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la Nave dei folli Marco Taddei Michele Rocchetti orecchio acerbo

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la Nave

dei folliMarco Taddei Michele Rocchetti

orecchio acerbo

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Marco Taddei Michele Rocchetti

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dei folli

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1Come Brandano

si ritrovò a pensarla diverso da tutti

randano era il figlio del bottaio di Saggionia, un villaggetto grosso quanto un moscerino, adagiato in riva al grande fiu-me Rubbone. Di mettere mano alle botti poco gli calava però e quello che più gli piaceva fare era schiacciare sonnellini.

Un giorno ne schiacciò uno sotto il sole di mezzogiorno e se ne svegliò sudato come un merluzzo, con la certezza che il mondo fosse tondo. Era questa una corbezzolata assai smagata poiché tutti sapevano pen-savano e professavano, che il mondo fosse piatto come il tappeto da-mascato di un re. Ma oramai Brandano la pensava così e si metteva a parlare a gridare a cantare, all’alba piuttosto che al tramonto, di come il mondo potesse entrare facilmente nella bocca tonda di un pozzo - se quel pozzo fosse stato abbastanza grande, s’intenda.

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2Come Brandano fu messo in una bagnarola

l Borgomastro di Saggionia poco gradiva il chiassoso pensiero di quello stagionato perdigiorno di Brandano, così, secondo l’usan-za dell’epoca, mescolando astuzia a malizia, esumò una bagna-rola dal fondo del fiume e, tappandone due buchi su tre, la of frì

al giovanotto per invitarlo ad attraversare il mare e provare quel che andava tanto sperticando.

Siccome il gioco pareva facile, il Borgomastro gli mise sulla barcaccia un altro paio di tizi che tutti mal dicevano e che lui ancor meno dige-riva. Uno era Tundalo, vecchio canuto che se ne andava per la città con un nido di piccioni pigolanti per copricapo, l’altro era Morello, un colosso saraceno bianco come uno straccio che avesse visto un fanta-sma. A Brandano costoro parvero la ciurma ideale e nominò Tundalo nocchiero e Morello lustratore di ponte.

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3Come Brandano trovò un’illustre ciurma

per la sua bagnarola

sulle dolci creste del fiume Rubbone, che scherzi non fece mai a nessun navigatore, Brandano, già proclamatosi capitano saggio e lungimirante, si rese conto che per il suo viaggio abbisognava di una compagnia ben più corposa dei due che

si era ritrovato come soci.

Fu così che per prima cosa attraccò - a stento - al porto della Cit-tà dei Mercanti, dove si poteva comprare tutto, persino un’illustre ciurma edotta agli azzardi del mare, a patto di sborsare i giusti fioroni d’oro. Ma si dava il caso che Brandano ed i suoi messi assieme possedessero a malapena un pezzo di pane che solo per provvidenza non s’era ancora ammuf fito. L’unica merce che i barbuti mercanti davano via senza contropartita erano i mentecatti, di cui le pubbli-che galere erano strapiene. Anzi pagavano per darli via.

«Meraviglia! Li prendiamo tutti noi, allora» esclamò Brandano, senza un attimo di indugio. E subito una dozzina dei più valorosissimi matti tonanti, prodigi di gattabuia, gli furono consegnati assieme ad un bel mucchietto d’oro. Con l’oro si comprò ed armò un vascelletto sodo e af filato per af frontare gli esorbitanti scossoni dei sentieri marini.

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4Di come fosse composta la ciurma di Brandano

l liberarsi delle vele, sulla nave, sembrava di vedere danza-re un mazzo di Tarocchi. Cef fi, nasi, bocche, orecchie, barbe, braghe e casacche colorate d’ogni sorta combriccolavano e garrivano come bandiere al vento.

C’era Calcippa, pelatore di cipolle, anche quando cipolle non ce n’e-rano; Mordacchio, zufolatore di pollici; Prigola, bestemmiatore ag-graziato; Narrone, matto in massimo grado, che giurava di diventar upupa la notte e Carpalin che correva ogn’ora a cercare di spiccare due mele dall’albero maestro. Altri ancora si potevano vedere che covavano uova, carezzavano topi, raganellavano raganelle, festeg-giavano gioiosi il nessun-sa-cosa col sole o con la luna, con la piog-gia o con il vento. E tutti stavano sotto Morello che n’era il flagello, mastro di ponte severo ma giusto.

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5Come Tundalo e Brandano decisero la rotta

iunti in mare, si decise il da farsi: «Tundalo, nocchiero sba-lestro, che rotta pigliare per verificare la vera natura del mondo?» «Io direi di andare ad Oriente.» «E perché non ad Occidente?» «Ad Oriente possiamo cercare la fabbrica dei

soli che sta proprio laggiù appena balzato l’orizzonte.» «E lì che fa-remo?» «Frugheremo nel retro bottega e conteremo quanti sono i soli che hanno fabbricato così da capire i giorni che questo mondo ha ancora davanti.» «E a che pro?» e Tundalo serio serio: «Se avranno pochi dischi solari vorrà dire che inizieremo una vita di privazione e pentimento, giacché, rimanendo solo pochi giorni, il gran giudizio sarà ad un passo. Ma se invece di scudi fiammanti ne contiamo un pantinume, saremo sicuri che ci potremo goder la vita, dato che quel giudizio così grande ed ecumenico sarà lungi a venire... se però ti par ch’io svirgoli di’ pure la tua!», ma Brandano non ebbe da ridire, ed anzi s’intonarono in un gran riso felice come due assetati che trova-no un’oasi nel bel mezzo del deserto.

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6Come Brandano scappò dal saccheggio dei pirati

grazie ad un bestione marino

el bel mezzo delle vie salmastre, il guscio di Brandano incocciò in Erik il Bergamotto. Era questi un vichingo di modi rozzi e barba aguzza, che stranamente promanava un olezzo di bergamotto. Rintanato nei suoi scodellami da

guerra, con voce di ciaramella di metallo, pretese che gli si cedesse il vascelletto e che tutta la ciurma si facesse docilmente gettare in mare, senza se e senza ma.

Brandano non sapeva come reagire a quelle metalliche minacce e già disperava, quand’ecco che sorse dal mare un gran serpentone, fatto di scaglie d’oro e fogliame d’argento, che in un baleno si ingoiò il predone con tutto il suo ligneo bastione! Poi sazia, la feroce biscia ridiscese nei suoi sottomarini nidi lasciando tutti col fiato mozzato. «Per le testuggini di tutti i mari!» esclamò Brandano «Tundalo hai visto anche tu quel bestione? Di dove veniva?» e Tundalo «L’avrà at-tratto l’odor di bergamotto!»

N

SEGUE…