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La ricezione di Nolte in Italia Pier Paolo Poggio La ricezione italiana dell’opera di Nolte presenta aspetti di notevole interesse per lo studio della revi- sione radicale del giudizio storico sul fascismo e il nazismo. Sino allo Historikerstreit la sua presenza nella cultura italiana, non solo in ambito storiografi- co, è molto limitata, le sue posizioni e interpretazio- ni vengono sottoposte a dure critiche in ambito spe- cialistico. In pratica Nolte ha in Italia un unico in- terlocutore, sia pure di rilievo, nel filosofo cattolico Augusto Del Noce. La situazione cambia profondamente dalla seconda metà degli anni ottanta, allorché Nolte incontra un crescente successo e diventa un beniamino della stam- pa quotidiana e periodica come in nessun altro pae- se al mondo. In campo storiografico permangono dif- fidenze e posizioni critiche, dovute anche al radica- lismo di alcune affermazioni di Nolte in materia di antisemitismo e sullo sterminio degli ebrei. Lo stes- so Renzo De Felice e la sua scuola mantengono for- ti distinzioni rispetto all’interpretazione noltiana del- le ideologie contemporanee. Nondimeno, grazie in primo luogo all’interdipendenza tra comuniSmo e na- zismo, gulag e Auschwitz, provocatoriamente pro- posta da Nolte, egli diventa un punto di riferimento obbligato nella riscrittura della storia del Novecen- to, nella costruzione del revisionismo storico come impresa politico-ideologica direttamente gestita dai media. Queste tematiche generali costituiscono lo sfondo di un’analisi che cerca di ricostruire, in modo detta- gliato, i percorsi della ricezione di Nolte in Italia, at- traverso l’esame dei principali e più significativi con- tributi dedicati alla storiografia filosofica dello stu- dioso tedesco. The reception ofNolte’s works in Italy appears par- ticularly interesting for the study of the sharp re- vision of the judgement about Fascism and Nazism characterizing the media scene in recent times. Up until the Historikerstreit Nolte’s presence in Ita- lian culture had been rather feeble, not only at hi- storiographic level, his positions and interpreta- tions having been harshly criticized by the specia- lists. Nolte had found in Italy just one single thou- gh remarkable interlocutor, the catholic philo- sopher Augusto Del Noce. The scenery underwent a dramatic change in the late Eighties, when Nol- te met growing success in newspapers and maga- zines like nowhere else in the world. Still, among the historians there remained distrust and critici- sm, mainly due to certain Nolte’s propositions on anti-Semitism and the Holocaust. Renzo De Felice himself and his followers marked their distance from Nolte’s interpretation of contemporary ideo- logies. With all this, thanks to his provocative as- sumption of the interdependence of Communism and Nazism, the Gulags and Auschwitz, Nolte has been turned into a fixed term o f reference in the re- visitation of the 20th Century history, at least in- sofar as such task has been directly undertaken by the media system. These topics go to make up the framework of an analysis tending to reconstruct in detail the course ofNolte’s fortune in Italy, throu- gh an examination of the most authoritative and meaningful comments concerning the historical writings of the German scholar. ‘Italia contemporanea”, settembre 1998, n. 212

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La ricezione di Nolte in ItaliaPier Paolo Poggio

La ricezione italiana dell’opera di Nolte presenta aspetti di notevole interesse per lo studio della revi­sione radicale del giudizio storico sul fascismo e il nazismo. Sino allo Historikerstreit la sua presenza nella cultura italiana, non solo in ambito storiografi­co, è molto limitata, le sue posizioni e interpretazio­ni vengono sottoposte a dure critiche in ambito spe­cialistico. In pratica Nolte ha in Italia un unico in­terlocutore, sia pure di rilievo, nel filosofo cattolico Augusto Del Noce.La situazione cambia profondamente dalla seconda metà degli anni ottanta, allorché Nolte incontra un crescente successo e diventa un beniamino della stam­pa quotidiana e periodica come in nessun altro pae­se al mondo. In campo storiografico permangono dif­fidenze e posizioni critiche, dovute anche al radica­lismo di alcune affermazioni di Nolte in materia di antisemitismo e sullo sterminio degli ebrei. Lo stes­so Renzo De Felice e la sua scuola mantengono for­ti distinzioni rispetto all’interpretazione noltiana del­le ideologie contemporanee. Nondimeno, grazie in primo luogo all’interdipendenza tra comuniSmo e na­zismo, gulag e Auschwitz, provocatoriamente pro­posta da Nolte, egli diventa un punto di riferimento obbligato nella riscrittura della storia del Novecen­to, nella costruzione del revisionismo storico come impresa politico-ideologica direttamente gestita dai media.Queste tematiche generali costituiscono lo sfondo di un’analisi che cerca di ricostruire, in modo detta­gliato, i percorsi della ricezione di Nolte in Italia, at­traverso l’esame dei principali e più significativi con­tributi dedicati alla storiografia filosofica dello stu­dioso tedesco.

The reception ofNolte’s works in Italy appears par­ticularly interesting fo r the study o f the sharp re­vision o f the judgement about Fascism and Nazism characterizing the media scene in recent times. Up until the Historikerstreit Nolte’s presence in Ita­lian culture had been rather feeble, not only at hi­storiographic level, his positions and interpreta­tions having been harshly criticized by the specia­lists. Nolte had found in Italy just one single thou­gh remarkable interlocutor, the catholic philo­sopher Augusto Del Noce. The scenery underwent a dramatic change in the late Eighties, when Nol­te met growing success in newspapers and maga­zines like nowhere else in the world. Still, among the historians there remained distrust and critici­sm, mainly due to certain Nolte’s propositions on anti-Semitism and the Holocaust. Renzo De Felice himself and his followers marked their distance from Nolte’s interpretation o f contemporary ideo­logies. With all this, thanks to his provocative as­sumption o f the interdependence o f Communism and Nazism, the Gulags and Auschwitz, Nolte has been turned into a fixed term o f reference in the re­visitation o f the 20th Century history, at least in­sofar as such task has been directly undertaken by the media system. These topics go to make up the framework o f an analysis tending to reconstruct in detail the course ofN olte’s fortune in Italy, throu­gh an examination o f the most authoritative and meaningful comments concerning the historical writings o f the German scholar.

‘Italia contemporanea”, settembre 1998, n. 212

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Le tesi revisioniste di Ernst Nolte, ampiamente divulgate nella pubblicistica italiana, debbono es­sere lette aH’intemo della sua ricca, seppur ripe­titiva, produzione saggistica. In secondo luogo, è necessario collocarle nel dibattito politico-sto­riografico tedesco, in un arco temporale che va al di là delVHistorikerstreit. Ciò tanto più perché la ricezione delle tesi noltiane è avvenuta in Ita­lia senza tenere conto né dell’evoluzione del suo pensiero né dei percorsi tedeschi del revisioni­smo storico. Una ricostruzione analitica non è possibile in questa sede. Mi limiterò a segnalare alcuni dati: nel 1978 un importante storico di de­stra, Hellmut Diwald, pubblica una Geschichte der Deutschen1 in cui minimizza il genocidio ebraico mettendo l’accento sul dramma dei te­deschi espulsi dall’Est; nel 1982 Kohl va al go­verno e Bernard Willms pubblica Die Deutsche Nation2, una sorta di manifesto del neonaziona­lismo, scagliandosi contro il complesso di infe­riorità imputato ad “Auschwitz”. Il 5 maggio del 1985 c ’è la visita di Kohl e Reagan al cimitero militare di Bitburg “per voltare una pagina della storia” ... In questo clima i progetti di musei di storia tedesca a Berlino e Bonn sono al centro di forti polemiche. Si moltiplicano gli interventi e gli scritti di storici come Hillgruber e Stiirmer, che è anche consigliere politico di Kohl, favore­voli ad una revisione della storia recente della Germania, in nome del binomio patria-nazione.

Nella seconda metà degli anni ottanta, infine, si afferma una nuova leva di storici e politologi, a volte di ex nuova sinistra, che propugnano una revisione modernizzante del nazismo. L’incontro di Nolte con questi neorevisionisti, capeggiati da Rainer Zitelman, viene sancito dalla pubblica­

zione del volume collettivo Die Schatten der Ver­gangenheit. Impulse zur Historizierung des Na­tionalsozialismus3 dove la storicizzazione mo­dernizzante del nazismo è funzionale alla ripro­posta di uno Stato pangermanico di potenza4.

Gli echi italiani di queste vicende e tematiche sono limitatissimi, mentre Nolte, a partire dalla divulgazione della sua spiegazione causale del nazismo e di Auschwitz ad opera del comunismo e del gulag, acquista da noi una popolarità e un successo sorprendenti, di sicuro non limitati ad un pubblico di sentimenti neofascisti.

Nei primi anni novanta, la presenza di Nolte sulla grande stampa è molto frequente. Egli di­venta l’intellettuale tedesco a cui rivolgersi per avere lumi su quel che avviene nella Germania riunificata. A titolo esemplificativo: nel 1992 le ondate di violenza xenofoba e le manifestazioni plateali di antisemitismo preoccupano, da cui la ripetuta, ingenua, domanda riguardo la possibile rinascita del nazismo. Per Nolte una doppia as­surdità, visto che non solo da tempo si è chiusa l’epoca del fascismo ma anche il comunismo è finito e quindi non ci può essere rinascita del na­zismo. Nolte non manca però di segnalare una si­tuazione che può alimentare l’inevitabile reazio­ne alle utopie della sinistra: il forte abuso nel di­ritto d ’asilo, che caratterizza la Germania sotto­posta ad una pericolosa invasione straniera5.

In sostanza egli diventa un opinionista e una sorta di guida spirituale per orientarsi nella sto­ria del tempo presente. Una posizione senza egua­li per un intellettuale straniero, un piccolo ma si­gnificativo fenomeno storico-politico che non può essere analizzato unicamente sul piano del dibattito storiografico, a cui qui ci limitiamo.

Relazione presentata al convegno “Fascismo e antifascismo: rimozioni, revisioni, negazioni. La storia d’Italia dal fascismo al­la Repubblica nel contesto europeo” (Roma 21-23 aprile 1998), organizzato dalla Fondazione Corpo volontari della libertà, con la collaborazione dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e della Fondazione Luigi Mi­cheletti.1 Hellmut Diwald, Geschichte der Deutschen, Frankfurt a.M., 1978.2 Bernard Willms, Die Deutsche Nation, Koln-Lòveniche, Hohenheim Verlag, 1982.3 Frankfurt a.M.-Berlin, Ullstein, 1990.4 Cfr. Karl Heinz Roth, Revisionisi Tendencies in Historical Research into German Fascism, “International Review of Social History”, 1994, n. 39, pp. 445-446. Sul neonazionalismo, non necessariamente filooccidentale, nella recente storiografia tede­sca, si veda Stefan Berger, Historians and Nation-Building in Germany after Reunification, “Past and Present”, 1995, n. 148.5 Cfr. le interviste a Ernst Nolte, pubblicate su “L’Espresso”, 13 settembre 1992, e “La Stampa”, 24 novembre 1992.

