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LA SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE (PAS): FATTORI EZIOLOGICI, CRITERI DI IDENTIFICAZIONE E PROPOSTE DI INTERVENTO – (PARTE II) Annalisa Ritucci* - Vincenzo Orsi** - Ignazio Grattagliano*** key words: Sindrome di Alienazione Genitoriale, campagna di denigrazione, abuso emotivo 8. I CONTESTI DELLA PAS: SISTEMI FAMILIARI ED EXTRAFAMILIARI Giorgi (2001) ritiene possibile distinguere due principali livelli conte- stuali della Sindrome di Alienazione Genitoriale: un contesto primario ed un contesto esteso di attuazione e manifestazione della PAS. Il primo livello (Fig. 2) fa riferimento alla specifica dinamica del processo di alienazione e ai suoi tre protagonisti (genitore alienante, genitore alienato, minore); il secon- do livello (Fig. 3) si riferisce, invece, alle molteplici connessioni esistenti tra il sistema familiare ed altri sistemi, ovvero tutte quelle terze persone che pos- sono rivestire un ruolo rilevante nell’attenuare o accrescere le conseguenze della PAS su più piani (familiare, extrafamiliare, dell’intervento legale, socio- sanitario, ecc.). Alcuni autori (Lodge, 1998; Waldron, Joanis, 1996) concepiscono la PAS come espressione di un sistema familiare disfunzionale, evidenziando che tale sindrome non può e non deve essere considerata solo come l’effetto di un “lavoro”, conscio o meno, relativo al solo genitore alienate, bensì come: una dinamica familiare in cui tutti i membri della famiglia ‘giocano’ un ruolo, hanno ed esprimono le proprie motivazioni per resistere al cambiamento(Waldron, Joanis, 1996). Jura Medica - N. 3 - 2008, Anno XXI 367 * Dottoressa in Psicologia Clinica dello Sviluppo e delle Relazioni. ** Università di Foggia, Facoltà di Medicina e Chirurgia. *** Sez. Criminologia Clinica e Psichiatria Forense, Fac. Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Bari.

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Page 1: LA SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE (PAS): FATTORI ... canismo su cui si fonda la PAS (Gardner, 2002a). Inoltre l’intervento degli av- Inoltre l’intervento degli av- vocati

LA SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE (PAS): FATTORI EZIOLOGICI,CRITERI DI IDENTIFICAZIONE E PROPOSTE DI INTERVENTO – (PARTE II)

Annalisa Ritucci* - Vincenzo Orsi** - Ignazio Grattagliano***

key words: Sindrome di Alienazione Genitoriale, campagna di denigrazione,abuso emotivo

8. I CONTESTI DELLA PAS: SISTEMI FAMILIARI ED EXTRAFAMILIARI

Giorgi (2001) ritiene possibile distinguere due principali livelli conte-

stuali della Sindrome di Alienazione Genitoriale: un contesto primario edun contesto esteso di attuazione e manifestazione della PAS. Il primo livello(Fig. 2) fa riferimento alla specifica dinamica del processo di alienazione e aisuoi tre protagonisti (genitore alienante, genitore alienato, minore); il secon-do livello (Fig. 3) si riferisce, invece, alle molteplici connessioni esistenti tra ilsistema familiare ed altri sistemi, ovvero tutte quelle terze persone che pos-sono rivestire un ruolo rilevante nell’attenuare o accrescere le conseguenzedella PAS su più piani (familiare, extrafamiliare, dell’intervento legale, socio-sanitario, ecc.).

Alcuni autori (Lodge, 1998; Waldron, Joanis, 1996) concepiscono la PAScome espressione di un sistema familiare disfunzionale, evidenziando chetale sindrome non può e non deve essere considerata solo come l’effetto di un“lavoro”, conscio o meno, relativo al solo genitore alienate, bensì come:

“una dinamica familiare in cui tutti i membri della famiglia ‘giocano’ unruolo, hanno ed esprimono le proprie motivazioni per resistere al cambiamento”(Waldron, Joanis, 1996).

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*Dottoressa in Psicologia Clinica dello Sviluppo e delle Relazioni.

**Università di Foggia, Facoltà di Medicina e Chirurgia.

***Sez. Criminologia Clinica e Psichiatria Forense, Fac. Medicina e Chirurgia, Università

degli Studi di Bari.

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In linea con tale concezione Ward (1996) sostiene la necessità di un ap-

proccio sistemico al fenomeno PAS. L’Autore definisce “divorce impasse

system” il sistema di relazioni che si realizzerebbe a seguito della situazionedi stallo creata dagli eventi “separazione” e “divorzio”, che possono indurreall’interno del nucleo familiare modificazioni, graduali o forzate, di ruoli,confini e dinamiche. È importante, dunque, articolare l’analisi su più livelli:

1. un livello definibile interno, proprio del singolo individuo;2. un livello definibile interazionale, proprio del contesto primario familiare

(livello “intrafamiliare”, riferito alle relazioni tra i membri della famiglia);3. un livello definibile esterno, esteso a tutti i sistemi interagenti con il si-

stema familiare.

“Una impasse a qualunque di questi livelli provoca una reazione dell’intero si-stema e le modalità di risposta di ciascun membro di ogni sistema coinvolto pos-sono influenzare tutti gli altri membri, in particolar modo il minore […] Comemembro del sistema familiare, il bambino è ‘attaccato’ legalmente, emozionalmen-te e psicologicamente da ciascuno dei suoi genitori. In qualità di ‘membro’ del ‘di-vorce impasse system’, al minore viene richiesto di allinearsi necessariamente conuno o con l’altro e di mantenere tale alleanza leale ed esclusiva” (Ward, 1996).

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Figura 2. Il contesto primario della Sindrome di Alienazione Genitoriale

(fonte: Giorgi, 2001)

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Accanto alla collusione familiare, nella quale ogni membro della “tria-de” ricopre un ruolo che ben si intreccia con quello degli altri in modo da rin-forzare e perpetuare modalità relazionali disadattive, Malagoli Togliatti eFranci (2005) evidenziano la coesistenza di una collusione extrafamiliare

che vede coinvolti diversi sistemi: le famiglie di origine di entrambi i genitori,i parenti, gli amici, il nuovo partner. Il genitore alienante è una persona anco-ra fortemente invischiata con la propria famiglia, da cui si sente fortementedipendente; la dipendenza è chiaramente reciproca, per cui la famiglia di ori-gine appoggerà le scelte e le convinzioni di un figlio che vive il dolore dellaseparazione e, ove presente, del tradimento. Allo stesso modo la famiglia diorigine del genitore alienato si sentirà solidale col proprio figlio nel modo divivere l’allontanamento e la denigrazione.

Anche Gulotta (1998) sottolinea che un ruolo importante nell’attenuare oaccrescere le conseguenze della PAS è rivestito dalle terze persone che, oltrealla famiglia, entrano a far parte della disputa per l’affidamento dei figli. Do-po la separazione, si assiste spesso alla creazione di vere e proprie alleanze diamici e parenti dell’ex-coppia con uno dei due membri: costoro, ascoltando la“versione” della storia matrimoniale di una sola parte, tendono a perdere la

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Figura 3. Il conteso esteso della Sindrome di Alienazione Genitoriale

(fonte: Giorgi, 2001)

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visione obiettiva dei fatti. Se, per un verso, tale situazione è normale e i nuovi“alleati” hanno spesso la funzione di supportare affettivamente l’ex-partnernel difficile momento che segue la separazione, esiste, tuttavia, il rischio cheessi possano rappresentare un fattore facilitante l’instaurarsi della PAS, poi-ché in alcuni casi collaborano, più o meno inconsapevolmente, a sostenere lemanovre del genitore alienante.

Un ruolo di particolare rilevanza nelle dinamiche relazionali che si instau-rano dopo l’evento separativo è sicuramente quello rivestito dai nuovi

partner: essi possono generare e alimentare il conflitto fra ex-coniugi facendopressioni per ottenere concessioni in merito alle visite dei figliastri o al loro af-fidamento e possono, dunque, fungere da suo catalizzatore fino a spingere l’al-tro ad alienare il figlio dall’ex-partner e, in casi estremi, ad indurlo a sostenerefalse accuse di maltrattamenti o di abuso sessuale. Più spesso, un fattore indi-retto connesso ai nuovi partner che favorisce l’instaurarsi della PAS è quellorelativo alle differenze culturali, sociali e religiose con l’altro genitore, che puòfungere da ulteriore motivo di allontanamento del figlio (Gulotta, 1998).

