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Speriamo di fare cosa gradita mettendo a disposizione di tutti queste brevi, ma intense schede per prepararci e per prendere con8idenza con alcuni dei temi che affronteremo nel corso della Scuola di Formazione per Studenti (SFS) 2013, “La scuola che verrà”, che vivremo insieme dal 19 al 21 Aprile a Fiuggi.
In questa prima tornata di schede, mettiamo a disposizione materiali che speriamo possano stimolare la ri8lessione su temi riguardanti il modo in cui è pensato e vissuto il tempo-‐scuola e, più in generale, il ruolo e il valore dell’istruzione nel nostro Paese. Al termine di ogni sezione potete trovare domande/provocazioni e spunti per dibattiti e attività.
Buona lettura e buona condivisione!Ci vediamo a Fiuggi!
Indice
-‐ Introduzione: “Le s8ide per la scuola che verrà”-‐ Competenze di cittadinanza: un insegnamento che non si può rimandare-‐ Nuove tecnologie, nuove relazioni: come sarà la scuola del futuro?-‐ Studenti ed insegnanti al centro della scuola che verrà-‐ La scuola che verrà nel mondo che verrà
«Se uno sogna da solo, è solo un sogno. Se molti sognano insieme, è l’inizio di una nuova realtà». (Friedensreich Hundertwasser, artista e architetto austriaco)
Come sarà la scuola che verrà? Per provare a rispondere a questa domanda, dobbiamo fare un esercizio. Esercizio di futuro. Pensare al domani delle nostre scuole: leggerle con gli occhiali dell’oggi, proiettarle nel domani con i nostri sogni mescolati alle aspettative più concrete che possiamo provare a captare dallo sviluppo della nostra società. Parlare della scuola che verrà vuol dire sognare a occhi aperti. Signi8ica unire le nostre migliori intenzioni di studenti, e con umiltà metterle al servizio di chi verrà dopo di noi. Ma signi8ica anche possedere uno sguardo lucido, capace di vedere in profondità nell’evoluzione di questo nostro tempo. La scuola non è un breve sogno, qualcosa su cui possiamo proiettare i nostri desideri più audaci sperando che si realizzano dall’oggi al domani. La scuola di domani sarà il risultato di una serie di sviluppi sociali, tecnologici, relazionali che si stanno muovendo già da oggi, e in cui noi, studenti di oggi, dobbiamo inserirci con tutta la nostra vitalità. Leggere i segni di cambiamento, cavalcarli, fare proposte costruttive che possano indirizzare la scuola di domani nel segno della qualità, dell’equità, dell’incontro positivo.
Immaginando la scuola che verrà, abbiamo pensato che dovrà affrontare alcune s8ide. Proviamo a ragionarci sopra insieme, senza la pretesa di avere la verità in tasca. Già è dif8icile fare valutazioni appropriate sul presente, 8iguriamoci sul futuro. Ci sembra però che la scuola di domani non potrà evitare certi punti nodali. Alcuni li sta già affrontando oggi, altri sono forse sottovalutati. Alcune tematiche hanno già ricevuto dei tentativi di risposta, altre sono per ora trascurate. Proviamo a elencarle rapidamente.
La scuola che verrà dovrà essere in grado di fornire agli studenti delle adeguate competenze di cittadinanza. A oggi, marzo 2013, nella nostra Italia avvertiamo un senso di coscienza civica troppo basso. La deriva morale di certa politica è sotto gli occhi di tutti. Alle ultime elezioni il 25% degli aventi diritto si è astenuto, perché ha perso 8iducia nelle istituzioni o forse perché non sa quanto sia importante quel suo singolo voto, quel suo singolo esercizio di discernimento e di informazione per “votare bene”. Se la coscienza civica dell’Italia sembra dispersa, forse è anche colpa di una scuola che si occupa troppo poco della formazione di un pensiero libero e autonomo. Che relega la storia delle nostre istituzioni, le conoscenze di base per essere cittadini nella fantomatica ora di “Cittadinanza e costituzione”, troppo spesso una bella idea dif8icile da realizzare.
