la comunione reversiva

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1 La comunione reversiva 1. L’uomo disvelato Il disvelamento dell’uomo non è opera sua, ma è frutto dell’individualizzazione di questo, perché, affinché l’uomo si disveli deve prima liberarsi dalle proprie pulsioni, separandosi dai suoi simili e diventando un’entità singolare. Occorre che il soggetto prenda immaginariamente congedo della comunità d’appartenenza fondandosi come entità singolare,tracciando dei confini identitari,creando tra sé e le proprie determinazioni sociali una distanza e uno spazio di riflessione e di affrancamento al fine di istituire un preteso rapporto diretto,non mediato socialmente,tra sé e la natura,gli oggetti e i beni che lo circondano e di re-istituire contrattualmente con gli altri relazioni astratte di stampo universalistico e razionale. 1.1 Dell’individualizzazione ELIAS = secondo questo autore, la civilizzazione è un processo che può favorire l’individualizzazione dell’uomo, in quanto il soggetto comincia a sentirsi autonomo e diverso rispetto al resto della comunità, ed è per questo che inizia a sentirsi libero e indipendente fondato su se stesso, e separato dagli altri uomini. Il “sociale” in questo contesto però, non sparisce, ma si trasforma il concetto di “stare insieme” nella società/comunità. L’individualizzazione si concretizza nel sentimento di pudore che inibisce gli impulsi umani, senza alcune virtù infatti, come la temperanza, l’uomo si sentirebbe smarrito nel suo gruppo (organismo sociale). ELIAS, dunque, comincia a credere che vi sia un legame tra i cambiamenti strutturali della società e i cambiamenti della psiche dell’uomo, per questo motivo la civilizzazione aiuta l’uomo a migliorarsi. (es. nel medioevo: vi erano dei castelli, piccoli territori indipendenti, ristretti e con relazioni minime; oggi, i domini vengono integrati e ogni persona è parte integrante della funzione sociale). Con tutti questi cambiamenti la struttura psichica dell’uomo non può rimanere intatta, per questo esso deve munirsi di strutture di adattamento, perché l’uomo non riesce a separarsi dalla comunità perché non riesce ad immaginarsi al di fuori di questa, perché isolato non riuscirebbe a sopravvivere. Quella che chiamiamo esternalizzazione delle pulsioni è una forma di coercizione esercitata dal gruppo, in quanto i membri del gruppo sono conosciuti dal soggetto perché questo vive in un orizzonte sociale limitato, fondato sui legami affettivi emergenti dallo stare insieme (rapporti emozionali di amore e odio). Nella confusione emozionale esistono tra soggetto e gruppo, è qui che si perde le titolarità degli affetti, l’individuo non concepisce la differenza tra sé e gli altri e la

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riassunto la comunicazione reversiva

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La comunione reversiva

1. L’uomo disvelato Il disvelamento dell’uomo non è opera sua, ma è frutto dell’individualizzazione di questo, perché, affinché l’uomo si disveli deve prima liberarsi dalle proprie pulsioni, separandosi dai suoi simili e diventando un’entità singolare. Occorre che il soggetto prenda immaginariamente congedo della comunità d’appartenenza fondandosi come entità singolare,tracciando dei confini identitari,creando tra sé e le proprie determinazioni sociali una distanza e uno spazio di riflessione e di affrancamento al fine di istituire un preteso rapporto diretto,non mediato socialmente,tra sé e la natura,gli oggetti e i beni che lo circondano e di re-istituire contrattualmente con gli altri relazioni astratte di stampo universalistico e razionale.

1.1 Dell’individualizzazione ELIAS = secondo questo autore, la civilizzazione è un processo che può favorire l’individualizzazione dell’uomo, in quanto il soggetto comincia a sentirsi autonomo e diverso rispetto al resto della comunità, ed è per questo che inizia a sentirsi libero e indipendente fondato su se stesso, e separato dagli altri uomini. Il “sociale” in questo contesto però, non sparisce, ma si trasforma il concetto di “stare insieme” nella società/comunità. L’individualizzazione si concretizza nel sentimento di pudore che inibisce gli impulsi umani, senza alcune virtù infatti, come la temperanza, l’uomo si sentirebbe smarrito nel suo gruppo (organismo sociale). ELIAS, dunque, comincia a credere che vi sia un legame tra i cambiamenti strutturali della società e i cambiamenti della psiche dell’uomo, per questo motivo la civilizzazione aiuta l’uomo a migliorarsi. (es. nel medioevo: vi erano dei castelli, piccoli territori indipendenti, ristretti e con relazioni minime; oggi, i domini vengono integrati e ogni persona è parte integrante della funzione sociale). Con tutti questi cambiamenti la struttura psichica dell’uomo non può rimanere intatta, per questo esso deve munirsi di strutture di adattamento, perché l’uomo non riesce a separarsi dalla comunità perché non riesce ad immaginarsi al di fuori di questa, perché isolato non riuscirebbe a sopravvivere. Quella che chiamiamo esternalizzazione delle pulsioni è una forma di coercizione esercitata dal gruppo, in quanto i membri del gruppo sono conosciuti dal soggetto perché questo vive in un orizzonte sociale limitato, fondato sui legami affettivi emergenti dallo stare insieme (rapporti emozionali di amore e odio). Nella confusione emozionale esistono tra soggetto e gruppo, è qui che si perde le titolarità degli affetti, l’individuo non concepisce la differenza tra sé e gli altri e la

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sua identità viene diluita. A tal proposito è palese che il soggetto sia spinto a trovare nuovi meccanismi di adattamento:

- regolare il suo comportamento nel modo “più corretto”; - si ha una maggiore differenzazione ed orientamento sociale.

L’inserirsi adeguatamente nella società è l’unico modo che il soggetto ha per sopravvivere, calibrando alla perfezione le proprie azioni, contenendo gli impulsi, non più abbandonandosi alle passioni. Accanto a questo movimento di integrazione, si ritrova un movimento di monopolizzazione della forza fisica da parte degli organi amministrativi territoriali, ciò significa che ai singoli individui viene vietata la possibilità di esercitare violenza sugli altri o sulle cose; l’individuo così verrà ampiamente protetto. Inoltre il soggetto vive di timori:

1. il timore di subire un’aggressione dall’esterno, la sua sopravvivenza è legata alla sua aggressività;

2. il timore che qualcuno perda il controllo sugli impulsi e non rispetti più così i limiti che gli vengono imposti.

Il soggetto dunque, è portato ad assumere una condotta ascetica, è spinto a distaccarsi dal gruppo e dai piaceri. La razionalizzazione si estenderà a tutta la società e a tutta la coscienza individuale. Per poter riprendere nuovamente “coscienza di sé”, poi il soggetto deve rompere questo rapporto di osmosi con la comunità e deve iniziare a guardare con razionalità ciò che lo circonda, imparando così a guardare la realtà esterna senza alcun coinvolgimento emozionale ed acquisendo capacità prospettiche: valutando gli effetti dei suoi comportamenti e constatando che le sue attività non servono a soddisfare esigenze momentanee, ma mirano a finalità più accurate.

