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LA CORROSIONE DELLE ARMATURE NEL CALCESTRUZZO Pietro Pedeferri Politecnico di Milano Fino alla fine degli anni 70 si riteneva che le strutture in calcestruzzo armato fossero intrinsicamente durevoli anche se costruite senza particolare cura ed esposte anche ad ambienti normalmente aggressivi nei confronti delle strutture in acciaio. In anni più recenti di fronte all'aumentare dei casi di degrado, ai problemi e ai rischi conseguenti nei confronti di cose e, soprattutto di persone, ai costi di manutenzione e di ripristino, la prospettiva è drasticamente cambiata. E a questo certamente si deve la nuova sensibilità che oggi molti addetti ai lavori hanno nei confronti del degrado delle opere in calcestruzzo armato e della sua prevenzione. 1.I meccanismi di degrado del calcestruzzo armato Il calcestruzzo può subire processi di degrado che possono essere distinti (Figura 1) in: fisici (causati da variazioni termiche naturali, come il gelo-disgelo, o artificiali, come quelle prodotte da incendi), meccanici (abrasione, erosione, urto, esplosione), chimici (attacco acido, solfatico, da solfuri, da acque pure, da acqua di mare, reazioni alcali-aggregati), biologici (azione del fouling) e strutturali (sovraccarichi, assestamenti, sollecitazioni ripetute ciclicamente). Questa distinzione è puramente indicativa perché in pratica alcuni dei processi si sovrappongono, dando luogo frequentemente ad azioni sinergiche. Quando il calcestruzzo, come avviene nella maggior parte delle applicazioni, è rinforzato con armature di acciaio destinate a sostenere gli sforzi di trazione, si può presentare un altro tipo di attacco: la corrosione delle armature. Ed è solo di questo tipo di attacco, di gran lunga il più importante, che si parlerà in seguito.

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LA CORROSIONE DELLE ARMATURE NELCALCESTRUZZO

Pietro PedeferriPolitecnico di Milano

Fino alla fine degli anni 70 si riteneva che le strutture in calcestruzzo armato fossero intrinsicamentedurevoli anche se costruite senza particolare cura ed esposte anche ad ambienti normalmente aggressivinei confronti delle strutture in acciaio. In anni più recenti di fronte all'aumentare dei casi di degrado, aiproblemi e ai rischi conseguenti nei confronti di cose e, soprattutto di persone, ai costi di manutenzionee di ripristino, la prospettiva è drasticamente cambiata. E a questo certamente si deve la nuovasensibilità che oggi molti addetti ai lavori hanno nei confronti del degrado delle opere in calcestruzzoarmato e della sua prevenzione.

1.I meccanismi di degrado del calcestruzzo armato

Il calcestruzzo può subire processi di degrado che possono essere distinti (Figura 1) in: fisici (causati davariazioni termiche naturali, come il gelo-disgelo, o artificiali, come quelle prodotte da incendi),meccanici (abrasione, erosione, urto, esplosione), chimici (attacco acido, solfatico, da solfuri, da acquepure, da acqua di mare, reazioni alcali-aggregati), biologici (azione del fouling) e strutturali(sovraccarichi, assestamenti, sollecitazioni ripetute ciclicamente). Questa distinzione è puramenteindicativa perché in pratica alcuni dei processi si sovrappongono, dando luogo frequentemente ad azionisinergiche.

Quando il calcestruzzo, come avviene nella maggior parte delle applicazioni, è rinforzato conarmature di acciaio destinate a sostenere gli sforzi di trazione, si può presentare un altro tipo di attacco:la corrosione delle armature. Ed è solo di questo tipo di attacco, di gran lunga il più importante, che siparlerà in seguito.

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Figura 1 Classificazione delle cause di degrado in servizio delle opere in calcestruzzo armato.

2. Innesco e propagazione della corrosione

La corrosione è un processo di natura elettrochimica. E come tutti i processi elettrochimici per potersiprodurre richiede la presenza di un elettrolita. Nel caso del calcestruzzo l'elettrolita è la soluzionepresente nei suoi pori capillari che è sostanzialmente una soluzione di idrossido di sodio e di potassiocon un pH compreso tra 13 e 14 se il calcestruzzo è stato confezionato con cemento Portland,leggermente inferiore, ma comunque superiore ai 12,5, nel caso dei cementi di miscela.In soluzioni alcaline aerate con pH>11,5 e in assenza di cloruri, il ferro si ricopre di un sottilissimo filmdi ossido, il cui spessore è di pochi strati molecolari. In queste condizioni, che sono dette di passività, lavelocità di corrosione è praticamente nulla. La stessa cosa succede alle armature annegate nelcalcestruzzo correttamente confezionato e messo in opera.

Purtroppo, nel tempo, il calcestruzzo può perdere le caratteristiche protettive. Questo si verificaessenzialmente per tre motivi.1. Partendo dagli strati più esterni e passando via via a quelli più interni, l’alcalinità del calcestruzzo

può essere neutralizzata dall’anidride carbonica proveniente dall’ambiente esterno, per cui lasoluzione all'interno dei pori del cls passa da pH>13 a pH<9 (a questo processo si dà il nome dicarbonatazione) e quindi distrugge il film di ossido e lcon questo le condizioni di passività.

2. A contatto con ambienti contenenti cloruri, nel calcestruzzo possono penetrare questi ioni fino araggiungere le armature. Se alla superficie delle armature si supera un tenore critico di cloruri(indicativamente dell’ordine di 0,4-1% del contenuto in peso di cemento) il film protettivo puòrompersi localmente.

3. Infine, nel caso di strutture interessate da campi elettrici e quindi percorse da correnti disperse (ovaganti) che interferiscono con le armature (cioè passano in alcune zone dal calcestruzzo allearmature e in altre dalle armature al calcestruzzo), il film protettivo può venir distrutto nelle zone incui la corrente esce dalle armature.

Figura 2 Periodo di innesco e periodo di propagazione della corrosione in una struttura in calcestruzzoarmato (modello di Tuutti).

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Una volta distrutto il film, la corrosione si produce solo se alla superficie delle armature sono presentiacqua e ossigeno oppure, nel caso di correnti disperse, se l’interferenza continua nel tempo. Ladistruzione del film protettivo è la precondizione necessaria (ma non sufficiente) perché la corrosionepossa avvenire.Nella vita delle strutture in calcestruzzo armato si possono individuare due fasi nettamente distinte(Figura 2): una fase di innesco della corrosione, in cui si producono i fenomeni che portano alla perditadelle condizioni di passività, cioè alla distruzione locale o generalizzata del film protettivo, e una fase dipropagazione più o meno veloce dell’attacco, a partire dal momento in cui il film protettivo vienedistrutto.