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Da questo punto di vista, la ricezione italiana dell’opera di Ernst Nolte non presenta particola­ri sorprese, essa incontra critiche non meno du­re che in altri paesi. E ciò già a partire dall’edi­zione tedesca della sua prima e fondamentale ope­ra: Der Faschismus in seiner Epoche(l963). L’anno dopo Enzo Collotti vi dedica una recen­sione che ne demolisce gli assunti di base e i pos­sibili corollari. Il metodo di Nolte riflette un “ni­chilistico eclettismo” ed è estraneo alla storio­grafia; per linguaggio e problematica Nolte non si è distaccato dal suo maestro Heidegger; non si può studiare l’ideologia fascista basandosi solo sugli scritti di Mussolini e Hitler; il Mussolini di Nolte, a metà strada tra Marx e Nietzsche, è un personaggio “improbabile”. Collotti inoltre in­tuisce gli sviluppi possibili dell’impostazione noltiana: il fascismo diventa una filiazione del marxismo, quindi anche i suoi esiti estremi si po­tranno imputare al comuniSmo6 7.

La prima grande opera dello storico tedesco è l’unica che abbia ricevuto una forte e positiva, seppure critica, attenzione da parte della storio­grafia intemazionale. In Italia, sino a metà degli anni ottanta, l ’interesse per Nolte è molto limi­tato. Una riprova: nel volume XII deWEnciclo- pedia europea1, dedicato alla Bibliografia, la se­zione Fascismo e nazismo a firma Valerio Ca­stronovo, non contiene alcun riferimento alle sue opere.

Renzo De Felice inizia ad occuparsi di Nolte

alla fine degli anni sessanta col suo volume Le interpretazioni del fascismo (1969), e poi nella vasta antologia dedicata a II fascismo. Le inter­pretazioni dei contemporanei e degli storici ( 1970) e nell’introduzione all’edizione italiana di Die Krise des liberalen Systems und die faschi­stischen Bewegungen8. Per dar conto dell’im­pianto filosofico noltiano sottolinea la categoria di “fenomeno transpolitico”, aggiungendo però subito:

a stretto rigore, parlare di una vera e propria interpre­tazione del fascismo come fenomeno transpolitico è, per lo meno, eccessivo. Questa interpretazione, infat­ti, è stata praticamente sostenuta solo da Ernst Nolte.

Inoltre essa è stata attaccata un po’ da tutte le par­ti, solo George L. Mosse, non la ha liquidata sbri­gativamente9.

Per parte sua, De Felice trova la tipologia nol­tiana interessante ma discutibile: innanzitutto ri­tiene inaccettabile inserire V Action française nel fenomeno fascista e rimprovera a Nolte una di­latazione troppo ampia della categoria di fasci­smo, inoltre attribuisce una portata ideologica ec­cessiva alla fraseologia corrente del linguaggio politico, come nel caso del preteso marxismo di Mussolini. Abbastanza esplicitamente dice che Nolte gli interessa in rapporto ad Augusto Del Noce e, attraverso l’analisi delle posizioni di que­st’ultimo, emerge una critica radicale a ll’im­pianto di IIfascismo nella sua epoca10: infatti per

6 Cfr. Enzo Collotti, “Studi storici”, 1964, n. 4, pp. 792-795. Il volume di Nolte, Der Faschismus in seiner Epoche. Die Action Française. Der italienische Faschismus. Der Nationalsozialismus (München, Piper, 1963), venne tradotto in italiano presso Sugar, con il titolo I tre volti del fascismo (Milano, 1966), sostanzialmente rispondente al contenuto ma successivamente de­precato perché collegava strettamente fascismo e nazismo, contrariamente a quanto previsto dal nuovo paradigma revisionista: all’edizione del 1993 verrà dato il titolo II fascismo nella sua epoca. I tre volti del fascismo, Varese, SugarCo, 1993. All’epo­ca l’editore milanese si era specializzato nella pubblicazione di opere eretiche o marginali, prevalentemente di sinistra o estre­ma sinistra, non senza qualche puntata sul versante opposto (ad es. Paul Serant, Romanticismo fascista, Milano, 1961). Nel 1970, presso II Mulino, viene pubblicato Ernst Nolte, Die Krise der liberalen Systems und die faschisten Bewegungen (Mün­chen, Piper, 1968). Sino a dopo 1’Historikerstreit non ci sono altre traduzioni italiane di opere dello storico tedesco; non ver­ranno così mai tradotte due opere che questi considera fondamentali: Deutschland und der Kalte Krieg, München, Piper, 1974 e Marxismus und industrielle Revolution, Stuttgart, Klett-Cotta, 1983, che compongono, con Der Faschismus in seiner Epo­che e Der Europäische Bürgerkrieg 1917-1945, la cosiddetta tetralogia dedicata allo studio delle ideologie contemporanee.7 Milano, Garzanti, 1984.8 Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari, Laterza, 1969; Id., Il fascismo. Le interpretazioni dei contempora­nei e degli storici, Bari, Laterza, 1970; E. Nolte, La crisi dei regimi liberali e i movimenti fascisti, Bologna, Il Mulino, 1970.9 R. De Felice, Il fascismo, cit., p. 623. De Felice si riferisce a George L. Mosse, Three Faces ofFascism by Ernst Nolte, “Jour­nal of thè History of Ideas”, oct.-dec. 1966.10 Cfr. nota 6.

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Del Noce (e De Felice) fascismo e nazionalso­cialismo sono fenomeni profondamente diversi. In conclusione, l ’interpretazione transpolitica di Del Noce, che inserisce il fascismo nell’epoca della secolarizzazione come inveramento del le­ninismo, gli pare “più rigorosa” e “potenzial­mente più traducibile in concreta ricostruzione storiografica”11.

Il dissenso e distacco di De Felice dall’inter­pretazione noltiana è ribadito nella Intervista sul fascismo, a cura di Michael A. Ledeen, del 1975. Tra l’altro nel testo ci sono continui riferimenti a Mosse, mentre in pratica di Nolte si parla solo per una esplicita domanda di Ledeen: “Che vali­dità ha il discorso di Nolte sull“ epoca fascista’ ?”. Risposta: “Se lo prendiamo nel senso di Nolte e dei noltiani di stretta osservanza (che sono pochi ma — salvo rare eccezioni — deleteri), in senso rigido cioè, allora non ha alcun significato”12.

Per quel che riguarda l’ideologia fascista, De Felice preferisce rimandare piuttosto all’inter­pretazione di Tamo Kunnas, ribadendo che “fra fascismo e nazismo [...] c ’è una profonda diffe­renza [...] uno spartiacque molto netto che non si può ignorare”13.

Nella voce Fascismo redatta dallo storico rea­tino per 1 ’Enciclopedia del Novecentol4, che con­tiene una sezione dedicata alla discussione delle interpretazioni del fascismo come “fenomeno non solo italiano”, non vi è alcun riferimento alla po­sizione noltiana e la sua opera fondamentale sul­l’argomento non è citata in bibliografia. Si noti che anche in “Storia contemporanea”, la rivista fondata e diretta da Renzo De Felice, nel perio­do 1970-1987, la presenza di Nolte è del tutto marginale, anche se la Germania, dopo l ’Italia, è di gran lunga il paese a cui sono dedicati il mag­gior numero di interventi. Negli anni ottanta è

piuttosto George L. Mosse che emerge “come ve­ro e proprio ispiratore della rivista”15.

La svolta revisionista di Nolte si può far risalire agli anni della “contestazione” quando, inse­gnando all’Università di Marburgo, si scontrò du­ramente con gli studenti di orientamento neo­marxista che facevano riferimento a Wolfgang Abendroth. Dal 1973 è professore di Storia mo­derna alla Libera Università di Berlino; la sua te­si su fascismo e nazismo come risposte eccessi­ve ma necessarie al bolscevismo risalgono a que­st’epoca. Nel 1974 pubblica Deutschland und der Kalte Krieg16 17, non tradotto in italiano. È l ’anno in cui esce in Occidente LArcipelago Gulag di Solzenicyn, quasi ignorato in Italia, ma che ha effetti dirompenti negli ambienti intellettuali eu­ropei . In questo periodo e, ancora per diverso tem­po, Nolte non ha alcuna udienza presso il gran­de pubblico; un suo articolo pubblicato il 24 lu­glio 1980 sulla “Frankfurter Allgemeine Zei- tung”, in cui comincia a collegare Auschwitz ai genocidi dei bolscevichi, resta senza echi; nel 1983 esce Marxismus und industrielle Revolu­tion'1 , molto importante per capire il progetto complessivo perseguito da Nolte, opera anch’es- sa non tradotta in Italia.

Nell’estate del 1986 scoppia VHistorikerstreit e tutti i commentatori attribuiscono a Nolte il ruo­lo di leader dello schieramento revisionista, so­prattutto per il carattere estremo e provocatorio delle sue posizioni, dovuto in primo luogo all’o­perazione relativizzante che egli compie sul con­cetto-simbolo di “Auschwitz”.

Anche da noi viene colta per tempo la porta­ta della posta in gioco e individuato l’obiettivo della strategia noltiana: “propugnare la tesi che il vero male assoluto è l’idea della rivoluzione

11 R. De Felice, Il fascismo, cit., p. 634. De Felice richiama questo giudizio e utilizza le stesse parole nell’intervento pubbli­cato su “Il Tempo”, 2 febbraio 1990, in occasione della morte del filosofo piemontese.12 R. De Felice, Intervista sul fascismo, Laterza, Bari, 1975, p. 85.13 R. De Felice, Intervista sul fascismo, cit., p. 101.14 Roma, Treccani, 1977, voi. II.15 Marco Palla, Due poli del dibattito e della ricerca: "Storia contemporanea" e “Rivista di storia contemporanea", “Movi­mento operaio e socialista”, 1987, n. 1-2, pp. 63-76.16 Cfr. nota 6.17 Cfr. nota 6.

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democratica ed egualitaria”; con l’avvertimento che “questo tipo di revisione storiografica ha po­tenzialità espansive più grandi di quanto non si pensi”18.

In un primo momento la stampa italiana si di­mostra prudente e affida l ’interpretazione e com­mento del paradigma revisionista sulla priorità lo­gica e fattuale del genocidio di classe rispetto a quello razziale ad uno studioso di grande autore­volezza: George L. Mosse. Intervistato sul “Cor­riere della sera”, il 20 febbraio 1987, questi espri­me un giudizio molto netto: quello tra campi di sterminio e gulag staliniani “è un parallelo assur­do e antistorico” che mira “a minimizzare le re­sponsabilità della Germania nazista”. E ancora:

Ernst Nolte è un estremista isolato. Avevo già critica­to il suo libro “I tre volti del fascismo” pubblicato ol­tre vent’anni fa. E non ritengo conti molto nella cul­tura tedesca19.

