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1 La valutazione delle performance nella pubblica amministrazione: i sistemi di performance nei Comuni italiani capoluogo di provincia Autore: Cristina Vasilescu Tema del convegno: La riforma del lavoro pubblico: se il salario variabile dei dipendenti cresce, il ruolo degli OIV diventa drammaticamente serio 1 Introduzione Nella prefazione del volume Valutare la pubblica amministrazione: tra organizzazione e individuo. Visioni dei valutatori italiani per performance e competitività, Bouckaert sostiene che “l’obiettivo è di imparare dal passato e dal presente”, mentre “l’intenzione è quella di disseminare buone pratiche e non ripetere azioni fallimentari”, e, da questo punto di vista, “la ricerca comparativa, le revisioni della performance e la valutazione saranno fondamentali per le politiche di riforma del settore pubblico”. Adottando la prospettiva di Bouckaert, il presente lavoro intende contribuire al dibattito sulla modernizzazione della pubblica amministrazione locale italiana in un contesto di crisi economica e sociale, attraverso la presentazione e discussione dei risultati del rapporto di ricerca “Mappatura dei sistemi di performance management nei Comuni capoluogo di Provincia1 , realizzato tra il 2011 e il 2012, nell’ambito del progetto PON “Valutazione delle performance” del Dipartimento della Funzione Pubblica, diretto a sviluppare e sostenere le capacità di gestione della performance delle amministrazioni comunali alla luce del Dlgs. 150/2009. Partendo dal presupposto che, da un lato, la qualità delle istituzioni pubbliche è riconosciuta come uno dei driver rilevanti dello sviluppo socio-economico (Knack and Keefer, 1995; Mauro, 1995; Olson et al., 2000; Acemoglu et al., 2001; St. Aubyn, 2008), e dall’altro che vi è una connessione tra la qualità delle istituzioni e benessere organizzativo, sistemi di valutazione e controlli interni, e forme di reclutamento e crescita professionale basate su criteri meritocratici, il centro del presente articolo è dedicato alla discussione di come le amministrazioni locali italiane hanno colto l’opportunità della così detta riforma Brunetta per migliorare e comunicare gli outcome della loro azione attraverso l’uso sistematico di strumenti di valutazione e gestione delle proprie performance. 1 Il progetto è stato realizzato da Gianni Giorgi (direzione della ricerca) e Cristina Vasilescu (ricercatore)

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La valutazione delle performance nella pubblica amministrazione: i sistemi di performance nei Comuni italiani capoluogo di provincia

Autore: Cristina Vasilescu

Tema del convegno: La riforma del lavoro pubblico: se il salario variabile dei dipendenti cresce, il ruolo degli OIV diventa drammaticamente serio

1 Introduzione

Nella prefazione del volume “Valutare la pubblica amministrazione: tra organizzazione e individuo. Visioni dei valutatori italiani per performance e competitività”, Bouckaert sostiene che “l’obiettivo è di imparare dal passato e dal presente”, mentre “l’intenzione è quella di disseminare buone pratiche e non ripetere azioni fallimentari”, e, da questo punto di vista, “la ricerca comparativa, le revisioni della performance e la valutazione saranno fondamentali per le politiche di riforma del settore pubblico”.

Adottando la prospettiva di Bouckaert, il presente lavoro intende contribuire al dibattito sulla modernizzazione della pubblica amministrazione locale italiana in un contesto di crisi economica e sociale, attraverso la presentazione e discussione dei risultati del rapporto di ricerca “Mappatura dei sistemi di performance management nei Comuni capoluogo di Provincia”1, realizzato tra il 2011 e il 2012, nell’ambito del progetto PON “Valutazione delle performance” del Dipartimento della Funzione Pubblica, diretto a sviluppare e sostenere le capacità di gestione della performance delle amministrazioni comunali alla luce del Dlgs. 150/2009.

Partendo dal presupposto che, da un lato, la qualità delle istituzioni pubbliche è riconosciuta come uno dei driver rilevanti dello sviluppo socio-economico (Knack and Keefer, 1995; Mauro, 1995; Olson et al., 2000; Acemoglu et al., 2001; St. Aubyn, 2008), e dall’altro che vi è una connessione tra la qualità delle istituzioni e benessere organizzativo, sistemi di valutazione e controlli interni, e forme di reclutamento e crescita professionale basate su criteri meritocratici, il centro del presente articolo è dedicato alla discussione di come le amministrazioni locali italiane hanno colto l’opportunità della così detta riforma Brunetta per migliorare e comunicare gli outcome della loro azione attraverso l’uso sistematico di strumenti di valutazione e gestione delle proprie performance.

1 Il progetto è stato realizzato da Gianni Giorgi (direzione della ricerca) e Cristina Vasilescu (ricercatore)

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La prima parte del lavoro situa il tema della valutazione e gestione delle performance della pubblica amministrazione nel contesto delle amministrazioni locali italiane, discutendo l’interazione tra gli obblighi derivanti dal Dlgs 150/2009, quelli già esistenti all’interno delle amministrazioni locali prima della riforma e diversi processi che caratterizzano il contesto delle amministrazioni locali in Italia.

La seconda parte presenta gli esiti di una mappatura effettuata sui sistemi di valutazione e management delle performance di 99 Comuni italiani esaminati, ed in particolare di 10 esperienze ritenute avanzate dal punto di vista del sistema di performance in uso. L’analisi di queste esperienze mette in rilievo come processi virtuosi si innescano su strumenti e percorsi già in atto e vengono trainati da un agente principale.

L’articolo si conclude con una riflessione aperta su come i percorsi di cambiamento amministrativo, nel senso di miglioramento dell’operato dell’amministrazione per ottenere migliori outcome, dipendano dall’incardinamento della valutazione delle performance all’interno del governo e delle strutture di governance dell’amministrazione. Al contrario, l’adozione di approcci di adempimento o l’introduzione spot o incompleta di alcuni strumenti rischia o di comportare esclusivamente dei costi che gravano sui cittadini e le imprese, o di innescare effetti controproducenti sia all’interno dell’amministrazione sia all’esterno, aumentando la sfiducia dei cittadini anziché una maggiore accountability.

2 Valutazione e misurazione della performance all’interno delle amministrazioni italiane: quale passato della c.d. riforma Brunetta?

L’uso pieno di sistemi di valutazione del personale, ed in particolare della dirigenza, l’istituzione di organi deputati alla misurazione e valutazione dell’efficacia e l’efficienza dell’attività delle pubbliche amministrazioni, l’affinamento dei sistemi puntivi/premiali, l’efficienza della spesa pubblica, migliore organizzazione della pubblica amministrazione sono concetti promossi da molti interventi di riforma della pubblica amministrazione italiana a partire dagli anni ’90. Edoardo Ongaro (Ongaro, 2009) distingue tre cicli di riforma in tema di management pubblico tra gli anni ’90 e gli anni 2000:

Il primo ciclo di politica è avvenuto tra il 1992 e il 1994, promosso da un lato dal governo Amato (1992) e dal governo Ciampi (1994), in un contesto di malcontento pubblico riguardo all’efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione e all’operato della classe politica. L’efficienza, l’efficacia e l’economicità sono i capisaldi della riforma avviata in questo periodo. In particolare, il decreto legge 29/1993 introduce il rafforzamento della dirigenza pubblica e al contempo la valutazione della dirigenza in base alla performance ottenuta. Per sostenere il processo di valutazione dei dirigenti, la riforma ha previsto anche la creazione dei Nuclei di valutazione in tutte le amministrazioni (da quelle centrali a quelle locali) con il ruolo di sostenere/consigliare gli organi politici nella valutazione della performance dei dirigenti pubblici. Il decreto include anche riferimenti all’uso delle carte dei servizi pubblici e anche la creazione degli URP. Cambiamenti sono avvenuti anche nel modo di definizione del budget: nel 1993, le amministrazioni centrali sono state chiamate a esaminare quantitativamente e qualitativamente la spesa pubblica di propria responsabilità per conoscere e tagliare gli sprechi e basare la spesa pubblica su evidenze riguardo alle esigenze e bisogni reali. Con la legge 20 del 1994 si passa dal sistema di controlli “autorizzativi” ex ante, ai controlli di efficacia ex post.