3. Morfologia e conseguenze e velocità di corrosione

La carbonatazione distrugge completamente il film passivo; i cloruri ne provocano, invece, una“rottura” localizzata, a meno che non siano presenti in tenori molto elevati; le correnti disperse lodistruggono laddove lasciano le armature per entrare nel calcestruzzo. Pertanto:1. la corrosione da carbonatazione si presenta uniformemente distribuita sulla superficie dell’armatura;2. la corrosione da cloruri risulta in generale di tipo localizzato con attacchi penetranti, che si

configurano come crateri (pit), circondati da zone non corrose (a questo tipo di corrosione si dà ilnome di pitting,); solo nel caso di elevati tenori di cloruri (soprattutto al diminuire del pH) il filmpuò essere distrutto su ampie zone delle armature per cui la corrosione appare di tipo generalizzato;

3. la corrosione da correnti disperse si localizza nelle zone dove la corrente lascia le armature.Su armature ad alta resistenza per strutture in calcestruzzo armato precompresso (ma non per le

comuni armature per calcestruzzo armato), in condizioni ambientali, di potenziale, metallurgiche emeccaniche molto specifiche, è possibile che si sviluppino cricche di corrosione sotto sforzo, in generaleda infragilimento da idrogeno, in grado di portare a rottura “fragile” il materiale.

I fenomeni corrosivi risultano spesso segnalati dalla comparsa alla superficie esterna delcalcestruzzo di macchie di ruggine oppure da danneggiamenti del copriferro provocati dall’azioneespansiva dei prodotti di corrosione. Questi occupano infatti un volume da 2 a 6 volte superiore a quellodel ferro da cui provengono a seconda della composizione e del grado di idratazione degli ossidi che siformano.

Figura 3 Conseguenze strutturali della corrosione delle armature nelle opere in calcestruzzo armato

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Le conseguenze dei fenomeni corrosivi non riguardano solo gli aspetti funzionali o lo stato esterioredelle opere interessate dal processo, ma anche gli aspetti strutturali e di sicurezza.

Le principali conseguenze strutturali dell’attacco corrosivo sono schematizzate in Figura 3.Soprattutto quando l’attacco è localizzato, la riduzione della sezione resistente delle armature può esseretale da portare alla diminuzione della loro capacità di sopportare i carichi statici o dinamici. L’azioneespansiva indotta dai prodotti di corrosione all’interfaccia armature-calcestruzzo può provocare fessurenel copriferro, una sua locale espulsione o una sua totale delaminazione oppure la riduzione di aderenzadelle armature, che può avere gravi conseguenze strutturali. In condizioni molto particolari e solo conacciai ad elevato carico di snervamento, possono anche aver luogo cedimenti strutturali improvvisi dacorrosione sotto sforzo.La velocità di corrosione viene misurata in genere in µm/anno. Finché questa si mantiene al di sotto di1,5-2 µm/anno, le conseguenze dell’attacco sulle armature sono trascurabili, almeno in relazione allavita di servizio richiesta alle comuni opere in calcestruzzo armato.

Figura 4 Indicazione approssimata della velocità di corrosione in diversi calcestruzzi e in diverse condizioniambientali.

Quando invece supera i 2 µm/anno, i prodotti di corrosione si accumulano all’interfacciaarmatura/calcestruzzo provocando dapprima una riduzione di aderenza e poi, una volta che l’attacco èpenetrato di uno spessore compreso tra i 20 e 200 µm (a seconda delle caratteristiche del copriferro, deldiametro delle armature, delle condizioni ambientali, del tipo e della velocità di corrosione, della naturadei suoi prodotti, ecc.), danneggiamenti anche nel calcestruzzo. Si noti come nel caso la corrosione siaprodotta da cloruri la velocità di penetrazione sia nettamente superiore.

La Figura 4 riporta le velocità con cui si producono i fenomeni corrosivi in alcune situazioni tipiche.

4. La carbonatazioneL’anidride carbonica presente nell’atmosfera, in tenori variabili da 0,04% in ambiente rurale a 0,2%

in ambiente cittadino, quando viene a contatto con il calcestruzzo tende a neutralizzare, a partire daglistrati più esterni, i suoi componenti alcalini. Anche altre sostanze acide, ad esempio l'anidride solforosa(presente in tenori fino a 5-10 mg/l nelle piogge acide) o gli ossidi di azoto, possono neutralizzarel'alcalinità del calcestruzzo, ma la loro azione risulta in genere trascurabile rispetto a quella della CO2.

La reazione di carbonatazione si può scrivere schematicamente come:

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OHCaCOCa(OH)CO 23NaOH O,H

222 + →+

ma in realtà si produce attraverso varie reazioni intermedie che coinvolgono gli idrossidi di sodio epotassio.

La carbonatazione non provoca alcun danno al calcestruzzo; anzi, almeno nel caso di calcestruzziottenuti con cemento portland, riduce la porosità e porta a una maggiore resistenza meccanica. Hainvece importanti conseguenze nei confronti delle armature; infatti il pH della soluzione nei pori delcalcestruzzo si riduce dai valori iniziali, in genere compresi tra 13 e 14, a valori vicini alla neutralità.L'acciaio nel calcestruzzo carbonatato si trova quindi a contatto con acqua praticamente pura,caratterizzata da un valore di pH ben al di sotto di 11,5, minimo valore necessario per assicurare, inassenza di cloruri, le condizioni di passività.

4.1 Avanzamento della carbonatazioneLa reazione di carbonatazione inizia alla superficie esterna del calcestruzzo e poi interessa le regioni piùinterne. La determinazione sperimentale dello spessore carbonatato si può effettuare in modo moltosemplice spruzzando su una superficie di rottura del calcestruzzo una soluzione alcoolica difenolftaleina (UNI 9944). Le zone a pH superiore a 9 assumono la colorazione rosa tipica dellafenolftaleina in ambiente basico, mentre quelle carbonatate non vengono colorate. La prova deve essereeffettuata subito dopo la rottura del calcestruzzo, in quanto nel tempo lo strato esterno di calcestruzzotende a carbonatarsi.

L’andamento della penetrazione della carbonatazione nel tempo segue una legge del tipo:s = K ⋅ t1/n

dove: s è lo spessore dello strato carbonatato e t il tempo. La velocità di penetrazione, ds/dt = (K/n)⋅t(1-

n)/n, tende quindi a diminuire nel tempo.In calcestruzzi porosi l’esponente n vale circa 2 e quindi si ottiene un andamento parabolico: s =

K⋅ t . In calcestruzzi compatti, la diminuzione nel tempo della velocità di carbonatazione è più marcata,per cui n > 2. In calcestruzzi molto impervi la velocità tende nel tempo praticamente ad annullarsi.Il coefficiente K, che esprime la velocità con cui avanza la carbonatazione, dipende sia da fattoriambientali (umidità, temperatura, contenuto di anidride carbonica) sia da fattori legati al calcestruzzostesso (alcalinità, porosità).Oltre alla formula parabolica, sono state proposte altre formule empiriche che prendono direttamente inconto i principali fattori che regolano la carbonatazione: sia ambientali (umidità, temperatura) cherelativi al calcestruzzo (tipo di cementoa/c, stagionatura).