Pochi giorni dopo, su “Il Giornale” del 26 feb­braio 1987, in un colloquio con Marcello Sta­gliene, è lo stesso Renzo De Felice a rifarsi a Mosse, prendendo le distanze da Nolte:

Sul piano storico, a mio parere, non bisogna assoluta- mente parlare, come fa Nolte, di un prima e di un do­po, dell’arcipelago Gulag che precede Auschwitz, né fare il confronto tra il numero delle vittime. Per me il discorso è un altro, già impostato da qualche anno con estrema linearità da uno storico del calibro di George Mosse.

Bisogna partire, aggiunge De Felice, dalla prima guerra mondiale, una guerra di masse, tecnolo­gie, ideologie, in cui cambia l’immagine del ne­mico, in cui si impone la “brutalizzazione della vita” e prende piede il terrore come principio po­

litico. Come è noto questa è una delle critiche principali che sarà da più parti rivolta al libro di Nolte dedicato a La guerra civile europea 1917- 194520.

Enzo Collotti, intervenendo nel dibattito tra gli storici nel numero del gennaio 1987 della “Ri­vista di storia contemporanea”, inserisce la re­cente valorizzazione delle tesi noltiane nella svol­ta neoconservatrice della politica tedesca e criti­ca in particolare Hillgruber, storico decisamente più autorevole di Nolte, perché con il suo discorso sulla necessaria resistenza dei soldati tedeschi ad Est “volontariamente o involontariamente [...] ri­schia di attribuire all’Armata rossa la responsa­bilità dello sterminio degli ebrei”21.

In un successivo articolo del 5 marzo 1987, apparso su “Il Manifesto”, Collotti sottolinea il carattere programmato della guerra nazista come guerra di sterminio, e stigmatizza il tentativo di scaricare il nazismo delle sue responsabilità, con il “catapultarle fuori dalla storia, nel campo me­tastorico e metapolitico dell’antropologia e del­la psicologia sociale o individuale”22.

Nel frattempo si va delineando un diverso at­teggiamento, che oscilla da una sottolineata equi­distanza ad una decisa apertura di credito verso le posizioni di Nolte e dello schieramento di cui egli finisce con l’essere, soprattutto da noi, l ’in­discusso capofila e principale protagonista23.

Ma la svolta è segnata da un articolo di Au­gusto Del Noce apparso su “Il Tempo” del 5 apri­le 1987. Per Del Noce, non solo il rapporto tra bolscevismo e nazismo, lager sovietici e nazisti, è legittimo, ma essi sono la stessa cosa, hanno la stessa origine. Si tratta di capire da dove venga l’idea della “nientificazione” del nemico, lo sca­tenarsi della violenza assoluta. Tutto deriva dal

18 Stefano Petrucciani, Peccatucci di un antibolscevico, “Il Manifesto”, 13 gennaio 1987.19 Cfr. Lorenzo Cremonesi, Hitler e Stalin: due massacri a confronto, “Corriere della sera”, 20 febbraio 1987. Mosse non cam­bierà mai giudizio: a suo avviso l’operazione condotta da Nolte è da ricondurre sotto la categoria di “giustificazionismo” del passato nazista.20 Cfr. Marcello Staglieno, La politica sulle ombre del passato, “Il Giornale”, 26 febbraio 1987. Il corsivo è nel testo.21 E. Collotti, C’era una volta Hitler..., “Rivista di storia contemporanea”, 1987, n. 1, p. 5.22 E. Collotti, Il genocidio nazi: progetto politico non peripezia, “Il Manifesto”, 5 marzo 1987.23 Si vedano gli interventi di Ernesto Galli della Loggia, “Panorama”, 7 marzo 1987, e di Gian Enrico Rusconi, “La Repub­blica”, 12 maggio 1987.

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progetto rivoluzionario di cambiare il mondo, rea­lizzare il paradiso in terra, creare un “uomo nuo­vo”. La conclusione è netta: “di violenza e ster­minio si può parlare soltanto a proposito dell’i­deologia rivoluzionaria, per diverse che siano le forme che può assumere”. Né vale l’obiezione scontata circa il carattere reazionario del nazi­smo, il suo militante impegno antirivoluzionario, la sua resistenza al comuniSmo. Del Noce liqui­da la cosa affermando che “in realtà non soltan­to il nazismo interpretò se stesso come fenome­no rivoluzionario, ma in realtà lo fu”24.

Nel corso del 1987 ed inizi dell’anno succes­sivo i riflessi italiani dell’Historikerstreit sono molto intensi, oltre che sui giornali e settimana­li, sulle riviste specializzate (“Italia contempora­nea”, “Passato e presente”, “Qualestoria”, “Rivi­sta di storia contemporanea”, “Storia contempo­ranea”, ecc.) e anche su riviste di cultura genera­le come “Micromega”, “Il Mulino”, “Nuovi ar­gomenti”. Einaudi pubblica, a cura di Gian En­rico Rusconi, una fortunata silloge del dibattito tedesco: Germania, un passato che non passa. I crimini nazisti e l’identità tedesca. Nell’autunno 1987, prima a Roma, poi a Torino, vengono or­ganizzati due convegni intemazionali sull’argo­mento. Intanto, alla Fiera di Francoforte, Nolte presenta il suo volume Der Europäische Bür­gerkrieg 1917-1945. Nationalsozialismus und Bolschewismus, per i tipi della casa editrice Propyläen-Ullstein, che sarà prontamente tradot­to e pubblicato in Italia presso Sansoni25. Dai re- socon.ti giornalistici la sua posizione si staglia sempre più nettamente, anche perché sembra che egli si batta da solo contro tutti. Nicola Tranfa- glia, commentando il convegno di Torino orga­nizzato dal Goethe Institut, segnala che “si sono riprodotte le posizioni” del dibattito tedesco: “da una parte Ernst Nolte” (che ha preso parte ai la­

vori) “dall’altra parte, tutti gli altri studiosi [...] unanimi nel ritenere infondato, o almeno ancora tutto da provare, il nesso causale tra bolscevismo e nazionalsocialismo”26.

In un altro interessante commento al conve­gno torinese, apparso su “La Stampa”27, Galli della Loggia attacca gli storici tedeschi avversa­ri di Nolte, accusandoli di dietrologia e di opera­re una demonizzazione delle sue tesi, sottoli­neando invece la spregiudicatezza dell’interven­to di Renzo De Felice che aveva “tirato in ballo le oggettive responsabilità nello sterminio degli Ebrei della politica roosveltiana della resa in­condizionata”. Mentre si va delineando lo schie­ramento favorevole a Nolte e cresce il suo suc­cesso presso gli organi di informazione, viene in­trodotto il leitmotiv che accompagnerà, paralle­lamente a quella di De Felice, la sua fortuna mas­smediatica, segnata dalla continua reiterazione della coppia demonizzazione-vittimizzazione.

Galli della Loggia introduce anche un’altra ri­flessione, nei suoi termini generali ampiamente condivisibile. “Non è facile capire perché - egli si chiede - proprio in Italia più che in qualsiasi altro Paese del mondo [...] abbia avuto tanta eco VHistorikerstreit”. In effetti, a suo avviso,

il centro vero della discussione aperta a suo tempo da Habermas con il suo feroce attacco [corsivo mio] a Nolte in realtà non riguarda tanto il giudizio etico-po­litico sul nazionalsocialismo [... ] quanto piuttosto quel paradigma essenziale di tutto il nostro universo ideo­logico che è il paradigma destra/sinistra.

In paesi come l ’Italia e la Germania, con un’e­sperienza di tipo fascista, solo uno dei due ter­mini è stato bollato con un “carattere di negati­vità assoluta”. Nolte fa scandalo perché spezza tale paradigma, che è poi quello dell’antifasci­smo. Ne consegue che può anche essere sba-

-4 Augusto Del Noce, Perché non c’è diversità nella violenza di Stalin e di Hitler, “Il Tempo”, 5 aprile 1987. Si veda anche Id., Filo rosso da Mosca a Berlino, “Il Sabato”, 11-17 aprile 1987.-5E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea 1917-1945, con un saggio di G. E. Rusconi, Milano, Rizzoli, 1996 (questa edizione Bur-Supersaggi, che utilizzeremo per le nostre citazioni, è identica a quella uscita da Sansoni nel 1988).26 Nicola Tranfaglia, Quel passato che non passa, “La Repubblica”, 7 novembre 1987.27 E. Galli delia Loggia, La colpa tedesca, “La Stampa”, 19 novembre 1987.

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gliata la sua riduzione del nazismo ad antibol­scevismo, però ha avuto il merito di problema­tizzare una dicotomia bloccata28.

Sotto il titolo Historikerstreit e dintorni: una questione non solo tedesca, la rivista “Passato e presente” offre un bilancio anche del versante ita­liano del dibattito29. Wolfgang Schieder fa nota­re che gli echi di questo dibattito all’estero si so­no avuti più che altro in Italia e in Israele, il no­do riguarda quindi il rapporto degli italiani e dei tedeschi con il loro passato, con speciale riferi­mento alla persecuzione e sterminio degli ebrei. Gustavo Comi sottolinea una serie di simmetrie e asimmetrie: in Germania non c ’è stata eco del dibattito italiano, in Italia non si è tratta alcuna conseguenza dall’andamento e dagli esiti del di­battito tedesco; c ’è un evidente parallelismo tra la polemica tedesca sulle tesi di Nolte e quella italiana su De Felice. Infine, nella stampa l’a­spetto politico ha oscurato del tutto le questioni storiografiche.

Si può aggiungere che, con perfetto paralleli­smo rispetto al significato àeXPHistorikerstreit in Germania, il successo italiano di Nolte è da col­legare alla ridefinizione dell’identità nazionale e della forma statuale, con il venir meno dell’as­setto definito dagli esiti della seconda guerra mon­diale. Ma, mentre in Germania la crisi si risolve nell’unificazione e nel rafforzamento dei partiti tradizionali (di chiara ascendenza storica antico­munista e antifascista), in Italia si ha invece una radicalizzazione del dualismo e delle fratture ter­ritoriali, accompagnate dal successo politico di forze di ascendenza storica comunista e fascista.

