la biologia 1 È la scienza della vita

76
A2 LA BIOLOGIA È LA SCIENZA DELLA VITA CAPITOLO A 1 i virus, al limite della vita LEZIONE 2 l’applicazione del metodo scientifco LEZIONE 3 al benessere sociale dell’essere umano LEZIONE SOSTENIBILITÀ 4 la scienza che studia gli esseri viventi LEZIONE 1 NAVIGA IL CAPITOLO La biologia compresi è si fonda su contribuisce DIMMI LA TUA! Il mestiere del biologo Tu sai che cosa fa un biologo? Ma non lo fa lo zoologo? Io penso studi anche il funzionamento del nostro corpo e l’ambiente. Studia gli animali. La biologia non ha molte applicazioni nella vita quotidiana. Quelli sono i medici e i geologi. I biologi hanno una preparazione superficiale su tutto. Domande: 1. Con quale posizione sei più d’accordo e perché? 2. Quali affermazioni non ti convincono e perché? 3. Cerca informazioni in Rete che ti consentano di argomentare la tua posizione e discutine in classe. DATI IN AGENDA Scienziati d’Italia Guarda il video, poi rispondi alle domande. 1. Qual è la facoltà che ha avuto più iscritti? 2. Quanti iscritti hanno avuto chimica e fisica insieme? 3. Collegati al sito USTAT del MIUR e trova i dati relativi alle iscrizioni ai corsi di laurea scientifici per gli anni accademici 2016-2017, 2015-2016 e 2014-2015. Realizza un grafico in cui evidenzi l’andamento delle iscrizioni nel corso del tempo.

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Page 1: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A2

LA BIOLOGIA È LA SCIENZA DELLA VITA

CAPITOLO A

1

i virus, al limite

della vita

LEZIONE 2

l’applicazione

del metodo scientifico

LEZIONE 3

al benessere sociale

dell’essere umano

LEZIONE SOSTENIBILITÀ 4

la scienza che studia

gli esseri viventi

LEZIONE 1

N A V I G A I L C A P I T O L O

La biologia

compresi

èsi fonda su

contribuisce

D I M M I L A T U A !

I l m e s t i e r e d e l b i o l o g o

Tu sai che cosa

fa un biologo?

Ma non lo fa lo zoologo? Io penso

studi anche il funzionamento del

nostro corpo e l’ambiente.

Studia gli animali. La biologia non ha

molte applicazioni nella vita quotidiana.

Quelli sono i medici e i geologi. I biologi

hanno una preparazione superficiale su tutto.

Domande:

1. Con quale posizione sei più d’accordo e perché?

2. Quali affermazioni non ti convincono e perché?

3. Cerca informazioni in Rete che ti consentano di

argomentare la tua posizione e discutine in classe.

D A T I I N A G E N D A

S c i e n z i a t i d ’ I t a l i a

Guarda il video, poi rispondi alle domande.

1. Qual è la facoltà che ha avuto più iscritti?

2. Quanti iscritti hanno avuto chimica e fisica insieme?

3. Collegati al sito USTAT del MIUR e trova i dati relativi

alle iscrizioni ai corsi di laurea scientifici per gli anni

accademici 2016-2017, 2015-2016 e 2014-2015.

Realizza un grafico in cui evidenzi l’andamento

delle iscrizioni nel corso del tempo.

Page 2: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A3

Una scienza con tante discipline

Quali caratteristiche distinguono un sasso da una pianta? Un virus è un essere vivente oppure no? Come hanno avuto origine gli organismi che popolano la Terra, e co-me si sono evoluti? La scienza che cerca di rispondere a queste domande è la biologia.

Gli esseri viventi sono rappresentati da una straor-dinaria varietà di forme e dimensioni: dai batteri grandi meno di un millimetro fino ai 30 metri della balenotte-ra azzurra. Per sopravvivere, gli organismi interagiscono con l’ambiente che li circonda, da cui traggono le sostan-ze nutritive che trasformano per ricavare energia e co-struire il proprio corpo. Allo stesso tempo, gli organismi modificano l’ambiente in cui vivono, interagendo con gli altri esseri viventi. L’evoluzione a partire da un antenato comune comparso quasi quattro miliardi di anni fa ha ge-nerato la grande varietà di forme di vita che osserviamo, e che in biologia viene chiamata biodiversità (Figura 1).

Nel corso del tempo, le discipline specialistiche che si occupano dei viventi si sono moltiplicate. Le più ampie, come la zoologia (la disciplina che studia gli animali) e

1

Figura 1 La varietà degli organismi

Tramite un processo di evoluzione lunghissimo, da un antenato comune si sono originate tutte le differenti forme viventi che possiamo osservare sul pianeta.

la botanica (che studia le piante), si sono suddivise in di-scipline specifiche tra cui l’ittiologia (che studia i pesci), l’entomologia (che si occupa degli insetti) e l’ornitologia (che studia gli uccelli).

Un altro punto di vista considera, invece, i diversi li-velli di organizzazione dei viventi: l’ecologia approfon-disce le interazioni tra gli organismi e l’ambiente, mentre l’istologia e la citologia studiano rispettivamente i tessu-ti e le cellule. Da qui si arriva fino a discipline più recenti come la biologia molecolare, la genomica e la proteo-

mica, che studiano i viventi a livello molecolare.Il progredire delle conoscenze in queste discipline

non sarebbe stato possibile senza gli sviluppi delle tec-nologie applicate alla biologia, per le quali oggi sono stati creati nuovi termini come biotecnologie, bioinformati-

ca, ingegneria genetica. Nel loro lavoro di ricerca, oggi i biologi utilizzano tecniche provenienti da altri labora-tori, come quello di fisica che si è rivelato indispensabile nello studio della forma tridimensionale delle molecole, grazie all’uso dei raggi X. Seguendo tale approccio, all’i-nizio del Novecento nacque la cristallografia, la scienza che ha rivelato la struttura cristallina dei minerali e delle biomolecole. È grazie alla cristallografia a raggi X che conosciamo la struttura a doppia elica del DNA.

RICORDA La biologia studia gli esseri viventi ed è

suddivisa in numerose discipline specialistiche.

Biologiaè un termine coniato all’inizio dell’Ottocento, fondendo i termini greci bíos, «vita», e lógos, «discorso, studio».

LA BIOLOGIA STUDIA I VIVENTI

LEZIONE 1

è costituita

da diverse

discipline 1

studia i

viventi 2

La biologia

suddivisi in

batteri, archei

ed eucarioti

10

un’organizzazione

gerarchica 7

essere

fatti di

cellule 3

un linguaggio

genetico

universale 4

ricavare energia

dall’ambiente 5

capacità di

autoregolarsi 6

l’interazione

reciproca 8

l’evoluzione 9

tutti accomunati da

Page 3: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A4

Le caratteristiche comuni dei viventi

Nonostante siano molto diversi tra loro, i viventi con-dividono sette caratteristiche che li distinguono dalla materia inanimata:1. tutti gli organismi sono fatti di cellule;2. le cellule contengono informazioni ereditarie scritte

in un linguaggio genetico universale (cioè comune a tutte le forme di vita), che trasmettono alla loro di-scendenza;

3. le cellule ricavano dall’ambiente energia e nutrienti;4. gli organismi rispondono ai cambiamenti dell’am-

biente esterno regolando il proprio ambiente interno;5. la vita è organizzata in livelli gerarchici;6. gli esseri viventi interagiscono gli uni con gli altri;7. tutti i viventi sono comparsi per evoluzione a partire

da un antenato comune.In alcune fasi dell’esistenza una forma di vita può non mostrare tutte e sette le proprietà elencate. Per esempio, i semi di una pianta possono rimanere inattivi per anni senza consumare energia o svilupparsi.

RICORDA Gli organismi viventi hanno in comune

sette caratteristiche.

2

Gli organismi sono fatti di cellule

La scoperta della cellula risale al Seicento e si deve a Ro-

bert Hooke, uno studioso di fisica, chimica, paleontolo-gia e architettura, vissuto in Inghilterra dal 1635 al 1703. Hooke affiancò al lavoro di ricerca un’intensa attività di progettazione di strumenti scientifici; uno dei suoi risul-tati più famosi riguarda i perfezionamenti apportati al microscopio ottico.

Grazie all’invenzione di nuove lenti e a un nuovo si-stema di illuminazione, Hooke poté effettuare una serie di osservazioni; in una di queste, egli esaminò alcune sottili fettine di sughero e notò che erano costituite da tante piccole «cellette» separate tra loro (Figura 2). Hooke chiamò queste singole unità cellule (dal latino cèllula, cioè celletta, cameretta); in realtà egli stava osservando un tessuto vegetale costituito da cellule morte, che a basso ingrandimento appaiono proprio come delle cavità cir-condate da una parete rigida.

Negli stessi anni, il danese Antoni Van Leeuwen-

hoek, con un microscopio da lui costruito, osservò e descrisse una grande varietà di microscopici organismi unicellulari che vivono nelle acque stagnanti. Ci vollero però più di cento anni perché le conoscenze sulle cellule facessero progressi significativi.

Nel 1838, i biologi tedeschi Mathias Schleiden e Theo-dor Schwann, che studiavano rispettivamente le piante e gli animali, rimasero colpiti dalle somiglianze tra le loro osservazioni e conclusero che sia i vegetali sia gli animali sono costituiti dallo stesso elemento di base: la cellula. Questo punto costituisce la base della teoria cellulare che, nella forma moderna, afferma:• le cellule sono le unità strutturali e funzionali di tutti

gli organismi viventi;• tutte le cellule hanno origine da cellule preesistenti;• le cellule sono simili per composizione chimica;• tutte le cellule sono delimitate dalla membrana pla-

smatica, che seleziona le sostanze in entrata e in uscita;• l’ambiente interno alla membrana è costituito da una

miscela di acqua e di altre sostanze chiamata citopla-

sma, in cui avvengono moltissime reazioni chimiche;• tutte le cellule possiedono un proprio materiale gene-

tico, che contiene le informazioni ereditarie necessa-rie alla cellula per svilupparsi, accrescersi e riprodursi.

Gli organismi unicellulari sono formati da una sola cellu-la; gli organismi pluricellulari sono composti da numerose cellule specializzate in funzioni diverse.

RICORDA La cellula è la struttura più semplice

degli organismi viventi, in grado di svolgere

tutte le funzioni vitali.

3Il microscopio

con cui

Robert Hooke

osservò per

la prima volta

le cellule.

Il disegno del

sughero al

microscopio

realizzato da

Hooke.

Alcune cellule

vegetali

osservate al

microscopio

ottico.

Un moderno

microscopio

ottico.

Figura 2 Dal microscopio di Hooke al microscopio ottico moderno

Dalla seconda metà del Seicento a oggi, le tecniche di microscopia sono migliorate considerevolmente.

Page 4: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A5

PER SAPERNE DI PIÙ

Strumenti per osservare le cellule

I l più piccolo oggetto che un essere umano riesce

a distinguere misura circa 0,2 mm

(200 μm). Inoltre, la distanza che deve separare

due oggetti affinché l’occhio li percepisca come

oggetti distinti prende il nome di risoluzione; due

oggetti più vicini sembrano un’unica macchia.

Molte cellule sono più piccole di 200 μm (1

micrometro è un milionesimo di metro: 1 x 10-6

m) e quindi risultano invisibili per l’occhio umano. I

microscopi accrescono il potere di risoluzione dei

nostri occhi e ci consentono di osservare le cellule

e le loro strutture interne. Attualmente è possibile

distinguere due tipologie di microscopi in base al

loro funzionamento: microscopi ottici e microscopi

elettronici.

Il microscopio ottico

Il microscopio ottico forma immagini ingrandite

degli oggetti utilizzando lenti di vetro e la luce

visibile. Questo strumento ha un potere di

risoluzione di circa 0,2 μm, cioè 1000 volte

superiore rispetto all’occhio umano, e permette

di vedere la dimensione e la forma delle cellule e

alcune strutture intracellulari.

Se vogliamo osservare cellule vive, si può usare

il microscopio ottico a contrasto di fase (Figura A),

ma le strutture cellulari interne sono difficili da

distinguere sotto la luce visibile, perciò spesso le

cellule subiscono un trattamento chimico che ne

colora i componenti con tinte diverse (Figura B).

Il microscopio elettronico

Il microscopio elettronico a trasmissione

(Figura C) permette di osservare la struttura

interna delle cellule. Esso impiega degli

elettromagneti per mettere a fuoco un fascio di

elettroni, proprio come un microscopio ottico

usa lenti di vetro per focalizzare un raggio di luce.

Dato che gli elettroni sono invisibili, per creare

un’immagine visibile il microscopio elettronico

li dirige su uno schermo fluorescente o su una

pellicola fotografica. Per poter essere attraversato

dagli elettroni, il materiale da osservare, chiamato

campione, deve essere estremamente sottile.

La risoluzione di un microscopio elettronico

è di 0,2 nm (nanometri) circa: un milione di

volte superiore all’occhio umano. I microscopi

elettronici ingrandiscono i campioni molto di più

di quelli ottici e si ha una risoluzione migliore,

ma le cellule si possono osservare soltanto da

morte, poiché devono essere preparate per

l’osservazione nel vuoto. Se vogliamo studiare

le strutture presenti sulla superficie delle cellule

si utilizza il microscopio elettronico a scansione

(Figura D), che mostra immagini che appaiono

tridimensionali.

Figura Queste fotografie mostrano alcuni tipi di cellule osservate

con tecniche diverse di microscopia ottica ed elettronica.

Microscopio elettronico a trasmissione

Generatore del fascio

di elettroni

Raggio elettronico

Condensatore

(un elettromagnete)

Campione

Obiettivo

Proiettore

(un elettromagnete)

Schermo o

fotocamera digitale

Nella microscopia a fluorescenza si marcano

con una sostanza fluorescente le componenti

cellulari da esaminare. Il campione viene poi

illuminato con un fascio di luce, che viene

assorbita e riemessa a una lunghezza d’onda

maggiore. Filtrando la luce emessa si può

osservare un colore alla volta e comporre poi

immagini a più colori.

Nella microscopia elettronica a scansione

(SEM) si dirigono gli elettroni sulla superficie

del campione, dove causano l’emissione di

altri elettroni che si rendono visibili su uno

schermo. Si riesce così a ottenere un’immagine

tridimensionale del campione.

Nella microscopia elettronica a trasmissione

(TEM) un raggio di elettroni viene focalizzato

sul campione tramite magneti. Gli oggetti che

assorbono elettroni appaiono più scuri. Gli

elettroni che attraversano il campione sono

evidenziati su uno schermo fluorescente.

Nella microscopia a contrasto di fase il contrasto

nell’immagine viene aumentato esaltando le

differenze nell’indice di rifrazione (la capacità

di deviare la luce in base alla diversa densità), e

quindi il chiaroscuro delle varie regioni cellulari.

Raggio

di illuminazione

Oculare

Obiettivo

Campione

Fonte luminosa

Condensatore

Microscopio ottico

C

A B

D

Page 5: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A6

Le cellule contengono informazioni ereditarie

Tutte le cellule del tuo corpo sono costituite da molecole che a loro volta sono formate da atomi. Gli atomi sono le particelle di cui è costituita la materia. In natura esi-stono diversi tipi di atomi: una molecola è formata da due o più atomi, uguali o diversi, legati insieme. Atomi e molecole presenti nelle cellule obbediscono alle stesse leggi della fisica e della chimica che governano la materia inanimata. Le cellule tuttavia posseggono due caratteri-stiche peculiari che le distinguono dai sistemi inanimati: si riproducono e si sviluppano secondo un «progetto in-terno» archiviato sotto forma di informazione genetica.

4

Una cellula batterica, per esempio, si accresce fino a che, raggiunta una certa dimensione, si divide in due cellule identiche alla cellula madre. Ciò è possibile grazie a due tipi di molecole: il DNA (o acido desossiribonucleico) e le proteine.

Ogni molecola di DNA (Figura 3) è una lunga sequen-za di molecole più piccole chiamate nucleotidi, legate tra loro come le perle che formano una collana. Allo stesso modo, una proteina è una sequenza di molecole più piccole dette amminoacidi. I tipi di nucleotidi e di amminoacidi sono uguali in tutte le cellule di tutti gli organismi ma sono organizzati in sequenze diverse per produrre molecole con funzioni differenti, come le let-tere dell’alfabeto che formano le parole. Il compito del DNA è duplice:1. contiene le informazioni necessarie per costruire e

far funzionare correttamente la cellula;2. permette all’organismo di trasmettere le proprie ca-

ratteristiche alla discendenza.Tratti specifici del DNA, chiamati geni, contengono l’in-formazione usata dalla cellula per fabbricare le proteine. Quindi ciascun gene è definito da una specifica sequenza di nucleotidi. Il codice genetico chiarisce come queste sequenze di nucleotidi sono tradotte in sequenze di am-minoacidi, che formano le proteine. Questo processo prevede una prima fase (la trascrizione) che «riscrive» l’in-formazione contenuta nel DNA di un gene nella struttura di un’altra molecola ancora più piccola, l’RNA o acido ribonucleico. L’RNA è la molecola che guida attivamente la traduzione, cioè la sintesi di una proteina.

Le proteine svolgono numerose funzioni all’interno degli organismi: regolano le reazioni chimiche che av-vengono nelle cellule, formano i muscoli e altre strutture del corpo, ci difendono dalle malattie e trasportano vari tipi di sostanze. Ogni essere vivente possiede geni spe-cifici e quindi produce proteine specifiche. L’insieme di tutte le molecole di DNA presenti in una cellula costitu-iscono il suo patrimonio ereditario o genoma, composto da migliaia di geni. Se si altera la sequenza di un gene è facile che cambi anche la proteina da esso codificata. Le alterazioni dei geni si chiamano mutazioni. Le mutazioni si verificano spontaneamente o possono essere indotte da fattori esterni, come le radiazioni o certe sostanze chimi-che. Perlopiù le mutazioni sono dannose, ma ogni tanto il cambiamento di una proteina ne altera la funzione po-sitivamente. Come vedremo, le mutazioni vantaggiose sono la materia prima dell’evoluzione.

RICORDA Il genoma di un organismo è l’insieme di

tutti i suoi geni e contiene le informazioni ereditarie

necessarie al funzionamento delle cellule.

DNA

RNA

Amminoacidi

Proteina

Trascrizione

Traduzione

Ripiegamento

della proteina

DNA

Gene

Un nucleotide

A

GG

C

G

C

AG

C

T

AT

AC

A

G

C T

A GG G

GC

CAUU A

C U

A

G

C

Figura 3 Il DNA contiene le informazioni ereditarie

Le istruzioni per lo sviluppo degli esseri viventi sono contenute nelle sequenze di nucleotidi del DNA che costituiscono i geni.

Un gene è

costituito da una

sequenza specifica

di nucleotidi.

Il DNA è

composto

da due

filamenti,

ciascuno dei

quali è una

sequenza di

nucleotidi

uniti tra loro.

Quattro nucleotidi

(C, G, T e A) sono

le unità costitutive

del DNA.

Una molecola di RNA è formata a partire

da un filamento di DNA di riferimento.

La sequenza dei nucleotidi dell’RNA esplicita la

sequenza di amminoacidi di una proteina specifica.

Catene di amminoacidi si ripiegano per conferire

alla proteina la sua tridimensionalità.

DNA è una sigla e deriva dal nome inglese dell’acido desossiribonucleico (Deoxyribonucleic

Acid).

Page 6: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A7

Omeòstasi è un termine coniato dal fisiologo americano Walter Cannon nel 1932, sulla base delle radici greche homos, «uguale», e stasis, «stabilità».

Le cellule ricavano energia dall’ambiente

Tutti i viventi hanno bisogno di energia e materie prime per costruire le loro cellule e svolgere le proprie funzioni vitali. Gli organismi fotosintetici usano la luce del Sole per produrre molecole ricche di energia (per esempio i carboidrati, anche detti zuccheri) a partire da molecole più semplici presenti nell’ambiente: diossido di carbonio (o anidride carbonica) e acqua. Gli organismi fotosintetici sono chiamati autotrofi, che in greco significa «in grado di nutrirsi da sé», perché non hanno bisogno di altri esseri viventi per il loro sostentamento, e comprendono alcuni batteri, piante e alghe (Figura 4A).

Altri esseri viventi, come gli animali e i funghi, utiliz-zano le sostanze nutrienti già presenti nell’ambiente per ricavare l’energia necessaria a svolgere le proprie attività e le materie prime per costruire le strutture biologiche. Questi sono gli eterotrofi, cioè organismi «che si nutrono di altri organismi» (Figura 4B). In ecologia gli organismi eterotrofi sono chiamati anche consumatori: i consuma-tori primari (come gli erbivori) si nutrono di organismi autotrofi, mentre i consumatori secondari, terziari o di ordine superiore (come i carnivori) si nutrono di altri eterotrofi.

Gran parte del lavoro cellulare consiste nella trasfor-mazione di un tipo di molecola in un altro. Per esempio, i carboidrati potranno essere immagazzinati sotto forma di grassi. Un altro tipo di lavoro svolto dalle cellule è quello meccanico, come spostare molecole da un punto all’altro della cellula o muovere intere cellule o tessuti, come nel caso della contrazione muscolare.

RICORDA Per produrre energia e nutrienti,

gli autotrofi sfruttano la luce solare, mentre gli

eterotrofi le sostanze prodotte da altri organismi.

5

Figura 4 Organismi autotrofi ed eterotrofi

(A) Gli autotrofi sono gli organismi che producono da sé il proprio nutrimento, cioè sono in grado di trasformare alcune sostanze inorganiche in sostanze organiche di cui necessitano per vivere. Tutte le piante sono autotrofe. (B) Gli eterotrofi (come gli animali, i funghi e la maggior parte dei batteri) si nutrono di sostanze organiche prodotte da altri esseri viventi.

A B

I viventi regolano il proprio ambiente interno

La vita dipende da reazioni chimiche che si svolgono nel-le cellule, in cui le molecole dei reagenti sono demolite e gli atomi che le costituivano sono usati per costruire le molecole dei prodotti.

Il complesso di tutte le reazioni chimiche che av-vengono all’interno di un essere vivente unicellulare o pluricellulare costituisce il suo metabolismo (Figura 5).

Le reazioni metaboliche richiedono che lo scambio di materiali tra l’interno e l’esterno delle cellule avvenga in modo controllato. Nella cellula, le reazioni metaboliche sono interconnesse: i prodotti di una reazione costitui-scono le materie prime di quella successiva. Perché que-sta rete di reazioni funzioni in modo coordinato deve esistere un controllo della loro velocità. Tale attività di regolazione, che contribuisce a mantenere costante l’ambiente intracellulare anche in presenza di variazioni ambientali, prende il nome di omeòstasi.

RICORDA L’omeostasi è la capacità dei viventi

di adattare il proprio metabolismo alle variazioni

dell’ambiente.

6

Figura 5 Le cellule mantengono costanti le proprie condizioni interne

Questa ameba è un organismo acquatico unicellulare; in ogni istante, deve adattare il proprio metabolismo alle condizioni esterne, come la temperatura dell’acqua o la disponibilità di ossigeno.

Page 7: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A8

La vita è organizzata in livelli gerarchici

Gli organismi pluricellulari, che sono formati da molte cellule, possiedono un ambiente interno costituito dai liquidi extracellulari (come sangue, linfa e liquido inter-stiziale). Da qui le singole cellule ricavano i nutrienti e qui riversano i loro scarti. Nel corso dell’evoluzione, le cellule degli organismi pluricellulari sono diventate via via più specializzate a svolgere compiti specifici e hanno perso gran parte delle funzioni che un organismo uni-cellulare è in grado di svolgere da solo. Un neurone, per esempio, non è in grado di muoversi rapidamente, perché si è specializzato nel compito di generare e trasmettere gli impulsi nervosi. Ogni cellula del nostro corpo quindi dipende, per i suoi bisogni vitali, da quell’ambiente che tutte le cellule insieme contribuiscono a mantenere.

In altre parole, le cellule degli organismi pluricel-lulari hanno pagato la loro specializzazione nelle varie funzioni vitali con la perdita della capacità di condurre una vita autonoma. Molto spesso le cellule di uno stesso tipo collaborano tra loro per svolgere i compiti specifi-ci: questi gruppi di cellule simili si chiamano tessuti

(Figura 6A). Per esempio, una singola cellula muscolare non può sviluppare molta forza; ma quando più cellule muscolari si uniscono per formare il tessuto muscolare si può generare una forza considerevole. In moltissimi organismi pluricellulari, i vari tessuti si organizzano in organi, preposti a svolgere una precisa funzione. Esempi di organi sono il cuore, il cervello e lo stomaco.

7

Grandi molecole (macromolecole) CelluleOrganismi

Organismi pluricellulari

(Rana pipiens)

Acqua

Atomi Piccole molecole

Metano Proteine

Acidi nucleiciSpecializzazione

cellulare

Tessuti

Organi

Sistemi

di organi

Organismi coloniali

Organismi unicellulariOssigeno

Carbonio

Idrogeno Diossido di carbonio

(anidride carbonica)

Dagli atomi agli organismi

Figura 6 La vita è organizzata gerarchicamente

(A) Le proprietà della vita emergono quando il DNA, le proteine e le altre molecole sono organizzate in cellule. (B) Gli organismi formano le popolazioni e interagiscono con individui di altre popolazioni formando le comunità, che a loro volta interagiscono con l’ambiente formando gli ecosistemi che compongono la biosfera.

Le molecole sono costituite da atomi

e le cellule sono fatte di molecole.

Cellule di tipo diverso sono le

componenti operative degli

organismi viventi.

Gli organi raggruppano

tessuti diversi che lavorano

insieme. Gli organi formano

i sistemi, come il sistema

nervoso.

Un tessuto è un raggruppamento di molte

cellule dotate di funzioni simili e coordinate

(come la percezione degli odori).

Un organismo è un individuo

riconoscibile, dotato di un proprio

confine corporeo. Un organismo

pluricellulare presenta organi,

sistemi e apparati.

A

Un organismo è un sistema biologico composto da parti che concorrono a renderlo strutturalmente e funzionalmente autonomo.

Infine, gli organi che svolgono funzioni interconnesse possono essere raggruppati in sistemi o apparati. Gli esseri viventi possiedono quindi una gerarchia interna che va dalla cellula all’intero organismo.

RICORDA Cellule, tessuti, organi, sistemi e apparati

sono le parti che costituiscono un organismo

pluricellulare.

Gli esseri viventi interagiscono gli uni con gli altri

Gli organismi non vivono isolati: alla gerarchia interna del singolo organismo si affianca una gerarchia esterna dell’intero mondo biologico. Gli organismi che apparten-gono a una determinata specie (per esempio gli esemplari di Rana pipiens) e che vivono nella stessa regione geogra-fica costituiscono una popolazione (Figura 6B).

Tra i membri di una popolazione possono esistere in-

terazioni di vario tipo; per esempio, alcuni organismi sono territoriali, cioè difendono le risorse a disposizione come il cibo, i siti di riproduzione o i partner sessuali, cercando di impedirne lo sfruttamento da parte di altri animali della stessa specie (Figura 7A). In altre specie gli animali possono cooperare tra loro formando unità socia-li come, per esempio, le colonie di formiche, i banchi di pesci o i branchi di lupi. Interazioni di questo tipo hanno portato all’evoluzione di comportamenti sociali come la comunicazione (Figura 7B).

8

Page 8: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A9

PopolazioneComunità

EcosistemaBiosfera

Dagli organismi alla biosfera

Una popolazione è un gruppo

numeroso di organismi della

stessa specie.

Le comunità sono

costituite da popolazioni

di molte specie diverse.

Le comunità biologiche che condividono la

localizzazione geografica formano gli ecosistemi.

Gli ecosistemi scambiano energia e creano la

biosfera della Terra.

B

Figura 7 Conflitto e cooperazione

Gli organismi della stessa specie interagiscono tra loro in vari modi. (A) Gli elefanti marini, fortemente territoriali, difendono porzioni di spiaggia dagli altri maschi. (B) I membri di una colonia di suricati collaborano in molti modi, per esempio facendo la guardia per avvistare i predatori.

A B

Le interazioni tra popolazioni diverse danno origine a una comunità. Un esempio di comunità è costituito da tutti gli organismi che vivono in uno stagno (erba, rane, libellule, canneti, ninfee, procioni). Come in una popo-lazione, anche all’interno di una comunità può esistere competizione tra individui appartenenti a specie diver-se: per esempio, tutti gli animali erbivori che abitano lo stagno competono tra loro per il cibo. In altri casi, gli individui di una specie (i procioni) si nutrono dei membri di un’altra specie (le rane).

L’interazione tra le comunità viventi e l’ambiente in cui esse vivono forma un ecosistema. Gli organismi di un ecosistema, come lo stagno del nostro esempio, possono modificare l’ambiente influenzando così la vita degli altri

organismi. Per esempio, le piante dominanti dell’ecosi-stema determinano le condizioni nelle quali si trovano a vivere sia gli animali sia tutte le altre piante.

Infine, la biosfera comprende l’insieme di tutti gli or-ganismi e delle zone della Terra in cui si sviluppa la vita: le terre emerse, i mari e gli oceani, le acque dolci e gli strati più bassi dell’atmosfera. Si può immaginare la biosfera come una specie di «pellicola» che riveste il nostro pia-neta a partire da 10 km di altitudine nell’atmosfera fino a 300 m di profondità nel sottosuolo e a 8 km negli oceani.

RICORDA Gli organismi interagiscono

gerarchicamente tra loro a livello di popolazione,

di comunità e di ecosistema.

Page 9: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A10

Tutti i viventi derivano da un antenato comune

La teoria dell’evoluzione per selezione naturale elabo-rata da Charles Darwin è forse il più importante princi-pio unificante della biologia. La teoria afferma che tutti gli organismi viventi discendono da antenati comuni e quindi sono imparentati tra loro; per questo Darwin si riferiva al processo evolutivo come a una «discendenza con modificazioni».

Pur non disponendo di alcuna conoscenza sui mec-canismi dell’ereditarietà genetica, Darwin osservò che la prole assomigliava ai genitori sotto numerosi aspetti. Questa semplice osservazione è alla base del concetto biologico di specie: un gruppo di organismi che si somi-gliano (morfologicamente simili) e che possono accop-piarsi tra loro generando prole feconda.

D’altra parte, i figli non sono del tutto identici ai ge-nitori: qualsiasi popolazione di una specie vegetale o ani-male mostra una certa variabilità. Pensa per esempio alle differenze tra i tuoi compagni di classe.

Se si fanno accoppiare tra loro individui scelti per una determinata caratteristica, molto probabilmente nella prole quella caratteristica sarà più frequente che nel resto della popolazione. Gli esseri umani selezionano da sempre gli animali domestici in base ai caratteri che considerano utili attraverso la selezione artificiale. Darwin

9 capì che se gli uomini riuscivano a selezionare dei tratti particolari, lo stesso poteva avvenire anche in natura.

Ma come funziona la selezione in natura? Darwin ipotizzò che ad agire fosse una diversa probabilità di so-pravvivere e riprodursi con successo. Egli rifletté sul fatto che il potenziale riproduttivo delle piante e degli animali, se non fosse tenuto sotto controllo, provocherebbe una crescita illimitata delle popolazioni; in natura però tale crescita illimitata non si osserva mai, perché soltanto una piccola percentuale della progenie riesce a sopravvivere e a riprodursi. Perciò qualsiasi caratteristica che confe-risca un aumento, anche modesto, della probabilità di sopravvivere e riprodursi, sarà favorito e si diffonderà nella popolazione. Darwin chiamò il fenomeno selezio-

ne naturale.Poiché, in determinate condizioni, gli organismi prov-

visti di certe caratteristiche sopravvivono più a lungo e si riproducono con maggior successo, la selezione natu-rale fa sì che una popolazione si adatti all’ambiente: gli adattamenti sono tutte quelle caratteristiche strutturali, fisiologiche o comportamentali che potenziano la pro-babilità di un organismo di sopravvivere e riprodursi nel proprio ambiente (Figura 8).

RICORDA L’evoluzione è un insieme di cambiamenti

che si verificano in una popolazione nel tempo.

Figura 8 Adattamenti all’ambiente

Gli arti delle rane mostrano adattamenti all’ambiente. (A) Questa rana terricola si sposta sul terreno con piccole zampe dalle lunghe dita. (B) Le zampe posteriori palmate sono tipiche nelle rane a vita acquatica. (C) Questa specie arboricola ha zampe con cuscinetti adesivi. (D) Alcune specie arboricole hanno zampe con dita palmate che consentono di planare da un albero all’altro.

A B

DC

Page 10: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A11

La varietà degli esseri viventi

I biologi raggruppano le specie attualmente viventi in tre gruppi chiamati domìni: archèi, batteri, eucarioti. Ar-

chèi e batteri presentano metabolismi assai differenti, ma condividono una caratteristica fondamentale: sono costituiti da cellule piccole e dalla struttura molto sem-plice, priva di comparti interni. Questo tipo di cellula è detta cellula procariote.

