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La Ginestra Giacomo Leopardi 1836-37

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Page 1: La Ginestra

La Ginestra

Giacomo Leopardi1836-37

Page 2: La Ginestra

E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce

Giovanni, III, 19

Page 3: La Ginestra

Kaiè h\gaéphsan oi|

• EPIGRAFE GIOVANNEA TRANSCODIFICATA IN SENSO ANTISPIRITUALISTICO PER DENUNCIARE GLI “ERRORI DELL' INTELLETTO” PROPRI DEL "SECOL SUPERBO E SCIOCCO"

Page 4: La Ginestra

alta e combattiva risposta a chi lo accusava di scarsa sensibilità rispetto ai problemi del

tempo (vedi Timandro e Tristano)

risposta etico-filosofica, non direttamente politica-sociale ma a favore comunque di

una convivenza civile fondata su principi di libertà e democrazia

Paralipomeni

Page 5: La Ginestra

1 - 7Il paesaggio vesuviano

Vedi note

1 Qui su l'arida schiena 2 Del formidabil monte 3 Sterminator Vesevo, 4 La qual null'altro allegra

arbor né fiore, 5 Tuoi cespi solitari intorno

spargi, 6 Odorata ginestra, 7 Contenta dei deserti

Page 6: La Ginestra

Il fiore della compassione e della solidarietà

Partecipazione al dolore degli altri

Anco ti vidi 8 De' tuoi steli abbellir l'erme contrade 9 Che cingon la cittade 10 La qual fu donna de' mortali un tempo, 11 E del perduto impero 12 Par che col grave e taciturno aspetto 13 Faccian fede e ricordo al passeggero. 14 Or ti riveggo in questo suol, di tristi 15 Lochi e dal mondo abbandonati amante, 16 E d'afflitte fortune ognor compagna

Dialogo di Plotino e di Porfirio

Canzoni “sepolcrali”

Page 7: La Ginestra

INCIPITVv.1-3

Presentazione dei personaggi e delle antitesi (campi metaforici che dominano l'intero testo )

VULCANO VS GINESTRA

Deserto-aridità vs ginestra-profumoPaesaggio antiidilliaco ; formidabil monte\ erme contrade\ impietrata lava

METAFORA DEL BRUTTO POTER CHE SOVRASTA L'UOMO E LA SUA STORIA

ALTER-EGO DEL POETA CONSAPEVOLE E PIETOSO, METAFORA della vita che comunque resiste

Page 8: La Ginestra

ciò che fu 17 Questi campi cosparsi 18 Di ceneri infeconde, e

ricoperti 19 Dell'impietrata lava, 20 Che sotto i passi al

peregrin risona; 21 Dove s'annida e si contorce

al sole 22 La serpe, e dove al noto 23 Cavernoso covil torna il

coniglio;

24 Fur liete ville e colti, 25 E biondeggiàr di spiche, e

risonaro 26 Di muggito d'armenti; 27 Fur giardini e palagi, 28 Agli ozi de' potenti 29 Gradito ospizio; e fur città

famose 30 Che coi torrenti suoi l'altero monte

31 Dall'ignea bocca fulminando oppresse

32 Con gli abitanti insieme

Antitesi: ora \\ allorapresente

passato

Simboli della piatta iteratività dell’esistenza > vedi Bruto Minore (e la fiera e l’augello)

Page 9: La Ginestra

Ciò che è

Or tutto intorno 33 Una ruina involve, 34 Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi 35 I danni altrui commiserando, al cielo 36 Di dolcissimo odor mandi un profumo, 37 Che il deserto consola

Nei canti fiorentini indica il mondo (cfr. Pens. Dom. = “lo mortal deserto”)

Page 10: La Ginestra

Simboli-allegorie (anche a livello fonico)

Vulcano sublimità grandiosa orrida…aggettivi lunghi

Suoni aspri

Ginestra: delicata musicalità ma non è quella del Leopardi vago e indefinito dell'illusione, bensì quella del poeta della pietas

Nota la posizione delle parole nel v. 37: deserto consola (accostamento antitetico, oxymoron) e l'enjambement > A queste piagge----

Page 11: La Ginestra

L’invito “cortese”

A queste piagge 38 Venga colui che d'esaltar con

lode 39 Il nostro stato ha in uso, e

vegga quanto 40 È il gener nostro in cura 41 All'amante natura.