1.2 La inner-directedness RIESMAN= fornisce una visione alternativa del processo di mutamento strutturale che ha permesso al soggetto di individualizzarsi. Egli infatti si rifà esclusivamente alle mutazioni del livello demografico, soprattutto dopo lo sviluppo demografico dell’Occidente:

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Il singolo appartiene unicamente alla sua cerchia comunitaria (famiglia,villaggio,clan etc…). La fase, però, di crescita transitoria determinata dalla caduta del tasso di mortalità, pone la società in una situazione di emergenza, perché i codici di comportamento comunitari non riescono più a tutelare le nuove situazioni emergenti, vi sono una penuria di risorse rispetto la crescita della popolazione, ecco perché dinanzi a questa situazione, la società indice l’inner directed: un soggetto che non può più abbandonarsi al suo gruppo di appartenenza, né può lasciarsi guidare dalle pulsioni naturali. Questo soggetto, si proporrà lo scopo di doversi porre dei fini a lungo termine, subendo dei tempo di socializzazione più lunghi, ed usando mezzi di azione ed esplorazione per lui più lunghi, ed usando mezzi di azione ed esplorazione per lui più consapevoli. Il principale mezzo di comunicazione diventa il testo stampato, ed il contenuto delle sue letture deve essere composto da strutture edificanti che narrano imprese gloriose, sono escluse forme di pulsione e ribellione. Dunque, mentre il tradition-directed era caratterizzato dal timore e dalla vergogna, l’inner-directed è ossessionato dal costante senso di colpa, infatti, il primo ha l’esigenza di rispettare le regole del gruppo, il secondo, invece, ha paura di cadere ad impulsi momentanei. Il fine supremo resta sempre la soddisfazione dei bisogni individuali, trattenendo e limitando però le pulsioni sul consumo dei beni per combattere la condizione di penuria. Il processo di individualizzazione, inoltre, non implica la chiusura dello spazio pubblico, anzi lo istituisce, perché il nuovo soggetto tende ad incontrare la collettività in un momento successivo alla costituzione del sé.

1.3 Del valor d’uso Il senso dell’oggetto non è più definito socialmente, perché non spetta alla comunità indicare con la forza al soggetto il valore delle cose. Nella forma dello “scambio-dono”, l’oggetto era portatore di un legame sociale tra donatore e donatario. È l’individuo individualizzato aspira ad istituire con l’oggetto un rapporto diretto ed immediato. È così che avviene la “genesi ideologica del bisogno” e la riduzione dell’individuo a soggetto di bisogni, in quanto il bisogno è considerato come un dato fisiologico innato nell’individuo. L’autentico criterio di determinazione del senso dell’oggetto è il valor d’uso (utilità economica ed idoneità nel soddisfare i bisogni). L’utilità economica è il principio regolatore del rapporto tra individuo e natura, ecco perché questa nella società moderna assume una posizione privilegiata legata all’attività produttiva dell’uomo (il lavoro). Non a caso il PIL viene eletto l’unico criterio di valutazione del benessere.

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Questo rapporto dunque, tra oggetto e la sua soddisfazione dei bisogni conduce ad aumentare la quantità di beni prodotti per incrementare il benessere per realizzare civilmente e moralmente l’individuo.

2. L’insostenibile antropologia del disvelamento BAUDRILLARD = nella sua opera “Critique de l’economie politique du signe”, propone una serie di episodi della cronaca quotidiana, per dimostrare il problema della “paralisi sociale”: 1 = un gruppo prende d’assalto un magazzino, nel quale la voce degli altoparlanti invita i cittadini/clienti a servirsi a proprio piacimento di tutte le merci esposte. Il gruppo, dunque, era libero di soddisfare i propri bisogni, prendendo senza timore qualsiasi cosa. Il risultato è che i consumatori si sono sentiti come paralizzati rinunciando a servirsi della mercanzia, trafugando solo pochi oggetti superflui. Il risultato profondo di questo avvenimento è che, nel momento in cui si confronta con i propri bisogni innati, ne si scopre l’irreperibilità; dunque, se i clienti non si sono serviti di nulla è a dimostrazione dell’insostenibilità dell’ipotesi dell’innatezza dei bisogni. Il valore di scambio è l’unico ad ordinare l’accesso alle cose: è la società che “informa” il valore (dà valore alle cose). 2 = un altro episodio è di cronaca sportiva: dove in una corsa d’atletica leggera, il corridore in testa si porta in avanti rispetto a tutti gli altri corridori. Inspiegabilmente però, il vincitore rallenta fino a farsi risucchiare dal gruppo ed arrivando in 3° posizione. Era rimasto immobilizzato dallo spettro della vittoria davanti a sé. 3 = un altro episodio sportivo riguarda un tennista in netto vantaggio di alcuni set, a pochi punti dalla chiusura della partita comincia a cedere sulla palla fino a perdere l’incontro. Anche qui, il senso della competizione non sta nell’essere superiore agli altri, ma sta nella “competizione per la competizione”. Il ritrovarsi avanti, solo, ha significato per il corridore perdere il senso stesso della propria azione. Dunque, se davvero gli uomini di ritrovassero a vivere in una società dove è abolito il contratto con l’altro, non verrebbero per davvero combattuti i valori nei quali l’uomo crede e per i quali si affanna quotidianamente. Il pensiero di BAUDRILLARD è antisostanzialista: non esiste un valore in sé delle cose, né una consistenza del bisogno individuale. Anche DURKHEIM aveva parlato di forza coercitiva del collettivo, un collettivo inteso come entità elaborata dai singoli membri, un organismo con una propria identità ed autonomia. L’autonomia morale dell’individuo non è pensabile se non come illusione ottica generata come un’ingiunzione dal sociale. L’individuo in sé, non è che pura energia, l’anomia (assenza di norme) toglie ossigeno morale agli individui, verso i quali si diffonde una specifica forma di suicidio. Lo stesso

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sentimento emerge quando al singolo viene chiesta un’eccessiva dose di responsabilizzazione, come avviene con la fede protestante. L’emancipazione delle ingiunzioni del collettivo è per DURKHEIM inconcepibile, è questo si trova all’origine di tutti i processi di disgregazione sociale. Senza una forma religiosa, le società si candidano al disfacimento, per la quale gli innumerevoli nomi di Dio, non sarebbero altro che declinazioni molteplici di una medesima sostanza. Il Dio è una potenza dell’oggettivazione e della potenza del collettivo, la religione sacralizza la coesione sociale, e l’uomo moderno tende a superare questa ingiunzione, riducendo la sua verità ai propri bisogni e accedendo a un’umanizzazione integrale del senso della vita. È necessario poi che, queste ingiunzioni sacre sono ritenute eteronome, trascendenti e non prodotti dall’autonomia individuale o collettiva. Dunque, una società completamente “umanizzata” oscilla tra il disordine e la paralisi manifestazioni differenti di una impossibilità di agire. La “divinità individuale” può mettere in discussione tutto e la verità del mondo non discende da entità esterne, ma dal nucleo naturale dei propri disogni. La civiltà si erige sulla separazione, sulla norma della reclusione dei corpi nel proprio spazio. MAUSS = scrisse il “saggio sul dono” nel quale, il dono è un fatto sociale totale. Attraverso il dono, si può ricostruire il senso e la configurazione complessiva dei legami sociali che tengono insieme una collettività umana. Non è pratica residuale, dove con lo scambio di mercato il dono riappare concretamente solo nelle occasioni festive. Gli oggetti scambiati hanno senso e valore solo nella misura in cui appaiono idonei a instaurare un legame. Alla base di questo rapporto vige un triplice ordine di obbligazioni = dare, ricevere, rendere. Il dono quindi, non è un atto di liberalità, di gratuità pura, ma è innanzitutto un obbligo. In particolare, l’atto della restituzione, non ha equivalenza come nello scambio di mercato; non occorrono prestazioni equivalenti, la relazione qui si esaurisce nell’istante della conclusione dello scambio. Nel dono invece, occorre restituire più di quanto si è ricevuto per far circolare lo “spirito del dono”. Nelle società contemporanee, come ad esempio il welfare state, nello stato di benessere il dono viene trasfigurato, dunque lo scambio di mercato diviene superfluo. POLANYI = su questo tema ha trovato tre grandi forme di scambio che hanno ordinato le relazioni sociali: reciprocità, mercato e redistribuzione. Lo scambio di mercato diventa socialmente insostenibile quando oltrepassa solo le merci, e giunge a riprendere i fattori di produzione: natura, moneta, lavoro. Infine, il funzionamento della moneta dipende dalla fiducia che gli utilizzatori ripropongono nel suo valore. E ciò che permetterà alla moneta di circolare; sarà proprio il dogma del commercio (la crisi del 1929 è uno degli effetti della

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mercatizzazione incontrollata). La trasformazione è quindi una reazione alla modernità liberale.

