la maschera nel teatro tragico di stefano quaglia verona, 30 marzo 2006
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La Maschera nel Teatro TragicoLa Maschera nel Teatro Tragico
di di
Stefano QuagliaStefano Quaglia
Verona, 30 marzo 2006 Verona, 30 marzo 2006
La Maschera nel Teatro TragicoLa Maschera nel Teatro Tragico
La maschera facciale:È quasi scontato ricordare che, nel nostro modo di comunicare, il linguaggio verbale è solo una delle componenti.
Noi comunichiamo con le parole, con i gesti, con i movimenti del corpo, con lo sguardo, con le espressioni facciali.
La Maschera nel Teatro TragicoLa Maschera nel Teatro Tragico
Per quale motivo gli attori portavano le maschere?
“Perché nel teatro greco erano appropriate” (Baldry)
Immediata individuazione del personaggio Definizione immediata dello stato del
personaggio (cambiamento di maschera) Variazione dell’identità da parte dell’attore
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“Non vi è motivo di supporre, come si pensava una volta, che la maschera contribuisse in qualche modo ad amplificare la voce” (Baldry)
Cambiamento di maschera-cambiamento di voce: la particolare natura della recitazione greca.
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Polluce (II d C): 28 maschere di repertorio per i personaggi della tragedia
Materiali: Lino, sughero, legno. Conservate solo copie in materiali duri (marmo o ceramica)
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Aspetto culturale e antropologico
Due tipi di maschera (Vernant)
La maschera teatrale: funzione pratico-organizzativa
La maschera cultuale: funzione rituale/sfera del sacro
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Le divinità Maschera: Gorgone
Frontalità Terrore Sguardo che uccide Connessione con
Ade
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Le divinità Maschera: Praxìdikai Daimones - Phoberà pròsopa Connessione con l’acqua e i
giuramenti
Le immagini di terrore infantile Mormò – Mormolykeion: il babau.
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Le divinità Maschera: Dioniso e il suo sguardo:
Frontalità Sorriso Sguardo che seduce e sconvolge Abbandono che trasforma
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Maschere di animali: funzione propiziatoria: Grotta del Terziario: una scena di caccia
dove compare la figura di un uomo travestito da capra.
Lo scopo era duplice: scongiurare la vendetta del dio delle capre con
il travestimento, avvicinare più facilmente la preda.
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Il travestimento: Baccanti: 810-860
DIONISO -Ah! Fermati! Le vuoi vedere, le donne, sdraiate tutte insieme, sul monte? PENTEO -Sì, sì lo voglio! Pagherei a peso d’oro per vederle. DIONISO - E com’è che ti è presa questa gran voglia? PENTEO - Sarà un dolore, ma le voglio vedere ubriache. DIONISO - Allora ti vuoi godere uno spettacolo che ti farà male? PENTEO - Sì, voglio vedere: starò in silenzio, nascosto tra gli abeti. DIONISO - Ma ti scoveranno, anche se ti avvicini di nascosto. PENTEO - E allora andrò allo scoperto: questa volta hai ragione.
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DIONISO - E allora ti farò da guida: vuoi metterti in cammino?
PENTEO - Guidami, presto! Non perdere più tempo!
DIONISO - Avvolgi il tuo corpo in vesti di lino.
PENTEO - E perché mai? Io, uomo, travestito da donna?
DIONISO - Perché non ti uccidano, se là ti fai vedere uomo.
PENTEO - E hai ragione anche questa volta: sei furbo tu, l’ho capito da un pezzo.
DIONISO - Dionìso ci ha ispirato questa idea.
PENTEO - E come metterò in pratica i tuoi buoni consigli?
DIONISO - Ma sarò io a vestirti, là dentro alla reggia. DIONISO - E allora dovrai versare sangue e affrontare in battaglia le Baccanti. PENTEO - È vero: prima devo andare a spiarle.
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PENTEO - Con quale veste? Da donna? Mi vergogno. DIONISO - Ecco, ora non hai più voglia d’essere spettatore delle Menadi. PENTEO - Ma quale veste dici che io dovrò indossare? DIONISO - Prima sulla tua testa metterò una parrucca di capelli fluenti. PENTEO - E poi quale sarà il mio travestimento? DIONISO - Sarà un peplo, lungo fino ai piedi. E sul capo una mitra. PENTEO - E poi, oltre a questo, come mi farai bello? DIONISO - Un tirso e una pelle screziata di cerbiatto. PENTEO - Ma non posso, non ce la faccio proprio a travestirmi da donna. DIONISO - Certo, è più prudente che cacciarsi nel male con il male. PENTEO - E come farò ad attraversare la città di nascosto ai Cadmei? DIONISO - Per vie traverse andremo e io sarò la tua guida.
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PENTEO - Va bene tutto, purché le Baccanti non se la ridano di me. Ora entro in casa e là deciderò. DIONISO - Fa’ pure: da parte mia, io sono sempre a tua disposizione. PENTEO - Allora io vado: o andrò là sul monte, armato, oppure darò retta ai tuoi consigli. DIONISO - Donne, l’uomo ormai è caduto nella rete: andrà dalle Baccanti e lì pagherà la sua pena con la morte. Dioniso, ora è compito tuo: tu non sei lontano. Ci vendicheremo. Per prima cosa fallo diventar pazzo, infondi in lui una folle passione per le frivolezze, perché, se resta in sé, non sarà mai disposto a travestirsi da donna, ma, se lo fai uscire di senno, si travestirà. Farò di lui l’oggetto dello scherno dei Tebani e, trasformato in donna, me lo porterò a spasso per tutta la città, lui che prima, con le sue minacce, sembrava così tremendo. Ora vado a far bello Pènteo e così agghindato se ne andrà all’inferno, sgozzato dalle mani di sua madre. Saprà chi è Dioniso, il figlio di Zeus, saprà la sua natura di dio vero, terribile, sì, ma il più dolce per gli uomini.
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Portare una maschera
è cessare di essere se stessi
e incarnare per il tempo della mascherata
la potenza dell’aldilà che si è impadronita di te,
di cui tu mimi tutt’insieme
la faccia, il gestire, la voce
(Vernant, La morte negli occhi)
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La maschera come diaframma
fra la realtà e la dimensione dell’alterità
pericolosa del divino
Illudere e ingannare per essere autentici
La maschera come rovesciamento
Il tragico come maschera divina dell’umano
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Al di fuori della maschera
Lo sguardo che incenerisce o ricrea
Al di qua della maschera
Una natura che si lascia modificare
Dalla dimensione dell’ “esterno”
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E' per questa ragione che Platone condanna il teatro:
perché è mimesis, menzogna, apparenza ingannevole.
Ma, se la tragedia crea un piano di realtà
che è appunto quello del fittizio,
gli spettatori sanno che le vicende a cui il teatro dà vita e sostanza
non esistono nella realtà.
Questa consapevolezza è la coscienza del fittizio;
la sua comparsa è un evento di notevole importanza.
(Vernant, Dialogo con Michèle Raoul-Davis e Bernard Sobel)
)
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