la scienza del caos e il computer - mondo...

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MONDO DIGITALE •n.1 - marzo 2006 1. INTRODUZIONE D efinire la “scienza del caos” in modo rigo- roso e tale da non scontentare nessuno tra coloro che se ne occupano è ancora abba- stanza difficile, trattandosi di una scienza gio- vane. Malgrado si possa senz’altro fare di me- glio, possiamo iniziare con il dire che la scienza del caos si occupa in prima istanza di sfatare il mito secondo il quale determinismo sia ugua- le a determinabilità e di scoprire come sia più norma che accidente il fatto che, in molti feno- meni fisici, condizioni iniziali impercettibil- mente differenti possano corrispondere a ri- sultati finali enormemente diversi. La realtà è nonlineare e anche se si può dire molto su un fenomeno “facendo finta” che sia lineare (e molta ricerca scientifica fino ai tempi più re- centi si è basata su questo assunto) si finirà inevitabilmente col perdere la percezione di aspetti della realtà comuni e sotto gli occhi di tutti. La forma delle nuvole, il lancio di un da- do, la turbolenza in un fluido o la crescita di una pianta sono tutti fenomeni difficilmente spiegabili con modelli semplici. Fortunata- mente, per vedere esempi di comportamento deterministico, ma difficilmente determinabi- le, non è necessario considerare situazioni co- sì complesse. Fenomeni fisici apparentemente molto semplici e i cui modelli matematici sono costituiti da pochissime equazioni possono avere comportamenti anche estremamente complicati. In questo articolo ci siamo limitati a sistemi e modelli in cui il tempo può essere considerato una variabile continua. Ci sono molti casi in cui è opportuno considerare il tempo come una variabile discontinua, gene- ralmente definita solo su una successione di istanti equispaziati tra loro ed è il caso dei si- stemi a tempo discreto. Questi ultimi hanno caratteristiche molto interessanti, ma posso- no portare ancora più facilmente a comporta- menti complessi. 2. MODELLI DELLA REALTÀ E SISTEMI DINAMICI ...Questo grandissimo libro che continua- mente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer L’approccio riduzionista considera naturale descrivere con modelli ciò che si vede in natura. I limiti della matematica rendono impossibile racchiudere in equazioni il comportamento di entità, anche molto comuni, quali la forma delle nuvole. La dinamica nonlineare, impensabile senza i computer, dà nuove possibilità di affrontare questi problemi. L’articolo introduce alcuni aspetti della dinamica nonlineare, limitandosi ai sistemi in cui il tempo è una variabile continua. Giancarlo Storti Gajani LA SCIENZA DEL CAOS E IL COMPUTER 47

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1. INTRODUZIONE

D efinire la “scienza del caos” in modo rigo-roso e tale da non scontentare nessuno

tra coloro che se ne occupano è ancora abba-stanza difficile, trattandosi di una scienza gio-vane. Malgrado si possa senz’altro fare di me-glio, possiamo iniziare con il dire che la scienzadel caos si occupa in prima istanza di sfatare ilmito secondo il quale determinismo sia ugua-le a determinabilità e di scoprire come sia piùnorma che accidente il fatto che, in molti feno-meni fisici, condizioni iniziali impercettibil-mente differenti possano corrispondere a ri-sultati finali enormemente diversi. La realtà ènonlineare e anche se si può dire molto su unfenomeno “facendo finta” che sia lineare (emolta ricerca scientifica fino ai tempi più re-centi si è basata su questo assunto) si finiràinevitabilmente col perdere la percezione diaspetti della realtà comuni e sotto gli occhi ditutti. La forma delle nuvole, il lancio di un da-do, la turbolenza in un fluido o la crescita diuna pianta sono tutti fenomeni difficilmentespiegabili con modelli semplici. Fortunata-mente, per vedere esempi di comportamento

deterministico, ma difficilmente determinabi-le, non è necessario considerare situazioni co-sì complesse. Fenomeni fisici apparentementemolto semplici e i cui modelli matematici sonocostituiti da pochissime equazioni possonoavere comportamenti anche estremamentecomplicati. In questo articolo ci siamo limitatia sistemi e modelli in cui il tempo può essereconsiderato una variabile continua. Ci sonomolti casi in cui è opportuno considerare iltempo come una variabile discontinua, gene-ralmente definita solo su una successione diistanti equispaziati tra loro ed è il caso dei si-stemi a tempo discreto. Questi ultimi hannocaratteristiche molto interessanti, ma posso-no portare ancora più facilmente a comporta-menti complessi.

2. MODELLI DELLA REALTÀE SISTEMI DINAMICI

“...Questo grandissimo libro che continua-mente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dicol'universo), non si può intendere se primanon s'impara a intender la lingua, e conoscer

L’approccio riduzionista considera naturale descrivere con modelli ciò che

si vede in natura. I limiti della matematica rendono impossibile racchiudere

in equazioni il comportamento di entità, anche molto comuni, quali la forma

delle nuvole. La dinamica nonlineare, impensabile senza i computer, dà

nuove possibilità di affrontare questi problemi. L’articolo introduce alcuni

aspetti della dinamica nonlineare, limitandosi ai sistemi in cui il tempo è una

variabile continua.

Giancarlo Storti Gajani

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i caratteri ne' quali è scritto. Egli è scritto inlingua matematica, e i caratteri son triangoli,cerchi, ed altre figure geometriche, senza iquali è impossibile a intendere umanamenteparola; senza questi è un aggirarsi vanamen-te per un oscuro laberinto”.

Galileo Galilei, Opere VI

Molti, e non a torto, considerano Galileo il pa-dre del metodo scientifico occidentale: il“grande libro” di cui parla è la natura e l'ideadi poterne scrivere le leggi in termini rigorosiha da sempre caratterizzato tutta la ricercascientifica. L’analisi sperimentale di un feno-meno fisico ne permette la riduzione ad unmodello matematico, ulteriori esperimentipermettono di convalidare e perfezionarequesto modello che, una volta ben definito,può essere usato per dedurre una teoria chespieghi altri fenomeni fisici, possibilmentepiù generali e anche diversi da quelli dai qua-li si è partiti. Tutto ciò che noi oggi chiamiamoscienza si basa su questo principio metodo-logico, e tutto ciò che chiamiamo tecnologiadeve tantissimo, anzi, tutto, al rigore del me-todo scientifico galileiano.La realtà evolve nel tempo, farne dei modelliimplica nella maggior parte dei casi riassu-mere in un certo numero di equazioni, le cuivariabili misurino in qualche modo lo “stato”in cui si trova l'entità che si sta studiando, leleggi che governano l’evoluzione temporaledel fenomeno. Le soluzioni di queste equa-zioni rappresentano quindi il comportamen-to del modello e permettono, se le equazionisono corrette, di tentare di prevederne l’evo-luzione. In generale non si usano tutte le pos-

