la voce dell'jonio n. 3 del 2013

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Anno LVI - N. 3 Spedizione in a.p. 45% Autorizz. Dir. Prov. P.T. CT. www.vdj.it [email protected] 1,00 Domenica, 10 marzo 2013 LA VOCE Jonio dell’ Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio A E’ il tempo del silenzio Quella avviata il 28 febbraio è una comunicazione altra INTERVISTA Il prof. Pippo Rossi sui problemi idrici “L’acqua per tutti diritto insopprimibile” I cattolici dopo il voto Dal risultato elettorale lezione di cambiamento VERSO IL CONCLAVE Il portavoce vaticano spiega la grande riservatezza dei cardinali “Garanzia di libertà spirituale” La “linea di riservatezza” è “tradizionale” per i car- dinali, ed è “normale” che cresca, man mano che ci si avvicina al Conclave. Ad assicurarlo ai giornalisti, du- rante il briefing di oggi, è stato padre Federico Lom- bardi, direttore della sala stampa del- la Santa Sede. Interpellato sui motivi dell’annullamento del terzo briefing consecutivo dei cardinali americani, un’ora dopo il suo annuncio, ha ri- sposto: “Non ho da dare indicazioni sul modo in cui comportarsi con la stampa, è compito dei cardinali nelle Congregazioni, in cui sono responsabili insieme: devono essere loro a guidare il cammino verso la meta dell’elezione del nuovo Pontefice nel Conclave” . “Non mi stupisce che nel continuare questo cam- mino - ha dichiarato padre Lombardi - ci siano stadi successivi. All’apertura, all’inizio delle Congregazio- ni ci può essere stata la volontà di condivisione, poi dopo, man mano, la sensibilità del Collegio nel suo insieme può aver messo a punto un suo modo di procedere” . “C’è una progressività nel cammino - ha proseguito il portavo- ce vaticano - che porta a una con- centrazione della riflessione e anche della riservatezza, riguardo al per- corso che si sta facendo. Un percor- so che porta al Conclave, dove come sappiamo la riservatezza è assoluta” . Tra i cardinali riuniti per le Congre- gazioni, quindi, per padre Lombardi c’è “un clima di notevole riservatezza” , che è “garanzia di libertà spirituale” e segno della necessità “dell’ap- profondimento del cammino di avvicinamento che dalle Congregazioni generali porterà al Conclave” . LUNEDÌ 11 MARZO IN CATTEDRALE La “Festa del perdono” ACI S. ANTONIO 3 Biagio Fichera Domenico Di Mauro a quasi cento anni vedrà nascere “Il museo del carretto siciliano” RANDAZZO Intervista alla figlia e sorella dei tre pastori barbaramente uccisi il 22 gennaio del ‘93 in un agguato mafioso Rita Spartà: “In attesa di giustizia a venti anni dalla strage” Vent’anni fa Randazzo, cittadina medievale alle pendici dell’Et- na, veniva sconvolta da un triplice omicidio di stampo mafioso: il 22 gennaio 1993 il pastore Antonino Spartà veniva barbaramente ucciso nel suo ovile, insieme con i giovani figli Vincenzo e Salvatore. Nella ricorrenza del ventennale, si è svolto a Randazzo un convegno, e qual- che giorno fa siamo andati a fare due chiacchiere con la primogenita di Antonino Spartà, Rita, che in questi venti anni ha mantenuto vivo il ricordo del padre e dei fratelli e si è impegnata in tutti i modi possibili perché venga fatta giustizia. Rita ci ha accolto con molta genti- lezza e, allo stesso tempo, con una certa, comprensibile, riservatezza. - Trascorsi vent’anni dalla mattanza, come si sente lei oggi? “Custode di un dolore che mi dilania senza fine, ancor più di al- lora, quando ho assistito alla scena dei “miei uomini” strappati alla vita, che tanto amavano e rispettavano. A quei tempi credevo nella giustizia, oggi – ahimè – non più! Porto un tale macigno, che nel- l’arco degli anni sembra schiacciarmi sempre più, ho perso la mia visione positiva della vita. Cosa potrei trasmettere ai posteri, al mio nipotino per primo, quando osservando le foto dei “miei uo- mini” mi chiede chi sono e dove sono. Uccisi dall’intero sistema?”