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LA VERIFICA DEL

BENESSERE ORGANIZZATIVO

A PARTIRE DALLO

STRESS LAVORO CORRELATO:

UNA CONCRETA OPPORTUNITA'

DEFINIZIONE DEFINIZIONE DEFINIZIONE DEFINIZIONE DIDIDIDI STRESSSTRESSSTRESSSTRESS

Origine etimologica: il termine stress deriva dal latino popolare

“districtia”, “strizzare” e suggerisce perciò in senso metaforico una

stretta, un’angustia (e quindi una possibile angoscia).

“Lo stress è un fenomeno che ha luogo quando una persona incontra

eventi, o caratteristiche di eventi, percepiti come significativi per il

proprio benessere ed eccedenti le proprie capacità di farvi fronte”.

(Cooper & Payne (1980))

Lo stress è pertanto definito dalla percezione che le persone hanno

dello squilibrio fra richieste lavorative e la possibilità di farvi fronte.




STIMOLI ESTERNI O

RICHIESTE AMBIENTALI

(EVENTI O STRESSOR)

REAZIONE

SOGGETTIVA

(STRAIN)

VALUTAZIONE SOGGETTIVA

DELLA RICHIESTA

AMBIENTALE

(Risposte fisiologiche, psicologiche e

comportamentali agli stressor)

PRESSIONE ESTERNA

(“STRETTA”) CHE RICHIEDE

UN CAMBIAMENTO

STRESSSTRESSSTRESSSTRESS




PROCESSO TRANSAZIONE

INDIVIDUO - AMBIENTE

Le richieste ambientali o eventi o “stressor” rappresentano le fonti di

stress e possono avere natura fisica:

LE RICHIESTE AMBIENTALI LE RICHIESTE AMBIENTALI LE RICHIESTE AMBIENTALI LE RICHIESTE AMBIENTALI

(EVENTI O STRESSOR)(EVENTI O STRESSOR)(EVENTI O STRESSOR)(EVENTI O STRESSOR)

� Fame

� Privazione del sonno

� Temperatura non adeguata

� Esposizione ad elevate vibrazioni

� Esposizione ad elevati livelli di rumore

� Turni di lavoro prolungate (soprattutto se

distribuiti nelle fasce orarie notturne)




Oppure le richieste ambientali o eventi o “stressor” possono avere

natura psicologica:

� Eventi traumatici

� Accadimenti della vita

� Difficoltà

� Conflitti (inteso non come conflitto inter-personale, ma come conflitto intra - personale)

LE RICHIESTE AMBIENTALI LE RICHIESTE AMBIENTALI LE RICHIESTE AMBIENTALI LE RICHIESTE AMBIENTALI

(EVENTI O STRESSOR)(EVENTI O STRESSOR)(EVENTI O STRESSOR)(EVENTI O STRESSOR)




Il CONFLITTO NELLA GENESI DELLO STRESS

Un conflitto può generarsi quando:

- Due bisogni sono in opposizione

- Due richieste esterne spingono verso differenti direzioni

- Un bisogno interno è incompatibile con una richiesta esterna

(dell’ambiente)

- Occorre scegliere tra due o più alternative spiacevoli

Esempio: il lavoratore si trova a scegliere tra il

sopportare le continue aggressioni verbali da

parte dei colleghi e il comunicare il disagio ai

superiori con il rischio di catalizzare nuove

inimicizie e peggiorare il problema.




LO STRESS COME ESPERIENZA

SOGGETTIVA




LA “SINDROME GENERALE DI

ADATTAMENTO” E LE SUE FASI

1. FASE ACUTA: reazione di allarme

2. FASE DIRESISTENZA

(detta di adattamento o cronica)




3. FASE DIESAURIMENTO: lo stimolo stressante supera la capacità di adattamento dell’individuo.

TIPI DI STRESS




Lavorare sotto una certa pressione può migliorare la performance e le

prestazioni, dando soddisfazioni quando si raggiungono obiettivi

difficili o impegnativi.

Questa tensione positiva viene

definita “stress acuto” ovvero

“eustress” mentre al contrario,

quando le richieste (in ambito

lavorativo ed

extraprofessionale) con la

pressione eccessiva ed

esercitata a lungo determinano

situazioni di disagio si parla di

stress cronico o “distress”.

Alcuni esempi di reazioni fisiologiche di attivazione dell’organismo in vista

di un “fight or flight”:

�Aumento del ritmo e della profondità della respirazione;

�Aumento della frequenza cardiaca;

�Dilatazione delle pupille;

�Diminuzione della saliva;

�Aumento della traspirazione...

LE RISPOSTE FISIOLOGICHE (STRAIN)LE RISPOSTE FISIOLOGICHE (STRAIN)LE RISPOSTE FISIOLOGICHE (STRAIN)LE RISPOSTE FISIOLOGICHE (STRAIN)…………

…………fightfightfightfight or flight?or flight?or flight?or flight?

Cannon (1935) usò l’espressione “fight or flight” (lottare o fuggire) per

descrivere i preparativi dell’organismo di fronte ad un pericolo da

fronteggiare.




CHE COSCHE COSCHE COSCHE COS’’’’EEEE’’’’ BENESSERE ORGANIZZATIVO?BENESSERE ORGANIZZATIVO?BENESSERE ORGANIZZATIVO?BENESSERE ORGANIZZATIVO?

… corretto funzionamento dei meccanismi organizzativi che

sottendono all’efficienza dell’organizzazione aziendale,

… stato di benessere psico – fisico delle persone impegnate, a vario

livello, nelle attività dell’organizzazione

“Il benessere organizzativo e l’efficienza

dell’organizzazione possono essere perseguite attraverso

un comune assetto organizzativo e caratteristiche di

progettazione organizzativa” (Murphy & Cooper, 2000).




L’interesse per il benessere nelle organizzazioni ha portato

all’introduzione del concetto di stress lavoro-correlato e a quello di

rischio psico-sociale.

CHE COSCHE COSCHE COSCHE COS’’’’EEEE’’’’ IL RISCHIO PSICO SOCIALE?IL RISCHIO PSICO SOCIALE?IL RISCHIO PSICO SOCIALE?IL RISCHIO PSICO SOCIALE?