Nel 1988 esce Nazionalsocialismo e bolsce­vismo. La guerra civile europea 1917-1945. L’e­

dizione italiana dell’opera più significativa e con­troversa di Nolte è preceduta da un saggio di Gian Enrico Rusconi. La tesi fondamentale del libro, leggermente oscurata dall’inversione tra titolo e sottotitolo rispetto all’originale, è che il periodo 1917-1945 sia sintetizzabile come epoca della “guerra civile europea”. Nonostante il successo italiano di Nolte, in campo pubblicistico e stori­co-politico, e d ’altro canto l’influsso ancor più profondo e solido che ha avuto da noi Cari Sch­mitt, sul piano politico e filosofico, non c ’è sta­ta un’effettiva discussione storiografica del con­cetto di guerra civile ripreso da Nolte, né per il periodo 1917-1945, né per l’ampliamento spa­zio-temporale, per altro anch’esso di origine sch- mittiana, proposto con il saggio Weltbiirgerkrieg 1917-1989?30. Già l’introduzione di Rusconi evi­tava di entrare nel merito della valutazione sto­riografica dell’impianto noltiano. Come ha os­servato Franco De Felice,

l ’introduzione di Gian Enrico Rusconi è molto preci­sa nel ricostruire le categorie analitiche di Nolte, ma non dice praticamente nulla sulla fondatezza storica della tesi e sulla semplificazione del quadro31.

Bisognerà attendere il libro di Domenico Losur­do Il revisionismo storico. Problemi e miti32, per una discussione del quadro interpretativo noltia­no basato sul concetto di guerra civile; il tutto, per altro, calato in un contesto di conflitti ideo­logici di lungo periodo, evitando, quindi, ancora una volta, una verifica storiografica ravvicinata. Come avviene in Nolte, il comparativismo oscu­ra la natura e le dimensioni specifiche di nazismo e comunismo, siano essi tematizzati in termini di

28 Cfr. E. Galli della Loggia, La colpa tedesca, cit.29Cfr. Wofgang Schieder e Gustavo Comi [interventi su], Historikerstreit e dintorni: una questione non solo tedesca, “Pas­sato e presente”, 1988, n. 16.30 Si tratta di una conferenza pubblicata originariamente in E. Nolte, Lehrstück oder Tragödie? Beitrage zur Interpretation des 20. Jahrhunderts, Köln, Böhlan, 1991. La prima traduzione italiana è apparsa, con qualche taglio, in “L’Italia-settimanale”, 10 marzo 1993; successivamente in E. Nolte, Dramma dialettico o tragedia? La guerra civile mondiale e altri saggi, a cura di Francesco Coppellotti, Perugia, Settimo sigillo-Perugia University Press, 1994.31 Franco De Felice, Politica interna-politica estera in Italia dall’unità alla seconda guerra mondiale, in Cristina Cassina (a cura di), La storiografia sull’Italia contemporanea, Pisa, Giardini, 1991, p. 33n.32 Domenico Losurdo, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, 1996.

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totalitarismo o di policrazia, compromettendo an­che l’analisi delle loro dinamiche intemazionali, rispetto a cui pare riduttiva la categoria di “se­conda guerra dei Trent’anni” che Losurdo pro­pone sulla scorta di Amo J. Mayer.

Le recensioni, in sede storiografica, dedicate a Nazionalsocialismo e bolscevismo sono larga­mente di segno negativo. Gustavo Comi in “Ita­lia contemporanea”33 critica Nolte per il suo me­todo, sostenendo che non è quello di uno storico e che egli non dimostra le sue tesi ed incorre in diversi errori di fatto. Più in generale estrapola il nazismo dalla storia tedesca. Accenti critici con­traddistinguono anche la recensione di Pier Pao­lo Portinaro apparsa in “Teoria politica”34: il ri­torno alla categoria del “totalitarismo” è con­trassegnato da un’attenzione esclusiva e forte­mente semplificatrice per le ideologie, senza che il nesso bolscevismo-nazismo sia dimostrato in modo adeguato.

Infine Collotti, intervenendo su “L’Indice”35, sottopone a critica le categorie di “guerra' civile” e “totalitarismo”, segnala l ’antisemitismo origi­nario di Hitler e respinge l’assurda pretesa dei “revisionisti” di avere il monopolio della scien­tificità, dell’avalutatività.

Si noti che anche la recensione apparsa a fir­ma Guglielmo Salotti in “Storia contempora­nea”36 non è particolarmente favorevole: Nolte sarebbe affetto da psicologismo e ideologismo. Una conferma della posizione critica della rivi­sta defeliciana si può trovare qualche anno dopo nel giudizio di Gian Luca Sadun Bordoni a pro­posito della Intervista sulla questione tedesca ap­parsa da Laterza nel 199337. Si respinge la ridu­zione del nazismo ad anticomunismo e si mette in guardia dalla ripresa noltiana dei temi della “Rivoluzione conservatrice”, “con tutta l’ambi­guità che questo comporta”.

In ogni caso, il contributo più impegnativo sul

revisionismo noltiano resta il saggio introduttivo di Gian Enrico Rusconi. Presentando l’edizione italiana di La guerra civile europea 1917-1945, Rusconi afferma subito che il libro di Ernst Nol­te “potrebbe diventare un classico del ‘revisioni­sm o’ storiografico tedesco” . L’analisi che ne compie contiene diversi spunti critici, ma nel complesso egli riconosce a Nolte la capacità di sollevare “interrogativi e dubbi su questioni che si ritenevano chiuse o addirittura inesistenti”. In particolare per quel che riguarda il “nesso cau­sale” tra gulag ed Auschwitz, dopo aver formu­lato l’auspicio che anche in Unione Sovietica si possa liberamente leggere L’Arcipelago Gulag di Solzenicyn, Rusconi ritiene “che quello che Nol­te presenta come un ‘risultato’ sicuro del suo li­bro si possa considerare soltanto un’ipotesi di ri­cerca da vagliare con maggiore accuratezza e con un apparato analitico più raffinato”38.

Le osservazioni critiche concernono soprat­tutto la drastica semplificazione del quadro sto­rico operata da Nolte per far valere il suo assun­to della guerra civile europea, così che la bor­ghesia è dipinta come un tutto omogeneo, terro­rizzato dal marxismo, il comunismo tedesco è ri­dotto ai suoi tentativi insurrezionali, l ’Europa è vista nell’ottica di Weimar, la cui storia è schiac­ciata nella visione ideologica dei due partiti “an­ti-sistema” che si contendono il campo.

Lo sforzo di maggiore approfondimento di Ru­sconi è rivolto all’analisi del metodo di Nolte, che egli definisce “un approccio cognitivo alla pro­blematica storica”. L’analisi fenomenologica del­le ideologie di cui parla lo storico tedesco si tra­duce in una ricostruzione “della vicenda storica attraverso i processi di emozione, immaginazio­ne, memorizzazione degli attori storici”, in cui

l’ideologia è l’espressione di emozioni di fondo [...]. L’ideologia vista come confronto/scontro di emozio-

33 G- Comi, La storiografia ‘privata’ di Ernst Nolte, “Italia contemporanea”, 1989, n. 175.34 Pier Paolo Portinaro, Mito e pensiero della guerra civile europea, “Teoria politica”, 1989 n 2-335 1989, n. 4.36 1988, n. 1.37 1993, n. 5.38 G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit., pp. V, XXII, XXI.

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ni verbalizzate esasperate, diventa immediatamente congruente all’ostilità o inimicizia, che è il tratto qua­lificante della politica. [...]In concreto, [...] cioè nella interazione tra nazionalso­cialisti e comunisti, Nolte riduce e riconduce questi pro­cessi a due paradigmi: Vorbild e Schreckbild, ovvero modello esemplare da copiare e modello terrorizzante (o “spauracchio”) da anticipare per autodifesa. [...]In altre parole viene individuato un nesso diretto tra una ideologia “originaria” (quella bolscevica) e una ideo­logia reagente o reattiva (quella nazionalsocialista).

Attraverso una serie di esempi tratti dal libro, Ru­sconi sottolinea “come 1 ’ approccio cognitivo nol- tiano rischia di identificarsi con i soggetti stori­ci in modo acritico così da non separare più realtà da fantasie proiettive”39.

Il limite principale del pur notevole contribu­to di Rusconi deriva dalla mancanza sia di ogni riferimento alla storiografia che ha affrontato con diverse chiavi interpretative i temi trattati da Nol­te, sia di ogni indicazione circa le fonti del suo impianto, a partire dal paradigma della guerra ci­vile europea. Rusconi evita anche di collocare Nazionalsocialismo e bolscevismo a ll’interno della produzione noltiana, almeno come opera conclusiva della cosiddetta tetralogia, inaugura­ta nel 1963 da II fascismo nella sua epoca. Suc­cede così che egli segnali una contraddizione di notevole importanza senza svilupparne le impli­cazioni, cosa che avrebbe richiesto un confronto con 1 ’ impostazione prerevisionista del primo Nol­te in merito alla questione cruciale del nazismo e dello sterminio degli ebrei.

In effetti, anche in Nazionalsocialismo e bol­scevismo affiora l’interpretazione originaria, ov­vero il carattere “trascendentale” dello sterminio degli ebrei. Secondo Nolte, con il nazismo si sa­rebbe manifestata la negazione di quel “proces­so storico universale che potremmo chiamare l’in­tellettualizzazione del mondo”. Ne consegue —

osserva Rusconi — che “il genocidio compiuto per l’instaurazione di un nuovo ordine naturale e razziale assume i connotati trascendentali di una tentata inversione della tendenza storico-mon­diale”40. Al di là del linguaggio, il punto è di gran­de rilievo perché sintetizza l’interpretazione ra­dicale che il primo Nolte ha dato del fascismo (e del nazismo), collocandoli nel profondo della sto­ria europea e tedesca.

Rusconi conclude limitandosi a constatare “che in Nazionalsocialismo e bolscevismo la te­si della posizione ‘trascendentale’ del nazional­socialismo convive con quella della sua non ori- ginarietà rispetto al bolscevismo”41. Prendendo sul serio le grandi ambizioni della storiografia fi­losofica noltiana, la contraddizione su indicata costituisce invece uno snodo cruciale per poter­ne condurre un’analisi critica42. Più in generale si può dire che la discussione dell’opera di Nol­te ha risentito delle modalità della sua ricezione, strettamente dipendente dalla congiuntura poli­tico-ideologica; di conseguenza si è tenuto poco conto deH’insieme della sua produzione, esage­randone la coerenza oppure le contraddizioni. In realtà, all’interno di un impianto indubbiamente unitario, è proprio l’analisi genealogica di fasci­smo e nazismo quella che subisce una vistosa e contraddittoria dislocazione interpretativa, come risulta dal confronto tra Der faschismus in seiner Epoche (1963) e Der Europäische Bürgerkrieg (1987).

Gian Enrico Rusconi è tornato ancora ripetu­tamente sull’argomento. La sua posizione, carat­terizzata da una accentuazione negativa dei giu­dizi, è ben esemplificata da un saggio del 1994 intitolato Razzismo, revisionismo, negazionismo. Egli si chiede: “Come va trattato a livello pub­blicistico il lavoro di Nolte che può fornire — al di là delle sue intenzioni soggettive — pretesti o argomenti giustificazionisti all’antisemitismo e

39G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit.; citazioni tratte dalle pp. VII, XIII, XVII.40 G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit., p. XIX.41 G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit., p. XX.42 Ho cercato di fornire un contributo in tale direzione in Pier Paolo Poggio, Nazismo e revisionismo storico, Roma, Manife­stolibri, 1997, particolarmente alle pp. 123-155.