2.2 La ragione riduzionista La ragione è guida delle condotte umane. La società, inoltre, è persuasa dall’attività lavorativa dell’uomo, anch’essa fortemente razionale, però l’uomo è qualcosa in più, che non può essere facilmente inquadrato nella sfera razionale, anzi sono proprio le dimensioni extra-razionali a dare un senso all’uomo nel mondo. WEBER nella “Etica protestante e lo spirito del capitalismo” dà conto all’accumulazione e al reinvestimento dei beni prodotti, ed il movente di questo impulso è dato dalla temperanza repressiva del consumo nell’ambito della fede. Il successo professionale è destinato a svanire e ciò che rimane è una macchina burocratica pervasa dalla razionalizzazione. I moderni che si trovano coinvolti da questa macchina non ne comprendono il senso e si ritroveranno a vivere come in una “gabbia d’acciaio” (es. i cittadini dell’Est dopo la rivoluzione). In particolare, i protagonisti della scuola di Francoforte, ci mostrano come la ragione sia diventata oggetto di razionalizzazione, un dispositivo di riduzione del senso della vita nel ciclo di produzione e consumo di merci. Un ciclo cominciato per soddisfare i bisogni dell’uomo e trasformatosi nel finire dell’esistenza umana. Un episodio riconducibile a ciò è il viaggio di Ulisse che si fa legare all’albero maestro per non cedere alla tentazione delle sirene. L’uomo moderno non fa altro che sacrificare i suoi sentimenti più intimi, le sue emozioni governandole al prezzo della disperazione e della tragedia. La voglia di scoprire tutto, lo spinge ad infrangere ogni mistero della vita; solo il desiderio di scoprire la natura dà senso alla felicità dell’uomo. Il suo è un tentativo di liberarsi da tutte le dimensioni extra-relazionali, che muovono l’uomo ad assumere il dominio razionale sul mondo. LA TOUCHE = nella “Occidentalizzazione del mondo” ha individuato le ragioni per le quali le società extra-occidentali si sono dimostrate impermeabili all’introduzione della modernità. Ciò si verifica perché, quando l’Occidente sbarca altrove, la prima operazione da compiere è deprivare della propria cultura il paese in via di sviluppo (deculturalizzazione) perché la cultura è considerata un ostacolo per la via dello sviluppo perché impedisce all’economia di sorgere liberamente; si diffonde dunque un generale stato di anomia (ecco perché in molti paesi extra-occidentali la parola sviluppo nemmeno esiste).

2.3 Il disconoscimento della reversione L’altro pilastro contro il quale l’antropologia del disvelamento si rivolge è proprio questo concetto. La reversione è la capacità di azzerarsi, negare quello che si è. FREUD = ha analizzato questa forma di necessità dell’essere come se connesso al rapporto “dolore-piacere”.

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La condotta dell’uomo è spinta alla ricerca del piacere per minimizzare il dolore, il tutto però con un unico limite, il “principio di realtà” nel quale l’inseguimento frenetico del piacere può trasformarsi in una potenza distruttiva per l’altro e anche per sé stessi. Nell’opera, infatti, “Al di là del principio del piacere” FREUD smentisce, recando scandalo, che la costituzione umana sia basata su un’illimitata ricerca di soddisfazione dei bisogni inappagati. Osservando, infatti, il gioco di un bambino con il rocchetto, FREUD scorge che il bambino tende a procurarsi da solo il dolore piuttosto che evitarlo; da questa semplice osservazione egli dimostra che accanto alla ricerca del piacere vi è anche la pulsione di morte, la ricerca del dolore, del proprio azzeramento. BATAILLE = approfondisce questa particolare forma di inclinazione umana, incarnata dell’idea delle dépense (dissipazione, consumazione totale di ciò che siamo e di ciò che abbiamo). La destinazione di ogni attività umana è appunto il dispendio, ovvero, si produce per perdere e sprecare e non per soddisfare i bisogni individuali. A questo dispendio corrisponde la gloria sociale. Il consumo è inoltre suddiviso in due diverse dimensioni:

1) è una dimensione inessenziale, necessaria a tenere in vita e a riprodurre la forza lavoro. Ma una vita basata silo sulla produzione-consumo diverrebbe a lungo andare paralizzante;

2) (spese improduttive) = lusso, lutti, guerre, culti, monumenti e perdita, tramite ciò, di patrimoni ed energie vitali. “cosa attira all’uomo della competizione?”

Non la possibilità di vincere, bensì l’angoscia della sconfitta, perché è proprio questo sentimento che determina l’uomo ad agire, perché se non c’è questo baratro, l’uomo non riesce ad andare avanti. L’atto di perdita diviene un sacrificio del fondamento collettivo, mentre la ricerca del piacere nella società moderna, non giunge mai fino in fondo, ma viene ridotta ai confini del consumo. Nelle società moderne però, perché non viene riconosciuta, la dépense è in netta diminuzione, tutte le altre attività lussuose vengono curate in clandestinità perché sono oggetto di riprovazione sociale.

2.4 Dall’altropologia alla cornice istituzionale del disvelamento L’antropologia moderna, dunque, è carente su più piani, e per questo motivo la logica del disvelamento rischia di essere insostenibile. L’uomo non è dunque individuo con dei bisogni innati, la cui soddisfazione è lo scopo supremo, ma è provvisto di tutt’altra dimensione. L’intento dunque deve essere duplice:

- antropologia moderna; - critica all’antropologia del disvelamento.

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3. Le insuperabili istituzioni del disvelamento. Accessibilità illimitata e stagflazione.

3.1 La filosofia del disvelamento L’accessibilità illimitata è un concetto della modernità, che prevede lo sforzo di umanizzazione della verità intrapresa da CARTESIO per poter accedere ai progetti di vita, ai valori e alle culture in modo illimitato. CARTESIO pone la propria attenzione alla storia e a tutti quegli influssi del passato che ovunque permangono, pongono un fondamento per le flessioni dell’uomo. Da queste teorie né emerge un ego apodittico, che riunifica ed umanizza tutte le manifestazioni concrete della vita e del pensiero, preannunciando i caratteri della modernità:

1. adozione di valori e dei significati, con l’impossibilità di adozione di ognuno di essi;

2. cittadinanza illimitata. Uno dei principali fini della modernità, diviene dunque, il disvelamento dell’io e la stagflazione del nuovo che propone sempre ulteriori avanzamenti verso la sua essenza. Ogni mondo, ogni cultura cambia il proprio statuto passando dal segno della necessità a quello della possibilità, ma questo non implica l’annullamento delle culture, tutt’altro ne stimola l’onnicomprensività. Il mezzo specifico del salto nell’universalismo è la ragione, che consente di superare con particolari mondi storici qualsiasi legame effettivo, infrangendo i limiti delle forme di conoscenza. La ragione individua le strutture del pregiudizio, guidando l’azione umana al di fuori di questo particolarismo, verso l’essenzialità e l’elevazione.

3.2 Istituzioni e politiche dell’accessibilità illimitata 1. il primo passaggio da tener presente è quello dal governo degli uomini al

governo della legge; il potere e la forza qui non hanno più artifici diretti, il giuridico è un elemento importante della modernità, perché che il rapporto al suo interno tra “diritto-giustizia”, non è più strumento che realizza valori condivisi, ma ha più che altro una funzione abilitativa. Il diritto diventa una tecnica per riunire un politeismo di valori che, se lasciato a se stesso avrebbe portato ad un conflitto sena confini che riproporrebbe una sopraffazione agli eccessi. Il primo atto di tale conformazione legislativa risiede nella “costituzione di libertà”, momento giuridico estremo sulla base di spazi si azione nella dimensione collettiva e individuale.