sibili variabili che rappresentano un fenome-no: se per esempio volessimo studiare il mo-vimento dei pianeti nel sistema solare po-tremmo, in prima approssimazione, rappre-sentare il Sole e i pianeti come punti dotati dimassa e la loro posizione con le coordinate diognuno di questi punti nello spazio tridimen-sionale rispetto ad un qualche sistema di ri-ferimento. Le equazioni che descrivono il mo-to dei pianeti, si riducono allora alle ben noteleggi della dinamica ed alla legge di gravita-zione di Newton; se si vuole maggiore preci-sione si possono aggiungere le correzioni re-lativistiche, ma a nessuno verrà mai in mentedi complicare il modello includendo, peresempio, lo stato della atmosfera o le condi-zioni politiche delle nazioni terrestri. Il mo-dello migliore risponde quindi ad un princi-pio di economia: deve includere tutte e solele informazioni che permettono di risolvere ilproblema che ci interessa.Consideriamo ora un semplice sistema cheevolve nel tempo, essendo il sistema pura-mente ideale è di fatto già un modello. Pren-diamo una pallina, immaginiamola dotata dipeso ed appoggiamola su una superficie,non necessariamente piana. Se immaginia-mo che tra pallina e superficie ci sia unaqualche forma di attrito e se pensiamo aduna superficie a forma di scodella tutti sap-piamo che la pallina finirà per stabilirsi sulfondo della scodella. Il fondo della scodellaè il punto di equilibrio di questo semplice si-stema, e, visto che perturbando leggermen-te la pallina questa tornerà comunque sulfondo, il punto di equilibrio è stabile (Figura1 A). Modifichiamo la scodella, cambiando-ne la curvatura fino a trasformarla in un pia-no. Ora la pallina resta ferma in qualsiasipunto venga appoggiata, e piccole pertur-bazioni porteranno la pallina in posizionidifferenti: tutti i punti del piano sono diequilibrio indifferente (Figura 1 B). Se infinetrasformiamo la scodella in una collina (in-vertendone la curvatura) la pallina sfuggiràda dove la poniamo, a meno di non posizio-narla, con estrema precisione, sul punto piùalto. La cima della collina è ancora un puntodi equilibrio, ma in questo caso instabile (Fi-gura 1 C) e qualsiasi perturbazione, con ilnostro semplice modello, comporta per lapallina un viaggio verso l’infinito.

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FIGURA 1Il sistema “pallina + scodella” per diversi valori di curvatura della scodella:A Curvatura positiva; B Curvatura nulla; C Curvatura negativa

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Come si può notare, malgrado le tre situa-zioni siano descritte dallo stesso modello dibase, si hanno comportamenti decisamentediversi tra loro, cambiando solo un parame-tro del modello: la curvatura della superfi-cie. È cioè possibile scrivere una unicaequazione con un parametro che rappre-senta la curvatura della superficie che de-scrive i tre diversi comportamenti di figura1. I cambiamenti strutturali nella dinamicadi un sistema al variare di uno o più parame-tri sono chiamati biforcazioni, lo studio del-le biforcazioni di un sistema è fondamentaleper capirne il funzionamento. Sistemi anchepiù complicati possono avere soluzioni sta-bili (a volte dette genericamente soluzionidi regime, dopo l’eventuale transitorio ini-ziale) oppure instabili, solo che in molti casiè molto più difficile classificarli.Il caso instabile di figura 1 C è poi un po’ in-quietante, è infatti esperienza comune che ifenomeni fisici con cui abbiamo a che fare so-no sempre in qualche modo stabili, almeno alungo termine o su scala sufficientementegrande: persino un fenomeno violento comeuna esplosione prima o poi giunge in unostato di quiete, e la materia espulsa da unasupernova formerà plausibilmente nebuloseed eventualmente nuove stelle.Accettare questo dato dell’esperienza corri-sponde ad affermare che qualsiasi fenome-no naturale, localmente instabile, può esse-re descritto da un modello matematico li-neare solo in un piccolo intorno delle suecondizioni iniziali, perché se un sistema li-neare è instabile in un punto allora è neces-sariamente instabile in modo globale. Mo-delli nonlineari dotati di comportamento in-stabile in una regione circoscritta, ma stabi-li rispetto ad una regione più grande, sonola norma, anche nelle applicazioni pratiche.Qualsiasi oscillatore stabile (come peresempio gli oscillatori necessari al funzio-namento dei calcolatori, degli orologi e dimolti altri sistemi elettronici) funziona pro-prio grazie al fatto di essere instabile in unintorno dell’origine dello spazio di stato (inquesto modo si “accende”), ma stabile ingrande (in questo modo le traiettorie si sta-bilizzano su una ampiezza costante). Lanonlinearità è dunque la norma, e nonun’eccezione.

Sempre pensando al sistema pallina + sco-della, rappresentiamo su un piano le varia-bili che rappresentano lo stato del nostro si-stema e tracciamo una curva (detta traietto-ria) che descrive l’evoluzione del nostro mo-dello istante per istante. Le variabili chepossiamo considerare sono velocità e posi-zione della pallina, se consideriamo il primodei tre casi visti sopra (quello di Figura 1 A)abbiamo, per una generica posizione inizia-le, la traiettoria mostrata nella figura 2 A. Seora variamo un altro parametro del nostromodello, il coefficiente d’attrito, otteniamo,aumentandolo, le traiettorie di figura 2 B,ma, riducendo a zero l’attrito, le traiettoriein figura 2 C. Si noti come in quest’ultimocaso l’energia iniziale del sistema resti co-stante e la pallina continui indefinitamentead oscillare all’interno della scodella.Per rappresentare le traiettorie abbiamo usa-to un piano perché abbiamo solo due variabi-li di stato, ovviamente, se avessimo tre varia-bili di stato, dovremmo usare una rappresen-tazione tridimensionale e per dimensioni su-periori saremmo costretti, se proprio volessi-mo avere una percezione geometrica visivadi quanto succede, a fare sezioni o proiezionidi queste traiettorie su sottospazi di dimen-sione due o tre.Quest’ultima osservazione è molto menobanale di quanto non si possa pensare: sestiamo infatti considerando un fenomeno fi-sico deterministico pretendiamo senz’altroche qualsiasi suo modello sia altrettantodeterministico, e quindi che ad uno statodel modello corrisponda una ed una solapossibile evoluzione. In termini geometriciciò implica che le traiettorie di un sistemanon possono in alcun modo incrociarsi per-ché, se si incrociassero, in quel punto il si-stema potrebbe evolvere in due modi distin-ti. Le conseguenze di questo fatto sono de-cisamente straordinarie: un modello condue sole variabili di stato potrà avere traiet-torie che convergono su uno o più punti diequilibrio stabili, che sfuggono da un equili-brio instabile, oppure dei cicli periodici(traiettorie chiuse percorse all'infinito). Letraiettorie che nascono all’interno di un ci-clo non potranno quindi fare altro che resta-re confinate all’interno del ciclo, al massimoadagiandosi su di esso, e quelle all’esterno