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razzismo contemporaneo?”. La risposta è netta: “Ritengo che la strategia giusta sia quella di af­frontare questi argomenti di petto, replicando puntualmente”43.

E, a livello pubblicistico, non c ’è dubbio, pos­siamo aggiungere, che il successo italiano di Nol­te dipenda principalmente dal preteso rapporto causale tra bolscevismo e nazismo, gulag ed Au­schwitz. In proposito Rusconi osserva che

Nolte sembra far incominciare la violenza politica col­lettiva dalla rivoluzione bolscevica [...] quasi che il trauma collettivo primario per l’Europa di allora non fosse la guerra [...] — si veda a questo proposito la violenza degli scritti di guerra di tutta 1 'intelligentsia europea. In secondo luogo, Nolte riduce il senso del­l’intera rivoluzione sovietica alla violenza e al terrore politico — contraddicendosi rispetto ad altre sue af­fermazioni.

La critica più pesante riguarda comunque il di­sconoscimento delle radici autoctone dell’anti­semitismo tedesco, anche perché “accettare l’e­quivalenza tra antisemitismo e antibolscevismo significa prendere come vere, alla lettera, le af­fermazioni, le fantasie e le menzogne dei nazi­sti”, scambiando “del tutto acriticamente un pun­to di vista soggettivo (di Hitler o di altri) come spiegazione dei fatti”44.

Ricordo infine un intervento giornalistico di Rusconi a commento della pubblicazione del car­teggio tra Nolte e Del Noce. La tesi di fondo è che i due studiosi e amici, accomunati dall’in­terpretazione “transpolitica” delle grandi ideolo­gie contemporanee, avevano una posizione con­vergente per il versante politico della loro batta­glia revisionistica, ma in realtà erano profonda­mente divisi dal punto di vista teorico. E vero che Del Noce, anticipando Nolte, aveva sostenuto che

“il nazismo è l’esatto contrario del comuniSmo, di cui riproduce rovesciati, con completa sim­metria, i caratteri”, ma al filosofo italiano preme più di tutto separare il fascismo dal nazismo, per­ché a suo avviso “il legame tra il fascismo e il co­muniSmo italiano è più profondo di quello tra il fascismo e il nazismo”45 Come vedremo, Tito Periini, in un saggio di poco successivo, pervie­ne a conclusioni non dissimili. La cosa è parti­colarmente interessante perché ne emerge che l’i­solamento di Nolte, se si considera la sostanza intellettuale della sua opera, non è stato in Italia minore che in altri paesi, visto che sui temi di fon­do storico-filosofici non era in sintonia neppure con il suo principale se non unico interlocutore italiano. Il che rende tanto più notevole, scon­certante e significativo, il suo successo presso i nostri organi di informazione e, si presume, pres­so ampie fasce di pubblico.

Augusto Del Noce fa riferimento a Nolte per la prima volta nella vasta introduzione a II proble­ma dell’ ateismo*6 con un cenno rapido ma mol­to elogiativo: Der Faschismus in seiner Epoche inaugura il passaggio dalla polemica allo studio storico di un fenomeno “transpolitico”, che ri­chiede quindi un’interpretazione filosofica. A margine si può notare che, certo per una svista, l ’autore tedesco nelle prime edizioni del libro vie­ne chiamato Erich Nolte.

Nel carteggio tra i due studiosi, pubblicato in “Storia contemporanea”47, che inizia dal 1966, Del Noce ribadisce il giudizio già espresso e os­serva la singolarissima complementarietà delle loro ricerche48. Lo scambio epistolare si inter­rompe poco dopo e c’è una ripresa solo dopo cir­ca dieci anni, con due lettere del dicembre 1976 e dell’aprile 1977. Nella prima, Del Noce, rife-

43G.E. Rusconi, Razzismo, revisionismo, negazionismo, “Sisifo”, 1994, n. 28, p. 29.44 G.E. Rusconi, Razzismo, revisionismo, negazionismo, cit., p. 30.45 Cfr. G.E. Rusconi, L'amicizia degli equivoci, “La Stampa”, 23 dicembre 1993, il quale cita da un articolo di Del Noce del 1983 dal titolo Nazismo, replica tedesca a Stalin (“Il Sabato”, 26 marzo-1 aprile; già apparso in “30 giorni”, febbraio 1983), su cui torneremo, e da una lettera del medesimo a Nolte (probabilmente del novembre 1984).46 Bologna, Il Mulino, 1964.47 Cfr. Francesco Perfetti, La concezione transpolitica della storia nel carteggio Nolte-Del Noce, “Storia contemporanea”, 1993, n. 5.48 Cfr. F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., p. 750 (lettera del 10 ottobre 1966).

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rendosi al suo saggio su II problema della defi­nizione storica del fascismo49, apparso da poco, sottolinea il loro accordo di principio sull’inter­pretazione transpolitica, che però poi sviluppano in termini diversi. Anche Francesco Perfetti, nel­l’introduzione al carteggio, riconosce che tra Del Noce e Nolte c ’è un profondo disaccordo nel­l’interpretazione del fascismo, per l ’uno un fe­nomeno italiano, moderno, rivoluzionario, per l ’altro la faccia italiana di un fenomeno europeo controrivoluzionario e antimodemo50 51.

La risposta di Nolte è molto significativa per­ché non entra nel merito delle differenze e cerca di spostare il dialogo su un altro terreno. A Nol­te sta stretta la definizione di “studioso del fasci­smo”; il libro del 1974, Deutschland und der Kal- te Krieg5] avrebbe dovuto far capire che ciò che gli interessa è “il ruolo storico dell’(estrema) si­nistra”. Elogia il lavoro di Renzo De Felice sul fascismo italiano, però, aggiunge: “per lei e per me il fascismo, se vedo bene, non è mai stato r ‘essenziale’”52.

La parte più fitta e continuativa del carteggio inizia nell’agosto 1984 e prosegue sino a tutto il 1989. Nella lettera del 24 agosto 1984, Nolte ri­badisce che i suoi argomenti sono la “trascen­denza”, l ’“ideologia” e la “sinistra”, almeno per chi sa leggere al di là dell’immediato. Le lettere successive confermano la profonda differenza nell’interpretazione del fascismo, ma una svolta si ha nel 1985: Nolte pone il problema del supe­ramento del passato. Il 19 luglio Del Noce gli fa pervenire copia di un suo articolo, intitolato Na­zismo, replica tedesca a Stalin53. Il 10 settembre Nolte confessa al suo interlocutore: “l ’estratto mi ha colpito nel senso letterale del termine”. Egli sta preparando una conferenza sul Terzo Reich che sottotitolerà Antwort und Kopie (risposta e

copia), essi stanno andando nella stessa direzio­ne. Nolte richiama ancora il doppio concetto di Toynbee: challenge and response (sfida e rispo­sta)54. I termini essenziali che accenderanno VHi­storikerstreit sono stati posti. Nolte sta lavoran­do al libro su La guerra civile europea e Del No­ce si rivela un interlocutore essenziale, un “co- pensatore” se non un “coautore”.

Delle lettere successive è da segnalare quella del 4 maggio 1987 in cui Del Noce invia copia dei suoi contributi al dibattito italiano che espri­mono “perfetta adesione alle sue tesi sa\Y iden­tità qualitativa tra i campi di sterminio comuni­sti e quelli nazisti”. Aggiungendo poi, con un’in­terpretazione che in verità non coincide del tutto con quella di Nolte:

L’insistenza sull’unicità [...] dello sterminio operato dai nazisti ha portato nel campo della cultura e anche in quello della politica a un vero e proprio “dominio della falsità”. Mostruose e orribili certo le violenze dei nazisti; ma sono un aspetto di quella “violenza rivolu­zionaria”, che assegna a suo compito lo sterminio del­l’avversario55.

Il resto del carteggio non è particolarmente inte­ressante, risultando ripetitivo sui temi del dibat­tito, mentre sugli orientamenti di fondo, filosofi- co-religiosi, riemergono le note distanze. Così Del Noce è convinto che al libro sulla Bürgerk­rieg

dovrebbero dare importanza grandissima [...] gli as­sertori della trascendenza religiosa. Perché la sua è Pu­nica interpretazione della storia contemporanea che si accordi con la posizione religiosa56.

Il che vorrebbe dire che il processo di secolariz­zazione è reversibile, ma su questo punto Nolte

49 A. Del Noce, Il problema della definizione storica del fascismo, “Storia e politica”, 1976, n. 1.50F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., pp. 740-741.51 Cfr. nota 6.52 F. Perfetti, La concezione transpolitica delta storia, cit., p. 755 (lettera del 12 aprile 1977).53 Si tratta dell’articolo citato a nota 45.54 F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., p. 763.55 F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., pp. 765-766. Il corsivo è nelForiginale.56 F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., p. 779 (lettera del 16 marzo 1989).

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è scettico, mentre Del Noce ammette di essere del tutto un isolato.

Infatti Nolte considera irreversibile il proces­so di civilizzazione-modernizzazione, mentre Del Noce — quale autentico “De Maistre redivivo” — non cessò mai dal “fare il processo a tutta l ’età moderna, di cui fascismo e antifascismo, comu­niSmo e capitalismo, erano tutte quante manife­stazioni, una più perversa dell’altra”57.

Si noti però che, a giudizio di Nolte, questa era fondamentalmente la posizione del suo mae­stro Martin Heidegger, il quale

identificò fenomeni della modernità che noi normal­mente teniamo distinti. Bolscevismo, americanismo e nazionalsocialismo nel suo pensiero finirono con l’es­sere la stessa cosa: erano il risultato di un’evoluzione filosofica funesta58.

Ora non importa qui criticare la rappresentazio­ne che Nolte fornisce del pensiero heideggeria­no, bensì segnalare una delle motivazioni del suo rapporto con Del Noce59, un rapporto che è sta­to analizzato in profondità da Tito Periini in un notevole saggio del 1994. Periini si prefigge in­nanzitutto di fornire un’ampia sintesi delle te­matiche noltiane depurate dagli elementi mag­giormente polemici e contingenti; si ha così una valorizzazione del significato e dell’importanza dell’opera dello storico e filosofo tedesco, ma le questioni controverse, i punti deboli, le opzioni discutibili non vengono oscurate. Il libro su La guerra civile europea è considerato forse il più importante e stimolante, ma esso risulta “tor­

mentato, irto di contraddizioni e troppo simile a un labirinto che l’autore riesce solo assai par­zialmente a tenere sotto controllo”60.

L’interpretazione del rapporto nazismo-bol­scevismo centrata sul trauma, sino a tradursi in orrorosa fascinazione è considerata suggestiva, ma

in tal modo il nazionalsocialismo appare solo come un fenomeno mostruosamente parassitario, dipendente a tal punto dal nemico, suo sosia malefico, da render- glisi pressoché totalmente subalterno, da diventare qua­si una sorta di epifenomeno abnorme del bolscevismo stesso, smarrendo così ogni sua specificità61.