“Il potenziale che le caratteristiche della situazione sociale ed

organizzativa hanno di produrre una diminuzione, o di impedire

l’aumento, del benessere, della salute e dell’incolumità delle persone.”

(Bisio, 2009)

“Quegli aspetti di progettazione del lavoro e di organizzazione e gestione

del lavoro, ed i loro contesti ambientali e sociali, che potenzialmente

possono dar luogo a danni di natura psicologica, sociale o fisica. (Cox

& Griffiths, 1995)




STRUMENTI DEL BENESSERE STRUMENTI DEL BENESSERE STRUMENTI DEL BENESSERE STRUMENTI DEL BENESSERE

ORGANIZZATIVOORGANIZZATIVOORGANIZZATIVOORGANIZZATIVO




La struttura organizzativa può contare su:

-una formazione manageriale realmente centrata sullo sviluppo delle

risorse umane;

- il rispetto delle norme contrattuali,

- la garanzia di confort ambientale e di una completa dotazione

dell’organico,

- la chiara definizione dei ruoli e degli obiettivi aziendali,

- adeguate strategie di leadership, mediante la progettazione di

programmi legati allo sviluppo della leadership e percorsi che accrescano

le capacità di collaborazione e di fiducia all’interno del team.




La struttura organizzativa prevede:

- la supervisione del lavoro svolto,

- la verifica dei risultati ottenuti,

- la riformulazione periodica degli obiettivi,

- la pianificazione delle attività

- la chiara definizione delle priorità.

Per un buon sviluppo organizzativo andrebbe implementata anche la

formazione riguardo la gestione dei conflitti, la negoziazione e la

gestione del tempo.



Gli elementi del benessere organizzativo consistono tra l’ altro in:

- lasciare ai lavoratori il tempo necessario per eseguire le loro mansioni,

- fornire descrizioni chiare dell’attività da svolgere,

- gratificare i lavoratori che assicurano buone prestazioni,

- comunicare anche su feedback negativi,

- coinvolgere i lavoratori anche in aspetti decisionali sulle loro attività,

- ridurre al minimo i rischi fisici,






- consentire ai lavoratori di partecipare alle decisioni che hanno

ripercussioni dirette su di loro,

- adattare i carichi di lavoro alle capacità e alle risorse di ciascun

lavoratore,

- assegnare le mansioni in modo che il lavoro sia stimolante,

- definire con chiarezza i ruoli e le responsabilità di lavoro,

- offrire possibilità di interazione sociale,

- evitare ambiguità per quanto riguarda la sicurezza del posto di lavoro e

le prospettive di sviluppo professionale.






IL MALESSERE ORGANIZZATIVOIL MALESSERE ORGANIZZATIVOIL MALESSERE ORGANIZZATIVOIL MALESSERE ORGANIZZATIVO




L’assenza degli elementi che garantiscono il benessere

organizzativo può generare un vero e proprio

“malessere organizzativo”

ASPETTI CHE POSSONO GENERARE IL ASPETTI CHE POSSONO GENERARE IL ASPETTI CHE POSSONO GENERARE IL ASPETTI CHE POSSONO GENERARE IL

MALESSERE ORGANIZZATIVOMALESSERE ORGANIZZATIVOMALESSERE ORGANIZZATIVOMALESSERE ORGANIZZATIVO

� Organizzazione del lavoro: l’eccesso di lavoro in senso quantitativo e

l’insufficienza di lavoro in senso qualitativo;

� Mansioni lavorative: lavoro monotono e sottoqualificante, isolamento

e mancanza di obiettivi;

� Direzione del lavoro: possibilità di comunicazione e socializzazione,

gestione dei conflitti;

� Dinamica sociale del gruppo di lavoro: un gruppo di lavoro sotto

pressione tende a generare conflitti, evitare lo sviluppo della competitività

a scapito della collaboratività.




INDICATORI DEL MALESSERE INDICATORI DEL MALESSERE INDICATORI DEL MALESSERE INDICATORI DEL MALESSERE


1. Riduzione della partecipazione alla vita aziendale:

- aumento delle assenze per malattia,

- aumento dei ritardi,

- scarsa adesione ai progetti,

- scarsa iniziativa,

- scarso rispetto di norme e procedure,

- conflitti interpersonali,

- segnalazioni di disagio lavorativo, etc.




2. Riduzione delle prestazioni aziendali:

- allungamento dei tempi di lavorazione,

- aumento degli errori,

- riduzione di quantità e qualità di prodotto o servizio,

- ridotta competitività,

- aumento dei costi aziendali,

- aumento dei costi di produzione,

- aumento dei costi sanitari,

- aumento dei costi legali, etc.




INDICATORI DEL MALESSERE INDICATORI DEL MALESSERE INDICATORI DEL MALESSERE INDICATORI DEL MALESSERE





La sensazione di squilibrio tra richieste aziendali e risorse a

disposizione rende gli operatori stanchi, demotivati e irritabili e a

lungo andare, ciò conduce ad atteggiamenti di cinismo, rigidità e

distacco emotivo.

Gli stadi del processo che portano allo stress lavoro-correlato (fino al

burn-out) sono:

A. Entusiasmo idealistico

B. Stagnazione

C. Frustrazione

D. Apatia

DAL MALESSERE ORGANIZZATIVO AL DAL MALESSERE ORGANIZZATIVO AL DAL MALESSERE ORGANIZZATIVO AL DAL MALESSERE ORGANIZZATIVO AL

MALESSERE INDIVIDUALE: LO STRESSMALESSERE INDIVIDUALE: LO STRESSMALESSERE INDIVIDUALE: LO STRESSMALESSERE INDIVIDUALE: LO STRESS




UN ESEMPIOUN ESEMPIOUN ESEMPIOUN ESEMPIO

A. Entusiasmo idealistico: all’inizio del proprio lavoro

la persona risponde in maniera spesso entusiastica e con

grande aspettative di realizzazione.

B. Stagnazione: in seguito il lavoratore vede svanire le

certezze iniziali di realizzazione delle aspettative e nel

contempo emergono vincoli insuperabili

C. Frustrazione: nascono dubbi sul significato e

sull’utilità del proprio lavoro che si traducono in senso di

impotenza professionale e in disturbi psico-somatici.