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0 resteranno per sempre all’esterno (uno deipionieri nella analisi topologica delle solu-

zioni delle equazioni differenziali nonlineariè stato Henri Poincaré [14]).Gli oscillatori elettronici sono sistemi conquest'ultimo tipo di traiettoria e sono pre-senti intorno a noi in grande numero in qual-siasi orologio, telefono cellulare, calcolatoreecc.. In figura 3 è mostrato il ritratto di fasedell’oscillatore di Van Der Pol, cioè alcunesue traiettorie tracciate nel piano definitodalle sue variabili di stato, la tensione sulcondensatore e la corrente sull’induttore.Questo oscillatore è uno dei più semplicioscillatori elettronici, composto solo da uncondensatore, un induttore ed un resistorenonlineare facilmente sintetizzabile con po-chi transistor.Talvolta, facendo misure su un fenomeno,magari finalizzate a validarne un modello, sitrovano traiettorie che si incrociano: o il feno-meno è non deterministico, oppure ci si è di-menticati di una o più variabili di stato.Traiettorie che apparentemente si incrocianoin due dimensioni possono infatti non incro-ciarsi se di dimensioni se ne hanno tre (opiù), ed è immediatamente evidente che intre dimensioni si possono avere situazionianche molto più complicate di quelle che sihanno nelle due dimensioni.Un semplice sistema meccanico in grado dimostrare comportamenti anche molto com-plessi è la cosiddetta “ruota idraulica di Lo-renz” (lo schema in Figura 4). Si tratta di unaruota a pale con perdite, di notevole interes-se storico, in quanto descritta da un sistemadi equazioni equivalenti al modello di Lorenz,il sistema di equazioni da cui è nato il concet-to di caos deterministico, e facilmente co-struibile in casa (ne esistono realizzazioniperfettamente funzionanti costruite utiliz-zando solo bicchierini di plastica bucati).Le variabili di stato sono in questo caso la po-sizione della ruota (misurata come angolo ri-spetto ad un certo riferimento), la velocità el’accelerazione angolare; i principali parame-tri caratteristici sono la portata di fluido in in-gresso e l’attrito del perno della ruota. Si no-ta anche solo qualitativamente (in altre paro-le, ad occhio) che ci troviamo in presenza diuna situazione più complicata di quelle vistesopra. Le traiettorie di questo sistema, pertutto un insieme di valori dei parametri, nonsono né instabili né periodiche, ma si adagia-

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FIGURA 2Traiettorie del sistema “pallina + scodella”, lo stato iniziale è indicato con unpuntino rosso; A attrito “normale”; B attrito “elevato”; C attrito nullo

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no su un insieme di punti dello spazio di sta-to dalla geometria molto complessa. Questoinsieme è chiamato attrattore strano in quan-to qualsiasi traiettoria finirà per entrare nel-l'insieme, come nei normali attrattori, qualipunti di equilibrio stabile o cicli periodici sta-bili, ma è dotato di una geometria decisa-mente “complicata” (e quindi “strana”). Nes-sun punto di un attrattore strano è visitato

più di una volta (non siamo quindi in un casoperiodico), ma la traiettoria non sfugge dal-l'insieme di punti (e quindi non è instabile).Le equazioni di Lorenz sono state originaria-mente scritte da Edward Norton Lorenz du-rante la ricerca di modelli meteorologici sem-plificati. Secondo quanto racconta lo stessoLorenz [10, 11, 12] ciò che lo sorprese non futanto la complessità geometrica delle traiet-

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iFIGURA 3Ritratto di fasedell’oscillatoredi Van Der Pol

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FIGURA 4A La ruota idraulica di Lorenz; B Una sua traiettoria caotica

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torie del suo sistema, quanto la forte dipen-denza dalle condizioni iniziali da lui scopertaquasi per caso. Il suo modello infatti “girava”su un calcolatore ENIAC (capace di eseguireben 60 moltiplicazioni al secondo!) e, nel tra-scrivere manualmente le condizioni inizialiper il suo sistema tra due esperimenti nume-rici successivi, aveva troncato i numeri allaquarta cifra decimale. Le traiettorie del se-condo esperimento, dopo un primo trattoquasi perfettamente in comune con il primo,proseguivano in modo diverso, ma semprerestando nella stessa “zona di funzionamen-to”, restando, cioè, confinate nell’attrattore.Ovviamente un sistema nonlineare può ave-re più di un attrattore (strano e non); in que-sto caso, partendo da diverse condizioni ini-ziali, è possibile finire su attrattori differenti.L’insieme di punti dello spazio di stato che,presi come condizioni iniziali, portano allostesso attrattore viene chiamato bacino d’at-trazione dell’attrattore (e i bacini di attrazio-ne di alcuni “semplici” sistemi dinamici atempo discreto costituiscono alcuni dei “frat-tali” più conosciuti, come, per esempio, il ce-lebre insieme di Mandelbrot).

3. IL MODELLO DI LORENZE IL RUOLO DEI CALCOLATORIELETTRONICI

L’equazione di Lorenz rappresenta uno tra ipiù semplici, e senz’altro il più conosciuto,modello nel quale sono presenti attrattoricaotici. La sua importanza è anche storica:proprio dalla simulazione numerica di questaequazione Lorenz si accorse della forte di-pendenza di questo genere di sistemi dallecondizioni iniziali, battezzata dallo stesso Lo-renz con il nome “effetto farfalla”.L’equazione che descrive l’evoluzione tem-porale del modello di Lorenz è un sistema dif-ferenziale di ordine tre, le variabili di statosono x1, x2 e x3 e le derivate rispetto al temposono indicate con un puntino sopra la rispet-tiva variabile:

x1 = ad (x2 – x1)x2 = x2 + d (bx1 – x2 – x3 x1)x3 = x3 + d (x1 x2 – cx3)

