauro, alla difesa del nostropiccolo cosmos che si contrappone alluniversale caos, ho sviluppato anche laricerca sulle origini di cui vi ho dato conto sulle pagine di Ereticamente, poich laconsapevolezza o la sua assenza, delle nostre origini costituisce una parte nonpiccola dellidea che ci facciamo di noi stessi.

    In questa ricerca sono giunto a formulare, come vi ho raccontato, le mie sei tesieretiche che ormai ben conoscete e che nel loro insieme formano una visione dellenostre origini in netto contrasto con ci che ci racconta la scienza ortodossa epoliticamente corretta secondo i crismi dellortodossia democratica. Talmenteeretiche che mi sembrato giusto cercare il confronto, lapporto (e anche il conforto)di altri intellettuali della nostra area. Come sapete (Il coraggio di essere eretici),mi hanno risposto in tre: Michele Ruzzai, Gianfranco Drioli ed Ernesto Roli.

    In attesa che anche altri da me interpellati si facciano avanti, proveremo ora ainterrogare attraverso gli scritti che ci hanno lasciato, due uomini il cui spirito certamente ancora fra i nostri ranghi ma la cui fisicit purtroppo non pi, due uominiche di sicuro hanno ancora tanto da insegnare a tutti noi: Julius Evola e AdrianoRomualdi.

    Delle questioni da me sollevate, quella su cui entrambi puntano il loro interesse, soprattutto quella delle origini indoeuropee. Bisogna ammettere per che delle seitesi questultima forse la pi centrale in ordine a tutta la problematica da mesollevata, infatti, da un lato, se come si desume dalle osservazioni di entrambi, inostri remoti antenati indoeuropei non erano pacifici agricoltori nostratici manomadi guerrieri e conquistatori, questo ci dice qualcosa qualcosa dipoliticamente molto scorretto intorno alle origini della civilt. Dallaltro, se la loroorigine va ricercata nel mondo boreale iperboreo, questo non un argomentorisolutivo ma certamente un forte indizio del fatto che lorigine stessa dellumanitvada cercata nel nord e non nel sud, e tanto meno nellAfrica subsahariana.

    Prima di esaminare quanto ha da dirci Julius Evola in ordine alla questione delleorigini indoeuropee, sar forse opportuna una precisazione: identificandosemplicemente Julius Evola con la figura, con lo stereotipo oserei dire, del maestrodella tradizione, si d spesso una lettura appiattita e riduttiva di quello che statoprobabilmente uno dei pi interessanti e complessi pensatori del XX secolo.

    Noi ci dimentichiamo spesso che, storicamente, i legami non solo con latradizione primordiale ma con quante da essa possono esserne derivate, sono stati dagrandissimo tempo recisi. In particolare, per quanto riguarda la cultura europea, laferita mai sanata inferta alle nostre radici, stata lirruzione del cristianesimo,irruzione, non dimentichiamolo, avvenuta dallesterno, dal Medio Oriente, da unmondo spirituale estraneo allEuropa e ad essa contrapposto. Il cristianesimo vaconsiderato lanti-tradizione per antonomasia, e tutti coloro che parlano ditradizionalismo cattolico e simili ossimori, compresa purtroppo una schiera nonpiccolissima di ex evoliani, semplicemente non sanno quello che dicono o di chefarneticano.

    Non pensabile che Julius Evola sia riuscito a riannodare i fili interrotti dellatradizione senza un percorso intellettuale che va considerato e senza il quale egli non

  • pu essere realmente compreso: dallidealismo magico allesperienza del gruppo diUr.

    Mi viene in mente un paragone forse ardito, con la figura di Socrate come presentata da Alcibiade nei Memorabili e come invece da Platone, ma scoprendonetutta la problematicit e lo spessore, non certo con la riduzione a uno stereotipo, chePlatone ha fondato la metafisica autoctona dellEuropa.

    Per quanto riguarda linterpretazione delle origini indoeuropee, Ernesto Roli ciassicura della competenza di Evola sullargomento, basata sulla conoscenza non solodi miti e tradizioni, ma dellarcheologia scientifica.

    Evola non avrebbe mai condiviso tesi fantasiose e non scientifiche. E statolunico, infatti, a saper coniugare mito e scienza. Sapeva che ai miti in se, non faciledare una collocazione temporale, ma con la sua conoscenza dei dati scientifici edarcheologici, ha saputo equilibrare le due cose. Per i miti, diceva, vi il tempo mitico,per la scienza vi la cronologia, anche se difficile da interpretare.

    Evola conosceva perfettamente larcheologia nordica. Conosceva i vari archeologitedeschi e le loro teorie. Conosceva H. Gunther, G. Kossinna, H. Krahe, W. Darr etutti gli altri. Conosceva G. Devoto e altri archeologi indoeuropeisti italiani estranieri e alla fine condivideva la posizione centro nord europea della formazionedei popoli indoeuropei.

    Ecco dunque un estratto di un brano di Evola: Le migrazioni nordico-occidentali,inserito in Indirizzi per una educazione razziale del 1941.

