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Vicenza 4 marzo 2017 Palazzo Chiericati Paolo Vidali

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Vicenza 4 marzo 2017

Palazzo Chiericati

Paolo Vidali

La cura del futuro

La condizione umana

La trascendenza

La pazienza

La cura

La cura del futuro

La cura del futuro

La condizione umana

Ritratto di monsieur Bertin di Jean-Auguste-Dominique Ingres 1832, Museo del Louvre.

Una fragilità onnipotente

•Siamo esseri mancanti

•Viviamo nel segno del possibile

•Riceviamo l’essere che siamo

•La tragedia della libertà, il lato

nobile del possibile

• Viviamo nel paradosso di una

fragilità onnipotente.

La trascendenza

“L’uomo è l’essere che subisce la propria trascendenza” Zambrano Trascendenza verticale

Trascendenza orizzontale

pro: ricerca, protensione, progetto, lo sforzo,

verso l’oltre, contro l’altro…

per: cura, accudimento, protezione

Trascendenza dimessa del far essere, della responsabilità, della cura.

La pazienza

“Viviamo l’età dell’impazienza” Simmel

“Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est”

Seneca, Epistula ad Lucilium I

«Cuore, sopporta. Pena più atroce hai

tollerato il giorno in cui il Ciclope furente

divorò i tuoi valorosi compagni: e tu hai

tollerato fino a che la mente accorta ti ha fatto

uscire dall’antro dove pensavi già di morire».

Così diceva, rivolto al suo cuore, ed esso si

placava, sopportando paziente (Odissea,

XX,12-16).

Intelligenza e pazienza sono intessute dello

stesso filo.

Ma l’amore, l’affetto, l’amicizia hanno il

medesimo ordito.

La pazienza

Solo l’uomo forte può esercitare una pazienza davvero

viva: può riprendere su di sé sempre di nuovo ciò che è, e

di continuo ricominciare. La pazienza senza la forza è pura

passività, supina subordinazione, abitudinarietà cosificata.

E occorre amore, a una pazienza autentica, amore per la

vita. Giacché le cose vive crescono lentamente, hanno

la loro ora, fanno giri e rigiri numerosi. Esse hanno così

bisogno di fiducia. Chi non ama la vita non ha pazienza

con essa.

R. Guardini, Virtù. Temi e prospettive della vita morale,

Brescia, Morcelliana, 1997, p. 54.

La pazienza

“La pazienza non è allora soltanto una questione di attesa, anche attiva, che qualcosa si compia, ma una tensione di volta in volta diversamente elaborata per mantenere in vita ciò che si può spegnere, custodire ciò che si può infrangere, ricomporre ciò che è ferito, ridare respiro di dignità e libertà a ciò che vediamo pericolosamente in bilico sul ciglio del mondo.” Caramore Pazienza, p. 122

La pazienza

Occorre farsi trovare, non rifiutarsi, non ostacolare. Insomma, occorre cooperare con la possibilità che ci viene offerta. È in questa prospettiva che, più che mai, torna necessario l’atteggiamento paziente che gli umani hanno elaborato fin dal loro farsi come specie: provare, riprovare, attendere, operare. Ritentare dopo l’errore. Rischiare. Azzardare. Accogliere. Non disperare. Non spazientire. È così che, forse, è stata elaborata, lentamente, oscuramente, anche l’idea di salvezza. Caramore, Pazienza, p. 59

La favola della cura

M. Heidegger, Essere e tempo, (1927) Cura, mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa ne raccolse un po’ e cominciò a dargli forma. Mentre cerca di capire quello che ha fatto interviene Giove. Cura lo prega d’infondere lo spirito alla forma cui ha dato vita, e Giove acconsente. Ma quando Cura pretende di dare nome a ciò che ha fatto, Giove glielo proibisce volendo imporre un proprio nome.

La favola della cura

Mentre Giove e Cura disputano sul nome, interviene anche la Terra, reclamando a sua volta che a ciò che era stato fatto venisse dato il suo nome, perché essa aveva offerto una parte di sé, quel fango cretoso da cui Cura aveva cominciato. Giove, Terra e Cura, i tre contendenti, scelsero Saturno come giudice nella loro disputa. E Saturno arrivò a questa decisione: «Tu, Giove, che hai messo lo spirito al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo riceverai il corpo. Ma Cura che per prima ha dato forma a questo essere lo possederà fino alla fine della sua vita. E il suo nome sarà HOMO perché è fatto di Humus».

La cura Il buon Samaritano, Luca 10, 25-34 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa' questo, e vivrai». Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» Gesù rispose:

La cura «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s'imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui.