Malagoli Togliatti e Franci (2005) ricordano, inoltre, il ruolo del sistema

legale nel mantenimento e nella cronicizzazione della PAS, sottolineandoche, proprio per la dinamica di antagonismi su cui è fondato, tale sistemapuò perpetrare la filosofia del “vincitore e del vinto”, colludendo con il mec-canismo su cui si fonda la PAS (Gardner, 2002a). Inoltre l’intervento degli av-vocati e dei Giudici può contribuire ad una esasperazione del conflitto, dere-sponsabilizzando i genitori che spesso delegano al Tribunale il proprio poteredecisionale genitoriale o strumentalizzano l’intervento del Giudice al fine diimporre la propria volontà. Salluzzo (2006) ritiene opportuno sottolinearenon solo la palese inadeguatezza, ma addirittura la pericolosità del contestogiudiziario nel trattare la conflittualità familiare, tanto che, a suo avviso, laPAS potrebbe configurarsi come una “patologia iurigena” (Salluzzo, 2004).L’Autore evidenzia, inoltre, quanto sia difficile per chiunque (inclusi gli psico-terapeuti) rimanere neutrale nelle dispute sull’affidamento ed evitare di cade-re in “agiti difensivi”.

Gulotta (1998), a tal proposito, invita a non dimenticare il ruolo che pos-sono rivestire i professionisti della salute mentale nelle dinamiche conflittua-li tra genitori separati e nell’eventuale instaurarsi della PAS. In veste di espertichiamati ad esprimere valutazioni con valenza giuridica, essi dovrebbero in-nanzitutto essere pienamente consapevoli delle conseguenze deleterie derivan-ti da una cattiva gestione del ruolo che rivestono nel conflitto genitoriale.

“È dunque necessario che si facciano carico, anche quando ufficialmente diparte, dell’intera situazione familiare, considerando la disputa genitoriale noncome un gioco “a somma zero” in cui uno vince e l’altro perde, ma come oppor-

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tunità per tutti per far valere i propri interessi. Se ciò rientra di diritto nel ruolodel C.T.U., anche i consulenti di parte dovrebbero tenere presente che l’interesseprimario è quello del minore, che non può certo essere diverso da quello dei ge-nitori seppur questi non se ne rendono talvolta conto; nel caso sospetti la pre-senza di una PAS, il consulente del genitore alienante dovrebbe astenersi dalsupportare le sue richieste e aiutarlo, invece, a comprendere che, continuando amettere il figlio contro l’altro genitore, non lo sta tutelando ma, al contrario, losta danneggiando psicologicamente” (Gulotta, 1998).

Tra i professionisti della salute mentale, merita specifica attenzione ilruolo dello psicoterapeuta dei figli, che può diventare parte del sistema chealimenta la PAS, in particolare quando le uniche persone con cui effettua icolloqui sono il genitore alienante ed il figlio. Nei fatti il genitore che sceglielo psicoterapeuta per il figlio, lo accompagna per la seduta e si fa carico delpagamento, è nella posizione di influenzare lo psicoterapeuta in merito alsuo ruolo, agli obiettivi della terapia ed all’eventuale partecipazione di terzi.In tale situazione, inoltre, lo psicoterapeuta si trova a svolgere la terapia sullabase di informazioni incomplete o false, e ciò può rinforzare in lui l’idea cheil bambino debba essere “salvato” dal genitore “cattivo”, che è, in realtà, ilbersaglio dell’alienazione genitoriale.

Malagoli Togliatti e Franci (2005) ricordano, infine, il rischio, per i pro-fessionisti della salute mentale chiamati a valutare la situazione, di colluderecon le richieste del genitore alienante e del figlio indottrinato, credendo alleloro dichiarazioni senza effettuare un’indagine più approfondita e valutarecosa rappresenti davvero il preminente interesse del minore.

“Per questo motivo da parte dei professionisti deputati a valutare queste si-tuazioni sono necessari una conoscenza approfondita della materia ed un ag-giornamento continuo sulla letteratura internazionale. La valutazione deve esse-re, inoltre, effettuata caso per caso ed affidata a persone che abbiano una speci-fica competenza professionale in materia. Ciò potrà servire ad evitare pericolosegeneralizzazioni e l’innescarsi di conflitti ulteriori rispetto a quelli già normal-mente presenti nell’ambito dell’affidamento dei figli, l’interesse dei quali – è benericordarlo – deve essere punto di partenza e di arrivo di qualsiasi intervento psi-cologico e di ogni decisione giudiziaria” (Gulotta, 1998).

9. GLI EFFETTI DELLA PAS SUI FIGLI

La PAS costituisce una forma di “abuso emotivo” (Gardner, 1998b,1999a) che si sostanzia nell’esposizione continuata dei figli all’opera di pro-grammazione del genitore indottrinante, il quale trasmette loro, oltre al suo

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odio patologico, un vissuto di minaccia incombente legato ai “pericolosi” ten-tativi di avvicinamento da parte dell’altro genitore. Come evidenziato da Bur-gess, Hartman e McCormack (1987), la ripetuta esposizione ad esperienze diabuso in età evolutiva può determinare l’attivazione di alcuni meccanismi di-fensivi propri della patologia borderline: onnipotenza, svalutazione e dissocia-zione. Salluzzo (2006) ricorda che nei casi di abuso è frequenze l’adozionedel meccanismo del diniego, ovvero la negazione della propria vulnerabilità;solo in seguito si attiverebbe quello dell’identificazione con l’aggressore, attra-verso il quale i minori possono percepire un sentimento di onnipotenza e dipotere sull’altro, che viene, quindi, svalutato ed oggettivizzato. Ai soggetti co-involti in abusi occorre, inoltre, un alto livello di dissociazione per impedirel’emergere di sentimenti di identificazione con il soggetto aggredito e di dolo-re e colpa.

Gardner e altri autori (Gulotta, 1998; Darnall, 1997, 1998a, 1998b; Major,1999a, 1999b) tendono a distinguere effetti a breve e a lungo termine sul mi-nore: tali effetti possono dipendere non solo da variabili quali le tecniche diprogramming utilizzate, la loro intensità e durata, l’età del figlio, la possibilitàdi intrattenere sane relazioni extrafamiliari non allineate né invischiate, ma,soprattutto, dalla valenza, dal livello di significatività e dalla considerazionedella situazione da parte dello stesso minore. In generale, tra gli effetti osser-vati e riportati si evidenziano:

4 aggressività;4 scarso controllo e tendenza all’acting-out;4 comportamento ostile generalizzato verso amici, parenti e colleghi del

genitore bersaglio;4 disorientamento, confusione emotiva e intellettiva;4 disordini alimentari, del sonno, dell’attenzione e psicosomatici in ge-

nerale;4 alto livello di dipendenza emotiva, passività e bassa autonomia;4 bassa autostima, tendenza alla depressione e alla regressione;4 disturbi psicosomatici;4 disturbi dell’identità, tendenza a sviluppare problemi sessuali, di identità

di genere, relazionali, emotivi;4 difficoltà di decentramento cognitivo, eccesso di razionalizzazione;4 futuro carattere manipolatorio e/o materialistico;4 comportamenti autodistruttivi e/o ossessivo-compulsivi;4 tossicodipendenza e alcoldipendenza;4 egocentrismo, narcisismo e Falso Sé;4 problemi scolastici;4 presenza di sindromi di tipo psichiatrico nei casi di severe PAS.

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Gardner (1998b, 2001a), in particolare, elenca un ventaglio di altera-

zioni psicopatologiche che possono colpire i figli e che vanno dalla man-canza di rispetto per le autorità, al narcisismo, all’indebolimento delle ca-pacità empatiche, fino a giungere alla compromissione dell’esame di realtàe alla paranoia. Sia per i genitori alienanti che per i figli possono diagnosti-carsi (Gardner, 2001a) il Disturbo Psicotico Condiviso (folie à deux) o il Pro-blema Relazionale Genitore-Bambino. Mentre per il genitore alienante, sonoriscontrabili il Disturbo Delirante (in particolare il Tipo di Persecuzione) oi Disturbi di Personalità Paranoide, Narcistico e Borderline, per i figli, in-vece, sono riscontrabili i Disturbi della Condotta o d’Ansia di Separazioneo Dissociativo NAS o, ancora, tutti i tipi di Disturbi dell’Adattamento(A.P.A., 2001).