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Il secondo ciclo è avvenuto tra il 1996 e il 1999, sotto i governi Prodi e d’Alema (primo governo), in un contesto nel quale l’agenda pubblica era dominata dalla necessità di rispettare tutti i parametri per l’adozione dell’Euro. Questo secondo ciclo di riforma interviene in tre ambiti: semplificazione amministrativa, in particolare per la riduzione degli oneri amministrativi per le imprese; devoluzione delle competenze dallo stato centrale alle regioni e amministrazioni locali; e introduzione di strumenti specifici al NPM nelle amministrazioni italiane. Diverse le normative in questo ambito: la legge 59 e la legge 127 del 1997 introducono dei tentativi di snellimento delle attività amministrative e dei procedimenti di decisione e controllo, obbligano le amministrazioni a creare gli sportelli unici produttivi e riaffermano l’uso delle carte dei servizi pubblici quale “contratti” con i cittadini per la fornitura di servizi pubblici a uno specifico livello di qualità e performance; il decreto legge 112/1998 si concentra sulla devoluzione di una serie di funzioni dal livello centrale al livello regionale e locale; la legge 144 del 1999 istituisce la Rete dei Nuclei di Valutazione degli investimenti pubblici con l’obiettivo di migliorare la qualità e l’efficienza della programmazione delle politiche di sviluppo locale; il decreto legislativo 286 del 1999 che riafferma la centralità dei concetti di efficienza, efficacia ed economicità nel management pubblico attraverso diversi tipi di controllo: controllo di regolarità amministrativa e contabile, controllo di gestione e valutazione della dirigenza, e valutazione e controllo strategico. Il decreto parte dal presupposto che dirigere e controllare le pubbliche amministrazioni semplicemente in base all’efficienza economica o la legalità formale è ingenuo (Butera, Dente, 2009). Per il legislatore, il controllo strategico mirava a fornire agli organi di indirizzo politico un supporto professionale semi-permanente da utilizzare per: la definizione delle priorità di intervento a partire dai risultati ottenuti nel passato dall’amministrazione; la definizione dei livelli di performance raggiungibili con le risorse a disposizione; la formulazione di un giudizio di adeguatezza dei sistemi direzionali esistenti all’interno delle amministrazioni e per la valutazione della performance dei manager pubblici. Inoltre, la creazione di una funzione permanente di valutazione e controllo strategico doveva rappresentare “la memoria, anche nelle mutevoli vicende politiche, per l’elaborazione di una vera politica amministrativa” (Butera, Dente, 2009, pp. 278). Il controllo di gestione parte dal presupposto che l’amministrazione pubblica deve trasformare gli input in outcome ed è, dunque, necessario prestare attenzione ai costi di produzione, o meglio detto all’efficienza organizzativa e gestionale. La valutazione del personale è un altro elemento centrale previsto dal decreto e deve contribuire ad una migliore valorizzazione e promozione in base al merito del personale che opera nelle pubbliche amministrazioni, ed in particolare di quello dirigenziale. La valutazione dei dirigenti deve riguardare sia il raggiungimento dei risultati sia le competenze organizzative. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile deve prevenire i rischi di uso distorto delle risorse e di infrazione della legalità.

Il terzo ciclo che avviene nel periodo 2000-2002 si concentra più su riforme costituzionali che sul proseguimento delle riforme di modernizzazione della pubblica amministrazione. Con il decreto legislativo 267/00 vengono definiti meglio i confini degli enti locali.

Nel periodo intercorso tra il terzo ciclo e, seguendo Ongaro, un possibile “quarto ciclo”, vale la pena segnalare un orientamento del sistema dei controlli introdotto in precedenza:

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da un lato verso l’aumento della trasparenza e dell’accountability dell’amministrazione nel suo complesso (obiettivo non contemplato dalle precedenti riforme), attraverso il coinvolgimento degli stakeholders/utenti dell’amministrazione nella valutazione dei risultati (Finanziaria 2008);

e dall’altro verso la razionalizzazione della spesa, migliorando l’efficienza economica delle amministrazioni pubbliche.

Il “quarto ciclo” di riforma dell’amministrazione pubblica, promosso in particolare dal governo Berlusconi e dal governo Monti, prende avvio, dunque, con il decreto legislativo 150/2009, che mette al centro il concetto di performance, intesa come performance organizzativa e performance individuale, e accountability della pubblica amministrazione, e continua con la spending review introdotta dal governo Monti. I tre concetti chiave del quarto ciclo di riforma dell’amministrazione consistono in:

performance management (dlgs 150/2009) che riguarda “fare di più e meglio, utilizzando meno risorse” (Stame, 2013);

misurazione e valutazione della performance (dlgs 150/2009) che, parafrasando Nicoletta Stame (2013), riguarda “fare meglio che implica il più (ottenere risultati positivi di cambiamento nei programmi e nelle politiche, efficacia) con meno risorse (efficienza)”;

spending review (riforma Monti) che riconduce la riflessione sulla riduzione della spesa pubblica attraverso interventi di riduzione degli sprechi, di introduzione di economie di scala e di una razionalità comparativa (Vecchi, 2013).

Prima di soffermarsi sull’analisi della c.d. riforma Brunetta e sulla sua applicazione all’interno dei Comuni capoluogo di provincia, oggetto del presente articolo, vale la pena fare un passo indietro e guardare ai risultati conseguiti dai precedenti cicli e lezioni apprese.

Analizzando i processi di riforma dell’amministrazione pubblica italiana, Butera e Dente (2009, pp. 17) scrivevano: “affermare che la riforma della pubblica amministrazione avviata negli anni ’90 del secolo appena trascorso non ha mantenuto tutte le sue promesse è, a dir poco, un eufemismo.” Tuttavia, i due autori sostengono che: “ 1) le pubbliche amministrazioni italiane sono nel complesso migliorate nel corso degli ultimi 20 anni; 2) ciò è stato frutto delle iniziative, spesso isolate, di amministratori e di manager illuminati; 3) ed è stato reso possibile dalle riforme legislative intervenute a partire dagli anni ’90; 4) ma, è mancata una politica di supporto alla trasformazione effettiva del funzionamento delle pubbliche amministrazioni; 5) anche perché i paradigmi di trasformazione presenti nella policy community della riforma amministrativa erano spesso inadeguati” (Butera e Dente, 2009, pp. 17-18).

3 Il quarto ciclo della riforma dell’amministrazione: il dlgs 150/2009

Nel 2009, il ministro Brunetta del governo Berlusconi affermava che “Riformare le pubbliche amministrazioni italiane è assolutamente necessario ed urgente. Combattere gli sprechi e ridurre gli oneri amministrativi per le famiglie e le imprese, spesso generati dall’inefficienza burocratica, è quindi un preciso dovere del governo…. Insomma, trasparenza e valutazione sono e saranno le parole d’ordine della riforma che abbiamo in mente” (Butera e Dente, 2009, pp. 11-13).