I parametri sono a,b,c e d, ognuno dei quali

rappresenta, nel modello di Lorenz, una qual-che proprietà fisica del suo modello fluidodi-namico. Le soluzioni di questa equazione di-penderanno, oltre che dai valori dei parame-tri, dalla condizione iniziale del sistema.Come per la maggior parte dei casi nonli-neari, non è possibile scrivere la soluzionedel sistema di Lorenz in forma chiusa, ma sene possono comunque studiare le proprietàanalizzando il sistema di partenza e risol-vendo numericamente le equazioni permezzo di un calcolatore. Come già detto,l’effetto farfalla è stato scoperto fortuita-mente grazie alla trascrizione manuale edapprossimata delle condizioni iniziali tradue successivi esperimenti su calcolatoreelettronico. In realtà i metodi numerici perla soluzione delle equazioni differenzialiesistono da molto prima dei primi calcolato-ri elettronici e la scoperta fondamentale diLorenz avrebbe potuto avvenire anche sen-za la necessità di strumenti di calcolo, ma iltempo e lo sforzo necessari sarebbero statiimmensi, anche ammettendo di avere a di-sposizione una macchina calcolatrice nonprogrammabile per le operazioni aritmeti-che di base. Anche se l’ingegno di numerosistudiosi “pre-computer” hanno permesso lamessa a punto di strumenti teorici moltoraffinati per cercare di far luce nel compor-tamento dei modelli nonlineari, e Poincarési era spinto a ipotizzare la possibile esi-stenza di quelli che poi furono chiamati “at-trattori strani”, è difficile pensare allo svi-luppo di questa scienza e, a maggior ragio-ne, delle sue applicazioni, senza l’ausiliodei moderni strumenti di calcolo.Per un insieme (abbastanza vasto) dei valoridei parametri le soluzioni del modello di Lo-renz finiscono tutte, cioè per qualsiasi condi-zione iniziale e dopo un eventuale transitorioiniziale, su un attrattore strano (la forma diquesto attrattore cambia in modo anche moltosignificativo al variare dei parametri). Una rap-presentazione molto elegante di uno di questiattrattori, adatta a metterne in luce la com-plessità geometrica, si ottiene disegnandoneuna mappa di densità (L’attrattore in Figura 5si ottiene per i valori dei parametri: a = 7.906,b = 8.79, c = 3.379 e d = 0.079, ed è equiva-lente a quello mostrato in Figura 4). Per meglioapprezzarne la complessità e la forma lo stes-

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so attrattore visualizzato da diversi punti di vi-sta è mostrato nella figura 6. Ognuna di questefigure si ottiene calcolando numericamentel’equazione di Lorenz in alcuni milioni di punti,pochi secondi sul PC che sto usando per scri-vere questo testo, parecchie ore sull’ENIACche usava Lorenz, e un tempo difficilmentequantificabile per chi volesse provare con car-ta e penna.Ogni singola traiettoria del sistema di Lorenzconcorre alla formazione della mappa di den-sità. È interessante notare che seguire unasingola traiettoria per lungo tempo o tantetraiettorie diverse (definite da diverse condi-zioni iniziali scelte a caso) da luogo alla stes-sa mappa. Ogni traiettoria arriverà infatti pri-ma o poi arbitrariamente vicina a qualsiasipunto dell’attrattore, ma senza ovviamenteintersecare altre traiettorie.Gli attrattori strani come quelli mostrati in fi-gura 5 e figura 6 sono classici esempi di og-getti frattali. Nel nostro caso la dimensionegeometrica di questi attrattori è compresatra 2 e 3 (per un sistema dinamico con tre va-riabili di stato), è cioè un numero non intero.La difficoltà nel comprendere che un oggettopossa avere una dimensione non intera deri-va dalla nostra abitudine a trattare con le en-tità della geometria Euclidea. La quantità diinformazione necessaria per stabilire la posi-zione di un punto su una qualsiasi figura del-la geometria classica è infatti direttamentecorrelata al numero di coordinate utilizzate,eventualemente definite rispetto ad un siste-ma di riferimento “locale”. Ma quanta “infor-mazione” è necessaria per descrivere la posi-zione di un punto appartenente a un attratto-re strano? Si può dare una risposta a questadomanda estendendo la misura classica didimensione con la definizione data da Hau-sdorf [3]: si ricopre l’oggetto di cui si vuolemisurare la dimensione con n sfere di raggior e si calcola il rapporto logaritmico tra il nu-mero di sfere necessarie ed il loro raggio fa-cendo tendere a zero il raggio stesso:

Questa nuova e più generale definizione didimensione coincide, ovviamente, con lamisura classica per gli “oggetti geometrici”semplici. Il nome frattale viene usato per

designare gli insiemi di punti la cui dimen-sione secondo Hausdorf è un numero nonintero. I frattali più conosciuti sono quelliche descrivono i bacini di attrazione di si-stemi dinamici a tempo discreto, come il fa-moso “insieme di Mandelbrot”, ma si pos-sono generare frattali anche in altri modi,per esempio iterando all’infinito delle tra-sformazioni geometriche su oggetti inizial-mente anche molto semplici. Qualsiasi sia ilsistema scelto, il numero di operazioni ne-cessarie per ottenere frattali anche moltosemplici è comunque proibitivo senza stru-menti di calcolo automatico.

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FIGURA 5Mappa di densità di un attrattore del modello di Lorenz. I colori corrispondonoa diverse velocità delle traiettorie

FIGURA 6Un attrattore strano del modello di Lorenz da diversi punti di vista

DH = limr→0

log n (r)

log 1⁄r

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4. SENSITIVITÀ ALLE CONDIZIONIINIZIALI E DETERMINABILITÀ

Se un sistema è deterministico ad ogni condi-zione iniziale corrisponde una singola traiet-toria e a condizioni iniziali diverse corrispon-dono traiettorie diverse. Secoli di scienza ba-sata su modelli lineari o linearizzati ci hannoabituato a pensare che solo la presenza dieventi casuali, cioè non deterministici, e, so-prattutto, macroscopici può giustificare risul-tati molto diversi a partire da condizioni ini-ziali simili tra loro. Viene spontaneo pensareche qualsiasi piccola perturbazione dello sta-to iniziale di un sistema corrisponda necessa-riamente a variazioni altrettanto piccole nelcomportamento finale. Come già visto i primirisultati di Lorenz sconfessarono questa visio-ne del mondo: non è in generale vero che inun sistema deterministico condizioni inizialivicine tra loro corrispondono sempre a traiet-torie simili e vicine, dove “vicino” è definitosecondo una qualche metrica coerente al si-stema che si sta considerando. Anche picco-lissime variazioni nelle condizioni iniziali pos-sono portare due identici sistemi caotici, po-sti a confronto, in stati totalmente diversi a untempo determinato. Un esempio di questocomportamento si può vedere nella figura 7,dove l’evoluzione del modello di Lorenz è con-frontata, per una delle variabili di stato, a par-tire da due condizioni iniziali molto simili (ladifferenza è di 0.0001 su una sola variable distato, x3(0), a partire dalle condizioni inizialinominali x1(0) = 20, x2(0) = 5 e x3(0) = –5).