. - Pensa si potesse fare di più? “Far di più, è un eufemismo. È stato fatto ben poco e male, sin dall’inizio. Ricordo, che agli albori dell’omici- dio, con la mia famiglia dovemmo supplicare i carabi- nieri all’ascolto. Io per prima rimasi fino alle 6 del mat- tino per informarli sui fatti. Da quel momento fummo abbandonati da tutti, anche dagli amici che erano soliti frequentare la nostra casa. Solo dopo la partecipazione al programma di Maurizio Costanzo (che avrei voluto evitare, perché non mi piace apparire), consigliata da Tano Grasso, si mosse qualcosa. Dallo Stato non ho ri- cevuto né sostegno psicologico, né legale, per me è un fantasma. Mi interrogo ininterrottamente su chi siano i miei veri nemici, se la mafia o lo Stato”. - Quanto crede che la notizia abbia inciso? “Fortemente, ed è con molto rammarico che dico ciò. Solo i me- dia, in questo caso, sono stati in grado di smuovere un sistema che si chiama Stato, e che ci aveva chiuso la porta in faccia. Mi chiedo: Maria Pia Risa (continua a pag. 2) LAVORO 8 Studente di economia inventa e realizza la pizzeria ambulante e va in giro per le feste Dario Liotta Dopo il ritiro di Benedetto XVI la Chiesa in preghiera in attesa del nuovo Papa Tutti delusi, tutti colpevoli… ab- biamo sbagliato tutto? Un fondo di amarezza e di delusio- ne sul volto e sul cuore degli italiani all’indomani del voto nazionale. Cosa vogliamo dai nostri neo elet- ti Deputati e Senatori? Cosa siamo disponibili a fare noi Italiani oggi per recuperare credibilità, fiducia, speranza per la nostra terra e per i nostri giovani? E’ fa- cile fare domande come fa- cile è fare analisi. Potrebbe anche es- sere facile fare proposte e rendersi impopolari. Mi viene in mente, non so se a ragio- ne o a torto, un’immagine catastrofi- ca: un terremoto, un uragano … non voluto da nessuno ma subito da tutti inesorabilmente. In quel caso scatta in ogni sopravvissuto un senso di responsabilità, una forza vitale, una creatività inattesa da mettersi a lavo- rare ininterrottamente per sgombe- rare macerie, mettere in salvo quan- ta più gente possibile, recuperare quanto di salvabile ci sia per rina- scere e ricominciare … Lo abbiamo visto in tute le calamità naturali del mondo un concorso di solidarietà umana immediata e globale. Mi chiedo se “il popolo sovrano” oggi abbia la consapevolezza di met- tersi al servizio della Patria Italia e far si che si proceda verso una go- vernabilità degna di un Paese che ha dato regole di civiltà, di sviluppo, di creatività e ingegno a tutto il mon- do. Teresa Scaravilli (continua a pag. 2) È il tempo del silenzio. Anche piazza San Pietro lo dice guardando alla finestra chiusa. Non il “terribile silenzio” che Jan Ross, opinioni- sta laico di Die Zeit, temeva ipotizzando una Chiesa completamente muta, senza più voce. Ormai tutti sanno che quella iniziata alle ore 20 di giovedì 28 febbraio 2013 non è assenza di parole ma è una comunicazione altra che ogni persona sperimen- ta nei tornanti decisivi della propria e altrui vita. È un inanellarsi di domande e di risposte tra l’infini- tamente piccolo e l’Infinito. È la stessa comunicazione che si vive entrando in una chiesa, posta sul lato di una piazza affollata o di una strada rumorosa, dove c’è un piccolo lume acce- so. Una fiammella che dice di una presenza. Nulla di più e tutto di più di una scintilla. Occorre fermarsi per accorgersi di quella minusco- la lampada accesa e la sosta è un esercizio sempre più difficile in una società che si consuma nella velocità e nella fretta. Chi si ferma è perduto. Qualcuno ci ha detto e ci sta dicendo che così non è affatto quando si guarda con onestà dentro se stessi. C’è un altro messaggio forte che è venuto in questi giorni: si sono chiuse e sigillate le porte degli apparta- menti pontifici ma se ne è spalancata una immensa: quella della preghiera. Cosa c’è dietro, o meglio, chi c’è dietro questa por- ta? Si è un po’ tutti, seppur in modo diverso, a cercare risposte alla domanda suscitata dal colpo di vento che ha interrotto la brezza alla quale ci si era abituati. Le analisi e i commenti ci hanno accompagnato e continueranno ad accompagnarci in un tempo in cui la debolezza e la forza si sono confrontate e si con- frontano mettendo sotto esame le logiche del potere e del successo. Qualcuno è un po’ più avanti e qualche altro è un po’ più indietro nelle riflessioni e nella ricerca di una risposta. Nessuno tuttavia può dire di essere giunto alla meta. L’impressione di essere arrivati lascia infatti il posto alla scoperta che la strada continua alzandosi a quote sempre più alte. Paolo Bustaffa (continua a pag. 2) Il gruppo di pastorale giovanile a pag. 3 Cartoleria Acireale, Via Cavour 39 cartoleria articoli per ufficio prodotti professionali disegno e pittura fotocopie gadget regali Sconti su: quaderni, diari, zaini e borse delle MIGLIORI MARCHE Anna Bella