D. Apatia: a questo punto, in mancanza di riscontri di cambiamenti

positivi, si arriva ad un senso di distacco dal proprio lavoro, dai

colleghi e dai clienti, con reazioni comportamentali a livello lavorativo

quali:

• assenze/ritardi frequenti,

• chiusura al dialogo con i colleghi,

• scarsa creatività, rigidità

• poca propensione ai cambiamenti.




Il LEGAMEIl LEGAMEIl LEGAMEIl LEGAME TRA BENESSERE ORGANIZZATIVO E TRA BENESSERE ORGANIZZATIVO E TRA BENESSERE ORGANIZZATIVO E TRA BENESSERE ORGANIZZATIVO E

STRESS LAVOROSTRESS LAVOROSTRESS LAVOROSTRESS LAVORO----CORRELATOCORRELATOCORRELATOCORRELATO

Il legame tra benessere organizzativo e valutazione e gestione del

rischio stress lavoro-correlato emerge sotto 3 diverse prospettive:

- LEGAME CONCETTUALE

- LEGAME METODOLOGICO

- LEGAME OPERATIVO

IL LEGAME IL LEGAME IL LEGAME IL LEGAME CONCETTUALE CONCETTUALE CONCETTUALE CONCETTUALE TRA BENESSERE TRA BENESSERE TRA BENESSERE TRA BENESSERE

ORGANIZZATIVO E STRESS LAVOROORGANIZZATIVO E STRESS LAVOROORGANIZZATIVO E STRESS LAVOROORGANIZZATIVO E STRESS LAVORO----CORRELATOCORRELATOCORRELATOCORRELATO




Da quanto finora esposto emerge un forte legame concettuale tra

benessere organizzativo e stress lavoro-correlato.

Motivazione, collaborazione, coinvolgimento, diretta circolazione

delle informazioni, flessibilità e fiducia delle persone sono tutti

elementi che portano a migliorare la salute mentale e fisica dei

lavoratori, la soddisfazione dei clienti e degli utenti e quindi ad

aumentare la produttività.

Esiste pertanto un fondamentale legame tra competitività delle

prestazioni di un’azienda e la sua capacità di contare su risorse

impegnate, soddisfatte e non “sovraccariche di stress”.




BENESSERE ORGANIZZATIVO E

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

(RISK ASSESSMENT)

STRESS LAVORO-CORRELATO

IL LEGAME IL LEGAME IL LEGAME IL LEGAME METODOLOGICO METODOLOGICO METODOLOGICO METODOLOGICO TRA BENESSERE TRA BENESSERE TRA BENESSERE TRA BENESSERE





Le variabili che conducono ad eccellenti prestazioni di benessere

organizzativo sono le stesse la cui osservanza è prescritta dalle

buone prassi di valutazione del rischio stress lavoro – correlato.

Dunque, i “rami disciplinari” della prevenzione del rischio stress

lavoro correlato e dello sviluppo del benessere organizzativo

lavorano sugli stessi oggetti (variabili comuni) e nella stessa

direzione (obiettivi primari comuni).




LLLL’’’’ORGANIZZAZIONE ORGANIZZAZIONE ORGANIZZAZIONE ORGANIZZAZIONE

VALUTA SE STESSAVALUTA SE STESSAVALUTA SE STESSAVALUTA SE STESSA

1.1.1.1. PERCORSI METODOLOGICIPERCORSI METODOLOGICIPERCORSI METODOLOGICIPERCORSI METODOLOGICI

2.2.2.2. NUOVE MODALITANUOVE MODALITANUOVE MODALITANUOVE MODALITA’’’’ DIDIDIDI APPROCCIOAPPROCCIOAPPROCCIOAPPROCCIO

VARIABILI ORGANIZZATIVE CONNESSE AL VARIABILI ORGANIZZATIVE CONNESSE AL VARIABILI ORGANIZZATIVE CONNESSE AL VARIABILI ORGANIZZATIVE CONNESSE AL

RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO

� Ambiente ed attrezzature di lavoro

� Progettazione dei compiti

� Carico del lavoro

� Orario di lavoro

� Funzione e cultura organizzativa

� Ruolo nell’organizzazione

� Progressione di carriera

� Autonomia decisionale e controllo

� Rapporti interpersonali sul lavoro

� Interfaccia casa lavoro

� Gestione dei cambiamenti




BE

NE

SS

ER

E

OR

GA

NIZ

ZA

TIV

O MA

LE

SS

ER

E

OR

GA

NIZ

ZA

TIV

O E

ST

RE

SS

ESEMPIESEMPIESEMPIESEMPI




Orario di lavoro imprevedibile o

protrattoOrario di lavoro

Carico di lavoro eccessivo o ridottoCarico del lavoro

Sottoutilizzo delle

attitudini/capacità individualiProgettazione dei compiti

Problemi inerenti alla disponibilità,

utilizzo e manutenzione/riparazione

delle attrezzature lavorative e degli

ausili tecnici

Ambiente ed attrezzature di

lavoro

ESEMPIO CONDIZIONE DI

RISCHIO DA STRESS LAVORO

CORRELATO

AREA CHIAVE




Coerenza fra enunciati e prassi

operativaFunzione e cultura organizzativa

Isolamento fisico o socialeRapporti interpersonali al lavoro

Scarso appoggio in ambito

domesticoInterfaccia casa - lavoro

Livelli di

informazione/partecipazioneGestione dei cambiamenti

Partecipazione ridotta al processo

decisionaleAutonomia decisionale/controllo

Immobilità o eccessiva mobilitàProgressione di carriera

Ambiguità o conflitto di ruoloRuolo nell’organizzazione

ESEMPIO CONDIZIONE DI

RISCHIO DA STRESS LAVORO

CORRELATO

AREA CHIAVE

ESEMPIESEMPIESEMPIESEMPI




IL PERCORSO METODOLOGICOIL PERCORSO METODOLOGICOIL PERCORSO METODOLOGICOIL PERCORSO METODOLOGICO

RACCOLTA DATI ORGANIZZATIVI

INFORMAZIONE DEI LAVORATORI

INDAGINE/VALUTAZIONE

DEL RISCHIO STRESS

LAVORO CORRELATO

PIANIFICAZIONE ED ATTUAZIONE

DEGLI INTERVENTI

VERIFICA ED AGGIORNAMENTO

DEL DVR




VALUTARE IL RISCHIO VALUTARE IL RISCHIO VALUTARE IL RISCHIO VALUTARE IL RISCHIO


• Oltre ad individuare le fonti di stress (presenza di stressor o mancanza

di supporto) una buona analisi del rischio giunge all’attribuzione di

indici di rischio, attraverso la quantificazione del livello di rischio; ciò

consente di attribuire priorità nelle azioni per la riduzione del

rischio.