Per i due antagonisti,

soprattutto per l’antagonista reattivo, il reale e l’im­maginario spesso si confondono con effetti allucina­toli in una spirale in cui sfida e risposta mettono in at­to un processo che si alimenta da sé e si esaspera, oscu­rando ogni responsabilità e spingendo situazioni ab­normi ad esiti estremi. La questione terribile de II "“olo­causto” viene affrontata da Nolte quasi esclusivamen­te all’interno di un siffatto cerchio stregato e defor­mante62.

In definitiva, “la catena di atrocità in cui s’è tra­dotta la parabola del nazismo, viene, in ultima istanza, addebitata al bolscevismo”63. Il quale non è altro che una versione rozza, con un misto di premodemità e messianismo, del marxismo, a sua volta una miscela esplosiva di aspirazione verso una società originaria, trasparente, e di fede nel progresso. È la griglia interpretativa forgiata da

57 Norberto Bobbio, Del Noce filosofo dell’ antimoderno, “La Stampa”, 20 gennaio 1990.58 Cfr. l’intervista a Nolte di Antonio Gnoli, Il Sessantotto? Lo inventò Heidegger, “La Repubblica”, 11 settembre 1992.59 Ricordiamo comunque che Nolte, nel 1992, ha pubblicato un libro su Heidegger (Martin Heidegger: Politile und Geschich- te im Leben und Denken, Berlin, Propylaen, 1992), annunciato trionfalmente sulla stampa italiana (cfr. la citata intervista di Antonio Gnoli) e tradotto da Laterza, E. Nolte, Martin Heidegger. Tra politica e storia, Roma-Bari, Laterza, 1994, senza in­contrare particolare attenzione presso i numerosi estimatori nostrani dello storico tedesco e del suo mentore filosofico. (Co­me in altri casi, la critica storiografica intemazionale si è espressa molto duramente sul lavoro noltiano, si veda ad esempio la recensione di Richard Wolin, “American Historical Review”, oct. 1993). Il nodo del rapporto Nolte-Heidegger è comunque molto importante: l’allievo cerca di ribaltare la pretesa colpa del maestro per i suoi rapporti col nazismo, liberandolo, assie­me a tutti i tedeschi, di una responsabilità insopportabile (cfr. Dominick La Capra, Representing thè Holocaust: H¡story, Theory, Trauma, Ithaca, Cornell University Press, 1994).60 Tito Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, “Democrazia e diritto”, 1994, n. 1, p. 251.61 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 239.62 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 249.63 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 240.

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Nolte nella sua prima opera, attraverso le cate­gorie di trascendenza pratica (incarnata dal ma­terialismo comunista), negazione della trascen­denza pratica e di quella teoretica (che caratte­rizza il fascismo come fenomeno epocale), coe­sistenza tra le due (possibile solo nella società li­berale). Un equilibrio che l’ultimo Nolte consi­dera perso a causa della vittoria illimitata del ca­pitalismo, da cui la ripresa di motivi heidegge­riani contro i rischi di dominio della tecnica mon­dializzata (temi oggi tipici della Nuova destra e che riprendono filoni antichi). Periini ricorda che in qualche misura Nolte e Del Noce si sono in­fluenzati a vicenda ma sottolinea che “i rispetti­vi impianti filosofici di fondo sono profonda­mente diversi, per certi non irrilevanti aspetti ad­dirittura inconfrontabili”64.

Secondo Del Noce, fascismo e nazismo sono fenomeni per essenza diversi. Il nazismo (cui ha riservato poche pagine) è per lui un fenomeno isolato, unico. A ll’opposto di Nolte, egli “si ri­fiuta di parlare a proposito del fascismo di anti­marxismo”. C ’è una differenza marcata tra i due per le rispettive posizioni nei confronti del marxi­smo. Per Nolte esso “è, in ultima istanza, un vel­leitario (anche se non insensato) tentativo di sbar­rare il passo alla civilizzazione come destino”; per Del Noce “è l’esito ultimo (necessario al­l’interno di una determinata visione della mo­dernità) del processo di secolarizzazione e di im- manentizzazione integrale”65.

Il saggio di Periini costituisce, forse, il più se­rio sforzo, fatto in Italia, di comprensione del­l ’opera complessiva di Nolte accostata a quella del suo principale interlocutore italiano, anche se l’autore evita di porre l’accento sul significato politico che i due interlocuotori esplicitamente attribuivano alla loro dimostrazione dell’interdi -

pendenza tra marxismo e fascismo, bolscevismo e nazismo. Più in generale, i limiti principali del lavoro, comuni a quasi tutto quello che si è scrit­to da noi sullo storico tedesco, sono due: da un lato la presentazione sintetica dei temi non con­sente di vedere lo svolgimento, i cambiamenti, le revisioni (Periini attribuisce a Nolte una coeren­za e continuità che caratterizza piuttosto Del No­ce che non il suo interlocutore); in secondo luo­go, il fatto di trascurare totalmente la storiogra­fia sull’argomento, le critiche e i dibattiti susci­tati dall’opera di Nolte, la quale risulta così de­contestualizzata, separata dall’epoca e dai con­flitti in cui è nata e attraverso cui si è sviluppata.

Nella produzione successiva al volume su La guerra civile europea, Nolte ha accentuato alcu­ne provocazioni, già presenti in esso, in tema di revisione della storia della Shoah. Tra i “punti controversi” Nolte non esita ad inserire la que­stione delle camere a gas, con una provocatoria apertura di credito nei confronti dei negazionisti Rassinier, Faurisson, Mattogno66.

Nolte inoltre riprende, non si può pensare in­consapevolmente, argomenti tipici di revisioni- sti-negazionisti quali David Irving e Arthur Butz, oltre a richiamarsi direttamente ad un protone­gazionista quale lo storico americano Harry El- mer Barnes (a sua volta in rapporto con il fonda­tore del negazionismo Paul Rassinier).

Le aperture di Nolte verso le questioni solle­vate dai negazionisti hanno, ovviamente, indotto questi ultimi a cercare un’allenza così preziosa. Non risulta che Nolte abbia raccolto profferte che lo avrebbero ancor più esposto agli attacchi dei suoi numerosi critici; d ’altro canto egli ha chia­rito di credere nell’esistenza delle camere a gas. Risulta così curioso e significativo l ’accosta-

64 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 258.65 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 261.66 Si veda in particolare E. Nolte, Streitpunkte. Heutige und künftige Kontroversen um den Nationalsozialismus, Berlin, Propyläen, 1993. Meriterebbe una indagine a sé la fortuna di Nolte presso l’estrema destra italiana, allargando l’analisi anche alla cosiddetta Nuova destra che si ispira ad Alain De Benoist. Ancor più che nel caso di Renzo De Felice, si può dire che Nol­te goda di un grande successo, le sue tesi sono diventate di senso comune per un’area, su altri piani, molto frantumata (cfr. Francesco Germinario, Immaginario cospirazionista, stereotipi antisemiti e neonegazionismo nella pubblicistica della destra radicale italiana dell’ultimo decennio, “Studi bresciani”, 1996, n. 9, pp. 124-125).

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mento di Nolte ai negazionisti nell’appello (de­gli inizi del 1995) a favore di un revisionista sviz­zero, il cui libro su Auschwitz è stato vietato in Francia. Secondo i firmatari italiani, di destra e di sinistra, esisterebbe non solo un caso Jtirgen Graf ma anche un “caso Nolte”; Nolte sarebbe cioè boicottato e censurato come i revisionisti ra­dicali del tipo Roger Garaudy, per citare il più re­cente acquisto della setta. Trattasi sicuramente di un accostamento abusivo ed infondato, visto an­che il grande successo di Nolte presso i nostri or­gani di informazione67. Eppure il suo principale traduttore italiano è a sua volta convinto che lo storico tedesco sia vittima di una congiura.

Una sia pur sommaria analisi della ricezione di Nolte in Italia non può così evitare un riferi­mento alle posizioni e polemiche condotte dal suo traduttore Francesco Coppellotti. Il percorso di quest’ultimo è interessante per una ricostru­zione del revisionismo, essendo simile a quello di alcuni esponenti francesi e italiani del nega- zionismo provenienti dall’ultrasinistra. Nel suo caso, come punto di partenza, si potrebbe pren­dere l ’introduzione del 1970 premessa alla pub­blicazione presso Feltrinelli del volume di Ernst Bloch, Ateismo nel cristianesimo, da lui tradot­to. Ovviamente qui ci interessa unicamente il ruo­lo di Coppellotti in rapporto a Nolte. Da questo punto di vista possono considerarsi esaurienti due postfazioni, del 1993 e 1994, che contengono ele­menti e formule riscontrabili poi nei ripetuti in­terventi sulla stampa. La prima è intitolata L ’i­nutile menzogna antifascista e la sua necessaria catastrofe ed è contenuta nell’edizione SugarCo di un saggio di Nolte, risalente al 1960, su Marx e Nietzsche nel socialismo del giovane Mussoli­ni68. Coppellotti attacca l ’antifascismo, colpevo­le di criminalizzare ogni critica alla democrazia, utilizzando Bordiga, Del Noce, Rensi e quant’al- tro. In effetti, i termini della polemica contro l ’an­

tifascismo azionista ricalcano quella sviluppata da Giacomo Noventa, a sua volta ispiratore di Del Noce, che però non viene mai citato ed è evi­dentemente considerato inutilizzabile per le sue posizioni decisamente filoresistenziali. In mez­zo ad accostamenti vertiginosi, Mussolini viene contrapposto a Carlo Rosselli, ma risulta perdente nel confronto con Alfred Sohn-Rethel! Comun­que “la verità è che Mussolini usa Nietzsche qua­si come una bussola marxista [...] il vero Nietz­sche, quale egli stesso volle essere: fdosofo e po­litico”69.

Secondo Coppellotti, a differenza di quanto ri­petutamente dichiarato dallo stesso Nolte, l’Ita­lia non ha affatto riservato un’accoglienza favo­revole alle opere dello storico-filosofo tedesco. O meglio, questo è avvenuto, ma per un breve pe­riodo di tempo. I rappresentanti della casta intel­lettuale dominante, gli antifascisti

lo hanno corteggiato-prefato-intervistato sino a quan­do la Germania sembrava dover assumere il ruolo di Stato guida in Europa. Dopo di che gli hanno dichia­rato l’ostracismo in tutte le scuole della Repubblica70 71.

Questo è avvenuto, spiega in nota Coppellotti, quando un complotto, con l ’uccisione del presi­dente della Deutsche Bank e del presidente dell’“Iri tedesca”, ha fatto fallire il progetto neoe­gemonico tedesco. Chi guidava il complotto? Non è detto ma si sa...