    Anzitutto parlando di Nord non si deve intendere la regione germanica. La sedeprimordiale della razza aria va riconosciuta invece in una regione corrispondenteallArtide attuale: ci, in quella remotissima preistoria, di cui si detto. In un periodosuccessivo, ma sempre preistorico, il centro di irradiazione sembra essersi spostatoin una sede nordico-atlantica. Nelle altre opere nostre si sono riferiti gli elementi chegiustificano una tale tesi, corrispondente, peraltro, a ricordi e insegnamentitradizionali concordanti di varie civilt. Anche dal punto di vista positivo, geofisico, possibile ammettere che la regione artica, o iperborea che dir si voglia, non siadivenuta quella inabitabile dei ghiacci eterni che gradatamente, partendo da unadata epoca: mentre il centro successivo, nordico-atlantico, sembra essere scomparsoper via di un cataclisma oceanico.

    ().Noi di solito usiamo il termine iperboreo, forgiato in Grecia, prima ancora che dei

    Germani si sapesse qualche cosa. In ogni modo, diciamo senzaltro che ario,nordico-ario, nordico-occidentale ecc., in una seria dottrina della razza non voglionper nulla dire tedesco o germanico: sono designazioni di una realt assai pivasta. Esse si riferiscono a un ceppo, del quale i popoli germanici del periodo delleinvasioni non sono che una fra le tante diramazioni, poich allo stesso ceppoavrebbero avuto diritto di riferire le loro origini le maggiori stirpi creatrici di civiltin Oriente e in Occidente, nellantica India e nellantica Persia, come pure nellaprima Ellade e nella stessa Roma. Fra tutte queste stirpi pu esistere un rapporto diconsanguineit, ma per nulla di derivazione. Di derivazione pu parlarsi rispetto aquel comune ceppo iperboreo, di cui si detto, il quale per retrocede in unapreistoria cos remota, da far apparire sciocca ogni pretesa, da parte di un qualsiasipopolo storico, e tanto pi moderno, di accaparrarsene come che sia la esclusivadiscendenza.

    Si nota per prima cosa lepoca a cui risale questo testo, unepoca, appunto, in cuiera possibile parlare liberamente di razze e perfino di dottrine razziali senzacomplessi e senza tab, senza il timore di cadere sotto democratici anatemi.Quando noi parliamo di nordico, insiste Evola, non parliamo di qualcosa chesignifica necessariamente germanico, ma di un elemento che ancestrale rispettoai Germani come a tutti gli altri indoeuropei.

    Faccio notare che questo discorso molto vicino ad avvalorare anche lorigineboreale, nordica almeno della variet eurasiatica della nostra specie, in totalecontrasto con la leggenda dellorigine africana. E stato verosimilmente il pi severoambiente nordico a selezionare le qualit umane come la cooperazione sociale, la

  • preveggenza, la capacit di tesaurizzare le risorse disponibili in vista del futuro, lacura e la protezione della prole, e via dicendo. Tutto ci senzaltro in relazione coigeni che indicano unevoluzione recente del cervello, presenti negli Europei e negliAsiatici, ma assenti negli Africani, di cui a Bruce Lahn stato impedito di occuparsinei suoi studi dallonnipotente censura democratica e antirazzista.

    Mentre il centro successivo, nordico-atlantico, sembra essere scomparso per viadi un cataclisma oceanico.

    Il riferimento al mito platonico di Atlantide direi piuttosto chiaro. Questo un argomento che meriterebbe davvero una trattazione a parte, e non detto chenon ci torneremo sopra, ma per ora limitiamoci a unesposizione per sommi capi. Lanarrazione platonica stata coperta, e continua a essere coperta da decenni discetticismo e di ridicolo da parte dei ricercatori ufficiali. Cera e c di mezzo ILDOGMA progressista in base al quale la civilt umana non pu essere pi antica del3.000 avanti Cristo.

    Solo che nel 2006 larcheologo Michael Parker Pearson dellUniversit diSheffield (Regno Unito) ha fatto osservare che gli allineamenti dei complessimegalitici di Stonehenge e di Carnac in Bretagna sembrano puntare in direzionedelle isole Azzorre. E appunto possibile che le isole che formano oggi questoarcipelago siano quelli che un tempo erano i rilievi montani di una terra molto piestesa. Sarebbero venuti da l i costruttori di megaliti che avrebbero eretto i duecomplessi, quello britannico e quello bretone come cenotafi in ricordo degli antenatie della patria perduta. Il popolo e la cultura dei costruttori di megaliti, deiSUPERSTITI DI ATLANTIDE sarebbero allinizio della civilt europea.

    Io non metto la mano sul fuoco per questa teoria, ma quello che conta, respingere il pregiudizio, il paraocchi progressista secondo il quale assolutamenteproibito pensare che la civilt umana possa essere pi vecchia di cinque millenni,perch una volta iniziata, DEVE avere uno sviluppo necessariamente ascendente.