• Il processo deve permettere innanzitutto di individuare le fonti

prioritarie di disagio presenti nell’organizzazione, attraverso la

progettazione delle azioni di indagine.

• Non si deve confondere la valutazione del rischio di stress (aspetto

organizzativo e sociale) con la valutazione del livello di stress o dei

suoi danni su un individuo.






RICOGNIZIONE

RICONOSCIMENTO

QUANTIFICAZIONE

- Progettazione azioni di indagine

- Coinvolgimento delle diverse

figure interne

- Identificazione dei principali

stressors lavorativi

- Quantificazione del livello di

rischio

- Giudizio sul livello di

accettabilità del livello di rischio






La proposta metodologica dell’ISPESL prevede diverse fasi operative di

indagine/valutazione del rischio stress lavoro-correlato, in funzione della

numerosità della popolazione lavorativa, distinguendo tra le imprese che

occupano fino a 10 dipendenti dalle altre.

In generale, il processo di indagine si compone di due distinti livelli di

intervento:

valutazione con approccio verificabile

valutazione con coinvolgimento diretto

dei lavoratori

PRIMO LIVELLO

SECONDO LIVELLO




Il PRIMO LIVELLO Il PRIMO LIVELLO Il PRIMO LIVELLO Il PRIMO LIVELLO DIDIDIDI INDAGINEINDAGINEINDAGINEINDAGINE

Il primo livello d’indagine (valutazione con approccio verificabile) ha

l’obiettivo di acquisire e valutare gli indicatori verificabili che la

letteratura associa allo stress lavoro-correlato. A tale scopo, occorre

rilevare i parametri riferiti a 3 diverse “aree” correlabili a condizioni di

stress da lavoro:

1) “AREA A - indicatori aziendali”

2) “AREA B - contesto di lavoro”

3) “AREA C - contenuto del lavoro”




Ciascuna area (A, B, C) si compone di una serie di indicatori, come

riepilogato in Tabella:


Interfaccia casa-lavoro

Conciliazione vita-lavoro

Segnalazioni stress lavoro-

correlato

Istanze giudiziarie

Rapporti interpersonali sul

lavoro

Richieste visite mediche

straordinarieOrario di lavoro

Autonomia decisionale

Controllo del lavoro

Turnover

Procedimenti/Sanzioni

disciplinari

Carico di lavoro – ritmo di

lavoro

Evoluzione della carrieraRotazione del personale

Pianificazione dei compitiRuolo nell’ambito

dell’organizzazione

Assenze dal lavoro

Ferie non godute

Ambiente di lavoro ed

attrezzature di lavoro

Funzione e cultura

organizzativa

Infortuni

Assenza per malattia

AREA C – CONTENUTO DEL

LAVORO

AREA B – CONTESTO DEL

LAVORO

AREA A – INDICATORI

AZIENDALI





Calcolo punteggio per indicatore dell’AREA A

(indicatori aziendali)





Calcolo punteggio per indicatore dell’AREA B

(contesto del lavoro)





Calcolo punteggio per indicatore dell’AREA C

(contenuto del lavoro)




Poiché ad ogni indicatore è associato un punteggio che concorre alla

definizione del punteggio complessivo dell’area, è possibile stimare le

condizioni di rischio stress lavoro-correlato (basso, medio, alto) in

funzione del punteggio totale (espresso in valore percentuale rispetto al

punteggio massimo ottenibile) ottenuto dalla somma dei punteggi

parziali delle diverse aree.


AREA A: indicatori aziendali





AREA B

contesto di lavoro

AREA C

contenuto del lavoro




Il SECONDO LIVELLO Il SECONDO LIVELLO Il SECONDO LIVELLO Il SECONDO LIVELLO DIDIDIDI INDAGINEINDAGINEINDAGINEINDAGINE

Il secondo livello di indagine (valutazione con coinvolgimento diretto dei

lavoratori) che prevede il coinvolgimento diretto dei lavoratori

attraverso la somministrazione di questionari, si ritiene necessario se si

verificano le seguenti condizioni:

� la presenza nell’impresa di fattori potenziali di stress noti in

letteratura, come riportato nel Documento di Consenso sullo stress

commissionato dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene

Industriale (SIMLII) (Cesana et al, 2006);

� il punteggio finale riportato alla check list di indicatori verificabili è

risultato “alto”;

� presenza di una o più istanze giudiziarie per molestie morali e/o

sessuali;




Il SECONDO LIVELLO Il SECONDO LIVELLO Il SECONDO LIVELLO Il SECONDO LIVELLO DIDIDIDI INDAGINEINDAGINEINDAGINEINDAGINE

� presenza di casi di disagio lavorativo clinicamente accertati dai centri

clinici pubblici di riferimento con nesso causale probabile con

condizioni lavorative stressogene;

� presenza di condizioni di stress segnalate dal medico competente;

� il punteggio della check list si colloca ancora nel quadrante “rischio

medio” a distanza di un anno dalla valutazione e nonostante le azioni

di miglioramento adottate.




AZIENDE CON MENO AZIENDE CON MENO AZIENDE CON MENO AZIENDE CON MENO DIDIDIDI 10 10 10 10

DIPENDENTIDIPENDENTIDIPENDENTIDIPENDENTI

Per le imprese che occupano fino a 10 dipendenti, la fase di indagine

può essere condotta utilizzando solo la prima parte della check list

(Area A - “indicatori aziendali”).