Non meno sconcertante è la postfazione 1 che Coppellotti scrive per il volume noltiano da lui curato, Dram ma dialettico o tragedia? La guer­ra civile m ondiale e altri saggi11, che contiene anche una prefazione e una postfazione 2, sem­pre di Coppellotti.

Accenniamo solo alla postfazione I, intitola­ta Un dramma didattico: la ricezione necessa­riamente fa lsa di Nolte in Italia. Necessariamente falsa perché basata su un equivoco iniziale “l’i-

67 Antisemitismo la polemica, “La Lente di Marx”, 1995, n. 3.68 Si tratta di E. Nolte, Marx und Nietzsche im Sozialismus des Jungen Mussolini, Berlin, Historische Zeitschrift, 1960.69 Cfr. E Coppellotti, L’inutile menzogna antifascista e la sua necessaria catastrofe, in E. Nolte, Il giovane Mussolini. Marx e Nietzsche in Mussolini socialista, Milano, SugarCo, 1993, p. 162.70 F. Coppellotti, L’inutile menzogna antifascista, cit., p. 158.71 Cfr. nota 30.

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scrizione d ’ufficio di Nolte al partito progressi­sta o almeno di centro sinistra”. Al contrario, l’o­pera di Nolte è del tutto unitaria in quanto

interpretazione revisionistica (perché filosofica — e non vale il reciproco) della storia. Essa si propone di dimostrare [la] coerenza organica tra la Weltan­schauung hitleriana e le azioni compiute72.

Questa volta il malcapitato Sohn-Rethel è posto in collegamento con Hitler, entrambi sarebbero impegnati ad eliminare fino alle radici la “seconda natura”, l ’artificializzazione, tipica della società giudaizzata per l’uno, causata dalla invenzione del denaro per l’altro.

Coppellotti non tiene conto dell’apprezza­mento espresso da Nolte per Rusconi nella pre­fazione all’edizione italiana di La guerra civile europea, sostenendo che tra i due esiste “una ve­ra incompatibilità”, dato che Rusconi interpreta la nazione come senso civico, come fatto cultu­rale, senza capire che essa “presuppone una con­tinuità sostanziale”. Questo motivo völkisch non viene però sviluppato e il resto della postfazione è dedicato ad attacchi contro Canfora, Salvado- ri, Mosse, nonché contro “l ’antifascistissimo edi­tore che ha tradotto La guerra civile europea ’17- ’45” (cioè Sansoni) che avrebbe “cercato in tut­ti i modi di rendere difficile la lettura delle sue stesse versioni noltiane”73 74.

Anche Alberto Krali, che ha curato per Later­za VIntervista sulla questione tedesca14, nella po­stfazione a tale libro affronta la questione del suc­cesso italiano dell’opera di Nolte, a fronte delle chiusure americane e dello scarso interesse fran­cese. “Decisivo — per lui — è il fatto che anche l ’Italia, come la Germania, abbia un passato fa­scista, un passato che accomuna per larga parte le esperienze storiche dei due paesi” 75. Krali non si sofferma sull’abusato, preteso, nesso causale

tra comunismo e nazismo, preferendo sottoli­neare le radici culturali tedesche del particolari­smo militante: “nel ricollegarsi alle tradizioni del­la cultura tedesca Hitler aveva visto giusto, gio­cando sulle aspirazioni inconsce del suo popo­lo”76. Egli conclude con una assurda valorizza­zione della categoria della guerra civile europea, con la quale, a suo avviso, si spiega perfettamente10 sterminio programmato ed asettico di bambi­ni, donne, anziani, cosa che in questi termini non è riscontrabile in Nolte.

Come già detto, Domenico Losurdo ha avuto11 merito di collegare costantemente Nolte agli autori da cui questi trae ispirazione, in particola­re Burke e Schmitt. Egli evidenzia una netta dif­ferenza di valutazione tra il primo Nolte, dispo­sto a riconoscere un fondamento alla rivoluzio­ne russa, e quello revisionista che fa del bolsce­vismo un sinonimo di barbarie asiatica, fornen­do ampie giustificazioni ad Hitler, soprattutto per la sua guerra di conquista ad Est. In sintesi:

Schmitt e Nolte esprimono uno spirito di crociata e una visione manichea dei conflitti intemazionali ben più dei giacobini o dei bolscevichi da loro denunciati e, talvolta, brillantemente analizzati77.

Secondo Losurdo, il revisionismo di Nolte è an­che un autorevisionismo che si impone allorché l’obiettivo esclusivo diventa la messa in stato d ’accusa della tradizione rivoluzionaria che va dal 1789 al 1917. Per il Nolte di Der Faschismus in seiner Epoche, “precedenti ed analogie vanno cercati in direzione diversa e contrapposta rispetto alla tradizione rivoluzionaria” e “il nazismo è l’e­rede di un radicalismo reazionario che cova in sé una terribile carica di violenza e che si sviluppa per decenni ben prima dell’ottobre bolscevico”78.

Il tema della minaccia di annientamento co­stituita dalla presenza e diffusione di socialisti ed

72Cfr. la postfazione 1 di F. Coppellotti a E. Nolte, Dramma dialettico o tragedia?, cit., p. 156.73 Cfr. la postfazione 1 di F. Coppellotti a E. Nolte, Dramma dialettico o tragedia?, cit., p. 165.74 E. Nolte, Intervista sulla questione tedesca, a cura di Alberto Krali, Roma-Bari, Laterza, 1993.75 E. Nolte, Intervista sulla questione tedesca, cit., p. 138.76 E. Nolte, Intervista sulla questione tedesca, cit., p. 142.77 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., p. 127.78 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., pp. 200-202.

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ebrei è già evocato, specie in riferimento al radi­cale antimarxismo di Nietzsche, ma viene risol­to da Nolte in termini letteralmente antitetici a quelli che proporrà in Der Europäische Bürgerk­rieg 1917-1945. Nel 1963 Nolte aveva scritto:

è giusto dire che la borghesia si sentì minacciata di sterminio come entità politica dal programma sociali­sta. Ma è altrettanto vero che se i partiti socialisti non hanno praticamente mai cercato di realizzare un tale sterminio (e anche in Russia solo esitando e nel corso della lotta per la propria sopravvivenza), ciò è proprio un’eredità del marxismo. “Esproprio degli espropria- tori” [...] in nessun caso [...] significa sterminio fisi­co. Proprio il pensiero di Nietzsche dimostra che l’i­dea fascista dello sterminio non può essere intesa pro­priamente come una reazione omogenea [rispetto alla sfida rappresentata da Marx]79.

È sempre Nolte a riconoscere che nel pensiero di Marx non è possibile una naturalizzazione del- F appartenenza di classe, quindi “la categoria di ge­nocidio di classe, che poi diviene il cavallo di bat­taglia del revisionismo storico, risulta qui essere un non-senso”80. Effettivamente Nolte, riferendosi all’“annientamento pianificato” posto in atto dai bolscevichi, parla di antimarxismo', allafinedel suo percorso, ormai bloccato sulle posizioni espresse al momento dell 'Historikerstreit, egli capovolge ta­le valutazione e fa del bolscevismo l’espressione autentica del marxismo e del comuniSmo.

Losurdo, che pure coglie nodi cruciali del per­corso noltiano, ancor più di altri autori non ri­serva alcuna attenzione alla storiografia, spinge la comparazione agli estremi, e finisce con il col­locare il nazismo in una posizione geopolitica non lontana, anche se con segno rovesciato, da

quella che gli assegna Nolte: un avamposto nel­la difesa dell’Occidente. In quest’ottica, lo ster­minio degli ebrei subisce un analogo trattamen­to relativizzante, mentre la rappresentazione del comunismo-bolscevismo risulta ugualmente e simmetricamente irrigidita: quel che Nolte im­puta all’asiatismo, Losurdo lo pone a carico del­l’accerchiamento capitalistico.

Nel 1995 Nolte pubblica presso Rizzoli un suo libro ‘italiano’81 che raccoglie un ciclo di lezioni proposte nel 1993 a Mosca e l’anno dopo a Roma, e solo qui con grande successo, a conferma che l’Italia è la “vera patria morale del revisionismo storico”82. Come spiega lo stesso Nolte, Gli anni della violenza contengono una sintesi delle sue due opere del 1963 e del 1987 dedicate a fascismo e nazionalsocialismo, però anche sviluppi ulteriori e una ridefinizione della sua posizione.

Ermanno Vitale ne tratta in un articolo signifi­cativamente sottotitolato II comunismo come ma­le assoluto83, a conferma che Nolte rimanda a Fu- ret e che, ormai da tempo, tratta di fascismo e di nazismo solo in vista della battaglia politica ed in­tellettuale contro il comunismo84. Secondo Vita­le, al di là delle contingenze e degli aggiustamenti occasionali, una tale posizione riassume l’intero percorso noltiano, la sua coerenza di fondo.

Nolte non si è mai

spostato di un solo millimetro [...] dalla sua vera tesi di fondo sovrastorica: e cioè che, se c ’è un male asso­luto, questo è l’ideologia egualitaria, quella sorta di comunismo perenne di cui l’Ottobre 1917 è stato fi­nora la manifestazione storica più eclatante e perico­losa per l ’ordine naturale e buono della disuguaglian­za dei talenti e degli interessi85.

79 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., pp. 202-203.80 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., pp. 203-204.81 E. Nolte, Gli anni della violenza. Un secolo di guerra civile ideologica europea e mondiale, Milano, Rizzoli, 1995.82 Ermanno Vitale, Nolte e il Novecento. Il comunismo come male assoluto, “Teoria politica”, 1997, n. 1, p. 69.83 E. Vitale, Nolte e il Novecento, cit.84 L’impostazione noltiana del rapporto gulag-lager è diventata un approccio standard per le critiche da destra al comunismo. Così Stéphane Courtois, curatore di II libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, Milano, Mondadori, 1998, nel­l’introduzione all’opera ha centrato la sua argomentazione sull’uguaglianza tra genocidio di classe e genocidio di razza, ac­cettando pienamente il comparativismo relativizzante di Nolte, sino ad una completa identificazione che questi, per altro, ha sempre respinto. Non solo, attraverso la sottolineatura dello “squilibrio” nella quantità di vittime (100 milioni contro 6 mi­lioni), il lettore è indotto ad individuare nel comunismo un male ben peggiore del nazismo.85 E. Vitale, Nolte e il Novecento, cit., p. 72.