Umidità relativa. La velocità di penetrazione della carbonatazione varia con l’umidità del calcestruzzoper due motivi. Anzitutto il trasporto dell’anidride carbonica all’interno di questo materiale ha luogofacilmente attraverso i pori riempiti d’aria, cioè in fase gassosa, mentre avviene molto lentamente inquelli riempiti d’acqua (il rapporto tra le velocità di diffusione nelle due condizioni è di circa 104). Diconseguenza la velocità di diffusione dell’anidride carbonica diminuisce al crescere dell’umidità relativa(più marcatamente al di sopra dell’80%) fino praticamente ad annullarsi in calcestruzzo saturo. Questosignifica che quando il calcestruzzo è bagnato, la penetrazione della CO2 cessa. D’altra parte la reazionedi carbonatazione vera e propria si produce soltanto in presenza d’acqua per cui, di fatto, per umiditàinferiori al 40% non avviene con velocità apprezzabile. Per questi due opposti motivi, l’intervallo diumidità relativa più pericoloso per la carbonatazione è compreso tra 50 e 80%.

Il valore di K, quindi, può cambiare nel tempo (ad esempio perché la struttura è soggetta abagnamenti e asciugamenti), da una zona all’altra della costruzione (ad esempio, passando da una zonariparata dalla pioggia a una esposta o da una zona in corrispondenza alle riprese di getto a una piùlontana, la velocità di penetrazione può risultare notevolmente inferiore), passando dagli strati piùesterni a quelli più interni del calcestruzzo (gli strati più esterni risultano più secchi di quelli interni nellefasi di asciugamento, mentre il contrario succede nella fase di bagnamento; pertanto la pelle del

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calcestruzzo ha caratteristiche diverse dalla zona più interna) oppure passando da una regione piovosa oad alta umidità a una secca.

Si sottolinea l’estrema importanza, nelle situazioni concrete, del microclima, cioè delle condizioni diumidità e temperatura che si creano nelle diverse parti della struttura, per effetto anche della geometriadella struttura stessa. Ad esempio, nel caso di una parete esterna di un edificio, in una zona schermatadalla pioggia la velocità di penetrazione è sempre molto più elevata che non nella zona schermata.Analogamente, la velocità di penetrazione della carbonatazione all’esterno di un edificio in una zona nonschermata dalla pioggia risulta inferiore che non all’interno. I parametri importanti sono il tempo in cuila struttura resta bagnata, ma anche la frequenza e la durata dei cicli dibagnamento-asciugamento.

Concentrazione dell’anidride carbonica. Al crescere del contenuto di anidride carbonicanell’atmosfera, la velocità di penetrazione del fronte carbonatato aumenta.

Temperatura. L’aumento della temperatura, a parità di altre condizioni e in particolare dell’umiditàche in genere è il parametro più importante, fanno crescere la velocità di penetrazione.

Alcalinità del calcestruzzo. La capacità di un calcestruzzo di fissare la CO2 è proporzionaleall’alcalinità presente nella sua pasta cementizia e quindi dipende dalla quantità di cemento utilizzato.L’alcalinità dipende anche dal tipo di cemento. Nel cemento portland circa il 64% del peso di cemento ècostituito da ossido di calcio (CaO, solo in piccola parte in soluzione e per il resto presente all’internodei prodotti di idratazione) e circa 0,5-1,5% da Na2O e da K2O (prevalentemente in soluzione comeNaOH e KOH). Nel caso di cementi d’alto forno con il 70% di loppa, il contenuto di CaO scende acirca il 44%. Per cementi con aggiunte pozzolaniche, la quantità di CaO è intermedia tra questi duevalori.

Rapporto a/c, stagionatura. La porosità del calcestruzzo ha una notevole influenza sulla velocità dipenetrazione della carbonatazione. La diminuzione del rapporto a/c, determinando una diminuzionedella porosità capillare della pasta cementizia idrata, consente di rallentare la penetrazione dellacarbonatazione. Per ottenere questi vantaggi, tuttavia, il calcestruzzo deve essere stagionatoadeguatamente.

0

20

40

60

80

100

120

0 10 20 30 40 50Tempo (anni)

Prof

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tà d

i car

bona

tazi

one

(mm

)

K = 2,82

K = 7

K = 15

Figura 5 Profondità del fronte carbonatato, calcolata con la formula s = K⋅t½, in funzione del tempo e di K.

Dalla Figura 5, che riporta l’andamento nel tempo dello spessore carbonatato per diversi valori di K, sipuò vedere come il fronte carbonatato risulti inferiore a 20 mm (spessore minimo di copriferro in moltestrutture) dopo 50 anni, solo se K è inferiore a 2,82. Questo significa che, in zone riparate dalla pioggia,

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2 cm di copriferro portano a un periodo di innesco superiore a 50 anni solo con calcestruzzi moltocompatti.

4.2 La propagazioneUna volta che il fronte carbonatato ha raggiunto le armature, depassivandole, la corrosione può averluogo se sono presenti acqua e ossigeno. Se si escludono solo le condizioni di completa e permanentesaturazione del calcestruzzo, l’ossigeno è in grado di raggiungere la superficie delle armature in quantitàsufficienti per permettere lo svolgimento del processo corrosivo. In realtà la velocità di corrosione èdeterminata principalmente dalla resistività del calcestruzzo. Il contenuto d’acqua nel calcestruzzo è ilparametro più importante, nel determinarne la resistività, mentre hanno un ruolo secondario (anche serimangono significative nell’intervallo di umidità relativa compreso fra 60 e 90%, Figura 6) lecaratteristiche del calcestruzzo e quindi i fattori che le determinano (tipo di cemento, rapporto a/c,maturazione, ecc.) che sono invece importanti nel determinare la velocità di penetrazione dellacarbonatazione e quindi il tempo di innesco.

Figura 6 Valori massimi, minimi e medi della velocità di corrosione in calcestruzzo carbonatato al variaredell’umidità ambientale.

Poiché, almeno con calcestruzzi di buona qualità, la velocità di corrosione risulta trascurabile perumidità relative minori di 80% spesso si introduce il fattore tempo di bagnato (ω, cioè la frazione ditempo in cui l’umidità relativa risulta superiore al 80%) per esprimere la penetrazione dell’attacco (p)nel tempo t. Si suppone cioè che la corrosione propaghi solo durante il tempo di bagnato. Inoltre si èosservato che la velocità di corrosione tende a diminuire nel tempo. Infatti i prodotti di corrosione,ancorché non in grado di passivare le armature, interferiscono con il processo corrosivo riducendone lavelocità.