Waldron e Joanis (1996) sostengono che uno degli effetti più devastantiper i minori coinvolti nella sindrome è rappresentato dall’apprendere checomportamenti ostili e veicolati dall’odio e dalla vendetta sono “accettabili”nelle relazioni interpersonali e, di conseguenza, che l’inganno e la manipo-lazione costituiscono “modalità normative” all’interno di una relazione eparti integrati della stessa. A motivo di tale esperienza esiste, di fatto, unacerta probabilità che i figli alienati diventino a loro volta genitori alienantio abusanti, oppure manifestino, nei prodromi dell’età adulta, le stesse ca-ratteristiche psicopatologiche del genitore alienante, specie se la sindromeha raggiunto il livello più grave; la netta dicotomia tra “bene” e “male”, ilpervasivo disorientamento affettivo e cognitivo e la forte discrepanza tra“realtà” e “programma”, perdurando in adolescenza e stabilizzandosi in etàadulta, possono determinare disarmonie e squilibri in diversi ambiti dellosviluppo.

Buzzi (1997) osserva che i PAS children possono essere irrispettosi, noncollaboranti, ostili, maleducati, ricattatori e ricattabili; possono, inoltre, faredella manipolazione un abituale strumento di gestione delle relazionali inter-personali. L’Autrice sottolinea, inoltre, la frequente presenza in questi ragazzidi disturbi dell’identità (in particolare della sfera sessuale) e la loro maggiorevulnerabilità alle perdite e ai cambiamenti; spesso regrediscono a livello mo-rale e continuano a ragionare, anche oltre l’adolescenza, in termini di assolu-ta dicotomia tra “bene” e “male”.

“Le regressioni possono essere presenti anche in altri ambiti di sviluppo, inquanto il processo psicologico in atto è molto costoso, tanto da determinareun’ampia confusione cognitiva, una dissonanza ingestibile tra realtà e program-ma e la creazione di figure genitoriali immaginarie a sostituzione del genitoreperduto. Sono, tuttavia, solo i figli più dipendenti ad essere vulnerabili alla pro-grammazione, così come quelli con bassa autostima, quelli che si sentono col-

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pevoli per qualcosa che pensano di aver fatto, quelli che già avevano problemiemotivi o psicologici al momento delta separazione” (Buzzi, 1997).

10. LINEE DI INTERVENTO AL CONFINE TRA PSICOLOGIA E GIUSTIZIA

• La proposta di R. Gardner: l’Intervento Terapeutico Cooperativo

Secondo Gardner (1991a, 1992a, 2001a, 2001b) è indispensabile che gli in-terventi finalizzati alla ricostruzione del legame tra minore e genitore alienatoe al contenimento degli effetti della Sindrome di Alienazione Genitoriale sianorealizzati in stretta collaborazione tra professionisti del settore legale e di quel-lo socio-sanitario (Intervento Terapeutico Cooperativo, Tab. IV); l’Autore riba-disce, infatti, più volte il concetto della necessità di un lavoro sinergico dal mo-mento che “nessuna delle due discipline, giuridica e psicologica, può efficacemen-te e significativamente intervenire sulla situazione in maniera autonoma” (Gard-ner, 2001b). Se da un lato, dunque, i professionisti del settore sociosanitario ne-cessitano del consenso istituzionale dei Tribunali per svolgere il proprio lavoro,dall’altro le figure professionali operanti in campo giuridico necessitano di unadeguato e qualificato supporto diagnostico-valutativo e terapeutico per inter-venire sui casi di PAS (Byrne, Maloney, 1993; Gardner, 2001a).

Gli interventi integrati legali e psicoterapeutici dovrebbero essere attuatie valutati in riferimento al livello della sindrome osservato (lieve, medio ograve), tenendo conto, quindi, del grado di psicopatologia del genitore alie-nante (Gardner, 1999b; Lund, 1995).

Per il livello lieve non sono richieste particolari modalità di intervento: èsolitamente sufficiente che il tribunale confermi l’affidamento del bambino algenitore alienante, con l’auspicio che in tale situazione l’alienatore, sentendo-si rassicurato nel suo ruolo di custode primario, possa attenuare il livello diprogrammazione del bambino, permettendo così un alleviarsi della sintoma-tologia PAS senza alcun ulteriore intervento psicoterapeutico o legale. Alcuniautori sostengono l’importanza di interventi di tipo informativo e preventivoper le coppie già a partire da questo livello, soprattutto per quanto concerneil rapporto con il minore e gli effetti su quest’ultimo di una prolungata situa-zione familiare conflittuale (Ward, 1996). La sensibilizzazione degli espertidel settore appare, inoltre, fondamentale onde evitare di cadere in pericolosierrori di valutazione ed improprie e fallimentari forme di gestione della si-tuazione (Gardner, 2000).

Per il livello medio Gardner (1985, 1987, 1991b, 1999b) propone due pia-ni di intervento: l’adozione dell’uno o dell’altro avverrà in base alla presumi-bile tenacia con cui l’alienatore proseguirà nella sua opera di programmazio-ne e alla gravità della sintomatologia PAS nel bambino.

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Tabella IV. L’Intervento Terapeutico Cooperativo (fonte: Giorgi, 2001)

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Grado della Sindrome

Lieve Moderato Grave

Il Tribunale ordina PIANO A 1) Il Tribunale ordinache l’affidamento sia che l’affidamentolasciato al genitore 1. Il Tribunale ordina che sia trasferitoalienante l’affidamento sia lasciato al genitore

al genitore alienante. alienato

2. Designa un terapeuta 2) Il Tribunale ordina il formato sulla PAS. posizionamento del

minore in un sito 3. Sanzioni previste: di transizione a) deposito di una cauzione (Transitional Siteb) sanzioni pecuniarie Program)c) lavori socialmente utilid) libertà vigilatae) arresti domiciliarif) arresto in carcere

Approccio legale PIANO B

1. Il Tribunale ordina chel’affidamento sia trasferitoal genitore alienato.

2. Designa un terapeutaformato sulla PAS.

3. Drastiche restrizionidelle visitations da partedel genitore alienante;può essere richiesta unasupervisione durantegli incontri per prevenireil programming.

Normalmente non Piani A e B Monitoraggio del necessario Transitional Site

Approccio Trattamento terapeutico Program da partepsicoterapeutico ad hoc condotto da un del terapeuta

esperto in terapia designato dalfamiliare o relazionale Tribunalee formato sulla PAS

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Il primo intervento congiunto istituzionale (Tab.IV, piano A) prevede cheil tribunale confermi l’affidamento al genitore alienante e designi un terapeu-ta esperto di PAS che interagisca con l’alienatore e il bambino, effettui il mo-nitoraggio degli incontri, utilizzi il suo studio come luogo di passaggio e rife-risca al tribunale ogni eventuale inconveniente nell’attuazione del program-ma delle visite. È prevista, inoltre, la messa in atto di sanzioni per il mancatorispetto del piano istituzionale, nel caso in cui, cioè, i genitori alienanti ten-dessero a non collaborare o a manifestare ostruzionismo e aperta opposizio-ne al programma stesso. Qualora, invece, il processo di alienazione costitui-sca l’esclusivo modus vivendi del sistema familiare e si ritenga possibile unaprogressione della PAS al grado grave, è opportuno optare per un piano alter-nativo di intervento (Tab. IV, piano B), disponendo il trasferimento dell’affi-damento al genitore alienato, l’avvio di un programma psicoterapeutico spe-cifico per la PAS e, se necessario, l’attivazione del Transitional Site Program.

Nei casi di PAS moderata la terapia riveste una connotazione particolare:non deve essere, infatti, mirata all’incremento dell’insight genitoriale rispettoalla situazione ma all’organizzazione e alla ristrutturazione delle visitations.L’intervento terapeutico, inoltre, dovrebbe sostenere il genitore non-affidata-rio nella gestione della relazione con il figlio attraverso specifiche tecniche dicomunicazione (ad es. il contenimento del rifiuto del minore), nonché mirarealla deprogrammazione del minore stesso e a “sfatare” le tecniche overt e co-vert di alienazione del genitore affidatario (Gardner, 1999b, 2000, 2001a,2001b), mirando alla costruzione e al mantenimento in quest’ultimo di unaidentità esterna al conflitto ed alternativa al centralizzato ruolo genitoriale(Lund, 1995).