I procarioti (Figura 9A-B) sono organismi unicellulari microscopici, ma talvolta possono formare colonie cioè piccoli raggruppamenti di più individui singoli.

Vivono in quasi tutti gli ambienti terrestri, anche i più ostili; molti si sviluppano all’interno di piante o animali, con effetti talvolta positivi e talvolta negativi.

Il dominio degli eucarioti comprende organismi formati da cellule eucariote, che differiscono da quelle procariote per diversi aspetti:• il DNA degli eucarioti è custodito in un nucleo deli-

mitato da una membrana;• nel citoplasma sono presenti diversi organuli, anch’es-

si delimitati da membrane, che svolgono specifiche funzioni;

• la cellula eucariote è più grande di quella procariote.

10

Figura 9 La varietà della vita

(A-B) Gli archei e i batteri sono procarioti unicellulari. (C) I protozoi sono eucarioti unicellulari; (D-F) le piante, i funghi, e gli animali sono eucarioti pluricellulari.

A B C

FED

Gli organismi eucarioti sono suddivisi in quattro regni: animali, piante, funghi e protisti (Figura 9C-F).1. Il regno dei protisti comprende le alghe, i protozoi e

numerosi organismi che non rientrano negli altri re-gni. Si tratta di forme di vita unicellulari o pluricellu-lari con metabolismi diversi: molti sono fotosintetici, altri invece sono eterotrofi.

2. Le piante sono organismi pluricellulari autotrofi. Grazie alla fotosintesi, esse sono in grado di produrre autonomamente i propri nutrienti partendo da mo-lecole semplici che trovano nell’ambiente (acqua e diossido di carbonio).

3. I funghi sono organismi eterotrofi che si nutrono per assorbimento. Dapprima il fungo secerne all’esterno sostanze che demoliscono il materiale da digerire, come legno morto o resti di animali; poi le cellule fungine assorbono i prodotti della digestione. I fun-ghi comprendono sia specie unicellulari sia specie pluricellulari.

4. Gli animali sono organismi pluricellulari eterotrofi che si nutrono ingerendo e digerendo il cibo.

RICORDA Tutti i viventi si classificano in tre grandi

domìni: archèi, batteri ed eucarioti.

1. Che cosa studia la biologia?

2. Quali sono le caratteristiche comuni a tutti

gli organismi viventi?

3. Che cosa afferma la teoria cellulare?

4. Che cosa si intende per ecosistema?

1. L’insieme delle reazioni chimiche

che avvengono in un essere vivente

costituisce il metabolismo / l’omeostasi.

2. Gli organismi fotosintetici sono chiamati

autotrofi / eterotrofi.

Scegli un organismo vivente e, aiutandoti

con una ricerca in Rete, individua che studi

potrebbero essere svolti da uno zoologo, un

botanico, un ecologo, un biotecnologo e un

bioinformatico. Riporta tutto in una tabella.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 11: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

150 nm

A12

Che cosa sono i virus

Abbiamo visto che la cellula è la struttura più semplice

dotata di vita autonoma, cioè in grado di svolgere le fun-

zioni vitali fondamentali: produrre energia e riprodursi.

In natura esiste però un tipo di organizzazione biologica

ancora più semplice di quella cellulare: si tratta dei virus.

La parola virus deriva dal latino e significa «veleno»;

in passato si usava per indicare genericamente qualsiasi

agente invisibile in grado di causare malattie, ovvero,

usando un termine tecnico, patogeno. Le dimensioni

di un virus sono ridottissime e variano da 20 a 200 nm.

Un virus, quindi, è circa mille volte più piccolo di una

cellula e si può osservare solo utilizzando il microscopio

elettronico (Figura 10).

I virus sono presenti in ogni tipo di ambiente e sono

anche assai numerosi; tutti insieme costituiscono la co-

siddetta virosfera. Oggi sono state classificate circa 5000

diverse specie virali, ma si stima che in natura ne esistano

almeno 1 000 000; di fatto, i virus sono migliaia di volte

più abbondanti dei batteri.

L’osservazione delle particelle virali al microscopio

elettronico ha rivelato una straordinaria varietà di forme.

11

50 nm 50 nm 20 nm

60 nm 150 nm

I batteriofagi o fagi (come questo

fago T4) infettano i batteri.

Questo

mimivirus

è il virus

più grande

scoperto

finora.

Figura 10 I virus sono

molto diversi tra loro

I virus sono classificati in base alle caratteristiche generali del loro genoma. Le immagini sono ricostruzioni artistiche computerizzate basate su microfotografie elettroniche.

Questo coronavirus è responsabile della

Sindrome Respiratoria Acuta e Grave (SARS).

Il virus HIV che provoca

l’AIDS.

Il virus dell’influenza

H5N1 o influenza aviaria.

I VIRUS: AL CONFINE CON LA VITA

LEZIONE 2

un’origine molto antica

12

parassiti intracellulari

obbligati 11

sono hanno

I virus

infettano cellule ospiti

introducendo al loro interno

il proprio genoma 13

che

Page 12: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A13

Tutti i virus sono costituiti da un involucro di proteine di forma geometrica, detto capside, che racchiude al suo interno una molecola di DNA o di RNA: in pratica, un vi-rus è come una «scatola» che contiene un’informazione ereditaria. Da solo non è capace di riprodursi: per farlo ha bisogno di penetrare all’interno di una cellula, in un processo chiamato infezione, e utilizzare le strutture cellulari per produrre nuove copie di se stesso. I virus quindi sono parassiti intracellulari obbligati.

RICORDA I virus sono parassiti intracellulari

obbligati: sono incapaci di riprodursi fuori dalla

cellula.

Origine e diffusione dei virus

L’origine dei virus è probabilmente antichissima: essi sarebbero comparsi insieme alle prime cellule, circa 3,5 miliardi di anni fa. Oggi sappiamo che in natura esistono virus in grado di infettare qualsiasi organismo vivente, dai batteri alle piante agli animali. Essendo presenti fin dall’origine della vita, i virus si sono evoluti insieme alle cellule, adattandosi ad infettare nuovi organismi a mano a mano che questi comparivano sulla scena della vita.

Tra virus e ospiti si è instaurata così una «gara evolu-tiva» che ha visto i virus dotarsi nel corso dei millenni di nuovi armamenti per superare le difese dell’ospite, il quale a sua volta ha progressivamente messo a punto strategie di difesa per tenere a bada il parassita. L’eccezio-nale adattabilità dei virus è dimostrata dal ritrovamento di virus ancora vitali in campioni di ghiaccio estratti al Polo Nord e vecchi di oltre 30 000 anni.

RICORDA I virus hanno un’origine antica e si sono

evoluti con le loro cellule ospiti.

Il ciclo vitale dei virus

I virus presenti nell’ambiente, chiamati virioni, non so-no dotati di movimento né di un proprio metabolismo; sono quindi completamente inerti e vengono trasporta-ti in maniera passiva dall’aria, dall’acqua o dal sangue fino a quando non incontrano una cellula da infettare.

12

13

Nel momento in cui una particella virale incontra una cellula adatta, vi si attacca e introduce all’interno la sua informazione genetica. Quest’ultima contiene le istru-zioni che permettono al virus di prendere il controllo della cellula ospite. Di conseguenza, la cellula infettata perde la propria funzionalità e diventa una vera e propria fabbrica di particelle virali. Per questa alternanza tra una fase «spenta» e una fase «attiva» i virus sono considerati entità biologiche al limite tra viventi e non viventi.

I virus sono parassiti altamente specifici: di solito ciascun virus infetta un solo tipo cellulare. Per esempio il virus dell’epatite infetta solo le cellule del fegato. Esi-stono poi virus chiamati batteriofagi o fagi che infettano le cellule batteriche (Figura 11).

RICORDA Quando un virus incontra una cellula

adatta, le aderisce e introduce il proprio genoma, con

il quale prende il controllo della cellula ospite.

Figura 11 Il ciclo riproduttivo del batteriofago T2

Il batteriofago T2 infetta il batterio Escherichia. coli e dipende dagli apparati del batterio per la produzione di nuove particelle virali. Il batteriofago è costituito interamente da DNA avvolto da un rivestimento proteico. Quando il virus infetta una cellula di E. coli è il suo DNA, e non le proteine, a essere iniettato nella cellula ospite.

DNA

DNA

Batteriofago T2

Rivestimento

proteico

0,1 µm

I geni virali si impadroniscono

dell’apparato funzionale

dell’ospite, che comincia a

produrre nuovi virus.

La cellula batterica si rompe,

liberando circa 200 virus.

Il batteriofago T2 si attacca alla

superficie di un batterio e inietta

nella cellula il suo DNA, mentre

il rivestimento proteico resta

all’esterno.

A

B

C

1. Qual è il ciclo riproduttivo di un

batteriofago?

2. Perché i virus non sono propriamente

degli esseri viventi?

1. L’insieme di tutti i virus presenti sulla Terra

costituisce la . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2. I virus sono parassiti intracellulari

obbligati / facoltativi.

Realizza un’infografica (cioè un insieme

coerente di disegni, grafici e testi) in cui

spieghi la struttura di un virus, evidenziando

anche le dimensioni e il tipo di riproduzione.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 13: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A14

Osservare e misurare

Gli scienziati hanno sempre lavorato basandosi sull’os-servazione del mondo circostante: oggi la nostra capacità di osservare è aumentata enormemente grazie a strumen-ti e a tecnologie come i microscopi ottici ed elettronici, il sequenziamento del DNA, l’elaborazione di immagi-ni da risonanza magnetica e il GPS. Queste tecnologie ci permettono di osservare molti fenomeni su piccola e grande scala, dalla distribuzione delle molecole nella cellula fino agli spostamenti degli animali attraverso continenti e oceani.

L’osservazione è il primo passo del metodo scientifi-co: di fronte al fenomeno che si deve analizzare, il ricer-catore compie una serie di osservazioni e raccoglie i dati in modo ordinato, per esempio in una tabella.

I dati possono essere di due tipi: i dati qualitativi sono basati sulla percezione che il ricercatore ha del fenomeno in esame; i dati quantitativi sono ottenuti da misurazioni ottenute utilizzando specifici strumenti di misura.

In passato, i biologi utilizzavano soprattutto dati qua-litativi, come le differenze fisiche tra gli organismi. In questo modo non era possibile determinare le relazioni

15

Il metodo scientifico

Nelle loro ricerche, i biologi utilizzano numerosi stru-menti e procedure. Tuttavia, a prescindere dalle tecniche impiegate, l’esplorazione scientifica della vita presenta alcune tappe ricorrenti che costituiscono il metodo

scientifico introdotto da Galileo Galilei (1564-1642), che è considerato il padre della scienza moderna. Secondo il metodo scientifico, davanti a un fenomeno di cui non conoscono la causa, gli scienziati:1. compiono osservazioni sistematiche;2. formulano una domanda;3. elaborano un’ipotesi, ossia una possibile soluzione

alla domanda;4. traggono previsioni dall’ipotesi;5. verificano la validità dell’ipotesi con osservazioni o

esperimenti.Spesso si pensa al metodo scientifico come a un’uni-ca procedura lineare, simile a un diagramma di flusso (Figura 12): in realtà questa è una semplificazione. Nel lo-ro lavoro, gli scienziati non seguono le tappe in un ordine predefinito, ma possono procedere da punti di partenza diversi oppure ritornare sui propri passi.

RICORDA Il procedimento che parte

dall’osservazione, prevede la formulazione di ipotesi

e infine verifica la correttezza delle previsioni

costituisce il metodo scientifico.

14

1. Fare osservazioni.

2. Riflettere, porsi domande.

4. Fare una previsione: quali altri fatti

constateremmo, se la nostra ipotesi

fosse vera?

5. Progettare e condurre un

esperimento per sottoporre

a verifica la nostra ipotesi

mediante dati quantitativi.

Si riesamina

l’esperimento

per valutare

l’effetto di

variabili non

controllate.

Porsi

nuove

domande.

Usare test statistici per valutare

la significatività dei nostri risultati.

La significatività dei

risultati conferma

l’ipotesi.

L’esperimento viene ripetuto e i risultati

possono essere verificati da altri scienziati.

I risultati non sono

significativi, quindi non

confermano l’ipotesi.

3. Formulare un’ipotesi che

risponda alla domanda.

Rivedere

l’ipotesi

di lavoro.

Figura 12 Il metodo scientifico

I processi di osservazione, riflessione, formulazione di ipotesi, previsione e verifica sperimentale sono alla base della scienza moderna.

COME I BIOLOGI STUDIANO LA VITA

LEZIONE 3

consente di

formulare teorie 19

anche e soprattutto

ai nostri giorni 20

La biologia

osservazioni

e misurazioni

15

domande e

ipotesi 16

l’utilizzo di

organismi

modello 18

esperimenti

17

che

che prevede

utilizza il

metodo

scientifico 14

Page 14: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A15

evolutive tra le specie, e gli unici indizi erano le testimo-nianze fossili (Figura 13A).

Oggi siamo in grado di quantificare le differenze molecolari e fisiche tra le varie specie e questa capacità, insieme all’uso di modelli matematici del processo evo-lutivo, ci permette di analizzare la storia dell’evoluzione in termini quantitativi (Figura 13B).

RICORDA La ricerca scientifica si basa

sull’osservazione e sulla raccolta di dati qualitativi

e quantitativi.

Dalla domanda all’ipotesi

L’osservazione di un fenomeno fa sorgere in noi delle domande. Perché avviene? Quali sono le conseguenze?

Dopo essersi posto una domanda, lo scienziato spes-so usa la logica induttiva per proporre una risposta. Il ragionamento induttivo parte dalle osservazioni e crea una nuova affermazione, compatibile con le osservazio-ni e con i dati iniziali. Questa affermazione provvisoria prende il nome di ipotesi.

Il passo successivo del metodo scientifico consiste nell’adottare un tipo diverso di ragionamento, la logica

deduttiva, che permette di formulare previsioni nel caso in cui l’ipotesi fosse corretta: partendo da un’affermazio-ne generale considerata vera (l’ipotesi), si cerca di preve-dere quali altri fatti dovrebbero verificarsi in coerenza con tale ipotesi.

RICORDA In seguito all’osservazione, gli scienziati

lavorano per induzione formulando ipotesi; dalle

ipotesi, poi, deducono previsioni.

Confermare o smentire le ipotesi

Una volta formulate previsioni sulla base di un’ipotesi, si possono progettare degli esperimenti per verificarle. Gli esperimenti più utili sono quelli che potenzialmente possono dimostrare che la previsione è sbagliata. Se la previsione si rivela sbagliata, bisogna rivedere l’ipotesi, modificarla oppure respingerla, e poi eseguire una nuova serie di esperimenti.

Esistono due tipi di esperimento, che mettono a con-fronto dati provenienti da campioni sperimentali diversi: gli esperimenti controllati e quelli comparativi. In un esperimento controllato si confrontano campioni simili tra loro. Sulla base dell’ipotesi di partenza, si pone l’at-tenzione su un certo fattore critico, detto variabile, che

Figura 13 Dati qualitativi e quantitativi

(A) In passato gli scienziati potevano fare affidamento solo su osservazioni morfologiche dei fossili per studiare l’evoluzione; (B) oggi invece le analisi del DNA e i modelli matematici consentono di studiare il processo evolutivo con dati quantitativi.

A B

16

17Ipotesi deriva dal greco hypó, «sotto», e thésis, «tesi, posizione», e significa letteralmente supposizione.

potrebbe avere qualche effetto sul fenomeno che stiamo studiando. A questo punto, si allestiscono degli esperi-menti in cui si modifica artificialmente soltanto quella determinata variabile.

I risultati ottenuti nei campioni chiamati «sperimen-tali» si confrontano con i dati provenienti da un campio-ne detto «di controllo», che non subisce alcuna modifica. La variabile su cui si interviene si chiama variabile in-

dipendente; la risposta misurata costituisce la variabi-

le dipendente. Negli esperimenti controllati quindi si interviene soltanto sulla variabile indipendente; tutte le altre devono essere mantenute costanti. Non è faci-le progettare un buon esperimento controllato, perché le variabili biologiche possono essere così tante e così interconnesse tra loro da rendere difficile modificarne soltanto una alla volta.

Negli esperimenti comparativi, invece, si raccolgono i dati di campioni diversi e poi li si mette a confronto. Se l’ipotesi è giusta, tra i campioni si riscontreranno delle differenze che concorderanno con le previsioni fatte. Che si conducano esperimenti controllati o comparativi, alla fine bisogna stabilire se vi sono differenze significative tra i campioni che sono stati oggetto del nostro studio. Come facciamo a essere certi che la differenza che abbia-mo misurato sia significativa?

La significatività dei dati si valuta utilizzando metodi

statistici che ci dicono qual è la probabilità di ottenere gli stessi risultati in maniera casuale: in questo modo saremo certi che le differenze che abbiamo osservato non siano il risultato di variazioni casuali nei campioni esaminati.

RICORDA I risultati degli esperimenti controllati o

comparativi possono confermare oppure smentire le

ipotesi iniziali.

Page 15: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A16

Come nasce una teoria scientifica

Quando un’ipotesi viene confermata dagli esperimenti, lo scienziato formula una teoria generale capace di spiegare non solo il fenomeno osservato, ma anche altri fenomeni dello stesso tipo.

La storia della scienza insegna che le teorie scientifi-che non sono mai definitive, ma vanno incontro a con-tinue trasformazioni, rivisitazioni e verifiche. Il fatto stesso che le teorie derivino da osservazioni ed esperi-menti comporta che esse debbano sempre essere sotto-poste a nuove prove sperimentali, e che possano essere messe in discussione da altre osservazioni.

Quando poi una teoria non viene mai contraddetta, ma consolidata da nuove prove sperimentali, la si può considerare un fatto scientifico, cioè una spiegazione che non ha senso mettere in discussione. La teoria cel-lulare, per esempio, si è imposta a tal punto che oggi noi consideriamo l’esistenza delle cellule come un fatto scientifico. Sulla base di tale fatto, noi compiamo nuove osservazioni e formuliamo teorie più dettagliate, come quella della comunicazione cellulare. Lo stesso avviene con l’evoluzione delle specie, che da teoria è diventata un fatto scientifico fondamentale per la nostra indagine

19 Le scoperte si possono generalizzare

Essendo tutti imparentati fra loro, gli esseri viventi so-no costituiti da molecole simili; perciò le conoscenze ricavate dallo studio di un tipo di organismo si possono generalizzare, con le dovute cautele, ad altri organismi. Nella ricerca, i biologi si servono di organismi model-

lo, sapendo che potranno estendere la validità delle loro scoperte da questi ad altri organismi.

Per esempio, abbiamo cominciato a capire le reazioni chimiche cellulari grazie alle ricerche svolte sui batteri, ma i risultati sono poi stati applicati a tutte le cellule, comprese quelle umane. Analogamente, le reazioni della fotosintesi, il processo attraverso il quale tutte le piante si servono dell’energia solare per produrre zuccheri, so-no state scoperte attraverso esperimenti sulla Chlorella, un’alga unicellulare. Gran parte di ciò che sappiamo sui geni che controllano lo sviluppo di una pianta è il risul-tato del lavoro su Arabidopsis thaliana, una parente della senape (Figura 14).

RICORDA I biologi utilizzano organismi modello:

le scoperte effettuate su tali organismi sono poi

generalizzate ad altri.

18

Figura 14 Organismi modello

(A) La pianta Arabidopsis thaliana è stata importante per gli studi di genetica dei vegetali, (B) il verme Caenorhabditis elegans per lo sviluppo degli embrioni animali e (C) il moscerino della frutta Drosophila melanogaster per gli effetti di mutazioni su geni che determinano la struttura corporea.

A

C

B

Page 16: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A17

della natura: a partire da questo presupposto, la teoria dell’evoluzione cerca di formulare spiegazioni sempre più precise dei meccanismi evolutivi.

RICORDA Una teoria che è stata verificata da

esperimenti diversi è considerata un fatto scientifico.

La scienza ai nostri giorni

Galileo Galilei ha introdotto il metodo scientifico per l’a-nalisi dei fenomeni naturali, ma il suo lavoro era molto diverso dall’attività che si svolge oggi nei laboratori di tutto il mondo. All’epoca gli scambi di informazioni tra i pensatori erano scarsi e non esisteva ancora una co-munità di scienziati interconnessi da un’intensa rete di rapporti, oggi chiamata comunità scientifica.

Attualmente le conoscenze scientifiche sono vastissi-me e molto specialistiche, quindi è difficile che un solo studioso possa eccellere in più campi di ricerca, come accadeva per i filosofi naturali o per i primi scienziati. Questo ha una conseguenza importante: gli scienziati non possono più lavorare da soli, ma devono unire gli sforzi e condividere il sapere. Gli scienziati, infatti, si organizzano in gruppi di ricerca i cui membri condivi-dono l’obiettivo di studio e cercano di approfondire la conoscenza di un sistema o di sviluppare insieme nuove tecnologie (Figura 15). Per esempio, per studiare lo sta-to di salute e l’inquinamento del mare servirà integrare competenze diverse. Sarà importante la presenza di un chimico, che sappia raccogliere e analizzare i campioni d’acqua; di un biologo marino, che conosca le specie che popolano il mare e gli effetti degli inquinanti; di un me-teorologo, che studi le correnti atmosferiche e marine.

Anche in gruppi strutturati può capitare di dover affrontare un problema nuovo per risolvere il quale non si hanno tutte le competenze o gli strumenti necessari: in questi casi nascono le collaborazioni. Una collabo-razione può essere un semplice consiglio, oppure può accadere che ricercatori, materiali e strumenti siano messi in condivisione. Succede sempre più spesso, poi, che agli scienziati si chieda di organizzare più gruppi di ricerca in un super-gruppo per avviare insieme un

20

Figura 15 Un gruppo di ricerca

Nei laboratori oggi si uniscono competenze diverse in un continuo scambio tra gli scienziati.

nuovo studio, cioè un progetto di ricerca. Perché questi scambi siano possibili, è fondamentale che gli scienziati dispongano di uno strumento condiviso per scambia-re informazioni, scoperte e conoscenze: la letteratura

scientifica. Ogni volta che un gruppo di ricerca fa una scoperta, scrive su di essa un articolo (o paper). L’artico-lo riassume in modo sintetico ma accurato l’ipotesi di partenza, il metodo seguito durante il lavoro e i risultati ottenuti. L’articolo poi viene inviato a una delle tan-te riviste scientifiche che si dividono per settore e per importanza. Queste, dopo una prima valutazione del comitato editoriale, inviano l’articolo ad altri scienziati esperti dell’argomento che appartengono alla comunità scientifica al pari degli autori e per questo detti peer, che significa «pari». I peer svolgono un’accurata revisione per indicare al comitato editoriale della rivista se l’ar-ticolo è degno di pubblicazione o deve essere rivisto. Questo processo di peer reviewing (cioè «revisione tra pari») ha l’obiettivo di garantire che gli articoli pubbli-cati sulle riviste scientifiche siano corretti.

RICORDA Fare scienza ai giorni nostri richiede

l’interazione continua tra gli scienziati, che

collaborano e condividono sforzi e sapere.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

1. Quali sono i punti fondamentali del

metodo scientifico?

2. Che cosa si intende per «organismo

modello»?

3. Che cosa si intende per «peer reviewing» e

a che cosa serve?

1. La logica induttiva permette di formulare

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , mentre la logica

deduttiva consente di fare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2. In un esperimento la variabile su cui si

interviene si chiama variabile dipendente /

indipendente.

Sviluppa un esperimento per verificare la

seguente ipotesi: «Gli insetti impollinatori

sono attratti dal colore dei petali e non dal

profumo del nettare dei fiori». Realizza una

scheda in cui espliciti le variabili, il metodo

passo per passo da seguire e i materiali.

Page 17: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A18

La biologia contribuisce a migliorare la nostra vita

La biologia è una scienza utile in svariati settori: le cono-scenze scientifiche servono a migliorare aspetti legati alla salute, alla società e alle politiche ambientali.

Gli esseri umani vivono in un mondo di organismi da cui dipendono: l’ossigeno che respiriamo deriva dalla fotosintesi operata da piante, alghe e batteri; il cibo che mangiamo proviene da altri organismi; anche la mag-gior parte dei carburanti che fanno funzionare le nostre automobili, gli aerei o le nostre centrali elettriche sono costituiti da varie forme di molecole di carbonio prodotte da organismi vissuti milioni di anni fa.

Dentro e fuori, il nostro corpo è ricoperto di comunità complesse di microrganismi, che ci aiutano a mantenerci sani. Queste interazioni con altre specie non riguardano solo gli esseri umani: la Terra ospita milioni di specie, connesse tra loro da migliaia di relazioni, da cui dipende il funzionamento degli ecosistemi.

In altre parole, capire i princìpi biologici è essenziale per la nostra vita e per mantenere l’equilibrio funzionale della Terra che conosciamo e da cui dipendiamo.

RICORDA La biologia ci dà informazioni sulla

struttura dei viventi, sui processi che svolgono e sulle

loro interazioni, con risvolti di interesse pubblico.

21

L’agricoltura dipende dalle conoscenze della biologia

Da circa diecimila anni, l’umanità coltiva e raccoglie cereali. È probabile che già in passato venissero selezio-nate le varietà più produttive o resistenti. Nel corso dei secoli, queste pratiche sono state perpetuate e sviluppate sia nella coltivazione delle piante sia nell’allevamento degli animali.

Intorno al 1960, il raccolto totale nel mondo aveva raggiunto il miliardo di tonnellate; la popolazione mon-diale però era cresciuta più velocemente della produtti-vità agricola, e la piaga della fame si era diffusa tra i Paesi in via di sviluppo. Per gli anni Settanta era stata prevista una carestia catastrofica. In risposta a queste previsioni, i Paesi più sviluppati intrapresero un grande sforzo per produrre varietà di cereali geneticamente migliorati per avere un alto valore nutrizionale. Questo programma di ricerca rappresentò la cosiddetta «prima rivoluzione ver-

de». Verso gli anni Duemila, il raccolto globale di cereali, che rappresentano circa il 50% delle calorie ingerite nella dieta umana, ammontava a due miliardi di tonnellate. L’aumento delle conoscenze sulla biologia di piante e animali ha trasformato l’agricoltura e ha comportato un picco enorme nella produzione di cibo.

Una nuova minaccia all’agricoltura e all’approvvigio-namento di cibo nel mondo è il cambiamento climatico

globale. Alcune regioni stanno diventano più umide, al-tre più secche, e questi cambiamenti stanno stravolgendo le agricolture tradizionali. Un esempio è costituito dal riso, che normalmente cresce nelle risaie ad acqua bassa: le varietà di riso comune, infatti, non riescono a crescere se sono sommerse d’acqua per più di qualche giorno, e dunque vengono uccise dalle alluvioni. Solo in India e

22

LEZIONE

LA BIOLOGIA CONTRIBUISCE AL BENESSERE SOCIALE

4

Figura 16 Una rivoluzione verde

Le piantine di riso a destra sono state modificate per migliorare la resistenza alle alluvioni, mentre quelle a sinistra, non modificate, sono morte per esposizione eccessiva a livelli di acqua troppo alti.

aiuta

l’agricoltura 22

studia la

biodiversità 26

guida le politiche

pubbliche 23

studia gli

ecosistemi 24

è alla base della

medicina 25

migliora la nostra vita 21

perché

La biologia

SOSTENIBILITÀ

Page 18: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A19

Bangladesh le alluvioni possono arrivare a distruggere circa 4 milioni di tonnellate di riso, sufficienti per nu-trire 30 milioni di persone. Recentemente, alcuni biologi della University of California, Davis (Stati Uniti) hanno scoperto un singolo gene proveniente da un’antica va-rietà di riso che, una volta inserito nelle varietà attuali, le rende capaci di sopravvivere per molti giorni anche se totalmente sommerse dall’acqua (Figura 16).

Negli ultimi decenni, grazie alla conoscenza detta-gliata dei genomi di molte specie coltivate o allevate, e allo sviluppo di tecnologie per modificare geneticamente gli organismi, i biologi sono riusciti a sviluppare nuove razze e varietà di animali, piante e funghi utili per l’agri-coltura e l’allevamento.

RICORDA I progressi nel miglioramento genetico

delle piante permettono di incrementare la

produttività agricola.

La biologia guida le politiche pubbliche

Le decisioni politiche dovrebbero basarsi su informazio-ni scientifiche accurate. Infatti, sempre più spesso, nel mondo i ricercatori sono chiamati a consigliare le agenzie di governo in merito alle leggi e ai regolamenti che la società si dà per affrontare le sfide ambientali e non solo. Per comprendere il valore della conoscenza scientifica quando si tratta di stabilire delle politiche pubbliche, prendiamo come esempio un problema legato alla ge-stione della pesca del tonno rosso.

I pescatori e gli scienziati sanno da tempo che il tonno rosso (Thunnus thynnus), che vive nell’Atlantico, ha una zona di riproduzione occidentale nel Golfo del Messico e una zona di riproduzione orientale nel Mar Mediterra-neo. A causa della pesca eccessiva, il numero dei tonni rossi si è progressivamente ridotto, in particolare nell’a-rea occidentale, al punto che queste popolazioni sono in pericolo di estinzione.

Inizialmente, scienziati, pescatori e amministratori ritenevano che la popolazione orientale e quella occi-dentale, poiché avevano zone di riproduzione separate, avessero anche zone di nutrimento distinte. Sulla base di questo assunto, una commissione internazionale ha trac-ciato una linea nel mezzo dell’Oceano Atlantico e ha sta-bilito delle quote rigide per la pesca nell’area a Ovest della linea, con l’intento di permettere alla popolazione occi-dentale di riprendersi. I dati forniti dai moderni metodi di tracciatura hanno rivelato invece che la popolazione orientale e quella occidentale di tonno rosso si mescolano liberamente nelle zone di alimentazione sparse in tutto

23

l’Atlantico Settentrionale, dove la pressione della pesca è tra le più alte del mondo (Figura 17). I tonni pescati a Est della linea potevano appartenere alla popolazione che si riproduceva a Ovest così come alla popolazione che si riproduceva a Est; la linea di demarcazione decisa a tavolino quindi non raggiungeva il suo obiettivo.

La conoscenza scientifica può fornire contributi signi-ficativi alla formulazione di politiche pubbliche sagge, ma esigenze politiche ed economiche spesso hanno la meglio sulle raccomandazioni della scienza. È partico-larmente sconfortante quando valide prove scientifiche vengono sminuite, o addirittura ignorate, solo perché considerate sconvenienti; è il caso per esempio del ri-fiuto da parte di molti politici di prendere coscienza del problema del riscaldamento globale.

RICORDA Alcune conoscenze scientifiche sono

determinanti per stabilire politiche pubbliche capaci

di far fronte alle numerose sfide della biologia.

Oceano

Atlantico

Esemplari monitorati provenienti

dall’area di riproduzione occidentale

Esemplari monitorati provenienti

dall’area di riproduzione orientale

Canada

U.S.A.

Europa

Africa

Figura 17 Un problema di gestione della pesca

(A) Una biologa marina fissa alcuni dispositivi di tracciatura computerizzati a un tonno vivo prima di liberarlo nuovamente nell’Oceano Atlantico, per monitorare i suoi spostamenti. (B) Dati di tracciamento delle popolazioni di tonno orientale (dal Mediterraneo) e occidentale (dal Golfo del Messico).

A

B

Le agenzie di controllo sulla pesca pensavano

che le due popolazioni di tonno avessero zone

di nutrimento separate, perciò stabilirono delle

quote di pesca diverse per ciascuna metà (linea

tratteggiata). I dati mostrano invece che le due

popolazioni si mescolano liberamente.

Page 19: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A20

La biologia è fondamentale per comprendere gli ecosistemi

Sin dalla sua formazione la Terra ha subito profondi cambiamenti e tuttora si modifica giorno dopo giorno. Tuttavia, l’attività umana sta avendo effetti senza prece-denti sulla velocità del cambiamento degli ecosistemi.

Per esempio, l’estrazione e il consumo dei combustibi-li fossili sta liberando in atmosfera massicce quantità di diossido di carbonio. Tale aumento è di origine antropica (cioè è generato dall’attività umana) ed è in gran parte re-sponsabile del rapido riscaldamento climatico registrato nel corso degli ultimi 50 anni (Figura 18).

L’uso che facciamo delle risorse naturali sta mettendo alla prova la capacità degli ecosistemi terrestri di conti-nuare a produrre i beni e i servizi dai quali dipende la nostra società. Le attività umane stanno modificando i climi del globo a un ritmo senza precedenti, e stanno portando all’estinzione di numerose specie sia anima-

24

Ghiacciaio

di Riggs

Ghiacciaio

di Muir

Ghiacciaio

di Riggs

Figura 18 Un mondo più caldo

Negli ultimi 150 anni la Terra ha continuato a riscaldarsi sempre più velocemente. Ciò sta provocando lo scioglimento delle calotte polari, dei ghiacciai e delle nevi d’alta montagna. (A, B) Queste foto mostrano gli effetti dei cambiamenti climatici nell’arco di 64 anni su due antichi ghiacciai permanenti in Alaska. In questo lasso di tempo, il ghiacciaio di Muir si è ritirato di oltre 7 km e non risulta più visibile dal punto panoramico originale. Per capire in che modo le popolazioni biologiche rispondono a questi cambiamenti occorre integrare i principi della biologia molecolare e dell’ecologia degli ecosistemi.