In Figura 6 sono riportate le velocità di corrosione per carbonatazione in funzione dell’umiditàrelativa. Si può notare come, solo in vicinanza delle condizioni di saturazione sia possibile raggiungerevelocità massime di corrosione dell’ordine di 100-200 µm/anno, mentre i valori massimi tipici per moltedelle condizioni ambientali riscontrabili in pratica con l’esposizione agli agenti atmosferici è compresatra 5 e 50 µm/anno. I valori medi sono pressappoco un ordine di grandezza inferiore.

Dai valori riportati risulta evidente come la velocità di corrosione da carbonatazione possa ritenersitrascurabile, se non in condizioni di elevata umidità o in presenza di condense alla superficie delcalcestruzzo di durata e frequenza tali da far variare il tenore d’acqua a livello delle armature. Ad

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esempio, in strutture esposte in ambienti interni o comunque riparati dalla pioggia, il fatto che ilcalcestruzzo a livello delle armature sia carbonatato raramente costituisce un problema perché eventualimomentanee presenze di condensa o di bagnamenti alla superficie del calcestruzzo non si traducono inaumenti del tenore di acqua a livello delle armature. Ovviamente se, per qualsiasi motivo, ad esempioperdita di una tubazione o infiltrazioni d'acqua, dovesse penetrare dell'acqua nel calcestruzzocarbonatato, la velocità di corrosione non sarebbe più trascurabile.

Siccome nelle condizioni in cui la velocità di carbonatazione è massima (UR 50-80%), la velocità dipenetrazione della corrosione è modesta e viceversa, le situazioni peggiori sono quelle caratterizzate daalternanza di condizioni di umidità bassa con altre ad alta umidità, come succede nel caso dicalcestruzzo esposto alla pioggia.

4.3 Presenza di piccoli tenori di cloruriLa situazione è molto più grave se nel calcestruzzo sono presenti cloruri anche in piccoli tenori, cioèanche in tenori insufficienti per creare di per sé condizioni di corrosione. La presenza di piccoli tenori dicloruri nel calcestruzzo può essere dovuta sia all'impiego di materie prime (acqua, aggregati, additivi)contenenti questi ioni, sia alla penetrazione di questi ioni dall'ambiente esterno (ambiente marino, saliantigelo). Molte costruzioni degli anni ’60 e ’70 in zone marine oppure nei paesi freddi, risultanoinquinate con piccoli tenori di cloruri per la pratica, molto frequente in quegli anni nei mesi invernali eper le strutture prefabbricate, di aggiungere al calcestruzzo additivi acceleranti a base di cloruro dicalcio. La carbonatazione ha come effetto secondario quello di liberare i cloruri e questo rende lasoluzione presente nei pori molto più aggressiva.

5. Corrosione da cloruri

I cloruri rappresentano una causa frequente di corrosione delle armature. Infatti, nonostante lenormative attuali per il progetto delle strutture in calcestruzzo armato vietino l’impiego di materie primeche ne contengano una significativa concentrazione, i sali a base di cloruri possono penetraredall’ambiente esterno. Questo si verifica ad esempio nelle strutture marine o in molte opere stradali sucui si spargono sali disgelanti. É importante osservare che, quando si interviene per il recupero distrutture realizzate in passato, è invece necessario verificare la presenza di cloruri che possono esserestati aggiunti nel getto tramite l’acqua d’impasto o gli aggregati (ad esempio impiegando sabbia di marenon lavata) oppure tramite gli additivi (il cloruro di calcio, ora vietato, era l’additivo accelerante diindurimento più impiegato in passato).

L’attacco corrosivo può aver luogo solo quando la concentrazione dei cloruri raggiunge un valoresufficientemente elevato nel calcestruzzo a contatto con le armature. Il contenuto di cloruri necessarioper danneggiare il film che protegge le armature dipende dal potenziale delle armature, che a sua volta èlegato alla quantità di ossigeno che raggiunge la loro superficie. Di conseguenza, l’attacco può averluogo per un contenuto di cloruri relativamente modesto quando il calcestruzzo è esposto all’atmosfera,dove l’ossigeno può raggiungere facilmente le armature; è invece necessario un tenore molto più elevatoquando il calcestruzzo è immerso in mare o comunque l’apporto di ossigeno risulta ostacolato e quindi ilpotenziale delle armature è basso.

5.1 Contenuto critico di cloruriNelle strutture esposte all’atmosfera l’ingresso dell’ossigeno verso le armature non è ostacolato e ilpotenziale delle armature è prossimo a 0 V SCE. In queste condizioni l’innesco della corrosione haluogo quando la quantità di cloruri nella soluzione dei pori del calcestruzzo è tale da portare a valorecritico del rapporto [Cl-]/[OH-]. Noto il pH del calcestruzzo (e quindi la concentrazione degli ioni OH-) è

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quindi possibile determinare il contenuto critico di cloruri. Questo viene in genere espresso inpercentuale rispetto alla massa di cemento nel calcestruzzo.

In pratica, con calcestruzzi non carbonatati ottenuti con normali cementi portland (e quindi conpH>13), il rischio di corrosione è basso per un contenuto di cloruri inferiore a 0,4% (in massa rispettoal contenuto di cemento) ed elevato per tenori superiori a 1%. Il limite critico tende verso valori piùelevati nel caso di calcestruzzi poco permeabili e con aggiunte pozzolaniche o di scoria d’altoforno.

In realtà, sono pericolosi solo i cloruri disciolti nell’acqua presente nei pori, ma non quelli legati aicostituenti della matrice cementizia, come ad esempio i cloruri adsorbiti al gel C-S-H o quelli che silegano all’alluminato tricalcico per dare cloroalluminati. La capacità di legare i cloruri dipendesoprattutto dal contenuto di alluminato tricalcico nel cemento. Ad esempio, i cementi solfato-resistentisono caratterizzati da un basso tenore di alluminato tricalcico e quindi il rischio di corrosione neicalcestruzzi realizzati con questi cementi, a pari contenuto totale di cloruri, è più elevato rispetto aicomuni calcestruzzi di cementi portland.

Anche la composizione dell’ambiente aggressivo influisce sulla percentuale di cloruri bloccati. Adesempio, quando la soluzione acquosa che penetra nel calcestruzzo contiene, oltre a cloruri, anchesolfati, la capacità legante del calcestruzzo nei confronti dei cloruri diminuisce, in quanto gli alluminatidi calcio presentano una maggiore tendenza a combinarsi con i solfati che non con i cloruri. In questicasi il tenore critico di cloruri si posiziona sui valori più bassi dell’intervallo sopra citato o addiritturainferiori (ad esempio 0,2% in peso di cemento).