E la possanza 42 Qui con giusta misura 43 Anco estimar potrà dell'uman

seme, 44 Cui la dura nutrice, ov'ei men

teme, 45 Con lieve moto in un momento

annulla 46 In parte, e può con moti 47 Poco men lievi ancor

subitamente 48 Annichilare in tutto.

d'esaltar con lode Cfr.Timandro (che ha stima dell’uomo)

Page 12: La Ginestra

49 Dipinte in queste rive 50 Son dell'umane genti 51 le magnifiche sorti e progressive.

Page 13: La Ginestra

La conclusione è fortemente ironica ed epigrafica: sulle pendici del Vesuvio, è rappresentata chiaramente la sorte dell’umanità, una sorte che molti filosofi del primo Ottocento (e di ogni tempo) hanno definito ottimisticamente "magnifica" e "progressiva"

l'autore della definizione è Terenzio Mamiani cugino del poeta; la citazione è contenuta nella Dedica dei suoi "Inni sacri", editi nel 1832.

Parole di un moderno al quale si deve tutta la loro eleganza….(così commentava Leopardi stesso)

Page 14: La Ginestra

L’illusorietà del progresso

• La ginestra sguardo del poeta e il suo profumo serve a consolare i mortali

• I verbi di senso: olfatto, vista , udito• Solo la vista delle rovine di Roma

basterebbe a far comprendere all’uomo lo statuto di natura matrigna.

Page 15: La Ginestra

Non c’è progresso valido se non c’è libertà di pensiero, e pensiero critico

Qui mira e qui ti specchia,

53 Secol superbo e sciocco, 54 Che il calle insino allora 55 Dal risorto pensier segnato innanti 56 Abbandonasti, e volti addietro i passi, 57 Del ritornar ti vanti, 58 E procedere il chiami.

L’apostrofe al secolo

Page 16: La Ginestra

L’apostrofe al sec. XIX

• L. prende le distanze da coloro che immaginano un secolo di progresso ignorando il principio della natura fisica e umana.

• La vera magnanimità consiste nel guardare in faccia la realtà come aveva fatto Epicuro

• L’unica forma di progresso è la lucida condizione della natura umana

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Tema fondamentale dell’ultimo Leopardi

• il regresso filosofico del secolo XIX – che riporta indietro il pensiero filosofico

alla”barbarie dei tempi bassi” (= Medioevo) a causa dello spiritualismo in cui il pensiero è

schiavo del dogma • (vedi Zibaldone 4207-11 e Paralipomeni

IV, ottave 12-20)– Il pensiero risorto dalla barbarie è giunto al vertice delle

sue possibilità con l'Illuminismo, che “fece palese il ver” e pose i fondamenti di una società giusta, puntualmente rinnegati dai profeti del nuovo spiritualismo

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LA PAG. 4207 DELLO ZIBALDONEÈ chiaro e noto che l'idea e la voce spirito non si può in somma e in conclusione

definire altrimenti che sostanza che non è materia, giacchè niuna sua qualità positiva possiamo noi nè conoscere, nè nominare, [4207]nè anco pure immaginare. … Per tanto il definire lo spirito, sostanza che non è materia, è precisamente lo stesso che definirla sostanza che non è di quelle che noi conosciamo o possiamo conoscere o concepire, e questo è quel solo che noi venghiamo a dire e a pensare ogni volta che diciamo spirito, o che pensiamo a questa idea, la quale non si può, come ho detto, definire altrimenti.

Frattanto questo spirito, non essendo altro che quello che abbiam veduto, è stato per lunghissimo spazio di secoli creduto contenere in se tutta la realtà delle cose; e la materia, cioè quanto noi conosciamo e concepiamo, e quanto possiamo conoscere e concepire, è stata creduta non essere altro che apparenza, sogno, vanità appetto allo spirito. È impossibile non deplorar la miseria dell'intelletto umano considerando un così fatto delirio.

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• Ma se pensiamo poi che questo delirio si rinnuova oggi completamente;

• che nel secolo 19° risorge da tutte le parti e si ristabilisce radicatamente lo spiritualismo, forse anche più spirituale, per dir così, che in addietro;

• che i filosofi più illuminati della più illuminata nazione moderna, si congratulano di riconoscere per caratteristica di questo secolo, l'essere esso éminemment [4208]religieux, cioè spiritualista;

• che può fare un savio, altro che disperare compiutamente della illuminazione delle menti umane, e gridare: o Verità, tu sei sparita dalla terra per sempre, nel momento che gli uomini incominciarono a cercarti. Giacchè è manifesto che questa e simili innumerabili follie, dalle quali pare ormai impossibile e disperato il guarire gl'intelletti umani, sono puri parti, non mica dell'ignoranza, ma della scienza.