La scuola che verrà dovrà essere al passo con l’innovazione tecnologica. Dovrà fornire a tutti gli strumenti migliori per apprendere, ma senza che ciò aumenti le disuguaglianze sociali, anzi le riduca. Ci immaginiamo una scuola di lavagne multimediali e tablet, meno libri negli zaini e più vivacità nell’apprendimento; ma una scuola in cui lo schermo non sostituisca mai il contatto personale, educativo e vitale. Insieme ai nuovi strumenti, la scuola che verrà dovrà anche fare i conti con le nuove metodologie di apprendimento e di relazione che i ragazzi già vivono. Oggi si studia e si vive in modo molto diverso da cinque o dieci anni fa. Le nuove generazioni, quelle di cui anche noi ci sentiamo parte a tutti gli effetti, sperimentano nella loro quotidianità questi cambiamenti. Nel mondo social sarà importante sfruttare le potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione e di connessione tra persone; ma senza perdere quell’educazione all’ascolto, anche alla fatica che l’insegnamento porta con sé.
E allora si capisce facilmente che la scuola che verrà dovrà mettere al centro del proprio progetto i docenti. Ci sarà bisogno di docenti giovani, che sappiano comunicare e vivere come i loro alunni “nativi digitali”; e ci sarà bisogno di corsi e aggiornamenti per non lasciare indietro quei docenti più legati, per formazione e anche per semplice carta d’identità (non è certo una colpa!) a una didattica magari più antica, ma preziosa e da conservare.
Non è 8inita. La scuola che verrà sarà sempre più multiculturale. Dovrà essere in grado di aprirsi, di colmare le differenze, di mettere in dialogo idee e culture profondamente diverse. Ma la scuola che verrà non dovrà solo essere accogliente. Dovrà anche essere aperta, a un Europa e a un mondo che ci sono sempre più vicini. La mobilità dei giovani europei sarà forse uno dei punti salienti nell’evoluzione prossima del nostro continente. E la scuola dovrà saperla interpretare con prontezza.
S8ide cruciali, dunque, attendono la nostra scuola nel futuro. Proviamo a dedicare qualche pensiero a ciascuna di loro, lasciando naturalmente ai singoli circoli di declinare queste s8ide nella loro realtà. Porteremo a Fiuggi gli spunti di ri8lessione che nasceranno in questo mese che manca alla SFS. Li metteremo nel grande cantiere della scuola che verrà, per dare il nostro umile ma appassionato contributo di studenti e di cristiani.
Competenze di cittadinanza: un insegnamento che non si può rimandare.
A partire dall’anno scolastico 2008/2009 è previsto nel primo e nel secondo ciclo di istruzione della scuola italiana l’insegnamento di «competenze relative a “Cittadinanza e Costituzione” nell’ambito delle aree storico-‐geogra8ica e storico-‐sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse» (per approfondire, legge 169/2008). Si speci8ica però che «all’attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e 8inanziarie disponibili». Insomma, un’iniziativa lodevole, ma lasciata troppo largamente alla buona volontà degli insegnanti, oltretutto stretti nella morsa di un monte ore diminuito per portare a compimento i programmi speci8ici delle loro materie. Così che, purtroppo, in molte delle nostre scuole i buoni propositi relativi all’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” restano purtroppo lettera morta.
Il punto della questione è: a che cosa serve la scuola? A fornire delle competenze, a dare un’istruzione che, a seconda delle propensioni di ciascuno, prepari i ragazzi per una carriera lavorativa o per una tappa ulteriore del percorso di studi. Certo. Ma la scuola serve anche a formare gli studenti come cittadini. Lo diceva già don Milani, quando poneva come obiettivo ai suoi studenti di divenire cittadini «sovrani e coscienti» (Lettera ai giudici). E allora la seconda domanda è: la scuola di oggi insegna agli studenti a essere cittadini? Se la risposta, come temiamo, è «No», la terza e ultima domanda è: in che modo la scuola che verrà potrà fornire le competenze di cittadinanza?