Strutture immerse. Nel caso di strutture immerse in acqua o comunque prossime alla saturazione, lecui armature sono caratterizzate da potenziali molto negativi, ad esempio compresi fra −400 e −600 mVSCE, il tenore critico di cloruri risulta notevolmente più elevato, potendo raggiungere anche valori di unordine di grandezza superiore a quello delle strutture aeree.

5.2 Tempo di innescoNella grande maggioranza dei casi i cloruri provengono dall’esterno. La corrosione può iniziare soloquando alla superficie delle armature il loro tenore raggiunge il valore critico. Il tempo necessarioperché ciò avvenga (tempo di innesco della corrosione), dipende dal tenore di cloruri sulla superficieesterna del calcestruzzo, dalle caratteristiche della matrice cementizia, dallo spessore di copriferro e dalcontenuto critico di cloruri.

0

1

2

3

4

5

6

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10Profondità (cm)

Clo

ruri

(% in

pes

o di

cem

ento

)

C s = 5% t = 10 anni

D = 10-11 m2/s

D = 10-12 m2/s

D = 10-13 m2/s

Figura 7 Profili di diffusione dei cloruri nel calcestruzzo, dopo 10 anni di esposizione con unaconcentrazione superficiale del 5%, calcolati con la Formula 6.2 per valori del coefficiente didiffusione apparente pari rispettivamente a 10-11, 10-12 e 10-13 m2/s.

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I profili di concentrazione che descrivono la penetrazione nel tempo dei cloruri all’interno delcalcestruzzo (Figura 7) si possono ottenere applicando la seconda legge di Fick che descrive i processidiffusivi non stazionari. In realtà, solo nel calcestruzzo completamente saturo d’acqua la penetrazionedei cloruri avviene con un meccanismo di pura diffusione. Nella maggior parte delle situazioni, oltre aquello diffusivo, operano anche altri meccanismi di trasporto. Ad esempio, quando un calcestruzzoasciutto viene a contatto con un liquido contenente cloruri, inizialmente si produce un assorbimentocapillare del liquido; in seguito, almeno, negli strati esterni del calcestruzzo, si possono alternare periodidi bagnamento e processi di evaporazione dell’acqua che rendono questi strati ricchi di cloruri.

L’esperienza mostra che, anche in presenza di altri meccanismi di penetrazione, si possono prevederecon buona approssimazione i profili di concentrazione dei cloruri nel tempo utilizzando un’equazioneformalmente identica a quella che rappresenta la seconda legge di Fick. In genere si considera ilcontenuto totale di cloruri e si introduce un coefficiente di diffusione effettivo (o apparente) ricavatosperimentalmente:

2

2

cexCD

tC

∂−=

∂∂

dove: C = contenuto totale di cloruri (% in peso rispetto al cemento o al calcestruzzo); al tempo t (s) ealla distanza x dalla superficie del calcestruzzo (cm); Dce = coefficiente di diffusione effettivo dei cloruri(cm2/s). Supponendo che il contenuto superficiale di cloruri (Cs) si mantenga costante nel tempo, siottiene la soluzione (vedi Paragrafo 3.2):

−=

tDxCC

cesx 2

erf1

che consente di valutare il contenuto di cloruri Cx alla profondità x e al tempo t. Pertanto, noti Dce e Cs,è possibile valutare l’evoluzione temporale dei profili di concentrazione dei cloruri nel copriferro equindi, in particolare, stimare l’istante in cui verrà raggiunto il contenuto critico per l’innesco dellacorrosione in di questa relazione, vi sono tre assunzioni implicite, non sempre verificate nella realtà: ilcontenuto superficiale di cloruri (Cs) rimane costante in tutto il periodo di esposizione; il coefficiente didiffusione effettivo (Dce) non cambia durante il periodo di esposizione; il calcestruzzo è omogeneo, percui Dce non varia in funzione della profondità.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Profondità (cm)

Tem

po (a

nni)

D = 10-11 m2/s

D = 10-12 m2/s

D = 10-13 m2/s

C s = 5% Cx = 1%

Figura 8 Tempo necessario per raggiungere con meccanismo diffusivo una concentrazione di cloruri dell’1%alle diverse profondità nel calcestruzzo ( concentrazione superficialesupposta pari al 5%).

Contenuto superficiale. Poiché la velocità di penetrazione dei cloruri dipende dal valore di Cs, ènecessario disporre di valori affidabili di questa grandezza e delle sue eventuali variazioni nel tempo.Nel caso di strutture in ambiente marino si è osservato che, entro pochi mesi, Cs si porta a un valore chepoi si mantiene costante (alcuni autori riportano un leggero aumento anche in periodi suc-cessivi).

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Questo valore dipende dalla posizione della struttura, dall’orientamento della sua superficie, dallaconcentrazione dei cloruri nell’atmosfera e dalle condizioni di esposizione in relazione ai venti prevalentio alle piogge. I valori più elevati di Cs si misurano nella zona degli spruzziI valori di Dce variano in genere da 10-13 m2/s a 10-10 m2/s in funzione delle caratteristiche delcalcestruzzo. Dce dipende, in particolare dalla permeabilità del calcestruzzo e da tutti i fattori che ladeterminano, quali: il rapporto acqua/cemento, le modalità di messa in opera, la maturazione, lapresenza di fessurazioni. Anche il tipo di cemento impiegato per la realizzazione del calcestruzzo ha unruolo determinante: passando da calcestruzzi ottenuti con solo cemento portland a calcestruzzi ottenuticon cementi di miscela Dce si riduce drasticamente. Di particolare rilevanza è l’effetto della loppad’altoforno granulata e macinata (GGBS) quando viene aggiunta in tenori sufficientemente elevati incalcestruzzi ben stagionati.Nel caso di cementi di miscela Dce diminuisce nel tempo anche dopo decine di anni.

5.3 Velocità di propagazioneNel caso di strutture esposte all’atmosfera, una volta che l’attacco localizzato si è innescato, la velocitàdi corrosione può passare da qualche decina di µm/anno a un 1 mm/anno, al crescere del tenore diumidità dal 70 al 95% e del tenore di cloruri dall’1 al 3% (in peso rispetto al cemento). Passando daclimi temperati a climi tropicali, la velocità di corrosione può crescere ulteriormente.In pratica, quindi, in strutture contaminate da cloruri l’attacco corrosivo, una volta innescato, puòportare in tempi molto brevi a riduzioni inaccettabili della sezione delle armature anche nelle comunicondizioni di esposizione atmosferica.

Il limite inferiore dell’umidità relativa in corrispondenza al quale la velocità di corrosione divienetrascurabile dipende dalle caratteristiche del calcestruzzo, dal contenuto di cloruri alla superficie delcalcestruzzo e dal tipo di sale da cui provengono. In ogni caso questo limite risulta molto minore diquello che rende trascurabili gli effetti di corrosione prodotti dalla carbonatazione. In presenza di altitenori di cloruri, soprattutto di quelli più igroscopici come i cloruri di calcio o di magnesio, anche perumidità relative esterne pari al 40-50% la velocità media di penetrazione dell’attacco può risultaresuperiore a 2 mA/m2.