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La nuova riforma si inserisce in un contesto di crescente sfiducia nella capacità delle amministrazioni pubbliche di fornire risposte adeguate ai problemi sociali ed economici della società italiana. La classe politica è largamente ritenuta incapace di trovare soluzioni al superamento della crisi economica e le amministrazioni pubbliche sono generalmente viste come generatori di sprechi e di privilegi per chi lavora all’interno più che come fornitori di servizi di qualità che contribuiscano alla competitività del sistema economico.

In questo contesto, la nuova riforma mette al centro il concetto di performance. Il decreto definisce la performance come “il contributo (risultato e modalità di raggiungimento del risultato) che un soggetto (sistema, organizzazione, unità organizzativa, team, singolo) apporta attraverso la propria azione al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi ed, in ultima istanza, alla soddisfazione dei bisogni per i quali l’organizzazione è stata costituita”. Andando oltre, il decreto legislativo 150/2009 sottolinea che la performance dell’amministrazione va intesa come performance dell’organizzazione che si fonda sulla performance del suo personale. Si parla, dunque, di performance delle amministrazioni: performance organizzativa e performance individuale.

Per quanto riguarda la performance organizzativa, l’articolo 8 del decreto stabilisce che le principali dimensioni di misurazione e valutazione sono: l’attuazione di piani e programmi nel rispetto delle fasi e dei tempi previsti; la rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari delle attività e dei servizi; l’efficienza nell’impegno di risorse; la qualità e la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati.

La misurazione e valutazione della performance individuale si riferisce, invece :

per i dirigenti: agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità; al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura; alle competenze professionali e manageriali dimostrate; alla capacità di valutazione dei propri collaboratori;

per il personale non dirigenziale: al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali; alla qualità del contributo assicurato alla performance dell’unità organizzativa di appartenenza; alle competenze dimostrate e ai comportamenti professionali e organizzativi.

Quattro i concetti chiave che stanno alla base del management e della valutazione delle performance così come previste dal decreto:

le amministrazioni devono misurare le performance organizzative e individuali; le buone performance organizzative e individuali devono essere premiate superando la

logica dell’adempimento e introducendo delle il criterio della meritocrazia; le amministrazioni pubbliche devono confrontare la propria performance con standard

internazionali e nazionali attraverso attività di benchmarking con altre amministrazioni e con le migliori pratiche a livello nazionale;

le amministrazioni devono rendere conto ai propri stakeholders e più in generale ai cittadini delle performance ottenute e le devono rendere visibili anche attraverso i propri siti.

Diversi gli strumenti introdotti dal decreto per accompagnare il superamento della cultura degli input e il passaggio alla logica degli outcome:

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il ciclo della performance con l’obiettivo di connettere il management e la misurazione e valutazione delle performance dell’amministrazione; tale ciclo si articola in: definizione di obiettivi, indicatori e relative risorse; monitoraggio; misurazione e valutazione della performance; utilizzo di sistemi premianti; e rendicontazione dei risultati.

il sistema di misurazione e valutazione della performance, da adottarsi con apposito provvedimento, che ha per oggetto la misurazione e la valutazione della performance organizzativa (art. 8) ed individuale (art. 9)

il Piano delle Performance inteso come documento programmatico annuale, con prospettiva triennale, che individua gli indirizzi e gli obiettivi strategici e operativi e definisce gli indicatori per la misurazione della performance dell’amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori.

la Relazione di Performance inteso come documento che evidenzia a consuntivo con riferimento all’anno, i risultati organizzativi e individuali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi programmati e alle risorse.

la creazione dell’Organismo Indipendente di Valutazione della performance, nominato dall’organo di indirizzo politico-amministrativo dell’ente per un periodo di tre anni.

attribuzione selettiva degli incentivi economici e di carriera in modo da premiare i capaci e i meritevoli, anche attraverso la suddivisione in tre fasce di merito (25/50/25).

la creazione di una pagina dedicata alla trasparenza, valutazione e merito sul sito delle amministrazioni pubbliche.

la creazione della Commissione Indipendente per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) con il compito di coordinare, indirizzare e sovrintendere all’esercizio delle funzioni di valutazione, garantendo la trasparenza dei sistemi adottati e la visibilità degli indici di andamento gestionale delle amministrazioni pubbliche.

A questi si accompagnano strumenti già in uso presso le amministrazioni come la customer satisfaction, le carte dei servizi, strumenti di qualità (CAF, ecc), benchmarking con altre amministrazioni, ecc.

Tra le amministrazioni pubbliche, il decreto Brunetta ha suscitato sin dall’inizio reazioni divergenti: la ricerca costante di limitare l’applicazione del decreto, l’adempimento formale, tradotto nella denominazione di strumenti in uso presso le amministrazioni con i termini della riforma (piano della performance, relazione della performance, ecc), o in alcuni (pochi) casi, l’opportunità offerta dalla riforma per migliorare il ciclo della performance avviato in precedenza o per introdurlo, laddove non esisteva prima della riforma. Il capitolo successivo analizza in dettaglio queste reazioni.

4 Management e misurazione della performance nei Comuni capoluogo: metodologia evidenza empirica

Il presente capitolo discute i risultati della ricerca “Mappatura dei sistemi di performance management nei Comuni capoluogo di Provincia” nell’ambito del progetto Formez “Valutazione delle performance”.

Prima di analizzare i risultati emersi, è utile fare un passo indietro e presentare la metodologie utilizzata.

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Metodologia della ricerca

La mappatura dei sistemi di management e misurazione della performance si è svolta in quattro tappe:

1. analisi dei siti di 99 Comuni Capoluogo di Provincia2

L’analisi dei siti ha mirato a rispondere alle seguenti domande:

l’organigramma e le responsabilità nell’Amministrazione sono chiari? l’amministrazione ha pubblicato i propri regolamenti interni aggiornati a seguito del D. Lgs. n. 150 del 2009?;

l’amministrazione ha pubblicato il proprio modello di performance management in uso e lo stesso è completo rispetto ai requisiti indicati dalla Civit?;

sono pubblicate nel sito le linee strategiche pluriennali vigenti (ad esempio obiettivi strategici e programmi di mandato) di riferimento per l’azione dell’amministrazione?;

l’amministrazione ha adottato e pubblicato il Piano della Performance 2011-2013, anche come RPP/PEG, secondo la definizione fornita dal D. Lgs. N. 150 del 2009?;

è stato pubblicato nel sito il rendiconto e evidenziato lo stato di salute finanziaria dell’Amministrazione(Rapporto di Gestione/Relazione sulla performance)?;

l’amministrazione ha proceduto alla nomina dell’Organismo Indipendente di Valutazione e i curriculum dei nominati sono presentati nel sito?;

risulta che l’amministrazione abbia al suo interno un’unità organizzativa che svolge funzioni di supporto alla misurazione e valutazione della performance, alle attività di programmazione e controllo e di pianificazione strategica connesse al ciclo di gestione della performance e alle attività di monitoraggio periodico della performance?;

quali altri strumenti di performance management sono utilizzati (carte servizi; certificazioni qualità;