Telegra8icamente: valorizzando la partecipazione attiva degli studenti alla vita della comunità scolastica; insegnando davvero le competenze fondamentali di cittadinanza; aiutando gli studenti a formare un proprio pensiero libero da pregiudizi e preconcetti. Oggi si dice che gli organi collegiali siano in crisi, e si riducono gli spazi di rappresentanza studentesca. Ma è proprio in questi luoghi che lo studente può iniziare a prendersi cura della comunità in cui vive. Questo è il primo esercizio di cittadinanza, e di cittadinanza attiva. Un tempo forse le assemblee di classe e d’istituto erano più sentite, i nostri coetanei erano più stimolati dai fermenti sociali a dibattere e interessarsi. Magari oggi i giovani e giovanissimi sono meno idealisti, meno appassionati. Ammesso che sia vero, ciò non cambia il valore profondamente importante dei luoghi di confronto interni alla scuola. E se la scuola aiutasse i ragazzi a valorizzare questi momenti? Se un professore si mettesse a disposizione per partecipare a un’ora di assemblea studentesca, per parlare della Costituzione o della legge elettorale, per ripercorrere qualche passaggio della storia politica italiana, per leggere insieme ai ragazzi qualche articolo di giornale? Non sarebbe un modo per rendere vitale uno spazio prezioso che la scuola offre agli studenti? E la scuola non risponderebbe così al suo compito di essere formatore di cittadini, prima che di professionisti?
Sono discorsi complessi; volendo strutturare delle proposte, avremmo bisogno di un trattato. Ma quello che ci importa è dare degli spunti di ri8lessione, da condividere magari insieme nel cammino verso Fiuggi, e durante la SFS stessa. E allora,
Spunti di ri<lessione e proposte di attività:-‐ La scuola che abitate è maestra di cittadinanza? O dovrà fare dei passi avanti in futuro,
per adempiere a questa sua missione?-‐ Ci sono nelle vostre scuole dei progetti di educazione alla cittadinanza? Vi è capitato di
leggere il giornale in classe, o di approfondire con un professore qualche legge o passo
della Costituzione? Sarebbe bello condividere le esperienze virtuose, che magari si possano far conoscere anche in altre scuole.
-‐ Vi siete mai chiesti che cos’era la scuola per la generazione ad esempio dei nostri genitori? Gli organi collegiali sono stati istituiti con un Decreto del Presidente della Repubblica nel lontano 1974. Sarebbe bello farci raccontare da qualcuno di più esperto che cosa voleva dire fare un’assemblea studentesca in quegli anni; che cosa insomma faceva la scuola per essere maestra di cittadinanza. Perché non parlarne in un incontro con un genitore, un insegnante, un Preside, un ex rappresentante d’istituto…?
Nuove tecnologie, nuove relazioni: come sarà la scuola del futuro?
Per introdurre il tema delle nuove tecnologie a scuola, ci può aiutare un brano tratto da un articolo di Alex Corlazzoli, giornalista e maestro elementare. Corlazzoli scrive, sul sito chefuturo.it, il 30 gennaio 2013: «L’altro giorno nella mia quinta spiegavo il Veneto. Abbiamo parlato della strage del Vajont: è bastato un clic sulla lavagna multimediale per vedere gli occhi aperti e la bocca spalancata nell’ascoltare la storia di Longarone raccontata da Marco Paolini. In quarta elementare ho spiegato l’orchestra musicale. Volevo evitare di far disegnare loro gli strumenti sul quaderno. Avrei voluto portarli a Milano ad ascoltare l’orchestra “Monteverdi” ma per andare nel capoluogo dal mio paesino di campagna servono soldi, bisogna fare i conti con la dif8icoltà dei trasporti. Così ho pensato di mostrare loro il tutto con YouTube, ma senza Adsl tutto diventa più complicato. Mi ha salvato un’applicazione dell’iPad: “Garage Band”. (…) I miei ragazzini, già alla scuola primaria, grazie alle tecnologie hanno più interesse a venire a scuola, ascoltano molto più volentieri