Nel caso di strutture permanentemente e completamente immerse in acqua, anche supposto che lecondizioni per l’innesco della corrosione vengano raggiunte (ma in genere non succede), il ridottissimoapporto di ossigeno alle armature mantiene la velocità di corrosione su valori molto bassi e pertanto glieffetti dell’attacco corrosivo risultano trascurabili anche dopo tempi molto lunghi.

6. La prevenzioneLa prevenzione della corrosione delle armature e delle altre forme di degrado interessa tutte le fasi cheportano alla realizzazione di un’opera in calcestruzzo. Inizia in sede di progetto dell’opera, nel momentodella concezione e del calcolo della struttura, del disegno dei suoi particolari costruttivi, della scelta deimateriali da utilizzare e delle loro proporzioni ottimali. Si sviluppa poi nella fase della sua realizzazionecon la preparazione, la messa in opera, la costipazione e la maturazione del calcestruzzo e conl’eventuale applicazione di misure speciali di prevenzione aggiuntiva. Continua inoltre per tutta la suavita di servizio con interventi programmati di ispezione e manutenzione.

Per quanto riguarda le misure di prevenzione riguardanti specificamente la progettazione e la messain opera e la manutenzione delle strutture, ci si limita a richiamare alcune regole pratiche:• la tipologia dell’opera deve consentire l’accessibilità all’ispezione e alla manutenzione;• lo schema strutturale deve essere tale da limitare al minimo la fessurazione del calcestruzzo;• il progetto dei dettagli costruttivi deve, con riferimento anche a quelle che saranno le modalità

esecutive, evitare geometrie complesse, spigoli vivi, addensamenti di armature; in merito occorrericordare che giunti di dilatazione, appoggi e ogni zona di possibile ristagno d’acqua costituisconopunti deboli della struttura dal punto di vista della durabilità;

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• in sede di messa in opera occorre adottare tutte le precauzioni necessarie affinché: l’impasto nonsubisca segregazione durante il trasporto e la posa in opera; la vibrazione porti alla massimacompattazione possibile; gli effettivi spessori di copriferro corrispondano a quelli di progetto; lecondizioni di temperatura e di umidità siano mantenute ottimali per un periodo sufficientemente lungo,al fine di consentire l’idratazione del cemento;

• ovviamente, in tutte queste fasi devono essere messi in atto tutti i controlli necessari per ottenere unprodotto che rispetti i requisiti qualitativi. Siccome operano figure diverse (il progettista, ilconfezionatore del calcestruzzo, l’impresa costruttrice e quella che effettua la manutenzione) risultanoparticolarmente importanti i controlli alla loro interfaccia, cioè dove la responsabilità della qualità delprodotto passa da un gruppo a un altro.

6.1 ErroriLa Figura 9 illustra i risultati di un’analisi sulle cause che hanno portato alla corrosione delle armature.Si tratta di dati aggregati che possono essere diversi se si analizza la situazione di specifiche strutture(ad esempio ponti, edifici o costruzioni marine) oppure di regioni particolari per motivi climatici o dialtra natura. Tuttavia si osserva che la grandissima maggioranza dei casi è da ricondurre a errori in sededi progetto o in sede di realizzazione dell’opera.

Figura 9 Cause di corrosione su 10000 casi esaminati (Patterson, 1984).

Le soluzioni progettuali inadeguate riguardano: l’adozione di una tipologia costruttiva che favoriscel’instaurarsi di condizioni locali molto aggressive (ad esempio perché prevede un numero eccessivo digiunti o una geometria inutilmente complessa); lo schema strutturale che non consente una correttadistribuzione degli sforzi e porta quindi a un’eccessiva fessurazione del calcestruzzo; il mix design cheprevede l’impiego di un tipo di cemento, di una quantità di cemento, di un rapporto acqua/cemento e diun tipo di aggregato inadeguati rispetto all’aggressività ambientale; i dettagli costruttivi non adeguati.Tra questi ultimi sono importanti soprattutto (Figura 10): la prescrizione di uno spessore di copriferroinsufficiente rispetto alle condizioni di aggressività ambientale; i dettagli geometrici della struttura cheportano al bagnamento di parti critiche della struttura stessa o favoriscono i ristagni d’acqua; il progettodi sezioni resistenti inadeguate che richiedono un numero eccessivo di barre di armatura e diconseguenza una loro disposizione inadatta a consentire una buona costipazione del calcestruzzo; lapresenza di spigoli vivi (in corrispondenza ai quali la durata della struttura si può ritenere dimezzata).

Gli errori compiuti durante la costruzione portano a una scadente qualità del calcestruzzo che risultatroppo poroso (perché è prodotto, messo in opera, costipato e maturato senza indicazioni e controlliprecisi), non ricopre interamente le armature (perché è non costipato in modo corretto, è segregato o èpoco lavorabile), presenta spessori di copriferro ridotti rispetto a quelli prescritti (ad esempio perché sisono impiegati distanziatori inadatti o in numero insufficiente).

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6.2 Rapporto a/c e stagionaturaLo strato di calcestruzzo che ricopre le armature fornisce la loro naturale protezione dagli agentiaggressivi. É infatti sufficiente che, a contatto con la superficie dell’acciaio, il calcestruzzo rimangaalcalino e privo di cloruri, per garantire le condizioni di passività. Il tempo di innesco della corrosionepuò essere aumentato riducendo la permeabilità e aumentando lo spessore di questo strato. Per prevenirela corrosione delle armature, quindi, ci si deve porre come primo obiettivo la realizzazione di uncalcestruzzo di bassa permeabilità. Questa dipende direttamente dalla porosità del calcestruzzo che, asua volta, è determinata dal rapporto a/c e dalla stagionatura.

Figura 10 Esempi di corretta e non corretta progettazione e alcuni suggerimenti relativi a posizionivulnerabili in particolari di ponti (ripreso con modifiche dal riferimento.

6.3 Spessore di copriferroL’aumento dello spessore di copriferro consente di allungare il tempo necessario per l’innesco deifenomeni corrosivi, aumentando la profondità che carbonatazione o penetrazione dei cloruri devono

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raggiungere per depassivare le armature. Quando si progetta una struttura in c.a., note le caratteristichedel calcestruzzo, e quindi la velocità con cui possono penetrare la carbonatazione o i cloruri, è possibiledeterminare lo spessore di copriferro necessario per garantire un tempo di innesco sufficientementelungo. Va inoltre osservato che l’aumento dello spessore di copriferro ritarda anche la fessurazione delcalcestruzzo causata da sforzi indotti dai prodotti di corrosione delle armature e, nel caso di struttureimmerse in acqua di mare, aumenta la resistenza elettrica attorno alle armature, riducendo l’attività dieventuali macrocoppie. Al crescere dell’aggressività ambientale è in teoria possibile attraverso unaumento dello spessore di copriferro, mantenere costante il grado di affidabilità delle strutture. Inpratica, però, gli spessori non possono superare certi limiti per motivi economici e tecnici (ad esempioper spessori di copriferro elevati aumenta notevolmente il rischio di fessurazione a causa del ritiroigrometrico del calcestruzzo).