2. Sul versante politico questo “accesso” coincide con il concetto di cittadinanza, civile (capacità di agire) e politica (diritto di eleggere i rappresentati in tutti gli organi politici). Quando, infatti, si parla di

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apertura si deve necessariamente parlare anche di cambiamento, perché se no qualsiasi intervento è volto al fallimento. Si tende, dunque, a preferire un soggetto che abbia la capacità di ricreare continuamente una riflessione sulle sue profonde conoscenze, e la sua profonda libertà di desiderare. La sua nuova sensibilità e i suoi nuovi valori politici gli concedono la possibilità di accedere alla totalità della popolazione, e questa, conquista in breve tempo il titolo di cittadinanza sociale; dove i diritti sociali acquisiscono a pieno titolo il posto dei diritti fondamentali garantiti dagli stati moderni.

3.3 La stagflazione antropologica “Profonda mutazione della situazione politica”: ha mutato la neutralità e l’astrattezza appartenente alla ragione moderna e all’abilitazione all’accesso. Una neutralità, sinonimo della neutralizzazione di ogni valore o progetto di vita. La dimensione economica del moderno è occupata dalla tecnica e dalla forma di produzione capitalistica, importante per la sua duplice indifferenza:

1. indifferenza nei confronti dei fattori della produzione; 2. indifferenza sui fattori produttivi.

L’accessibilità dell’uomo moderno, è una condizione che attiene alla sfera della coscienza che si autoalimenta da sola. BAUDRILLARD = aveva, a tal proposito, introdotto la teoria della sferietà della terra per potersi approcciare alla conoscenza del mondo, non tramite un comune “viaggio”, ma come “turismo”. Viaggiare significa lasciarsi alle spalle il proprio luogo di appartenenza e consegnarsi direttamente a tutto ciò che c’è intorno, il turista, invece, è colui che non lascia mai la propria residenza, guarda gli altri luoghi ma gli è precluso scoprire altre forme di vita perché tutto è già compreso nel proprio codice. Tutto sta nello scoprire la terra senza mai allontanarsi dalla propria sede, perché tanto prima o poi si farà ritorno ad essa (tutto è un punto perché la terra è intera, si trova tutto sullo stesso luogo e spostarsi è indispensabile) Dunque il valore ha bisogno di tempo, ma l’accessibilità annulla il tempo, e l’accessibilità illimitata è una coscienza onnipresente che genera catarsi immediata del valore, uno svuotamento emotivo. Con l’accessibilità si conoscono le sorti del valore, che a sua volta un pensiero che a sua volta diviene un pensiero che può inibire il vivibile. NIETZSCHE = ci ha descritto un effetto simile in un opera “sull’utilità e il danno della storia per la vita” denunciando lo storicismo come causa della “malattia storica”, in quanto la storia ci rende protagonisti dei processi vitali, ci rende alla nascita stanchi per la vita vissuta da altri e che in noi non ha interesse. Nell’accessibilità non è il passato a gravare, ma tutte le possibilità vivibili, e in questa sede agiscono elementi essenziali come la comprensione e l’affettività. HEIDEGGER = reinterpreta la nozione di “volontà di potenza” facendo emergere che la volontà si propone in maniera evidente senza termine di riferimento: la

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potenza è un concetto che ritorna su se stesso alla volontà medesima. La volontà di potenza è dunque “volontà di volontà”.

PARTE SECONDA

4.1 Dal “mondo Disney” alla “vita Auchan”: due vie di uscita dalla modernità Per decenni il simbolo della modernità era rappresentato da dei soggetti letteralmente astratti dal loro contesto affettivo, costantemente costretti a reprimere le pulsioni espressive interne. L’uomo diviene un uomo blasè, che finge di conoscere tutto, assumendo una dimensione di indifferenza strutturale alle occasioni di vita che si propongono, ed è proprio questo distacco emotivo che consente al singolo di diventare “individuo” e di concepire la propria autonomia, che si esercita attraverso la posizione di mete e finalità ambiziose, un’autonomia rivendicabile nei confronti del collettivo e non più fondata sulla singolarità. In tal proposito, le istituzioni moderne non sono mai istituzioni totali, i loro ambiti conferiscono un’appartenenza esclusiva, è ammesso il fuori, la libera uscita. Chi abita nelle istituzioni moderne non trova una residenza stabile ma solo una “dislocazione parziale” (sia in termini di tempo e qualità dell’accomodamento). Questa freddezza è necessaria, così come la parzialità della dislocazione, questo è un equilibrio delicato, un gioco di misura, infatti, se la dislocazione non fosse parziale, il singolo non avrebbe il tempo e lo spazio per svolgere il ruolo del cittadino, per partecipare al collettivo e promuovere la propria autonomia e l’autonomia del collettivo e promuovere la propria autonomia e l’autonomia del collettivo di cui è membro. Anche se la sua dislocazione fosse troppo parziale, il soggetto mancherebbe di opportunità formative blasè, nonché di risorse sufficienti per garantire il livello minimo di sicurezza esistenziale necessario per donarsi alla vita pubblica. Questo tipo di singolarità viene elaborato in laboratori sociali, essi sono molteplici: come fabbrica fordista. L’attività in fabbrica ha senso perché si mettono in produzione beni economici, ma anche di risorse da impiegare per promuovere la propria autonomia. La traduzione operativa di questo modello è nello schema 40/40 di BAUMAN (40 ore settimanali di lavoro e 40 ore di cittadinanza) e il terzo restante va in RIPOSO.

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Per comprendere meglio questa concezione bisogna analizzare due ambienti di grande rilievo della società moderna.

4.2 Il mondo Disney ON STAGE = il parco è costruito sul calco della Disneyland californiana, ed è composto da quattro territori arredati con diversi temi spazio-temporali: frontierland, le mille e una notte, i pirati dei Caraibi, Main street come ibernazione del piccolo mondo del padre fondatore della Disney, Walt. Nel parco, inoltre, vi sono le attractions, come macchine di divertimento dei luna park: tutto è molto allestito, ambienti, strutture e costumi e ad orari prestabiliti è possibile assistere agli spettacoli che si tengono nelle arene del parco. Un altro elemento topico sono le parade, sfilate carnascialesche che vengono riproposte più volte nel corso della giornata, sono concentrate sui personaggi Disney che danzano accompagnati da costumi, musiche e balli. Anche i ristoranti sono a tema a seconda della zona in cui si trovano, e sono accompagnati da boutiques che vendono i gadgets del parco e articoli legati al tema della land. Bisogna tener presente che al di fuori del confine delle strutture disnyane nel campo, vi sono anche altre strutture come il DisneyVillage, America dallo stile Country, i Mc’Donald’s, Planet Hollywood etc… e questi non sono riservati solo agli ospiti del parco, ma accessibili a tutti e gratuitamente. Anche gli Hotel non si salvano dalla magia di tutte le decorazioni a tema: nave da crociera, NY anni ’30, i pionieri ed il vittoriano Disney Hotel. IL GUEST: i cast memers cominciano la loro giornata lavorativa allestendo le postazioni mobili per la vendita dei gelati, spingendo carretti-frigo partendo da dietro le quinte fino alle diverse location. Un’operazione semplice, ma allo stesso tempo complicata per la lunghezza del percorso e per la difficoltà esistente nel superare i visitatori del parco. Invece, in tutto questo i GUEST sembrano rapiti dall’incanto delle scenografie ed il passaggio così reale nel campo prospettico, diviene un evento inguardabile che riporta con la forza i guest alla realtà. ELIAS = e il “processo di civilizzazione” = questo sociologo tedesco mette a paragone le strade di una metropoli moderna e chi ne fa parte, ed il membro di una qualsiasi società di campagna. Quest’ultimo senza traffico non deve affinare meccanismi di autocontrollo per i propri istinti, anzi la sua possibilità si sopravvivere sono legata alla capacità di liberare l’aggressività contro le ricorrenti minacce di attacchi esterni. L’uomo moderno dunque, frequenta una dura prova psicologico-cognitiva, ha imparato a leggere i segni funzionali intorno a sé, a reprimere le pulsioni, l’aggressività. Questo nel parco Disney si concentra sul fatto che il guest non vuole svegliarsi dal sogno nel quale vive e non vuole interfacciarsi con gli elementi fisici della “macchina” intorno, vuole contatti con il mondo simulato, ma non con gli oggetti della simulazione. (puro abbandono).