B

Ali sia vegetali. Il mondo di oggi, sempre più caldo, vede anche il diffondersi di nuove malattie e la ricomparsa di quelle vecchie.

La conoscenza biologica è vitale per determinare le cause di questi cambiamenti, per individuare possibili soluzioni e per contribuire a nuove politiche sociali, am-bientali ed economiche.

RICORDA La biologia ci dà informazioni sulla

dinamica e sullo stato di salute degli ecosistemi a

rischio, suggerendo politiche utili.

La biologia è la base della medicina

Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno riflettuto sulle cause delle malattie e hanno cercato metodi per combatterle. Ben prima che fosse nota la loro origine, si sapeva che le infezioni si potevano trasmettere da una persona all’altra, tanto che la pratica dell’isolamento delle persone infette è documentata fin dalle prime te-stimonianze scritte disponibili.

La ricerca biologica ci dà informazioni su come fun-zionano gli organismi e sulle ragioni per cui si svilup-pano i problemi e le infezioni che chiamiamo malattie. Oggi sappiamo che, oltre alle malattie causate dall’infe-zione da parte di altri organismi, esistono molte malattie di origine genetica, cioè dovute a mutazioni presenti nel DNA.

Per sviluppare cure efficaci occorre capire l’origine, il meccanismo e gli effetti delle malattie; bisogna inoltre essere in grado di comprendere le conseguenze dei nostri interventi.

Per esempio, il ritorno della tubercolosi che si nota negli ultimi tempi è dovuto alla comparsa di batteri resistenti agli antibiotici (Figura 19A); per affrontare le future epidemie di tubercolosi è necessario conoscere la biologia molecolare, la fisiologia, l’ecologia microbica e l’evoluzione dei patogeni.

Molti dei microrganismi che causano periodicamen-te epidemie nelle popolazioni umane si riproducono in fretta e mutano velocemente. Per esempio, il virus dell’influenza muta così in fretta che abbiamo bisogno di produrre ogni anno un nuovo vaccino (Figura 19B). I princìpi dell’evoluzione ci aiutano a capire come cam-biano i virus dell’influenza e possono perfino aiutarci a prevedere da quali varietà del virus potrebbe partire una futura epidemia.

Grazie a questa conoscenza medica, che abbina al-cune applicazioni della biologia molecolare alla teo-ria dell’evoluzione e ad alcuni principi fondamentali

25

Page 20: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | La biologia è la scienza della vita | A21

Figura 19L’evoluzione dei patogeni

(A) Negli ultimi anni, sono comparsi ceppi del batterio della tubercolosi (in rosso nella figura) resistenti agli antibiotici. (B) L’alta percentuale di mutazione del virus dell’influenza costringe a produrre ogni anno nuovi vaccini.

A B

dell’ecologia, i ricercatori sono in grado di sviluppare vaccini efficaci e altre strategie per il controllo delle principali epidemie.

RICORDA La biologia può fornire dati importanti in

ambito medico, per trovare nuove terapie e arginare

le epidemie.

La biologia permette di comprendere la biodiversità

Per il biologo, la biodiversità offre una fonte inesauribile di domande e opportunità per nuovi studi ed esperimen-ti (Figura 20). Le nuove scoperte generano domande che nessuno prima immaginava di porsi. La scienza è una ricerca senza fine.

La biodiversità arricchisce le nostre vite anche al di là dell’ambito scientifico. C’è chi osserva gli uccelli, chi ama il giardinaggio, chi raccoglie funghi o piante. In molte parti del mondo la comparsa delle fioriture spontanee primaverili attira folle di spettatori; milioni di persone amano fare passeggiate nei boschi o immersi nella natura e campeggiare in aree naturali ricche di specie diverse: imparare la biologia migliora enormemente la nostra capacità di apprezzare il mondo che ci circonda.

RICORDA Studiare biologia significa assecondare la

nostra spontanea curiosità verso il mondo naturale

per apprezzarlo e proteggerlo.

26

Figura 20 Scoprire la vita sulla Terra

Entomologi che raccolgono insetti sui rami di un abete rosso in Canada. I biologi stimano che le specie conosciute rappresentino solo una piccola percentuale di tutte quelle che abitano la Terra.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

1. Che cosa sta recentemente minacciando

l’agricoltura globale?

2. Perché la tubercolosi è ricomparsa?

3. Perché è importante studiare la

biodiversità?

Il programma di ricerca nato negli anni

Settanta che aveva l’obiettivo di produrre

cereali geneticamente migliorati prese il nome

di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Apri un quotidiano o una rivista e scegli

casualmente un articolo. Leggilo e individua

tutti gli aspetti che la biologia potrebbe in

qualche modo contribuire a migliorare. Crea

una tabella e discutine in classe.

Page 21: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A22

ESERCIZI

CAPITOLO

Costruisci la tua MAPPA INTERATTIVA

ONLINEMettiti alla prova con 20 esercizi interattivi

2. Dai una definizione per ciascuno dei seguenti termini associati.

biologia:

biodiversità:

biotecnologia:

bioinformatica:

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

La grande varietà di forme di vita che osserviamo.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Disciplina scientifica dedicata alla risoluzione di problemi biologici a livello molecolare con metodi

informatici.

gene:

genoma:

Tratto di DNA.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

autotrofi:

eterotrofi:

Organismi che non hanno bisogno di altri esseri viventi per il loro sostentamento.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

popolazione:

comunità:

ecosistema:

Organismi che appartengono a una determinata specie e che vivono nella stessa regione geografica.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

A

1

Ripassa i concetti

Definisci i termini

1. Completa la mappa inserendo i termini mancanti.

cellule / organismi modello / parassiti / procarioti / osservare / verificare /

interagiscono / gli esseri viventi / eucarioti / antenato / scientifico / livelli

batteri

ai confini con la vita

i virus

condividono un linguaggio

genetico universale

2. formulare delle ipotesi

3. fare delle previsioni

ricavano dall’ambiente energia

e nutrienti dall’ambiente

sono organizzati in

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

derivano da un comune

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

7 caratteristiche

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

intracellulari obbligati

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

che condividono

tra loro

che si

classificano in

che comprende i

sono fatti di

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

e misurare

4. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

le ipotesi

regolano il proprio

ambiente interno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

tra loro

utilizza

che sono

considerati

che prevede di

studia

LA BIOLOGIA

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

il metodo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Page 22: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | Esercizi di fine capitolo | A23

3. La biodiversità è

A la disciplina che studia tutti gli organismi

viventi.

B l’insieme di tutte le cellule che formano

gli organismi viventi.

C una caratteristica delle prime forme di

vita comparse sulla Terra.

D la grande varietà di organismi viventi

presenti in natura.

4. La disciplina che studia le cellule è

A l’istologia.

B l’entomologia.

C la citologia.

D la genomica.

5. La struttura molecolare del DNA è stata

scoperta

A con le metodiche messe a punto dalle

biotecnologie.

B per mezzo della genomica.

C grazie alla cristallografia a raggi X.

D con il microscopio elettronico.

6. Per traduzione si intende

A il passaggio dell’informazione genetica

dal DNA all’RNA.

B il passaggio dell’informazione genetica

dall’RNA al DNA.

C la sintesi di una proteina dall’RNA.

D la sintesi di una proteina dal DNA.

7. Gli organismi eterotrofi

A hanno bisogno di reperire i nutrienti

dall’ambiente circostante.

B si sintetizzano da soli i nutrienti

necessari.

C non possono mantenere costante il loro

ambiente interno.

D usano la luce del Sole per sintetizzare i

nutrienti.

8. I fagi sono virus che infettano

A l’essere umano.

B i batteri.

C gli uccelli.

D le piante.

9. «Le cellule si originano da cellule

preesistenti» è

A un assunto su cui si basa la selezione

naturale.

B uno dei principi della teoria cellulare.

C una caratteristica degli organismi

pluricellulari.

D una caratteristica degli organismi

unicellulari.

10. L’involucro proteico che riveste un virus

è chiamato

A virione.

B citoplasma.

C capside.

D membrana plasmatica.

11. In un esperimento controllato

A si interviene sulla variabile dipendente.

B si confrontano campioni diversi.

C si esaminano solo i dati qualitativi.

D si modifica la variabile indipendente.

12. I protozoi sono

A protisti unicellulari.

B animali molto antichi.

C batteri.

D organismi procarioti.

13. Quale delle seguenti affermazioni

riguardanti una teoria scientifica è

errata?

A non si mette mai in discussione.

B spiega anche altri fenomeni oltre a quello

osservato.

C non è mai definitiva, ma deve essere

verificata di continuo.

D viene formulata quando l’ipotesi è

verificata dalla fase sperimentale.

14. Per peer reviewing si intende

A un gruppo di ricerca che avvia un nuovo

studio.

B la collaborazione tra più gruppi di ricerca

su un determinato argomento.

C la revisione di un articolo scientifico da

parte di scienziati che appartengono alla

comunità scientifica.

D la bocciatura di un articolo scientifico.

15. La logica di tipo deduttivo consente di

A formulare ipotesi.

B fare delle previsioni.

C progettare un esperimento

D raccogliere dati in modo adeguato.

16. Which term and definition are

mismatched?

A data–factual information.

B hypothesis–the idea to be tested.

C conclusion–what the data tell us.

D all of these are properly matched.

17. Genes are

A present in eukaryotes but not in

prokaryotes.

B composed of RNA and DNA.

C passed on from cell to cell and from

organism to organism.

D all of these are correct.

18. Quale delle seguenti osservazioni

può essere utilizzata per distinguere

procarioti da eucarioti?

A presenza di pori nucleari.

B presenza di una parete cellulare.

C presenza di ribosomi.

D presenza di trascrittasi inversa.

E presenza di una membrana cellulare.

[dalla prova di ammissione

a Medicina e Odontoiatria, anno 2013]

Verifica le tue conoscenze

Page 23: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A24

19. Associa le definizioni al termine corrispondente.

a. Indaga le relazioni tra gli organismi viventi e

l’ambiente in cui vivono.

b. Il suo campo di indagine è tutto il regno

animale.

c. Si occupa dei tessuti cellulari.

d. Studia gli uccelli.

e. Il suo campo di indagine riguarda la cellula.

f. Studia i pesci.

g. Studia gli insetti.

1. istologia

2. ecologia

3. ittiologia

4. zoologia

5. ornitologia

6. citologia

7. entomologia

a b c d e f g

20. Scrivi sotto a ciascuna immagine se l’organismo rappresentato è

autotrofo o eterotrofo.

21. Leggi e completa le seguenti affermazioni relative alla

classificazione dei viventi.

a) Tutti gli esseri viventi si possono classificare in tre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . : archei, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , eucarioti.

b) Gli eucarioti, a loro volta, si dividono in 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . :

animali, piante, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . e protisti.

c) Le piante sono organismi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , che grazie alla

fotosintesi, sono in grado di produrre i propri nutrienti partendo da

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . che trovano nell’ambiente.

d) Il regno dei protisti comprende le . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ,

i . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . e numerosi altri organismi.

22. Sottolinea l’alternativa corretta.

a) La cellula fu scoperta da Hooke / Van Leeuwenhoeck nel XVII /

XVIII secolo, esaminando fettine di legno / sughero al microscopio

ottico.

b) Quasi 200 anni dopo il botanico Schwann / Schleiden e lo zoologo

Schwann / Schleiden concordarono nel ritenere che la cellula

fosse l’unità di base di animali e piante.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

c) Le osservazioni di questi studiosi furono successivamente

unificate nella teoria cellulare / molecolare.

d) Nella forma moderna, la teoria cellulare afferma come primo

punto che le cellule sono le unità strutturali e funzionali di

determinati / tutti gli organismi viventi.

23. Associa le definizioni al termine corrispondente.

a. Processo che consente l’incremento dei

discendenti di un determinato organismo

nel quale si è manifestata l’insorgenza

di una nuova caratteristica che si rivela

vantaggiosa per la sopravvivenza.

b. Varietà di organismi viventi presenti in

natura.

c. Gruppo di organismi viventi

morfologicamente simili che

nell’accoppiamento generano figli fertili.

d. L’insieme di tutte le reazioni chimiche che

avvengono all’interno di un organismo

vivente.

e. Rigoroso processo di indagine di fenomeni

scientifici costituito da tappe successive e

ricorrenti.

f. L’insieme di tutto il materiale genetico

racchiuso in ciascuna cellula di un

organismo.

g. Processo di regolazione che mantiene

costante l’ambiente interno dell’organismo

malgrado i cambiamenti esterni.

h. Interazione tra le popolazioni che vivono in

un determinato ambiente e l’ambiente in

cui vivono.

1. specie

2. genoma

3. metodo

scientifico

4. procariote

5. metabolismo

6. biodiversità

7. ecosistema

8. omeostasi

9. selezione

naturale

a b c d e f g h

24. Seleziona, tra le seguenti definizioni, quelle che illustrano le

caratteristiche degli esseri viventi.

A Le cellule ricavano energia e nutrienti dall’ambiente.

B Le cellule sono simili per composizione chimica.

C Tutte le cellule hanno origine da cellule preesistenti.

D La vita è organizzata in livelli gerarchici.

E Le cellule mantengono costanti le proprie condizioni interne

nonostante i cambiamenti dell’ambiente esterno.

F Tutte le cellule sono delimitate dalla membrana plasmatica.

G L’ambiente interno alla membrana è costituito dal citoplasma che

è una miscela di acqua e altre sostanze.

H Tutti gli organismi viventi si sono evoluti da un antenato comune.

I Tutti gli organismi sono fatti di cellule.

J Le cellule sono le unità strutturali e funzionali di tutti gli organismi

viventi.

Verifica le tue abilità

Page 24: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

A1 | Esercizi di fine capitolo | A25

Dati in agenda

Try it in English!

RIFLETTI ED ELABORA

25. Un esempio di collaborazione tra scienziati di differenti discipline

è il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC).

Ne fanno parte 100 scienziati di 30 paesi diversi ed esperti delle

Nazioni Unite che studiano il riscaldamento globale. Nel 2019

il Gruppo ha pubblicato l’ultimo rapporto speciale sul clima,

incentrato sul peggioramento delle condizioni degli oceani e delle

calotte di ghiaccio.

Cerca informazioni su questo report dell’IPCC e prendilo come

esempio per spiegare che cos’è un progetto di ricerca.

DISEGNA

26. Disegna una mappa concettuale che contenga i termini «geni» e

«biodiversità». Collega i box della mappa, indicando in che modo i

geni presiedono alla grande varietà dei viventi.

DISCUTI

27. Fornisci degli esempi che supportino la seguente frase: «La teoria

dell’evoluzione è la teoria unificante della biologia.» Parti dai

vari punti che descrivono la teoria cellulare e prova a discuterli in

termini di evoluzione.

RIFLETTI

28. Un botanico sta studiando una nuova specie di parassita delle rose

e rovescia per sbaglio dell’acqua salata su una pianta infestata.

Dopo qualche giorno i parassiti sono spariti e la pianta è guarita.

Decide di ricreare la stessa situazione ma aggiungendo altre

variabili. Prende tre piante equivalenti e ugualmente infestate

dallo stesso parassita: nebulizza una pianta con acqua salata, una

con acqua distillata e non nebulizza la terza pianta. Dopo qualche

giorno vede che le prime due piante non sono più infestate mentre

la terza è ricoperta ancora di parassiti.

Completa il diagramma identificando le varie tappe di questo

esperimento scientifico.

Allena le tue competenze

Scienziati d’Italia

ANALIZZA LA NOTIZIA

29. Guarda il video presente in apertura di capitolo

e completa il testo.

Nell’anno accademico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . le due facoltà scientifiche

più richieste sono state ingegneria industriale e . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

In totale hanno raccolto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . iscritti. La facoltà che ha

avuto più iscrizioni è stata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , seguita dalle università

di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . e . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

CERCA ALTRE FONTI

30. Collegati al sito USTAT - Portale dei dati dell’istruzione superiore e

poi rispondi alle domande in 5 righe:

• quanti studenti stranieri sono iscritti e a quali nazionalità

appartengono?

• quanti sono in totale gli iscritti ai corsi universitari?

• qual è la percentuale di laureati rispetto al numero di iscritti?

• cerca i dati relativi agli iscritti dell’a.a. 2018/2019 di un ateneo

e indica quali sono le prime 3 facoltà con più iscritti.

FAI UN PASSO IN PIÙ

31. Quante persone conosci che hanno conseguito una laurea?

Intervista tre laureati e confronta le risposte. Per esempio, poni

loro queste domande:

• Quale tipo di scuola superiore hai frequentato?

• Sei stato soddisfatto della scelta che hai fatto?

• Quando hai scelto di fare l’università?

• Quale facoltà hai scelto e perché?

• Che cosa ti è servito delle scuole superiori durante gli anni

all’università?

• Che cosa hai fatto dopo la laurea?

Watch the video

and answer the questions.

Italian scientists

Page 25: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B2

DA MENDEL AI MODELLI DI EREDITARIETÀ

CAPITOLO B

1

le leggi della

dominanza e della

segregazione

LEZIONE 1

la legge

dell’assortimento

indipendente

LEZIONE 3

l’interazione

tra alleli

LEZIONE 4

il vigore degli ibridi e

la variabilità

LEZIONE EVOLUZIONE 6

quadrato di Punnett

e testcross LEZIONE 2

verificabili attraverso

aiuta a spiegare

La genetica

la determinazione

cromosomica

del sesso

LEZIONE 5

nasce grazie a Mendel che formula

N A V I G A I L C A P I T O L O

D A T I I N A G E N D A M a l a t t i e r a r e , m a l a t t i e g e n e t i c h e

Guarda il video, poi rispondi alle domande.1. Quante sono le malattie rare diagnosticate?2. Qual è la percentuale di malattie rare di origine

genetica? 3. Che cos’è la «prevalenza»?

D I M M I L A T U A ! O c c h i d i f a m i g l i a

Domande:1. Con quale posizione sei d’accordo e perché?2. Quali affermazioni non ti convincono?

Nella mia famiglia abbiamo tutti gli occhi scuri, tranne mio cugino: è strano…

Ma anche i nostri bisnonni avevano gli occhi scuri!

Perché? A volte alcune caratteristiche ereditarie possono saltare una generazione.

Allora forse avrà saltato due generazioni.

studia

Page 26: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B3

Gregor Mendel e la genetica dell’Ottocento

La genetica è lo studio delle leggi e dei meccanismi che permettono la trasmissione dei caratteri da una genera-zione all’altra e nasce come scienza sperimentale nella seconda metà dell’Ottocento. Prima di allora, gli studi sull’ereditarietà non seguivano un metodo rigoroso e si basavano su princìpi in gran parte errati. Ci sono prove che già 5000 anni fa alcune popolazioni accoppiassero deliberatamente animali o piante per selezionare le ca-ratteristiche desiderate. Il principio che storicamente gui-dava questi incroci era di accoppiare il «migliore con il migliore» e sperare che il risultato fosse quello sperato.

Fino a circa due secoli fa la trasmissione delle somi-glianze fisiche tra genitori e figli era considerata una pro-blematica interessante, ma non era chiaro da quali leggi fosse regolata. Fu grazie al lavoro di Mendel che molte di queste domande iniziarono a trovare una risposta.

Gregor Mendel (1822-1884) era un monaco agostinia-no (Figura 1) con una solida formazione scientifica ed era in contatto con alcuni tra i più importanti biologi della sua epoca.

Compì i suoi esperimenti e sviluppò le sue teorie nella seconda metà dell’Ottocento, un’epoca in cui le tecniche

1

Figura 1 Gregor Mendel e il suo orto

(A) Gregor Mendel (qui raffigurato su un francobollo austriaco)condusse molti esperimenti di genetica (B) in un orto del monastero di Brno, nell’odierna Repubblica Ceca.

A

B

di microscopia ottica erano ancora poco sviluppate, non si conoscevano i cromosomi e non si sapeva nulla della struttura e della fisiologia cellulare.

In quel periodo, gli studi sull’ereditarietà avevano por-tato alla cosiddetta teoria della mescolanza che si basava su due presupposti, di cui uno si è rivelato corretto, mentre l’altro errato:1. i due genitori danno un uguale contributo alle carat-

teristiche della prole (presupposto corretto);2. nella prole i fattori ereditari si mescolano (presup-

posto errato).La maggior parte dei naturalisti riteneva che nelle cellule uovo e negli spermatozoi fossero presenti dei fattori ere-ditari che, dopo la fecondazione, si univano. Secondo la teoria della mescolanza, gli elementi ereditari, una volta fusi, non si sarebbero più potuti separare, come due in-chiostri di colore diverso.

Grazie a numerosi esperimenti, Mendel riuscì a con-fermare il primo dei due presupposti, mentre smentì il secondo.

RICORDA Gli esperimenti di Mendel confermarono

un presupposto della teoria della mescolanza, ma

smentirono l’altro.

LA PRIMA E LA SECONDA LEGGE DI MENDEL

la legge della

dominanza

3

la teoria della

mescolanza

1

la legge della

segregazione

4

confermarono un presupposto

della

incroci di

piante di

pisello 2

attraverso

I risultati di

Mendel

permisero di formulare

LEZIONE 1

Page 27: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B4

La modernità del metodo di Mendel

Come modello sperimentale, Mendel scelse le piante di pisello odoroso (Pisum sativum): sono facili da coltivare, è possibile tenerne sotto controllo l’impollinazione e ne esistono più varietà con caratteri chiaramente riconosci-bili. Esaminiamo nei dettagli le sue scelte.Il controllo dell’impollinazione. Le piante di pisello studiate da Mendel producono organi sessuali e game-ti di entrambi i sessi all’interno di uno stesso fiore. In assenza di interventi esterni, queste piante tendono ad autoimpollinarsi: sullo stesso fiore l’organo femminile riceve il polline dagli organi maschili. Mendel utilizzò, oltre all’autoimpollinazione, anche una tecnica di fecon-dazione artificiale: l’impollinazione incrociata, ottenibile col trasporto manuale di polline da una pianta all’altra (Figura 2). Grazie a questa tecnica, Mendel potè identifica-re i genitori della progenie ricavata dai suoi esperimenti.La scelta dei caratteri. Mendel iniziò a esaminare le diverse varietà di piselli alla ricerca di caratteri e tratti ereditari che presentassero modalità adatte allo studio. Si definisce carattere una caratteristica fisica osservabile (per esempio il colore del fiore); il tratto è una forma par-ticolare assunta da un carattere (come il viola o il bianco per il colore del fiore), e il tratto ereditario è quello che si trasmette da genitore a figlio. Mendel cercò caratteri con tratti alternativi ben definiti, come fiori di colore viola o fiori di colore bianco. Dopo un’accurata ricerca concentrò gran parte del suo lavoro sui sette caratteri con coppie di tratti opposti indicati nella Tabella 5 a pagina B6.La scelta della generazione parentale. Mendel stabilì di non partire con incroci casuali; nelle piante che scelse come generazione di partenza, che chiamiamo generazio-

ne parentale, i caratteri dovevano essere allo stato puro: ciò significa che il tratto prescelto (per esempio il fiore bian-co) dev’essere costante per molte generazioni. Mendel isolò ciascuna delle linee pure incrociando piante sorelle dall’aspetto identico o lasciando che si autoimpollinas-sero. L’incrocio tra piselli di linea pura a fiori bianchi do-veva originare per varie generazioni soltanto progenie a fiori bianchi, e così via per altri caratteri.L’approccio matematico. Uno dei principali contributi di Mendel alla scienza consiste nell’analisi dell’enorme massa di dati raccolti facendo ricorso alle leggi della sta-tistica e al calcolo delle probabilità. Tali analisi gli hanno permesso di formulare le sue ipotesi e, dopo di lui, i ge-netisti hanno utilizzato gli stessi strumenti matematici.

RICORDA Per i suoi esperimenti, Mendel scelse le

piante di pisello poiché avevano caratteristiche che si

prestavano all’analisi matematica dei dati.

2Anatomia del fiore di pisello

(illustrato in sezione longitudinale)

Impollinazione incrociata tra fiori di pisello

Baccello (frutto)

Pianta parentale

Polline

Pianta parentale

Semi

di pisello

Figura 2 Un incrocio controllato tra due piante di pisello

Nei primi esperimenti di genetica si utilizzarono le piante, poiché i loro incroci sono facilmente controllabili.

2. I semi vengono fatti

germogliare per dare

origine a nuove piante

di pisello.

1. Il polline viene trasferito

dalle antere di un fiore

viola allo stigma di un fiore

bianco, le cui antere sono

state rimosse.

3. L’analisi delle

caratteristiche fisiche

della discendenza

per due generazioni

dimostra che i caratteri

ereditati derivano da

entrambi i genitori.

Lo stigma accoglie

il polline.

Le antere all’apice degli

stami provvedono alla

produzione del polline.

Gli stami sono gli organi

riproduttori maschili.

L’ovario è l’organo

riproduttore femminile.

Page 28: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B5

La prima legge di Mendel: la dominanza

Mendel eseguì diverse serie di incroci. Nella prima parte del suo lavoro egli decise di considerare l’ereditarietà di un solo carattere per volta in un grande numero di pianti-ne. Riassumiamo qui i criteri che tenne presente Mendel negli incroci considerati.• Per ciascun carattere scelse piante di linea pura per

tratti opposti ed effettuò una fecondazione incrociata: raccolse il polline da un ceppo parentale e lo mise sullo stigma (l’organo femminile) dei fiori dell’altro ceppo, ai quali, preventivamente, aveva tolto le antere (gli organi maschili), in modo che la pianta ricevente non potesse autofecondarsi. Le piante che fornivano o ricevevano il polline costituivano la generazione

parentale, indicata con P.• I semi, e le nuove piante da essi prodotte, costituiva-

no la prima generazione filiale o F1. Gli individui di questa generazione possono esser definiti ibridi in quanto figli di organismi che differiscono per uno o più caratteri. Mendel esaminò le piante di F1 per ve-dere quali caratteri presentavano e annotò il numero di piante con ciascun tratto.

I risultati ottenuti possono essere riassunti nella prima

legge di Mendel, detta legge della dominanza (Video 3): gli individui ibridi della generazione F1 manifestano solo uno

dei tratti presenti nella generazione parentale.Mendel ripeté l’esperimento per tutti e sette i carat-

teri prescelti. Il metodo è illustrato nella Figura 4, che prende come esempio il carattere «forma del seme». In-nanzitutto prelevò il polline da una pianta di una linea pura con semi rugosi e lo collocò sullo stigma dei fiori di una linea pura a semi lisci. Egli eseguì anche l’incrocio

reciproco, ovvero eseguì l’operazione inversa (polline di un ceppo a semi lisci sullo stigma di un ceppo a semi ru-gosi). L’incrocio tra questi due tipi di piante P produceva in ogni caso una F1 tutta uniformemente a semi lisci; il tratto «seme rugoso» sembrava completamente sparito. Mendel concluse che il tratto a seme liscio fosse domi-

nante su quello a seme rugoso, da lui chiamato recessivo. In ognuna delle altre sei coppie di caratteri, un tratto si dimostrò sempre dominante sull’altro; il tratto recessivo era quello che, in un incrocio tra linee pure, scompariva dalla generazione F1.

Questi risultati contribuirono a mettere in discussio-ne la teoria della mescolanza: la generazione F1 infatti non mostrava un rimescolamento dei due tratti dei ge-nitori, ma solo uno dei due. Queste prove supportavano una «teoria ereditaria particellare», secondo cui i fattori ereditari hanno una natura fisicamente distinta e non si mescolano.

3

Video 3La prima legge di Mendel

Figura 4 Gli incroci di Mendel

I risultati osservati nella generazione di semi F2 (3/4 lisci,

1/4 rugosi) furono sempre gli stessi, indipendentemente da quale varietà della generazione parentale contribuiva con il polline alla formazione della progenie.

Semi F2 ottenuti dalle piante F1

Semi parentali (P)

Piante parentali (P)

Pianta di linea pura per i semi lisci

Pianta di linea pura per i semi rugosi

MaturazioneSemi F1

Accrescimento

Accrescimento

Polline

Polline

Pianta F1

4. Semi F2: 3/4 dei semi

sono lisci e 1/4 sono

rugosi (rapporto 3:1).

3. Autoimpollinazione

delle piante F1.

2. Viene piantato un

seme liscio F1. Tutti i

semi F1 sono lisci.

1. Si effettua l’incrocio

reciproco dell’impollinazione.

IPOTESI Quando vengono incrociate varietà con tratti differenti, i loro caratteri si fondono nelle generazioni successive.

CONCLUSIONE L’ipotesi non è vera; non vi è alcun mescolamento irreversibile dei caratteri. Un tratto recessivo può ricomparire nelle generazioni successive.

METODO

RISULTATI

RICORDA Mendel incrociò piante di linea pura per

un determinato carattere e ottenne piante e semi

ibridi che manifestavano solo uno dei tratti della

generazione parentale. Da questi risultati formulò la

legge della dominanza.

Page 29: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B6

La seconda legge di Mendel: la segregazione

Mendel, in seguito, coltivò le piantine della generazione F1 ed eseguì una seconda serie di esperimenti. Ognuna di queste piante fu lasciata libera di autoimpollinarsi e produrre i semi di una nuova generazione che chiamere-mo seconda generazione filiale o F2. Di nuovo, furono descritte e contate le caratteristiche di tutte le piante F2

(Tabella 5). In tutti gli incroci eseguiti, Mendel notò due dati importanti.1. Il tratto che non si era espresso nella generazione F1

(tratto recessivo) ricompariva nella generazione F2.2. In F2 il rapporto numerico tra i due tratti era sem-

pre lo stesso per ciascuno dei sette caratteri studiati, all’incirca 3:1; tre quarti della generazione F2 mostrava il tratto dominante e un quarto il tratto recessivo. I risultati di F1 non cambiavano se nella generazione parentale si partiva dagli ibridi reciproci; non aveva importanza quale genitore forniva il polline.

Anche questi dati smentivano la teoria della mescolanza: i tratti spariti nella F1 ricomparivano nella F2 e quindi non erano scomparsi a causa del rimescolamento.

4

Fenotipi della generazione parentale Generazione F2

Dominante Recessivo Dominante Recessivo Totale Frequenza

seme con buccia liscia × seme con buccia rugosa 5474 1850 7324 2,96:1

seme giallo × seme verde 6022 2001 8023 3,01:1

fiore viola × fiore bianco 705 224 929 3,15:1

baccello rigonfio × baccello con strozzature 882 299 1181 2,95:1

baccello verde × baccello giallo 428 152 580 2,82:1

fiore assiale × fiore terminale 651 207 858 3,14:1

fusto allungato × fusto corto 787 277 1064 2,84:1Tabella 5I sette caratteri scelti da Mendel.

Alla luce delle sue scoperte, Mendel concluse che:• le unità responsabili dell’ereditarietà di un particolare

carattere si presentano come particelle distinte che in ogni pianta di pisello si trovano in coppia;

• durante la formazione dei gameti tali particelle si se-parano e ogni gamete ne eredita una soltanto.

Si comprese, quindi, che ogni gamete contiene una so-la unità, mentre lo zigote ne contiene due, perché è il prodotto della fusione di due gameti. Oggi, gli elementi unitari dell’ereditarietà si chiamano geni e le forme di-verse di uno stesso gene sono chiamate alleli. Ogni gene è una sequenza di DNA che si trova in un punto preciso del cromosoma, detto locus (al plurale loci), e che talvolta codifica un preciso carattere.

Queste conclusioni possono essere espresse nella se-guente forma, che costituisce la seconda legge di Mendel o legge della segregazione (Video 6): quando un individuo

produce gameti, le due copie di un gene (gli alleli) si separano o

segregano, cosicché ciascun gamete riceve soltanto una copia.

RICORDA La legge della segregazione mostra come

le due copie di un gene si separino nei gameti.

Video 6La seconda legge

di Mendel

Allele deriva dal termine originario allelomorfo (dal greco allélon, «l’un l’altro», e morphé, «forma»), che significava «di forma alternativa».

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

1. Qual era il presupposto, poi rivelatosi errato, della teoria della mescolanza?

2. Perché Mendel utilizzò piante di Pisum

sativum nei suoi esperimenti?3. In quale caso un determinato tratto si dice

dominante? 4. Che cosa dice la prima legge di Mendel?

1. In F1 il carattere «rugoso» sparisce perché dominante / recessivo.

2. La seconda legge di Mendel è chiamata anche legge della . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3. La generazione da cui parte lo studio di un carattere è detta generazione parentale /

filiale.