una lezione fatta davanti alla L.i.m che la sola voce del maestro. Sanno che la loro fonte del sapere non è solo l’insegnante. La loro concentrazione aumenta quando il maestro è multitasking. Anzi, chi a casa possiede un iPad o un PC è stimolato ad approfondire.». Sono esperienze di un insegnante della scuola primaria, ma quanto si adattano anche alle nostre scuole superiori! È un dato di fatto: le nuove tecnologie modi8icano sia il modo di fare scuola che il modo di stare a scuola. Non è soltanto una questione di strumenti. Sostituire i libri con gli e-‐book o con i tablet non signi8ica solo cambiare supporti per il proprio studio. Tutt’altro. Con le nuove tecnologie cambiano le metodologie di apprendimento; e cambia il modo di relazionarsi tra studenti e docenti.Oggi buona parte degli studenti ha internet in tasca, nel senso che può accedere alla rete tramite il proprio smartphone. La quasi totalità ha un accesso internet a casa. Come ben colto da Corlazzoli, gli studenti hanno quindi la possibilità di accedere a un’enormità di contenuti; molti più di quanti il singolo docente possa darne. Questo cambia ovviamente i rapporti tra professore e studenti. Ad esempio, non è raro che degli studenti contestino un insegnamento del professore dopo aver approfondito su internet quello speci8ico argomento. Le possibilità di informazione mettono in un certo senso sotto pressione i professori, che da tempo non sono più i punti di riferimento indiscutibili nella veicolazione delle conoscenze. Inoltre, proprio perché la rete offre contenuti in8initi facilmente accessibili, gli studenti possono approfondire 8ino alla nausea ciò che gli interessa, tralasciando le conoscenze magari ritenute poco importanti che si imparano a scuola. Studiare una cosa che piace, come nota anche Corlazzoli, è oggi molto più stimolante: si possono fare ricerche in8inite; si possono consultare non solo testi, ma anche audio e 8ilmati; si può condividere in un attimo coi propri amici quanto scoperto. La s8ida per la scuola che verrà, davanti a questo sviluppo, è principalmente di riuscire a valorizzare le nuove tecnologie in modo da trasformare l’interesse in studio costruttivo e utile per il proprio futuro (una cosa è la ricerca per puro piacere; un’altra è apprendere nozioni utili per la propria formazione professionale e di cittadinanza). E questo passa da un approccio scolastico che sappia mixare il buon vecchio insegnamento frontale con una serie di esperienze più partecipative e socializzanti; e da un ruolo del docente che inevitabilmente non può più essere solo quello di chi insegna “dall’alto al basso”, ma che dovrà anche sapersi mettere anche a un livello più “orizzontale”, più vicino agli studenti per valorizzare le loro passioni. Se l’insegnante non è più “la fonte del sapere”, come dice Corlazzoli, allora anche il suo modo di relazionarsi con gli alunni dovrà gioco forza modi8icarsi.
Spunti di ri<lessione e proposte di attività:-‐ Scuola e tecnologia: qual è il rapporto tra le vostre scuole e le nuove tecnologie? Si
incoraggia lo studio multimediale, l’approfondimento tramite internet degli argomenti trattati a lezione, oppure la didattica è più legata al classico libro di testo?
-‐ Un’attività interessante potrebbe essere un punto d’incontro di “studio socializzato”: si decide insieme una tematica, ci si dà del tempo per prepararsi, e poi ciascuno condivide con gli altri qualcosa che ha scoperto, mediante, video, 8il, documenti, o un semplice riassunto delle proprie ricerche. Magari si potrebbe coinvolgere il professore più esperto riguardo all’argomento.
-‐ Per una trattazione più diffusa dell’argomento, rimandiamo anche al faldone Dal calamaio al tablet, uscito all’interno della proposta formativa msacchina di questo anno 2012-‐2013.
Studenti e insegnanti al centro della scuola che verrà.