2 i Comuni analizzati nell’ambito della ricerca sono: Comune di Alessandria, Comune di Ancona, Comune di Aosta, Comune di Ascoli Piceno, Comune di Asti, Bari, Comune di Belluno, Comune di Benevento, Comune di Biella, Comune di Bologna, Comune di Bolzano, Comune di Brescia, Comune di Cagliari, Comune di Caltanissetta, Comune di Campobasso, Comune di Carbonia, Comune di Caserta, Comune di Catania, Comune di Cesena, Comune di Chieti, Comune di Como, Comune di Cremona, Comune di Crotone, Comune di Cuneo, Comune di Fermo, Comune di Ferrara, Comune di Firenze, Comune di Forlì, Comune di Frosinone, Comune di Genova, Comune di Gorizia, Comune di Grosseto, Comune di Iglesias, Comune di Imperia, Comune di Isernia, Comune di Aquila, Comune di La Spezia, Comune di Lanusei, Comune di Latina, Comune di Lecce, Comune di Lecco, Comune di Livorno, Comune di Lodi, Comune di Lucca, Comune di Macerata, Comune di Mantova, Comune di Massa, Comune di Matera, Comune di Messina, Comune di Milano, Comune di Modena, Comune di Monza, Comune di Napoli, Comune di Nuoro, Comune di Olbia, Comune di Oristano, Comune di Padova, Comune di Palermo, Comune di Parma, Comune di Pavia, Comune di Perugia, Comune di Pesaro, Comune di Pescara, Comune di Piacenza, Comune di Pisa, Comune di Pistoia, Comune di Pordenone, Comune di Potenza, Comune di Prato, Comune di Ravenna, Comune di Rieti, Comune di Rimini, Comune di Roma, Comune di Rovigo, Comune di Salerno, Comune di Sanluri, Comune di Sassari, Comune di Savona, Comune di Siena, Comune di Sondrio, Comune di Taranto, Comune di Tempio Pausania, Comune di Teramo, Comune di Terni, Comune di Torino, Comune di Tortolì, Comune di Trani, Comune di Trento, Comune di Treviso, Comune di Trieste, Comune di Udine, Comune di Urbino, Comune di Varese, Comune di Venezia, Comune di Verbania, Comune di Vercelli, Comune di Vicenza, Comune di Villacidro, e Comune di Viterbo. Sono stati esclusi i

Comuni che erano già stati coinvolti in altre attività del suddetto progetto Formez.

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balanced scorecard; soddisfazione utenti; CAF; valutazione civica dei servizi negli ultimi tre anni)?;

nel caso la documentazione presentata nel sito risulti esauriente quali sono gli aspetti o le possibili esperienze da approfondire con l’intervista alla Direzione dell’Amministrazione?.

I documenti presi in considerazione sono stati: organigramma; documento del sistema di performance; Piano della Performance; PEG 2011; PDO 2011; Relazione Previsionale e Programmatica 2011; Programma di mandato del sindaco 2011; Regolamento degli uffici e dei servizi aggiornato alla luce del decreto Brunetta; Bilancio consuntivo 2010 accompagnato dalla relazione di rendiconto; Bilancio previsionale 2011; Regolamento OIV; indicatori di qualità; carte dei servizi; certificazione ISO; bilancio sociale; bilancio di mandato; relazioni o rapporti di gestione infrannuali e annuali (preliminari o assimilabili nella funzione alla Relazione sulla Performance). Ciascun documento analizzato è stato classificato utilizzando la seguente scala: 0 (assente), 1 (non aggiornato), 2 (presente e aggiornato); 3 (interessante). Alla fine dell’analisi i siti sono stati catalogati in: sito significativo dal punto di vista dell’accessibilità ai documenti di cui sopra e della completezza della documentazione aggiornata disponibile; sito parzialmente significativo dal punto di vista dell’accessibilità e della completezza dei documenti di cui sopra e sito non significativo, indicando la mancanza totale o in parte dei documenti di cui sopra.

2. identificazione dei Comuni “significativi” dal punto di vista dell’accessibilità, completezza (intesa anche come qualità) dei documenti di performance e analisi dettagliata del loro sistema di performance.

L’analisi del loro sistema di performance si è svolta da un lato attraverso una lettura approfondita dei documenti esemplificativi del Sistema di misurazione e valutazione della performance adottato e dall’altro attraverso un’intervista telefonica o faccia a faccia agli organi direzionali amministrativi (segretario Comunale, Direttore generale) e ai responsabili del controllo di gestione/sistemi informatici/sistema di valutazione della performance organizzativa e individuale per indagare i risultati dell’ente e il processo decisionale praticato alla base della gestione e misurazione della performance.

La lettura e intervista hanno permesso di:

stabilire se gli obiettivi strategici sono con chiarezza e se gli stessi oltre ad essere collegati ai programmi, alle azioni/prodotti e alle responsabilità, sono misurati con indicatori di output e di outcome;

verificare se gli obiettivi derivano da analisi valutative della performance dei programmi e delle politiche dell’ente;

rilevanza e essenzialità degli obiettivi strategici pluriennali e la loro declinazione in obiettivi annuali;

esistenza e significatività degli indicatori di output e di outcome; capire l’equilibrio e la sostenibilità dell’ente, gli effetti del patto di stabilità e se vi sono stati dei tagli alla spesa e le modalità adottate;

analizzare il processo decisionale che determina i contenuti del ciclo della performance, e in particolare capire la rilevanza attribuita al Piano della Performance all’interno dell’ente sia dai vertici politici sia da quelli amministrativi, se la visione trasmessa si basa su un’attenta analisi della realtà del comune e del suo territorio e cosa succede se gli obiettivi e le azioni promosse nel Piano della Performance non vengono raggiunti.

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Inoltre, è stato analizzato il rapporto tra ciclo della performance e ciclo/tempi del bilancio, le caratteristiche informative e decisionali del sistema istituzionale di controllo-programmazione dell’Ente, la tenuta dell’agenda amministrativa del Ciclo della Performance e il ruolo degli Organismi Indipendenti di Valutazione laddove presenti. Sulla base della lettura dei documenti di performance sono stati discussi, nell’ambito dell’intervista, gli aspetti critici e gli aspetti “di successo” del sistema di performance. L’intervista ha permesso di evidenziare i fattori abilitanti per il buon funzionamento del sistema di performance.

3. analisi documentale dei documenti di performance dei Comuni catalogati come “parzialmente significativi” e identificazione e analisi delle esperienze “promettenti” dal punto di vista della qualità del sistema di performance attraverso interviste telefoniche;

4. elaborazione delle informazioni raccolte e rapporto finale pubblicato dal Formez.

I risultati

L’analisi dei siti ha messo in luce che, a quasi due anni di distanza dall’adozione del decreto legislativo 150/2009, oltre il 50% dei Comuni analizzati non aveva pubblicato sul sito il Piano della Performance (inteso anche come RPP e PEG) e la relazione sulla performance dell’ente. Così come si può evincere anche dalla figura successiva, nella maggior parte dei casi i documenti di performance non risultano chiari e comprensibili al cittadino:

nel 70% dei Comuni manca la pubblicazione del Sistema di misurazione e valutazione della performance;

nel 53% manca la pubblicazione del Piano della Performance; nel 45% dei Comuni non vengono pubblicate le linee di programmazione pluriennali; nel 60% dei Comuni non sono pubblicati i documenti di bilancio (bilancio di previsione

e bilancio consuntivo); nel 67% dei Comuni non viene data alcuna indicazione sulla presenza o meno di un

Organismo di Valutazione.

Dall’articolazione degli uffici individuata sul sito, nel 64% dei Comuni analizzati sembra che non vi sia alcuna funzione di programmazione e controllo incaricata a gestire e misurare la performance dell’ente. Inoltre, l’analisi dei siti sembra mostrare che i collegamenti tra i documenti di performance, ed in particolare il Piano della Performance e/o la Relazione Previsionale e Programmatica pluriennale e il Piano di Gestione, e analisi valutative siano quasi inesistenti. Infatti, in tutti i Comuni analizzati non vengono pubblicate (e si sospetta che in molti casi ciò avvenga perché non vengono realizzate delle valutazioni dei servizi o delle politiche comunali) le analisi valutative a supporto dei documenti di programmazione dell’Ente. Mancano, dunque, completamente le valutazioni civiche dei servizi. In pochissimi casi (3 Comuni su 99) vengono citate le analisi dell’organizzazione attraverso il CAF. Ciò conferma quanto sostenuto ampiamente dalla letteratura sull’uso della valutazione nelle amministrazioni italiane (Vecchi, 2010; Dente e Buttera, 2009; Ongaro, 2009; ecc), ovvero lo scorso radicamento della cultura della valutazione non solo come strumento di comprensione della realtà su cui i Comuni intervengono, ma soprattutto come valore pubblico.