Nella PAS di grado grave, poiché i minori hanno ormai instaurato unarelazione di folie à deux con l’alienatore e condividono le sue fantasie para-noidi circa il genitore alienato, è necessario adottare misure più severe se sivuole avere una qualche speranza di alleviare la sintomatologia del bambino.In questi casi Gardner (1985, 1987, 1992b, 1998a, 2001a) suggerisce di attua-re il cambio di residenza del minore e il trasferimento dell’affidamento al ge-nitore alienato (change in custody o changement de garde): questa soluzio-ne può assumere carattere univoco e definitivo in base al comportamento delgenitore alienante, in funzione, cioè, della sua sostanziale volontà o capacitàdi aderire e collaborare con il programma istituzionale e di sottoporsi ad untrattamento psicoterapeutico ad hoc.

Al fine di evitare gli aspetti di criticità legati all’immediato trasferimentodel bambino dall’abitazione dell’alienatore a quella del genitore alienato è op-portuno che la transizione verso il genitore non affidatario in tali casi sia at-tuata attraverso un processo graduale: Gardner chiama tale procedura Trans-

itional Site Program e la articola in tre livelli e in sei fasi principali (Gardner,

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1998a, 2001b). Tale programma mira a rendere il minore più “cooperativo” edovrebbe essere avviato, monitorato e valutato sia dal Tribunale che dai pro-fessionisti sociosanitari; esso coinvolge, in qualità di luoghi neutri di transizio-ne, non solo le residenze di parenti ed amici “non allineati” con i quali il mino-re abbia sempre avuto una relazione sana e positiva (Amato, Rezac, 1994) maanche istituti per minori o, nei casi più gravi, dipartimenti di salute mentaleper soggetti in età evolutiva.

In un articolo pubblicato nel 2001, Gardner ha descritto 99 casi in cui èstato direttamente coinvolto come professionista e ha suggerito alla Corte,per ciascuno di essi, il cambiamento di affidamento primario: la sua propostaè stata accettata in 77 casi (il 78% circa). Nei casi in cui le Corti non hannoné attuato il cambiamento di affidamento proposto, né ridotto, neanche inminima parte, la possibilità di contatto tra il minore e il genitore alienante,l’Autore ha rilevato, attraverso interviste di follow-up, un evidente consolida-mento delle manifestazioni e degli effetti della PAS.

Le ipotesi di intervento formulate da Gardner hanno suscitato non pochecritiche. Stahl (1999) mette in discussione la validità di una soluzione quale ilcambiamento di affidamento, ritenendo che possa essere funzionale al solocontenimento delle manifestazioni della sindrome e non, in realtà, al miglio-re interesse per il minore:

“quando un bambino possiede un forte attaccamento, anche se non parti-colarmente salutare, con il genitore alienante, un brusco cambiamento potrebbeessere ugualmente pericoloso a livello emotivo”.

Mentre Palmer (1988) e Cartwright (1993) hanno sostenuto l’importanzadi attuare “energici decreti” per contrastare la potenza del processo di aliena-zione e Turkat (1994) ha supportato l’ipotesi di Gardner ribadendo la necessi-tà di attuare la soluzione del cambio d’affido nei casi gravi di alienazione, al-tri autori sono, invece, favorevoli all’adozione di un atteggiamento più cauto,specie in presenza delle famiglie che presentano un livello di PAS grave. Wal-dron e Joanis (1996), ad esempio, pur sostenendo la necessità della collabora-zione tra professionisti del settore legale e di quello sociosanitario, evidenzia-no l’opportunità di un “approccio specie-specifico” con le famiglie e la sostan-ziale inefficacia di un metodo univoco (da loro definito sostanzialmente“sbrigativo”) quale, appunto, il “change in custody”. Anche molti professioni-sti del settore legale nutrono forti perplessità in merito a tale ipotesi: la consi-derano, infatti, una soluzione estrema e potenzialmente pericolosa, ribaden-do, inoltre, la fondamentale mancanza dello status di “objective standard” del-la stessa PAS e di un suo unanime riconoscimento all’interno della comunitàscientifica (Stahl, 1999). Il dibattito, tuttavia, è ancora aperto e i modelli diintervento proposti ancora in fase ampiamente sperimentale.

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• Il ruolo dei professionisti negli interventi sui casi di PAS

Tra le numerose rilevanti questioni sollevate dall’opera di Gardner parti-colare importanza riveste quella relativa al ruolo dei professionisti che a va-rio titolo intervengono nelle dispute per l’affidamento dei figli: giudici, avvo-cati, periti, consulenti di parte, psicoterapeuti, mediatori, educatori, operato-ri del sociale. Accanto, infatti, alla possibilità di svolgere un lavoro proficuoin ciascun caso familiare, esiste il rischio che i professionisti colludano con ledinamiche conflittuali del “divorce impasse system” (Ward, 1996) e finiscanocon il polarizzarsi all’interno del sistema esteso (Fig. 3), divenendo a loro vol-ta divisi e litigiosi e, soprattutto,

“dimostrando ai minori l’inadeguatezza e l’incapacità degli adulti nel loromondo” (Waldron, Joanis, 1996).

Per quanto riguarda il ruolo dei giudici, si raccomanda di valutare conmaggiore attenzione le dinamiche attive nei contesti familiari ad elevata con-flittualità e di avvalersi sempre di professionisti in grado di riconoscere lapresenza della PAS o, comunque, di consulenti con una preparazione specifi-ca in materia, in particolare quando si tratta di valutare se la preferenza diun minore verso questo o quel genitore sia genuina o indotta (Gardner,1991a, 1998b; Gulotta, 1998). Il principale problema che si pone in questi ca-si, infatti, è la messa a fuoco di ciò che rappresenta il reale interesse del mi-nore e delle parti; come ricorda Cartwright (1993)

“il ruolo del Tribunale e dei giudici nei casi PAS va oltre la sola decisione fi-nale sulle modalità di affidamento”.

Il ruolo dell’avvocato o dell’eventuale tutore del minore risulta crucialein questa situazione, in quanto contatto iniziale con il genitore alienante ocon quello alienato e, quindi, con il sistema familiare coinvolto nella sindro-me. Particolarmente problematica è la posizione dell’avvocato difensore delgenitore alienante: secondo vari autori (Gulotta, 1998; Waldron, Joanis, 1996)egli dovrebbe astenersi dal colludere con il proprio assistito e cercare di per-suadere il genitore alienante a porre fine al comportamento patologico cheadotta con il figlio, fino a rinunciare al mandato nell’eventualità in cui lostesso cliente non comprenda la situazione o si rifiuti di comprenderla. Ilcompito principale dell’avvocato dovrebbe risiedere in un’ampia e “soddisfa-cente” esplorazione iniziale del caso da attuare prima della messa in atto delcontenzioso, valutando, in particolare, quanto siano realistiche le convinzionie le motivazioni del suo cliente (Ward, Harvey, 1993); egli dovrebbe, inoltre,mantenere un “sano grado di scetticismo” di fronte ad eventuali richieste diun genitore separato che vuole ridurre drasticamente o eliminare del tutto gli

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incontri del figlio minorenne con l’ex-coniuge, nonché adottare un atteggia-mento imparziale e, ove necessario, ascoltare tutte le parti in causa(Byrne,1989).

I professionisti della salute mentale dovrebbero sempre tener presenteil loro ruolo all’interno del sistema determinato dal conflitto genitoriale, non-ché i possibili effetti disastrosi di una gestione inefficace e superficiale dellasituazione, effetti che possono portare le parti ad affrontarsi sempre piùaspramente. In più occasioni lo stesso Gardner ha evidenziato la necessitàfondamentale del ricorso ad un unico terapeuta (Gardner, 1991a, 1998b,2001a), il cui operato sia rivolto alla risoluzione del “divorce impasse” (Ward,1996), agendo sul comportamento di ciascuna parte in causa (minore com-preso) e sulla dinamica familiare nel suo complesso, al fine di contenere glieffetti del processo di alienazione.