Dopo un breve periodo in cui le due situazio-ni sono molto simili le traiettorie si allontana-no, pur restando, ovviamente, confinate al-l’interno dell’attrattore.Questa proprietà rappresenta per molti la de-finizione stessa di sistema caotico.Il problema è allora molto serio: conoscerecon precisione infinita lo stato iniziale di unsistema è impossibile (richiede, per lo me-no, energia infinita), e quindi è impossibiledeterminare con sicurezza come si compor-terà un sistema deterministico, ma caotico.Essendo i sistemi caotici più diffusi di quan-to non si sospettasse in passato, al punto dipoter dire che sono più la norma, che un’ec-cezione, i concetti stessi di “casuale” e “de-terministico, ma non determinabile” sem-brano sempre più sul punto di confondersi.

5. APPLICAZIONI

L’abitudine a credere che i sistemi semplicipossano avere solo comportamenti sempli-ci e che solo con sistemi molto complessi(eventualmente composti dalla intercon-nessione di molti sistemi semplici) si possa-no avere comportamenti complessi, ha fattosì che molti, tuttora, credano che i sistemicaotici siano essenzialmente curiosità acca-demiche.In realtà sono molto più diffusi di quanto nonsi creda, anzi, aver compreso che molti feno-meni naturali sono riconducibili ad una de-scrizione relativamente semplice, ma forte-mente non lineare, ha permesso di risolverein modo originale alcuni problemi. Le appli-cazioni della dinamica non lineare in genera-le, e della teoria del caos in particolare, sonoinfatti sempre più numerose. Alcune possibi-li applicazioni sono ancora in uno stato infan-tile, per esempio quelle relative ai sistemieconomici, per la previsione dei mercati fi-nanziari, o ai sistemi sociali, per la previsionedelle scelte politiche; altre hanno invece giàprodotto risultati interessanti.Per tentare di dare una minima tassonomiaagli usi della dinamica nonlineare e della teo-ria del caos considereremo tre classi princi-pali di applicazioni: prima di tutto si faràqualche cenno ad alcune applicazioni delladinamica non lineare dove la presenza dicomportamenti caotici è solo una eventua-

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FIGURA 7Comportamento di una delle variabili di stato del modello di Lorenz a partire dadue condizioni iniziali “leggermente” differenti

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lità, ma non rappresenta una condizione indi-spensabile per l’applicazione stessa. Una se-conda classe considera poi i casi dove la pre-senza di situazioni caotiche è intrinseca al-l’applicazione, ma dove è necessario control-lare il sistema, per eliminare gli effetti delcaos o per scegliere uno specifico attrattoretra i tanti possibili. L’ultima classe rappresen-ta le applicazioni più innovative: quelle chenon sarebbero pensabili senza la presenza o,addirittura, la generazione di segnali caoticida parte delll’applicazione stessa.

5.1. Applicazioni “tradizionali”della dinamica non lineareLo studio di molti problemi classici della fi-sica, anche di alcuni tra i più semplici pro-blemi di meccanica, richiedono la soluzionedi equazioni differenziali non lineari. È quin-di spontaneo affermare che i campi applica-tivi della dinamica non lineare sono tutti. Oalmeno tutti quelli in cui è presente un qual-che tipo di dinamica. Ovviamente non tutti iproblemi di dinamica non lineare implicanola presenza di soluzioni caotiche. Ma, cometutti sanno, anche il classico problema deitre corpi può avere soluzioni molto compli-cate (e i suoi punti di equilibrio sono i bennoti “punti di Lagrange”). Il problema è chela maggior parte delle equazioni non si pos-sono risolvere in forma chiusa, e l’unicapossibilità, per chi non disponeva di stru-menti di calcolo, consisteva nell’inferire al-cune proprietà della soluzione a partire dal-le equazioni di partenza o semplificare no-tevolmente il problema linearizzando. L’av-vento dei calcolatori, e quindi l’analisi nu-merica di sistemi di equazioni di dimensionirilevanti, ha permesso di ampliare notevol-mente la ricerca e le applicazioni già esi-stenti e di trovarne di nuove.Tra i campi applicativi della dinamica non li-neare in cui è possibile la presenza di solu-zioni caotiche, forse i più conosciuti sonoquelli tipici della fluidodinamica. I moti tur-bolenti nei fluidi e nei gas possono in molticasi essere riassunti e descritti in modo“macroscopico” in modo da non dover trat-tare nello specifico la dinamica “microsco-pica” sottesa. Queste semplificazioni hannopermesso, anche in epoca “pre-calcolatore”la soluzione di molti problemi importanti di

fluidodinamica, descrivendo, per esempio,gli effetti di un fluido in moto turbolento inun condotto usando solo pochi parametririassuntivi. Una descrizione più precisa diquesti fenomeni è invece ora possibile e,grazie ai calcolatori, si possono per esem-pio progettare profili alari, turbine ed eli-che, molto più efficienti.Sempre pensando alla fluidodinamica, si ègià visto come le stesse equazioni di Lorenz,oltre ad un immenso valore teorico, avevanol’intento di risolvere dei problemi di meteoro-logia. Una delle prime applicazioni dei grandicalcolatori è stata, ed è tuttora, proprio la so-luzione di enormi sistemi di equazioni checercano di descrivere e prevedere il tempo.Proprio a causa della rilevante sensitività allostato iniziale le previsioni del tempo sonotanto più affidabili quanto più sono a brevetermine (Figura 8).Coloro che si occupano di studiare le vibra-zioni nelle macchine e negli edifici hanno datempo iniziato a fare uso degli strumenti del-la dinamica nonlineare e, ancora una volta, lapossibilità di simulare strutture anche moltocomplesse in tempi ragionevoli ha dato nuo-vo impulso ad applicazioni di notevole im-portanza economica e umana.Tra le altre applicazioni della dinamica non li-neare sono attualmente molto importantiquelle che riguardano l’analisi dei sistemiecologici e dell’ambiente. Anche in questicampi la ricerca è molto attiva, e c’è sicura-mente molto spazio per nuove scoperte.