Insomma, tanto sta cambiando nella scuola di questi anni, e tanto sarà diverso nella scuola che verrà. In tutto questo turbinio di modi8iche tecnologiche e rivoluzioni epocali, proviamo a mettere un punto fermo. Anzi, ne mettiamo due. Proprio lì, al centro della scuola che verrà: è il posto dedicato ai docenti e agli studenti. I professori già in carica dovranno essere accompagnati verso la scuola che verrà. A volte sembra prevalere l’idea, un po’ malsana, che per rinnovare la scuola c’è bisogno di un ricambio pressoché totale all’interno della classe insegnante. Che i nostri docenti siano mediamente anziani è una verità: i dati dicono che l’età media dei professori di scuola superiore italiani si aggira intorno ai 50 anni, contro i 40 abbondanti dei colleghi continentali (da una ricerca della Commissione Europea). Ma evitiamo di cadere nel pregiudizio che solo con un impossibile avvicendamento totale di nuovi e vecchi insegnanti la scuola italiana risolverebbe tutti i suoi mali. La scuola che verrà si costruisce prima di tutto con chi la abita oggi, aiutando gli insegnanti che sono stati formati forse per una “scuola che fu” a misurarsi in modo adeguato con le novità contemporanee. E poi, al centro della scuola che verrà dovranno stare gli studenti: giovani di un mondo ampio, globale, tecnologico e alla ricerca di uno sviluppo più equo e sostenibile.Gli insegnanti della scuola che verrà dovranno senza dubbio aggiornarsi. Di nuovo, non è un dato che si risolve facendo af8idamento solo sul “ricambio generazionale”. Sarà certamente importante che nuovi professori entrino nelle nostre scuole, così da ringiovanire il corpo docente e anche da assicurare stabilità a tanti precari e giovani che per passione e capacità sognano di diventare insegnanti. Ma altrettanto importante sarà prevedere corsi di aggiornamento per gli insegnanti, così che appunto possano ri8lettere su nuove tecnologie, nuovi metodi di apprendimento, nuovi comportamenti e nuove relazioni con i ragazzi di oggi. Lo sappiamo, sono temi delicati questi: coinvolgono direttamente la politica, e gli investimenti che vorremo/potremo fare sul mondo della scuola. Ma senza un’adeguata formazione degli insegnanti, giovani e meno giovani, non potremo entrare con le giuste forze e competenze nella scuola che verrà.Per quanto riguarda gli studenti, ci limitiamo a sottolineare tre tematiche centrali nella scuola che verrà. Innanzitutto, dovrà essere una scuola capace di accogliere chi viene da altri Paesi. E accoglierli come cittadini: è assurdo, lo diciamo da tempo, che chi nasce in Italia, studia in Italia, ha tradizioni e lingua italiane, non debba essere considerato italiano 8ino alla maggiore età perché nato da genitori stranieri. Proprio il fatto di studiare in Italia è anzi la miglior garanzia di cittadinanza. Se la scuola è quell’istituzione che forma la cultura e il senso civico di un Paese, allora chi la frequenta non può che essere parte integrante di quel Paese. In secondo luogo, però, la scuola che verrà dovrà anche saperci aprire verso gli altri Paesi. Lo studio delle lingue è sempre più fondamentale; la promozione di esperienze di studio all’estero può diventare una semplice anteprima di ciò che potrebbe toccare a ciascuno nella sua esperienza lavorativa. Ragionare in termini nazionali, oggi, è una restrizione: il nostro scenario è l’Europa, che dovrà crescere per unità e armonia, pur sempre salvaguardando le diverse ricchezze di ognuna delle culture che la compongono. E in una società sempre più europea, per non dire globale, anche la scuola dovrà saper ragionare in termini di formazione aperta e spendibile in tutto il mondo. In8ine, la terza attenzione della scuola che verrà dovrà riguardare il digital divide. Spesso in queste pagine abbiamo parlato di novità tecnologiche; eppure forse ci dimentichiamo che non tutti sono in possesso degli strumenti più all’avanguardia. La scuola
che verrà non dovrà essere elitaria, esclusiva; dovrà saper dare a tutti la possibilità di un apprendimento 2.0, facendosi carico degli ultimi e curando che nessuno resti indietro.Spunti di ri<lessione e proposte di attività:
-‐ Studenti al centro della scuola che verrà. Ma oggi, da studenti, ci sentiamo “al centro” della scuola? O forse al centro c’è qualcos’altro (i programmi da portare a termine, le valutazioni troppo soggettive, le esigenze economiche dell’Italia…)? Sarebbe bello condividere qualche impressione, e magari raccogliere delle considerazioni su come far sì che gli studenti siano “al centro” della nostra scuola. Potremmo poi condividerle insieme, a Fiuggi.