Malagoli Togliatti e Franci (2005) suggeriscono la possibilità di attuare alivello clinico “interventi di valutazione e di controllo sociale” attraverso laconsulenza tecnica d’ufficio e gli incontri negli spazi neutri. Secondo le autri-ci, la CTU rimane, infatti, un importante osservatorio delle dinamiche fami-liari conflittuali che ha anche utili valenze di controllo e monitoraggio dellasituazione. Pur limitandosi a rispondere ai quesiti del Giudice, il consulentepuò creare degli spazi di dialogo tra gli ex-coniugi, ponendo l’accento sullefunzioni genitoriali e sulla soddisfazione dei bisogni del figlio; può, inoltre,proporre interventi di supporto sia al figlio che ai genitori, come la terapiaindividuale degli adulti e del figlio o la mediazione familiare. Nei casi piùconflittuali può inviare la famiglia in spazi neutri dove organizzare, con il so-stegno e il monitoraggio degli operatori, degli incontri protetti tra genitore efiglio, volti al contenimento di agiti distruttivi e alla riconquista di una rela-zione funzionale. Dal momento che la CTU si presenta come intervento limi-tato nel tempo e negli obiettivi il consulente può richiedere al Giudice che lasituazione familiare venga seguita longitudinalmente sia proponendo nuoviincontri a distanza di tempo, sia incaricando i Servizi Sociali al fine di con-trollare che i provvedimenti vengano attuati e di fornire un sostegno conti-nuativo ai genitori e al minore.

Per quanto riguarda gli interventi più squisitamente terapeutici, il fineultimo è quello di tutelare il figlio e il suo fondamentale bisogno di mantene-re un legame con entrambe le figure parentali, attraverso degli interventi disostegno che coinvolgano non solo lui, ma anche i suoi genitori. Si lavora in-nanzitutto per detriangolare il figlio dal conflitto coniugale e favorire una ri-organizzazione delle relazioni, in modo da riportare in primo piano l’interes-se del minore come unica priorità. Si aiuta, inoltre, i genitori a riappropriarsidel loro ruolo genitoriale e, con il supporto adeguato, a condividere le loro re-sponsabilità, trovando nuove forme di cooperazione. Questa condivisione dei

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compiti genitoriali può alleggerirli dal fardello di essere l’unico genitore adoccuparsi del figlio, ritrovando anche una progettualità individuale. Ridefi-nendo i confini tra la sfera coniugale e quella genitoriale è possibile garantireal figlio due spazi relazionali distinti ed una relazione serena sia con il padreche con la madre (Gonçalves, Grimaud De Vincenzi, 2003).

11. LA PAS COME TEMA CONTROVERSO

Le idee di Gardner fino ad oggi hanno goduto dell’appoggio di diversi so-stenitori ma sono state anche oggetto di numerose critiche: vi è chi sostiene,infatti, che la PAS non esiste o che è solo la “teoria di Gardner” o, soprattutto,che non si può parlare della PAS come entità clinica perché non risulta inse-rita nel DSM-IV (Levy, 1992). Gardner ha, tuttavia, difeso il suo “modello” de-scrittivo e di intervento, affermando che:

“professionisti della salute mentale e del mondo legale devono averla osser-vata. Può darsi che non abbiano voglia di riconoscerla. È possibile che le dianoun altro nome (come “alienazione parentale”). Ma ciò non ne esclude l’esisten-za. […] Dire che la PAS non esiste perché non è elencata nel DSM-IV è come di-re che nel 1980 l’AIDS non esisteva perché non elencata nei manuali standardmedici e diagnostici. La PAS non è una teoria ma un fatto” (Gardner, 2002b).

In letteratura alcuni autori (Darnall, 1997, 1998a, 1998b; Lodge, 1998)utilizzano l’espressione Alienazione Genitoriale o Parentale (PA) invece diparlare di Sindrome di Alienazione Genitoriale, ritenendo che quest’ultimo ri-sulti un termine eccessivamente restrittivo, poiché tiene conto solo del ruolodel minore e del livello di gravità dei sintomi; essi suggeriscono, invece, di te-nere in maggiore considerazione il ruolo e il comportamento di entrambi igenitori, nonché le loro eventuali caratteristiche psicopatologiche. A tal pro-posito Gardner (2002b) ritiene che:

“la sostituzione dell’espressione “Sindrome di Alienazione Genitoriale” conquella di “alienazione parentale” può causare confusione. Quest’ultima, infatti,è un’espressione più generica, mentre la “Sindrome di Alienazione Genitoriale” èuna sottospecie molto specifica di “alienazione parentale”. L’alienazione paren-tale ha molte cause, quali trascuratezza, violenza fisica, emozionale o sessuale,abbandono e altri comportamenti alienanti dei genitori: tutte queste condottegenitoriali possono causare alienazione nei figli. La Sindrome di AlienazioneGenitoriale è una sottocategoria specifica di alienazione parentale causata dal-l’associazione della programmazione parentale e dei contributi del figlio, e si os-serva quasi esclusivamente nel contesto di controversie legali sull’affidamento.

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È questa particolare associazione che permette la denominazione di “Sindromedi Alienazione Genitoriale”.

A fronte della critica (mossa specialmente in Tribunale nel contesto dellecause per l’affidamento dei figli) secondo cui non la PAS non si qualifica co-me una vera e propria sindrome, Gardner (1998b) sottolinea che

“la Sindrome di Alienazione Genitoriale è un disturbo molto specifico. Unasindrome è, per definizione medica, un gruppo di sintomi che si presentano in-sieme e che caratterizzano un particolare disturbo. I sintomi, per quanto appa-rentemente disparati, possono essere raggruppati insieme per un’eziologia co-mune o una causa basilare sottostante. Inoltre c’è compattezza all’interno delgruppo, in quanto la maggior parte di essi, se non tutti, appaiono insieme. […]Allo stesso modo la PAS è caratterizzata da un gruppo di sintomi che di solitoappaiono insieme nel bambino, specialmente nei casi di media e grave entità.Questa compattezza ha come conseguenza che tutti i bambini che soffrono diPAS si assomiglino. È a causa di queste considerazioni che la PAS consente unadiagnosi relativamente “pura”, che può essere facilmente formulata da coloroche non abbiano qualche motivo per non voler vedere quello che è proprio da-vanti a loro. Come per altre sindromi, c’è una causa alla base: una programma-zione da parte di un genitore alienante con contributi da parte del bambino pro-grammato. È per questo motivo che la PAS è davvero una sindrome, secondo lamigliore definizione medica del termine”.

Gulotta (1997, 1998) suggerisce che, così come avviene per la “sindromedel bambino maltrattato”, anche nel caso della PAS la parola “sindrome” possaessere intesa e utilizzata in senso metaforico, in quanto non denota una ma-lattia, ma “traumi provocati da un comportamento violento”.

“Chi avrà il compito di investigare per diagnosticare questa sindrome dovràrendersi conto che essa non è stata “scoperta” come si scopre una malattia macostruita e, in un certo senso, “inventata”, come la “sindrome del bambino mal-trattato”. […] Bisogna, invece, evitare, in questa materia, di reificare delle meta-fore ritenendo che il “bambino alienato” abbia una sorta di malattia trasmessa-gli dal genitore e che, ogniqualvolta siano presenti critiche nei confronti di ungenitore da parte del figlio, questi sia vittima della sindrome in questione” (Gu-lotta, 1998).

Una delle questioni maggiormente controverse legate alla Sindrome diAlienazione Genitoriale risulta, dunque, quella relativa al suo “riconoscimen-to” su più livelli. Negli Stati Uniti diverse pubblicazioni sostengono l’esisten-za della sindrome: le rassegne di Conway Rand (1997a, 1997b), comparse sul-

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l’autorevole American Journal of Forensic Psychology, attestano il crescenteinteresse per il fenomeno e le sue ripercussioni in campo giuridico e sociale.Sul piano clinico di particolare rilievo è lo studio di Dunne e Hendrick(1994), che hanno analizzato sedici casi in cui era possibile evidenziare ilcomplesso delle manifestazioni della PAS descritte da Gardner. In Italia, non-ostante restino ancora alcuni nodi irrisolti e siano ancora poco numerosi glistudi empirici sul fenomeno, i primi risultati e le evidenze cliniche permetto-no, tuttavia, di ipotizzare l’ammissibilità dell’esistenza della PAS anche nelnostro contesto socio-culturale. Il crescente interesse per il fenomeno è, inol-tre, testimoniato dalle sempre più numerose pubblicazioni di autori italianisull’argomento (Buzzi, 1997; Giordano, Pastrocchi, Dimitri, 2006; Giorgi,2001; Gulotta, 1998; Lubrano Lavadera, Marasco, 2005; Malagoli Togliatti,Franci, 2005; Salluzzo, 2006) e traduzioni dei lavori originali di R. Gardner(1998a, 2001b, 2002a, a cura di G. Parodi; 2004 a cura di L. Milani).