Costruisci (disegnando su carta, utilizzando una app sullo smartphone o un software al computer) uno schema che sintetizzi le relazioni fra allele, carattere, gene e tratto. Lo schema deve riportare le definizioni dei 4 termini (massimo 10 parole ciascuna) e delle loro relazioni (massimo 5 parole ciascuna).

Page 30: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B7

Il quadrato di Punnett

Gli alleli si rappresentano con una lettera: maiuscola se è dominante, minuscola se è recessivo. Per esempio l’allele per il seme liscio si indica con la lettera L, mentre l’allele per il seme rugoso con la lettera l.

L’insieme degli alleli che determinano un carattere è detto genotipo, mentre la caratteristica osservabile è detta fenotipo. Se i due alleli del genotipo sono ugua-li, l’individuo è omozigote. Per esempio, una pianta di pisello con genotipo LL è omozigote dominante con fe-notipo «seme liscio»; mentre una pianta con genotipo ll è omozigote recessiva con fenotipo «seme rugoso». Se i due alleli sono diversi, come nel fenotipo Ll, l’individuo è eterozigote e ha fenotipo dominante perché L domina su l. In generale, un allele è recessivo se non si manifesta nel fenotipo dell’eterozigote.

«Seme liscio» e «seme rugoso» sono due fenotipi risul-tanti da tre possibili genotipi: il fenotipo «seme rugoso» prodotto da ll; il fenotipo «seme liscio» prodotto da LL e Ll.

Per prevedere i genotipi risultanti da un incrocio si usa il quadrato di Punnett.

Gameti femminili

Gameti maschili

L

l

lL

Questo sistema consente di considerare tutte le possibi-li combinazioni gametiche nel calcolo delle frequenze

5

Genotipoderiva dal greco génos, «genere», e týpos, «tipo» e si riferisce agli alleli. Fenotipoderiva da pháinein, «apparire», e si riferisce alle caratteristiche determinate dal genotipo. Omozigotederiva dal greco hómos, «uguale», e zygón, «coppia», ed è contrapposto a eterozigote(héteros, «diverso» in greco).

VERIFICARE LA SECONDA LEGGE DI MENDEL

il quadrato di

Punnett 5

il testcross 6

si può studiare attraverso

si può verificare attraverso

La seconda legge

di Mendel

LEZIONE 2

genotipiche attese. La griglia riporta su un lato tutti i possibili genotipi del gamete maschile e lungo l’altro lato tutti i possibili genotipi di quello femminile (sia i gameti maschili sia femminili sono cellule aploidi). La griglia si completa mettendo in ogni quadrato il genotipo diploide di ciascuna combinazione gametica.

Utilizzando il quadrato di Punnett è possibile osserva-re in che modo il modello mendeliano spiega i rapporti numerici tra i fenotipi nelle generazioni F1 e F2 (Figura 7). Nella generazione parentale i due genitori sono entrambi omozigoti: il genitore puro con semi lisci ha genotipo LL, mentre il genitore con semi rugosi ha genotipo ll. Il genitore LL produce gameti con il solo allele L, mentre il genitore ll produce gameti con il solo allele l. Poiché la generazione F1 eredita un allele L da un genitore e un allele l dall’altro, tutte le piante F1 hanno genotipo Ll e fenotipo dominante «seme liscio». Perciò metà dei game-ti della generazione F1 ha l’allele L e l’altra metà l’allele l. Poiché le piante LL e le piante Ll producono entrambe se-mi lisci, mentre le piante ll producono semi rugosi, nella generazione F2 ci sono tre modi di ottenerne una con semi lisci e uno solo di ottenerne una con semi rugosi. Questo suggerisce un rapporto 3:1, vicino ai valori sperimentali di Mendel (vedi Tabella 5).

LL ll

Gameti maschili

Ll

Ll

Ll

Ll Ll

LL

Ll ll

L

L l

l

l l

Gameti femminili

×

×

Ll Ll

l

LL

L

Gameti maschili

L

l

Gameti femminili

L

l

L lGameti

Gameti

Generazione F1

Generazione F2

Generazione

parentale (P)1. Una pianta

omozigote per L viene

incrociata con una

pianta omozigote

per l.

2. I gameti parentali

si combinano in modo

da produrre piante

F1 con genotipo Ll

e fenotipo «seme

liscio».

3. Le piante F1

(tutte eterozigoti)

producono gameti

aploidi e ognuna si

autoimpollina.

4. Combinazioni

diverse degli alleli

derivanti da ciascun

genitore producono

nella F2 due diversi

fenotipi del seme.

5. I fenotipi del seme

compaiono in un

rapporto di 3:1.

Figura 7La spiegazione di Mendel dell’ereditarietà

Mendel concluse che l’ereditarietà dei caratteri dipende da fattori portati da ciascun genitore che non si mescolano nella progenie.

Page 31: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B8

La verifica del testcross

Per verificare che nella generazione F1 a seme liscio esi-stessero due possibili genotipi (LL e Ll ), Mendel eseguì un testcross (Figura 9). Si tratta di un incrocio di controllo che permette di scoprire se un individuo con carattere dominante è omozigote o eterozigote. L’individuo sotto analisi, indicato come L_ (la natura del secondo allele è ignota), è incrociato con un omozigote per il carattere recessivo, ovvero ll. Le possibilità sono due:1. se l’individuo è un omozigote dominante (LL), tutta

la prole del testcross sarà Ll e avrà semi lisci;2. se l’individuo è un eterozigote (Ll ), metà della prole

sarà eterozigote (Ll ) e mostrerà il carattere dominan-te, l’altra metà sarà omozigote (ll ) e mostrerà il carat-tere recessivo.

RICORDA Il testcross determina se un individuo con

fenotipo dominante è omozigote o eterozigote.

6

×

Gameti

L_ ll

×

ll

L L

LL

ll

×

ll

L l

Ll

ll

UovaLl Ll

Ll Ll

L

L

Spermatozoi

l l

Spermatozoi

l l

UovaLl Ll

L

llll

l

1. Si testa una pianta a semi lisci con genotipo sconosciuto…

3a. Se la pianta è omozigote…

3b. Se la pianta è eterozigote…

Figura 9 Omozigote o eterozigote?

Grazie al testcross è possibile determinare il genotipo di un individuo con fenotipo dominante.

2. … incrociandola con semi rugosi con genotipo noto (omozigoti recessivi).

4a. … allora tutta la progenie manifesta il fenotipo dominante (semi lisci).

4b. … allora metà della progenie sarà con semi rugosi, l’altra metà lisci.

Mendel ha elaborato la sua legge della segregazione sen-za sapere dell’esistenza di cromosomi e meiosi, mentre oggi sappiamo che la disgiunzione dei differenti alleli di un gene avviene durante la separazione dei cromosomi durante la meiosi I (Figura 8).

RICORDA Il quadrato di Punnett considera le

combinazioni dei gameti nel calcolo delle frequenze

genotipiche e prevede come si mescolano gli alleli in

ogni incrocio.

Interfase meiotica

Cromosomi

omologhi

Cromatidi

fratelli

L l

Quattro gameti aploidi

L L l l

L L

L L

l l

l l

Genitore diploide Ll

MEIOSI I

MEIOSI II

1. I siti in evidenza sui cromosomi corrispondono ai loci del gene con gli alleli L e l per la forma del seme.

2. Prima della meiosi, ciascun cromosoma omologo si duplica.

3. Al termine della meiosi I, i due alleli segregano in due diverse cellule figlie.

4. Alla fine della meiosi II ogni gamete aploide contiene un allele di ogni gene.

Figura 8 La meiosi spiega la segregazione degli alleli

Oggi sappiamo che ogni coppia di alleli si trova sui cromosomi omologhi e che i due alleli segregano durante la meiosi.

1. A che cosa corrispondono le righe e le colonne del quadrato di Punnett?

2. Che cosa si indica con la simbologia L_? 3. Che cosa si intende per testcross?

1. Lo strumento grafico per studiare un incrocio si dice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2. Le leggi di Mendel si spiegano con il meccanismo della meiosi / mitosi.

Indaga nella tua famiglia e trova casi di ereditarietà che sembrano seguire le leggi di Mendel. Rappresentali su un foglio o su un cartellone, corredandoli di foto o immagini.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 32: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B9

1. I geni per la forma e il colore del seme potevano essere associati e quindi conservare l’assetto della genera-zione parentale. In questo caso, le piante F1 avrebbero prodotto due soli tipi di gameti (LG e lg) e la progenie risultante dall’autoimpollinazione avrebbe dovuto essere composta da piante con semi lisci e gialli e da piante con semi rugosi e verdi, con un rapporto 3:1. Se questo fosse stato il risultato, non ci sarebbe stata ragione di pensare che la forma e il colore del seme fossero regolati da due geni diversi, dato che i semi lisci sarebbero stati sempre gialli e quelli rugosi sempre verdi.

2. Gli alleli L e l si potevano distribuire in modo indi-pendente rispetto a G e g, cioè essere indipendenti. In questo caso la F1 avrebbe prodotto in ugual misura quattro tipi di gameti: LG, Lg, lG e lg. Dalla combina-zione casuale di questi gameti si sarebbe generata una F2 con nove genotipi differenti (Figura 10). I fenotipi corrispondenti sarebbero stati quattro: liscio giallo, liscio verde, rugoso giallo e rugoso verde. Se inserisci questi dati in un quadrato di Punnett, puoi vedere che questi fenotipi si presentano in rapporto di 9:3:3:1.

LLGG

LlGg

llgg

LG

LG

LG Lg lG lg

Lg lG lg

Spermatozoi

Gameti

×

Uova

LLGG

Lg

LLGg LlGG LlGg

LLGg LLgg LlGg Llgg

lG

LlGG LlGg llGG llGg

lg

LlGg Llgg llGg llgg

Generazione F1

Generazione F2

Generazione

parentale (P)

3. La generazione F2 è caratterizzata da quattro fenotipi in rapporto 9:3:3:1.

1. Ciascun gamete prende una copia di ciascun gene.

2. Un incrocio diibrido (*) è un incrocio tra due eterozigoti identici.

Figura 10L’assortimento indipendente

Le sedici combinazioni gametiche di questo incrocio diibrido producono nove diversi genotipi. Poiché L e G sono rispettivamente dominanti su l e g, i nove genotipi determinano quattro fenotipi diversi in rapporto di 9:3:3:1.

La terza legge di Mendel: l’assortimento indipendente

Consideriamo un individuo eterozigote per due geni (LlGg), nel quale gli alleli L e G provengano dalla ma-dre, mentre gli alleli l e g provengano dal padre. Quando questo organismo produce i gameti, gli alleli di origine materna (L e G) devono per forza finire insieme in uno stesso gamete e quelli di origine paterna (l e g) in un altro, oppure un gamete può ricevere un allele materno e uno paterno (L e g, come pure l e G)?

Per rispondere a questa domanda, Mendel progettò un’altra serie di esperimenti. Cominciò con dei ceppi di pisello che differivano per due caratteristiche del seme: la forma e il colore. Un ceppo parentale puro produceva soltanto semi lisci e gialli (LLGG), mentre l’altro ceppo produceva soltanto semi rugosi e verdi (llgg). Dall’incro-cio tra questi due ceppi, si otteneva una generazione F1

nella quale le piante avevano tutte genotipo LlGg: i semi erano tutti lisci e gialli (L e G sono dominanti).

Mendel continuò l’esperimento fino alla generazione F2 compiendo un incrocio diibrido (ovvero un incrocio tra individui che sono doppiamente eterozigoti) tra pian-te di F1; in pratica, si limitò a lasciare che le piante di F1

si autoimpollinassero. Secondo Mendel (ricordiamo che non aveva mai sentito parlare di cromosomi e meiosi) esi-stevano due diversi modi in cui tali piante doppiamente eterozigoti potevano produrre gameti.

7

LA TERZA LEGGE DI MENDEL

nella genetica

umana 8

nelle malattie genetiche

dominanti e recessive 9

nota come

legge dell’assortimento

indipendente 7

La terza legge

di Mendel

trova conferma

LEZIONE 3

Page 33: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B10

Gli incroci diibridi di Mendel confermarono la seconda previsione: in F2 comparvero infatti quattro fenotipi dif-ferenti in un rapporto di 9:3:3:1. In una parte della proge-nie le caratteristiche parentali si presentarono in nuove combinazioni (liscio con verde e rugoso con giallo).

Questi risultati indussero Mendel alla formulazione della terza legge di Mendel o legge dell’assortimento

indipendente dei caratteri (Video 11): durante la formazio-

ne dei gameti, geni diversi si distribuiscono l’uno indipendente-

mente dall’altro. In altre parole, considerando i due geni A e B, la separazione degli alleli del gene A è indipendente dalla separazione degli alleli del gene B.

Oggi tale legge non è universalmente valida come la legge della segregazione; infatti si applica ai geni posizio-nati su cromosomi distinti, ma non sempre a quelli collo-cati su uno stesso cromosoma. Perciò, durante la meiosi, i cromosomi si riassortiscono l’uno indipendentemente dall’altro, e così fanno due geni solo se situati su coppie di cromosomi omologhi distinti (Figura 12).

RICORDA Dall’incrocio di piante diibride, Mendel

ottenne nella F2 quattro fenotipi in rapporto di 9:3:3:1

e formulò la legge dell’assortimento indipendente.

Video 11La terza legge

di Mendel Video 14

Diagnosticare una malatia

genetica

MEIOSI I

MEIOSI II

MEIOSI I

MEIOSI II

Diploidi

parentali

Diploidi

parentali

Gameti aploidi

L L ll

G G g g

L

L

L ll

l

G G

G

L

G

g g

g

l

g

Metafase II

Metafase I

Gameti aploidi

L L ll

G Gg g

L

L

L ll

l

g g

g

L

g

G G

G

l

G

OPPURE

1. Durante la meiosi I, la

destinazione degli alleli

L e l non influisce su

quella degli alleli G e g.

2a. L si può

assortire con G

e l si può

assortire con g.

2b. L si può

assortire con g

e l si può

assortire con G.

Figura 12 La meiosi spiega l’assortimento indipendente degli alleli

Oggi sappiamo che alleli di geni diversi segregano indipendentemente gli uni dagli altri nella meiosi. Di conseguenza, un genitore con genotipo LlGg produce gameti con quattro genotipi diversi.

La genetica umana rispetta le leggi di Mendel

Mendel ha elaborato le sue leggi eseguendo molti incroci programmati e numerosi conteggi della prole. È intuiti-vo che queste procedure non sono applicabili agli esseri umani, perciò la genetica umana può contare soltanto sulle genealogie.

Dato che la nostra specie produce una prole molto me-no numerosa delle piante di pisello, i rapporti numerici tra i fenotipi della prole non sono così netti come quelli osservati da Mendel. Per esempio, quando un uomo e una donna eterozigoti (Aa) hanno figli, ogni figlio ha una probabilità del 25% di essere omozigote recessivo (aa). Se questa coppia avesse dozzine di figli, un quarto di essi sarebbe omozigote recessivo (aa), ma, come spesso acca-de, la prole di una coppia è troppo scarsa per mostrare la proporzione esatta di un quarto. In una famiglia con due figli, per esempio, essi potrebbero essere entrambi aa oppure Aa o AA.

RICORDA La genetica umana si basa sulle genealogie

delle famiglie e parte dal presupposto che gli alleli per

i fenotipi anomali sono molto rari in una popolazione.

8

Page 34: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B11

Negli alberi genealogici che mostrano la trasmissione ereditaria di un fenotipo recessivo non è raro trovare un matrimonio tra parenti. Questo fatto è legato alla rarità degli alleli recessivi che originano fenotipi anomali. Per-ché due genitori fenotipicamente normali abbiano un figlio malato (aa) è necessario che siano entrambi etero-zigoti (Aa). Se un determinato allele recessivo è raro nella popolazione in generale, la probabilità che due coniugi siano entrambi portatori di quell’allele sarà molto bas-sa. Se, però, quell’allele è presente in una famiglia, due cugini potrebbero condividerlo.

Gli studi su popolazioni isolate per motivi culturali e geografici (per esempio gli Amish, una comunità reli-giosa americana di origine svizzera) hanno portato un contributo importante alla genetica umana, poiché gli individui di questi gruppi tendono a sposarsi tra loro.

RICORDA Le malattie ereditarie sono causate da

alleli dominanti o recessivi; quelli recessivi sono

molto rari e spesso si manifestano in unioni tra

consanguinei.

Le malattie genetiche dovute ad alleli dominanti o recessivi

Spesso i genetisti umani vogliono sapere se un allele ra-ro, responsabile di un fenotipo anomalo, è dominante o recessivo. Nella Figura 13A puoi vedere un albero genea-logico che mostra lo schema di trasmissione ereditaria di un allele dominante. Un albero genealogico è un albe-ro familiare che mostra la comparsa di un fenotipo (e gli alleli) in molte generazioni di individui imparentati (Video 14). Le caratteristiche chiave di una simile genea-logia sono le seguenti:• ogni persona malata ha un genitore malato;• circa metà dei figli di un genitore malato è malata;• il fenotipo compare ugualmente nei due sessi.Confronta questo schema con la Figura 13B, che mostra, invece, la trasmissione ereditaria di un allele recessivo:• le persone malate hanno di solito due genitori sani;• nelle famiglie colpite dalla malattia, circa un quarto

dei figli di genitori sani è malato;• il fenotipo compare con la stessa frequenza nei due

sessi.

9

Generazione I (genitori)

Generazione II

Generazione III

Generazione I

(genitori)

Generazione II

Generazione III

Generazione IVEterozigote

(fenotipo sano)

Unione fra

consanguinei

Unione

Sano MalatoFemmina

Maschio

Ereditarietà dominante

Ereditarietà recessivaOgni individuo affetto dalla malattia di

Huntington possiede un genitore affetto

dalla malattia, quindi è eterozigote.

A B

Circa metà dei figli (di

entrambi i sessi) di un

genitore affetto dalla

malattia è a sua volta

malato.

L’unione di individui

eterozigoti recessivi

può dare origine a figli

omozigoti recessivi di

fenotipo albino.

... e l’allele recessivo viene

trasmesso a metà della progenie

fenotipicamente normale.

Uno dei genitori è

eterozigote…

Entrambi questi cugini

sono eterozigoti.

Figura 13 L’analisi degli alberi genealogici e l’ereditarietà dei caratteri

(A) Albero genealogico di una famiglia in cui alcuni individui sono affetti dalla malattia di Huntington, dovuta a un allele dominante. Chi eredita l’allele è affetto dalla malattia. (B) Albero genealogico di una famiglia portatrice dell’allele recessivo per l’albinismo: gli eterozigoti non manifestano il fenotipo albino, ma possono trasmettere l’allele ai propri figli.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

1. Quanti genotipi diversi si trovano nella

progenie di un incrocio diibrido?

2. Che cosa si deve osservare in una

genealogia per capire se una malattia

genetica è dominante?

1. Per rispettare la terza legge di Mendel,

due geni devono essere associati /

indipendenti tra loro.

2. Un albero genealogico rappresenta con

colori diversi i genotipi / fenotipi.

L’emofilia è una malattia genetica tristemente

nota per essere molto diffusa nelle famiglie

reali. Cerca informazioni su questa malattia

e sulla sua comparsa nella famiglia imperiale

russa dei Romanov.

Page 35: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B12

La poliallelia: geni con alleli multipli

In una specie, a seguito di mutazioni casuali, possono esistere più di due alleli di un certo gene (anche se ogni individuo diploide ne contiene soltanto due, uno di ori-gine materna e l’altro di origine paterna). Questa condi-zione prende il nome di poliallelia.

Per esempio, il colore del manto nei conigli è determi-nato dal gene C di cui conosciamo quattro alleli: • C determina il colore grigio scuro;• cchd produce il colore cincillà (grigio più chiaro);• ch determina il fenotipo himalayano con il pigmento

sulle estremità (colourpoint);• c produce un animale albino.La gerarchia di dominanza di questi alleli è: C > c chd, c h > c. Perciò un coniglio provvisto dell’allele C (abbinato a uno qualsiasi dei quattro possibili) è grigio scuro, mentre un coniglio cc è albino. Le colorazioni intermedie sono il risultato di diverse combinazioni alleliche (Figura 15).

RICORDA La comparsa in una specie di più di due

alleli per lo stesso gene a seguito di mutazioni casuali

è definita poliallelia, un fenomeno che aumenta il

numero dei fenotipi possibili.

11

Figura 15 La trasmissione ereditaria del colore del manto nei conigli

Esistono quattro diversi alleli del gene che codifica il colore del manto di questi conigli nani (C, c, c chd, c h). Come dimostra l’esempio, gli alleli multipli possono aumentare il numero di fenotipi possibili.

Genotipi CC, Cc chd, Cc h, Cc c chdc chd, c chdc

Fenotipo Grigio scuro Cincillà

Genotipi c hc h, c hc cc

Fenotipo Colourpoint Albino

Alleli selvatici e alleli mutanti

Una mutazione, nonostante sia un evento piuttosto raro, può dare origine a un nuovo allele di un gene. Le mutazioni sono fenomeni casuali; copie diverse di un allele possono quindi andare incontro a cambiamenti differenti.

I genetisti definiscono selvatico (wild-type) quel par-ticolare allele di un gene che in natura è presente nella maggior parte degli individui. Esso dà origine a un tratto (o fenotipo) atteso, mentre gli altri alleli del gene, detti alleli mutanti, producono un fenotipo diverso.

L’allele selvatico e gli alleli mutanti occupano lo stesso locus e sono ereditati secondo le regole stabilite da Mendel. Un gene il cui locus è occupato dall’allele selvatico in meno del 99% dei casi (e negli altri casi da alleli mutanti) è detto polimorfico. In altre parole, un gene è polimorfico se presenta un allele mutato con una frequenza maggiore dell’1%.

RICORDA Una mutazione, pur essendo un evento

raro, è responsabile della comparsa di nuovi alleli, o

alleli mutanti, che possono portare alla nascita di un

nuovo fenotipo.

10

La mutazione genetica è un cambiamento stabile ed ereditabile del materiale genetico. Nei casi più semplici, è dovuta al cambiamento chimico di una singola base del DNA.

Polimorficoderiva dal greco polýs, «molto» e morphé, «forma». Il termine indica, quindi, che il gene in questione si può trovare in diverse forme alleliche.

COME INTERAGISCONO GLI ALLELI

dominanza

incompleta

12

codominanza 13

pleiotropia

14

si originano da possono causare

poliallellia 11

che possono determinare

mutazioni 10

Gli alleli

LEZIONE 4

Page 36: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B13

rapporto di 1 viola: 2 violetto: 1 bianco (Figura 16). Chiara-mente i geni non si sono mescolati, tanto che nella F2 gli alleli viola e bianco ricompaiono, rispettando i rapporti previsti dalla seconda legge di Mendel.

Quando gli eterozigoti mostrano un fenotipo interme-dio, si dice che il gene segue la regola della dominanza

incompleta; in altre parole, nessuno dei due alleli è com-pletamente dominante.

RICORDA Alcuni geni presentano alleli che non

sono né dominanti né recessivi e danno individui

eterozigoti con un fenotipo intermedio. Il gene è

detto a dominanza incompleta.

Nella codominanza si esprimono entrambi gli alleli di un locus

Talvolta i due alleli di un locus producono due diversi fenotipi che compaiono entrambi negli eterozigoti, un fenomeno definito codominanza. Un buon esempio di codominanza è osservabile nel sistema AB0 dei gruppi sanguigni umani (che costituisce anche un caso di po-liallelia; Tabella 17).

I primi tentativi di trasfusione provocavano spesso la morte del paziente. All’inizio del Novecento, lo scienziato austriaco Karl Landsteiner provò a mescolare i globuli rossi di un individuo con il siero (la parte liquida del san-gue senza cellule e proteine di coagulazione) di un altro

Frutti viola Frutti bianchi

PP

Gameti

Gameti

Fecondazione

×

×

Fecondazione

Frutto violetto Frutto violetto

PP Pp

Pp pp

PP

Pp

P

Pp

pp

pp

p P p

Spermatozoi

P p

p

Uova

P

Generazione F1

Generazione F2

Generazione

parentale (P)

Figura 16 La dominanza incompleta segue le leggi di Mendel

Quando nessuno dei due alleli per un carattere è dominante sull’altro, negli eterozigoti può manifestarsi un fenotipo intermedio. Nelle generazioni successive, i tratti della generazione parentale ricompaiono come previsto dalle leggi mendeliane.

2. Piante eterozigoti producono frutti violetti perché l’allele per il viola è dominante incompleto sull’allele per il bianco.

3. Quando le piante F1 vengono incrociate tra loro, producono una progenie con frutti viola, violetto e bianco con un rapporto 1:2:1.

1. Quando piante di linea pura che producono melanzane viola o bianche vengono incrociate, le piante F1

producono tutte frutti violetti.

13

L’agglutinazionedei globuli rossi avviene perché alcune proteine presenti nel siero, dette anticorpi, si legano agli antigeni situati sulla superficie delle cellule estranee, e reagiscono con essi.

I globuli rossi che reagiscono con gli anticorpi si agglutinano, ovvero tendono a formare degli agglomerati.

I globuli rossi che non reagiscono con gli anticorpi rimangono uniformemente sospesi.

Tabella 17 Le reazioni dei gruppi sanguigni AB0

Questo schema mostra i risultati della mescolanza di globuli rossi di tipo A, B, AB e 0 con siero contenente anticorpi Anti-A o Anti-B: al microscopio ottico i globuli rossi appaiono sospesi se producono lo stesso tipo di anticorpi della soluzione in cui sono immersi, oppure si agglutinano se ne producono un tipo diverso.

Tipo di globuli rossi

Genotipo Anticorpi prodotti

Reazione in seguito all’aggiunta di anticorpi

Anti-A Anti-B

A I AI A o I AI O Anti-B

B I BI B o I BI O Anti-A

AB I AI B Né anti-Ané anti-B

0 I OI O Sia anti-Asia anti-B

La dominanza non è sempre completa

Nelle singole coppie di alleli studiate da Mendel, gli etero-zigoti (Ll) mostravano dominanza completa, cioè esprime-vano sempre il fenotipo «seme liscio». Molti geni, però, hanno alleli che non sono né dominanti né recessivi l’uno rispetto all’altro e gli eterozigoti presentano un fenotipo intermedio. Per esempio, se incrociamo una linea pura di melanzane che produce frutti viola con una linea pura dai frutti bianchi, tutte le piante F1 produrranno frutti di colore intermedio (violetto chiaro). Questo risultato pare in contrasto con le teorie di Mendel, perché sembra che i caratteri si mescolino perdendo la loro identità.

Per spiegare il fenomeno in termini di genetica men-deliana è sufficiente lasciare che le piante F1 si incrocino tra loro; le piante F2 risultanti producono frutti con un

12

Page 37: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B14

individuo e trovò che soltanto certe combinazioni erano compatibili; negli altri casi, i globuli rossi si agglutinava-no, cioè si riunivano in piccole masse, che finivano per danneggiare la circolazione.

L’agglutinazione dei globuli rossi avviene a causa dell’attività del sistema immunitario che protegge il cor-po dalle invasioni di organismi estranei. Ogni individuo produce alcune proteine presenti nel siero, dette anticorpi, che si legano agli antigeni, proteine situate sulla superfi-cie delle cellule, e reagiscono con essi se sono percepiti come elementi estranei.

La compatibilità sanguigna dipende infatti da tre al-leli (IA, IB e I0) di uno stesso locus posto sul cromosoma 9, che determina il tipo di antigene sulla superficie dei glo-buli rossi. Le varie combinazioni di questi alleli produ-cono quattro fenotipi: i gruppi sanguigni A, B, AB e 0. Una persona di gruppo A produce l’antigene A e una di gruppo B produce l’antigene B. Se una persona di gruppo A riceve una trasfusione da una persona di gruppo B, il suo sistema immunitario riconosce l’antigene B come non proprio e produce anticorpi contro B. Allo stesso mo-do, una persona di gruppo B produrrà anticorpi contro l’antigene A. Una persona di gruppo 0 produrrà anticorpi sia anti-A sia anti-B e può ricevere trasfusioni solo da altri gruppi 0. Il gruppo AB, che si riscontra negli individui a genotipo IAIB, è un esempio di codominanza: questi indi-vidui infatti producono antigeni sia di tipo A sia di tipo B e possono ricevere trasfusioni da qualsiasi gruppo perché non produrranno né anti-A né anti-B.

RICORDA Nella codominanza due alleli di uno stesso

locus sono entrambi espressi negli eterozigoti.

La pleiotropia: un solo allele determina più fenotipi

I principi di Mendel si ampliarono ulteriormente quando fu scoperto che un singolo allele può influenzare più di un fenotipo; questo allele è detto pleiotropico.

Un esempio di pleiotropia nei polli riguarda l’allele dominante frizzle del gene legato al tipo di piumaggio, che determina tipiche piume dall’aspetto arricciato (Figura 18). Lo stesso allele è responsabile anche di al-

14

Pleiotropìaderiva dal greco plêion, «più», e trépein, «volgere». Il termine indica un’unica causa che controlla più caratteri fenotipici.

Figura 18 La pleiotropia

In alcuni polli lo stesso allele è responsabile delle piume arricciate, della temperatura corporea e del numero di uova deposte.

tri fattori come un temperatura corporea più alta e una produzione ridotta di uova. Questi effetti, tra i quali non sembra esserci rapporto diretto, derivano da una stessa proteina prodotta sotto l’influenza di tale allele.

Tra i geni con alleli pleiotropici ci sono quelli respon-sabili di molte malattie umane caratterizzate da un qua-dro clinico complesso, come la fenilchetonuria (PKU). La fenilchetonuria è causata da un allele recessivo che rende inattivo l’enzima del fegato che catalizza la conversione dell’amminoacido fenilalanina in tirosina.

In presenza dell’allele recessivo, la fenilalanina che entra nel corpo umano con il cibo non è degradata e si accumula nell’organismo; in queste condizioni è conver-tita in un composto tossico (l’acido fenilpiruvico) che attraverso il sangue raggiunge il cervello, impedendo-ne il normale sviluppo e provocando ritardo mentale. L’incapacità di sintetizzare tirosina si ripercuote sulla produzione di altre proteine come l’ormone tiroideo, l’a-drenalina e la melanina, il pigmento che colora la pelle. Di conseguenza, le persone affette da PKU hanno car-nagione e occhi chiari per mancanza di melanina e pre-sentano livelli bassi di adrenalina e ormone tiroideo. La PKU è un esempio in cui una mutazione di un solo gene provoca effetti molteplici a livello dell’intero organismo.

RICORDA Quando un singolo allele controlla più di un

fenotipo è definito pleiotropico.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

1. Che cosa si intende per allele selvatico? 2. Nella codominanza, che cosa accade

a un individuo eterozigote per un dato carattere?

3. Da quali possibili incroci può nascere un figlio con gruppo sanguigno di tipo AB?

4. Che cos’è la pleiotropia?

1. Il colore del manto roano in molti animali è caratterizzato sia da peli rossi sia da peli bianchi, pertanto è un esempio di dominanza incompleta / codominanza.

2. Un individuo con gruppo sanguigno di tipo AB possiede / non possiede anticorpi anti-A e anticorpi anti-B.

Hai scoperto una nuova specie di coleottero il cui colore è determinato da un singolo gene. La popolazione che hai individuato è costituita da 359 esemplari, di cui 72 di colore rosso, 251 di colore giallo, 34 di colore arancione e 2 di colore bianco. Sulla base di questi numeri che ipotesi puoi fare riguardo ai possibili alleli?

Page 38: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B15

STRANO MA VERO

Il fenotipo come risultato di geni e ambiente

A ll’interno di un formicaio le formiche sono tutte geneticamente uguali: le differenze

morfologiche tra le formiche operaie e le formiche soldato di una colonia sono dovute esclusivamente a fattori ambientali come la dieta e le cure ricevute in fase larvale. Questi effetti non modificano direttamente il DNA, come farebbe una mutazione, ma creano delle condizioni particolari che facilitano, ostacolano o impediscono il processo che consente ai geni di produrre una determinata caratteristica fenotipica. Il fenotipo di un organismo, infatti, non è solo il risultato dei suoi geni, ma anche delle interazioni del suo genotipo con l’ambiente.

La dieta influisce anche sul fenotipo delle larve della falena americana Nemoria arizonaria che si nutrono di infiorescenze o foglie di quercia. Le larve nate in primavera, in concomitanza con lo sviluppo delle infiorescenze dell’albero, assomigliano molto alle infiorescenze stesse. Le larve nate in estate, invece, assomigliano ai rametti delle foglie di cui si nutrono (Figura A).