    Parliamo di Adriano Romualdi: in un suo testo, Gli indoeuropei, loriginecentroeuropea, e non mediorientale (come vorrebbe la teoria nostratica) dei popoliindoeuropei affermata con tutta chiarezza, e trova il suo appoggio in una solidaserie di dati linguistici:

    Un esame pi attento delle lingue indoeuropee permette di rinvenire terminicomuni che designano lorso, il lupo, il castoro, la quercia, la betulla, il gelo, linverno,la neve, ci rimanda cio ad originarie sedi settentrionali. La presenza del nome delfaggio albero che non cresce ad Est della linea Konigsberg-Odessa e del salmone,pesce che vive nel Baltico e nel Mare del Nord, ma non nel Mar Caspio o nel MarNero, ci permettono di collocare lantica patria indoeuropea in un territoriocompreso tra il Weser e la Vistola, esteso a Nord fino alla Svezia meridionale e a Sudfino alla Selva Boema e ai Carpazi. Effettivamente, da questo territorio si irradiano, apartire dal 2500 a.C., una serie di culture preistoriche che dilagano dapprima nellevalli del Danubio e del Dnjeper, e di qui raggiungono lItalia, la Grecia, la Persia,lIndia.

    Concetti dello stesso genere si trovano anche nellintroduzione a Religiositindoeuropea di Gunther a cui, come sappiamo, ha posto mano anche Ernesto Roli.

    Rileggendo questo passo non si pu non ammirare la profonda cultura diRomualdi ma anche la sua chiarezza e sinteticit che di solito sono il prodotto di unacultura e di un esercizio nellarte dello scrivere protratti per decenni, e possiamo bencomprendere di quanto ci abbia privati il crudele destino che ce lha strappatoprecocemente.

    C certamente una questione che a questo punto occorre considerare: JuliusEvola appartiene alla generazione di intellettuali emersi fra le due guerre mondiali.Adriano Romualdi, di una generazione pi giovane, tuttavia precocementescomparso da un quarantennio. Non pu essere che il trascorrere del tempo e deglieventi, nuove scoperte e nuove ipotesi abbiano reso obsolete le loro teorie?

    Che ci non sia avvenuto, sempre il nostro buon Ernesto Roli a darcenetestimonianza:

    Dato che dalla scomparsa di Adriano ad oggi, non sono stati fatti progressi di

  • rilievo nel campo dellindoeuropeistica, Religiosit Indoeuropea, deve intendersiancora una valida base per qualsiasi discorso di paletnologia europea, insieme aOrigini indoeuropee di G. Devoto, al Vocabolario delle istituzioni indoeuropee diE. Benveniste e alle opere di G. Dumezil.

    Questi autori costituiscono una base solida dellindoeuropeistica, da un punto divista archeologico, culturale, linguistico, filologico, storico ed istituzionale.

    Si pu andare oltre, e asserire con Silvano Lorenzoni che dal punto di vista diquesto genere di studi come su tutto il resto, dal 1945 in Europa sono calate letenebre, che le acquisizioni avvenute fra le due guerre mondiali sono state sostituitemanu militari da una serie di falsificazioni come la favola nostratica o quella dellOut of Africa, volte a sostenere i dogmi della democrazia e dellantirazzismo, chelunica tenue luce sia rappresentata dagli studiosi collegati a quella che vienedefinita abbiamo visto in maniera quanto impropria larea politica dellultradestra,che hanno proseguito i loro studi sia pure in condizioni di estrema precariet e deltutto al di fuori dei circuiti della ricerca accademica.

    Io credo che non ci si sminuisca nellammettere i propri limiti, e non vi ho mainascosto di possedere una cultura pi vasta ed eterogenea che non profonda. Su temispecifici quali lindoeuropeistica, mi sento non solo di dover riconoscere leccellenzadi Adriano Romualdi, ma anche la competenza di ricercatori come Silvano Lorenzonio Ernesto Roli.

    Riguardo a Roli, che considero una vera fortuna aver incontrato nelle miericerche, riporto ora un estratto che ho gi citato in Il coraggio di essere eretici:

    La zona delle steppe ucraine, il Caucaso, lAnatolia, o altro, in realt erano pirecenti della Cultura Megalitica Nordica (2800). E dalla zona tra il Reno e la Vistolache partono le prime migrazioni Indoeuropee (Asce da Combattimento), 2600 a C.Questa cultura megalitica nordica di tipo neolitico, ma affonda le sue radici nelmegalitismo occidentale e soprattutto nella cultura mesolitica detta di Ertebolle e inquella pi antica di Maglemose (8000 a C.).

    Si pu non essere, e nessuno obbligato a essere un esperto di culture neolitiche,e tuttavia il simbolismo dellascia da combattimento salta subito agli occhi,specialmente se contrapposta a quella della zappa dellagricoltore nostratico che idemocratici politicamente corretti vorrebbero far impugnare ai nostri antenati perdisarmare psicologicamente noi.

    Teniamo la nostra ascia da combattimento ben affilata in vista della provadecisiva che stabilir se questo continente sar ancora abitato da genti indoeuropeebianche o invece da meticci figli dellimmigrazione mondialista.