12. LA SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE NEL CONTESTO ITALIANO

• Uno studio pionieristico

Un primo interessante lavoro sul problema della PAS nel nostro Paese èstato condotto da Lubrano Lavadera e Marasco (2005) che, attraverso una ri-cerca d’archivio, hanno analizzato i testi di 24 relazioni di consulenza tecnicad’ufficio (stilate da consulenti del Tribunale Civile di Roma dal 2000 al 2004)su famiglie separate conflittuali, di cui 12 con diagnosi di PAS grave (grupposperimentale), secondo i criteri descritti da Gardner (1992a) e 12 senza dia-gnosi di PAS (gruppo di controllo). Scopo dello studio è evidenziare le carat-teristiche dei genitori nelle famiglie in cui è stata diagnosticata una PAS, lepeculiarità dei minori e le conseguenze emotive, comportamentali e psicopa-tologiche cui possono andare incontro nel tempo, nonché passare in rassegnagli interventi proposti dagli esperti nei casi di PAS e formulare ipotesi percomprendere le dinamiche relazionali soggiacenti a queste situazioni alta-mente disfunzionali.

Rispetto al gruppo di famiglie con PAS gli autori non hanno riscontratoalcuna differenza di genere tra l’essere genitore alienante o alienato, osser-vando come il genitore alienante possa essere indistintamente il padre (50%dei casi esaminati) o la madre (l’altro 50%): fondamentale sembra essere, in-vece, la variabile “genitore affidatario-non affidatario”, per cui il genitorealienante è sempre quello affidatario o quello con cui vive il minore. I casi diPAS sembrano essere quelli in cui il conflitto dura da maggior tempo e, in uncerto senso, si può ipotizzare che lo stesso intervento del sistema giudiziariopossa contribuire allo sviluppo di questo tipo di patologia.

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Dal confronto con il gruppo di controllo è emerso come nei casi di PASsia più frequente la presenza di una nuova relazione della madre dopo la se-parazione, quasi a suggerire che la ricomposizione di un nuovo nucleo fami-liare da parte della madre possa essere un fattore importante alla base di unaconflittualità esasperata. I risultati mostrano che i genitori con diagnosi diPAS differiscono dagli altri anche in relazione ad alcune variabili di persona-lità: le madri sono più frequentemente insicure, mentre nei padri sono statiriscontrati tratti di rigidità ed ipercontrollo nonché difficoltà nell’espressionedell’affettività: non sono state, tuttavia, riscontrate alterazioni psicopatologi-che a carico di questi genitori. Nelle famiglie con PAS, inoltre, non sembranomaggiormente ricorrenti episodi di assenza da casa o ricovero di un genitore,né sono più frequenti i tradimenti coniugali, nonostante l’importanza ricono-sciuta a questo fenomeno in letteratura.

Per quanto concerne le variabili relative ai minori, gli autori hanno ri-scontrato differenze interessanti tra i due gruppi. Rispetto all’età il datoemerso è in linea con quanto evidenziato dalla letteratura, secondo cui sareb-bero a maggiore rischio i minori tra i 9 e i 12 anni (Johnston, Roseby, 1997): aquesta età, infatti, essi possiedono caratteristiche cognitive ed emotive checonsentono loro di partecipare attivamente alle dinamiche familiari, ma allostesso tempo non hanno ancora del tutto sviluppato capacità di pensieroastratto ipotetico-deduttivo, per cui i loro ragionamenti sono ancora tenden-zialmente concreti ed in un certo senso “malleabili”. Dal confronto tra i duegruppi, inoltre, non sono emerse differenze significative rispetto alla variabile“genere”, per cui il coinvolgimento dei minori in situazioni di PAS sembre-rebbe non essere in relazione con il loro sesso. I minori con PAS sono più difrequente figli unici e, oltre ad essere triangolati nel conflitto coniugale, mo-strano più frequentemente problematiche a livello identitario, con possibilecostruzione di un Falso Sé, problemi nelle relazioni, tendenza al comporta-mento manipolativo e alla distorsione della realtà familiare, scarso rispettoper l’autorità, svalutazione delle figure genitoriali, un maggiore senso di ab-bandono ed un’affettività tipicamente conflittuale e ambivalente; nei casi esa-minati i minori non presentano, tuttavia, alcuna forma di psicopatologia dia-gnosticabile.

Tra i due gruppi di minori (con PAS e senza PAS), comunque, non èemersa alcuna differenza significativa rispetto alla presenza di problematichea livello psico-emotivo. Rispetto a questi dati gli autori hanno formulato di-verse ipotesi, osservando in primis come in entrambi i casi i minori sianoesposti ad una situazione di conflitto non adeguatamente gestito e, in secon-do luogo, come possano essere diverse, anche per intensità, le problematichepresentate. La presenza di un Falso Sé, inoltre, potrebbe far apparire i minoricon PAS meglio adattati rispetto a quanto lo sono nella realtà. Ad ogni modo,

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il consulente ha suggerito molto più di frequente una psicoterapia individua-le ai minori nei casi in cui è stata diagnosticata una PAS, riconoscendo ilmaggiore rischio evolutivo del minore e ritenendo la psicoterapia uno spazionecessario per lavorare sulla ricostruzione del legame con il genitore alienatoo quanto meno sugli effetti che a lungo termine tale rottura può provocare.La terapia, infatti, può rappresentare uno spazio per la realizzazione di unprocesso di trasformazione delle esperienze negative attraverso la sollecita-zione di capacità di integrazione e riparazione: ciò protegge il bambino dauna pericolosa scissione tra “genitore buono” e “genitore cattivo” e può aiu-tarlo a riconoscere ed integrare le parti negative dei propri genitori (Montec-chi, 2005).

Infine, rispetto ai provvedimenti e agli interventi consigliati dal CTU, si èriscontrato che nei casi di PAS il consulente affida molto più frequentementei figli al servizio sociale e mai al padre, pur essendo indicato come genitorealienante nella stessa percentuale di casi della madre. È emerso, inoltre, cheil consulente non ha mai diviso i fratelli riconoscendo l’importanza di questolegame nel fornire continuità relazionale ai minori. Tra gli interventi propostiquello prevalente è risultato il lavoro condotto dai Servizi Sociali, riconosciu-ti come i migliori garanti dell’interesse del minore, soprattutto perché si qua-lificano come “spazio neutro” rispetto all’uno o all’altro genitore; meno fre-quenti, invece, sono il suggerimento di una terapia individuale ai genitori e diuna terapia o di una mediazione familiare, ritenuti da soli non sufficienti arisolvere il problema.

Gli autori sottolineano la particolare importanza della questione concer-nente gli interventi dal momento che, se questi ultimi non sono adeguati enon prendono in carico il sistema nel suo insieme, possono risultare contro-producenti e contribuire ad accrescere la patologia. La loro opinione è che ilconsulente nei casi di PAS debba proporre provvedimenti ed interventi di na-tura diversa rispetto ai casi di conflittualità in cui non è stata diagnosticatatale sindrome. In letteratura sono state proposte diverse ipotesi, ma non visono ancora protocolli condivisi, anche perché a livello internazionale si dis-cute ancora sull’esistenza o meno della Sindrome di Alienazione Genitorialee, in particolare, in Italia è ancora in fase embrionale la ricerca sul fenome-no. Studi come questo di Lubrano Lavadera e Marasco, tuttavia, possonorappresentare un prezioso input per lo sviluppo di ricerche-intervento futureal fine di accrescere la conoscenza delle peculiarità del fenomeno della PASnel nostro Paese e delineare proposte di intervento ad hoc.