Fenotipi a coloriUn altro esempio tipico è la colorazione della pelliccia dei gatti siamesi. Questi animali possiedono un allele mutato per un gene che, attraverso la produzione di una particolare proteina, controlla la crescita della pelliccia scura su tutto il corpo. Il risultato della mutazione è che questa proteina si inattiva a temperature maggiori di 35°C circa. I gatti siamesi mantengono una temperatura corporea superiore a questo livello e quindi gran parte della pelliccia è chiara. Tuttavia, le estremità come zampe, orecchi, muso e coda sono più fredde (circa 25°C) e perciò la pelliccia in queste regioni è più scura. Appena nati questi animali sono completamente bianchi, perché nell’utero materno anche le estremità sono tenute al caldo. Infatti, se si rasa una porzione di pelliccia chiara a questi gatti e si mette del ghiaccio a contatto con la pelle, la pelliccia ricrescerà scura.

Ha sempre a che fare con il colore la modifica fenotipica che coinvolge le uova della cimice carnivora nordamericana. Questo insetto, infatti, produce uova dal colore diverso a seconda che queste vengano deposte sulla pagina superiore o su quella inferiore della foglia. Infatti, quando deposte sopra la foglie, le uova sono più scure di quelle deposte sotto, che sono invece chiare e traslucide. Perché questa differenza? Ci sono vantaggi e svantaggi nel deporre le uova

sulla faccia inferiore della foglia: questa è più soggetta ad attacchi parassitari ma allo stesso tempo garantisce il microclima ideale per lo sviluppo degli embrioni. Sulla pagina superiore invece, la produzione del pigmento che rende le uova più scure proteggendole dai raggi solari implica un maggior dispendio energetico da parte della madre. Inoltre, le uova sulla faccia superiore della foglia si trovano maggiormente esposte all’ambiente circostante. La capacità di modificare la colorazione delle uova a seconda della situazione ambientale contingente rappresenta quindi un’ottima strategia riproduttiva per la cimice nordamericana.

La salamandra cannibalePiù truculenta è la «trasformazione» che interessa la salamandra tigre che può sviluppare due fenotipi larvali: uno tipico di larva acquatica che si nutre di piccoli invertebrati di stagno e una forma cannibale (Figura B). In quest’ultimo caso, la salamandra diventa molto più grande, sviluppa denti più forti e si nutre delle larve di altre salamandre tigre che si trovano, per loro sfortuna, nel suo stesso stagno. Uno dei motivi ambientali che possono portare all’insorgenza del fenotipo cannibale è la presenza di molte larve di

salamandra che vivono nella stessa zona, soprattutto se non sono imparentate tra loro.

Le piante nell’AntropoceneCaratteristiche fenotipiche influenzate dall’ambiente si possono trovare addirittura sullo stesso organismo. Per esempio, la forma delle foglie del ranuncolo d’acqua è diversa a seconda che queste crescano sotto, sopra l’acqua o addirittura all’interfaccia tra acqua e aria.

Per le piante, la capacità di produrre fenotipi diversi è di indubbio vantaggio, vista la loro impossibilità di spostarsi al variare delle condizioni ambientali, come i rapidi cambiamenti climatici caratteristici dell’epoca che stiamo vivendo, l’Antropocene. Un recente studio ha dimostrato che l’aumento della temperatura e la diminuzione dell’ozono atmosferico stanno modificando la concentrazione dei pigmenti che colorano i petali di alcuni fiori e assorbono i raggi ultravioletti. Grazie a quest’ultima caratteristica, i pigmenti in questione agiscono come una sorta di crema solare del fiore, proteggendo il polline da radiazioni troppo intense. Il rischio è che questa modifica fenotipica del colore dei petali possa causare confusione agli insetti impollinatori, impattando quindi sulla riproduzione delle piante interessate.

Figura A Le larve di Nemoria arizonaria nate in primavera (a sinistra) sono molto somiglianti alle infiorescenze di quercia; le larve nate in estate (a destra) sono più simili ai piccioli fogliari.

Figura B Una larva di salamandra tigre (Ambystoma

tigrinum) con fenotipo cannibale si sta nutrendo di una larva con tipica forma non cannibale.

Page 39: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B16

La situazione è diversa negli uccelli, nei quali i maschi producono due cromosomi sessuali identici (ZZ) e le femmine due cromosomi sessuali diversi (ZW). In questi organismi è la femmina che produce due tipi di gameti, contenenti Z o W. Il sesso della prole dipende quindi dal fatto che l’uovo sia Z o W.

RICORDA Gli organismi dioici hanno sessi separati

determinati dai cromosomi sessuali.

Le anomalie dei cromosomi sessuali

Sul cromosoma Y devono esserci dei geni che determina-no il sesso maschile. Ma come possiamo esserne sicuri? Un sistema per stabilire una relazione di causa (nel ca-so dei mammiferi, un gene sul cromosoma Y) ed effetto (nella fattispecie, la mascolinità) è appunto quello di esaminare alcuni casi di errore biologico, nei quali non si riscontra l’esito atteso.

Qualcosa circa la funzione dei cromosomi X e Y si può ricavare da una costituzione anomala dei cromoso-mi sessuali, che risulta dalla non-disgiunzione alla meio-si. Si ha una non-disgiunzione quando non si verifica la separazione tra una coppia di cromosomi fratelli (nella meiosi I) o di cromatidi fratelli (nella meiosi II). Come risultato, un gamete può contenere un cromosoma in più o in meno. Ammettendo che questo gamete sia fecondato da un altro gamete «normale», la prole risultante sarà aneuploide, cioè provvista di un cromosoma in più o in meno del normale.

RICORDA La non-disgiunzione dei cromosomi

sessuali durante la meiosi porta ad avere una

progenie aneuploide.

16

I cromosomi sessuali e gli autosomi

Nel mais, ogni pianta adulta ha gli organi riproduttivi sia maschili sia femminili. I tessuti di questi due tipi di organi sono geneticamente identici. Gli organismi come il mais sono detti monoici, mentre organismi come le pal-me da dattero, le ortiche e gran parte degli animali, sono dioici: alcuni individui producono solo gameti maschili e altri solo gameti femminili.

In molti organismi dioici il sesso di un individuo è determinato da differenze cromosomiche. Per esempio, in molti animali, compresi gli esseri umani, il sesso è deter-minato da una coppia di cromosomi sessuali. Tanto i maschi quanto le femmine possiedono, invece, due copie di ciascuno degli altri cromosomi, detti autosomi.

I cromosomi sessuali delle femmine di mammifero sono costituiti da una coppia di cromosomi X; i maschi, invece, hanno un solo cromosoma X accompagnato da un altro cromosoma sessuale che non si trova nelle femmi-ne: il cromosoma Y. Maschi e femmine si possono quindi indicare rispettivamente come XY e XX (Figura 19).

Per quanto riguarda i cromosomi sessuali, i maschi di mammifero producono due tipi di gameti. Ogni gamete contiene una copia di tutti gli autosomi, ma metà dei ga-meti porta un cromosoma X mentre l’altra metà porta un cromosoma Y. Quando uno spermatozoo con X feconda una cellula uovo, lo zigote risultante XX sarà una fem-mina; se invece a fecondare è uno spermatozoo con Y, lo zigote risultante XY sarà maschio. Perciò nell’essere uma-no e nella drosofila il sesso dipende dallo spermatozoo.

15

Monoico, dal greco mónos, «solo», e ôikos, «casa», si riferisce a un tipo di vegetale in cui lo stesso individuo porta fiori maschili e femminili. Dioicosi riferisce, quindi, a vegetali a sessi separati.

Figura 19 Cromosomi sessuali

I cromosomi sessuali maschili umani al microscopio elettronico a scansione (SEM).

Cromosoma XCromosoma Y

LA DETERMINAZIONE DEL SESSOI cromosomi sessuali

che portano

a sindromi 17

determinano

il sesso 15

modelli ereditari

specifici 20

seguendo

in modo primario

e secondario 18

subiscono

anomalie 16

influenzano

l’ereditarietà

mendeliana 19

due meccanismi 21

interazioni con l’ambiente 22

attraverso

LEZIONE 5

Page 40: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B17

La sindrome di Turner e quella di Klinefelter

Nella nostra specie compaiono talvolta individui X0 (lo 0 indica la mancanza di un cromosoma, per cui gli in-dividui X0 hanno un solo cromosoma sessuale). Queste persone sono femmine solitamente sterili con leggere alterazioni fisiche, ma mentalmente normali. La condi-zione X0 determina la sindrome di Turner (Figura 20). Essa rappresenta l’unico caso noto di un individuo che può sopravvivere con un solo membro di una coppia di cromosomi (in questo caso, la coppia XX), anche se molti concepimenti X0 abortiscono spontaneamente nelle fasi iniziali dello sviluppo embrionale.

Oltre alle femmine X0, esistono anche maschi con assetto XXY; questa condizione determina la sindrome

di Klinefelter, che si manifesta con gambe e braccia più lunghe del normale e con sterilità. Tali fatti inducono a pensare che il gene responsabile della mascolinità sia situato sul cromosoma Y.

L’osservazione di persone affette da altri tipi di ano-malie cromosomiche è servita ai ricercatori per indivi-duare con più precisione la sede del gene in questione: alcuni individui XY, ma privi di una piccola porzione del cromosoma Y, sono fenotipicamente femmine; alcuni individui geneticamente XX, ma con un piccolo pezzo del cromosoma Y attaccato a un altro cromosoma, sono feno-tipicamente maschi. Risultava chiaro che in questi due casi il gene responsabile della mascolinità era contenuto nei frammenti di Y rispettivamente mancanti e presenti; questo gene fu chiamato SRY (Sex-determing Region Y, re-gione della determinazione del sesso sul cromosoma Y).

RICORDA La sindrome di Turner (X0) e la sindrome

di Klinefelter (XXY) sono causate da anomalie

cromosomiche.

La determinazione primaria e secondaria del sesso

Il gene SRY codifica una proteina implicata nella deter-minazione primaria del sesso, cioè la determinazione del tipo di gameti prodotti dall’individuo e degli organi che li fabbricano. In presenza della proteina SRY, un embrio-ne sviluppa testicoli che producono spermatozoi (nota che il nome dei geni è scritto in corsivo, mentre quello delle proteine è scritto in tondo). Se l’embrione è privo di cromosomi Y, il gene SRY è assente, quindi la proteina SRY non viene sintetizzata e l’embrione sviluppa le ovaie.

Ma qual è il bersaglio della proteina SRY? Sul cro-mosoma X esiste un gene, detto DAX1, che produce un fattore anti-testicolare; perciò nel maschio la proteina

17

Figura 20L’assetto cromosomico X0 è responsabile della sindrome di Turner

Questa immagine al microscopio ottico mostra il cariotipo di una donna affetta dalla sindrome di Turner, in cui è presente un solo cromosoma X.

18

SRY ha la funzione di sopprimere l’inibitore della masco-linità codificato da DAX1, mentre nella femmina, dove la proteina SRY non è presente, DAX1 può agire inibendo la mascolinità.

La determinazione secondaria del sesso, invece, ha co-me risultato le manifestazioni esteriori della mascolinità e della femminilità (la struttura corporea, lo sviluppo delle mammelle, i peli sul corpo e il timbro della voce). Queste caratteristiche esteriori non sono determinate di-rettamente dal cromosoma Y, ma da geni distribuiti sugli autosomi e sul cromosoma X, che controllano l’azione di ormoni quali il testosterone e gli estrogeni.

RICORDA La determinazione primaria del sesso,

cioè il tipo di gameti prodotti, e la determinazione

secondaria, ovvero le manifestazioni fenotipiche

sessuali, sono influenzate dal gene SRY e da altri geni.

L’ereditarietà dei caratteri legati al sesso

I geni situati sui cromosomi sessuali non seguono gli schemi mendeliani di ereditarietà.

Nella drosofila, come negli esseri umani, il cromo-soma Y pare essere povero di geni, ma il cromosoma X contiene un considerevole numero di geni che influen-zano una vasta gamma di caratteri. Ogni gene è presente in duplice copia nelle femmine e in copia singola nei maschi. Definiamo emizigoti gli individui diploidi che possiedono una sola copia di un dato gene; i maschi di drosofila sono pertanto emizigoti per quasi tutti i geni che si trovano sul cromosoma X.

I geni che si trovano sul cromosoma X (assenti nel cro-mosoma Y) sono ereditati in rapporti che differiscono da quelli mendeliani, tipici dei geni situati sugli autosomi.

19

Page 41: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B18

I caratteri corrispondenti a questi geni sono detti carat-

teri legati al sesso.Il primo esempio studiato di ereditarietà di un carat-

tere legato al sesso è quello del colore degli occhi della drosofila. In questi moscerini gli occhi di tipo selvatico sono di colore rosso, ma nel 1910 Morgan scoprì una mutazione che produceva occhi bianchi. Egli condusse, quindi, esperimenti di incrocio tra drosofile di tipo sel-vatico e drosofile mutanti.• Incrociando una femmina omozigote a occhi rossi

con un maschio (emizigote) a occhi bianchi, tutti i figli, maschi e femmine, avevano occhi rossi perché tutta la progenie aveva ereditato dalla madre un cro-mosoma X di tipo selvatico, e perché il rosso domina sul bianco (Figura 21A).

• Nell’incrocio reciproco, in cui una femmina a occhi bianchi si accoppiava con un maschio a occhi rossi, il risultato fu inatteso: tutti i figli maschi avevano occhi bianchi e tutte le figlie femmine avevano occhi rossi (Figura 21B).

× ×

Femmina

omozigote

con occhi bianchi

Maschio

emizigote

con occhi rossi

Xr Xr XR Y

Spermatozoi

Uova

Tutte le

femmine

sono

eterozigoti

con occhi

rossi.

Tutti i

maschi sono

emizigoti

con occhi

bianchi.

Uova

Femmina

omozigote

con occhi rossi

Maschio

emizigote

con occhi bianchi

Allele per

gli occhi

bianchi

Allele di tipo

selvatico

× ×

XR XR Xr Y

Non c’è

alcun allele

corrispondente

Spermatozoi

A B

Tutte le

femmine

sono

eterozigoti

con occhi

rossi.

Tutti i

maschi sono

emizigoti con

occhi rossi.

Figura 21Nella drosofila, il colore degli occhi è un carattere legato al sesso

Morgan dimostrò che l’allele mutante responsabile del colore degli occhi era localizzato sul cromosoma X. Nota che in questo caso gli incroci reciproci (A) e (B) non danno lo stesso risultato.

I figli maschi nati dall’incrocio reciproco ereditano il loro unico cromosoma X da una madre a occhi bianchi, e di conseguenza sono emizigoti per l’allele bianco (il cromosoma Y ereditato dal padre, infatti, non contiene il locus per il colore degli occhi).

Le figlie femmine, invece, ricevono dalla madre un cromosoma X contenente l’allele «occhi bianchi» e dal padre un cromosoma X contenente l’allele «occhi ros-si»: sono eterozigoti a occhi rossi. Accoppiando queste femmine eterozigoti con maschi a occhi rossi, si avevano figlie tutte a occhi rossi e figli per metà a occhi rossi e per metà a occhi bianchi.

Questi risultati dimostravano che il colore degli oc-chi nella drosofila si trova sul cromosoma X, e non sul cromosoma Y.

RICORDA I geni collocati sui cromosomi sessuali

non seguono gli schemi di ereditarietà mendeliani.

I caratteri espressi da questi geni vengono chiamati

caratteri legati al sesso.

Page 42: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B19

Il daltonismo, come la distrofia muscolare di Duchenne e l’emofilia, è un fenotipo recessivo legato all’X. Le muta-zioni umane legate all’X che sono ereditate come fenotipi dominanti sono più rare di quelle recessive, perché i fe-notipi dominanti compaiono in tutte le generazioni e le persone che portano una mutazione dannosa, anche se in eterozigosi, spesso non riescono a sopravvivere.

RICORDA Sui cromosomi sessuali della specie umana

sono presenti molti geni, le cui varianti alleliche

seguono modelli ereditari legati al sesso.

La determinazione cromosomica del sesso

Il differente corredo cromosomico di due individui di sesso diverso fornisce un mezzo per la determinazione del sesso stesso. In questo caso la determinazione è di tipo genetico e può essere controllata mediante due diversi meccanismi: uno basato sulla presenza di un gene do-

minante e uno dosaggio-dipendente.Nel caso dei mammiferi (specie umana compresa), la

mancanza del cromosoma Y (condizione XX o X0) deter-mina lo sviluppo di caratteri sessuali femminili: ciò ha permesso di comprendere che tale cromosoma è portato-re di un gene dominante. La presenza del cromosoma Y, infatti, è necessaria affinché l’embrione si sviluppi verso il sesso maschile.

Nel caso dei moscerini del genere Drosophila e dei vermi piatti della specie Caenorhabditis elegans, il mec-

21

Gli esseri umani presentano caratteri legati al sesso

A differenza del cromosoma Y umano che contiene solo alcune dozzine di geni, sul cromosoma X sono stati iden-tificati circa 2000 geni. Gli alleli di questi geni seguono un modello di ereditarietà uguale a quello del colore degli occhi nella drosofila.

Per esempio, uno di questi geni presenta un allele mutante recessivo che porta al daltonismo, un disturbo ereditario consistente nell’incapacità di distinguere i co-lori rosso e verde. Il disturbo si manifesta negli individui omozigoti o emizigoti per l’allele mutante recessivo.

Gli alberi genealogici per i fenotipi recessivi legati all’X mostrano le seguenti caratteristiche (Figura 22).• Il fenotipo compare più spesso nei maschi che nelle

femmine; affinché si esprima nei maschi è sufficiente una sola copia dell’allele raro, mentre nelle femmine ne servono due.

• Un maschio con la mutazione può trasmetterla sol-tanto alle figlie femmine; a tutti i figli maschi cede il suo cromosoma Y.

• Le femmine che ricevono un cromosoma X mutante sono portatrici fenotipicamente normali, in quanto eterozigoti, ma in grado di trasmettere l’X mutato tanto ai figli quanto alle figlie (anche se lo fanno in media soltanto nel 50% dei casi, perché metà dei loro cromosomi X contiene l’allele normale).

• Il fenotipo mutante può saltare una generazione, se la mutazione passa da un maschio a sua figlia (fenotipi-camente normale) e da questa a un suo figlio.

20

Generazione I (genitori)

Generazione II

Generazione III

Generazione IV

A BQuesta donna ha ereditato un

cromosoma X mutato dalla madre e

un cromosoma X normale dal padre.

Questa donna è portatrice per l’allele mutato,

ma è un eterozigote fenotipicamente normale.

Quest’uomo ha ereditato il

cromosoma X mutato dalla madre

e un cromosoma Y normale dal

padre e manifesta la mutazione.

Egli ha trasmesso il cromosoma X

mutato a sua figlia, che a sua volta

lo ha passato al proprio figlio.

Due fratelli hanno

ereditato il cromosoma

X mutato dalla madre.

Il maschio esprime la

mutazione, la femmina

è portatrice sana.

Figura 22 Nella specie umana il daltonismo è un carattere legato al sesso

(A) L’allele mutato che provoca la malattia viene espresso come carattere recessivo legato all’X. (B) Il tipico test ottico che si effettua per capire se una persona è affetta da daltonismo.

Chi è affetto da daltonismo non riesce a

distinguere il numero 12 scritto in verde

nel cerchio.

Page 43: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B2�

canismo di determinazione del sesso è del tipo dosaggio-dipendente: lo sviluppo dei caratteri sessuali, infatti, è controllato dal rapporto tra i cromosomi sessuali X e gli autosomi. Nonostante le drosofile presentino un cromo-soma Y nel maschio, quest’ultimo è irrilevante ai fini del-la determinazione del sesso, poiché individui X0 sono maschi e individui XXY sono femmine.

Esistono anche casi in cui il sesso è controllato da un unico gene mendeliano. Un esempio è quello di un noto vegetale: l’asparago. Mentre la condizione omozigote re-cessiva (mm) porta alla formazione di un individuo fem-minile, quella eterozigote (Mm) porta alla formazione di un maschio. Dall’incrocio tra una femmina e un maschio si otterrà una progenie costituita per metà da femmine e per metà da maschi.

RICORDA La determinazione cromosomica del sesso

è controllata da due meccanismi: uno dosaggio-

dipendente, e un altro basato sulla presenza di un

gene dominante.

La determinazione ambientale del sesso

Se l’accoppiamento tra due organismi con sessi separati caratterizza la maggior parte degli esseri viventi, sono molteplici i casi in cui la determinazione del sesso è frut-to di particolari condizioni ambientali che agiscono du-rante le fasi precoci dello sviluppo.

La Bonellia viridis è un anellide marino dotato di una lunga proboscide boccale con due lobi (Figura 23). Una parte delle sue larve viene trascinata dalla corrente e si deposita sul fondale sviluppandosi in femmine che avranno poi l’aspetto tipico di questa specie (che può raggiungere anche il metro di lunghezza). Le larve che invece, in modo altrettanto casuale, si arenano sul corpo di una femmina, vi aderiscono e danno origine a maschi, creature millimetriche di aspetto larvale che vivono da parassiti sulla femmina.

Tra i vertebrati, in numerose specie di rettili, lo svilup-po di individui maschi o femmine all’interno delle uova dipende da una serie di parametri ambientali, tra cui la concentrazione di CO2 e di O2 nel substrato, il tasso di umidità e, soprattutto, la temperatura. Nel caso della Te-

studo graeca, la tartaruga di terra dei nostri giardini, dalle

22

Figura 23 Una femmina di Bonellia viridis

Le larve di questo anellide marino diventano femmine se cadono sul fondale marino e maschi se si attaccano al corpo di un’altra femmina.

uova che si sviluppano a 23-29 °C nascono solo maschi, mentre da quelle che si sviluppano a 30-35 °C solo fem-mine. In situazioni come questa, alterazioni anche lievi dell’ambiente possono modificare il rapporto numerico tra i sessi con gravi ripercussioni sulla sopravvivenza della specie.

Sono, invece, le ore di luce (o fotoperiodo) a influenza-re il sesso dei nascituri di Gammarus, crostaceo d’acqua dolce: infatti in primavera, quando le ore di luce inizia-no ad aumentare, nascono i maschi; mentre le femmine nascono soltanto in autunno. In questo modo, nella sta-gione riproduttiva i maschi che durante l’accoppiamento devono trasportare le femmine, avranno raggiunto una taglia corporea maggiore.

Anche un batterio può determinare il sesso delle specie che infetta: è il caso di Wolbachia pipientis che vi-ve all’interno delle gonadi di oltre un milione di specie di insetti, ragni, crostacei e vermi. La maggior parte dei membri di questa famiglia manipola la riproduzione dei loro ospiti per assicurare la propria sopravvivenza, e le vittime di questa manipolazione sono sempre gli ospiti maschi. A seconda del tipo specifico di batterio e della specie ospite coinvolta, i maschi vengono convertiti in femmine, uccisi oppure gli si impedisce di fecondare con successo le uova delle femmine non infette.

RICORDA In alcune specie la determinazione del

sesso è influenzata da condizioni ambientali come

la temperatura, il fotoperiodo e la presenza di un

batterio parassita.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

1. Che cosa sono gli autosomi? 2. Perché alcune patologie ereditarie sono

più frequenti tra i maschi? 3. Quale funzione svolge il gene SRY ?

1. Un maschio di drosofila con gli occhi rossi avrà un genotipo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2. Se una donna è daltonica, lo saranno di sicuro le figlie / i figli.

Cerca in Rete informazioni sulla determinazione del sesso dei pesci pagliaccio e confronta questo meccanismo con quelli descritti in questa lezione.

Page 44: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B21

Darwin e Mendel: così vicini, così lontani

L’Ottocento fu il secolo di due fondamentali studiosi per la storia della scienza: Charles Darwin e Gregor Mendel. Solamente sette anni separano le loro pubblicazioni più importanti. «L’origine della specie per selezione natura-le» di Darwin fu pubblicato nel 1859 ed «Esperimenti sull’ibridazione delle piante» di Mendel nel 1866. Ma nostante i due scienziati vissero negli stessi anni, non si incontrarono mai. Mendel non conosceva Darwin, ma conosceva le sue teorie: possedeva infatti la traduzione tedesca della sua opera su cui scrisse anche numerose note a margine. Darwin invece, a quanto pare, non co-nobbe mai gli scritti del monaco agostiniano. Una copia dell’opera di Mendel fu trovata nel suo ufficio ma era intonsa e addirittura sigillata.

Darwin ricevette diverse critiche da suoi contempo-ranei che trovavano insufficienti le spiegazioni sull’ori-gine della variabilità biologica, fondamento della teoria evolutiva. Darwin, inoltre, non era in grado di descrivere il meccanismo attraverso cui i caratteri premiati dalla selezione naturale erano trasmessi alla generazione suc-cessiva. La chiave dell’ereditarietà e i presupposti per comprendere l’origine della variabilità andavano cercati nel lavoro di Mendel.

RICORDA Charles Darwin probabilmente non

conobbe mai le scoperte di Gregor Mendel che

l’avrebbero aiutato a descrivere il meccanismo di

trasmissione dei caratteri.

23

Il vigore degli ibridi

Pur non conoscendo i meccanismi di trasmissione dei caratteri, nel 1876 Charles Darwin osservò che, dopo aver incrociato due linee pure omozigoti di mais, la progenie era il 25% più alta dei ceppi parentali. Questa osservazio-ne fu ignorata per i successivi 30 anni. Nel 1908, George Shull riprese questa intuizione e vide che non solo l’al-tezza della pianta, ma anche il peso dei chicchi di mais era molto più elevato nella progenie ibrida (Figura 24).

Il lavoro di Shull ebbe un impatto notevole nel campo della genetica applicata all’agronomia. I contadini sape-vano da secoli che l’accoppiamento tra parenti stretti (conosciuto come inincrocio o inbreeding) può produrre progenie di più bassa qualità rispetto a quella ottenuta incrociando individui non imparentati. Gli agronomi chiamano questo fenomeno depressione da inbreeding.

Il problema con l’inincrocio deriva dal fatto che pa-renti stretti tendono a condividere gli stessi alleli recessi-vi, alcuni dei quali possono essere dannosi in omozigosi. Il vigore dell’ibrido che si riscontra dopo aver incrociato linee mai incrociate è chiamato eterosi (termine abbrevia-to per eterozigosi). La pratica dell’ibridazione si è diffusa anche ad altre piante coltivate e ad animali utilizzati in zootecnia. Per esempio, i bovini da carne ibridi sono più grandi e vivono più a lungo dei bovini incrociati all’in-terno della loro stessa linea genetica.

C’è stata parecchia controversia su quale meccanismo sia alla base dell’eterosi. L’ipotesi della dominanza si basa sul fatto che è improbabile che gli ibridi siano omozi-goti per alleli recessivi deleteri; da qui la crescita extra. L’ipotesi della sovradominanza afferma, invece, che negli ibridi, nuove combinazioni di alleli dai ceppi parentali interagiscano tra loro, producendo nuovi fenotipi con tratti superiori non espressi nelle linee parentali.

RICORDA I vantaggi qualitativi di una progenie ibrida

sono spiegati dal vigore degli ibridi.

24

B73 Ibrido Mo17

Figura 24Vigore dell’ibrido nel mais

Due linee parentali omozigoti di mais, B73 e Mo17, sono state incrociate per produrre una linea ibrida più vigorosa.

B73Mo17

IbridoLEZIONE

EREDITARIETÀ ED EVOLUZIONE

Charles Darwin e

Gregor Mendel 23

sono state studiate da

crossing over 26

anche grazie al

nell’origine

della

variabilità 25

L’ereditarietà

e l’evoluzione

trovano reciproca conferma

nel vigore

degli

ibridi 24

6EVOLUZIONE

Page 45: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B22

Mutazioni e ricombinazione producono variabilità

Darwin e Mendel giunsero alle loro conclusioni osser-vando la diversità degli organismi viventi. Nessuno dei due però sapeva che l’origine della variabilità fenotipica e della variabilità genetica è la mutazione.

Una mutazione è qualsiasi cambiamento nel DNA di un organismo e può avere cause diverse, ma tutte han-no una caratteristica in comune: sono casuali rispetto ai bisogni dell’organismo. In genere le mutazioni sono dannose o ininfluenti per chi le porta ma, se le condizio-ni ambientali cambiano, i nuovi alleli possono rivelarsi vantaggiosi (vedi capitolo B6).

In natura le mutazioni si verificano con una frequen-za molto bassa. Una singola mutazione durante una gene-razione per un solo locus ogni mille zigoti è un tasso già molto alto; più comune è una mutazione ogni milione di zigoti. In ogni modo, si tratta di tassi sufficienti a creare una variabilità genetica considerevole, perché si applica-no a moltissimi geni contemporaneamente e perché spes-so le popolazioni sono composte da un gran numero di individui. Per esempio, se a ogni generazione si verificasse una mutazione con una probabilità di un miliardesimo, in ciascun gamete umano avverrebbero in media tre nuo-ve mutazioni per ogni generazione. Quindi ogni zigote sarebbe portatore di circa sei nuove mutazioni. A ogni generazione la popolazione umana, che oggi conta circa 7 miliardi di persone, acquisterebbe circa 42 miliardi di nuove mutazioni. Perciò anche se il tasso di mutazione nell’essere umano sembra basso, le popolazioni conten-

25

gono un’enorme variabilità genetica su cui possono agire altri meccanismi evolutivi (Figura 25).

Se è vero che le mutazioni introducono nuovi alleli in una popolazione, è difficile che possano consentirne la diffusione. Almeno per gli eucarioti, questo è piuttosto il risultato dei fenomeni legati alla meiosi e alla riprodu-zione sessuata. Tali processi non generano di per sé nuovi alleli, ma favoriscono la ricombinazione, vale a dire la formazione di nuove associazioni tra gli alleli esistenti. Questo «rimescolare le carte» è spesso più proficuo, in termini evolutivi, di quanto non succeda con la comparsa di nuovi alleli.

RICORDA Le mutazioni originano nuovi alleli e la

ricombinazione li associa in nuove combinazioni.

Figura 25 Le mutazioni generano variabilità

Inizialmente la specie umana aveva solamente occhi scuri, poi tra i 6000 e i 10 000 anni fa, una singola mutazione nel genoma determinò la comparsa dell’occhio chiaro.

PER SAPERNE DI PIÙ

La nascita di un gene

I geni si riproducono?In un certo senso sì! Il meccanismo principale con cui nascono i nuovi geni è proprio da altri geni. Errori durante il processo di duplicazione e di ricombinazione del DNA possono creare il «doppione» di un gene nel genoma. La copia può evolversi indipendentemente e acquisire nuove funzioni, senza dover intaccare il gene da cui si è originato. Un po’ come avere la copia salvata di una partita a un videogioco e poter sperimentare altri percorsi di gioco senza intaccare il savegame originale. In questo modo sono nate intere famiglie di geni, come quelli che esprimono i differenti recettori dell’olfatto, le cellule che ci permettono di distinguere un numero enorme di odori.

E se la copia finisce nel posto sbagliato?A volte nuovi geni possono nascere dalla fusione di due geni separati. Se un gene duplicato (o una sua parte) va a finire accanto a un gene già esistente, si può creare un gene unico che avrà una funzionalità mista. Molte proteine sono composte da diverse parti, chiamate domìni, che possono essere assemblate e rimescolate come moduli indipendenti dall’evoluzione proprio sfruttando questo meccanismo.

Un gene può avere anche altre origini?Non siamo noi ad avere inventato gli organismi

transgenici: gli esseri viventi si scambiano già da milioni di anni geni tra loro, anche se non spesso. Si chiama trasferimento orizzontale di geni, per distinguerlo da quello verticale da genitori a figli. Questo avviene spesso tra i batteri attraverso un meccanismo chiamato coniugazione batterica e che ha effetti molto concreti: per esempio

possono scambiarsi la resistenza agli antibiotici, complicandoci la vita in laboratorio. Inoltre, i virus sono degli ingegneri genetici naturali. Alcuni, specie i retrovirus, possono inserire il proprio genoma in quello di organismi complessi. Quando questo accade, le sequenze di DNA del virus possono essere riutilizzate dall’evoluzione per altri compiti. Per esempio sappiamo che un gene essenziale nello sviluppo dell’embrione dei mammiferi deriva da un antico virus.

Da dove viene il primo gene?Non sappiamo da dove proviene il primo gene e forse non lo sapremo mai. Se è vera la teoria del

«mondo a RNA» i geni devono essere nati quasi contemporaneamente alla vita stessa: è possibile che originariamente fossero molecole di RNA che facevano da «assistenti», aiutando la replicazione dell’RNA stesso. Per ora purtroppo non abbiamo nessuna traccia di quel periodo.

Page 46: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Da Mendel ai modelli di ereditarietà | B23

I geni possono ricombinarsi attraverso il crossing over

Negli eucarioti, la riproduzione sessuale è un efficace strumento per aumentare la variabilità genetica. Du-rante la meiosi, infatti, si può verificare il fenomeno del crossing over.

Durante la profase I, le coppie di cromosomi omolo-ghi si avvicinano e formano le tetradi (ricordiamo che ciascun cromosoma è composto da due cromatidi). Nelle tetradi i cromatidi dei due cromosomi omologhi si pos-sono sovrapporre formando una X, detta chiasma. In cor-rispondenza di questa sovrapposizione può avvenire il crossing over, cioè lo scambio di segmenti corrispondenti fra cromatidi appartenenti a cromosomi omologhi.