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CONCLUSIONI

L'idea chimerica dello spirito non è nel capo nè di un bambino nè di un puro selvaggio. Questi non sono spiritualisti, perchè sono pienamente ignoranti.

E i bambini, e i selvaggi puri, e i pienamente ignoranti sono per conseguenza a mille doppi più savi de' più dotti uomini di questo secolo de' lumi;

come gli antichi erano più savi a cento doppi per lo meno, perchè più ignoranti de' moderni; e tanto più savi quanto più antichi, perchè tanto più ignoranti.

(Bologna. 26. Sett. 1826.).

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Paralipomeni IV

• demolisce una superba fola – Polemizza contro l’ipotesi erronea che la Natura o Dio,

intenti a procurare il ben degli animali, avessero messo l’uomo in una condizione originaria di beatitudine -età dell’oro o Paradiso terrestre- dalla quale egli sarebbe decaduto per sua colpa.

• Dimostra che questa credenza è un parto della filosofia autoconsolatoria, che ha sempre regnato fuorché nel secolo dell’Illuminismo – il tutto da un ‘ottica straniata, giacchè i protagonisti sono

topi…ma la voce in prima persona qui è quella del narratore esterno

Ottave 12-20

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Per certo si suppon che intenta sia Natura sempre al ben degli animali, E che gli ami di cor come la pia Chioccia fa del pulcin che ha sotto l'ali: E vedendosi al tutto acerba e ria La vita esser che al bosco hanno i mortali, Per forza si conchiude in buon latino Che la città fu pria del cittadino.

Se libere le menti e preparate Sapessero insegnar, non inchinate

A questa più che a quella opinione, Se natura chiamar d'ogni pietate E di qual s'è cortese affezione* Sapesser priva, e de' suoi figli antica E capital carnefice e nemica;

O se piuttosto ad ogni fin rivolta, Che al nostro che diciamo o bene o male; E confessar che de' suoi fini è tolta La vista al riguardar nostro mortale, Anzi il saper se non da fini sciolta Sia veramente, e se ben v'abbia, e quale; Che il cittadin fu pria della cittade

Parafrasi

si crede che la Natura sia sempre rivolta nelle sue operazioni al bene dei viventi e che li ami come fa la chioccia coi pulcini e vedendo che invece la vita che conducono gli uomini primitivi è del tutto dura e difficile si concluse che doveva derivare da una decadenza della condizione umana che prima sarebbe stata civile e poi selvaggia (mito del paradiso terrestre o dell’età dell’oro)

se invece si avesse la mente libera e disponibile ad accettare ciò che i fatti e la ragione dimostrano e non rivolta a seguire solo l’opinione dominante, se gli uomini capissero che la natura e priva di ogni pietà e di ogni sentimento verso i viventi nei confronti dei quali anzi è nemica e carnefice

o se piuttosto rivolta ad altro che non è né il nostro bene né il nostro male, e se confessassimo che noi non possiamo vedere i suoi fini, anzi che forse essa non ha alcun fine diremmo, come è accaduto più volte in passato, che l’uomo prima era selvaggio e poi civile

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Non è filosofia se non un'arte La qual di ciò che l'uomo è risoluto Di creder circa a qualsivoglia parte, Come meglio alla fin l'è conceduto, Le ragioni assegnando empie le carte O le orecchie talor per instituto, Con più d'ingegno o men, giusta il

potere Che il maestro o l'autor si trova avere.

Quella filosofia dico che impera Nel secol nostro senza guerra alcuna, E che con guerra più o men leggera Ebbe negli altri non minor fortuna, Fuor nel prossimo a questo, ove se

intera La mia mente oso dir, portò ciascuna Facoltà nostra a quelle cime ilOnde tosto inchinar l'è forza al basso. In quell'età, d'un'aspra guerra in onta, Altra filosofia regnar fu vista, A cui dinanzi valorosa e prontal'età nostra arretrossi appena avvistaDi ciò che più le spiace e che più monta, Esser quella in sostanza amara e trista; Non che i pricipii in lei né le premesse Mostrar falsi da sé ben ben sapesse

Paralipomeni c.IV

Page 24: La Ginestra

59 Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti, 60 Di cui lor sorte rea padre ti fece, 61 Vanno adulando, ancora 62 Ch'a ludibrio talora 63 T'abbian fra sé..

Le infantili teorie del secolo

a paragone degli antichi noi siamo poco più che bambini, e … gli antichi a confronto nostro si può dire più che mai che furono uomini. Parlo così degl'individui paragonati agl'individui, come delle masse (per usare questa leggiadrissima parola moderna) paragonate alle masse. Ed aggiungo che gli antichi furono incomparabilmente più virili di noi anche ne' sistemi di morale e di metafisica.