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La Voce dell'Jonio n. 3 del 10 marzo 2013

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Anno LVI - N. 3

Spedizione in a.p. 45% Autorizz. Dir. Prov. P.T. CT.

[email protected]

1,00

Domenica, 10 marzo 2013

LA VOCEJoniodell’Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio

A

E’ il tempo del silenzioQuella avviata il 28 febbraioè una comunicazione altra

INTERVISTA

Il prof. Pippo Rossisui problemi idrici“L’acqua per tutti

diritto insopprimibile”

I cattolici dopo il votoDal risultato elettoralelezione di cambiamento

VERSO IL CONCLAVE Il portavoce vaticano spiega la grande riservatezza dei cardinali

“Garanzia di libertà spirituale”La “linea di riservatezza” è “tradizionale” per i car-

dinali, ed è “normale” che cresca, man mano che ci si avvicina al Conclave. Ad assicurarlo ai giornalisti, du-rante il briefing di oggi, è stato padre Federico Lom-bardi, direttore della sala stampa del-la Santa Sede. Interpellato sui motivi dell’annullamento del terzo briefing consecutivo dei cardinali americani, un’ora dopo il suo annuncio, ha ri-sposto: “Non ho da dare indicazioni sul modo in cui comportarsi con la stampa, è compito dei cardinali nelle Congregazioni, in cui sono responsabili insieme: devono essere loro a guidare il cammino verso la meta dell’elezione del nuovo Pontefice nel Conclave”.

“Non mi stupisce che nel continuare questo cam-mino - ha dichiarato padre Lombardi - ci siano stadi

successivi. All’apertura, all’inizio delle Congregazio-ni ci può essere stata la volontà di condivisione, poi dopo, man mano, la sensibilità del Collegio nel suo insieme può aver messo a punto un suo modo di

procedere”. “C’è una progressività nel cammino - ha proseguito il portavo-ce vaticano - che porta a una con-centrazione della riflessione e anche della riservatezza, riguardo al per-corso che si sta facendo. Un percor-so che porta al Conclave, dove come sappiamo la riservatezza è assoluta”. Tra i cardinali riuniti per le Congre-gazioni, quindi, per padre Lombardi

c’è “un clima di notevole riservatezza”, che è “garanzia di libertà spirituale” e segno della necessità “dell’ap-profondimento del cammino di avvicinamento che dalle Congregazioni generali porterà al Conclave”.