-‐ Anche questo argomento, la centralità di studenti e docenti nella scuola di oggi e di domani, si presta a un paragone col passato: soprattutto coi professori si potrebbe intavolare un discorso, capire anche da parte loro se si sentono “al centro” di questa scuola, e perché.
-‐ Per quanto riguarda l’accoglienza, rimandiamo anche al faldone dell’Ofm 2012 “Nessuno escluso”.
-‐ Scuola e prospettive estere: avete mai pensato a un futuro lontano dall’Italia? Credete che la vostra preparazione, linguistica e professionale, sarebbe adeguata? Sarebbe bello fare qualche esperimento. Ad esempio, oggi molti ragazzi imparano l’inglese più grazie a canzoni e 8ilm che tra i banchi. Ci si può ragionare sopra, magari coinvolgendo qualche professore di lingua?
La scuola che verrà nel mondo che verrà.
E in8ine, certo, la scuola che verrà dovrà fare i conti con il mondo che verrà. Come sarà il mondo che verrà? Ancora una volta, non vogliamo fare un fantasioso esercizio di predizione del futuro. Ci preme però sottolineare qualche possibile scenario. Come per la scuola, occorre ri8lettere sul mondo attuale, capire quali punti critici si dovranno prima o poi affrontare, provare a intuire quali soluzioni dovremo adottare per vivere in un mondo che ci auguriamo sempre più giusto e più vivibile, per ogni essere umano.Di nuovo, affrontiamo un tema ben più grande di noi. Ci permettiamo qui solo alcune pennellate, che ogni circolo potrà approfondire nel tempo 8ino alla SFS, e che poi gli illustri ospiti di Fiuggi ci aiuteranno a colorare con la loro competenza. Innanzitutto, viviamo in un mondo che non è equo. Una parte ristretta della popolazione mondiale gode della maggioranza della ricchezza, mentre un numero altissimo di uomini vive al di sotto della soglia di povertà. La distribuzione iniqua della ricchezza è un problema che, da cristiani, non può che toccarci da vicino: se tutti gli uomini sono fratelli, perché chi nasce in una zona del pianeta deve essere più o meno avvantaggiato di altri? In secondo luogo, viviamo in un mondo povero dal punto di vista relazionale. Questo è forse un problema che avvertiamo soprattutto come cittadini della società occidentale, quella in cui “il tempo è denaro”, e sempre più si rischia di giudicare una persona per quello che produce, e non per quello che è: un essere umano singolo e irripetibile, prezioso come un capolavoro agli occhi di Dio. In8ine, terzo e ultimo appunto, viviamo in un mondo insostenibile: nel senso che gli attuali ritmi di sviluppo e di sfruttamento delle risorse non saranno sostenibili ancora a lungo. Già diverse calamità hanno portato all’uomo il conto dei suoi eccessi. Perché l’uomo abbia un futuro, bisognerà darsi anche delle regole che proteggano l’ambiente in cui viviamo.Nel mondo che verrà, dunque, vediamo la necessità di risolvere vari ordini di problemi. Molto schematicamente, possiamo riassumere così: problemi di tipo economico-‐sociale; problemi di tipo relazionale; problemi di tipo ambientale. Ecco perché alla SFS di Fiuggi vorremo parlare di nuovi stili di vita: se l’economia, le relazioni, l’ambiente sono messi in pericolo nel mondo attuale, allora il modo di abitare il nostro mondo va rivisto. Nel mondo che verrà dovremo vivere con stili nuovi, che ci aiutino ad affrontare le s8ide grandi che la nostra generazione, una volta cresciuta, si troverà ad affrontare. Anche di questo parleremo a Fiuggi; e cercheremo di capire come la scuola possa intercettare questo bisogno di nuovi stili di vita. Ora è il momento perché questa discussione abbia inizio nei circoli. A Fiuggi proveremo a respirare a pieni polmoni aria di futuro, sogni di equità, di solidarietà, di giustizia. Che dire, non ci resta che invitarvi tutti alla SFS. La scuola che verrà si costruisce già da oggi…perché in fondo, come cantavano gli Artisti uniti per l’Abruzzo, domani è già qui!