É necessario osservare che lo spessore di copriferro deve essere garantito in tutti i punti dellastruttura. Anche una riduzione modesta dello spessore di copriferro può determinare una significativadiminuzione della vita utile della struttura. Il legame tra tempo di innesco della corrosione e spessore dicopriferro dipende, oltre che dalle caratteristiche del calcestruzzo, anche dai meccanismi che portanoalla penetrazione della carbonatazione o dei cloruri. Ad esempio, si ricorda che l’avanzamento s dellacarbonatazione nel tempo t è espresso dalla relazione (4.2): s = k⋅t1/2 (su tempi lunghi si possono averevalori di penetrazione anche inferiori). Pertanto una riduzione dello spessore di copriferro porta a unadiminuzione del tempo d’innesco della corrosione molto più che proporzionale. Se in alcune zone di unastruttura il copriferro è dimezzato rispetto a quello nominale, il tempo di innesco si riduce a circa unquarto di quello previsto (Figura 11). Considerazioni analoghe valgono anche nel caso la corrosione siadovuta alla penetrazione dei cloruri.

Figura 11 Riduzione del tempo di innesco della corrosione per riduzioni locali dello spessore del copriferro .

6.4 FessureLe fessure possono ridurre il tempo di innesco, in quanto risultano vie preferenziali per l’ingresso dellacarbonatazione o dei cloruri. Peraltro, entro certi limiti la presenza di fessure nel calcestruzzo è daconsiderarsi fisiologica. Infatti, si osserva che se le dimensioni delle fessure sono modeste (ad esempiose la loro apertura è inferiore a circa 0,3 mm), dopo l’innesco dell’attacco corrosivo è possibile che iprodotti di corrosione riescano dapprima a sigillare le fessure, almeno nella zona più vicina allearmature, e poi anche a ripristinare il film protettivo. Ad esempio, nel caso in cui la corrosione siacausata dalla carbonatazione, la ripassivazione avviene se l’alcalinità che diffonde dal calcestruzzocircostante riporta il pH dei prodotti di corrosione (o meglio della soluzione presente nei pori di questiprodotti) a valori superiori a 11,5 conferendo loro caratteristiche passivanti.

6.5 EsempioPer creare un calcestruzzo durevole, non è sufficiente ottimizzare un singolo elemento del processo che

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va dal progetto all'esecuzione. Ad esempio non basta imporre solo un basso rapporto acqua/cementooppure copriferri altissimi, o un tipo particolare di cemento. La soluzione ottimale, o meglio le soluzioniottimali, derivano dall'ottimizzazione dell'insieme di tutti i fattori. Ad esempio consideriamo il caso di lestrutture marine per le quali il meccanismo di degrado è naturalmente la corrosione da cloruri. (Questeconsiderazioni, riprese da Marked, riflettono l'esperienza norvegese).

Tipo di cemento. Ormai c'è accordo generale sul fatto che i cementi d'alto forno sono quelli che piùostacolano la penetrazione dei cloruri, che per queste strutture costituisce la principale causa didegrado. Naturalmente sempre che il rapporto a/c sia mantenuto sufficientemente basso e lastagionatura effettuata a regola d'arte. Tuttavia il cemento d'alto forno sembra essere il meno resistente -o piuttosto il più sensibile- al gelo disgelo. In aggiunta il cemento d'alto forno si carbonata piùfacilmente del Portland e per di più, a differenza di quello che succede per quest'ultimo, in seguito allacarbonatazione perde parte della resistenza. Tuttavia nel casi di strutture marine il problema dellacarbonatazione, in generale, non è importante in quanto le prevalenti condizioni di umidità elevatapresenti allla superficie dui queste strutture rallentano la penetrazione del processo.

I cementi miscelati con fumo di silice mostrano particolare impervietà alla penetrazione dei cloruri.Tuttavia il calcestruzzo ottenuto con questi cementi è molto sensibile a come si effettua il mescolamentoe ancor più la stagionatura. Se quest'ultima operazione non è effettuata con cura si possono formarecricche da ritiro plastico. E se si tiene presente che non sempre si può aver4 a disposizione maestranzeesperte e le tecnologie più raffinate ecco che non sempre queste miscele sono automaticamente quelleche danno i migliori risultati.

Più semplice è l'impiego di cementi con ceneri volanti che pur richiedono, come tutti i cementipozzolanici, più cura del Portland per quanto riguarda la stagionatura. La miscela costituita da Portlandaddizionato di ceneri volanti e fumo di silice è risultata la più difficile da trattare in cantiere ma dàcalcestruzzi con eccezionale impervietà ai cloruri.

Non è quindi possibile dare una precisa raccomandazione su questo punto: tra l'altro tradizioninazionali e disponibilità di tipo di cemento locali pesano sempre nella scelta del tipo di cemento. Inaggiunta la decisine ottimale dipende anche anche dalle dimensioni e dall'importanza della struttura edalla vita di servizio richiesta.

Minimo contenuto di cemento. In genere i requisiti di resistenza meccanica richiesta unitamente ai bassirapporti acqua/legante e la necessità di conferire adeguata lavorabilità al calcestruzzo rende di fattonecessario l'impiego di un adeguato contenuto di cemento che comunque non deve essere inferiore ai 350Kg/m3

Rapporto acqua/cemento (a/c) o acqua/legante (a/l). È questo il parametro più importante dacontrollare perché dal suo valore dipende la permeabilità e la diffusività nel calcestruzzo. Queste duegrandezze diminuiscono con il rapporto acqua/cemento (o acqua/legante) e a volte sono stati specificativalori pari 0,35. Tuttavia tali valori possono ridurre eccessivamente la lavorabiltà del calcestruzzo equindi complicare la sua messa in opera, aumentare il rischio di cricche da ritiro plastico, aumentare ilritiro autogeno e quindi la tendenza a cricche termiche. Il rapporto a/c (o quello a/l) deve esserepreferibilmente compreso tra 0,4-0,45.

Aggregati. Ovviamente non reattivi.

Copriferro Dopo la qualità del calcestruzzo è questo il parametro più importante. Le norme in genereprescrivono 50 mm. Questo non basta per conferire adeguata durabilità nella zona degli spruzzi dove sirichiedono spessori di 70-80 mm. Questi spessori che pur comportano un aumento dell'apertura dellecricche risultano benefici. È importante che i distanziatori siano in calcestruzzo di impervietà almenouguale a quella del calcestruzzo della struttura. Non vanno impiegati distanziatori di plastica nè di

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acciaio.