Cfr.Tristano

Ginestra

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DI FRONTE A QUESTO “DELIRIO”: v.63 ME-STIL in negativo (…Non io…)

Non io 64 Con tal vergogna scenderò sotterra; 65 Ma il disprezzo piuttosto che si serra 66 Di te nel petto mio, 67 Mostrato avrò quanto si possa aperto: 68 Ben ch'io sappia che obblio 69 Preme chi troppo all'età propria increbbe. 70 Di questo mal, che teco 71 Mi fia comune, assai finor mi rido. Cfr.Tristano

Non dirò a riguardo mio, ma a riguardo d'individui o di cose individuali del secolo decimonono, intendete bene che non v'è timore di posteri, i quali ne sapranno tanto, quanto ne seppero gli antenati ….. Io per me credo che il secolo venturo farà un bellissimo frego sopra l'immensa bibliografia del secolo decimonono

Page 26: La Ginestra

Conformismo imperante e mitologia del “progresso garantito dall’alto” (perfettibilità)

La cultura del secolo (ambienti fiorentini della Antologia di Vieusseux e ambienti dello spiritualismo napoletano) appare dominata dall’inspiegabile ottimismo di cattolico-liberali (i topi, nei Paralipomeni) e dal provvidenzialismo dei cattolici integralisti della Restaurazione (le rane)

Page 27: La Ginestra

Contro di essa introduce la polemica antiprovvidenzialistica, antireligiosa, antispiritualistica

72 Libertà vai sognando, e servo a un tempo 73 Vuoi di novo il pensiero, 74 Sol per cui risorgemmo 75 Della barbarie in parte, e per cui solo 76 Si cresce in civiltà, che sola in meglio 77 Guida i pubblici fati. 78 Così ti spiacque il vero 79 Dell'aspra sorte e del depresso loco 80 Che natura ci diè. Per questo il tergo 81 Vigliaccamente rivolgesti al lume 82 Che il fe palese: e, fuggitivo, appelli 83 Vil chi lui segue, e solo 84 Magnanimo colui 85 Che se schernendo o gli altri, astuto o folle, 86 Fin sopra gli astri il mortal grado estolle. Vedi note

Lessico “militare” – tornerà nella similitudine della vita con il campo di battaglia

Page 28: La Ginestra

Nobil natura (il nuovo modello umano)* e social catena

Cfr. Nietzsche, l’oltreuomo e il tornare alla terra

Nelle note una intervista a E.Severino

Page 29: La Ginestra

Il vile e il magnanimo• Cfr: Bruto Minore:

– Il prode e il plebeo

• Cfr. Dialogo di Timandro e di Eleandro

• Cfr. Dialogo di Tristano e di un amico

• Eleandro: Non dovete pensare che io non compatisca all'infelicità umana. Ma non potendovisi riparare con nessuna forza, nessuna arte, nessuna industria, nessun patto; stimo assai più degno dell'uomo, e di una disperazione magnanima, il ridere dei mali comuni

Page 30: La Ginestra

Il magnanimo, che dice la verità

Uom di povero stato e membra inferme

88 Che sia dell'alma generoso ed alto,

89 Non chiama sé né stima 90 Ricco d'or né gagliardo, 91 E di splendida vita o di valente 92 Persona infra la gente 93 Non fa risibil mostra; 94 Ma se di forza e di tesor

mendico 95 Lascia parer senza vergogna, e

noma 96 Parlando, apertamente, e di

sue cose 97 Fa stima al vero uguale.

98 Magnanimo animale 99 Non credo io già, ma stolto, 100 Quel che nato a perir, nutrito in

pene, 101 Dice, a goder son fatto, 102 E di fetido orgoglio 103 Empie le carte, eccelsi fati e nove 104 Felicità, quali il ciel tutto ignora, 105 Non pur quest'orbe, promettendo in

terra 106 A popoli che un'onda 107 Di mar commosso, un fiato 108 D'aura maligna, un sotterraneo

crollo 109 Distrugge sì, che avanza 110 A gran pena di lor la rimembranza.

Lo stolto che empie le carte di fetido orgoglio

Page 31: La Ginestra

Gli echi lucreziani111 Nobil natura è quella 112 Che a sollevar s'ardisce 113 Gli occhi mortali incontra 114 Al comun fato, e che con franca

lingua, 115 Nulla al ver detraendo, 116 Confessa il mal che ci fu dato in

sorte, 117 E il basso stato e frale; 118 Quella che grande e forte 119 Mostra sé nel soffrir, né gli odii e

l'ire 120 Fraterne, ancor più gravi 121 D'ogni altro danno, accresce 122 Alle miserie sue, l'uomo incolpando 123 Del suo dolor, ma dà la colpa a

quella 124 Che veramente è rea, che de' mortali 125 Madre è di parto e di voler

matrigna.