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In Gli anni della violenza, Vitale individua una serie di correttivi, soprattutto rispetto al volume su La guerra civile europea, che sembrano esse­re stati calibrati per un pubblico russo postsovie­tico. Nolte attenua decisamente il carattere asia­tico del bolscevismo e insiste sul fatto che Hitler non era semplicemente un anticomunista, perché in tal caso avrebbe potuto contare sull’appoggio della popolazione russa. Rivede il suo schema in­terpretativo del Novecento e, alla luce del patto Moiotov-Ribbentrop, recupera il significato del­la contrapposizione tra totalitarismi e democra­zie occidentali, con il rischio di scompaginare rim pianto schmittiano della guerra civile pas­sando da uno schema bipolare ad uno tripolare. Queste crepe consentono a Vitale di mettere in luce il carattere eurocentrico della storiografia fi­losofica noltiana e F insostenibilità di un’inter­pretazione del Novecento ridotta alla lotta mor­tale tra fascismo e comunismo.

Debolezze che si ripercuotono sulle sue pro­clamate posizioni politiche: da un lato Nolte esprime una piena adesione al sistema liberale occidentale in quanto “universalismo progressi­vo”, dall’altro è convinto che, per vincere la sfi­da degli aggressivi particolarismi extraocciden­tali, sia indispensabile attingere alle risorse di una nuova autoaffermazione nazionale, di carat­tere questa volta puramente culturale, quasi che anch’egli si fosse convinto della completa estra­neità e opposizione tra fascismo e cultura, come per decenni ha sostenuto la storiografia antifa­scista.

Ciò rimanda alla peculiare fortuna di Nolte in Italia, nonostante le critiche avanzate un po’ da tutte le parti alle sue tesi, all’impianto metodo- logico, al suo stesso concetto di storia delle ideo­logie.

Argomentazioni prive di ogni efficacia per chi è interessato unicamente a degli slogan con cui attirare 1 ’ attenzione sulla merce storia, e tanto me­glio se le opere di Nolte sono di ostica lettura già per il linguaggio che utilizza: la cosa dà un toc­co di esoterismo che, accoppiato alle provoca­zioni giornalistiche gestite in proprio dallo stu­dioso tedesco, si rivela un’ottima strategia co­

municativa per un pubblico in preda allo smarri­mento. Questo non vuol dire che i media abbia­no inventato dal nulla il successo di Nolte e l ’o­perazione revisionista; al contrario, in perfetto parallelismo con il caso De Felice, la stampa, al­meno da noi, ha colto meglio e prima della sto­riografia accademica la portata della posta in gio­co e la nuova dislocazione dell’egemonia, in sen­so gramsciano, resa possibile dall’operazione re­visionista di riscrittura della storia del Novecen­to. L’apporto di Nolte in una tale prospettiva è stato di grande efficacia, in termini generali e in modo specifico per l ’Italia.

Se da un lato le sue tesi sono difficili da con­dividere apertamente, per un radicalismo appe­na mascherato, d ’altro canto esse diventano pre­ziose e indispensabili nell’operazione revisioni­sta fondamentale di sganciamento del fascismo dal nazismo. Nolte fa sparire proprio l’elemen­to più ostico da nascondere, ovvero il rapporto di derivazione-imitazione del nazismo dal fasci­smo, rivendicato ininterrottamente e a piene let­tere da Mussolini e Hitler (oltre che oggetto di ricerche come quelle del primo Nolte). Per ef­fetto di una sorta di gioco di prestigio, come even­to-modello che è all’origine del nazismo e dei suoi orrori, al posto del fascismo c ’è ormai il co­munismo.

Come ho avuto modo di osservare

per capire il successo di Nolte, soprattutto in Italia, bi­sogna tener conto che le sue argomentazioni consen­tono una convergenza che con il crollo non ha più con­fini. Il comunismo produce il fascismo come reazione e come esito, in ogni caso due errori da cui ci si deve liberare attraverso una storicizzazione integrale che è anche una autoassoluzione complessiva e la base di una nuova unità nazionale.

In un orizzonte più ampio, Nolte dà voce ad una diffusa

accettazione naturalistica e fatalistica dell’esistente e [alla] conseguente incapacità di distinguere, sul piano storico ed etico-politico, le diverse resistenze alla mo­dernizzazione. La concezione transpolitica della sto­ria si incontra col senso comune e gli fornisce una cor­

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nice [...] in cui rinchiudere e seppellire il secolo del­le ideologie86.

Aggredendo l ’evento-simbolo della storia del No­vecento, Nolte propone ai tedeschi, e con mag­gior fortuna agli italiani, una

relativizzazione del genocidio ebraico, spinta sino al­la giustificazione sotto forma di risposta eccessiva, at­tribuibile al solo Hitler, ad una minaccia incombente. Il consenso qui risulta dalla convergenza di antigiu­daismo, antisemitismo, anticomunismo, una stratifi­cazione ben presente nel corpo delle società europee87.

Ma l’impianto interpretativo noltiano incontra il consenso anche su un altro e più vasto fronte:

Il punto di attacco di Nolte è il comunismo storico, ma il suo vero obiettivo è la tentazione antichissima di rea­lizzare sulla terra una società di liberi ed eguali. Il ber­saglio dichiarato e costante è quello che lui chiama si­nistra “eterna” che insegue l’utopia di una società uma­na unificata88.

Finita la guerra civile mondiale, crollato il co­munismo, il rischio è ormai l’unificazione poli­tica del mondo, l ’istituzione di un governo mon­diale che ai suoi occhi “sarebbe il peggiore e più odioso dispotismo mai apparso sulla terra”89. An­dando oltre il piccolo cabotaggio dei suoi volga­rizzatori e recuperando la propria autonomia in­tellettuale, Nolte arriva a temere che il capitali­smo vincitore, come era già successo con la se­conda guerra mondiale, faccia dell’antifascismo la propria ideologia, vanificando gli sforzi com­piuti dalla revisione storica che egli ha condotto assieme a François Furet e Renzo De Felice90.

Il successo italiano di Nolte ha motivazioni politiche e culturali extrastoriografiche; si può però attribuire un ruolo anche alla situazione del­la nostra storiografia e alle peculiarità di quella tedesca, in gran parte lontana da Nolte per im­postazione e scelte ideali.

In Italia, dopo la stagione della storiografia marxista-gramsciana, e quella in vario modo le­gata all’influsso delle “Annales”, non ci sono più state correnti storiografiche in grado di imporsi in modo deciso, rimanendo vitale ma sullo sfon­do la tradizione della storia etico-politica di im­pianto idealistico, che non sembra interessata ad un incontro con le correnti postmodemiste, no­nostante i punti di contatto a livello teorico.

Il revisionismo noltiano si è affermato su que­sto scenario quando è emersa la necessità di fa­re i conti con la storia della Germania, almeno per quel che riguarda il nazismo e l’olocausto. Il successo di Nolte, il fatto che egli in Italia sia di­ventato il principale referente nell’operazione di riscrittura pubblica della storia del Novecento a fini di uso politico del passato, è stato agevolato da una caratteristica saliente della storiografia te­desca. In essa

la prospettiva verticale, limitata alla storia nazionale, si impose nettamente su quella orizzontale, compara­tiva; e questo vale anche per la concezione critica di uno sviluppo peculiare tedesco elaborata dopo la se­conda guerra mondiale91.

Ne consegue un’ottica autoreferenziale, unachiu- sura nell’orizzonte dello stato-nazione. Nolte, al

86 P.P. Poggio, Nazismo e revisionismo storico, cit., pp. 127 e 148.87 P.P. Poggio, Nazismo e revisionismo storico, cit., p. 152.88 P.P. Poggio, Nazismo e revisionismo storico, cit., p. 153.89 E. Nolte, Sinistra e Destra. Storia e attualità di un’alternativa politica, in Alessandro Campi e Ambrogio Santambrogio (a cura di), Destra/Sinistra. Storia e fenomenologia di una dicotomia politica, Roma, Pellicani, 1997, p. 104.90 Una piena rivendicazione dell’opera di revisione storiografica, utilizzando esplicitamente il concetto di mutamento di para­digma introdotto da Thomas Kuhn per spiegare le “rivoluzioni scientifiche”, viene proposta da Nolte in un recente contributo italiano in cui, partendo da Erodoto e Tucidide arriva a lui stesso, De Felice e Furet, accomunati dalla lotta contro le pretese assolutistiche del marxismo-leninismo e in quanto esponenti di una revisione interna alla teoria del totalitarismo (cfr. l’inter­vento di E. Nolte, il 28 novembre 1997, alla sessione milanese del convegno su Renzo De Felice, “La storia come ricerca”, or­ganizzato dalla Fondazione Ugo Spirito; la relazione era stata anticipata sul primo numero della rivista fondata da alcuni al­lievi di De Felice; E. Nolte, Revisioni storiche e revisionismo storiografico, “Nuova storia contemporanea”, 1997, n. 1).91 Bemd Faulenbach, Ricostruzione di identità per mezzo della storia? Sul rapporto tra storiografia e cultura politica in Ger­mania, in Lorenzo Riberi (a cura di), La Germania allo specchio della storia, Milano, Angeli, 1995, p. 237.

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contrario, pur essendo un conservatore neona­zionalista, pratica sino all’eccesso il comparati­vismo, così che la specificità del nazismo e del­la Germania del Terzo Reich spariscono in una generale epoca del fascismo e della guerra civi­le europea, mentre lo stesso bolscevismo è proiet­tato in una dimensione asiatica. In una parola, con Nolte si può risolvere, o meglio liquidare, la questione e l ’eredità del nazismo e del bolscevi­

smo, del fascismo e del comunismo, senza la ne­cessità di studiarli e conoscerli sulla base della ricerca storica empirica. La costruzione di un qua­dro filosofico-ideologico di dimensioni epocali si rivela perfettamente funzionale alle semplifi­cazioni della polemica politica e all’uso pubbli­co della storia da parte dei media.

Pier Paolo Poggio

Pier Paolo Poggio ha collaborato alla creazione e allo sviluppo della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia, per la quale ha curato numerose pubblicazioni, tra cui “Annali della Fondazione Luigi Micheletti”, La Repub­blica sociale italiana 1943-45, 2 (1986). Attualmente è direttore del Museo dell’industria e del lavoro Eugenio Battisti di Brescia. Sull’argomento di questo saggio ha recentemente pubblicato Nazismo e revisionismo stori­co, Roma, Manifestolibri, 1997.

STORIA E MEMORIASommario del n. 1,1998

Revisionismi a confrontoPhilippe Videlier, Faurisson e non solo. Il negazionismo in FranciaTomas Szarota, I polacchi e il collaborazionismoM aria Ferretti, Revisionismo e memoria storica: il caso della RussiaW olfgang W ipperm ann, Fascismo e antifascismo nel discorso tedescoG abriele Ranzato, Ripensare la guerra di SpagnaValentina Pisanty, Le argomentazioni del negazionismo

G ianni D e M oro, Le prime elezioni comunali del dopoguerra a Imperia G iorgio O liviero, Partigiani a Monte Grande: 5-6 settembre 1944

SchedeFernanda M azzanti Pepe, L’amministrazione del Comune di Genova tra ‘800 e ‘900 (Piero A im o)M arcello Venturi, Bandiera bianca a Cefalonia (Silvio Ferrari)