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Tra i Comuni sembra, invece, essere più “diffuso” (25% dei Comuni) lo strumento della carta dei servizi per assicurare degli standard di servizi. Tuttavia, non vi sono delle analisi sul rispetto effettivo degli standard di servizi indicati e sulle misure intraprese per migliorare il modo con il quale l’amministrazione raggiunge gli standard di servizi indicati.

Figura 1 – Sistemi di performance nei Comuni capoluogo di Provincia (dati al 2011)3

Pur se condotta attraverso un’analisi documentale (certamente più limitata dal punto di vista di cogliere potenziali fenomeni di cambiamento in atto nelle amministrazioni comunali analizzate), questa prima fase della ricerca ha messo in luce come nella maggior parte dei Comuni al decreto Brunetta non sia seguita un’effettiva implementazione dei principi di misurazione, valutazione e, in particolare, di rendicontazione della performance delle amministrazioni. Mentre il decreto Brunetta promuove la trasparenza quale livello essenziale delle prestazioni erogate, l’analisi dei siti dei 99 Comuni mette in luce come nella maggior parte dei casi ciò costituisca ancora un’illusione nelle amministrazioni italiane.

Tuttavia, l’analisi ha permesso di rilevare che non tutti i contesti sono uguali e che non tutte le amministrazioni hanno lo stesso livello di organizzazione e sviluppo. Esistono, infatti, delle amministrazioni il cui sistema di performance risulta più sviluppato e trasparente: il 26% dei Comuni analizzati ha pubblicato il Piano della Performance; il 18% dei Comuni ha pubblicato il loro Sistema di misurazione e valutazione della performance; il 22% dei Comuni ha

3 “Mappatura dei sistemi di performance management nei Comuni capoluogo di Provincia”, Formez, 2012, pag.13

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costituito un Organismo di Valutazione; il 25% dei Comuni utilizza delle Carte dei Servizi e il 15% dei Comuni realizza delle indagini di customer satisfaction.

In particolare, la performance di 10 Comuni risultava sufficientemente documentata e trasparente: Comune di Lecco, Comune di Massa, Comune di Brescia, Comune di Livorno, Comune di Pescara, Comune di Sassari, Comune di Cesena, Comune di La Spezia e il Comune di Rovigo.

Sia l’analisi dei siti (si veda figura di cui sopra) sia le interviste mettono in rilievo che, bensì siano dei “leader” rispetto alla maggioranza dei Comuni, il sistema di performance in uso nei 10 Comuni è caratterizzato da elementi positivi, ma anche da alcune criticità rilevanti.

Tra gli elementi di forza, si segnalano:

l’adozione del Piano della Performance e in alcuni Comuni uso del Piano come cornice di collegamento tra tutti gli strumenti di programmazione dell’ente;

l’integrazione tra strategie politiche, pianificazione operativa e valutazione del personale con monitoraggio dell’avanzamento di progetti e valutazione dei servizi;

l’identificazione chiara dei ruoli all’interno dell’amministrazione e tra la classe politica e la classe dirigenziale accompagnata da una misurazione sistematica della performance organizzativa e valutazione della performance individuale in funzione degli obiettivi perseguiti dall’amministrazione;

il coinvolgimento degli stakeholders nella definizione delle priorità dell’amministrazione (livello di coinvolgimento e peso nei processi decisionali diverso da un’amministrazione ad altra);

il coinvolgimento congiunto della classe politica e dirigenziale nei processi di programmazione (ancorché debole in molti dei Comuni);

l’identificazione di un set di indicatori per la misurazione della performance dell’ente;

l’adozione di strumenti informativi a supporto del sistema di performance management;

monitoraggio continuo dei programmi e dei servizi implementati dall’amministrazione e valutazione della loro performance;

sviluppo sistematico del sistema di performance presidiato dal Organismo Indipendente di Valutazione.

Tra le criticità più rilevanti, una in particolare desta preoccupazione riguardo all’uso del sistema di performance per migliorare le politiche ed i servizi delle amministrazioni analizzate: il rapporto tra le conoscenze4 e le decisioni assunte5.

4 intese come capacità di raccogliere dati sulle politiche/programmi e servizi implementati e sulla realtà territoriale in cui operano le amministrazioni e capacità di elaborare tali dati come supporto alla decisione con l’obiettivo di migliorare la performance complessiva dell’amministrazione 5 intese come modalità di rispondere in maniera adeguata e tempestiva ai problemi collettivi

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L’analisi delle conoscenze6 e delle decisioni7 ha evidenziato che in 6 comuni su 10 analizzati, le conoscenze e le decisioni risultano inadeguate. D’altro lato, anche laddove le conoscenze sono adeguate (4 comuni su 10 analizzati) le decisioni non sembrano essere basate sulle conoscenze.

Figura 2 – Conoscenze/decisioni nei 10 comuni analizzati

Ciò sembra essere dovuto alla: scarsa cultura dell’uso delle conoscenze (derivanti da valutazioni, indagini di soddisfazione, auto-valutazioni, benchmarking con altre amministrazioni, ecc) per la decisione delle politiche e dei servizi da perseguire da parte della classe politica; limitata capacità della classe dirigenziale di evidenziare i benefici dell’uso delle conoscenze nella decisione dell’agenda dell’amministrazione e delle politiche/servizi da

6 le conoscenze sono state analizzate attraverso la pesatura della profondità delle misure (obiettivi strategici, analisi di contesto, indicatori di outcome), e della multidimensionalità della valutazione (servizi, salute relazionale, organizzativa e finanziaria del Comune). La scala utilizzata per la pesatura è: 1- incompiuto o incompleto con evidenti e riconosciute carenze; 2 – parzialmente adeguato o in fase di sviluppo; 3 – atto ad assicurare i livelli minimi esistenziali di performance organizzativa; 4 – adeguato, con indicatori di outcome, e oggetto di sistematico sviluppo su una base acquisita dei fondamentali del controllo strategico e direzionale; 5 –

evoluto e in sistematico aggiornamento. 7 le decisioni sono state analizzate attraverso la considerazione e pesatura dei ruoli e delle responsabilità (rapporto tra sindaco, assessori, segretario-direttore generale, dirigenti, partecipate e esternalizzazioni), dell’agenda dell’amministrazione (modalità di gestione del tempo dell’amministrazione e di definizione delle priorità e della gestione delle emergenze) e delle decisioni di razionalizzazione e di innovazione delle politiche pubbliche basate su valutazioni. La scala utilizzata è: 1- incompiuto o incompleto con evidenti e riconosciute carenze; 2 – parzialmente adeguato o in fase di sviluppo; 3 – atto ad assicurare i livelli minimi esistenziali di performance organizzativa; 4 – adeguato, con indicatori di outcome, e oggetto di sistematico sviluppo su una base acquisita dei fondamentali del controllo strategico e direzionale; 5 – evoluto e in sistematico

aggiornamento.