LUNEDÌ 11 MARZO IN CATTEDRALE

La “Festa del perdono”

ACI S. ANTONIO

3Biagio Fichera

Domenico Di Mauroa quasi cento anni

vedrà nascere “Il museodel carretto siciliano”

RANDAZZO Intervista alla figlia e sorella dei tre pastori barbaramente uccisi il 22 gennaio del ‘93 in un agguato mafioso

Rita Spartà: “In attesa di giustizia a venti anni dalla strage”Vent’anni fa Randazzo, cittadina medievale alle pendici dell’Et-

na, veniva sconvolta da un triplice omicidio di stampo mafioso: il 22 gennaio 1993 il pastore Antonino Spartà veniva barbaramente ucciso nel suo ovile, insieme con i giovani figli Vincenzo e Salvatore. Nella ricorrenza del ventennale, si è svolto a Randazzo un convegno, e qual-che giorno fa siamo andati a fare due chiacchiere con la primogenita di Antonino Spartà, Rita, che in questi venti anni ha mantenuto vivo il ricordo del padre e dei fratelli e si è impegnata in tutti i modi possibili perché venga fatta giustizia. Rita ci ha accolto con molta genti-lezza e, allo stesso tempo, con una certa, comprensibile, riservatezza.

- Trascorsi vent’anni dalla mattanza, come si sente lei oggi?“Custode di un dolore che mi dilania senza fine, ancor più di al-

lora, quando ho assistito alla scena dei “miei uomini” strappati alla vita, che tanto amavano e rispettavano. A quei tempi credevo nella giustizia, oggi – ahimè – non più! Porto un tale macigno, che nel-l’arco degli anni sembra schiacciarmi sempre più, ho perso la mia visione positiva della vita. Cosa potrei trasmettere ai posteri, al mio nipotino per primo, quando osservando le foto dei “miei uo-

mini” mi chiede chi sono e dove sono. Uccisi dall’intero sistema?”.- Pensa si potesse fare di più?“Far di più, è un eufemismo. È stato fatto ben poco e

male, sin dall’inizio. Ricordo, che agli albori dell’omici-dio, con la mia famiglia dovemmo supplicare i carabi-nieri all’ascolto. Io per prima rimasi fino alle 6 del mat-tino per informarli sui fatti. Da quel momento fummo abbandonati da tutti, anche dagli amici che erano soliti frequentare la nostra casa. Solo dopo la partecipazione al programma di Maurizio Costanzo (che avrei voluto evitare, perché non mi piace apparire), consigliata da Tano Grasso, si mosse qualcosa. Dallo Stato non ho ri-cevuto né sostegno psicologico, né legale, per me è un

fantasma. Mi interrogo ininterrottamente su chi siano i miei veri nemici, se la mafia o lo Stato”.

- Quanto crede che la notizia abbia inciso?“Fortemente, ed è con molto rammarico che dico ciò. Solo i me-

dia, in questo caso, sono stati in grado di smuovere un sistema che si chiama Stato, e che ci aveva chiuso la porta in faccia. Mi chiedo:

Maria Pia Risa(continua a pag. 2)

LAVORO

8

Studente di economiainventa e realizza

la pizzeria ambulantee va in giro per le feste

Dario Liotta

Dopo il ritiro di Benedetto XVI la Chiesa in preghiera in attesa del nuovo Papa

Tutti delusi, tutti colpevoli… ab-biamo sbagliato tutto?

Un fondo di amarezza e di delusio-ne sul volto e sul cuore degli italiani all’indomani del voto nazionale.

Cosa vogliamo dai nostri neo elet-ti Deputati e Senatori? Cosa siamo disponibili a fare noi Italiani oggi per recuperare credibilità, fiducia, speranza per la nostra terra e per i nostri giovani?

E’ fa-cile fare domande come fa-cile è fare a n a l i s i . Potrebbe anche es-sere facile

fare proposte e rendersi impopolari. Mi viene in mente, non so se a ragio-ne o a torto, un’immagine catastrofi-ca: un terremoto, un uragano … non voluto da nessuno ma subito da tutti inesorabilmente. In quel caso scatta in ogni sopravvissuto un senso di responsabilità, una forza vitale, una creatività inattesa da mettersi a lavo-rare ininterrottamente per sgombe-rare macerie, mettere in salvo quan-ta più gente possibile, recuperare quanto di salvabile ci sia per rina-scere e ricominciare … Lo abbiamo visto in tute le calamità naturali del mondo un concorso di solidarietà umana immediata e globale.