Gli episodi di scambio coinvolgono soltanto due dei quattro cromatidi di una tetrade, uno per ciascun rappre-sentante della coppia di omologhi, e possono verificarsi in qualsiasi punto lungo il cromosoma. Tra i segmenti di cromosoma interessati avviene uno scambio reciproco, perciò tutti e due i cromatidi che partecipano al crossing over diventano ricombinanti: contengono infatti geni pro-venienti da entrambi i genitori (Figura 26). Di solito lungo tutta l’estensione di una coppia di omologhi si verificano più episodi di scambio.

A causa di questo scambio di materiale genetico, la progenie di un incrocio non possiede semplicemente una selezione di cromosomi presi casualmente dalla madre e dal padre durante la formazione dei gameti. Infatti nel-lo zigote (la cellula che deriva dalla fusione del gamete maschile e quello femminile) sono presenti cromosomi nuovi, dati dal «miscuglio» di porzioni dei cromosomi dei genitori grazie al crossing over.

Questa prole ricombinante, con un nuovo genotipo ri-spetto a quello parentale, avrà anche un fenotipo diverso da quello dei singoli genitori. Lo scambio di materiale per crossing over quindi accresce la variabilità genetica, in quanto rimescola l’informazione genica all’interno delle coppie di omologhi.

RICORDA Durante la meiosi i geni collocati su

due cromosomi omologhi possono ricombinarsi

attraverso il processo di crossing over.

26

Figura 26 Il crossing over crea ricombinazione genica

I geni posti sullo stesso cromosoma, ma in loci differenti, si possono separare e ricombinare durante la meiosi.

B

F

B

f

Cromosomi

omologhi

Tetrade

Cromatidio

Cromosomi

ricombinanti

Crossing

over

b b B B

f f

b b

f

b

f

b

F

F

F F

B B

f F

MEIOSI I

MEIOSI II

Il risultato è che ogni evento di ricombinazione

porta alla formazione di gameti ricombinanti.

I geni in loci diversi

su un cromosoma

possono

segregare e

ricombinare grazie

al crossing over.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

1. Che cosa si intende per «vigore

dell’ibrido»?

2. Che cosa distingue l’ipotesi

della dominanza e l’ipotesi della

sovradominanza?

3. Che cosa si intende per «mutazione»?

4. Quali sono gli effetti del crossing over?

1. Il termine utilizzato per descrivere il

«vigore degli ibridi» è . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2. La ricombinazione / mutazione è

l’associazione di alleli già esistenti in

nuove forme.

3. Si dice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . la riproduzione

tra parenti stretti.

La capacità di digerire il lattosio, lo zucchero

principale del latte, è una caratteristica di

tutti i cuccioli dei mammiferi. Tuttavia l’essere

umano può farlo anche da adulto. Cerca in

Rete quali sono le cause evolutive di questo

fenomeno e perché ci sono delle eccezioni,

come nel caso degli intolleranti al lattosio.

Page 47: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B24

ESERCIZI CAPITOLO

1. Completa la mappa inserendo i termini mancanti.

alleli / dominanza / variabilità / fenotipo / genotipo / poliallelia / piante di pisello / pleiotropia / assortimento indipendente / gene / segregazione / Mendel / mutazioni

. . . . . . . . . . . . . . . . . . .

scoperta delle

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

alleli

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

L’EREDITARIETÀ DEI CARATTERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1. la legge della . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2. la legge della . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3. la legge dell’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

si basa sul

cioè l’insieme

degli

è stata studiata da

che sono varianti di un

che incrociò

che formulò

che sono:

che portano alla comparsa

di nuovi

che determinano

in parte modificate nell’900 dalla

che determina il

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

genetica e fenotipica

che interagendo possono determinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

dominanza incompleta

codominanza

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

le sue 3 leggi

2. Dai una definizione per ciascuno dei seguenti termini associati.

genotipo:

fenotipo:Insieme degli alleli che determinano un carattere.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

recessivo:

dominante:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il carattere che si manifesta negli eterozigoti e l’allele che lo determina.

omozigote

eterozigote:Condizione in cui un individuo diploide presenta due alleli uguali per lo stesso gene. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

polialleli:

pleiotropia:Presenza di due o più alleli dello stesso gene.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

gene:

allele:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Forme diverse di uno stesso gene.

dominanza incompleta:

codominanza:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Si verifica quando due alleli di uno stesso locus sono entrambi espressi negli eterozigoti.

B

1

Ripassa i concetti

Definisci i termini

Costruisci la tua MAPPA INTERATTIVA

ONLINEMettiti alla prova con 20 esercizi interattivi

Page 48: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Esercizi di fine capitolo | B25

3. La teoria della mescolanza

A sosteneva che i fattori ereditari dei due genitori si mescolassero nella progenie.

B fu elaborata da Darwin a sostegno delle sue teorie evolutive.

C ipotizzava che ciascun genitore possedesse due fattori ereditari per ciascun carattere.

D fu usata da Mendel come punto di partenza per le sue ricerche.

4. La buccia liscia dei semi di pisello è un

esempio di

A tratto.

B allele.

C carattere.

D gene.

5. Un allele si dice dominante se

A la sua espressione copre quella dell’altro.

B si manifesta soltanto nell’eterozigote.

C può manifestarsi quando è omozigote.

D è indicato da una lettera maiuscola.

6. Tra i seguenti, è un gene l’elemento che

reca l’informazione per

A un carattere.

B un allele.

C un tratto.

D qualsiasi caratteristica.

7. La legge della segregazione si chiama

così perché

A indica come si separano le due copie di un gene (alleli) nei gameti.

B indica che i tratti alternativi si separino in F2.

C indica che il tratto recessivo non si manifesta in F1.

D afferma che i colori mescolati non si separano più.

8. Le righe e le colonne nel quadrato di

Punnett corrispondono

A ai gameti maschili e femminili.

B alle possibili ricombinazioni.

C ai possibili fenotipi dei figli.

D ai possibili genotipi dei figli.

9. Nel test cross, l’individuo testato ha

sempre

A fenotipo dominante.

B genotipo dominante.

C genotipo omozigote dominante.

D fenotipo eterozigote.

10. L’assortimento degli alleli tra geni diversi

è

A indipendente nei casi che rispettano la terza legge.

B sempre indipendente.

C sempre indipendente nel caso di un diibrido.

D indipendente se c’è riproduzione sessuale.

11. Il rapporto 1:2:1 è tipico dei casi in cui

si ha

A dominanza incompleta o codominanza.

B interazione tra alleli.

C alleli multipli.

D pleiotropia.

12. Un quadro clinico complesso può

derivare da un’unica mutazione

nei casi di

A pleiotropia.

B alleli multipli.

C eredità poligenica.

D caratteri quantitativi.

13. Quale delle seguenti alternative

rappresenta i possibili genotipi di un

seme di pisello giallo e liscio?

A GgLl, GGLL, GgLL

B GGLL, ggll

C GgLl

D ggLL, GGll

14. I gruppi sanguigni del sistema ABO

sono quattro. Quanti geni occorrono per

determinarli?

A Un gene con tre diversi alleli.

B Un gene con quattro diversi alleli.

C Due geni con due alleli ciascuno.

D Quattro diversi geni.

15. Da un ovulo con un cromosoma X in più

A può nascere un maschio Klinefelter.

B può nascere una femmina Turner.

C non può formarsi uno zigote.

D può nascere un maschio Turner.

16. Una bambina daltonica deve per forza

avere

A un padre daltonico.

B una madre daltonica.

C un padre portatore.

D ambedue i genitori daltonici.

17. According to the law of

independent assortment

A all possible combinations of factors can occur in the gametes.

B only the parental combinations of gametes can occur in the gametes.

C only the non parental combinations of gametes can occur in the gametes.

D only the impossible combinations of factors can occur in the gametes.

18. Which of these is the genotype of

a dihybrid?

A LlGG.

B LlGg.

C LLgg.

D None of these are correct.

19. Nella progenie ottenuta

dall’incrocio di due organismi eterozigoti

per un singolo gene è atteso un rapporto

fenotipico di 3:1. Ciò è dovuto al fatto

che i due alleli

A sono associati.

B presentano dominanza incompleta.

C non presentano assortimento indipendente.

D presentano codominanza.

E segregano durante la meiosi.

[dalla prova di ammissione a Medicina e

Odontoiatria, anno 2019]

Verifica le tue conoscenze

Page 49: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B26

20. Il corretto sviluppo dell’olfatto è controllato dall’azione di

due geni, A ed M; l’assenza di almeno un allele dominante per

ciascuno dei due geni causa insensibilità agli odori nel nascituro.

Qual è la probabilità che il primo figlio della seguente coppia sia

affetto da questo disturbo?

AaMm X AAmm

A 0%

B 12,5%

C 25%

D 50%

21. Associa a ciascuna legge di Mendel le caratteristiche

corrispondenti.

a. Prima leggeb. Seconda leggec. Terza legge

1. È definita legge dell’assortimento indipendente.

2. È definita legge della dominanza.3. È definita legge della segregazione

indipendente.4. Può essere verificata attraverso un

incrocio diibrido.5. Può essere verificata con un singolo

incrocio tra linee pure.6. Spiega come le copie di un gene si

separano nei gameti.

a b c

22. Associa a ciascuna condizione genetica le caratteristiche

corrispondenti.

a. Polialleliab. Polimorfismoc. Dominanza

incompletad. Codominanzae. Pleiotropia

1. Due alleli di uno stesso locus sono entrambi espressi in eterozigosi.

2. Negli eterozigoti il fenotipo presenta caratteristiche intermedie rispetto ai due omozigoti.

3. Un gene con alleli mutati presenti in più dell’1% della popolazione.

4. Un gene con cinque alleli differenti.5. Un singolo gene controlla più fenotipi.

23. In una coppia, un partner ha gruppo sanguigno AB e l’altro gruppo

sanguigno 0. Indica quali sono i possibili gruppi sanguigni dei figli

e con quale probabilità.

24. Per quali ragioni la meiosi è alla base della comprensione

della terza legge di Mendel?

25. Sottolinea l’alternativa corretta.

a) Nella genealogia di una malattia dominante ogni persona

malata ha di solito un / nessun genitore malato e metà / tre

quarti dei figli sono malati. Il fenotipo compare ugualmente /

differentemente nei due sessi.

b) Nella genealogia di una malattia recessiva ogni persona malata

ha di solito un / nessun genitore malato e nelle famiglie colpite da

malattia metà / tre quarti dei figli di genitori sani sono malati. Il

fenotipo compare ugualmente / differentemente nei due sessi.

26. Riconosci e scrivi il tipo di manto e i genotipi corrispondenti

di questi conigli e calcola quali possono essere i genotipi

e manti dei figli.

Esemplari esemplare maschio esemplare femmina

Tipo del

manto

albino colourpoint

Genotipi cc chch, chc

Possibili

genotipi

della

generazione

F1

27. Completa il seguente incrocio indicando i genotipi e disegnando

i fenotipi della generazione F1.

LlGg llgg

LG

lg

×

Verifica le tue abilità

Page 50: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

B1 | Esercizi di fine capitolo | B27

Dati in agenda

PROGETTA

28. Lavorando sulle piante di pisello trovi un esemplare che ha i fiori

viola e i semi gialli e lisci. Come procederesti per determinare il

suo fenotipo? Quali risultati ti aspetteresti?

RICERCA

29. Procurati un foglio A3 e rappresenta i tre autosomi e i cromosomi

sessuali di drosofila, cercando su Internet informazioni relative

alle posizioni note dei geni. Rispetta la scala che sceglierai e

riporta le distanze dei geni che indichi. In alternativa, usa una app

per produrre la mappa in formato immagine o pdf.

IPOTIZZA

30. Immagina un ipotetico incontro tra Mendel e Darwin e ipotizza

quali scoperte di Mendel avrebbero potuto avvalorare le teorie

dell’altro scienziato. Rispondi al massimo in dieci righe.

DEDUCI

31. L’albinismo è una malattia genetica recessiva. Qual è la probabilità

che un ragazzo e una ragazza con normale pigmentazione della

cute, ma entrambi con un genitore albino, abbiano un figlio o

una figlia affetti da albinismo? Disegna l’albero genealogico della

famiglia che rappresenti le tre generazioni coinvolte.

Allena le tue competenze

Malattie rare, malattie genetiche

ANALIZZA LA NOTIZIA

32. Guarda il video in apertura di capitolo e completa la tabella.

Numero di persone colpite da malattie rare in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Numero di casi di SLA in Italia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

È spesso accorciata con la sigla SLA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

È di 1-9 persone su 20 000. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Sintomi della distrofia muscolare di Duchenne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

CERCA ALTRE FONTI

33. La sclerosi laterale amiotrofica è una delle malattie genetiche più

note perché esistono casi di artisti, scienziati e sportivi famosi

che ne sono o sono stati colpiti.

Fai una ricerca in Rete e poi scrivi un testo di 2000 parole su un

personaggio famoso colpito da SLA. In particolare, racconta:

• quando è vissuto;

• in quale campo artistico e professionale si è contraddistinto;

• come ha vissuto e raccontato la malattia di fronte al pubblico;

• che cosa ne pensi tu del suo modo di raccontare la malattia.

FAI UN PASSO IN PIÙ

34. Il 28 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata delle malattie

rare. Per l’occasione dividetevi in gruppi di 4 persone. Ogni gruppo

deve realizzare una pubblicità progresso, cioè un video che inviti

le persone a fare una donazione in favore della ricerca sulle

malattie rare. Potete prendere spunto dagli spot che trovate in TV

e in Rete, che sono realizzati dalle associazioni che fanno ricerca

su una o più malattie. Il video deve rispettare questi vincoli:

• non deve durare più di 1 minuto;

• deve contenere almeno un’informazione scientifica all’interno;

• deve citare un’associazione o un centro di ricerca che si occupa

di una malattia rara.

Scegliete voi il tono da dare allo spot (scherzoso, serio, drammatico,

in forma di intervista, con un testimonial, come grafica ecc).

All’interno del gruppo dividetevi le diverse attività da svolgere.

Try it in English!

Watch the video

and answer the questions.

Rare diseases, genetic diseases

Page 51: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C2

L’ARCHITETTURA DEL CORPO UMANO

CAPITOLO C

1

attraverso

l’omeostasi

LEZIONE 3

l’apparato tegumentario

che può essere

danneggiato dall’ambiente

LEZIONE SALUTE 5

si rigenerano

grazie alle cellule

staminali

LEZIONE 4

organi, sistemi

e apparati

LEZIONE 2

è costituito da si autoregola

Il corpo umano

che

come

differenti tessuti

LEZIONE 1

che formano

N A V I G A I L C A P I T O L O

D A T I I N A G E N D A C i a o, c o m e s t a i ?

Guarda il video, poi rispondi alle domande.

1. Qual è la percentuale di ragazzi che soffre di nervosismo?

2. Qual è la media degli undicenni che assume farmaci?

3. Qual è la percentuale di ragazze che si sente giù di morale?

4. Qual è la percentuale di maschi e di femmine che considerano la propria salute buona?

D I M M I L A T U A ! A b b r o n z a t u r a e s t i v a

Domande:

1. Con quale posizione sei d’accordo e perché?2. Quali affermazioni non ti convincono e perché?3. Cerca informazioni, argomenta la tua

posizione e discutine in classe.

Adoro andare in spiaggia e stare tutto il giorno al Sole.

Nessuna, altrimenti non mi abbronzo. Io ho la carnagione abbastanza scura di natura quindi il Sole non mi fa male.

Vedo che sei abbronzatissimo: quale crema solare usi?

Guarda che non è vero! Esporsi al Sole senza crema può essere davvero pericoloso e comunque rovina la pelle.

Page 52: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C3

I tessuti: cellule specializzate per una funzione

Il corpo umano deriva dallo sviluppo di una sola cellu-la diploide, lo zigote, che si divide più volte generando cellule che si differenziano e si organizzano. Durante la vita embrionale, le divisioni cellulari avvengono solo per mitosi, e così tutte le cellule posseggono il medesimo patrimonio genetico: 23 coppie di cromosomi.

Mentre le cellule si dividono, si realizza un altro evento fondamentale per lo sviluppo: le cellule si diffe-renziano, cioè si specializzano sia nella forma sia nel-la funzione. La diversità di forma e funzione è il frutto dell’espressione differenziata dei geni ed è determina-ta dal fatto che alcuni geni restano attivi, mentre altri vengono disattivati definitivamente. Il differenziamento cellulare porta alla formazione dei tessuti che costitui-scono il corpo umano.

Nel nostro corpo, come in quello di tutti i mammi-feri, troviamo quattro tipi di tessuti: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso, ognuno dei quali comprende diversi sottotipi.

RICORDA Lo sviluppo di un organismo parte

da un’unica cellula, lo zigote, e poi attraverso il

differenziamento si arriva alla formazione della

complessa architettura del corpo umano.

1

Le funzioni dei tessuti epiteliali

Il tessuto epiteliale è costituito da sottili lamine o spessi strati di cellule di forma molto regolare strettamente uni-te (Figura 1). Alcuni epiteli sono semplici, cioè sono forma-ti da un solo strato di cellule, altri invece sono stratificati, fatti di più strati sovrapposti. In entrambi i casi le cellule possono avere forma appiattita, cubica o cilindrica. Tutti gli epiteli hanno in comune alcune caratteristiche.• Le cellule sono strettamente connesse grazie alla pre-

senza delle giunzioni cellulari, che possono essere desmosomi e giunzioni occludenti. Tra una cellula e l’altra vi sono interstizi sottilissimi, e il materiale extracel-lulare è quasi del tutto assente.

• Poggiano su una membrana basale, una struttura co-stituita da proteine e carboidrati che separa il tessuto epiteliale da quelli sottostanti; la membrana basale è la base di appoggio per la costruzione dell’epitelio e permette gli scambi con altri tessuti.

• Le cellule che poggiano sulla membrana basale con-servano per tutta la vita la capacità di replicarsi: per questo gli epiteli si rinnovano una volta usurati; alcuni si rinnovano molto rapidamente, altri meno, in relazione alla loro collocazione e al loro compito.

• Gli epiteli non contengono vasi sanguigni e sono nutriti per diffusione dai tessuti sottostanti.

RICORDA I tessuti epiteliali possono essere di più

tipi, ma hanno alcune caratteristiche comuni: le

giunzioni cellulari, una membrana basale, la capacità

di rinnovarsi e l’assenza di vasi sanguigni.

2

Figura 1 Una struttura rigidamente organizzata

In questa immagine al microscopio ottico si apprezza la struttura regolare e compatta dell’epitelio che riveste il colon.

Epitelio dal greco epí, «sopra», e thelé, «capezzolo»; originariamente indicava solo il rivestimento di questa parte del corpo. Per estensione, indica tutti i tessuti di rivestimento.

Tessuto è il termine che indica un insieme di cellule con struttura e funzione simili e con stessa origine embrionale.

I TESSUTI DEL CORPO UMANO

LEZIONE 1

gruppi

di cellule

specializzate

per una

funzione 1

tessuti

muscolari

4

tessuti

nervosi

6

sono

epiteli

di rivestimento,

ghiandolari

e sensoriali 3

tessuti

connettivi

5

si distinguono in

divisi in

I tessuti

tessuti

epiteliali

2

Page 53: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C4

singole cellule secernenti disperse nel tessuto. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, le cellule secernenti formano un vero e proprio strato che si piega e si in-troflette, invadendo il tessuto sottostante. Si forma così una ghiandola, una struttura cava la cui superficie interna è tappezzata di epitelio secernente. Le ghian-dole possono essere di due tipi: endocrine ed esocrine. Le ghiandole esocrine restano in collegamento con l’epitelio sovrastante mediante un canale, il dotto, che riversa la sostanza secreta all’esterno o in cavi-tà in comunicazione con l’esterno (sono ghiandole esocrine le ghiandole salivari e quelle sudoripare). Le ghiandole endocrine sono prive di un dotto escreto-re, e riversano le sostanze prodotte direttamente nella circolazione sanguigna.

3. Gli epiteli sensoriali: sono costituiti da cellule spe-cializzate per recepire specifici stimoli provenienti dall’ambiente esterno o interno, e trasmetterli al si-stema nervoso. I recettori dell’odorato e del gusto, per esempio, sono cellule che rilevano specifiche sostanze chimiche. Le cellule sensoriali sono disperse negli epi-teli di rivestimento e sono connesse a fibre nervose a cui trasferiscono le informazioni.

RICORDA Gli epiteli si differenziano in vari tipi:

di rivestimento, che ricoprono il corpo e le cavità

interne; ghiandolari con funzione secernente;

sensoriali, costituiti da cellule specializzate per

ricevere stimoli.

I principali tipi di tessuto epiteliale

Grazie alle loro proprietà, gli strati di cellule epiteliali sono resistenti, ma anche in grado di deformarsi senza perdere coesione. In base alla funzione si distinguono tre categorie di epiteli.1. Gli epiteli di rivestimento: ricoprono e proteggono la

superficie esterna e le cavità interne, delimitano i vasi sanguigni e definiscono i confini tra compartimenti del corpo. Gli epiteli che rivestono le cavità interne, in comunicazione con l’esterno, sono chiamati muco-

se e in genere sono epiteli semplici, mentre l’epitelio squamoso stratificato che costituisce il rivestimento esterno del corpo è detto epidermide (Figura 2A). In molti casi le cellule degli epiteli di rivestimento si specializzano per svolgere altri ruoli. Per esempio, le cellule dell’epitelio renale (Figura 2B) sono in grado di filtrare e trasportare sostanze di vario genere, control-lando le molecole e gli ioni che lasciano il sangue e vengono riassorbiti o eliminati con l’urina. Le cellule dell’epitelio intestinale (Figura 2C) svolgono il traspor-to selettivo di ioni e molecole nutritive e possiedono microvilli, strutture specializzate che aumentano la superficie di assorbimento e ottimizzano gli scambi di sostanze.

2. Gli epiteli ghiandolari: sono costituiti da cellule che producono e secernono sostanze di varia natura come ormoni, latte, muco, enzimi digestivi o sudore (Figura 2D). Alcuni epiteli di rivestimento contengono

3

Figura 2

I principali tessuti epiteliali

(A) Gli strati esterni della pelle sono costituiti da strati di cellule epiteliali. (B) Un tubulo renale è formato da un singolo strato di cellule epiteliali. (C) L’epitelio colonnare riveste le mucose. (D) Organi come lo stomaco sono rivestiti da un epitelio ghiandolare dotato di cellule secernenti.

40 µm

25 µm

Cellule

epiteliali

cubiche

20 µm

Ciglia

A C

B

D

Epitelio squamoso stratificato: gli strati esterni della pelle (epidermide) separano l’ambiente interno dall’ambiente esterno.

Epitelio cubico: tubuli e dotti con funzioni secretoria e di assorbimento.

Epitelio colonnare: riveste molti organi interni, come le vie aeree dei polmoni e l’intestino tenue.

Cellule secernenti: il rivestimento dello stomaco comprende cellule che secernono succhi digestivi e acidi.

Ghiandola dal latino glandula: «piccola ghianda», per via della forma di molte ghiandole umane.

Page 54: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C5

Il tessuto muscolare

Il tessuto muscolare è costituito da cellule di forma al-lungata che si contraggono per generare forze e produ-cono movimento. Il meccanismo di contrazione è basato sullo scorrimento di filamenti sovrapposti costituiti da due tipi di proteine contrattili: l’actina e la miosina. La contrazione muscolare si verifica in risposta a uno sti-molo proveniente dal sistema nervoso e consuma molta energia, fornita dall’ATP.

Esistono tre tipologie di tessuto muscolare: il tessuto

muscolare scheletrico striato, il tessuto muscolare liscio e il tessuto muscolare cardiaco.1. Il muscolo scheletrico striato (Figura 3A) è responsa-

bile dei movimenti volontari (correre, sorridere ecc.) e di alcuni movimenti involontari, tra cui la respi-razione, le espressioni facciali, i tremori. I muscoli scheletrici sono tutti sotto il controllo del sistema nervoso, che ne comanda la contrazione. Il muscolo scheletrico viene definito striato per l’aspetto a bande alterne osservabile al microscopio ottico (Figura 4 a

pagina seguente). Le cellule del muscolo scheletrico, chiamate fibre muscolari, sono piuttosto grandi e presentano numerosi nuclei; si formano, nel corso dello sviluppo, attraverso la fusione di cellule em-brionali dette mioblasti. Un singolo muscolo, come il bicipite, è composto da centinaia di migliaia di fibre muscolari; ognuna di esse è stimolata da una fibra nervosa che ne comanda la contrazione.

2. Il muscolo cardiaco (Figura 3B) si trova solo nel cuore. Al microscopio ottico questo muscolo appare stria-to come il muscolo scheletrico; la sua contrazione, però, avviene in modo del tutto indipendente, senza stimoli provenienti dal sistema nervoso. Le cellule del

4

Figura 3 I principali tessuti muscolari

(A) Nel muscolo scheletrico, la disposizione regolare dei filamenti fa sì che le cellule abbiano questo aspetto striato. (B) Le cellule del muscolo cardiaco sono più piccole, presentano un solo nucleo e formano guaine di cellule contrattili elettricamente accoppiate. (C) Le cellule del muscolo liscio non hanno le tipiche striature visibili in quello scheletrico.

15 µm 15 µm

30 µm

A B

C

Muscolo scheletrico: responsabile dei movimenti corporei volontari.

Muscolo cardiaco: responsabile della contrazione del cuore.

Muscolo liscio: fornisce la motilità agli organi interni, come nel tratto digerente; controlla il diametro dei vasi sanguigni.

muscolo cardiaco sono diverse da quelle del musco-lo striato per varie ragioni: sono molto più piccole e mononucleate; formano tra loro giunzioni serrate e si intrecciano in una rete tridimensionale resistente a eventuali strappi. Come risultato, le pareti del cuore possono resistere alle elevate pressioni esercitate dal sangue, senza pericolo che si verifichino danni o la-cerazioni. Alcune cellule del muscolo cardiaco, dette pacemaker, sono specializzate nel generare e condurre i segnali elettrici che originano e coordinano le con-trazioni ritmiche del cuore. Il sistema nervoso auto-nomo modula continuamente l’attività delle cellule pacemaker, ma tale modulazione non è essenziale per generare il battito cardiaco.

3. Il muscolo liscio (Figura 3C) si trova nel rivestimento di molti organi interni cavi, come l’intestino, la vesci-ca urinaria e i vasi sanguigni, ed è sotto il controllo del sistema nervoso autonomo (che è involontario). Strutturalmente, le cellule hanno una forma a fuso e ognuna è provvista di un solo nucleo. Sono definite «lisce» perché i filamenti di actina e di miosina non sono ordinati regolarmente, come nel muscolo sche-letrico, e quindi non hanno il tipico aspetto striato. Nel tessuto muscolare liscio dei visceri, le cellule sono organizzate in guaine che avvolgono l’organo; le sin-gole cellule sono unite mediante giunzioni serrate che permettono loro di contrarsi in maniera coordinata. Inoltre la loro membrana plasmatica è sensibile agli stimoli di tensione.

RICORDA Il tessuto muscolare comprende il

muscolo scheletrico striato che permette i movimenti

volontari, il muscolo liscio che riveste gli organi

interni, e il muscolo cardiaco nel cuore.

Page 55: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

Zona H

C6

L’elastina è un altro tipo di fibra proteica presente nella matrice extracellulare dei tessuti connettivi. Può essere stirata fino a diverse volte la sua lunghezza a riposo e poi ritornarvi, proprio come un elastico. Le fibre composte di elastina sono più abbondanti nei tessuti che vengono regolarmente allungati, come le pareti dei polmoni e le grandi arterie.

Esistono tipi di tessuto connettivo che differiscono sia per la componente cellulare sia per la quantità, la composizione e le proprietà della matrice extracellulare. I connettivi propriamente detti. Possono essere densi o lassi e contengono vari tipi di cellule in una matrice com-posta da acqua, sali e sostanze organiche di vario genere, e in parte da fibre di collagene o di elastina.1. Nel connettivo denso (Figura 5A) predominano le fi-

bre di sostegno costituite di collagene, che formano una struttura compatta e resistente. Per queste pro-prietà il connettivo denso si trova nei tendini (che uniscono muscoli e ossa) o nei legamenti (che uni-scono le ossa tra loro).

Organo dal greco órganon, «strumento», che rimanda a érgon, «lavoro», da cui deriva anche «energia». Il senso è che gli organi svolgono funzioni specifiche.

I tessuti connettivi

I tessuti connettivi (Figura 5) riempiono gli spazi interni tra un organo e l’altro o tra un tessuto e l’altro, hanno funzioni di protezione, connessione e sostegno meccani-co. Inoltre, alcuni svolgono particolari funzioni metabo-liche indispensabili per tutto l’organismo.

Il tessuto connettivo è costituito da cellule di forma varia (spesso irregolare) disperse in una matrice extracel-

lulare formata da fibre proteiche immerse in una solu-zione gelatinosa chiamata sostanza fondamentale. Le fibre proteiche sono componenti importanti della matri-ce extracellulare; la maggior parte delle fibre è costituita da collagene, una proteina che può formare fibre forti e resistenti all’allungamento. Queste fibre vengono usate come sostegno o connessione nella cute (o pelle), nei ten-dini e nei legamenti che collegano le ossa. Il collagene costruisce anche fibre reticolari molto sottili e ramificate, che costituiscono una rete che garantisce forma e solidità strutturale ad alcuni organi.

5

Mitocondri

Sarcomero

Banda A

Sarcomero

Banda I Zona H

Banda A

Sarcomero

Banda I

Linea Z

Tendini

Linea M

Singola fibra

muscolare (cellula)

Tessuto

connettivo

Fasci di fibre muscolari

Banda I

Singola

miofibrilla

Muscolo

Membrana plasmatica Nuclei

Miofibrille

Filamento di actina

Linea Z

Filamento di miosina

Singolo sarcomero

Linea Z

Linea Z Linea M Titina 3 µm

Banda A

Zona H

Figura 4

La struttura del muscolo scheletrico

Un muscolo scheletrico è costituito da fasci di fibre muscolari. Ogni fibra muscolare è una cellula multinucleata con numerose miofibrille, formate da filamenti di miosina e di actina ordinati, che conferiscono il caratteristico aspetto striato al muscolo.

Un muscolo scheletrico come il bicipite può essere scomposto in fasci di fibre muscolari.

Ogni fibra muscolare è una cellula multinucleata che contiene numerose miofibrille.

Ogni miofibrilla è formata da filamenti spessi di miosina e filamenti sottili di actina molto ordinati.

In ciascuna miofibrilla è possibile individuare le unità di contrazione chiamate sarcomeri.

Dove sono presenti solo filamenti di actina la miofibrilla appare chiara; dove vi sono sia filamenti di actina sia di miosina la miofibrilla assume un colore scuro.

Page 56: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C7

2. Nel connettivo lasso ci sono tutti i tipi di fibre; questo tessuto si trova nella cute e tra un organo e l’altro. È il tipo più diffuso di tessuto connettivo; forma le strut-ture reticolari al di sotto degli epiteli di rivestimento degli organi che comunicano con l’esterno.

3. Il tessuto adiposo (Figura 5B) svolge la funzione di deposito di lipidi. In questo tessuto la matrice extra-cellulare è quasi assente: le cellule hanno una forma sferoidale e ognuna di esse contiene una goccia lipi-dica di grandi dimensioni o tante minuscole gocce che la riempiono interamente. Il tessuto adiposo ha funzione di riserva energetica, protegge dai traumi gli organi interni e costituisce uno strato sottocutaneo con funzione isolante che contrasta la dispersione termica.

I connettivi specializzati. Essi comprendono il tessuto

osseo, la cartilagine e il sangue.• Il tessuto osseo (Figura 5C) contiene fibre di collage-

ne, ma deve la propria rigidità e la propria durezza a una matrice extracellulare ricca di cristalli di fosfato e carbonato di calcio insolubili. L’osso ha una triplice funzione: sostegno per i muscoli, protezione mecca-nica, e riserva di sali di calcio per il resto del corpo. Questa funzione può realizzarsi perché all’interno dell’osso sono sempre attive cellule che producono e cellule che demoliscono la matrice, mantenendolo in un equilibrio dinamico. Le cellule responsabili della crescita e del continuo rimodellamento dell’osso sono gli osteoblasti, gli osteociti e gli osteoclasti. Gli osteo-

blasti producono nuova matrice extracellulare che si deposita sulla superficie ossea. Queste cellule vengo-no gradualmente circondate dalla matrice stessa, da cui risultano infine incapsulate; quando ciò accade, esse smettono di depositare la matrice, ma continua-no a sopravvivere all’interno di piccole lacune (ca-vità) dell’osso. Quando gli osteoblasti si trovano in questo stadio vengono definiti osteociti. Gli osteociti rimangono in contatto gli uni con gli altri attraverso lunghe estensioni cellulari che corrono lungo sottili canali nell’osso. La comunicazione tra gli osteociti è molto importante per il controllo dell’attività del-le altre cellule ossee. Gli osteoclasti sono le cellule che riassorbono l’osso, formando cavità e gallerie; contemporaneamente, gli osteoblasti continuano a lavorare depositando nuovo materiale osseo. L’azione reciproca degli osteoblasti e degli osteoclasti plasma e rimodella costantemente le ossa.