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perseguire e di sviluppare sistemi di misurazione e valutazione della performance adeguati al contesto attuale; non sempre tempestività delle misurazioni e della reportistica, che dovrebbero servire a supportare i processi decisionali. Spesso, a questo si aggiunge una limitata capacità di programmazione strategica dell’amministrazione, che si traduce nella costruzione dell’agenda dell’amministrazione in base alle emergenze e scadenze imposte dall’esterno. Emerge, inoltre, una programmazione con orizzonti limitati che serve più a una rapida comunicazione degli input più che degli output, e tanto meno degli outcome.

A queste criticità si aggiungono altre ugualmente importanti:

focus maggiore sui modelli e strumenti di performance management che sul livello di performance che vuole essere raggiunto dall’amministrazione, tradotto anche in una scarsa considerazione degli indicatori di outcome;

sistemi informativi scarsamente standardizzati e integrati e considerati poco affidabili dagli stessi utilizzatori;

debole integrazione tra il ciclo di performance e il ciclo di bilancio; e trasparenza intesa più come accessibilità e come comunicazione delle cose che

“conviene” dire più che come un valore dell’azione dell’amministrazione.

L’analisi delle dieci esperienze mette in evidenza alcuni fattori abilitanti per un’amministrazione basata sulla performance:

attenzione alla governance dei processi di performance

Una prima considerazione riguarda il ruolo degli attori nell’attivazione dei processi di performance. Come sottolineato da molti autori (Butera e Dente, 2009; Vecchi, 2010, ecc) la costruzione di un amministrazione basata sulla performance non deriva dall’adozione di normative orizzontali, ma piuttosto dall’innescamento di processi di cambiamento e apprendimento all’interno delle amministrazioni. Gli strumenti al supporto della performance (come il sistema di performance) sono caratterizzati da processi di attuazione e il loro buon funzionamento dipende anche dagli attori coinvolti e dalla loro interazione. Come sarà spiegato in seguito, la costruzione di un’amministrazione basata sulla performance dipende sia dalla governance dei processi di performance sia dal sistema di performance attivato e dagli strumenti a suo supporto.

una forte leadership della performance

Le analisi dei sistemi di performance hanno, infatti, messo in luce che l’orientamento dell’azione amministrativa verso l’introduzione di sistemi di performance non siano una conseguenza diretta delle leggi, ma piuttosto dell’azione di agenti di sviluppo e leader che hanno un forte interesse all’utilizzo e diffusione di tali sistemi per supportare i processi decisionali.

Nei comuni analizzati, il ruolo del direttore generale o del segretario generale quale agente di cambiamento e leader del sistema di performance è stato uno dei fattori che ha maggiormente favorito la sua adozione e diffusione all’interno dell’amministrazione. In un comune tale ruolo è stato attribuito all’Organismo Indipendente di Valutazione, che ha contribuito all’adozione di un sistema di performance complesso e a ingaggiare la dirigenza nel suo utilizzo.

Il ruolo della leadership nella diffusione dei sistemi di performance e della cultura della performance è stato, infatti, più volte sottolineato nella letteratura sulla performance della pubblica amministrazione. Dente e Butera scrivevano che “il ruolo della leadership, importante nelle aziende, diventa ancor più cruciale nella pubblica amministrazione, dove

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l’attivazione del cambiamento richiede di dispiegare energie particolarmente intense nel canalizzare verso gli obiettivi tangibili quelle spinte motivazionali che sono presenti solo allo stato potenziale” (Dente e Butera, 2009, pag 41).

un forte commitment della classe politica verso il sistema di performance e suo utilizzo nei processi decisionali

In quasi tutti i comuni analizzati, l’adozione del sistema di performance è stata fortemente sostenuta e promossa dal sindaco (e in alcuni casi dagli assessori al personale/organizzazione). Il coinvolgimento della classe politica nella costruzione del sistema di performance è stato indispensabile per il suo funzionamento. E’ stato, infatti, sottolineato più volte come l’assenza di una leadership politica del sistema di performance rischi da un lato di portare la classe politica a considerare inutili i sistemi di performance, ed in particolare la valutazione della performance, e dall’altro di vivere l’introduzione la diffusione di tali sistemi soltanto come un adempimento e non come strumenti di supporto delle decisioni e dell’orientamento dell’azione dell’amministrazione. Inoltre, in assenza di un tale coinvolgimento la classe politica non sarebbe a conoscenza della performance dell’ente che presidia e delle azioni della classe dirigenziale.

Boyne, Meier, O’Toole, Wlaker (2006) sostengono che, mentre è facile indicare ai manager che l’utilizzo dei sistemi di performance e la performance dell’amministrazione dipende dal commitment della classe politica verso la loro costruzione e utilizzo nei processi decisionali , è altrettanto difficile farlo concretamente. Questo è, infatti, uno dei punti chiave che emerge anche dalle dieci esperienze analizzate. Nonostante l’adozione dei sistemi di performance sia stata sostenuta dal sindaco, ciò non si è sempre tradotto in un aumento della consapevolezza dell’intera classe politica verso la promozione di un’amministrazione basata sulla performance. Le esperienze analizzate mettono in luce che il commitment della classe politica tende a crescere una volta con l’impostazione di un sistema di performance che parte dagli outcome. Una chiara identificazione degli outcome dell’amministrazione permette ai politici di comunicare ai cittadini i risultati delle politiche e dei programmi implementati e suscita il loro interesse verso i sistemi di performance. In due comuni è stato, infatti, sottolineato un incremento della consapevolezza della classe politica verso il sistema di performance quale strumento per aumentare la loro capacità decisionale e per rendicontare ai cittadini i risultati ottenuti.

cultura della performance e della valutazione

Il ruolo della cultura della performance e valutazione per il raggiungimento di una maggiore performance delle amministrazioni pubbliche è stato ampiamente dibattuto nella letteratura (Brewer, 2005, Boyne, Meier, O’Toole, Walker, 2006, Ongaro, 2009). Brewer (2005) sostiene che un’amministrazione caratterizzata dalla cultura dell’efficacia e del lavoro coinvolgente basato su una missione è più probabile che ottenga una maggiore performance di altre amministrazioni. La valutazione della performance come creazione di valore pubblico (Urbani, 2012) è più importante che esista nella coscienza prima ancora che nella pratica.

Le esperienze analizzate hanno messo in luce che la cultura della performance e della valutazione è tuttora scarsamente radicata nelle amministrazioni locali e nella coscienza di chi ci opera. Nei casi “fortunati”, questa cultura è limitata ad “un elite” all’interno dell’amministrazione, spesso composta dal top management e alcuni dirigenti e/o funzionari. Le esperienze analizzate mostrano che l’assenza di una cultura della performance e della valutazione come valore pubblico minaccia il buon funzionamento dei sistemi di performance e il raggiungimento della performance stessa perché la loro utilità non viene percepita. Questo

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succede spesso a causa di un’incomprensione dei concetti stessi di gestione, misurazione e valutazione della performance e della loro rilevanza per il miglioramento delle politiche e dei servizi attuati dalle amministrazioni. Ciò si traduce in una ritrosia dei dipendenti nel cambiare i loro comportamenti verso la logica dell’amministrazione basata sulla performance e nell’adottare nuovi strumenti. Più di un comune tra quelli analizzati ha sollevato, infatti, il problema della scarsa consapevolezza dei propri dipendenti riguardo ai benefici e al ruolo dei sistemi di performance e valutazione per il raggiungimento dei risultati e per il miglioramento dell’azione dell’amministrazione: “una delle questioni poco considerate nello sviluppo dei sistemi di performance management riguarda la dimensione interna di tali sistemi, ovvero la consapevolezza dei dipendenti circa l’utilità di tali sistemi, le loro potenzialità e uso nel lavoro quotidiano. La scarsa consapevolezza dei dipendenti riguardo al ruolo e ai benefici di tali sistemi nello svolgimento del loro lavoro quotidiano è stata una delle difficoltà con la quale si è confrontato il Comune all’inizio dell’adozione del sistema di performance” (rappresentante del top management di uno dei Comuni analizzati). Alcuni dei Comuni analizzati hanno investito risorse considerabili nell’attivazione di processi di apprendimento all’interno dell’amministrazione. Sono stati attivati dei percorsi di formazione sulla performance e valutazione rivolti ai dipendenti a tutti i livelli per rendere l’intera amministrazione consapevole dei benefici che derivano dalla misurazione e dalla valutazione della performance. Oltre alla formazione, i comuni hanno optato per l’introduzione di sistemi di performance attraverso processi decisionali aperti che hanno visto il coinvolgimento dell’intera amministrazione.