Mi chiedo se “il popolo sovrano” oggi abbia la consapevolezza di met-tersi al servizio della Patria Italia e far si che si proceda verso una go-vernabilità degna di un Paese che ha dato regole di civiltà, di sviluppo, di creatività e ingegno a tutto il mon-do.

Teresa Scaravilli(continua a pag. 2)

È il tempo del silenzio. Anche piazza San Pietro lo dice guardando alla finestra chiusa.

Non il “terribile silenzio” che Jan Ross, opinioni-sta laico di Die Zeit, temeva ipotizzando una Chiesa completamente muta, senza più voce.

Ormai tutti sanno che quella iniziata alle ore 20 di giovedì 28 febbraio 2013 non è assenza di parole ma è una comunicazione altra che ogni persona sperimen-ta nei tornanti decisivi della propria e altrui vita.

È un inanellarsi di domande e di risposte tra l’infini-tamente piccolo e l’Infinito.

È la stessa comunicazione che si vive entrando in una chiesa, posta sul lato di una piazza affollata o di una strada rumorosa, dove c’è un piccolo lume acce-so.

Una fiammella che dice di una presenza. Nulla di più e tutto di più di una scintilla. Occorre fermarsi per accorgersi di quella minusco-

la lampada accesa e la sosta è un esercizio sempre più difficile in una società che si consuma nella velocità e nella fretta.

Chi si ferma è perduto. Qualcuno ci ha detto e ci sta dicendo che così non è

affatto quando si guarda con onestà dentro se stessi. C’è un altro messaggio forte che è venuto in questi

giorni: si sono chiuse e sigillate le porte degli apparta-menti pontifici ma se ne è spalancata una immensa: quella della preghiera.

Cosa c’è dietro, o meglio, chi c’è dietro questa por-ta?

Si è un po’ tutti, seppur in modo diverso, a cercare risposte alla domanda suscitata dal colpo di vento che ha interrotto la brezza alla quale ci si era abituati.

Le analisi e i commenti ci hanno accompagnato e

continueranno ad accompagnarci in un tempo in cui la debolezza e la forza si sono confrontate e si con-frontano mettendo sotto esame le logiche del potere e del successo.

Qualcuno è un po’ più avanti e qualche altro è un po’ più indietro nelle riflessioni e nella ricerca di una risposta.

Nessuno tuttavia può dire di essere giunto alla meta.

L’impressione di essere arrivati lascia infatti il posto alla scoperta che la strada continua alzandosi a quote sempre più alte.

Paolo Bustaffa(continua a pag. 2)

Il gruppo di pastorale giovanile a pag.

3

CartoleriaAcireale, Via Cavour 39

cartoleria

articoli per ufficio

prodotti professionali

disegno e pittura

fotocopie

gadgetregali

Sconti su:quaderni, diari,

zaini e borsedelle MIGLIORI MARCHE

Anna Bella

Page 2: La Voce dell'Jonio n. 3 del 2013

2 10 marzo 2013 In Seconda Joniodell’

RADICI E TRADIZIONI - 4 Rubrica di cucina, detti, proverbi, preghiere, feste e storia ...

La Settimana Santa ad AcirealeRicerche nel campo della

medicina e della otoneuro-logia in particolare, hanno dimostrato che circa il 65% delle persone di età superiore ai quarant’anni hanno vissu-to nel corso della propria vita una esperienza di vertigine acuta che coinvolge emotiva-mente il paziente sino a crea-re, in alcuni casi, un vero e proprio handicap.

Al dottore Luciano Venti-cinque, dell’Unità Operativa Complessa di Otorinola-ringoiatria, Ambulatorio di vestibologia e riabilitazione vestibolare dell’Ospedale di Acireale, abbiamo chiesto ap-profondimenti sulle attuali ricerche nel campo della medi-cina riguardanti le vertigini.