• La PAS nelle istituzioni e nella società italiana

Il parametro concettuale della Sindrome di Alienazione Genitoriale, ben-ché affacciatosi solo intorno alla metà degli anni ’90 nel panorama della psi-

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cologia italiana, ha guadagnato negli ultimi anni sempre maggior credito nonsolo nella letteratura specialistica ma anche nell’ambito del sistema giudizia-rio e presso l’opinione pubblica. A livello istituzionale la PAS, secondo Gulot-ta (1998), viene citata per la prima volta in Italia in un’ordinanza del Tribuna-le per i Minorenni di Milano (ord. 19/6/1998 proc. n. 1652/E/97) per la quale,nonostante il minore dichiarasse di continuare a voler vivere con il padre, ve-niva affidato ai Servizi Sociali accogliendo la consulenza tecnica di parte del-la madre secondo cui l’affidamento del minore al padre era di grave pregiudi-zio per il primo in quanto:

“tra i due si era instaurato un rapporto gravemente lesivo dell’integrità psi-cologica del minore: quest’ultimo stava progressivamente, infatti, assumendo itratti paranoici della personalità del padre ed appariva affetto da quella che al-cuni esperti chiamano “ Sindrome di Alienazione Genitoriale (…)”.

Lo stesso Gulotta illustra un’altra decisione giudiziaria che conferisce di-gnità giurisprudenziale alla PAS, assunta nel maggio 2004 dal Tribunale diBergamo, Ufficio Gip, sent. n. 349 con riferimento agli artt. 609 bis, 609 ter,572 c.p. Nel caso di specie un padre, nell’ambito di un’accesa lite con l’ex-mo-glie sull’affidamento del loro bambino di tre anni, è stato accusato di abusisessuali e maltrattamenti ai danni del minore. Le accuse sono state raccoltedalla moglie che avrebbe ascoltato le confidenze del piccolo utilizzandole perescludere l’ex-coniuge dalla causa sull’affidamento del bambino. L’audizioneprotetta del minore e le intercettazioni ambientali nella casa dell’imputatohanno messo in luce che, da un lato, il racconto del bambino non era suffi-cientemente compatibile con le dichiarazioni de relato della madre e che, dal-l’altro lato, l’imputato (che di certo non sapeva di essere intercettato nell’am-biente domestico), invece di comportarsi coerentemente con le accuse dellaex-moglie, si era mostrato affettuoso e premuroso verso il minore che si pre-stava volentieri a stare in compagnia del proprio padre. Recita la sentenza:

“inficia l’attendibilità del racconto del minore l’accertata presenza di un ac-ceso conflitto coniugale dei genitori relativo alla loro separazione e all’affida-mento del figlio, specie ove si riscontri la cosiddetta “Sindrome di AlienazioneGenitoriale”, stato psicologico tipico delle coppie che si separano con liti senzaesclusione di colpi pur di impedire all’altro la custodia del minore”.

È stata, inoltre, approvata la Mozione Parlamentare n. 1-00400 del gen-naio 2005, che cita esplicitamente la Sindrome di Alienazione Genitoriale aproposito delle separazioni “difficili” e, in particolare, del problema dell’inter-ruzione del rapporto tra i figli ed il genitore non affidatario quale lesione deldiritto bilaterale alla continuità relazionale e affettiva:

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“il sistema legislativo non riconosce i ventennali studi di Gardner sulla Pa-rental Alienation Syndrome (Sindrome di Alienazione Genitoriale), che si mani-festa con una serie di manovre attuate con successo dal genitore affidatario peralienare il figlio dal genitore non residente, non si attiva per garantire il recupe-ro degli incontri perduti, non si attiva per eliminare i boicottaggi e garantire fu-turi incontri regolari, non si attiva per il rimpatrio di un genitore affidatariofuggito all’estero con i figli, mentre non hanno rilevanza i trasferimenti di un ge-nitore affidatario in altra città, che, di fatto, rendono impossibili le modalità difrequentazione così come previste da sentenze e decreti, anche ove si tratti di ac-cordi consensuali” (Parodi, 2005).

Nella stessa seduta è stata approvata anche la Mozione n. 1-00421 sullasottrazione dei figli minori da parte di un genitore al fine di impedirgli qual-siasi rapporto con l’altro genitore.

Particolare importanza riveste, infine, la sentenza della Corte di Appellodi Firenze che nel febbraio 2008 ha applicato per la prima volta l’articolo 709ter del codice di procedura civile, introdotto dalla Legge n. 54/2006 sull’affida-mento condiviso, nel caso di una donna che, contravvenendo a quanto stabili-to dalla sentenza di divorzio, aveva ripetutamente impedito gli incontri tra ilfiglio minorenne e l’ex-marito. Nell’articolo citato si prevede che il genitoreche non rispetti i provvedimenti del giudice possa essere sanzionato e condan-nato a corrispondere, a titolo di risarcimento danni, una somma a favore delfiglio e dell’altro genitore, oltre ad una pena pecuniaria a favore dello Stato.

A livello sociale la crescente e ormai sempre più diffusa sensibilità rispet-to alle problematiche inerenti le separazioni conflittuali è testimoniata dallanascita spontanea su tutto il territorio nazionale di numerose associazioniche si prefiggono lo scopo di fornire assistenza psicologica e legale ai genitoriseparati e divorziati e di tutelare il diritto dei figli minori a crescere mante-nendo un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi. Alcune di essehanno anche condotto interessanti ricerche sul disagio da separazione in Ita-lia (Eurispes, 2002): in particolare, l’associazione GESEF (Genitori Separatidai Figli) ha diffuso i dati relativi ad uno studio basato sull’analisi dei collo-qui con gli utenti che si sono avvalsi della consulenza offerta dai suoi profes-sionisti nel corso del 2002 (circa 20.000 di cui l’83% di padri non affidatari,l’8% di madri affidatarie e lo 0,5% di madri non affidatarie). Ne è emerso chei padri non affidatari soffrono la mancanza di un vissuto quotidiano con i fi-gli, di partecipazione attiva alla loro vita e ai loro problemi e di potere deci-sionale; nello stesso tempo denunciano ingerenze ed ostacoli da parte dellemadri (pressione psicologica sui figli, denigrazione e svalutazione del ruolopaterno, ricatti economici), tanto che nel 70% dei casi non riescono ad averealcun contatto o frequentazione con i figli. Temono, inoltre, per la stabilità

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psichica dei figli e di complicare la situazione intervenendo; percorrono le vielegali per tentare di attenuare la conflittualità e, in extremis, solitamente do-po inutili tentativi, intraprendono azioni penali. Le madri affidatarie tendonoa porre in primo piano questioni di tipo economico e spesso non esitano adattivare procedimenti giudiziari per ottenere quanto stabilito; in generale, va-lutano in chiave economica la responsabilità e l’attaccamento paterno neiconfronti dei figli, soprattutto perché si ritengono depositarie della capacitàdi comprensione psicoaffettiva e di cura dei figli. Si è registrato un solo casoin cui una madre è ricorsa alle vie giudiziarie per abbandono morale dei figlida parte del padre, che si disinteressava di loro pur versando regolarmente ilmantenimento. È importante sottolineare, di contro, che le madri non affida-tarie lamentano le stesse problematiche dei padri. Secondo l’associazioneGESEF in questa disparità di trattamento va rintracciata una delle causeprincipali dell’estremizzazione del conflitto e della successiva comparsa dipsicopatologie che sempre più spesso conducono a gesti estremi di violenzache vedono coinvolti interi nuclei familiari.

Il monitoraggio svolto dall’Associazione Ex sui risvolti penali nelle sepa-razioni, nei divorzi e nelle cessazioni di convivenza nel periodo 1993-2002mostra che su un totale di 38.966 casi monitorati le implicazioni penali ri-guardano ben 33.822 casi (l’86% del totale): si va dalla calunnia all’ingiuria,dalla sottrazione di minore al mancato rispetto delle ordinanze, dalla violen-za privata a quella sessuale. Dal 1994, inoltre, l’Associazione Ex è impegnatanel monitoraggio nazionale del fenomeno degli omicidi-suicidi consumati al-l’interno del nucleo familiare e maturati nel contesto delle separazioni e deidivorzi. Il quadro che emerge dai dati raccolti – giustamente definito comeuna “scia di sangue” – è impressionante: si parla in Italia, nel periodo gen-naio 1994-giugno 2002, di 556 episodi di morte violenta che hanno coinvoltoin totale 761 individui. La violenza che si consuma nel contesto delle separa-zioni e dei divorzi non fa differenze di condizione economica, né tanto menoculturale, toccando in qualche modo tutti gli strati sociali; l’elemento unifi-cante appare rintracciabile, piuttosto, in un profondo disagio e nell’incapaci-tà di affrontare e superare la separazione della coppia. L’associazione Ex sot-tolinea, inoltre, come le carenze del nostro sistema giudiziario non faccianoaltro che alimentare il conflitto e acuire il senso di impotenza che conduce afarsi giustizia da soli.