• Il sangue (Figura 5D) è l’unico tessuto connettivo fluido ed è formato da cellule (come i globuli rossi o eritrociti e i globuli bianchi o leucociti) disperse in una voluminosa matrice extracellulare: il plasma.

• La cartilagine è formata da cellule chiamate condro-

citi, che producono una matrice extracellulare con-sistente ma gommosa grazie alle fibre di collagene mescolate con polisaccaridi e proteine. Le fibre di collagene rinforzano la matrice e si distribuiscono lungo tutte le direzioni come corde: in questo modo la cartilagine risulta flessibile e resistente.

Strati di cellule ossee immerse

in una matrice mineralizzata

250 µm

15 µm

Globuli bianchi

Globuli rossi

80 µm 80 µmGrasso biancoGrasso bruno

Fibre di collagene

Figura 5

I principali tessuti connettivi

(A) Il tessuto adiposo costituisce i depositi di grasso corporeo. (B) Il tessuto connetivo denso si trova in tendini e legamenti. (C) Il tessuto osseo contiene fibre di collagene immerse in una matrice mineralizzata. (D) Il sangue è l’unico tessuto connettivo fluido.

C

B

A

D

Tessuto adiposo: il grasso bianco avvolge e sostiene gli organi interni, fornisce isolamento termico e immagazzina sostanze di riserva; il grasso bruno produce calore.

Ossa: forniscono strutture di sostegno per il corpo che rendono possibile la generazione dei movimenti da parte del tessuto muscolare.

Legamenti e tendini: connettono tra loro le ossa e i muscoli alle ossa.

Cellule sanguigne: i globuli rossi trasportano i gas respiratori; i globuli bianchi sono coinvolti nelle risposte immunitarie.

Page 57: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C8

Gli impulsi nervosi si spostano molto rapidamente lungo l’assone, fino alla terminazione che si trova in prossimità della cellula bersaglio. Qui attivano il rilascio di segnali chimici (i neurotrasmettitori) che si legano ad appositi re-cettori presenti sulla cellula bersaglio, stimolando una sua risposta. La zona che si trova tra assone e cellula ber-saglio si chiama sinapsi.

Nei neuroni, le informazioni viaggiano a senso unico: i dendriti le portano dall’esterno verso il corpo cellulare, l’assone invece trasmette l’impulso nervoso dal corpo cellulare verso l’esterno. Un neurone può avere anche moltissimi dendriti, ma ha sempre un unico assone che può ramificarsi nella parte terminale ed è quindi in col-legamento con una o più cellule bersaglio.

Nel tessuto nervoso sono presenti anche le cellule

gliali (Figura 6B), che non generano né conducono segnali elettrochimici, ma provvedono a una varietà di funzioni di supporto per i neuroni: alcune fungono da sostegno e da filtro, altre forniscono sostanze nutrienti o contribu-iscono a mantenere costante l’ambiente extracellulare; altre ancora isolano e avvolgono gli assoni di alcuni neu-roni per rendere più efficiente la conducibilità. Nell’en-cefalo umano, la parte superiore del sistema nervoso, il numero di cellule gliali è di circa dieci volte superiore rispetto a quello dei neuroni.

RICORDA Il tessuto nervoso è formato dai neuroni,

che generano e trasmettono impulsi nervosi in tutto il

corpo, e dalle cellule gliali, che li nutrono.

La cartilagine si trova in diverse parti del corpo, come le articolazioni, la laringe, il naso e i padiglioni auricolari. È anche il componente principale dello scheletro em-brionale, ma durante lo sviluppo la maggior parte viene sostituita dal tessuto osseo.

RICORDA I tessuti connettivi comprendono quelli

propriamente detti (connettivo denso e lasso,

adiposo) e i tessuti connettivi specializzati (tessuto

osseo, cartilagine e sangue).

Il tessuto nervoso

Il tessuto nervoso è formato da due tipi di cellule: i neu-roni e le cellule gliali. I neuroni sono cellule eccitabili, ovvero che possono generare e trasmettere segnali elet-trochimici, chiamati impulsi nervosi. La trasmissione di questi segnali è velocissima.

Ogni neurone è formato da un corpo cellulare che con-tiene il nucleo e gli organuli, da un assone e da uno o più dendriti (Figura 6A). I dendriti sono estensioni citoplasma-tiche corte e sottili che raccolgono i segnali provenienti da altri neuroni o da organi sensoriali e li trasmettono al corpo cellulare; questo elabora la risposta e la trasmette all’assone come impulso elettrico. L’assone è un prolun-gamento lungo e sottile che termina quasi a contatto con una cellula bersaglio (un altro neurone, una cellula muscolare, alcune ghiandole).

6

20 µm

60 µm

Corpo

cellulare

del neurone

Assone

Astrociti

Neuroni

Figura 6 I neuroni e le cellule gliali

(A) Questo neurone umano consiste in un corpo cellulare, un certo numero di dendriti e un lungo assone che invia informazioni alle altre cellule. (B) Una sezione di tessuto dell’encefalo umano mostra gli astrociti, un tipo di cellule gliali. Le cellule gliali contribuiscono alla barriera ematoencefalica, che protegge l’encefalo.

A BNeuroni: comunicano informazioni dai sensori al sistema nervoso centrale, immagazzinano e integrano informazioni, comunicano i comandi ai muscoli e alle ghiandole.

Glia: sostiene i neuroni in vari modi e modula i segnali; isola i processi neuronali; fornisce funzioni immunitarie per il sistema nervoso centrale.

1. Quale evento porta alla formazione dei diversi tessuti del corpo umano?

2. Quali tipi di tessuti sono presenti nel corpo umano?

3. Che cos’è una sinapsi?

1. La giunzione occludente / membrana

basale separa il tessuto epiteliale dai tessuti sottostanti.

2. Le cellule deputate al riassorbimento dell’osso sono gli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Realizza un’infografica che riassuma i tessuti presenti nel corpo umano. L’infografica deve contenere un disegno anatomico (dell’intero organismo o di una parte), le illustrazioni dei tessuti, la loro descrizione e la loro posizione.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 58: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C9

I sistemi e gli apparati

Quando le funzioni di più tessuti vengono coordinate per svolgere un’unica attività, si forma un organo (come lo stomaco, Figura 7). A loro volta, gli organi possono essere raggruppati in sistemi o apparati (talvolta i due termini sono usati impropriamente come sinonimi Figure 8 e 9 alle pagine seguenti). Un sistema è un’unità morfofunzionale costituita da organi che condividono la stessa origine embrionale; i sistemi del corpo umano sono: nervoso, linfatico e immunitario, endocrino, sche-letrico, muscolare. Un apparato, invece, è un insieme di organi con origine embrionale diversa, che coope-rano per svolgere le stesse funzioni; gli apparati sono: tegumentario, cardiovascolare, digerente, respiratorio, urinario, riproduttore. Alcuni di essi, come l’apparato digerente, sono formati da organi in continuità fisica tra loro; altri, come il sistema endocrino, comprendono organi distanti l’uno dall’altro, ma correlati dal punto di vista funzionale.

Tutti gli apparati sono sostenuti dallo scheletro e dai muscoli e protetti dall’apparato tegumentario, che in-sieme delimitano due cavità, una dorsale e una ventra-le, entro cui alloggiano i diversi organi. La cavità dorsale comprende il cranio e il canale vertebrale che protegge il sistema nervoso centrale, composto da encefalo e midol-lo spinale. La cavità ventrale è divisa dal diaframma in quella toracica (che ospita il cuore e i polmoni) e in quella

7

Stomaco

Figura 7 Le pareti dello stomaco

Un esempio della disposizione di tutti i tipi di tessuto in un organo.

Tessuto

nervoso Gestione delle informazioni, comunicazione e controllo

Un organo è composto da tessuti.

Tessuto

epiteliale Rivestimento, trasporto, secrezione e assorbimento

Tessuto

connettivo Sostegno, rinforzo ed elasticità

Tessuto

muscolare Movimento

All’interno di un organo, i tessuti sono specializzati in modi specifici.

addomino-pelvica (in cui si trovano stomaco, fegato, geni-tali e la maggior parte degli organi).

I sistemi e gli apparati non si comportano in maniera indipendente, ma lavorano in modo coordinato al servi-zio dell’intero organismo. L’apparato che si occupa del trasporto è l’apparato cardiovascolare: passando da un organo all’altro, il sangue permette gli scambi di sostanze chimiche e aiuta a mantenere costante l’ambiente inter-no. L’apparato cardiovascolare lavora insieme al sistema linfatico e al sistema immunitario che hanno il compi-to di difendere l’organismo. L’apparato che presiede alla digestione è il digerente, costituito da tutti e quattro i tessuti del corpo umano. Il sistema endocrino e quello nervoso esercitano un’azione di «controllo» sull’attività di tutti gli altri apparati e sistemi.

RICORDA Il nostro corpo è formato da organi che

a loro volta sono riuniti in sistemi e apparati che

cooperano tra loro.

ORGANI, SISTEMI E APPARATI

LEZIONE 2

internamente

da membrane

epiteliali 8

organi,

sistemi e

apparati 7

esternamente

dall’apparato

tegumentario 9

è formato da

Il corpo umano

è rivestito

Page 59: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C10

Figura 8

Sistemi e apparati, organi e tessuti che li costituiscono

I sistemi del corpo umano: endocrino, nervoso, muscolare, linfatico-immunitario e scheletrico, e l’apparato respiratorio.

DendritiCorpo cellulare

Cellula di

Purkinje

Fibra

muscolare

Striatura di

actina e miosina

Nucleo cellulare

Sostanza

grigia

Il sistema

nervoso è formato dall’encefalo, dal midollo spinale, dai nervi e dagli organi di senso. Riceve gli stimoli esterni e interni ed elabora le risposte.

Il sistema muscolare è costituito da tessuto muscolare scheletrico, che permette il movimento del corpo. I muscoli sono tenuti al loro posto grazie a tendini e legamenti.

Epitelio follicolare

Cellula follicolare

Immagine istologica (SEM) della tiroide umana. (Ingrandimento, 100x)

Immagine al microscopio confocale del cervelletto umano.

Immagine istologica di una sezione di muscolo scheletrico umano. (Ingrandimento, 250x)

Colloide

La tiroide è una ghiandola costituita da follicoli tiroidei, vescicole chiuse da un epitelio follicolare, al cui interno è presente del materiale amorfo, la colloide, utilizzato per sintetizzare ormoni tiroidei.

Il sistema endocrino è composto da ghiandole che producono gli ormoni, sostanze che regolano il funzionamento degli organi e dell’organismo.

Le cellule del Purkinje sono neuroni specializzati del cervelletto, che costituiscono con i loro corpi cellulari la sostanza grigia cerebellare e con i loro dendriti la sostanza bianca.

Midollo spinale

Muscolo scheletrico

Legamento

Nervi

Tiroide e paratiroidi

Gonadi

Ghiandole surrenali

Epifisi, ipofisi e ipotalamo

Pancreas

Tendine

Encefalo

I muscoli scheletrici sono costituiti da fibre muscolari che contengono diverse miofibrille, formate da filamenti ordinati di actina e miosina, che gli conferiscono un aspetto striato.

Page 60: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C11

Vaso sanguignoFollicolo

Tessuto connettivo

I linfonodi sono piccole masse di tessuto spugnoso organizzate in follicoli, rivestite da tessuto connettivo e irrorate da vasi sanguigni che contribuiscono alla difesa del nostro organismo.

Dentina

Osteoclasto Nucleo

Il tessuto osseo, compresa la dentina che costituisce i denti, si forma in prossimità di cellule chiamate osteoblasti e viene riassorbito da altre cellule chiamate osteoclasti.

Il sistema

scheletrico è formato da ossa diverse (piatte, lunghe, brevi…) con funzione di sostegno, come la colonna vertebrale, e protezione, come il cranio e la gabbia toracica.

Membrana basale

Linfonodo

Vaso linfatico

Cellula della

mucosa

Ciglia

La maggior parte delle vie aeree sono rivestite internamente da mucose, uno strato cellulare epiteliale dotato di ciglia che riceve nutrimento dalla sottostante membrana basale.

L’apparato

respiratorio è costituito dai polmoni e dalle vie aeree superiori e inferiori. Garantisce gli scambi dei gas respiratori, trasferendo l’ossigeno al sangue, ed eliminando il diossido di carbonio.

Immagine istologica di un linfonodo umano. (Ingrandimento, 30x)

Immagine istologica (TEM) di un osteoclasto che riassorbe la dentina. (Ingrandimento, 2440x)

Immagine istologica (TEM) dell’epitelio respiratorio del polmone umano.

Osso lungo

Osso breve

Colonna vertebrale

Gabbia toracica

Vie aeree superiori

Polmone

Vie aeree inferiori

Cranio

Osso piatto

Il sistema linfatico è costituito dalla linfa e dai vasi linfatici, dal timo, dalle tonsille e dai linfonodi. Insieme al sistema

immunitario difende l’organismo dall’attacco di agenti patogeni.

Page 61: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

Cellula di

Purkinje

Sostanza

grigia

Immagine al

microscopio confocale

del cervelletto umano.

C12

Figura 9 Sistemi e apparati, organi e tessuti che li costituiscono

Cinque diversi apparati del corpo umano: urinario, tegumentario, digerente, cardiovascolare e riproduttore.

Capillare glomerularePodocita

Immagine istologica (SEM) dell’unità filtrante del rene umano.

Muscolo erettore del pelo

Tessuto

sottocutaneo

Derma

Follicolo pilifero

L’apparato

tegumentario

comprende la cute, le ghiandole, le unghie e i peli. Ricopre tutto il corpo ed è l’interfaccia tra l’organismo e l’ambiente.

Immagine istologica di una sezione di cute umana.

Cellula del villo intestinale

MicrovilliMitocondri

Nucleo della

cellula intestinale

Immagine istologica (TEM)dell’intestino tenue umano. (Ingrandimento, 8200x)

I reni sono costituiti da unità funzionali filtranti, i glomeruli, costituite da una fitta rete di capillari glomerulari e rivestite da cellule epiteliali dotate di prolungamenti, i podociti.

L’apparato urinario è formato da reni, ureteri, vescica e uretra. Produce ed elimina l’urina, eliminando i rifiuti prodotti nelle reazioni metaboliche dell’organismo. Regola la composizione del sangue.

La cute è costituita dall’epidermide superficiale, dal derma sottostante e dal tessuto sottocutaneo; ospita i follicoli piliferi, le strutture che producono le cellule costitutive del pelo.

Unghie

Bocca

Esofago

Fegato

Stomaco

Intestino

PeliCapelli

Cute

La parete interna dell’intestino tenue è ripiegata in strutture chiamate villi, costituiti da cellule epiteliali ricche di mitocondri e dotate di microvilli, estroflessioni digitiformi che aumentano la superficie di scambio.

L’apparato

digerente comprende la bocca, l’esofago, lo stomaco, l’intestino insieme a ghiandole accessorie. Consente l’introduzione del cibo, l’assorbimento delle sostanze nutritive e l’eliminazione di quelle non digerite.

Rene

Ureteri

VescicaUretra

Page 62: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C13

Immagine istologica di un follicolo ovarico umano.

Tessuto del tubulo seminifero

SpermatozoiOocitaTessuto dell’ovaia

Cellule della membrana granulosa

Le gonadi femminili, cioè le strutture responsabili della produzione dei gameti, sono le ovaie, organizzate in follicoli, ognuno dei quali contiene una cellula uovo immatura (oocita), circondata da cellule della membrana granulosa che producono ormoni.

L’apparato riproduttore comprende le gonadi (ovaie e testicoli) e gli organi a esse associati. Produce i gameti e consente la fecondazione e lo sviluppo di nuovi individui.

Tonaca media

Tonaca avventizia

Globuli rossi del sangue

Tonaca intima

L’apparato

cardiovascolare

è composto da sangue, cuore e vasi sanguigni. Trasporta le sostanze nutritive e l’ossigeno alle cellule, e porta via le sostanze di rifiuto e il diossido di carbonio.

Immagine istologica di un’arteriola umana.

Immagine istologica (SEM) di spermatozoi umani nel testicolo.

Vagina

Utero Vaso deferente

Pene

Testicoli

Ovaia

Le gonadi maschili sono i testicoli, organizzati in lobuli costituiti da piccoli tubuli seminiferi che producono i gameti maschili, gli spermatozoi.

Vena

Arteria

Cuore

Capillari

I vasi sanguigni trasportano i globuli rossi del sangue dai polmoni al resto del corpo e viceversa; le loro pareti presentano tre strati concentrici (tonaca intima, tonaca media e tonaca avventizia) caratterizzati da tessuti e proprietà differenti.

Page 63: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C14

Le membrane interne

La superficie interna del corpo e degli organi è delimitata da rivestimenti che svolgono diverse funzioni. La cavità ventrale è rivestita da due tipi di membrane epiteliali, mucose e sierose.1. Le membrane mucose rivestono le cavità che comu-

nicano con l’esterno, come la bocca o l’interno dello stomaco; la loro superficie è umida e lubrificata da secrezioni cellulari.

2. Le membrane sierose rivestono le cavità non comu-nicanti con l’esterno e gli organi in esse contenute. Il peritoneo, per esempio, è il rivestimento esterno degli organi che si trovano nella cavità addominale come l’intestino; le pleure avvolgono la superficie esterna dei polmoni, e il pericardio ricopre la superficie del cuore. Intorno a ogni organo sono presenti due mem-brane sierose, separate da uno spazio ridotto entro cui si trova del liquido; lo strato esterno è aderente alla cavità in cui è contenuto l’organo, quello inter-no aderisce, invece, alla superficie esterna dell’organo stesso. Gli organi come cuore, polmoni e intestino, grazie alle loro membrane, si muovono senza attrito mantenendo la posizione corretta.

RICORDA La superficie interna del corpo e quella

degli organi sono rivestite da membrane epiteliali

interne che si distinguono in mucose e sierose.

8 L’apparato tegumentario

La superficie corporea esterna è rivestita dalla cute, un involucro che può essere considerato come un vero e proprio apparato, il tegumentario, perché dotato di pro-prietà particolari (Figura 10). La cute è resistente, elastica, impermeabile e funziona come una barriera che impedi-sce l’ingresso di agenti patogeni o sostanze nocive. Inol-tre, è dotata di recettori sensoriali che contribuiscono a mantenere costante la temperatura corporea, impedendo all’organismo di disidratarsi.

L’apparato tegumentario poggia su uno strato costi-tuito prevalentemente di tessuto adiposo che lo collega ai tessuti più profondi: il tessuto sottocutaneo, che isola termicamente il corpo e lo protegge dagli urti meccanici. Nella cute sono presenti anche vari annessi: ghiandole sudoripare e sebacee, peli e unghie (Figura 11). La cute è formata da uno strato esterno di tessuto epiteliale, l’epi-

dermide, e dal sottostante strato connettivale, il derma.• L’epidermide è un epitelio squamoso stratificato che

viene continuamente rinnovato; contiene diversi ti-pi di cellule epiteliali e poggia su uno strato basale costituito da cellule in attiva proliferazione. Le più numerose sono i cheratociti che producono una grande quantità di cheratina, una proteina fibrosa, resisten-te e idrorepellente. Le cellule dello strato basale (o strato germinativo) che appoggia sul derma, si divi-dono rapidamente generando ogni giorno milioni di

9

Ghiandola sudoripara

Figura 10 La cute

In questo disegno schematico sono illustrati i vari componenti della cute umana, divisa in due strati sovrapposti: l’epidermide, più superficiale, e il derma sottostante, che a sua volta poggia sul tessuto sottocutaneo.

Derma

Terminazioni nervose libere

Fibra nervosa

Venula

Arteriola

Muscolo erettore del pelo

Strato basale(germinativo)

Strato corneo

Ghiandola sebacea

Fusto del pelo

Follicolo pilifero

Tessuto sottocutaneo

Epidermide

Il termine cheratocitaal suffisso -cita fa precedere cherato-, dal greco kéras, «corno»; lo strato dell’epidermide in cui si trovano i cheratociti viene definito strato corneo.

Page 64: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C15

A B

Figura 11

Gli annessi cutanei

(A) Dettaglio al microscopio elettronico a scansione di un follicolo pilifero, dal quale emerge un pelo, con annessa ghiandola sebacea; (B) sezione della cute al microscopio elettronico a scansione, con particolare su una ghiandola sudoripara nel derma.

Follicolo pilifero Pelo Ghiandola sebacea Ghiandola sudoripara

nuove cellule, che vengono spinte verso gli strati più superficiali. A mano a mano che salgono, le cellule invecchiano e si arricchiscono di cheratina. Lo strato più esterno (o strato corneo) è costituito da cellule ap-piattite fortemente cheratinizzate, che muoiono e si sfaldano. L’epidermide viene sostituita interamente in circa un mese e mezzo. Nell’epidermide sono presenti anche particolari cellule, dette melanociti, che produ-cono la melanina, un pigmento scuro che protegge la cute dai danni delle radiazioni solari. I melanociti hanno prolungamenti molto sottili che si insinuano tra le altre cellule dell’epidermide. Quando l’epider-mide viene esposta alla luce solare, la produzione di melanina aumenta e i prolungamenti formano una sorta di «ombrello» protettivo. Dall’epidermide de-rivano anche le ghiandole sudoripare e sebacee, che alloggiano nel derma sottostante, e i follicoli piliferi. L’epidermide è priva di vasi sanguigni e fibre nervose.

• Il derma, formato da tessuto connettivo, è un mate-riale resistente ricco di fibre di collagene ed elastina, irrorato dai vasi sanguigni. Grazie ai meccanismi di vasodilatazione e vasocostrizione, contribuisce alla regolazione della temperatura corporea: quando la

Melanocitaantepone al suffisso -cita, melano-, dal greco mélas, «nero»; bruno-nerastra è la melanina di cui sono ricchi i melanociti.

temperatura interna sale, i vasi sanguigni del derma si dilatano e il sangue disperde calore verso l’ester-no; se invece la temperatura corporea scende, i vasi vengono chiusi e il calore non si disperde. Il derma contiene anche recettori tattili, terminazioni nervose libere per il dolore e cellule specializzate nella difesa, come i fagociti. Nel derma troviamo le ghiandole seba-

cee, che producono il sebo, un materiale oleoso che mantiene morbida la cute, e le ghiandole sudoripare, che producono il sudore.

Sul torace dei mammiferi si trovano le ghiandole

mammarie: ghiandole sudoripare modificate che, nel-le femmine, producono il latte. Ogni mammella ha una sporgenza pigmentata, il capezzolo, dove sboccano le aperture dei dotti galattofori da cui fuoriesce il latte. In-ternamente, ogni ghiandola è costituita da lobi separati da tessuto adiposo e connettivo; i lobi sono suddivisi in lobuli più piccoli, chiamati alveoli, che secernono il latte.

RICORDA La cute è il rivestimento esterno del corpo

ed è formata dall’epidermide, lo strato esterno, e dal

derma, formato da tessuto connettivo e ricco di vasi

sanguigni.

1. Quali sistemi esercitano un’azione di controllo su tutti gli altri?

2. Da quali elementi è formato il sistema scheletrico?

3. Quali sono le due membrane epiteliali che rivestono la superficie degli organi?

1. Un insieme di organi con la stessa origine embrionale costituisce un sistema /

apparato.2. Le ghiandole mammarie presenti sul

torace dei mammiferi sono ghiandolesudoripare / sebacee modificate.

Nel mondo animale esistono due condizioni legate alla pigmentazione della pelle, dei peli e degli occhi chiamate albinismo e melanismo. Cerca informazioni in Rete e costruisci una scheda che illustri entrambe le condizioni con testo, figure ed esempi.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 65: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C16

L’omeostasi e l’equilibrio fisico-chimico

La capacità dell’organismo di mantenere condizioni relativamente stabili nell’ambiente interno è chiamata omeostasi. L’omeostasi è una condizione dinamica che richiede all’organismo un lavoro notevole. L’equilibrio

fisico-chimico interno, infatti, è costantemente minac-ciato sia dall’ambiente esterno che varia continuamente sia dall’attività metabolica delle cellule del corpo. Per ga-rantire l’omeostasi, l’attività dell’intero organismo deve essere controllata e regolata in risposta ai cambiamenti interni ed esterni (Figura 12). Le variabili più importanti da mantenere in equilibrio sono:• la temperatura;• l’equilibrio idrosalino;• l’apporto dei nutrienti essenziali;• lo scambio dei gas respiratori;• la pressione e il volume del sangue;• l’eliminazione delle sostanze di scarto tossiche.Le attività di tutti gli apparati sono regolate (cioè accele-rate o rallentate) dalle azioni di specifici segnali prodotti dai sistemi nervoso ed endocrino.

RICORDA L’omeostasi è la capacità dell’organismo di

regolare e mantenere stabile l’ambiente interno.

10

Prodotti

di scarto

Liquido

extracellulare

Materiale

non assorbito

Alimenti,

sali e acquaAmbiente

esternoO

2CO

2

Sangue

Cuore

Figura 12 Mantenere la stabilità interna

L’organismo deve mantenere un ambiente interno stabile che soddisfi i bisogni di tutte le cellule del corpo. Le frecce nella figura indicano lo spostamento di nutrienti e acqua verso le aree in cui sono richieste, e la rimozione dalle stesse dei prodotti metabolici di scarto.

L’apparato

digerente fornisce le sostanze nutritive.

La cute separa gli ambienti interni dall’esterno.

L’apparato

respiratorio fornisce l’O2 e rimuove il CO2.

Le cellule degli organi scambiano materiali attraverso l’ambiente interno.

L’apparato

cardiovascolare trasporta i materiali all’interno del corpo.

Il liquido

extracellulare bagna tutte le cellule del corpo.

L’apparato urinario mantiene stabile il bilanciamento di acqua e sali dell’ambiente interno ed elimina dal sangue i prodotti di scarto.

I meccanismi dell’omeostasi

Il sistema di controllo dell’omeostasi comprende sempre un recettore, un centro di regolazione e un effettore.1. Il recettore è un sensore che recepisce l’informazione

relativa a un determinato fattore nell’ambiente ester-no o interno e invia un segnale al sistema regolatore.

2. Il centro di regolazione analizza le informazioni ri-cevute, confrontandole con il valore di riferimento da mantenere; se riscontra un’alterazione invia un comando all’effettore.

3. L’effettore agisce modificando l’ambiente interno in base alle richieste del centro di regolazione.

Per esemplificare, immagina di essere alla guida di un’automobile su una strada con un limite di velocità (Figura 13); tu (il centro di regolazione) controlli la velo-cità della tua auto con l’acceleratore e i freni (gli effettori), ma quando usi l’acceleratore e i freni per regolarla devi sapere qual è la tua velocità e qual è il limite. Il limite di

11

Omeòstasi deriva dal greco homos, «uguale», e stasis, «stare fermi». Si riferisce alla capacità di mantenere costante l’ambiente interno, anche al variare di quello esterno.

L’OMEOSTASI: LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO

LEZIONE 3

mantenere

l’equilibrio

fisico-chimico

interno 10

regolare la

temperatura

corporea 12

termostato basato

su un meccanismo

a feedback 13

un meccanismo che

comprende un recettore,

un centro di regolazione

e un effettore 11

consente di

grazie a un

è controllata da

L’omeostasi

Page 66: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C17

+12,3¡C 8,3L 23:25

73.525 km

Trip A 435 km

200

120

Figura 13 Controllo, regolazione e feedback

Gli organismi viventi utilizzano le informazioni e i meccanismi di controllo per mantenere l’omeostasi, proprio come un guidatore li adopera per regolare la velocità di un’automobile.

2. ... e il tachimetro

fornisce il feedback

negativo. La

differenza tra i due è

un segnale di errore.

1. Il limite

di velocità

mostrato

dal cartello

è il valore di

riferimento...

4. Il guidatore

agisce come un

sistema regolatore,

servendosi delle

informazioni di

feedback per

controllare i freni e

l’acceleratore.

3. Il feedback

positivo – vedere

l’ostacolo – modifica

il valore di riferimento

e induce a rallentare.

velocità è il valore di riferimento, e la lettura del tachi-

metro è l’informazione del recettore. Quando il valore di

riferimento e l’informazione del recettore vengono con-

frontati, ogni differenza è un segnale di errore. I segnali

di errore suggeriscono azioni correttive, che tu compi

attraverso l’acceleratore o il freno.

Nei sistemi biologici l’effettore non si limita a realiz-

zare la risposta, ma ogni volta invia un segnale di ritorno

al centro di controllo. Tale processo, chiamato retroazio-

ne o feedback, influenza a sua volta l’attività del sistema

regolatore, inibendola (feedback negativo) o potenzian-

dola (feedback positivo). Il meccanismo del feedback è

essenziale per definire la durata e l’entità della risposta. Il

feedback negativo è il meccanismo biologico più frequen-

te; la parola «negativo» indica che queste informazioni

spingono gli effettori a ridurre o invertire il processo che

ha generato il segnale di ritorno. Il feedback negativo

nei sistemi fisiologici tende a far tornare una variabile

interna al valore di riferimento, da cui essa ha deviato.

In alcuni sistemi fisiologici si rilevano anche feedback po-

sitivi. Un feedback positivo amplifica una risposta. Esempi

di feedback positivi sono le risposte che vuotano le cavità

del corpo, come la minzione, la defecazione, lo starnuto

e il vomito, oppure il comportamento sessuale, in cui

una piccola stimolazione causa ulteriore stimolazione

e così via. Le risposte di feedback positivo, inoltre, ten-

dono a raggiungere un limite e terminano rapidamente.

Il processo del parto ne costituisce un buon esempio: le

contrazioni dell’utero, attraverso il rilascio di un ormone

chiamato ossitocina, allargano il canale del parto e tale

dilatazione stimola altre contrazioni ancora più forti fino

a quando il bambino nasce, poi cessano di colpo.

Questi princìpi di controllo e di regolazione ci aiutano

a capire come funziona un sistema e com’è regolato.

RICORDA Il controllo dell’omeostasi avviene grazie

a un sistema che comprende sempre: un recettore, un

centro di regolazione e un effettore.

Il termine

feedback in

inglese significa

«rifornire

all’indietro», nel

senso di «reazione»

a un qualche tipo di

stimolo biologico.

Page 67: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

riflessa

C18

La regolazione della temperatura corporea

Gli esseri umani, come i mammiferi e gli uccelli, sono endotermi: possono regolare la loro temperatura corpo-rea in modo da mantenerla abbastanza costante, indi-pendentemente dalle variazioni ambientali. In genere, la temperatura interna del nostro corpo oscilla in un inter-vallo compreso tra 35,5 e 37,5 °C; le nostre cellule, infatti, possono sopportare solo cambiamenti minimi rispetto a tali valori. Per rimanere entro questi limiti nonostante le condizioni ambientali, gli animali hanno sviluppato adattamenti termoregolatori che garantiscono loro una certa tolleranza alle condizioni estreme o controllano la temperatura corporea a dispetto delle condizioni ambien-tali. Quando un ambiente cambia rapidamente, come po-trebbe succedere con l’attuale riscaldamento globale, gli animali, essere umano compreso, potrebbero ritrovarsi in condizioni che superano la loro tolleranza termica.

Nell’ambiente esterno, invece, la temperatura varia in un intervallo molto più ampio; per questo motivo il no-stro corpo deve continuamente adattarsi a ciò che accade all’esterno, evitando la naturale dispersione del calore se l’ambiente è troppo freddo, o il surriscaldamento quando fa troppo caldo. Ricordiamo che esistono quattro possi-

12 bili vie per lo scambio di calore tra il corpo e l’ambiente (Figura 14).1. Irraggiamento: questa modalità di trasferimento del

calore si verifica da oggetti più caldi a oggetti più fred-di attraverso lo scambio di radiazione infrarossa; è ciò che senti quando stai vicino a un caminetto acceso.

2. Conduzione: mettendo a contatto due oggetti a dif-ferenti temperature si verifica la conduzione; pensa a quando ti metti un impacco di ghiaccio su una ca-viglia slogata.

3. Convezione: i trasferimenti di calore per convezione sono tipici dei fluidi e avvengono grazie agli sposta-menti delle particelle; ne sono un esempio le correnti d’aria o d’acqua.

4. Evaporazione: questo tipo di scambio termico si ve-rifica quando l’acqua evapora da una superficie, sot-traendole calore; è l’effetto del sudore.