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FIGURA 8L’uragano Epsilon (3 dic 2005, courtesy of Nasa/Goddard space flight center)

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5.2. Evitare gli attrattori “troppo strani”,il controllo del caosMolti fenomeni sono necessariamente caoti-ci e può nascere, in alcuni casi, l’esigenza discegliere con cura in quale attrattore si vuoleche il sistema funzioni, oppure, in altri casi, siha l’esigenza di eliminare, del tutto o in par-te, i comportamenti caotici.Malgrado una notevole regolarità di fondo, ilfunzionamento del cuore è, secondo molti ri-cercatori, essenzialmente caotico. Osservan-do il tracciato di un elettrocardiogramma si no-ta come ogni battito sia diverso dagli altri, e uncuore in buona salute è in molti casi più caoti-co di uno malato [4, 5, 6]. Durante un episodiodi fibrillazione atriale o ventricolare, il funzio-namento del cuore è ancora caotico, ma le suevariabili di stato si portano su un attrattorestrano la cui dinamica è inefficace a pompare ilsangue. I defibrillatori, resi famosi, spesso inmodo ridicolo, dai programmi televisivi di “fic-tion” medica, sono macchine basate sull’ideadi dare un forte shock al sistema di sincroniz-zazione cardiaca utilizzando una scarica elet-trica di grande intensità. Si spera in questomodo di riportare il “sistema cuore” verso l’at-trattore giusto. Il meccanismo spesso funzio-na, anche se non è privo di pericoli.In alternativa si può pensare di sfruttare pro-prio la caratteristica tipica dei sistemi caotici diavere una forte dipendenza dalle condizioniiniziali. Una forte dipendenza dalle condizioniiniziali indica che piccole perturbazioni posso-no variare in modo anche notevole il funziona-mento di un sistema. Questa specifica caratte-ristica è stata utilizzata per la messa a punto diun “pace-maker” basato sui principi del con-trollo caotico. Piccole perturbazioni, di entitàcontrollata e applicate in istanti determinaticon precisione, riescono a riportare il cuoresull’attrattore strano giusto. Per ora sono statieffettuati numerosi esperimenti su animali chehanno dimostrato la fattibilità e la correttezzadi questo approccio.Un’altra applicazione recente, sempre incampo biomedico, riguarda la previsione edeventualmente la prevenzione degli episodiepilettici. Dagli studi compiuti su pazientiumani si è scoperto che è possibile prevede-re episodi di epilessia anche con un notevoleanticipo dall’analisi di alcune proprietà deisegnali di un EEG. La dimensione frattale del

segnale a rischio di epilessia subisce infattiuna diminuzione qualche tempo prima del-l’insorgere dell’episodio epilettico (ancorauna volta il comportamento normale pare es-sere più caotico di quello patologico). È an-cora in fase di studio la possibilità di utilizza-re dei “micro-elettroshock” localizzati perprevenire le fasi epilettiche acute.

5.3. Usare gli attrattori anche molto straniProdurre caos è facile, sia con i calcolatori checon i circuiti elettronici. Il più semplice e stu-diato circuito dotato di attrattori strani è il cir-cuito di Chua, utilizzato per la sua semplicità eil suo bassissimo costo in molte applicazioni[9]. Consideriamo ora applicazioni dove è ne-cessario produrre attrattori strani, bacini di at-trazione frattali o, uno o più segnali caotici.L’uso forse più diffuso e più maturo commer-cialmente della teoria del caos, riguarda lagenerazione di oggetti geometrici frattali, inparticolare per la generazione di paesaggivirtuali, cioè per la grafica e per le animazioni3D. Moltissimi effetti speciali cinematograficidi sintesi, soprattutto quelli che generanopaesaggi virtuali, sono infatti basati sulla ge-nerazione di oggetti frattali. Qualsiasi monta-gna, albero, costa o roccia ha un aspetto mol-to più realistico se generata in modo frattale,piuttosto che utilizzando primitive geometri-che classiche (come si faceva agli inizi dellagrafica in 3D). Nessuno dei film di animazio-ne più recenti sarebbe possibile senza i land-scape generator attualmente presenti anchenei prodotti di grafica commerciali e open-source più conosciuti ed alla portata di tutti.Un’altra interessante caratteristica dei sistemicaotici è la loro capacità di sincronizzarsi: se sicostruiscono due sistemi caotici identici (o an-che solo molto simili) e si lascia che una dellevariabili di stato del primo sistema sia in qual-che modo accoppiata alla analoga variabile distato del secondo sistema, si possono ottene-re, purché siano soddisfatte alcune semplicicondizioni, due sistemi le cui variabili di statosono, istante per istante, identiche tra loro[14]. Immaginiamo allora di costruire due cir-cuiti elettrici caotici identici (entro i limiti di tol-leranza dei componenti) e di collegarli tra loroscegliendo una delle variabili di stato (nei cir-cuiti elettronici le variabili di stato sono in ge-nere le tensioni sui condensatori e le correnti

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che fluiscono negli induttori); si scelga quindiun condensatore in un circuito e si colleghi unodei suoi terminali, tramite una resistenza, alterminale equivalente dell’altro circuito.I due circuiti si sincronizzano. Se ora sovrap-poniamo un debole segnale contenenteinformazione al filo che collega tra loro i duecircuiti questi restano sincronizzati, ma il se-gnale, confuso nel “rumore” dei sistemi cao-tici è totalmente inintelligibile. Sfruttando leproprietà di sincronizzazione dei due circuitiè però possibile ricostruire il segnale origina-le, ottenendo in questo modo la trasmissionesicura dello stesso. Se i primi esperimenti so-no stati fatti utilizzando circuiti elettronici, re-centemente alcuni ricercatori italiani hannoesplorato con successo la possibilità di sfrut-tare alcune proprietà dei laser [1]. In questaapplicazione il segnale mascherato è un se-gnale video trasmesso via fibra ottica da unlaser caotico e decrittato a destinazione uti-lizzando un altro sistema laser caotico.Tra i sistemi naturali il cui funzionamento è ri-conducibile a modelli con dinamica caotica cisono anche i fenomeni in cui si ha turbolenza.La turbolenza è comunemente presente nelfunzionamento di molti strumenti a fiato, e lasintesi dei suoni di questi strumenti è perquesto abbastanza complessa. L’uso di cir-cuiti elettronici caotici è stato proposto perovviare a questo problema e cercare di gene-rare con sistemi molto semplici suoni anchemolto ricchi da un punto di vista armonico [2].

6. CONCLUSIONI

La dinamica nonlineare ha ancora molte zoneinesplorate e sulle quali è attiva la ricerca. For-se le più interessanti sono quelle relative ai si-stemi di grandi dimensioni, tipicamente for-mati da un enorme numero di sistemi dinami-ci nonlineari interconnessi tra loro. Caratteriz-zare i fenomeni di sincronizzazione o dare unamisura dei complicatissimi attrattori presentiin questi sistemi è ancora molto difficile e, inalcuni casi, arriva ai confini della potenza dicalcolo attualmente disponibile in un normalecalcolatore. Le applicazioni di questi studi, ol-tre che nel campo naturale dei sistemi meteo-rologici, permetterebbe probabilmente di mi-gliorare la nostra conoscenza di sistemi com-plessi come il cervello.