Solo nel caso in cui il punteggio ottenuto risulti superiore a 20, la

metodologia di valutazione prevede un approfondimento di analisi

mediante la valutazione degli indicatori del contenuto e del contesto

lavorativo, la cui modificazione può indurre miglioramenti nel clima

organizzativo.

E’ consigliabile affrontare in ogni caso anche le aree B e C.




STRATEGIE STRATEGIE STRATEGIE STRATEGIE DIDIDIDI VALUTAZIONEVALUTAZIONEVALUTAZIONEVALUTAZIONE

L’ERGONOMIA ORGANIZZATIVA E IL MODELLO DI

ANALISI DELL’ERRORE ORGANIZZATIVO

L’ergonomia organizzativa riguarda l’ottimizzazione del sistema

socio-tecnico, includendo le strutture organizzative, i processi, i

sistemi operativi e di gestione.

Il modello di analisi dell’errore organizzativo permette di

individuare le condizioni critiche che favoriscono le condizioni di

errore e di non sicurezza degli operatori.

La rimozione di queste criticità migliora la sicurezza e

l’affidabilità del sistema organizzativo nel suo complesso.

LLLL’’’’UTILITAUTILITAUTILITAUTILITA’’’’ DEGLI INCIDENTI PER LDEGLI INCIDENTI PER LDEGLI INCIDENTI PER LDEGLI INCIDENTI PER L’’’’ANALISI ANALISI ANALISI ANALISI

DELLDELLDELLDELL’’’’ ERRORE ORGANIZZATIVOERRORE ORGANIZZATIVOERRORE ORGANIZZATIVOERRORE ORGANIZZATIVO

- Incidenti delle persone e incidenti organizzativi (cause multiple).

- Incidenti e quasi incidenti (near miss):

• non c’e’ una differenza significativa tra un incidente accaduto e un

quasi incidente se hanno caratteristiche dinamiche simili. La differenza

sta nella magnitudo delle conseguenze.

• Mentre gli incidenti sono evidenti e quindi rilevati, i quasi incidenti

sono piu’ difficili da rilevare e quantificare.

• I quasi incidenti hanno bisogno di un clima organizzativo di fiducia

(cultura no blame) tra chi segnala l’evento e chi lo rileva ed analizza.

• Nel “periodo di incubazione” di un incidente si manifestano molti quasi

incidenti che diventano predittivi di un probabile incidente.




Situazione predisposte allSituazione predisposte allSituazione predisposte allSituazione predisposte all’’’’ errore errore errore errore

indipendentemente dalla persona che agisceindipendentemente dalla persona che agisceindipendentemente dalla persona che agisceindipendentemente dalla persona che agisce

� Pre-esistenza di condizioni critiche/croniche latenti collegate ai

processi organizzativi: progettazione, manutenzione, comunicazione,

selezione, formazione, addestramento, coordinamento, ecc ecc.

� Se un evento si ripete non e’piu’ un fatto individuale (ammesso che lo

sia mai stato), ma diventa un problema organizzativo: altre persone

nello stesso ruolo e contesto potrebbero commettere identici errori.

� Anzi, spesso la presenza di criticita’ organizzativa viene piu’ o meno

bene compensata dalle risorse dell’ individuo in base alle sue capacita’

personali.




UN INCIDENTE CHE PROVOCA UN UN INCIDENTE CHE PROVOCA UN UN INCIDENTE CHE PROVOCA UN UN INCIDENTE CHE PROVOCA UN

DECESSODECESSODECESSODECESSO….

Nel febbraio 2005, dopo un enteroclisma all’ ospedale di Todi, un

paziente all’aggravarsi delle condizioni di salute viene trasferito

all’ospedale di Perugia.

Il 25 febbraio alle ore 4.15 muore.

Gli era stata somministrata una soluzione di formaldeide anziche’ di

sorbitolo: i 2 flaconi sono molto simili per forma, colori ed etichette.

Unica differenza: la presenza di un teschio sul flacone della

formaldeide.

Caso simile con flacone di cloruro di potassio: decesso del paziente.

Questi errori, anche con esiti diversi, si sono ripetuti in piu’ ospedali.

ERRORE UMANO O ERRORE ORGANIZZATIVO?




L’ ERRORE ORGANIZZATIVO

Un’altra persona, in quella situazione, avrebbe potuto commettere lo stesso errore?

SI � ERRORE ORGANIZZATIVO

Situazione che predispone all’ errore indipendentemente dalla persona che realizza uno specifico compito, che commette una violazione, un errore, prende una decisione sbagliata.

Pur cambiando le persone non si eliminano le condizioni di rischio.

Comminare sanzioni, anche penali, non riduce le condizioni di rischio poiche’ non elimina ne’ riduce le criticita’ organizzative presenti.

Gli errori umani sono resi possibili o favoriti da un insieme di criticita’ a diversi livelli del tessuto organizzativo, cioe’ sono organizzativamentecostruiti.







GLI INCIDENTI NELLE ORGANIZZAZIONI


Un incidente nelle organizzazioni può essere spiegato secondo:

- La teoria dell’errore umano (un errore umano causa l’incidente);

- La teoria dell’errore organizzativo.

Evidenze empiriche dimostrano l’importanza dei fattori socio-tecnici e

dei fallimenti organizzativi nella genesi degli incidenti tecnologici.

In altre parole, gli incidenti non sono solo generati da cause e fallimenti

tecnici o da cause e fallimenti umani, ma dall’interazione di più

componenti: tecnologiche, umane ed organizzative, in relazione tra

loro e con l’ambiente esterno nel quale l’organizzazione opera.






Gli incidenti non accadono soltanto per violazione delle

norme e delle procedure esistenti nell’organizzazione,

ma talvolta proprio per quelle stesse norme e

procedure che, in uno scenario mutato, favoriscono

la generazione di errori.

Col termine errore organizzativo si identifica una situazione che

predispone all’errore indipendentemente dalla persona che realizza

uno specifico compito, che commette una violazione, un errore e

prende una decisione sbagliata.






Le scelte individuali non possono essere comprese isolandole dal

contesto organizzativo ne’ le organizzazioni possono essere isolate dal

campo organizzativo del contesto ambientale esterno.