Jacopo da Bassano,

Il buon Samartano,

Musei Capitolini

La cura Il giorno dopo, presi due denari, li diede all'oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno". Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s'imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va', e fa' anche tu la stessa cosa»

Rembrandt

Il buon samaritano 1630

Wallace Collection, Londra

La cura

Epimeleisthai To Cure To Care Besorgen Fürsorgen

La cura La cura assume in positivo il limite che noi siamo.

L’uomo non è sostanza (essere) né attributo (avere) ma relazione.

La cura fa essere, non è. Coltiva, non produce.

La cura è asimmetrica

Presuppone la fiducia nell’altro

Diventiamo ciò di cui abbiamo cura

La cura è fede nell’uomo e fiducia nel futuro.

La cura del futuro

“Ciascuno di noi è il risultato di

un’ininterrotta sequenza di

viventi” Bodei, Generazioni

Cosa ci aspettiamo per le

generazioni future?

Che noi siamo meno, che esse

siano di più.

Occorre rovesciare la prospettiva:

• domandiamoci non cosa ci

aspettiamo dalle generazioni

future, ma cosa esse si aspettano

da noi;

• come ci prendiamo cura del

futuro?

• come facciamo essere il futuro?

La cura del futuro Amo la stirpe dei secoli venturi.

Questa è la mia più beata speranza, la fede che mi

mantiene forte e attivo[...]

Il più sacro scopo dei miei desideri e della mia attività è

quello di suscitare nella nostra epoca i germogli che

matureranno nel futuro”

Hölderlin ,Briefe, Hölderlin an Bruder, 4 giugno 1793.

Solo chi ha cura del futuro può

preservare l’umano che ci arriva

dal tempo.

Solo la cura del futuro

giustifica la cura del passato.

La cura del futuro Arrivato dove desiderava, cominciò a piantare la sua asta di ferro in terra. Faceva così un buco nel quale depositava una ghianda, dopo di che turava di nuovo il buco. Piantava querce. Gli domandai se quella terra gli apparteneva. Mi rispose di no. Sapeva di chi era? Non lo sapeva. Supponeva che fosse una terra comunale, o forse proprietà di gente che non se ne curava? Non gli interessava conoscerne i proprietari. Piantò così le cento ghiande con estrema cura. ... Se si conta la vecchia popolazione, irriconoscibile da quando vive nell’armonia, e i nuovi venuti, più di diecimila persone devono la loro felicità a Elzéard Bouffier. Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole. Ma, se metto in conto quanto c’è voluto di costanza nella grandezza d’animo e d’accanimento nella generosità per ottenere questo risultato, l’anima mi si riempie d’un enorme rispetto per quel vecchio contadino senza cultura che ha saputo portare a buon fine un’opera degna di Dio. Elzéard Bouffier è morto serenamente nel 1947, all’ospizio di Banon.

Jean Giono L’uomo che piantava gli alberi, 1953.

La cura del futuro

Questo piantare il futuro è il modo per averne cura. Ma solo chi ha speranza nel futuro, e in chi verrà dopo di noi, può coltivarlo e farlo essere.

La cura del futuro

Vicenza 4 marzo 2017

Palazzo Chiericati

Grazie per l’attenzione

La favola della cura

M. Heidegger, Essere e tempo, (1927) Cura, mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa ne raccolse un po’ e cominciò a dargli forma. Mentre cerca di capire quello che ha fatto interviene Giove. Cura lo prega d’infondere lo spirito alla forma cui ha dato vita, e Giove acconsente. Ma quando Cura pretende di dare nome a ciò che ha fatto, Giove glielo proibisce volendo imporre un proprio nome.

La favola della cura

Mentre Giove e Cura disputano sul nome, interviene anche la Terra, reclamando a sua volta che a ciò che era stato fatto venisse dato il suo nome, perché essa aveva offerto una parte di sé, quel fango cretoso da cui Cura aveva cominciato. Giove, Terra e Cura, i tre contendenti, scelsero Saturno come giudice nella loro disputa. E Saturno arrivò a questa decisione: «Tu, Giove, che hai messo lo spirito al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo riceverai il corpo. Ma Cura che per prima ha dato forma a questo essere lo possederà fino alla fine della sua vita. E il suo nome sarà HOMO perché è fatto di Humus».

Le preoccupazioni

La parabola degli uccelli: Mt 6,25-34 «Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita? E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro.

Le preoccupazioni

Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.»

è attraverso la cura che la fede supera la preoccupazione

F. MENDELSSOHN Sonata per organo op. 65 n. 6

(basata sul corale BWV 416 di Bach)