Lucrezio, De rerum naturaLibro 1Elogio di Epicuro

primum Graius homo mortalis tollere contraest oculos ausus primusque obsistere contra;

Cfr. c XXX “Natura, illaudabil meraviglia” e Zib.4510

Page 32: La Ginestra

tema della NOBILTA' SPIRITUALE

il vero filantropo (cfr: Eleandro, Tristano)

• il falso filantropo (Timandro, l'Amico)

Mostra agli altri l'arido vero, "il basso stato e frale", ma lo fa per compassione, convinto che solo sull'accettazione della verità possa fondarsi la social catena

Promette "eccelsi fati"e felicità quali anche il Cielo ignora, a popoli in balia della Natura-Arimane

Lo fa PER INTERESSE (astuto) o INSIPIENZA (folle)

Page 33: La Ginestra

Filosofia leopardianaPars destruens: ad Arimane, Tristano,

Palinodia

Nella Ginestra, nel Plotino, nelle Sepolcrali, in Zib 4279

COSTRUISCEAFFERMANDO LA POSSIBILITA' E LE CONDIZIONI DI UN PROGRESSO CHE

ASSICURI RAPPORTI PIU' UMANI

Page 34: La Ginestra

La proposta “progressiva”

Cfr. Cesare Luporini, Leopardi ProgressivoWalter Binni, La nuova poetica leopardianaSebastiano Timpanaro, Classicismo e

illuminismo nell’Ottocento italianoEtc.

Il vero progresso è quello del sapere e della ragione, fondante la convivenza civile

Page 35: La Ginestra

La social catenaCostei chiama inimica; e incontro a

questa 127 Congiunta esser pensando, 128 Siccome è il vero, ed ordinata in

pria 129 L'umana compagnia, 130 Tutti fra sé confederati estima 131 Gli uomini, e tutti abbraccia 132 Con vero amor, porgendo 133 Valida e pronta ed aspettando

aita 134 Negli alterni perigli e nelle

angosce 135 Della guerra comune.

Vedi note

• Cfr. Lucrezio, DRN V.

Page 36: La Ginestra

Stolto è combattere contro i propri compagni

ISL.\ Tu dei sapere che io fino nella prima gioventù, a poche esperienze, fui persuaso e chiaro della vanità della vita, e della stoltezza degli uomini; i quali combattendo continuamente gli uni cogli altri per l'acquisto di piaceri che non dilettano, e di beni che non giovano sopportando e cagionandosi scambievolmente infinite sollecitudini, e infiniti mali, che affannano e nocciono in effetto, tanto più si allontanano dalla felicità, quanto più la cercano

Ed alle offese 136 Dell'uomo armar la destra, e

laccio porre 137 Al vicino ed inciampo, 138 Stolto crede così qual fora in

campo 139 Cinto d'oste contraria, in sul

più vivo 140 Incalzar degli assalti, 141 Gl'inimici obbliando, acerbe

gare 142 Imprender con gli amici, 143 E sparger fuga e fulminar col

brando 144 Infra i propri guerrieri.

Cfr. Dialogo della Natura e di un islandese

Page 37: La Ginestra

Il vero, fondamento della autentica civiltà Così fatti pensieri 146 Quando fien, come fur, palesi al volgo, 147 E quell'orror che primo 148 Contra l'empia natura 149 Strinse i mortali in social catena, 150 Fia ricondotto in parte 151 Da verace saper, l'onesto e il retto 152 Conversar cittadino, 153 E giustizia e pietade, altra radice 154 Avranno allor che non superbe fole, 155 Ove fondata probità del volgo 156 Così star suole in piede 157 Quale star può quel ch'ha in error la

sede.