Gli incidenti nelle organizzazioni sono costruiti, nella maggior parte dei

casi, da 4 livelli di fallimento:

- Fallimento individuale;

- Fallimento intraorganizzativo;

- Fallimento organizzativo;

- Fallimento interorganizzativo.





LA DIMENSIONE INDIVIDUALE DEL FALLIMENTO

Errori, violazioni, decisioni erronee da parte degli operatori nel

realizzare un compito.

intenzioni

aspettative

stimoli

ambigui

Che cosa volevano vedere?

Che cosa videro? Che cosa si aspettavano

di vedere?





FALLIMENTI NEL CONTESTO INTRAORGANIZZATIVO

Lo specifico contesto di lavoro in cui il livello individuale opera al

momento dell’incidente, ad es.:

- Interazioni uomo-macchina;

- Team e lavoro cooperativo;

- Processi di comunicazione e coordinamento operativo;

- Controllo: gli incidenti accadono più facilmente nelle aree di confine o

dove vi è una sovrapposizione del controllo, dove 2 o più persone

controllano lo stesso processo.





FALLIMENTI NEL CONTESTO ORGANIZZATIVO

Questo livello attiene alla comprensione dei processi organizzativi, dei

sistemi di attività, delle strategie, della specifica cultura presente

nell’organizzazione.

Dimensioni critiche:

• Management locale,

• Allocazione delle responsabilità,

• Divisione del lavoro,

• Sistema locale di coordinamento e controllo,

• Formazione,

• Decisioni manageriali, etc.





FALLIMENTI NEL CONTESTO INTERORGANIZZATIVO

Ogni organizzazione è nodo di una rete di organizzazioni:

ogni organizzazione lavorativa non e’ un’ isola, non agisce in un

vuoto, ma e’ immersa in un contesto formato da altre organizzazioni

funzionali, ma anche vincolanti per il funzionamento dell’

organizzazione lavorativa.





� Tanto maggiori sono le criticità a livello interorganizzativo,

organizzativo e intraorganizzativo, tanto più è probabile che un

fallimento individuale attivi un incidente.

� La categoria dell’errore umano cattura soltanto una parte della

genesi e della dinamica incidentale, quella finale.

� Le misure di rimedio devono partire dal livello intraorganizzativo,

organizzativo e interorganizzativo, intesi come centro organizzatore per

prevenire l’evento.

UN NUOVO APPROCCIO





UN NUOVO APPROCCIO

Considerare gli incidenti come errori organizzativi significa superare

un approccio volto prevalentemente alla ricerca del colpevole e

andare ad analizzare tutti i fattori ed i meccanismi che, direttamente o

indirettamente, hanno favorito il realizzarsi dell’evento:

1. Analisi del management e degli aspetti di gestione:

meccanismi di incubazione dell’evento, miopia e

sordità organizzativa, fallimento della previsione, etc.

2. Sviluppo di sistemi di apprendimento dagli errori:

analisi degli incidenti e individuazione dei quasi

incidenti.





UN NUOVO APPROCCIO

3. Superare il modello tradizionale della sicurezza secondo il

quale l’incidente è causato dalla violazione delle norme e/o dalla

negligenza dell’operatore: le organizzazioni affidabili non puniscono

gli operatori quando sbagliano mentre cercano di fare la cosa giusta.

L’obiettivo non deve essere identificare una catena di

eventi per assegnare una colpa, ma di comprendere

perché l’incidente è accaduto in base ai differenti

eventi, stati e fattori.

4. Non si fa sicurezza con i processi. Esigenza di un diverso

rapporto tra diritto e organizzazione. L’azione giudiziaria non

modifica la deep structure che contribuisce a generare l’evento

disastroso. Limiti della pena come deterrente per ulteriori incidenti.




BENESSERE ORGANIZZATIVO

E RISK MANEGEMENT STRESS

LAVORO-CORRELATO

IL LEGAME IL LEGAME IL LEGAME IL LEGAME OPERATIVO OPERATIVO OPERATIVO OPERATIVO TRA BENESSERE TRA BENESSERE TRA BENESSERE TRA BENESSERE





L’organizzazione finalizzata alla gestione del rischio stress lavoro –

correlato ha sia il ruolo di mantenere monitorato il livello di

“sofferenza da stress” (in termini di sicurezza sul lavoro), sia il ruolo

di proporre in maniera partecipata occasioni di sviluppo e

miglioramento organizzativo.

L’organizzazione finalizzata alla gestione del rischio deve:

- programmare,

- mettere in atto,

- valutare,

- monitorare gli interventi di controllo/riduzione del rischio.




APPROCCIO

TECNICOAPPROCCIO

NORMATIVO O

COMPORTAMENTALE

APPROCCIO

SOCIO-TECNICO

APPROCCIO

CULTURALE

CARATTERISTICHE

DEI SISTEMI

TECNICI,

TECNOLOGIA

NORME E

PROCEDURE FATTORI GESTIONALI,

ORGANIZZATIVI E

TECNICI

ORGANIZZAZIONE

CULTURA,GRUPPI

DI LAVORO

I DIVERSI APPROCCI ALLA GESTIONE DEL RISCHIOI DIVERSI APPROCCI ALLA GESTIONE DEL RISCHIOI DIVERSI APPROCCI ALLA GESTIONE DEL RISCHIOI DIVERSI APPROCCI ALLA GESTIONE DEL RISCHIO

AREE ORGANIZZATIVE AREE ORGANIZZATIVE AREE ORGANIZZATIVE AREE ORGANIZZATIVE DIDIDIDI INTERVENTO INTERVENTO INTERVENTO INTERVENTO

L’analisi e la gestione del rischio da stress lavoro correlato dovrebbe

prendere in esame tutte o parte delle seguenti aree organizzative di

intervento :

• Clima e cultura organizzativa,

• Percezione del rischio ed atteggiamenti verso la sicurezza,

• Conoscenze e competenze riguardanti la sicurezza sul lavoro,

• Stile di leadership e di direzione,

• Fattori ergonomici e aspetti di job design,

• Dimensioni organizzative collegate alla manifestazioni dei diversi

disagi psicosociali, alla loro probabilità, alla capacità dell’organizzazione

di gestirli e alle possibilità di sviluppo delle persone ed il loro

“empowerment”.