I legami tra fenomeni deterministici e i feno-meni attualmente descritti esclusivamente intermini di processi casuali andrebbe forse ap-profondito; i sistemi dinamici nonlineari digrandi dimensioni possono infatti avere com-portamenti difficilmente distinguibili da quel-li che ci si aspetta da una variabile casuale.Un’altra interessante area di sviluppo consi-ste nell’analisi delle biforcazioni e anche inquesto caso l’uso dei calcolatori è indispen-sabile, se non per i casi banali. Dallo studiodelle biforcazioni di un sistema dinamico èpossibile prevedere cambiamenti inaspet-tati nella dinamica del sistema. Questi cam-biamenti possono talvolta essere rilevanti erepentini (le cosiddette “catastrofi”) e pos-sono avere, se il sistema è il modello di unfenomeno fisico, conseguenze anche gravie pericolose. Attualmente lo studio dellebiforcazioni si limita, per i notevoli problemidi calcolo numerico che pone, a sistemi re-lativamente piccoli.Tra le applicazioni ancora da sviluppare, le piùattuali sono quelle relative all’analisi dei si-stemi ecologici, del comportamento di popo-lazioni e dei mercati finanziari. È stata recen-temente anche proposta la possibilità di uti-lizzare tecniche basate sulla dinamica nonli-neare per la ricerca di informazioni in grandidatabase di informazioni non omogenee.

RingraziamentiTutte le immagini sono state prodotte dall’autore consoftware open-source o freeware eccetto la figura 8,per la quale si ringrazia la Nasa/Goddard Space FlightCenter. Si ringraziano i (numerosi) autori dei program-mi (open-source) Octave, Gnuplot e Gimp. Un partico-lare ringraziamento a Nicolas Desprez autore del pro-gramma (freeware) Chaoscope (http://www.chao-scope.org) utilizzato per generare alcune delle figureincluse nel testo.

Bibliografia[1] Annovazzi-Lodi V., Benedetti M., Merlo S., Nor-

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[3] Eckmann J.P., Ruelle D.: Ergodic Theory ofChaos and Strange attractors. Rev. ModernPhys., Vol. 57, n. 3, 1985.

[4] Garfinkel A., Spano M.L., Ditto W.L., Weiss J.N.:Controlling Cardiac Chaos. Science, Vol. 257, p.1230-1235.

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[6] Goldberg A.L., West B.J.: Fractals in Physiologyand Medicine. Yale J. Biol.

[7] Kennedy M.P.: Basic Concepts of Nonlinear Dy-namics and Chaos. In IEEE ISCAS 1994 Circuitand Systems Tutorials, ed. C.Toumazou, 1994.

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[9] Kennedy M.P.: Three steps to Chaos – Part II : AChua Circuit primer. IEEE Transactions on Cir-cuits and Systems – I Fundamental Theory,Vol. 40, n. 10, 1993.

[10] Lorenz Edward N.: Deterministic NonperiodicFlow. Journal of the Atmosferic Sciences, Vol.20, 1963.

[11] Lorenz Edward N.: The Mechanics of Vacilla-tion. Journal of the Atmosferic Sciences, Vol.20, 1963.

[12] Lorenz Edward N.: The Problem of Deducing theClimate from the Governing Equations. Tellus,Vol. 16, 1964.

[13] Poincaré Henri: Geometria e Caso. UniversaleBoringhieri, Torino, 1995.

[14] Strogatz S.H.: Nonlinear Dynamics and Chaos.Addison Wesley, N.Y. 1994.

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Qui di seguito vengono considerati alcuni aspetti più tecnici relativi ai sistemi dinamici nonlineari. Sitenga presente che non si pretende di essere rigorosi in senso matematico, e che alcune questionisenz’altro importanti, ma irrilevanti per una trattazione qualitativa come la presente, sono statiomessi.

1. Unicità e continuità delle soluzioniUn sistema dinamico a tempo continuo può essere definito dalla equazione differenziale ordinaria:

x (t) = F [x (t), t] (1)

dove x (t) è lo stato del sistema, che supponiamo essere definito su uno spazio a n dimensioni e la deri-vata di x (t) rispetto al tempo è indicata con x(t). La funzione F (· , ·) descrive un campo vettoriale, in quan-to definisce in ogni punto dello spazio di stato un vettore di “velocità”.Se supponiamo che F (· , ·) sia continua quasi ovunque e sia definita la condizione iniziale x0 ≡ x (t0), esi-ste, è unica ed è continua una funzione del tempo φ (t, x0, t0) che soddisfa le due condizioni:

φ (t0, x0, t0) = x0

e

φ⋅ (t, x0, t0) = F [φ (t, x0, t0), t]

La funzione φ (t, x0, t0) è detta soluzione o traiettoria del sistema definito dalla (1).Per semplicità supponiamo il campo vettoriale non esplicitamente dipendente dal tempo, possiamoquindi arbitrariamente fissare t0 = 0 e definire formalmente le traiettorie con la notazione semplificataφ (t, x0, 0) ≡ φt così da poter scrivere x (t) ≡ φt (x0). L’introduzione di questo operatore è molto comoda,si ha infatti banalmente φt1+t2 ≡ φt1 φt2, ma, soprattutto, data l’ipersfera Sr (x0) di raggio r centrata su x0,possiamo scrivere φt [Sr (x0)] per indicare il fascio di traiettorie generate usando i punti della sfera co-me condizioni iniziali.

2. Insiemi limite e attrattoriLe traiettorie di un sistema dinamico stabile finiscono, eventualmente dopo un transitorio, in un insie-me limite che rappresenta un sottoinsieme delle soluzioni di regime (stabili) del sistema. Ovviamentesi possono avere più insiemi limite, ogni insieme limite rappresenta in questo caso un diverso attrat-tore, e i diversi insiemi di punti che portano ad ogni singolo attrattore sono chiamati bacini di attrazio-

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ne. I bacini d’attrazione sono insiemi di punti dello spazio di stato, talvolta dotati a loro volta di geo-metrie molto complesse.Definiamo meglio questi concetti e classifichiamo la struttura geometrica degli attrattori.L’insieme limite Ω+ definito dal comportamento del sistema per t → + ∞, rappresenta le soluzioni di regi-me di un sistema e un punto xΩ è un punto limite di x0 se esiste una sequenza di tempi tk → + ∞ per laquale si abbia:

limk→∞

φtk(x0) = xΩ

Tutti i punti che soddisfano questa condizione definiscono l’insieme limite Ω+ della condizione iniziale x0e che indichiamo con Ω+ (x0). Un insieme limite Ω+ è attrattivo se esiste un intorno Sε (Ω+) tale per cui siabbia Ω+ (x0) = Ω+, ∀ x0 ∈ Sε (Ω+), e costituisce un attrattore se contiene almeno una traiettoria che si av-vicina arbitrariamente a tutti i suoi punti in qualche istante di tempo.Tutto quanto detto fino ad ora può essere ripetuto invertendo la freccia del tempo e definendo quindi gliinsiemi limite Ω– e trattando, di fatto, le situazioni non stabili.