Gli organismi endotermi regolano la temperatura corpo-rea sia agendo sulle modalità di scambio sia regolando la produzione interna di calore, che varia in relazione alla velocità del metabolismo cellulare. Le strategie adottate sono diverse in relazione alle variazioni di temperatura.• Quando la variazione della temperatura corporea non

è eccessiva, è sufficiente modificare il flusso di sangue

Radiazione solare

Radiazione

diretta

Radiazione

diretta

RadiazioneRadiazione

riflessa

Vento

Radiazione

diffusa

Figura 14 Le strategie per scambiare calore con l’ambiente

La temperatura corporea è determinata dal bilanciamento tra la produzione interna di calore e lo scambio di calore con l’ambiente.

La conduzione è il trasferimento diretto di calore che avviene quando oggetti di diverse temperature vengono a contatto.

L’irraggiamento è lo scambio di calore tra gli oggetti e l’aria. Gli oggetti più caldi cedono calore a quelli più freddi.

L’evaporazione di acqua dalla superficie corporea o dalle vie respiratorie rinfresca il corpo.

Il calore viene perso per convezione quando un flusso d’aria (il vento) è più fresco della temperatura superficiale del corpo.

Page 68: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C19

specifiche. Per esempio, la temperatura corporea viene mantenuta più elevata durante la veglia che durante il sonno.

La febbre, per esempio, è un aumento della tempe-ratura corporea che il nostro corpo genera in risposta a sostanze chiamate pirogeni che possono essere esogeni, cioè batteri o virus che invadono il corpo dall’esterno, oppure endogeni, prodotti dal sistema immunitario in risposta a un’infezione. La presenza nell’organismo di un pirogeno provoca un aumento del valore «impostato» dall’ipotalamo per la produzione del calore metabolico, poiché questo innalzamento di temperatura, la febbre appunto, accelera le reazioni di risposta all’infezione (per esempio, aumenta l’afflusso di globuli bianchi).

RICORDA La termoregolazione agisce attraverso

un sistema regolatore che può essere paragonato a

un termostato. Il centro di integrazione del nostro

organismo è l’ipotalamo.

diretto verso la cute, aumentandolo (in questo caso il corpo si raffredda) o riducendolo (per trattenere calore).

• Quando la temperatura interna si abbassa in modo considerevole, la produzione di calore cresce acce-lerando la velocità del metabolismo cellulare e au-mentando l’attività muscolare. Un esempio sono i brividi, contrazioni dei muscoli che usano l’energia contenuta nell’ATP per produrre calore.

• Quando, invece, la temperatura sale, il corpo aumen-ta la dispersione del calore sudando. La sudorazione comporta la dispersione sulla superficie corporea di acqua che evapora. Si tratta di un meccanismo mol-to efficace, perché l’evaporazione dell’acqua richiede una notevole quantità di calore: 1 g d’acqua, quando evapora, assorbe 2272 J (Joule), pari a circa 543 calo-rie. Se questa evaporazione si verifica sulla superficie cutanea, come nella sudorazione, la maggior parte del calore disperso proviene dalla cute e dal sangue sot-tostante.

RICORDA La regolazione della temperatura

corporea in un animale endotermo è un esempio di

come agisce l’omeostasi.

Il termostato dei vertebrati

I meccanismi di termoregolazione e gli adattamenti che abbiamo descritto funzionano attraverso un sistema re-golatore che integra informazioni provenienti dall’am-biente e dall’organismo e invia comandi che regolano la temperatura corporea. Questo sistema regolatore, che si basa su un meccanismo a feedback, può essere conside-rato come un termostato.

Dove si trova il termostato dei vertebrati? Il suo centro integrativo principale è situato alla base del cervello, in una struttura chiamata ipotalamo.

L’ipotalamo registra le variazioni di temperatura gra-zie a un sistema di recettori: quando la temperatura su-pera (o scende al di sotto) il valore «impostato», attiva le risposte opportune per invertire la variazione (Figura 15). L’ipotalamo può integrare diverse altre fonti di informa-zione e può modificare tale valore in relazione a esigenze

13

Sistema regolatore (ipotalamo)

Sistemi controllati

Encefalo

Feedback

Temperatura corporea inferiore al valore di riferimento

Temperaturacorporea

superioreal valore

di riferimento

Produzione di caloreVasocostrizione Contrazione dei muscoli scheletriciTermogenesi da brividi o senza brividi

Perdita di caloreVasodilatazioneRilasciamento dei muscoli scheletriciAffanno, sudorazione

Figura 15 L’ipotalamo funziona come un termostato

Al pari del termostato di una casa, l’ipotalamo è il sistema regolatore che controlla i meccanismi di riscaldamento e di raffreddamento del corpo.

L’ipotalamo integra le informazioni sulla temperatura corporea, stabilisce valori di riferimento e regola il controllo termico.

1. Che cosa si intende con «omeostasi»?2. Tra i meccanismi biologici di regolazione,

qual è il più frequente? A che cosa serve?3. Nei vertebrati qual è l’organo che svolge

funzioni da «termostato»?

1. La febbre rallenta / accelera le reazioni di risposta all’infezione.

2. Le contrazioni dei muscoli che usano l’energia dell’ATP per produrre calore si chiamano brividi / giunzioni muscolari.

Immagina di dover coordinare la regolazione della tua temperatura. Scrivi una serie di comandi schematici per guidare tutte le strutture coinvolte. I comandi possono essere messi in forma grafica (diagramma di flusso).

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 69: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C20

La capacità rigenerativa dei tessuti

Non tutti i tessuti conservano una buona capacità ri-generativa. Alcuni tessuti, come il sangue e gli epiteli, sottoposti a forte usura, si rigenerano continuamente; l’epitelio del tratto digerente viene rinnovato all’incirca ogni cinque giorni, lo strato superficiale della cute ogni due settimane e le cellule del sangue ogni quattro mesi. Altri tessuti, come quello del fegato, si mantengono sta-bili e sembrano rigenerarsi con molta lentezza (il fegato si rinnova in circa 1-2 anni), ma dimostrano una straor-dinaria capacità rigenerativa quando vengono danneg-giati. Alcuni tessuti, come il tessuto nervoso e il tessuto muscolare cardiaco, perdono quasi del tutto la capacità rigenerativa già poco tempo dopo la nascita e non sono in grado di rinnovarsi quando subiscono un danno. La capacità rigenerativa dei tessuti dipende da due fattori diversi:1. la presenza nel tessuto di cellule indifferenziate, chia-

mate cellule staminali (Video 16);2. la presenza di segnali che stimolano o bloccano la

divisione per mitosi e il differenziamento delle sta-minali.

RICORDA Le cellule che muoiono possono essere

sostituite grazie alla rigenerazione dei tessuti. La

capacità di rigenerarsi varia a seconda del tipo di

tessuto, e richiede la presenza di cellule staminali.

14

Video 16

Le cellule staminali

Le cellule staminali hanno potenzialità diverse

Le cellule staminali sono i precursori di tutte le cellule che compongono gli organi di un individuo. Entrano in gioco principalmente in due occasioni: durante lo sviluppo e l’accrescimento, producono le cellule che costituiranno l’individuo adulto; quando le cellule dei tessuti sono danneggiate o usurate, producono le cellule di sostituzione.

Tutte le cellule staminali hanno le seguenti caratte-ristiche:• non svolgono un’attività specifica all’interno dell’or-

ganismo, se non quella di costituire una riserva di «cellule di ricambio»;

• sono in grado di riprodursi molte volte dando origine a cellule identiche a sé stesse;

• in presenza di appositi stimoli, si trasformano in cel-lule con funzioni specifiche (come cellule del musco-lo o del cervello).

Le cellule staminali vengono classificate in quattro grup-pi principali, in base alle loro caratteristiche.1. Staminali unipotenti, che possono dare origine a

un solo tipo di cellula. Per esempio, nel midollo osseo esistono cellule staminali che sono in grado di dare origine solo ai globuli rossi e non ai globuli bianchi.

2. Staminali multipotenti, che possono dare origine ad alcuni tipi di cellule. Sempre nel midollo osseo, esisto-no delle cellule staminali da cui si originano più tipi di staminali unipotenti. Un esempio sono le cellule ematopoietiche che possono svilupparsi nei diversi tipi di cellule del sangue.

3. Staminali pluripotenti, che originano molti tipi di cellule, per esempio le cellule embrionali del feto e del cordone ombelicale (vedi foto nella Figura 17).

4. Staminali totipotenti, che danno origine a tutte le possibili cellule di un organismo.

Secondo studi recenti, solo le cellule dei primissimi stadi della vita embrionale sono totipotenti, possono cioè ge-nerare un nuovo embrione e tutti gli annessi embrionali come la placenta.

A mano a mano che lo sviluppo embrionale procede, le cellule si modificano: prima perdono la capacità di ge-nerare gli annessi embrionali (cellule pluripotenti), poi si specializzano e diventano multipotenti. In vari tessuti dell’adulto perdurano cellule staminali multipotenti e unipotenti.

RICORDA Particolari cellule indifferenziate, dette

staminali, sono i precursori di tutte le cellule

dell’organismo e permettono la rigenerazione dei

tessuti.

15

Staminalederiva da stame, l’organo riproduttore maschile dei fiori.

LA RIGENERAZIONE TISSUTALE E LE CELLULE STAMINALI

LEZIONE 4

diverse

potenzialità 15

anche negli

adulti 16

consentono hanno

la rigenerazione

dei tessuti 14

Le cellule staminali

Page 70: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C21

Cellule del

tessuto osseo

Cellule del

tessuto muscolare

Cellule del

tessuto nervoso

Massa

cellulare

interna

Figura 17 Due procedure per ottenere cellule staminali pluripotenti in laboratorio

È possibile ottenere cellule staminali pluripotenti da embrioni umani, oppure inserendo in cellule dell’epidermide geni attivamente espressi in modo da trasformarle in cellule staminali.

5. Le cellule si trasformano in una massa di cellule pluripotenti.

6. Le cellule vengono indotte a differenziarsi in cellule specializzate e sono trapiantate nel paziente.

2a. La massa cellulare interna viene liberata dal resto dell’embrione. Si aggiungono composti chimici che disaggregano in gruppi più piccoli le cellule della massa interna.

3. Si aggiunge alla coltura un vettore con vari geni.

Le cellule

staminali

embrionali

pluripotenti hanno la capacità di dare origine a più tipi di cellule.

4. Si selezionano le cellule che hanno assunto il vettore.

2b. Le cellule vengono messe in coltura in laboratorio.

1b. Si prelevano dal paziente delle cellule epidermiche.

1a. L’embrione precoce, o blastocisti, è coltivato in un mezzo nutriente.

1a

2a

2b

1b

3

5

4

6

Le staminali adulte

Nell’adulto, le staminali si dividono producendo altre cel-lule che si differenziano per sostituire le cellule morte e mantenere l’integrità dei tessuti. La potenzialità rigene-rativa del tessuto dipende innanzitutto dal numero di cellule staminali presenti. Nei tessuti che si rinnovano continuamente, il numero di staminali è molto elevato, ma sembra che alcune siano presenti anche nel sistema nervoso e nel muscolo cardiaco.

Inoltre, la proliferazione e il differenziamento delle cellule staminali multipotenti e unipotenti (nell’adulto e nell’embrione) avvengono «a richiesta», cioè in risposta a specifici segnali come i fattori di crescita (in inglese growth

factor) o gli ormoni. I fattori di crescita sono molecole se-gnale impiegate nella comunicazione cellulare. Durante la vita embrionale anche le cellule vicine influiscono sul differenziamento delle cellule staminali.

Identificare i meccanismi che inducono una cellula staminale a riprodursi è un punto chiave delle ricerche

16 sulla rigenerazione e sull’invecchiamento cellulare. Capi-re come indurre la proliferazione di staminali ha aperto nuovi scenari anche per i trapianti. Un altro filone di ricerca riguarda la possibilità di «azzerare» la specializ-zazione delle staminali adulte lasciando invariato il loro potenziale riproduttivo, allo scopo di generare stamina-li di tessuti diversi. Questa trasformazione si chiama transdifferenziazione. Studi recenti hanno dimostrato che in alcuni animali le cellule staminali multipotenti sono dotate di una certa plasticità e possono andare incontro a transdifferenziazione. Altre ricerche, poi, hanno mo-strato che le cellule dell’epidermide possono essere «al-terate» e diventare pluripotenti; queste cellule vengono indotte a differenziarsi in molti tessuti. I ricercatori le hanno chiamate cellule iPSC (cellule staminali pluripotenti

indotte).

RICORDA La potenzialità rigenerativa dei tessuti

dipende dal numero di cellule staminali adulte

presenti e da specifici segnali.

Fattore di crescita è un termine che si riferisce a proteine capaci di stimolare la proliferazione e il differenziamento cellulare.

Da che cosa dipende la capacità rigenerativa di un tessuto?

Le cellule pluripotenti / multipotenti possono originare solo alcuni tipi di cellule.

Cerca informazioni in Rete sulle cellule iPSC e scrivi un testo sulle possibili applicazioni.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 71: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C22

Le radiazioni UV devono essere schermate

Grazie a un numero sempre in crescita di dati e speri-mentazioni, oggi, è diffusa una maggiore consapevolezza riguardo agli effetti nocivi dei fattori ambientali sulla cute. Fattori come il fumo di sigaretta, le radiazioni ul-traviolette (UV), lo smog e l’inquinamento industriale hanno effetti negativi sulle cellule della cute, portano a invecchiamento precoce e talora anche a sviluppare tumori della pelle.

L’eccessiva esposizione ai raggi UV è uno dei prin-cipali fattori di rischio per lo sviluppo dei tumori della pelle (come i carcinomi e il melanoma), associato alla predisposizione familiare, alla carnagione dell’individuo e alla presenza di nei e lentiggini (Video 18). Il melanoma è la forma più pericolosa dei tumori della pelle, perché rispetto ad altri tumori cutanei dà luogo con maggiore frequenza a metàstasi, cioè la diffusione del tumore ad altre parti del corpo.

Esiste un collegamento tra l’esposizione ai raggi UV e lo sviluppo di alterazioni nel DNA delle cellule della cu-te. Queste alterazioni, se non vengono riparate, possono impedire la normale replicazione del DNA e portare alla comparsa di ulteriori mutazioni che causano il cancro. Le cellule, normalmente, sono dotate di meccanismi che riparano i danni al DNA, ma nelle cellule danneggiate

17

Video18

Gli effetti dei raggi UV e

l’abbronzatura

risulta depotenziato l’intero set di enzimi che provvede a riparare le mutazioni. Inoltre, alcune di queste mole-cole preposte alla correzione dei danni al DNA risultano «spente» anche nei processi di invecchiamento cellulare.

D’altro canto, la luce solare è necessaria per garan-tire all’organismo un’adeguata produzione di vitamina

D, quindi non è necessario evitare di esporsi al Sole, ma occorre farlo rispettando alcuni semplici accorgimenti:1. non esporsi nelle ore più calde della giornata, tra le

11:00 e le 16:00, quando l’irraggiamento e l’intensità dei raggi UVB, responsabili delle ustioni, sono mas-simi;

2. nei primi giorni di esposizione, soprattutto se si ha la pelle chiara (e capelli biondi o rossi), usare una crema ad alta protezione (tra i 30 e i 50 SPF, dall’inglese Sun

Protection Factor); solo dopo qualche giorno si può pas-sare a una protezione media (15 e 20 SPF);

3. spalmare la crema sempre almeno 15 minuti prima di esporsi al Sole e rinnovare l’applicazione molto spesso durante la giornata (Figura 19);

4. non utilizzare creme solari scadute perché i filtri so-lari sono soggetti a degradazione, e acquistare solo prodotti testati per la fotosensibilità (per legge deve essere indicato in etichetta).

Figura 19 Prevenire proteggendosi dai raggi solari

Le ustioni dovute ai raggi solari sono molto pericolose e, a lungo andare, possono portare allo sviluppo di tumori della cute.

radiazioni

ultraviolette 17

inquinamento 18

può essere danneggiato da

L’apparato

tegumentario

LEZIONE

I FATTORI CHE DANNEGGIANO LA NOSTRA CUTE

5SALUTE

Page 72: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | L’architettura del corpo umano | C23

L’incidenza dei tumori della cute è largamente sottosti-mata, ma ogni anno nel mondo si registrano 2-3 milioni di casi di tumore cutaneo diverso dal melanoma e 130 mila casi di melanoma maligno. In Italia negli ultimi 10 anni il carcinoma cutaneo è cresciuto del 10% e ogni anno si registrano circa 95 nuovi casi ogni centomila abitanti. Anche l’incidenza del melanoma, che fino a qualche anno fa era considerato un tumore raro, conti-nua ad aumentare con una crescita del 4% ogni anno, e oggi è al dodicesimo posto tra tutte le forme di cancro. Attualmente, in Italia si registrano 6-9 casi di melanoma ogni centomila abitanti.

RICORDA I raggi UV sono responsabili di molti

tumori della cute, ma bastano semplici regole per

prevenire i danni causati dall’esposizione solare.

L’inquinamento accelera l’invecchiamento della cute

Studi recenti hanno dimostrato che l’inquinamento at-mosferico è un grande nemico della salute della nostra pelle, in particolare accelera l’invecchiamento cutaneo (Figura 20), la disidratazione e anche l’insorgenza di mac-chie sulla pelle e rughe. L’invecchiamento della pelle por-ta a una progressiva perdita di idratazione e di elasticità: il collagene e l’elastina sono degradati e quindi l’epitelio perde la sua integrità strutturale.

Tutte le svariate sostanze inquinanti creano degli ef-fetti deleteri sulla cute:• l’ozono (O3) e gli ossidi di azoto provocano infiam-

mazioni che rendono la pelle fragile, irritata ed estre-mamente reattiva;

• il monossido di carbonio (CO) porta a ipossia dei tes-suti, cioè a un carente apporto di ossigeno. Inoltre, rallenta il metabolismo della cute, con conseguente perdita di integrità delle cellule;

• il biossido di zolfo, meglio conosciuto come anidride solforosa (SO2), è uno dei più potenti gas inquinanti e danneggia lo strato fosfolipidico delle membrane cellulari dei cheratinociti (le cellule della cute);

• il particolato atmosferico, le polveri fini e i pulvi-

scoli sospesi in aria sotto forma di aerosol atmosferico possono provocare irritazioni e allergie.

18

Figura 20 La pelle invecchia perdendo la sua struttura

L’invecchiamento cutaneo è un processo accelerato dagli inquinanti atmosferici che agiscono minando l’integrità del tessuto.

Secondo uno studio statunitense, la combinazione di smog e agenti inquinanti con la continua radiazione so-lare favorirebbe un aumento fino al 20% dell’insorgenza di macchie sulla pelle (o lentiggini) e delle rughe. Nella ricerca sono stati confrontati due gruppi di donne cau-casiche: un gruppo aveva trascorso gli ultimi 24 anni in città e l’altro in campagna. I dati raccolti hanno eviden-ziato che le donne vissute in campagna, quindi meno esposte agli inquinanti atmosferici, avevano meno rughe e meno macchie sulla pelle del viso.

Un altro studio prendeva in considerazione l’effetto delle particelle del particolato (PM) sull’invecchiamento cutaneo. Gli esperimenti in vitro, effettuati su fibroblasti in coltura prima e dopo l’esposizione a determinate quan-tità di PM, hanno mostrato la presenza di queste sostanze nel citoplasma delle cellule esposte, e un aumento signi-ficativo dei processi di autofagia. In conclusione, quindi, gli inquinanti possono attivare i processi di autofagia, influenzando l’invecchiamento della cute.

RICORDA Gli inquinanti atmosferici hanno effetti

negativi sulla cute in relazione con i processi di

invecchiamento cellulare.

Autofagia è un termine greco che significa «mangiare se stesso»; in biologia indica il processo attraverso cui la cellula elimina componenti cellulari danneggiati, digerendoli enzimaticamente, in risposta a uno stress interno o esterno.

1. Perché il melanoma è così pericoloso?2. Perché la radiazione solare, anche se

pericolosa, è comunque necessaria per l’organismo?

3. Che rapporto c’è tra cute e inquinamento?

1. Il monossido di carbonio / biossido di

zolfo porta a ipossia dei tessuti, cioè a un carente apporto di ossigeno.

2. Quando la pelle invecchia collagene eelastina / actina sono degradati.

L’utilizzo della crema solare è una buona abitudine ma spesso poco diffusa, soprattutto tra i giovani. Perché? Annota quali potrebbero essere le ragioni che spingono a non usarla e progetta una campagna di sensibilizzazione.

Ora tocca a teRispondi Scegli le parole

Page 73: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C24

ESERCIZI

CAPITOLO

C

1Costruisci la tua MAPPA INTERATTIVA

ONLINEMettiti alla prova con 20 esercizi interattivi

1. Completa la mappa inserendo i termini mancanti.

specializzato / liscio / sensoriale / muscolare / neuroni / connettivo / epiteliale / sistemi / omeostasi / di rivestimento / nervoso / organi

che formano

che sono

quattro tipi di

tessuti

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

striato

apparati

cardiaco

suddiviso in

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ghiandolare

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

suddiviso in

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

cellule gliali

formato da

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

propriamente detto

suddiviso in

IL CORPO UMANO può attraverso l’regolare l’ambiente

interno

è costituito da

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

che costituiscono

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2. Dai una definizione per ciascuno dei seguenti termini associati.

tessuti:

sistemi:

apparati:

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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È un insieme di organi con origine embrionale diversa, che cooperano per svolgere le stesse funzioni.

connettivo denso:

connettivo lasso:

Predominano le fibre costituite di collagene, che formano una struttura compatta e resistente.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

membrana mucosa:

membrana sierosa:

Riveste le cavità che comunicano con l’esterno.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

epidermide:

derma:

È un epitelio squamoso stratificato che ricopre il nostro corpo e che si rinnova continuamente.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

recettore:

effettore:

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Agisce modificando l’ambiente interno in base alle richieste del centro di regolazione.

conduzione:

convezione:

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Avviene tipicamente nei fluidi, grazie agli spostamenti delle particelle.

staminali unipotenti:

staminali multipotenti:

staminali pluripotenti:

staminali totipotenti:

Possono dare origine a un solo tipo di cellula.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Possono dare origine a tutte le possibili cellule di un organismo.

Ripassa i concetti

Definisci i termini

Page 74: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | Esercizi di fine capitolo | C25

3. La diversità di forma e funzione dei

tessuti del corpo è dovuta a

A espressione differenziata dei geni.

B anomalie cromosomiche.

C mutazioni nelle proteine.

D effetti dell’ambiente sul fenotipo.

4. I tessuti epiteliali possiedono

A cellule eccitabili.

B cellule gliali.

C giunzioni cellulari.

D numerosi adipociti.

5. Una ghiandola è endocrina se

A riversa il suo contenuto nella circolazione sanguigna.

B ha un dotto escretore.

C riversa all’esterno il suo contenuto.

D fa parte delle ghiandole salivari.

6. Quale tra le seguenti non è una

caratteristica delle fibre muscolari?

A sono specializzate nella ricezione degli stimoli.

B derivano dalla fusione dei mioblasti.

C possiedono molti nuclei.

D sono stimolate ognuna da una fibra nervosa.

7. Fornisci la corretta definizione di

sostanza fondamentale.

A soluzione gelatinosa in cui sono immerse le fibre della matrice extracellulare del tessuto connettivo.

B sostanza caratterizzata da fibre di collagene resistenti alla trazione.

C sostanza di cui si nutre il sistema nervoso umano.

D sostanza che riveste i denti.

8. Come definiresti il sangue?

A un tessuto connettivo fluido.

B una matrice extracellulare.

C un tessuto epiteliale liquido.

D un liquido interstiziale.

9. Come definiresti la sinapsi?

A il contatto tra due assoni.

B il corpo cellulare di un neurone.

C una vescicola piena di neurotrasmettitori.

D una zona tra l’assone di un neurone e la cellula che contatta.

10. Da quali proteine contrattili è formato il

tessuto muscolare?

A actina e miosina.

B osseina e dentina.

C collagene ed elastina.

D è privo di proteine contrattili.

11. Quali tra le seguenti caratteristiche

appartiene al sistema endocrino?

A è composto da ghiandole che producono gli ormoni.

B è formato dall’encefalo, dal midollo spinale, dai nervi e dagli organi di senso.

C è formato da ossa, legamenti e cartilagini.

D è fondamentale per la sopravvivenza della specie.

12. Dove si trova il tessuto sottocutaneo?

A nella cute.

B nei bronchi.

C tra le ossa e i muscoli.

D nel sangue.

13. Fornisci la definizione corretta di

omeostasi.

A la capacità dell’organismo di mantenere condizioni relativamente stabili nell’ambiente interno.

B la capacità dell’organismo di mantenere un adeguato apporto calorico.

C il processo grazie al quale gli organismi evolvono.

D caratteristica degli organismi omeotermi.

14. Il centro di regolazione dell’organismo è:

A l’ipotalamo.

B il centro di controllo del respiro.

C inesistente.

D situato nel cervelletto.

15. Le cellule del cordone ombelicale sono

A staminali pluripotenti.

B staminali unipotenti.

C staminali totipotenti.

D staminali multipotenti.

16. In che ora della giornata è meglio non

esporsi al Sole?

A tra le 07 e le 10.

B mai, fa sempre bene.

C intorno alle 19.00.

D tra le 11 e le 16

17. A grouping of similar cells that

perform a specific function is called a

A sarcoma.

B membrane.

C tissue.

D none of these are correct.

18. Which tissue is more apt to line a

space?

A epithelial tissue.

B connective tissue.

C muscular tissue.

D nervous tissue.

19. Quale delle seguenti affermazioni

riferite alle cellule epiteliali è corretta?

A costituiscono lo strato superficiale delle mucose.

B sono immerse in abbondante matrice extracellulare.

C sono distribuite sempre in singolo strato.

D sono distribuite sempre a formare più strati.

E rivestono gli assoni dei neuroni formando una guaina mielinica.

[dalla prova di ammissione

a Medicina e Chirurgia, anno 2019]

Verifica le tue conoscenze

Page 75: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C26

20. Sottolinea l’alternativa corretta.

a) Le cellule epiteliali sono connesse attraverso giunzioni occludenti

/ comunicanti e gli spazi tra esse sono ricchi / privi di materiale

extracellulare.

b) Il tessuto epiteliale poggia su una membrana / lamina basale

costituita da proteine e lipidi / carboidrati.

c) Tutti gli epiteli sono privi di terminazioni nervose / vasi sanguigni

e si rinnovano rapidamente / lentamente.

21. Leggi e completa il testo scegliendo tra i seguenti termini.

l’epidermide / la mucosa / esterna / interna / interne / rivestimento /

stratificato / semplice / sensoriale / ghiandolare

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , l’epitelio di rivestimento che protegge la superficie

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . del nostro corpo è un epitelio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . mentre

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . che ricopre le cavità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . comunicanti con

l’esterno, è un epitelio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

22. Leggi e completa le seguenti affermazioni relative alle ghiandole.

a) Le ghiandole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , come quelle salivari e

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , possiedono un . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . che riversa

all’esterno la sostanza che viene secreta.

b) Le ghiandole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . liberano le sostanze che producono,

dette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , direttamente nel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

c) Le ghiandole endocrine possono essere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . o

raggruppate in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di cellule endocrine.

d) Le ghiandole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . sono costituite da un particolare

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . chiamato epitelio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

23. Leggi e completa il seguente testo sul tessuto connettivo.

Il tessuto connettivo è costituito da cellule immerse in una

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . extracellulare, costituita da una sostanza

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . e da fibre proteiche come il . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , la fibra più

abbondante, e l’. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . presente nei tessuti che si allungano

regolarmente come polmoni e le grandi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

24. Associa ciascuna caratteristica al tessuto a cui appartiene.

a. Comprende le cellule gliali.b. Può essere ghiandolare.c. Può essere lasso.d. Può essere liscio.

1. Tessuto connettivo2. Tessuto epiteliale3. Tessuto muscolare4. Tessuto nervoso

a b c d

25. Nelle seguenti affermazioni trova i termini errati e sostituiscili

con quelli corretti.

a) Il tessuto muscolare è formato da cellule allungate che si

contraggono e generano il movimento. La contrazione è dovuta

allo scorrimento di filamenti costituiti da cheratina e miosina

presenti nella cellula. Esistono tre tipologie di tessuto muscolare:

il tessuto scheletrico striato, il tessuto muscolare liscio e il tessuto

muscolare cardiaco.

b) Il tessuto scheletrico striato è responsabile di tutti i movimenti

volontari e di alcuni involontari come la digestione. È costituito da

cellule grandi, mononucleate e striate per la presenza di bande

alternate.

c) Il tessuto muscolare liscio costituisce la muscolatura involontaria

presente nella parete degli organi interni cavi e nel rivestimento dei

vasi sanguigni. È costituito da cellule affusolate e mononucleate

che contengono le proteine contrattili disposte in modo regolare.

d) Il tessuto muscolare cardiaco è presente soltanto nel cuore. La sua

contrazione è involontaria. Le cellule sono piccole e appaiono lisce

e polinucleate. Le cellule pacemaker sono delle speciali cellule del

tessuto cardiaco che generano il segnale chimico che dà origine al

battito cardiaco.

Termini errati Termini corretti

26. Associa ogni funzione alle cellule che la svolgono.

Funzione Tipo cellulare

a. Generano e trasmettono gli impulsi nervosi.

b. Producono matrice cellulare nelle ossa.c. Producono la matrice extracellulare

della cartilagine.d. Forniscono i nutrienti alle cellule

nervose.e. Riassorbono l’osso.f. Trasportano l’ossigeno nel sangue.

1. Cellule gliali2. Condrociti3. Osteoclasti4. Eritrociti5. Neuroni6. Osteoblasti

a b c d e f

27. Descrivi la struttura dell’epidermide al massimo in dieci righe.

Verifica le tue abilità

Page 76: LA BIOLOGIA 1 È LA SCIENZA DELLA VITA

C1 | Esercizi di fine capitolo | C27

IPOTIZZA

28. La sudorazione è un meccanismo attuato dall’organismo per

regolare la temperatura corporea attraverso la perdita di liquidi

e la conseguente dispersione di calore. Ma la quantità di sudore

che si produce è in relazione alla quantità di liquidi che si assume?

In altri termini, se beviamo di più, sudiamo di più? Cerca in Rete

informazioni che ti consentano di rispondere a questa domanda

e confronta i meccanismi e le funzioni della produzione di sudore

con quelli della produzione di urina.

RICERCA

29. Nel 2012, il medico giapponese Shinya Yamanaka ha ricevuto il

premio Nobel per le sue ricerche sulla riprogrammazione delle

cellule somatiche adulte in cellule staminali pluripotenti indotte

(iPSC). Aiutandoti con lo schema riportato qui sotto, cerca in Rete

in che cosa consisteva il lavoro di ricerca per cui è stato premiato

e perché risultava così innovativo.

DIFFERENZIAMENTORIPROGRAMMAZIONE

DI YAMANAKA

cellula staminale

cellula adulta

Allena le tue competenze

Ciao, come stai?

ANALIZZA LA NOTIZIA

30. Guarda il video in apertura di capitolo e scegli il termine corretto.

Secondo un’indagine del Ministero della Salute / Dipartimento delle

politiche giovanili una percentuale del 89,4 / 92 % delle adolescenti

gode di buona salute. Eppure queste adolescenti soffrono di

nervosismo e irritabilità / insonnia. Come fascia d’età, assume farmaci

il 64,3 % dei giovani di 13 / 15 anni.

CERCA ALTRE FONTI

31. A marzo 2019 la rivista The Lancet ha pubblicato i risultati di

un’indagine sullo stato di salute degli adolescenti nel mondo. Lo

studio ha confrontato lo stato di salute dei ragazzi che nel 1990

erano adolescenti con quelli che lo erano nel 2016.

Scrivi un testo di 1000 battute per rispondere a queste domande.

• Quali sono le differenze?

• Quali condizioni sono in aumento e quali in calo?

• Per esempio, c’erano più giovani obesi nel 1990 o nel 2016?

• E fumavano più ragazzi nel 1990 o nel 2016?

FAI UN PASSO IN PIÙ

32. Nel mondo ci sono un miliardo di giovani tra i 10 e i 19 anni. La

loro condizione è però molto diversa a seconda della zona di

provenienza o delle condizioni economiche in cui si trovano.

All’interno della classe, formate dei gruppi di 3 persone. Ogni

gruppo deve scegliere una nazione o una zona del mondo e fare

una ricerca in Rete sulle condizioni medie di vita e di salute degli

adolescenti. In particolare, concentratevi su:

• livello di scolarizzazione;

• malattie più diffuse;

• problemi ambientali e sociali;

• ricchezza media;

• accesso alle tecnologie.

Dopo aver trovato queste informazioni, il gruppo deve realizzare

un cartellone che riassuma queste informazioni. Includete nel

cartellone una cartina e una fotografia.

Mettete insieme i cartelloni di tutti i gruppi per realizzare una

mostra sullo stato di salute degli adolescenti nel mondo.

Dati in agenda

Try it in English!

Watch the video

and answer the questions.

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