PREVENIRE LO STRESS PREVENIRE LO STRESS PREVENIRE LO STRESS PREVENIRE LO STRESS

- Interventi di prevenzione primaria: azioni che intervengono sul

processo e la struttura organizzativa; hanno per obiettivo la riduzione della

probabilità di stress, riducendo gli stressor o fornendo risorse al personale

per il fronteggiamento delle situazioni (ad es. interventi di miglioramento

delle condizioni di lavoro, job design ed ergonomia, carichi di lavoro,

percorsi di formazione rivolti alla competenza sul processo);

- Interventi di prevenzione secondaria: azioni che intervengono sulle

strategie di fronteggiamento allo stress dei lavoratori (ad es., formazione

alla gestione dello stress, coaching);

- Interventi di prevenzione terziaria: azioni di supporto psicologico al

singolo lavoratore per la riduzione degli impatti e dei danni dello stress

quando questi sono già manifesti.




IL SUPPORTO SOCIALEIL SUPPORTO SOCIALEIL SUPPORTO SOCIALEIL SUPPORTO SOCIALE

Il supporto sociale può essere considerato la più importante

variabile di tipo sociale in grado di moderare la relazione stressor

- strain attraverso un effetto protettivo generale; alcune ricerche

hanno evidenziato come il supporto fornito dai superiori dia i

maggiori benefici.

Ruolo associazioni di categoria.




LA PREVENZIONE PRIMARIA LA PREVENZIONE PRIMARIA LA PREVENZIONE PRIMARIA LA PREVENZIONE PRIMARIA

- Progettazione del lavoro ed attenzione agli aspetti ergonomici:

considerare il grado di autonomia che i lavoratori hanno nello

svolgimento del compito. Curare non solo l’ambiente fisico ma anche

aspetti di job design: L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO DEVE

ESSERE PROGETTATA (es. progettare il carico di lavoro, la gestione

del tempo, la chiarezza delle prescrizioni e dei compiti, ecc ecc);

- Prassi di selezione ed inserimento del personale: l’inserimento di una

persona in azienda deve essere realizzato valorizzandone le competenze

e considerato un processo graduale di socializzazione all’interno

dell’organizzazione, monitorato nel tempo;







- Gestione e manutenzione dei gruppi di lavoro:

favorire azioni che rafforzino il senso di

appartenenza al gruppo e aumentino

l’interdipendenza funzionale;


- Gestione del cambiamento: in caso di ristrutturazioni o

riorganizzazione, presidiare il processo attraverso una formazione

specifica, adottando una comunicazione il più possibile chiara e

trasparente con il personale;

- Stile di leadership: utilizzare una modalità di conduzione e gestione

delle persone che stimoli il raggiungimento dei risultati, attraverso la

condivisione e la partecipazione attiva;


Valutazione delle prestazioni: valutare il personale attraverso criteri

condivisi, comunicati in modo trasparente. E’ importante garantire

adeguati feedback per ridurre il rischio di percezione di ingiustizie tra il

personale e per aumentare l’autoefficacia ed il senso di autostima;

- Formazione: deve essere erogata a partire da un reale fabbisogno,

monitorando la qualità di processo e di risultato;




- Gestione del clima e della cultura

aziendale: monitorare il clima aziendale con

indagini periodiche, mettendo in atto azioni

di miglioramento il più possibile partecipate.

LA PROGETTAZIONE DEL LAVORO LA PROGETTAZIONE DEL LAVORO LA PROGETTAZIONE DEL LAVORO LA PROGETTAZIONE DEL LAVORO

(JOB DESIGN) (JOB DESIGN) (JOB DESIGN) (JOB DESIGN)

Una buona progettazione del lavoro, in termini di equilibrio tra compito

e controllo del compito, ha influenze dirette sul benessere e la salute

dei lavoratori:

- Influenze positive quando la persona è in grado di svolgere e

controllare il proprio compito poiché si genera una sensazione di

padronanza e di fiducia;

- Influenze negative quando la richiesta è elevata e la persona ha basso

potere decisionale e pertanto non riesce a far fronte in modo adeguato al

proprio compito.






Una buona progettazione del lavoro (job design) deve essere affrontata:

- sia da una prospettiva ergonomica in senso stretto (le condizioni

ambientali per es. microclima, illuminazione),

- sia da un punto di vista ergonomico in senso più allargato, concernente

il contenuto del lavoro (cosa è richiesto per svolgere un compito ad es. il

carico di lavoro, la gestione del tempo, la coerenza e la chiarezza nelle

prescrizioni dei compiti).

Pertanto, occorre tener conto di due aspetti correlati tra loro:

- cosa è richiesto al lavoratore per svolgere il proprio compito,

- il grado di controllo che il lavoratore ha nello svolgerlo.






La progettazione del lavoro non può prescindere da come il ruolo viene

percepito dal lavoratore. Le caratteristiche del compito che influenzano

la percezione del ruolo sono:

- La chiarezza del ruolo: disponibilità di informazioni chiare e coerenti

per svolgere il compito;

- L’adesione al ruolo: richieste ed aspettative sentite in relazione al ruolo;

- La pressione di ruolo: quanto un compito è sentito come sfidante ma

nello stesso tempo gestibile.

Ad esempio, la chiarezza del ruolo è connessa all’aumento dell’impegno

lavorativo ed alla riduzione di ansia; il grado di adesione al ruolo aumenta

se c’è soddisfazione dell’ambiente di lavoro e dei colleghi.







STRATEGIE STRATEGIE STRATEGIE STRATEGIE DIDIDIDI GESTIONE DEL RISCHIOGESTIONE DEL RISCHIOGESTIONE DEL RISCHIOGESTIONE DEL RISCHIO

UN NUOVO APPROCCIO: LA “B-BS” (“Behavoir - Based Safety”)

La differenza tra un’impresa ed un’altra non è più in termini di

“materiali, tecnologie, know-out”, ma in termini di “comportamenti”.

Poiché il comportamento è funzione delle sue conseguenze, il metodo

prevede:

- Misura del comportamento;

- Analisi delle cause;

- Rinforzo del comportamento sicuro (e NON punizione del

comportamento insicuro!).