Fessure. Le fessure indotte dai carichi: si prevengono in sede di progettazione. Attenzione: le formule diprogetto usate per calcolare l'apertura della fessura possono portare inavvertitamente il progettista a1. utilizzare copriferri minimi consentiti dalla norme2. usare barre di piccolo diametro poco distanziate.3. aumentare le armature nelle sezioni con alto momento flettenteQuesti interventi possono essere controproducenti al fine di aumentare la diurabilità della struttura.L'apertura delle cricche vanno calcolate assumendo un copriferro pari a 50mm anche se il copriferroèmaggiore. L'esperienza del Mare del Nord insegna che maggiori spessori di copriferro di buona qualità epoche barre di maggior diametro danno strutture più durevoli che non l'impiego di più ridotti copriferri earmature di piccolo dimetro, nonostante la maggior apertura delle cricche -.

Esistono anche altri tipi di fessure1. fessure che si producono nelle ore o nei giorni immediatamente successivi al getto: di origine

termica o dovute a ritiro plastico: si possono minimizzare o eliminare attraverso un'appropriatastagionatura ovviamente prepianificata;

2. microfessure che si producono nella pasta cementizia durante l'idratazione e l'indurimento.Queste fessure non riducono necessariamente la durabilità se di piccola apertura e distribuite: sicontrollano impiegando un tipo un appropriato mix design (soprattutto per quanto riguarda iltipo di cemento).

7. Misure di protezione aggiuntiva

In pratica se la progettazione della struttura, in particolare lo spessore di copriferro, la scelta deimateriali, il proporzionamento dell’impasto, la sua messa in opera, compattazione e successivamaturazione vengono effettuati secondo quanto oggi prevedono le normative, il calcestruzzo armato,nella maggioranza delle condizioni ambientali, non presenta problemi di corrosione per tempi dell'ordinedei 50-75 anni, tipici della vita di servizio richiesta a molte costruzioni. Nel caso di assenza di cloruri ein climi temperati, si possono costruire strutture con vita di servizio anche di 100-120 anni. (I casi dicorrosione che si manifestano in un gran numero di strutture operanti in ambienti anche nonparticolarmente aggressivi ben prima dei tempi appena indicati, sono dovuti al fatto che questenormative non sono state seguite).

È chiaro che queste vite di servizio possono risultare comunque troppo brevi per molte costruzioniimportanti, come monumenti, chiese, edifici di rappresentanza, che dovrebbero durare senza doverricorrere a continui interventi di ripristino o di manutenzione straordinaria per tempi più lunghi.

D'altra parte esistono situazioni in cui non si è in grado di garantire nemmeno i 50- 75 anni sopraindicati. Questo si verifica quando non è possibile assicurare qualità del calcestruzzo o spessori dicopriferro adeguati: Ad esempio in regioni dove non c'è possibilità di scelta degli aggregati che sononecessariamente di provenienza marina oppure in sede di ripristino, là dove è impossibile oeccessivamente costoso rimuovere il calcestruzzo contenente cloruri o carbonatato o assicurare attornoalle armature spessori adeguati di calcestruzzo protettivo. Ma soprattutto succede nel caso di struttureoperanti in condizioni ambientali di aggressività elevata, collegate alla presenza di cloruri - quali adesempio solette dei ponti su cui si spargono sali antigelo, oppure strutture portuali o marine soprattuttonella zona del bagnasciuga e in quella immediatamente superiore. Su queste strutture, anche secorrettamente costruite i fenomeni corrosivi si manifestano molto prima dei 50-75 anni sopra indicaticon conseguenze, a volte, gravissime.

La durabilità delle opere in calcestruzzo armato può dunque risultare in diversi casi troppo ridotta.

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In questi casi può essere necessario o opportuno aumentare la durabilità della struttura facendo ricorsoa specifiche misure di prevenzione (le cosiddette protezioni aggiuntive) basate su interventi chemodificano le caratteristiche del calcestruzzo, delle armature, dell’ambiente esterno o della strutturastessa (Figura 12). A volte le misure di prevenzione sono applicate solo a parti critiche della struttura(giunti, appoggi, ancoraggi o, comunque, zone in cui l’aggressività è più elevata) oppure solo allearmature più esterne (armature “di pelle”).Le misure preventive, spesso dette di protezione aggiuntiva in quanto si affiancano alla protezionegarantita dal copriferro, operano attraverso le modalità illustrate in Figura 13, impedendo che le specieaggressive raggiungano le armature oppure controllando il processo corrosivo attraverso il blocco delprocesso anodico o della circolazione di corrente nel calcestruzzo. Non è invece possibile impedire lareazione catodica (nessuna tecnica oggi disponibile riesce ad annullare l’apporto di ossigeno allearmature, a meno che la struttura non sia completamente e permanentemente satura d’acqua).

Figura 12 Classificazione dei metodi di protezione aggiuntiva.

Protezioni aggiuntive in presenza di cloruri. Di solito si ricorre alle protezioni aggiuntive solo inambienti contenenti cloruri. In Figura 14 sono confrontate le concentrazioni massime di cloruri chequeste consentono di raggiungere. Per quanto riguarda il costo delle diverse protezioni sono disponibilisolo indicazioni di larga massima e comunque incomplete, anche perché il costo effettivo varia daun’applicazione all’altra e comunque le prestazioni non sono confrontabili.

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Figura 13 Meccanismi con cui operano i metodi di protezione aggiuntiva.

Ciò premesso, rispetto alle normali armature di acciaio al carbonio, le armature zincate e quelle rivestitecon resine epossidiche hanno un costo circa doppio, mentre le armature in acciaio inossidabile circa 6-9volte maggiore. L’impiego degli inibitori nei dosaggi più elevati raddoppia circa il costo delcalcestruzzo. Il costo dei rivestimenti superficiali può variare indicativamente da 15000 a 50000 lire/m2.Quello della prevenzione catodica varia da 100.000 a 200.000 lire/m2.

Figura 14 Valori indicativi del contenuto massimo di cloruri (% in peso rispetto al contenuto di cemento)raggiungibile alla superficie delle armature per alcuni metodi di protezione aggiuntiva.

Per approfondire il problema del degrado del calcestruzzo armato e per trattare degli argomenti quinon trattati si rinvia ai volumi

P. Pedeferri, L. Bertolini, La durabilità del calcestruzzo armato, con CD ROM,ISBN 88 386 0845-Ed. Mc Graw-Hill, 2000L. Bertolini, B.Elsener, P. Pedeferri, R. Polder, Corrosion and protection of steel in concrete:prevention, diagnosis, repair; Wiley, 2004.