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Il guest, come il soggetto moderno, ha consapevolezza di vivere in modo pacificato, in cui l’uso della forza è monopolizzato da un’entità centrale e non ammette deleghe ai sigoli. Nonostante la consapevolezza di appartenere ad un mondo pacificato il guest agisce come se fosse in armonia con i suoi residui pulsionali (es. Freud e il disagio della civiltà). Non ha più senso la soddisfazione del bisogno individuale, ma si cede al contesto della “comunità-macchina”, il sogno del Guest è dunque già sovra esploso nell’ambiente allestito, e il visitatore non deve fa altro che lasciarsi perdere dall’atmosfera. Alcuni paradossi Disneyniani, qui, vengono spiegati:

1) il parco produce ebbrezza, ma non vende alcolici; 2) stimola erotismo, ma si basa sul puritanesimo; 3) vige una strategia d’offerta che mira ad occupare i 5 sensi:

vista: scenografie; udito: musiche di sottofondo che accompagnano i temi della land; tatto: ogni elemento della scena trasmette emozioni ai guest; gusto: i sapori dei ristoranti Disney; olfatto: ci sono odori in ogni parco a tema (dolci, cuoio, incensi

ecc…). Nessuno dei recettori sensoriali dell’ospite è scoperto ed il suo intero corpo così è bombardato di sensazioni. Il funzionamento del parco Disney è anche favorito dalla disponibilità del guest a lasciarsi investire da questi stimoli, e ciò che viene rimosso non è il sogno, ma la realtà. IL BACKSTAGE = il parco è privo di finestre sul mondo, sul conflitto, sul dramma politico-sociale generativo delle realtà evocate. Non ci sono tracce di realtà, ecco perché il pagamento del biglietto è unico, perché l’accesso alla gioia non può essere frustrato dal prezzo da pagare. In questo senso viene resuscitato il mito del Mana. La regia comunitaria giunge ad espellere due dimensioni:

1. realtà: come prodotto spontaneo della natura degli uomini liberi; 2. funzione: messa a lavoro dello stampo razionalistico-produttivo.

Il Backstage, è la vasta area su cui sorge la sala macchine (uffici, spogliatoi, magazzini merci…). Questo è la riproduzione del socialismo reale: strade asfaltate, edifici regolari, presenze umane rade, e tanto silenzio che fa riecheggiare le urla del parco limitrofo. Il colore dominante è il grigio, tutto è in ordine e disciplinato dalla geometria, la logica è proprio quella della desollecitazione dei sensi, infatti, all’interno degli edifici è tutto standardizzato e sterile (es. armadietti: lavoro statico del lavoratore che ogni giorno non fa altro che prendere il proprio costume da lavoro, si dirige alla propria postazione e al

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termine della giornata deve riposarlo al proprio posto per ritrovarlo pronto per il giorno dopo). È una fabbrica Taylorista, una fredda modernità disciplinare, quasi militare, ecco perché i confini del backstage sono segnati da una rete metallica e filo spinato, e dove si controlla l’identità dei “cast-members” in entrata ed uscita. IL CAST MEMBERS: è il vero capolavoro di Disnetland, perché di tutto l’ambiente il Guest ne vede solo l’aspetto positivo e la sua dislocazione è più che temporanea e si esaurisce nel corso della giornata “incantata”. Il cast member, viceversa, vive in un mondo parallelo, oscilla continuamente tra stage e backstage, tra la magia e il trucco. Un cast member, solitamente è uno studente universitario che lavora a tempo limitato (la stagione estiva), vive per otto ore di costume, di tolleranza e precisione, di fedeltà al proprio ruolo; il turno comincia nel backstage, dove il Badge si effettua il check-point, svolgendo in modo semplice operazioni ripetitive. Nelle sue giornate di lavoro, il “cast member” viene addestrato alla catena di montaggio del sorriso, vige anche un manuale look che elenca puntualmente foto e disegni di tagli di capelli consentiti e quelli vietati, tipo di trucco e profumo consentiti, tante regole per poter conseguire un’immagine di sobrietà puritana (es. deodoranti ma non profumi). BAUMAN = ha sintetizzato il cast member nel modello 40/40 = 40h settimanali dedicate al lavoro e alla produzione e 40h dedicate alla cittadinanza e alla cura degli interessi personali. (rappresentazione dell’agorà) Solo che le 40h di cittadinanza non coincidono con lo svago, ma sono le ore dedicate alla costruzione della propria autonomia, all’impegno nel collettivo al quale si appartiene. Inoltre, durante le 40h senza la divisa il cast member diventa guest, vive queste ore più che per se stesso, per la dissipazione pura, di abbandono mistico: si comincia con la Boiserie (il villaggio di residenza del cast member), quando esce da questa struttura, poi si ritrova a passare il suo tempo nelle strutture Disneyniane dove ogni giorno viene organizzata una festa per loro, in pratica tutto il salario recepito viene restituito al datore di lavoro, prima con l’affitto, poi con tutto questo consumismo (una vita statica a somma zero).

4.3 La vita “auchan” Il mondo Disney non è l’unica uscita dalla modernità, un altro esempio è il modello Auchan, la multinazionale francese con distribuzione a livello mondiale con 1100 punti vendita ed i 180.000 lavoratori, considerando i due tipi di lavoratori più importanti: capi-reparto e l’addetto alle vendite. Anche se solo il 30% dei lavoratori ha ottenuto il contratto settimanale di 40h. IL CAPO REPARTO: non rappresenta una proporzione significativa della “forza-lavoro”, infatti ne rappresentano solo il 10% del totale degli addetti impiegati nel punto vendita. Secondo il contratto, questi sono ordinari impiegati inquadrati nello schema socio-produttivo del 40/40. Si occupano di gestire il reparto merceologico che