competenze adeguate a supportare i sistemi di performance

Come evidenziato da Vecchi (2010, pag.9), l’analisi della performance delle amministrazioni richiede l’esistenza di competenze in grado di “concettualizzare la pubblica amministrazione in termini di processi di servizio (controllo di gestione), ed, eventualmente, anche di programmi e piani strategici (controllo strategico e valutazione delle politiche)”, di garantire l’uso e la gestione dei sistemi informativi e di gestire processi di confronto interno ed esterno all’amministrazione e di diffusione dei risultati a supporto delle decisioni. La costruzione di politiche che partano dalla performance effettiva dell’ente e dall’analisi dei problemi collettivi dipende in larga misura anche dalle capacità del management di costruire sistemi di performance adeguati al contesto attuale e capaci di rispondere ai bisogni di informazioni della classe politica e dall’esistenza di competenze adeguate a tutti i livelli per sostenere l’uso di questi sistemi. Uno dei comuni analizzati ha evidenziato, infatti, che l’adozione e l’uso del sistema di performance è stata favorita da una struttura amministrativa qualificata. Tuttavia, queste capacità non sono state riscontrate in tutti i comuni analizzati. Infatti, come ampiamente mostrato nella letteratura italiana sulla performance e anche dalle dieci esperienze analizzate, la presenza di tali capacità è ancora limitata a poche amministrazioni locali.

esistenza di strumenti a supporto del sistema di performance

Un sistema di performance efficace si innesca sull’esistenza di strumenti a suo supporto (i.e. controllo di gestione, controllo strategico, sistema di monitoraggio e reportistica di monitoraggio, sistemi informativi, ecc). L’analisi delle esperienze ha messo in luce che laddove i sistemi di performance funzionano, ciò avviene anche perché si fondano su sistemi informativi integrati che raccolgono dati su tutte le dimensioni della performance in maniera integrata e permettono la realizzazione di una reportistica tempestiva a supporto delle decisioni. Tuttavia, l’esistenza di sistemi informativi integrati è ancora limitata e in molti

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comuni esiste una separazione netta tra le varie banche dati utilizzate, ciò rende difficoltosa l’integrazione dei dati, il benchmark interno ed esterno e la produzione in maniera tempestiva della reportistica di performance.

la voce degli stakeholders

L’accessibilità totale alle informazioni della pubblica amministrazione promossa dalla riforma Brunetta avrebbe dovuto introdurre forme diffuse di controllo dell’azione dell’amministrazione da parte dei suoi stakeholders. Tuttavia, cosi come sottolineava Vecchi (2010), spesso gli interventi di riforma che incentivano l’adozione dei meccanismi di accountability da parte delle pubbliche amministrazioni non tengono conto del fatto che essi possono funzionare a condizione che all’esterno delle amministrazioni esistano degli stakeholders (utenti, associazioni di consumatori, associazioni di categoria, imprese, cittadini, ecc) interessati a esercitare forme di controllo dell’azione amministrativa e a far sentire la loro voce (nel senso di Hirshmann).

In alcune delle esperienze analizzate, le interviste hanno rilevato che la voce degli stakeholders è ancora molto “bassa” e ciò non contribuisce ad incentivare la rapida diffusione dei sistemi di performance: “la consapevolezza dell’amministrazione di misurare e comunicare i risultati e le criticità si scontra con lo scarso interesse dei cittadini nelle misurazioni effettuate dall’amministrazione” (rappresentate di uno dei dieci comuni analizzati).

Al contrario, altre esperienze analizzate hanno anche messo in luce come l’interesse degli stakeholders verso il “controllo” esterno dell’agire dell’amministrazione sia più forte laddove la relazione con loro è stata costruita e governata attraverso un coinvolgimento nel processo di identificazione degli obiettivi dell’amministrazione e dei risultati desiderabili e nel processo di implementazione e valutazione delle azioni dell’amministrazione. Infatti, come sottolineato anche da Vecchi (2010), l’interazione con gli attori esterni va costruita, governata e continuamente arricchita con nuovi attori rilevanti e appropriati per i temi trattati.

5 A che punto siamo oggi

Cosciente del fatto che i risultati presentati sono frutto di un’analisi realizzata in poco tempo dopo l’azione della riforma Brunetta, e che si può certamente opinare che i processi di change management (quale la riforma Brunetta) hanno bisogno di tempi lunghi di implementazione prima che si possa parlare di fallimenti o successi effettivi (Butera e Dente, 2009; Lazzara, 2012), l’autrice ha realizzato una breve ricerca desk sullo stato attuale dei sistemi di performance in alcuni Comuni considerati nella ricerca. In particolare, è stata posta l’attenzione sui Comuni che al momento della ricerca non avevano pubblicato il PdP, il sistema della performance e la relazione sulla performance e/o rendiconto.

A distanza di quattro anni dall’adozione del decreto Brunetta, si può notare che quanto rilevato nell’ambito della ricerca sia confermato. Sembra essere prevalsa la logica dell’adempimento più che quella dell’attivazione dei processi reali di cambiamento, intesi come orientamento verso un’amministrazione basata sulla performance.

Nel momento della realizzazione della ricerca qui discussa, il 53% dei comuni analizzati non aveva pubblicato il proprio Piano della Performance, il sistema della performance e la Relazione sulla performance.

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Ad oggi, quasi la metà (il 48%) dei Comuni non ha pubblicato il Piano (inteso anche come RPP e PEG/PDO) o ha pubblicato un piano non aggiornato (nella maggioranza dei casi come RPP e PEG/PDO aggiornato al 2011), mentre il 46% dei Comuni ha pubblicato e aggiornato il proprio piano esclusivamente come RPP e PEG/PDO. Soltanto il 13% dei comuni ha un Piano specifico della Performance aggiornato, mentre in solo il 4% dei comuni tale piano è avanzato (ovvero definisce la performance organizzativa e individuale e presenta un chiaro collegamento tra di loro, individuando misure di outcome o almeno di output).

Figura 3 – Pubblicazione del PdP nei Comuni senza un Piano nel 2011

Una distinzione precisa è stata fatta tra l’esistenza di un Piano della Performance specifico e il Piano inteso come RPP e PEG/PDO, poiché vale la pena sottolineare che la realizzazione della RPP e PEG fossero obbligatorie anche prima della riforma Brunetta. Inoltre, la struttura adottata non permette di individuare il collegamento tra obiettivi strategici, obiettivi annuali e obiettivi individuali e né individua misure di output o outcome.

Tuttavia, nel 13% dei Comuni è stato introdotto un piano specifico della performance (anche se con livelli di sviluppo diversi). Si può ipotizzare che l’introduzione del Piano della Performance sia scaturita dall’opportunità offerta dalla riforma e sia stata sostenuta dai fattori abilitanti sopra elencati.