- Cos’è la vertigi-ne?

“La vertigine (dal latino vertere) è una alterazione dei rapporti del nostro schema corporeo con l’ambiente cir-costante. In passato - ci spiega il dottore Venticinque - si è spesso fatta molta confusio-ne nella ricerca delle cause etiologiche della vertigine, attribuendo a diversi organi ed apparati la motivazione del disequilibrio e dei sintomi ad esso correlati. Lo sviluppo delle neuroscienze negli ulti-mi decenni (soprattutto della neurochimica e dei meccani-smi di neuro plasticità cere-brale) ha favorito un nuovo approccio alla diagnostica e alla terapia della vertigine. Quella più diffusa è la verti-gine parossistica posizionale, che riguarda l’80% dei pazienti affetti da disturbi vertiginosi; si scatena come conseguenza di particolari posizionamenti del capo ed è attribuita al distacco di otoliti, presenti a livello dei canali semicircolari dell’orec-chio interno. In tempi remoti si pensava, erroneamente, che le vertigini potessero derivare da disturbi cervicali, mentre oggi sappiamo che la sede del-la patologia è appunto il labi-rinto posteriore dell’orecchio, e il più delle volte compare al momento di coricarsi o alzarsi dal letto”.

- Come si distingue la ver-

Questa immagine esprime il messaggio che si vuole trasmettere con tale pagina: i resti di un tempio greco con accanto l’albero

di mandorlo in fiore rappresen-tano l’antico che fiorisce nella no-vità del presen-te…Così è della tradizione e della cultura di ogni popolo…tradi-

zione e cultura che ne rappresentano le ra-dici e come tali meritano di essere rivalutate e conosciute. E’bellissimo andare in giro alla ricerca di anziani che ti raccontano il passa-to…come si pregava…cucinava…giocava…lavorava…i loro volti s’illuminano nel ricor-do…mentre il loro dire in siciliano…diventa una dolce melodia per chi li ascolta…

Letizia Franzone

Proverbio del mese :L’albiru non si canusci da li ramagghi,

ma da lu fruttu ca si cogghi.Morale :Il valore di un albero non è dato dai suoi

folti e appariscenti rami, ma dal sapore buo-no dei suoi frutti… ma affinchè esso possa produrre frutti buoni è necessario che il contadino, in un preciso tempo, poti i suoi sontuosi rami. Questo taglio può sembrare non giusto al presente, ma darà vigore e bel-lezza nel tempo avvenire… Così è per l’uo-mo…il suo valore non è dato dalle sue belle parole…ma dalle sue scelte e dalle sue ope-re…che se sgorgheranno da un cuore reciso dalla potatura dell’Amore…daranno sapore e bellezza alla sua vita.

Preghiera del S. Rosario:1° Mistero doloroso

Gesù a l’ortu si disponi ppi dda fari l’ora-zioni e pinsannu a lu piccatu: veru sangu Diu ha sudatu.

O gran Virgini Maria,la tò pena è curpa mia;

2° Mistero dolorosoA Gesuzzu lu pigliaru l’attaccaru, lu spu-

spugliaru, li so carni flagellati su ccu milia vastunati.

O Gran Vergini Maria…;3° Mistero dolorosoRe di burla ‘ncurunatu, ccu ‘na canna sbri-

gugnatu; gran duluri ‘ntesta prova: sunnu spini comu chiova. O gran Virgini Maria…;

4° Mistero dolorosoA la morti è cunnannatu, come un latru

scilliratu e la cruci ‘ncoddu porta; nuddu c’è ca lu cunforta.

O gran Virgini Maria…;5° Mistero dolorosoA la vista di la Matri crucifissu ‘ntra du’

latri e nni mori di duluri lu me caru Reden-turi.

O gran Virgini Maria, la tò pena è curpa mia.