Vedi note

Un nuovo valore per gli antichi: furono consapevoli del vero fondamento della società

ReligioneFinalismo

AntropocentrismoOttimismo

paternalistico

Page 38: La Ginestra

Le prospettive della social catenaE quell'orror che primo primo Contra l'empia natura Strinse i mortali in social catena

vedi

Zibaldone 4279

Lettera a un giovane del XX secolo

Page 39: La Ginestra

Un progetto (Zib 4279)• Congetture sopra una futura civilizzazione dei bruti, e

massime di qualche specie, come delle scimmie, da operarsi dagli uomini a lungo andare, come si vede che gli uomini civili hanno incivilito molte nazioni o barbare o selvagge, certo non meno feroci, e forse meno ingegnose delle scimmie, specialmente di alcune specie di esse; e che insomma la civilizzazione tende naturalmente a propagarsi, [4280]e a far sempre nuove conquiste, e non può star ferma, nè contenersi dentro alcun termine, massime in quanto all'estensione, e finchè vi sieno creature civilizzabili, e associabili al gran corpo della civilizzazione, alla grande alleanza degli esseri intelligenti contro alla natura, e contro alle cose non intelligenti. Può servire per la Lettera a un giovane del 20° secolo.

Page 40: La Ginestra

Vero e falso progressoFalso progresso:

ottimismo, beni materiali, tecnologie, antropocentrismo Fetido orgoglio

Conflittualità Superbe fole

Vero progresso: consapevolezza libertà di pensiero, \\ solidarietà, antifinalismo\\ social catena\ pietà \ giustizia

Page 41: La Ginestra

Palesare il VERO

Al "vulgo":

la sapienza non deve essere per pochi, COME NON LO FU nel mondo antico, e come gli illuministi volevano che tornasse ad essere

Il compito dell’intellettuale

Contro ogni concezione elitaria e antidemocratica del sapere

Page 42: La Ginestra

Tristano:

Se questi miei sentimenti nascano da malattia, non so: so che, malato o sano, calpesto la vigliaccheria degli uomini, rifiuto ogni consolazione e ogn'inganno puerile, ed ho il coraggio di sostenere la privazione di ogni speranza, mirare intrepidamente il deserto della vita, non dissimularmi nessuna parte dell'infelicità umana, ed accettare tutte le conseguenze di una filosofia dolorosa, ma vera. La quale se non è utile ad altro, procura agli uomini forti la fiera compiacenza di vedere strappato ogni manto alla coperta e misteriosa crudeltà del destino umano

• E' stato grazie a questo stesso coraggio se, condotto dalle mie ricerche a una filosofia disperata, non ho esitato ad abbracciarla interamente; mentre d'altro canto è stato solo per effetto della viltà degli uomini, che hanno bisogno di essere persuasi del valore dell'esistenza, che si sono volute considerare le mie opinioni filosofiche come il risultato delle mie sofferenze personali, e che ci si ostina ad attribuire alla mia situazione materiale ciò che si deve soltanto al mio intelletto.

Lettera a De Sinner

1832

Page 43: La Ginestra

Non si deve temere il VERO

• Sviluppa e attribuisce nuovo significato a una intuizione presente già in Zib 259– "Hanno questo di proprio le opere di genio,

che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l'inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia, ad un animo grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, servono sempre di consolazione".

Page 44: La Ginestra

Poesia e filosofiaL'utilità della poesia non è nella sola distrazione, ma nel divulgare e difendere il vero, e insieme, la necessità del bello (estetico) e delle belle illusioni (amore, gloria, fama etc.)

ZIB 4450 Della lettura di un pezzo di vera, contemporanea poesia,

in versi o in prosa (ma più efficace impressione è quella de' versi), si può, e forse meglio, (anche in questi sì prosaici tempi) dir quello che di un sorriso diceva lo

Sterne; che essa aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita. Essa ci rinfresca, per così dire; e ci accresce

la vitalità. 1 Feb.1829

Page 45: La Ginestra

Struttura sinfonica del testo: ritorno di motivi 

Polemica contro le superbe fole (=credenze religiose) e i derisi sogni (illusioni antropocentriche e finalistiche)

L'umanità si crede Signora e fine del TuttoL'umanità ha creduto e crede che la divinità sia scesa sulla

terra per lei

La Ginestra- seconda parte

Page 46: La Ginestra

PAESAGGIO:ANTIIDILLICO (indurata lava)

Il poeta è immerso nel paesaggio, non è più separato Il poeta è immerso nel paesaggio, non è più separato da esso da un diaframma come la siepe o la da esso da un diaframma come la siepe o la

finestra= immersione nella realtàfinestra= immersione nella realtà

La sua prospettiva si allarga nel VOTO SEREN - non l'infinito della immaginazione ma quello del vero

Page 47: La Ginestra

158 Sovente in queste rive, 159 Che, desolate, a bruno 160 Veste il flutto indurato, e par che ondeggi, 161 Seggo la notte; e su la mesta landa 162 In purissimo azzurro 163 Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle, 164 Cui di lontan fa specchio 165 Il mare, e tutto di scintille in giro 166 Per lo vòto seren brillare il mondo.