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gli viene affidato, garantendo l’equilibrio del magazzino e tutto nell’arco di sette ore e quarantacinque minuti. Questo è il garante autonomo di un negozio rinchiuso nell’Auchan. Attraverso questo sistema la struttura requisisce il capo-reparto, le sue ore lavorative non sono mai inferiori alle 10 ore, ma si attiene dalla 12 alle 16. Il riposo settimanale non è sempre scontato, perché concedendolo significherebbe non avere un forte attaccamento all’azienda. Infatti, sul posto di lavoro si è spesso chiamati nei giorni festivi, si richiede la presenza notturna e tempi di viaggio. Dunque questa requisizione è ben diversa da quella di Disneyland, perché non esiste più la logica del tempo per la produttività ed il tempo della dissipazione. Il capo reparto è consapevole che le ore trascorse al servizio della produzione non saranno risarcite, l’equilibrio del 40/40 diventa il monoblocco dell’80 al servizio dell’azienda e ciò che resta è solo per il riposo, tutto è trasformato in una dislocazione totale. La novità interessante dell’Auchan sta nel coniugare la neutralità della macchina aziendale e l’affettività dello stile comunitario in un unico Habitat. Questo è un processo di de-differenziazione funzionale. Alla logica di separazione, si unisce la voglia di fusione. Questa si manifesta in molti versanti della vita del capo-reparto: mentre il cast member e l’addetto alle vendite svolgono solo una mansione senza alcuna mobilità; invece il capo-reparto è al contempo addetto alle vendite, pulizie e cassiere ecc… la sua flessibilità è illimitata, e ciò che più conta nella strutture non è la serie di competenze, ma il soggetto in sé. Ciò che più conta è che la persona si immoli nella vita aziendale, si mostri devota alla comunità dei colleghi. Si diffonde nei capi-reparto l’abitudine di usare con ingenui artefici contabili per monitorare la situazione economico finanziaria del reparto e far figurare una buona rotazione delle scorte. Il perseguimento dell’eccellenza e la fatica per conquistare i posti al vertice, sono visti con sospetto, perché minano la solidarietà comunitaria. La scelta ricade su chi mostra umiltà, bisogno di conformarsi al gruppo, malleabilità, ambizione. RIESMAN = tratteggia il profilo del other – directed per confondersi all’interno del gruppo: per conformarsi, non distinguersi. Da un lato, al singolo viene dato un ruolo da protagonista attivo nella gestione del suo businnes aziendale, dall’altro però gli si chiede di non eccellere (paradosso del post-fordismo). Ci si lascia cullare da una comunità di stampo affettivo, tenuta insieme da interlocuzioni relazionali, esaurite nella propria immanenza: stare insieme senza impegno, provare amore per l’azienda. L’Auchan è impegnata a creare una vera e propria comunità, che avvolge i lavoratori e li rende esausti. ADDETTO ALLE VENDITE = il ruolo di questo, coincide, con la nozione comune di “commesso”, è assegnato ad uno dei numerosi separati in cui è suddiviso

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l’ipermercato, provvedendo al carico o scarico delle merci, rifornimento dei banchi, pulizia ed assistenza al cliente. La configurazione della vita lavorativa non si discosta dal modello classico del 40/40: egli ha un Badge da timbrare elettronicamente all’ingresso e all’uscita, eventuali ore supplementari di lavoro riconosciute in busta paga ecc… Il suo compenso mensile corrisponde a poco più della metà di quello necessario a garantire a un qualsiasi cittadino e alla sua famiglia un’esistenza dignitosa. In america, questa categoria di lavoratori, viene riconosciuto come working-poors (persone che nonostante l’occupazione, finiscono per collocarsi sotto la povertà relativa). La dislocazione parziale consentiva, un tempo, al lavoratore di coltivare la propria autonomia e quella del collettivo cui apparteneva, nell’addetto alle vendite questa dislocazione è evanescente in quanto inibisce ogni possibilità di autopromozione. A questo soggetto non è solo negato il diritto alla cittadinanza, ma anche quello al consumo e alla dissipazione. Questi nuovi lavoratori vivono una progressiva marginalizzazione e ciò che evita loro di ricadere in una condizione di vera miseria è la possibilità che hanno di vivere a carico degli altri soggetti: coniugi o genitori. La famiglia ritorna ad essere un ammortizzatore sociale, ed il lavoro non è più la fonte primaria dell’emancipazione personale, ma lo è tutto il resto, anche perché l’Auchan richiederà sempre una flessibilità nei turni e negli orari.

4.4 La fusione comunitaria Comunque la si valuti, sia Disney che l’Auchan offrono una risposta efficace al problema della modernità. Questo perché in entrambi i contesti l’individuo moderno è spacciato, le sue 40h di libera uscita, il lavoratore le ha passate a vendicarsi: viene emendata la fatica con lo svago, l’attenzione con la disattenzione ecc… (fusione comunitaria).

5.1 Per una critica antiutilitarismo 6.1 Per una uscita dall’utilitarismo

L’utilità marginale stava decrescendo, affermando la progressiva riduzione dell’attitudine di ciascuna dose aggiuntiva di un bene a soddisfare un bisogno individuale, fino all’azzeramento delle utilità e alla caduta nella dis-utilità. Il senso di questo decreto è nello sforzo che sta nell’umanizzare la verità intrapresa dal fondatore della filosofia moderna, CARTESIO. Dunque, accanto al principio di accessibilità illimitata viene a consolidarsi un sistema di afflusso di valori, senso e progetti ecc… a tal proposito viene a crearsi una situazione che viene chiamata stagflazione antropologica (una grande disponibilità di chance di vita, corrisponde l’impossibilità di fruirne a motivo della consunzione strutturale del senso). Si diffonde così una credenza fondatrice in una consistenza autonoma dell’umano, dei suoi valori e progetti di vita.

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L’uomo moderno è servo, e prende sul serio le creazioni della propria volontà, presumendo che la felicità corrisponda ad un gioco di inseguimento e acquisizione degli oggetti voluti.

6.2 Le ambiguità del progetto antiutilitarista Nessun progetto antiutilitarista è praticabile se non si parte dalla contestazione della logica di accessibilità illimitata. Economicismo, utilitarismo, individualismo operano a favore dell’abilitazione neutra alla produzione di senso, non operano al dine della soppressione e del disseccamento dell’umano, l’umano è vittima esclusa della propria inconsistenza. Ciò che gli antiutilitaristi criticano all’utilitarismo è di aver operato una riduzione dell’umano e del disserramento degli eccessi. Gli anti-utilitaristi vogliono ripristinare lo spirito scientifico contro lo scientismo. CAILLE’ = come esponente rimprovera all’utilitarismo non solo di aver ridotto questa molteplicità finalistica all’interesse, egli propone una cittadinanza contemporanea a tutti i piani dell’esistenza e a tutti gli stati molteplici del soggetto. MAUSS = invece, introduce il concetto di “politico” e quello di “associazione” questi due termini stanno nella logica del “positivo-accumulativo”, invece, il dono di CAILLE’ per creare un legame sociale, viene igienizzato e depurato dai suoi doppi fini, e viene sottratto dall’economia generale dalla dissipazione.

6.3 Per un anti-utilitarismo reversivo Questo progetto antiutilitarista serve ad abilitare gli uomini a concepire e realizzare il numero più ampio di visioni del mondo, dunque, questa è quasi una battaglia illusoria nel creare una società che non interrompa la dinamica del disvelamento. Infatti, la modernità e accessibilità non riconoscono la reversione (negazione della vita, la morte, la dissipazione). La saggezza della società antiche sta nell’aver sempre tentato di inibire il disvelamento dell’umano attraverso, le limitazione della libertà, la perdita del collettivo e la dépense. Questo è l’unico anti-utilitarismo possibile, deve essere un momento di reversione dell’infinito percorso disvelante del moderno, e non ulteriore disvelamento.

6. La decrescita alla luce della depense 7.1 Contro la società di crescita

Vi è un’assonanza tra dépense e decrescita, trattata da due autori di grande rilievo. LATOUCHE = condanna il regime “crescita per la crescita” perché costituisce una minaccia per la vita stessa, dunque è necessario un cambiamento per evitare una brutale catastrofe.