LIVELLI DI INTERVENTO

� INTERVENTI SUL PROCESSO E ORIENTATI AL FARE

BENE: dare risposte a necessità riguardanti il processo e le

azioni, mediante la ricerca di soluzioni nel processo che consentano

e facilitino condotte corrette da parte dei lavoratori;

�INTERVENTI BASATI SULLE PERSONE E ORIENTATI AL

FARE BENE: dare risposte a necessità riguardanti le persone e

le azioni mediante la mobilitazione di energie relazionali per dare

feedback alle persone sulla base dei loro comportamenti (B-BS);





LIVELLI DI INTERVENTO

� INTERVENTI SUL PROCESSO E ORIENTATI AL

BENESSERE: dare risposte riguardanti il processo che genera

difficoltà nei confronti del benessere esplorando l’ergonomia del

processo attraverso la valutazione dei fattori di stress insiti nel

processo;

�INTERVENTI BASATI SULLE PERSONE E ORIENTATI AL

BENESSERE: dare risposte riguardanti le relazioni che

impediscono il benessere mediante interventi sugli stili di

leadership, sul clima e sul gruppo di lavoro.

L’organizzazione deve essere capace di creare percorsi di

indagine ed intervento partecipati a tutti i livelli

organizzativi




REQUISITI ORGANIZZATIVIREQUISITI ORGANIZZATIVIREQUISITI ORGANIZZATIVIREQUISITI ORGANIZZATIVI

Condurre analisi in grado di sintetizzare correttamente

indicatori oggettivi e percezioni soggettive,

Operare una sintesi di azioni di miglioramento coerente

con gli obiettivi ed i risultati delle analisi,

Comunicare il valore aggiunto di questi processi in

modo da stimolare la fiducia verso il cambiamento

promosso.

GESTIONE E MANUTENZIONE DEI GESTIONE E MANUTENZIONE DEI GESTIONE E MANUTENZIONE DEI GESTIONE E MANUTENZIONE DEI

GRUPPI GRUPPI GRUPPI GRUPPI DIDIDIDI LAVOROLAVOROLAVOROLAVORO




I gruppi di lavoro costituiscono un dispositivo fondamentale per

prevenire l’esposizione agli stressor.

La gestione e la manutenzione dei gruppi di lavoro passa attraverso

diversi fattori, fra cui una leadership che sia in grado di creare

interesse per obiettivi comuni, incoraggiare i membri a pensare in

modo autonomo, convincere le persone che possono migliorare le

loro prestazioni.

Si parla di leadership trasformazionale.




POLITICA PROATTIVA POLITICA PROATTIVA POLITICA PROATTIVA POLITICA PROATTIVA DIDIDIDI GESTIONE GESTIONE GESTIONE GESTIONE

DELLO STRESS IN AZIENDADELLO STRESS IN AZIENDADELLO STRESS IN AZIENDADELLO STRESS IN AZIENDA

Un possibile percorsoUn possibile percorsoUn possibile percorsoUn possibile percorso

� Il punto d’inizio consiste nell’identificazione delle cause dello

stress in azienda (valutazione del rischio stress lavoro-correlato).

� Il passo successivo consiste nell’attivazione di laboratori e attività

specifiche e su misura per aumentare la consapevolezza dello stress per

i dipendenti.

� Un programma di formazione specifica può aiutare a migliorare la

consapevolezza dei fattori di stress, per l’azienda stessa e per i suoi

dipendenti.

Nell’attivazione di una politica proattiva di gestione

dello stress un ruolo chiave per le piccole realtà

aziendali può essere svolto dalle associazioni di

categoria.




Il TRAGUARDO FINALEIl TRAGUARDO FINALEIl TRAGUARDO FINALEIl TRAGUARDO FINALE

Integrare in un unico sistema tematiche di salute,

sicurezza sul lavoro, tematiche di sviluppo di risorse

umane, tematiche di comunicazione interna,

tematiche di job design ed ergonomia nei processi di

produzione.




APPENDICE: APPENDICE: APPENDICE: APPENDICE:

RIFERIMENTI NORMATIVI IN RIFERIMENTI NORMATIVI IN RIFERIMENTI NORMATIVI IN RIFERIMENTI NORMATIVI IN

MATERIA MATERIA MATERIA MATERIA DIDIDIDI STRESS LAVOROSTRESS LAVOROSTRESS LAVOROSTRESS LAVORO----

CORRELATOCORRELATOCORRELATOCORRELATO

OBBLIGO DEL DATORE DI LAVORO DI PORRE

IN ESSERE UN’IDONEA ORGANIZZAZIONE

L’Art. 2087 del Codice Civile: “l’imprenditore è tenuto ad adottare

nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del

lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessari a tutelare l’integrità

fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

L’Art. 15 del D. Lgs 81/08 prevede “il rispetto dei principi

ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti

di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi

di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla

salute del lavoro monotono e ripetitivo”.




GIURISPRUDENZA IN MATERIA GIURISPRUDENZA IN MATERIA GIURISPRUDENZA IN MATERIA GIURISPRUDENZA IN MATERIA

DIDIDIDI STRESS LAVOROSTRESS LAVOROSTRESS LAVOROSTRESS LAVORO----CORRELATOCORRELATOCORRELATOCORRELATO

� Cassazione, Sezione terza penale, Sentenza n. 20220/2006 (mancata

formazione professionale a seguito di cambio mansione lavoratore)

� Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 dicembre 2009, n. 26231 (arresto

cardiaco durante espletamento servizio di vigilanza)

� Cassazione Civile, Sez. Lav., 30 marzo 2010, n. 7663 (rapina a dipendente

delle Poste italiane)

� Cassazione Civile, Sez. Lav., 5 agosto 2010, n. 18278 (comportamenti

finalizzati a provocare le dimissioni per rifiuto ore di lavoro straordinarie)

� TAR del Lazio, Sentenza 2 dicembre 2010, n. 35028 (danni da stress

subiti per l’esposizione a VDT)

la verifica del benessere organizzativo a partire dallo ...ebtreggioemilia.it/userfiles/intervento...

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