Può, infine, essere utile, per comprendere l’ampiezza di un fenomeno checoinvolge spesso in modo drammatico i minori nella separazione dei genito-ri, considerare i dati che emergono dall’analisi delle richieste di aiuto perve-nute al Telefono Azzurro: nel corso del 2001 sono state 5.877 le consulenzeofferte su problematiche rilevanti e tra queste, nel 18,5% dei casi, la richiestadi aiuto riguardava difficoltà e disagi legati alla separazione o al divorzio dei

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propri genitori. Il maggior numero di richieste ha riguardato bambini fino ai10 anni di età (58,6%): il riscontro di un disagio così accentuato nella fasciad’età più bassa dimostra quanto possa essere difficile per soggetti in fase evo-lutiva, che ancora non hanno a disposizione tutti gli strumenti per delinearerazionalmente gli eventi, elaborare il trauma che inevitabilmente deriva dallaseparazione dei propri genitori: ciò pone con forza la questione della tuteladella salute psichica del minore coinvolto nell’evento separativo.

Al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sul profondo disagio vissutodai genitori esclusi dalla vita dei figli e sull’importanza della creazione di unrapporto di collaborazione e di dialogo fra genitori separati in funzione del-l’interesse dei figli, si è costituito e diffuso in tutta Italia il “Movimento Mar-cia per la Bigenitorialità”, culminato in una manifestazione svoltasi per laprima volta a Roma nel maggio 2004. Questo evento fa parte di una più am-pia iniziativa, la Million Dads March, partita dagli Stati Uniti, che unisce ognianno in una marcia per le strade delle maggiori città del mondo decine di mi-gliaia di genitori deprivati del loro ruolo, a sostegno del diritto dei loro figlialla bigenitorialità. Eventi come questi sono il segno tangibile dell’impressio-nante diffusione, non solo in Italia ma in tutto il mondo, di un disagio cre-scente legato alle attuali profonde trasformazioni delle relazioni familiari, afronte del quale le istituzioni sono chiamate a fornire risposte tangibili voltealla salvaguardia dei diritti di genitori e figli.

Le importanti questioni poste all’attenzione della giurisprudenza negliultimi anni, le denunce delle varie associazioni nate nel nostro Paese, i richia-mi dell’Unione Europea all’arretratezza e all’esiguità del nostro corpo norma-tivo in materia, le numerose convenzioni internazionali ratificate dal nostroPaese (prima per importanza la Convenzione ONU del 1989 sulla tutela del-l’infanzia e dell’adolescenza) confermano l’urgenza di interventi volti a com-prendere ed interpretare la conflittualità legata alla disgregazione del nucleofamiliare e a recuperare, nell’ambito del diritto di famiglia, il valore fonda-mentale della bigenitorialità.

B I B L I O G R A F I A

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R I A S S U N T O

Gli autori intendono completare la rassegna letteraria sul tema della Sindrome diAlienazione Genitoriale partendo dalla descrizione dei due principali livelli contestua-li di manifestazione della PAS: accanto, infatti, ad una collusione familiare che vede imembri della “triade” (genitore alienante, genitore alienato, figlio) rivestire ruoli com-plementari che innescano e alimentano dinamiche relazionali disfunzionali, esisteuna collusione extra-familiare che ha come protagonisti, oltre alle famiglie di origine,ai parenti, agli amici e ai nuovi partner degli ex-coniugi, anche i professionisti che avario titolo intervengono nelle dispute per l’affidamento dei figli. Vengono, quindi, il-lustrati gli effetti a breve e a lungo termine della PAS sui minori, nonché le principalialterazioni psicopatologiche che possono insorgere soprattutto nel livello grave di ma-nifestazione della sindrome. Per quanto concerne i progetti di intervento e trattamen-to, si sottolinea la necessità di integrare il livello giuridico e quello psicologico (Inter-vento Terapeutico Cooperativo) e si illustra la proposta di Gardner (1991a, 1992a,2001a, 2001b), che delinea diverse possibilità di intervento integrato legale e psicote-rapeutico da attuare e valutare in riferimento al livello della PAS osservato. Vengono,altresì, fornite alcune indicazioni circa il ruolo che i professionisti (giudice, avvocato,CTU, psicoterapeuta) dovrebbero rivestire per gestire adeguatamente l’intervento suicasi di PAS, per passare, poi, ad illustrare i principali rilievi critici nei confronti del-l’opera i Gardner e le controversie circa l’esistenza stessa della Sindrome di Alienazio-ne Genitoriale e il suo status di “objective standard”. In conclusione, si delinea unquadro relativo allo stato delle conoscenze sulla PAS nel contesto italiano e al suo ri-conoscimento su più livelli: nella letteratura specialistica il crescente interesse per ilfenomeno è testimoniato dalle sempre più numerose pubblicazioni di autori italianisull’argomento, incluso un importante studio pilota sulla Sindrome di AlienazioneGenitoriale nelle C.T.U. (Lubrano Lavadera, Marasco, 2005); a livello istituzionale egiurisprudenziale la sindrome è sempre più di frequente citata nelle sentenze dei Tri-bunali ordinari e per i minorenni, oltre ad essere menzionata in due importanti e re-centi mozioni parlamentari sul tema delle separazioni “difficili”; a livello sociale lacrescente sensibilità verso le problematiche inerenti le dispute per l’affidamento dei fi-gli è testimoniata dall’ampia diffusione sul territorio nazionale di associazioni per latutela dei diritti dei genitori separati e dei loro figli, nonché da iniziative (quali il“Movimento Marcia per la Bigenitorialità”) a sostengo del diritto dei figli minori acrescere mantenendo un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori,anche dopo il divorzio.

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S U M M A R Y

The authors’ aim is completing their literary review about Parental Alienation Syn-drome describing the two principal contexts the syndrome appears in: in fact, in additionto a family collusion in which the “triad” members (alienating parent, alienated parent,child) play complementary roles that begin and perpetuate disfunctional relational dy-namics, there’s an extrafamily collusion involving not only the two parents’ families, rel-atives, friends and new partners but also the professional men intervening with differentroles in child custody disputes. Illustrated are, then, short and long term PAS effects onminors and the principal psychopathological disorders that may arise, especially in se-vere PAS cases. Regarding intervention and treatment plans, integrating legal and psy-chological levels is necessary (Co-operative Therapeutic Intervention); concerning this,Gardner (1991a, 1992a, 2001a, 2001b) proposes various possible psycholegal interven-tions: they should be realized and evaluated with regard to the PAS level observed. Dis-cussed is, besides, the role that professional men (judges, lawyers, experts, psychothera-peutists) should play to realize adequately their interventions in PAS cases; illustratedare, then, the main critical argumentations about Gardner’s theory and studies and thecontroversy on the very existence of Parental Alienation Syndrome and its “objectivestandard” status. Outlined is, finnally, the present knowledge level of PAS in Italy and itsrecognition in our social and cultural context: in the specialistic literature the increasinginterest about the syndrome is testified by the more and more numerous Italian authors’publications, among which there’s the first important research on Parental AlienationSyndrome in legal consultations (Lubrano Lavadera, Marasco, 2005). At an institutionaland jurisprudencial level the syndrome is more and more frequently cited in Civil and Ju-venile Courts decisions and is mentioned in two important and recent parliamentarymotions about conflictual separations. At a social level the increasing attention to prob-lems concerning child custody disputes is testified by the presence over Italian territory ofseveral associations whose aim is defending separeted parents’ and their children’s rightsand also by manifestations (like the “March for Coparentality Movement”) in support ofchildren’s right to grow keeping a balanced and continuative relationship with both par-ents also after divorce.

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