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L’imminenza della catastrofe è dimostrata dalla “necessità della decrescita”, il cambiamento è reso necessario dalle risultanze tecniche che LATOUCHE manifesterà con il suo pensiero critico e con il contrapposto pensiero radicale, su una serie di valori messi a paragone con la realtà, rilevandone così tutte le possibili difformità: l’uomo deve avere la necessità di sfuggire a se stesso e di evadere altrove. La catastrofe, dunque, sorge dall’afasia politica, il voler fuggire dalla libertà e nel rifugiarsi nella decrescita, chiedendo alla natura di abbandonare il regime di crescita, perché la crescita è una minaccia per la vita e per la sopravvivenza. Questo problema è dovuto alla sacralità della vita in sé, dove la politica è l’unica garanzia che resta per preservare la “vita per la vita”, farla crescere in modo tale che il cittadino possa farne ciò che vuole. La crescita deve essere neutrale a qualsiasi finalità, ed è la tecnica a supportare questo evento perché il benessere prodotto viene rilevato da calcoli freddi, ad operazioni in bilancio. Inoltre, è verificabile come la società di crescita produca delle ingiustizie e disuguaglianze nelle società di welfare. Questa uguaglianza che si reclama è più che altro concentrata su perseguimento della ricchezza che fa venir meno le relazioni sociali (il benavere fa diminuire il benessere). Quella di LATOUCHE, è una denuncia alla “modernità riflessiva”, che ha come obiettivo ultimo la ricerca del benessere immanente, restando proiettati verso la ricerca una “buona esistenza” ed una “società felice”. BATAILLE = non si occupa di difendere il modello originario della modernità, ma ci avverte di una economia generale che deve essere impiegata per la crescita del sistema vivente (energia eccedente). Il raggiungimento del limite, chiude la fase nella quale il soggetto può restare ripiegato su una attività necessaria, facendo a meno del senso del proprio operare. Fino all’esaurimento del processo di crescita, il vivente è un’automa, non è umano in quanto è privo di finalità. Ecco perché, dinanzi a queste circostanze è importante il dispendio, lo spreco, perché l’energia eccedente va azzerata. La catastrofe non è più un problema, ma è una destinazione naturale. Dunque, se LATOUCHE con la sua teoria rimane nella traiettoria positiva della ricerca del benessere, BATAILLE punta alla necessità della reversione (quando l’energia eccedente non può più essere impiegata in una attività di crescita, occorre distruggerla). Il singolo dunque, lasciato a se stesso, è ossessionato dal problema della sopravvivenza, ecco perché BATAILLE indica tutto ciò come: paralisi della società,o privatizzazione della dépense (il soggetto vuole sopravvivere, senza il dispendio dell’energia eccedente), si cresce per sprecare. Decrescita : sistema braccato da una penuria di risorse, rispetto alla quale bisogna attrezzarsi con l’adozione di strategia servili (invece di dedicarsi alla totale dépense).

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7.2 Quale società au delà della crescita? La sfida per la decrescita non indica preservazione un’esistenza immobile, ma indica riqualificare le vie del dispendio. Restituire alla dépense la sua bellezza, grandezza, e capacità di sottrarre l’esistenza dell’utilitario per riportarla sul piano del sacro. Viene proposto il programma delle 8r (rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare), che tende all’antropologia moderna nella quale la società di crescita viene condannata proprio nella misura in cui non consente ad essa di perpetuarsi. La stazionarietà è uno dei capisaldi della società di decrescita, in quanto questa vuole interrompere l’accrescimento illimitato, attestandosi su livelli costanti di produzione che assicurano la riproducibilità delle risorse rinnovabili, riducendo al minimo quelle non rinnovabili (auto contenimento). Occorre, dunque, ridurre le produzioni inutili per ottenere reversione ed energia vitale per realizzare i cittadini nella vita pubblica e privata (40/40) facendo accrescere in essi importanti valori come: altruismo, separazione, vita sociale, bellezza, ragionevolezza etc… (questo catalogo dei valori è proposto da LATOUCHE, e si sovrappone a quello scritto nel 1950 da RIESMAN) Se ne desume che:

1. la società di crescita coincide, a livello di cordinate valoriali, con quella di decrescita;

2. il soggetto della modernità è a proprio agio con i valori moderni; 3. questa circostanza è un’importante opportunità; (es. il Mezzogiorno

d’Italia o dei Balcani: cittadini deprivati dal mestiere che vivono di puro consumismo).

LATOUCHE parla ancora di “bioregione” = un’entità territoriale omogenea dove i dati biofisici si legano alle storie degli uomini. Una dimensione incerta, un ritorno al “locale” che divulga una utopia democratica fondata su:

- la personalizzazione dei rapporti tra i cittadini; - l’inquadramento delle istituzioni.

La democrazia, perciò, non è universale, ci si illude che una volta democratizzata e resa autonoma una comunità, questa si baserà su valori “buoni”. Quella della decrescita è una società di senso fondata sulla antropologia del disvelamento e su un soggetto puramente autonomo, questa postura induce l’individuo alla ricerca del senso. Si combatte per un soggetto più saggio, e meno incantato, un soggetto che decide di investire la propria energia vitale alla scoperta della verità!

7 Contro la società civile 8.1 Le falle della società civile

- Falle storiche = GENEVIENE AZAM: fa coincidere forze della strategia di autotutela della società con lo smantellamento progressivo dei diritti sociali. La

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fine del welfare è sempre stata ritenuta un fatto di natura e la società civile che ne emerge negli anni 80 è tutta ritagliata dentro la tradizione americana. - Falle geografiche = perché il sud è condannato ad essere in perenne inseguimento con il nord più avanzato, anche perché il terziario funziona nelle zone dove c’è sviluppo, mercato, impresa. - Falle filosofiche = la società civile s’impone come illusione all’immediatezza. Le identità, i bisogni, i valori hanno un’esistenza autonoma che precede una dimensione trascendente. - Falle sociologiche = alienazione (Marx) è una condizione di estraneità dell’uomo rispetto al prodotto del proprio lavoro. Il superamento dell’alienazione consiste nel rendere il mondo coincidente con i propri bisogni e desideri. La felicità è raggiunta quando si ottiene la cosa voluta (alienazione secondaria). Mentre, “al di là del principio del piacere di FREUD ci dice che desiderarlo (alienazione primaria). Bisogna perciò, mancare i propri obiettivi desiderati, perché se li raggiungessimo ne scopriremmo la vanità. La società civile è necessaria per non realizzare i disegni umani, poiché:

- si libera del potere; - rimane intrappolata nell’indecidibilità dell’infinito; - è autonomia.

(es. TELETHON ed il terzo settore che recupera l’emozione e trasforma la soddisfazione del bisogno in un’avventura rischiosa) (es. MOVIMENTO dei MOVIMENTI che hanno come obiettivo la rete per la rete)

- Falle antropologiche = l’uomo civico è proiettato all’inseguimento del benessere e non ha reversioni, è dunque un uomo positivo, buono, edificante e proteso alle relazioni del buon vicinato.

PARTE TERZA

8. (ispirazioni basso-adriatiche)< il pensiero meridiano> In quest’opera l’attenzione è rivolta al SUD, e al bacino del mediterraneo, una specie di periferia politico-economica. Cassano si occuperà di questa descrizione, di questo luogo che sorge in una posizione geografica strategica che ospita in sé terra e mare, dove il mare diviene per i popoli una costante, la terra invece diviene il radicamento, l’identità. Dunque: - mare = libertà/apertura; - terra: radici/origine Scegliere il mare significherà incontrare prima o poi, il vuoto. Si vive in una dismisura tra l’apertura verso il mondo e la chiusura in sé. Il mediterraneo perciò, emerge come luogo della misura tra il radicamento identitario e l’offerta d’emancipazione, di ripartire da zero, come con una tabula rasa. L’esempio qui utilizzato per descrivere al meglio questa metafora è quello di Ulisse, che dà senso al proprio desiderio di libertà nel suo gusto per il viaggio e l’avventura.

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Il discorso si Cassano fa appello alle suggestioni provenienti da altri luoghi lasciati da tempo e considerati con poco interesse. L’Occidente viene descritto come un regno dell’eccessivo produttivismo, come macchina anticulturale e criminogena verso i legami sociali; Cassano trascurerà i decenni di cambiamento in cui la società dei consumi, i media etc… nonostante la loro fama, hanno capovolto gli statuti fondativi della modernità. Appare, pertanto, anche inverosimile la pretesa dell’uomo occidentale, che dopo aver visto l’oceano, decida di rientrare nelle “colonne d’Ercole”, autolimitandosi, imponendosi una misura. La contraddizione dell’opera, sta nel fatto che, Cassano da un lato denuncia i rischi di una illimitata liberazione del desiderio, dall’altra se la prende con la società consumistico-tempestiva perché occulta il desiderio reale.