Funzioni e celebrazioni ad Acireale nella Settimana Santa, negli anni ‘30

Dagli scritti del Fichera in “ Cronache e memorie”, si legge che ad Acireale si svol-gevano intense e partecipate cerimonie durante la settimana santa. Esse iniziavano dopo le prediche tenute da oratori di fama nella basilica di S.Sebastiano. Il predicatore parlava ogni sera durante tutti i quaranta giorni di quaresima, ad un pubblico nume-roso e attento. Nella domenica delle Palme, dopo la celebrazione, iniziavano le ore di adorazione. Nella Cattedrale sfilavano tutte le confraternite religiose; i confratelli con il capo cinto da una corona di spine, la corda al collo, si riunivano nelle loro sedi per re-

carsi in corteo nell’ora destinata alla confra-ternita. “ Le ore sante”, duravano tre giorni, durante i quali si vedevano passare antichi costumi usate dalle varie confraternite.

Il mercoledì santo terminavano i tre gior-ni diadorazione. Dopo l’ultima ora, taceva-no le campane e gli arredi sacri erano velati a lutto, per ricordare i terremoti che agitaro-no la terra nelle ore di agonia del Redento-re. Nel giovedì santo il Vescovo celebrava la dunzione del ricordo del lavaggio dei piedi degli Apostoli. Nel pomeriggio del giovedì, dalla chiesa di S. Pietro veniva trasportata la statua del Cristo Morto verso la chiesetta del Calvario. Accompagnava tale processio-ne un folto numero di fedeli silenziosi che arrivati poi alla chiesetta ascoltava la predica di rito.Di sera, nella basilica di S. Sebastia-no aveva luogo “ la predica della cena”, per ricordare quello che fu l’ultimo saluto del Maestro dai suoi discepoli. Il venerdì santo vi era la predica della Sacra Sindone, dopo che la copia fedele del lenzuolo che avvolse il Corpo Divino sanguinante veniva traspor-tata solennemente esposta nella medesima chiesa. Dalla chiesetta del Calvario, di sera, la statua del Cristo Morto ritornava alla chiesa di S. Pietro. In quell’anno, in occasio-ne dell’anno santo, il Vescovo Mons. Russo, dispose che la processione che accompa-gnava la statua del Cristo Morto, facesse le quattordici stazioni rappresentate lungo il corso Savoia ( altarelli costruite per volere del gesuita don Luigi La Nuzza nel 1656 ). Concludeva la Via Crucis la predica dello stesso Vescovo.

La statua del Cristo Morto passava poi tra due folte file di persone in raccoglimento e fra meste musiche e omaggi floreali. Ma l’in-domani tutto ritornava lieto con lo scampa-nio festoso delle campane che annunciava-no la Resurrezione di Cristo.

SANITÀ Intervista al dott. Venticinque

Quando “gira” la testa

Il tempo del silenzioSalire sul monte è molto faticoso per

tutti, credenti e non credenti. Ma è an-che molto bello per tutti, credenti e non credenti. Si è ancora totalmente coin-volti nell’ avventura iniziata l’11 febbraio 2013 e raccontata con impeto dai media, con i loro pregi e i loro difetti, con i loro limiti e le loro potenzialità.

Anche il racconto mediatico può scuotere la coscienza e invitarla ad an-dare oltre, pur attraversandoli, i titoli, i testi, le immagini, i suoni.

I media, d’altra parte, sanno molto bene che il loro compito si ferma alla soglia del silenzio, della preghiera, del mistero. Varcare quella soglia spetta alla coscienza diventata come un pellegrino sulla via dell’Infinito, come un mendi-cante della verità. Spetta alla profondità dello sguardo di ciascuno leggere il mes-saggio del silenzio e della preghiera che sfugge alle parole scritte o pronunciate.

Scoprire che per infinito amore si esce dal mondo e si entra nel cuore dell’uomo è il frutto dell’abbraccio del pensare e del credere, è frutto del sentirsi pensati.

Un poeta come padre David Maria Turoldo può aiutare nel percorso che si è improvvisamente aperto: “Sommes-sa è la voce/ trattenuto il respiro/ si ode il sospiro/ e più quanto è taciuto. Dio chiama e seduce/ pago di un sorriso/

che irradia dal viso/ degli umili servi/ e l’inonda di luce”.