Lo stesso quadro sembra emergere anche dall’analisi della pubblicazione delle relazioni sulla performance. Il 58% non ha pubblicato alcuna Relazione sulla Performance, mentre il 40% non ha pubblicato una Relazione sulla Performance aggiornata (in oltre metà dei comuni l’ultimo aggiornamento risale al 2011, mentre nel resto al 2012). Soltanto, il 2% dei comuni ha pubblicato la Relazione sulla Performance aggiornata al 2013.

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Figura 4 – Pubblicazione della Relazione sulla Performance in 52 Comuni capoluogo di provincia

Per quanto riguarda l’OIV, soltanto 6 comuni continuano a non avere un OIV. Tuttavia, l’esistenza di un OIV non implica necessariamente un suo ruolo effettivo nel sostenere processi di misurazione e valutazione all’interno dell’amministrazione. Da questo punto di vista, sembra azzardato fare qualche considerazione rispetto agli effetti della riforma Brunetta in questo ambito.

Guardando a questi risultati dal punto di vista della trasparenza, intesa come accessibilità alle informazioni prodotte dall’amministrazione, a prima vista si potrebbe dire che vi è stato un netto miglioramento rispetto alla situazione precedente. Tuttavia, un’attenta considerazione dei documenti di performance (RPP/PEG/PDO, bilancio consuntivo e di previsione, relazione sulla performance) rileva l’uso di una struttura e di un linguaggio comprensibile solo a cittadini con competenze tecniche in questo ambito e non alla stragrande maggioranza dei cittadini. La pubblicazione di tali documenti non solo non favorisce un interlocuzione tra l’amministrazione e i suoi stakeholders, ma rischia di rappresentare più un costo che un beneficio per l’amministrazione e la cittadinanza stessa.

Anche se sommaria, questa analisi desk indica che l’uso delle risorse normative per l’adozione di una logica della performance sia avvenuta in base alle risorse (politiche, di conoscenza, relazionali) presenti all’interno di ciascuna amministrazione.

Ritornando alle tre reazioni scaturite dalla riforma Brunetta ricordate all’inizio di questo lavoro, si può dire che sia prevalsa quella di ribattezzare strumenti esistenti con un altro nome (la logica dell’adempimento) più che quella di adozione di un sistema di performance adeguato e teso a migliorare la performance stessa dell’amministrazione.

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6 Conclusioni

Cercando di riassumere gli argomenti fin qui trattati in un quadro unitario, possiamo dire che introdurre innovazione per legge (così come si è proposto la riforma Brunetta) non basta ad assicurare il cambiamento verso un’amministrazione basata sulla performance e a introdurre nuovi comportamenti fondati sulla cultura della performance e della valutazione.

Infatti, l’analisi realizzata tra il 2011 e il 2012 su 99 comuni capoluogo di provincia ha evidenziato che la maggior parte dei comuni analizzati non disponevano di un sistema di performance: ad esempio, il 70% non aveva pubblicato il documento del sistema di misurazione e valutazione della performance, il 53% non aveva pubblicato il piano della performance (inteso anche come RPP e PEG/PDO), e il 60% non aveva pubblicato i documenti di bilancio. L’analisi dei 99 comuni ha messo in luce che le azioni proattive per la costruzione di un’amministrazione basata sulla performance sono avvenute singolarmente per alcune amministrazioni laddove le amministrazioni disponevano delle risorse necessarie per sfruttare l’opportunità offerta dalla riforma per introdurre o migliorare i sistemi di performance e il loro uso lungo l’intero processo decisionale. Infatti, l’analisi di dieci amministrazioni comunali, selezionate in base allo stato di avanzamento dei documenti di performance pubblicati sul sito, ha evidenziato alcuni fattori che contribuiscono all’adozione di una logica di amministrazione basata sulla performance: attenzione alla governance dei processi di performance, leadership amministrativa (top management) e politica della performance, dirigenza proattiva, cultura della performance e valutazione all’interno dell’amministrazione (a tutti i livelli e non solo quelli dirigenziali o politici), competenze tecniche a supporto dei sistemi di performance, strumenti informativi integrati a supporto del sistema di performance, e “controllo esterno” da parte degli stakeholders dell’amministrazione e loro coinvolgimento nel processo di definizione della performance dell’ente.

A quattro anni di distanza dall’adozione del decreto Brunetta, tali risultati vengono riconfermati. Una breve analisi degli attuali sistemi di performance dei 52 comuni che nel 2011 non avevano pubblicato il PdP, il sistema di misurazione e valutazione della performance, i documenti di bilancio e il rendiconto della performance conferma i risultati precedenti, ovvero che le amministrazioni hanno utilizzato in maniera diversa le risorse normative per l’adozione di un sistema di performance a supporto delle decisioni. Ad oggi soltanto il 13% dei 52 comuni analizzati ha pubblicato un piano specifico della performance, mentre il 58% non ha pubblicato alcun piano (inteso anche come RPP e PEG/PDO) o non ha aggiornato il piano pubblicato nel 2011. Inoltre, il fatto che soltanto il 2% dei comuni abbia pubblicato la relazione sulla performance aggiornata al 2013, mostra che la valutazione della performance non è ancora considerata un elemento fondamentale per la definizione delle priorità dell’amministrazione per l’anno in corso (2014). In una fase di preparazione e approvazione dei bilanci di previsione, la relazione sulla performance ottenuta dalle amministrazioni nel 2013 dovrebbe rappresentare il punto di partenza.

Così come mostrato anche dall’analisi delle dieci amministrazioni, la valutazione della performance continua a essere debole anche laddove esiste un sistema di performance. Inoltre, anche quando avviene in maniera strutturata, difficilmente le decisioni dell’amministrazione sono costruite sulle conoscenze fornite dalla valutazione. La valutazione della performance è di solito considerata un punto di arrivo, una verifica del rapporto previsto/attuato e non lo strumento per individuare e aggiornare le priorità dell’ente. In alcuni casi la valutazione della performance avviene come strumento per prevedere quello

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che si dovrà/potrà valutare da comunicare come attuato e non come uno strumento funzionale atto a correggere tempestivamente gli interventi attuati e a migliorare le azioni dell’amministrazione.

La valutazione della performance intesa come strumento di apprendimento e di miglioramento dovrebbe essere, invece, al centro dei sistemi di performance e dei processi decisionali, soprattutto nel periodo della spending review, in cui le amministrazioni sono chiamate a tagliare la spesa pubblica e a spiegarlo ai cittadini.

Come sottolineano alcuni autori (Lazzara, 2012, pag 22) la valutazione della performance a tutto campo, intesa non solo come strumento/tecnica, ma soprattutto come cultura, capacità di osservazione e responsabilità, diventa efficace solo mettendo insieme partecipazione e leadership, che “non possono, tuttavia, essere innestate nel tessuto vivo della PA per decreto; esse necessitano invece di una lenta sedimentazione, di investimenti in crescita delle competenze e di formazione, di sforzo per la costruzione di una cultura condivisa” e di una forte leadership amministrativa e politica.

Vale la pena, inoltre, evidenziare che l’adozione di soluzioni di questo tipo (riforme orizzontali che trattano tutte le amministrazioni allo stesso modo e che cercando di indurre comportamenti virtuosi esclusivamente attraverso obblighi di legge) comportano dei costi effettivi in termini di “administrative burdens” (che alla fine gravano sui cittadini e sulle imprese), senza nel contempo essere il drive necessario al miglioramento effettivo dei servizi. Il problema molto concreto è che riforme di questo tipo continuano a percorrere la strada della PA italiana: alti costi e bassa qualità dei servizi.

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