Page 48: La Ginestra

E poi che gli occhi a quelle luci appunto, Ch'a lor sembrano un punto, E sono immense, in guisa Che un punto a petto a lor son terra e

mare Veracemente; a cui L'uomo non pur, ma questo Globo ove l'uomo è nulla, Sconosciuto è del tutto;

Page 49: La Ginestra

e quando miro Quegli ancor più senz'alcun fin remoti Nodi quasi di stelleCh'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo E non la terra sol, ma tutte in uno, Del numero infinite e della mole, Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle O sono ignote, o così paion come Essi alla terra, un punto Di luce nebulosa; al pensier mio Che sembri allora, o prole Dell'uomo?

Page 50: La Ginestra

E rimembrando Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno

Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte, Che te signora e fine

Credi tu data al Tutto, e quante volte Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro

Granel di sabbia, il qual di terra ha nome, Per tua cagion, dell'universe cose

Scender gli autori, e conversar sovente Co' tuoi piacevolmente, e che i derisi Sogni rinnovellando, ai saggi insulta

Fin la presente età, che in conoscenza Ed in civil costume

Sembra tutte avanzar; qual moto allora, Mortal prole infelice, o qual pensiero

Verso te finalmente il cor m'assale? Non so se il riso o la pietà prevale.

Fulmen in clausola

Page 51: La Ginestra

 Sul magnanimo ciò produce un duplice

effetto 201 Non so se il riso o la pietà prevale.

La contemplazione cosmica non produce una vertigine irrazionale e piacevole (il naufragar dell’Infinito) ma è fondamento di una accresciuta consapevolezza razionale del “basso stato, e frale” dei viventi

conversar sovente \\ Co' tuoi piacevolmente

Ironia del fulmen anticipata del verbo, e dall’avverbio

Page 52: La Ginestra

202-36

Mondo animale: descrizione della distruzione del formicaio

Mondo umano: descrizione della eruzione del Vesuvio

exemplum

Il “popol di formiche”, “assidua gente” vede il proprio mondo distrutto dalla accidentale caduta di un frutto maturo

La scena si sposta poi sulla distruzione delle città dell’area vesuviana

Page 53: La Ginestra

Si quis det formicis intellectum hominis (Seneca, Nat Quaest.)

• Come d’arbor cadendo un picciol pomo,Cui là nel tardo autunnoMaturità senz’altra forza atterra,D’un popol di formiche i dolci alberghi,Cavati in molle glebaCon gran lavoro, e l’opreE le ricchezze che adunate a provaCon lungo affaticar l’assidua genteAvea provvidamente al tempo estivo,Schiaccia, diserta e copreIn un punto;

topos

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• così d’alto piombando,Dall’utero tonanteScagliata al ciel profondo,Di ceneri e di pomici e di sassiNotte e ruina, infusaDi bollenti ruscelli,

Dinamicità della scena: settenari, che precipitano nel polisindeto "confuse e infranse e ricoperse

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O pel montano fiancoFuriosa tra l’erbaDi liquefatti massiE di metalli e d’infocata arenaScendendo immensa piena,Le cittadi che il mar là su l’estremoLido aspergea, confuseE infranse e ricoperseIn pochi istanti: onde su quelle or pasceLa capra, e città noveSorgon dall’altra banda, a cui sgabelloSon le sepolte, e le prostrate muraL’arduo monte al suo piè quasi calpesta

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La “gnome”

Non ha natura al semeDell’uom più stima o curaChe alla formica: e se più rara in quelloChe nell’altra è la strage,Non avvien ciò d’altrondeFuor che l’uom sue prosapie ha men feconde

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Tempo della Storia- Variabile

VILLANELLOPAESAGGIO MARINO

LA NATURA-ARIMANE HA IL TEMPO LUNGHISSIMO DELLA EVOLUZIONE

TEMPO DELLA NATURA -pressoché immobile (sta)

VULCANORIVERBERO DELLA LAVA

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  Ben mille ed ottocentoAnni varcàr poi che spariro, oppressiDall’ignea forza, i popolati seggi,E il villanello intentoAi vigneti, che a stento in questi campiNutre la morta zolla e incenerita,Ancor leva lo sguardoSospettoso alla vettaFatal, che nulla mai fatta più miteAncor siede tremenda, ancor minacciaA lui strage ed ai figli ed agli averiLor poverelli.