3. Classificazione degli insiemi limite – 1. i punti di equilibrio – regime costanteI punti di equilibrio rappresentano il comportamento di regime più semplice e intuitivo. Sono tutti i puntidello spazio di stato dove si annulla il campo vettoriale definito dalla (1), cioè le soluzioni di F (x) = 0 o,equivalentemente, i punti per cui si ha φt (x0) = x0, ∀t.I sistemi nonlineari possono ovviamente avere più di un punto di equilibrio, si pensi per esempio ai sin-goli bit delle memorie dei calcolatori: questi circuiti sono generalemente dotati di tre punti di equilibrio,due stabili ed uno instabile. I due stati stabili rappresentano i valori binari 0 e 1, la transizione del bit dimemoria tra i due stati avviene perturbando il circuito in modo da portarne il funzionamento da un baci-no di attrazione all’altro.

4. Classificazione degli insiemi limite – 2. le traiettorie periodiche – regime periodicoGli stati per cui si ha φT (x0) = x0 per qualche valore T > 0 sono detti stati periodici. Anche i punti di equili-brio soddisfano questa condizione, e il regime costante può essere considerato infatti un caso particola-re di quello periodico. Se consideriamo gli stati periodici in senso proprio (quelli che non soddisfano lecondizioni di regime costante), possiamo definire ciclo limite una traiettoria chiusa e isolata del sistema.Tutti gli oscillatori, uno tra i circuiti più diffusi in qualsiasi sistema elettronico, sono caratterizzati proprioda un ciclo limite stabile.Ovviamente se uno stato è periodico di periodo T lo è anche di periodo 2T, 3T... Il piu’ piccolo valore di Tper cui è soddisfatta la condizione di periodicità è chiamato periodo del ciclo limite. Geometricamente,nello spazio di stato, un ciclo limite corrisponde ad una linea chiusa.

5. Classificazione degli insiemi limite – 3. il regime quasiperiodico In alcuni casi le soluzioni di un sistema dinamico possono avere comportamenti più complicati di quel-li visti sopra, se per esempio si ha un sistema dinamico di ordine tre o superiore, è possibile che letraiettorie siano esprimibili come combinazione di due funzioni periodiche di periodo incommensura-bile. In questo caso le traiettorie non saranno propriamente periodiche, ma descriveranno nello spaziodi stato una superficie toroidale.

6. Classificazione degli insiemi limite – 4. il regime caotico e ipercaoticoSe un sistema dinamico autonomo è dotato di un insieme limite attrattivo, ma non sono soddisfatte lecondizioni viste sopra, allora si è in un caso di regime caotico o ipercaotico. Classificare questi tipi di in-siemi limite non è banale. Da un punto di vista sperimentale il comportamento caotico si manifesta inmodo apparentemente simile ad un processo casuale, resta confinato all’interno di un attrattore, e nonmostra nessuna periodicità o quasiperiodicità… però è deterministico.Una risposta quantitativa al problema della classificazione dei comportamenti di regime di un siste-ma dinamico è data dal calcolo degli esponenti di Lyapunov di una traiettoria (o di un insieme ditraiettorie). Gli esponenti di Lyapunov sono in numero equivalente alle dimensioni dello spazio distato del sistema e rappresentano una misura “statistica” della sensitività del sistema alle condizio-ni iniziali.Consideriamo una piccola sfera Sε (x) di condizioni iniziali, usando la notazione introdotta sopra, dopoun tempo t questa sfera di condizioni iniziali sarà stata trasformata dal campo vettoriale del sistema inun ellissoide φt [Sε (x)]. In generale l’ellissoide avrà degli assi principali di lunghezza differente, e, se lasfera iniziale ha diametro 2ε, ci si può ragionevolmente aspettare che tra gli assi principali dell’ellis-soide ce ne siano alcuni di lunghezza maggiore di 2ε, e alcuni di lunghezza inferiore. Se per esempiosiamo nel caso di una traiettoria che converge verso un punto di equilibrio stabile troveremo che l’el-lissoide corrisponde ad una contrazione della sfera iniziale e tutti i suoi assi saranno di lunghezza in-

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feriore a 2ε. Questa operazione viene ripetuta più volte lungo la traiettoria, normalizzando ogni voltagli assi dell’ellissoide e procedendo per piccoli passi temporali. Se la sfera iniziale ha, ad ogni passo,diametro 2ε, calcoliamo per ogni passo p i numeri:

ηjp = log ––––αjp

2εdove con αjp abbiamo indicato il j-esimo asse principale dell’ellissoide al passo p. Definiamo esponenti diLyapunov λj i numeri che otteniamo come valore medio, dopo un tempo sufficientemente lungo, dei valoriηjp e rappresentano il valore medio esponenziale della separazione delle traiettorie lungo il flusso definitodal campo vettoriale. Il metodo qui esposto per il calcolo degli esponenti di Lyapunov non è particolarmen-te efficiente, il calcolo viene abitualmente eseguito utilizzando il sistema variazionale associato al sistemadinamico. Sfruttando le proprietà di ergodicità dei flussi definiti dai sistemi dinamici è poi possibile conver-gere ai valori esatti molto più rapidamente. Per una trattazione più approfondita si rimanda a [3, 8, 14].Nella tabella 1 sono riassunte le varie caratteristiche dei comportamenti possibili in un sistema dinamicoautonomo, in base ai valori degli esponenti di Lyapunov ed alla dimensione geometrica degli insiemi li-mite corrispondenti.La dimensione degli attrattori strani è non intera, si tratta infatti di oggetti frattali, i casi più conosciuti estudiati, i sistemi caotici di dimensione tre, hanno attrattori di dimensione compresa tra due e tre, comenegli esempi mostrati nella figura 5 e nella figura 6.

TABELLA 1 - CLASSIFICAZIONE DEI POSSIBILI COMPORTAMENTI DI UN SISTEMA DINAMICO

Regime Insieme limite Esp. di Lyapunov Dimensione

Costante punto di equilibrio 0 > λ1 ≥ λ2 ≥ ··· ≥ λn 0

Periodico linea chiusa λ1 = 0, 1

0 ≥ λ2 ≥ ··· ≥ λn

Quasiperiodico k-toro λ1 = λ2 = ··· = λk = 0 k

0 ≥ λk+1 ≥ ··· ≥ λn

Caotico frattale λ1 > 0, λ2 = 0 non intera

∑n

j=1 λj < 0

Ipercaotico frattale λ1, λ2,...λk > 0, λk+1 = 0 non intera

∑n

j=k+2 λj < 0

GIANCARLO STORTI GAJANI è Professore Associato di Elettrotecnica presso il Dipartimento di Elettronica e Informa-zione del Politecnico di Milano. Attualmente i suoi campi di interesse riguardano la teoria dei circuiti, lo studiodelle proprietà dei circuiti dinamici nonlineari e la simulazione dei circuiti elettronici. Su questi argomenti èautore o coautore di circa 40 lavori pubblicati su rivista o presentati a congresso.E-mail: [email protected]