9. Saperi di Puglia: Carmelo Bene

La Puglia, è l’esempio scelto per il suo territorio policentrico del teatro di Carmelo Bene, Enrico Panunzio e Matteo Salvatore; tre migranti nella grande società per analizzare i suoi canti, la sua storia, le sue culture. “il sapere della puglia non risiede nel tacco, ma si propaga nella cultura d’Occidente”, infatti, Matteo Salvatore, un uomo di canzone, armato di registratore, si è avventurato della Daunia alla ricerca di canzoni popolari, e poiché queste in Puglia non sono molto diffuse, allora se le inventa e le spaccia al suo regista per patrimonio tradizionale pugliese. La sua fama è nata proprio da questo, famosi divennero i suoi concerti, quasi un’esperienza mistica. A pari merito vi è Enrico Panunzio, l’idiota celeste, un uomo di lettere e anche Carmelo Bene, un uomo di teatro che in verità non ha mai prodotto delle opere, ma piuttosto ha disarticolato le opere altrui, aggiungendone letteratura. Il suo percorso, contiene due movimenti:

1. la rivelazione dei paradossi della costituzione antropologica moderna; 2. la messa in scena della “comunità di dipensamento”, fondata sulla di

sparizione del soggetto (antropologia dell’assenza) Carmelo Bene ha smascherato l’antropologia identitaria con delle strategie di scena, ad esempio con la contrazione dei personaggi del dramma, facendo così crollare il dramma su sé, oppure con l’amplificazione, creando così un soggetto serio. Egli pertanto, mira a cancellare l’azione del soggetto all’interno del dramma non più sopprimendo a dismisura la sua presenza scenica, con l’aiuto anche del beneficio del suono (dove la vox del soggetto piena di significati, diviene phone (rumore). Il soggetto che ne emerge, è un soggetto di depensamento, che si priva del pensiero, della volontà e dell’autonomia. Il suo fine, è quello di denunciare il voto della vita in sé, deridendo ogni prospettiva di auto governo dei cittadini.

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Egli è figlio del salento, ma il suo SUD è il regno del depensamento, è un buco nero dal quale emerge un soggetto eteronimo privo di pensieri e visioni, ma che è egli stesso una visione.

10. “Nessuno”, il Mediterraneo levantino <gli effetti frustranti del mediterraneo>

Il Mediterraneo produce frustrazione, perché le sue visioni presenta mondi variopinti, dinamici e dominati, a partire dal modello politico-sociale dell’Europa. Le ragioni di questo, sono molteplici:

- “il crogiolo di civiltà” dell’immagine del Mediterraneo, si contrappone all’immagine di un Mediterraneo “stagno”;

- il pregiudizio si trasforma in una deficienza politica; - vi è difficoltà nel settore politico-economico.

Dunque, il potenziale critico del Mediterraneo è basato solamente sulle derive perverse del modello occidentale, ed esso dichiara apertamente la propria equidistanza rispetto alle singole civiltà non optando per nessuna di esse, ma avendo un’autonomia propria. Poiché però, rispetto alla via occidentale, la via mediterranea ha una propria finalità, il suo ritorno equivale a una sua mera valorizzazione. (es. Egitto che vuole trasformare le aree desertiche, in aree coltivabili)

10.2 Il basso adriatico di “nessuno” Un esempio, che ci permette con chiarezza di cogliere le suggestioni dello spazio mediterraneo, ci è dato da una delle maschere di Ulisse, mentre si confronta con il gigante Polifemo. L’invenzione dello pseudonimo “nessuno” mostra una astuzia identitaria a scomparsa, questa simulazione si presenta come una completa abolizione di sé per percorrere le molteplici vie del Mediterraneo, come il basso adriatico. Quest’area è collocata all’incrocio tra la civiltà d’oriente e quella d’occidente (sia la puglia che l’albania, per secoli, sono state periferie estreme di civiltà rigogliose e imperi magnifici, dei veri e propri centri di potere) e si ritrova in una condizione di liminarita(?) con alla base della costituzione anti-identitaria dei popoli, l’antropologia dell’essenza fondata su un doppio movimento:

1) l’approccio mistico: l’abitante del basso Adriatico ha una portentosa abilità nell’integraziarsi i rappresentanti della storia (colonizzatori). (es. Albania, che ha dovuto subire l’accerchiamento oppressivo delle religioni universaliste, ecco perché questi hanno dovuto procedere a fedi alternate. Grazie al mimetismo di è potuta coltivare una forma di vita modellata sul tragico e confidente con il senso della morte.

2) Preservazione del vernacolare: sotto l’influenza del mimetismo nasce anche questa corrente, espressa tramite due istituzioni cardinali: il tarantismo (tipica logica della dépense salentina, di azzeramento delle sostanze del

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rimorso rimosso grazie a speciali riti e danze che purificano il soggetto, azzerandolo) e la vendetta (consiste nel vendicare un torto subito, con l’uccisione dell’autore, che obbliga tutti i membri dello stesso a ricambiare la cortesia sopprimendo un membro maschio del clan dell’uccisore)

Il ciclo delle vendette è interminabile e genera una particolare confidenza con la morte, che diviene una presenza collettiva costante. Il perseguimento dello stato di pareggio immobilizza le comunità dentro un circuito statico. Il mimetismo e l’esistenza circolare si riflettono su una duplice soluzione del problema della sussistenza:

1) pratica parassitaria di captazione dei flussi e delle risorse; 2) l’autoproduzione vernacolare (raccolta di frutti spontanei della natura)

10.3 L’integrazione orbitale

In Puglia, questa, si è sviluppata a partire dal secondo dopoguerra né dà testimonianza il “salto di fase”, infatti, si è passati da un’economia prevalentemente agricola, ad un’economia di servizi. In questo quadro, la Puglia si è distinta per alcuni connotati specifici (es. la mano criminale è stata meno invasiva rispetto al resto del sud) come la migliore efficienza dell’acquisitività politica, e di mercato che si esprime grazie a dei settori di ampio rilievo come: edilizia, sanità privata, servizi creditizi etc… (es. arricchimento della città di Bari; lo sviluppo dell’economia albanese, nonostante l’incongruità tra i salari ed i costo della vita. L’integrazione albanese è oggi possibile grazie agli immigrati, ai traffici e le provvidenze dei donatori internazionali) le autorità albanesi hanno saputo sfruttare al meglio la collocazione territoriale per costruire un’accorta politica di alleanze con le grandi potenze.

10.4 Il ritorno del politico Il modello del basso adriatico non è solo simbolo di corruzione ed illegalità, produce anche nella sua essenza profonde disuguaglianze ammortizzate da forme di reciprocità e solidarietà, si mostra una forma alternativa di stare al mondo. Infatti, secondo BAUMAN il mondo contemporaneo è bloccato da un ampio rispetto al solito, ma allo stesso tempo, nessuno crede veramente che dei progetti collettivi possono comportare dei cambiamenti reali, per i quali il politico può solo produrre piccoli aggiustamenti ed assicurare che gli obiettivi vengono perseguiti in modo razionale ed equilibrato. Per ritrovare la grande politica, occorre partire dal “de pensionamento”; (es. il presidente della Puglia, Vendola, che ha restituito la cittadinanza alla sinistra, interrompendo la corsa alla coltivazione individuale) (es. il caso roma: artisti di Tirana che alla fine degli anni ’90 si è fatto dare il titolo come migliore sindaco del mondo)

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