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E spessoIl meschino in sul tettoDell’ostel villereccio, alla vaganteAura giacendo tutta notte insonne,E balzando più volte, esplora il corsoDel temuto bollor, che si riversaDall’inesausto gremboSu l’arenoso dorso, a cui riluceDi Capri la marinaE di Napoli il porto e Mergellina.E se appressar lo vede, o se nel cupoDel domestico pozzo ode mai l’acquaFervendo gorgogliar, desta i figliuoli,Desta la moglie in fretta, e via, con quantoDi lor cose rapir posson, fuggendo,Vede lontan l’usatoSuo nido, e il picciol campo,Che gli fu dalla fame unico schermo,Preda al flutto rovente,Che crepitando giunge, e inesoratoDurabilmente sovra quei si spiega.

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• Torna al celeste raggioDopo l’antica obblivion l’estintaPompei, come sepoltoScheletro, cui di terraAvarizia o pietà rende all’aperto;E dal deserto foroDiritto infra le fileDei mozzi colonnati il peregrinoLunge contempla il bipartito giogoE la cresta fumante,Che alla sparsa ruina ancor minaccia.

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• E nell’orror della secreta nottePer li vacui teatri,Per li templi deformi e per le rotteCase, ove i parti il pipistrello asconde,Come sinistra faceChe per vóti palagi atra s’aggiri,Corre il baglior della funerea lava,Che di lontan per l’ombreRosseggia e i lochi intorno intorno tinge.

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TANTA STAT PRAEDITA CULPA (Lucr.DRN V,199)

Così, dell’uomo ignara e dell’etadiCh’ei chiama antiche, e del seguir che fannoDopo gli avi i nepoti,StaSta natura ognor verde, anzi procedePer sì lungo camminoChe sembra star. Caggiono i regni intanto,Passan genti e linguaggi: ella nol vede:E l’uom d’eternità s’arroga il vanto.

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Tempo della storiaVs

Tempo della natura 

ANTI-KLIMAX

LA NATURA-ARIMANE HA IL TEMPO LUNGHISSIMO E APPARENTEMENTE NON-TEMPO DELLA EVOLUZIONE

Essa tratta come organismi i viventi e i loro prodotti (la storia= Pompei è come uno scheletro dissepolto)

cosi' dell'uomo ignara e delle etadi ch'ei chiama antiche.. ..sta natura ognor verde caggiono i

regni intanto…ella

nol vede

…E L'UOM D'ETERNITA'

S'ARROGA IL VANTO

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E tu, lenta ginestra,Che di selve odorateQueste campagne dispogliate adorni,Anche tu presto alla crudel possanzaSoccomberai del sotterraneo foco,Che ritornando al locoGià noto, stenderà l'avaro lemboSu tue molli foreste. E piegheraiSotto il fascio mortal non renitenteIl tuo capo innocente:

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Ma non piegato insino allora indarnoCodardamente supplicando innanziAl futuro oppressor; ma non erettoCon forsennato orgoglio inver le stelle,Né sul deserto, doveE la sede e i nataliNon per voler ma per fortuna avesti;Ma più saggia, ma tantoMeno inferma dell'uom, quanto le fraliTue stirpi non credestiO dal fato o da te fatte immortali.

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RINGKOMPOSITIONUmile e consapevole della propria fragilità biologica(le " frali tue

stirpi")TORNA LA "LENTA" GINESTRA IMMAGINE IDEALE DELLA NOBIL NATURA (DELL'UOMO NOBILE E

MAGNANIMO)

COMPASSIONE per la desolata condizione degli esseri

(queste campagne dispogliate adorni)

FLESSIBILITA'"lenta", disponibile a piegare il capo di fronte all'inevitabile, ma senza averlo piegato vigliaccamente prima nell'illusione di stornare da se il pericolo

RESISTENZA"ma non piegato insino allora indarno"

Eretta dignitosa magnanima ma senza scadere nel forsennato orgoglio (non ha mai creduto di poter essere immortale né che gli dei si occupino di lei)

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CHI è LA GINESTRA?Ma non piegato insino allora indarnoCodardamente supplicando innanziAl futuro oppressor;

• Me certo troverai*, qual si sia l’oraChe tu le penne al mio pregar dispieghi,Erta la fronte, armato,E renitente al fato,La man che flagellando si coloraNel mio sangue innocenteNon ricolmar di lode,Non benedir, com’usaPer antica viltà l’umana gente;Ogni vana speranza onde consolaSe coi fanciulli il mondo,Ogni conforto stoltoGittar da me (…)

Amore e Morte (uno dei canti del Ciclo di Aspasia)Per l’immagine della “mano” cfr. D’Holbach, Il Buon Senso

* Sta parlando alla Morte