La luce non si è spenta, è stata posta più in alto, continua a illuminare la sto-ria. Quel volto rimane per sempre “my-sterium lunae”.

Paolo Bustaffa

La lezione elettoraleDove sono finite le nostre radici di

cultori del sapere, di scienze, arti e quan-to di più bello e ingegnoso sappia fare l’intelletto umano?

Ci vuole proprio tanto a rendersi con-to che i neo eletti abbiano uno scatto di italianità e si ergano a paladini del BENE ITALIA?

Forse è giunto il momento in cui cia-scuno dimostri con i fatti quale amore porti alla nostra Italia e si metta a ser-virla con umiltà e vigore. Sono convinta che alcune proposte indispensabili per ripartire siano da tutti condivisibili e ri-tenute prioritarie. Partiamo da quelle e facciamo camminare il Paese e imparia-mo con i fatti a convergere e non a con-trapporci, a dialogare e non a litigare, ad ascoltarci e capire le ragioni del nostro dire e non preparare le risposte prima che il nostro interlocutore abbia finito di esprimere il suo pensiero. Chi ci assicu-ra che il suo pensiero, se espresso fino in fondo, con coincida con il nostro?

E se questo i nostri neo eletti non lo

sapranno fare, noi popolo delegante, sta-remo a guardare o sapremo anche noi dire la nostra?

Se quelli che ci rappresentano sono come noi forse anche noi abbiamo qual-cosa da imparare e da cambiare sia nel nostro modo di votare sia nel nostro modo pensare, sia nel nostro modo di agire. Non è compito degli eletti soltan-to pensare al futuro del Paese, anche noi cittadini abbiamo le nostre responsa-bilità civili sul nostro modo di vivere la cittadinanza e l’appartenenza alla città, al mondo e all’intera umanità. Da adulti, non possiamo essere passivi. Da adulti abbiamo tra l’altro la responsabilità di educare ed essere modelli di vita per chi ci guarda e ci vive accanto. Buon lavoro, italiani!

Teresa Scaravilli

Spartà: attendo giustiziaNon ha ma non è un diritto del citta-

dino avere giustizia? Benché siano tra-scorsi 20 lunghi anni, ecco dove siamo approdat”.

- E’ riuscita ad elaborare il lutto?“Come potrei, ad oggi non abbiamo

ottenuto giustizia. Siamo incappati in un assenteismo statale, che anziché solleva-re le vittime, ci ferisce senza tregua nel prestare considerazione ai carnefici. E non solo, ci umiliano quando ci pongo-no sullo stesso piano delle vittime di ma-

fia, non riflettono, quindi, minimamente alle appartenenze. Un abisso ci separa e diversifica”.

- Nel suo diritto di avere giustizia, cosa crede di aver fatto?

“Tutto e niente, considerato l’amore ricevuto “dai miei uomini”, che ad oggi non sono stata in grado di ricambiare. Quindi, non ho ancora fatto nulla. Basti pensare che, a 20 anni dalla strage, solo due persone sono state processate, di cui uno assolto e l’altro condannato all’erga-stolo ma che da breve ha ottenuto la re-visione del processo, con l’“apparizione” di tre nuovi testimoni a rinforzare il suo alibi”.

- Di questa tragedia, oggi, di positivo cosa le rimane?

“Sentire, in questa mia battaglia, la vicinanza di mio padre: l’uomo che mi ha insegnato a ricercare la libertà, veri-tà e rispetto per se stessi e per gli altri. Un insegnamento pagato a duro prezzo per le loro vite e le nostre, perché nulla potrà ridarci i “nostri tre uomini”, ma la giustizia allevierebbe il nostro dolore. Lo stesso uomo che, avendo tirato su i miei fratelli, si sentiva più forte, aveva i suoi “due pilastri”, come li definiva. Questo gli aveva dato la forza di ribellarsi ad un sistema marcio. Quindi, credo che mio padre sarebbe fiero di me, quale frutto del suo sano esempio”.

Maria Pia Risa

dalla prima

tigine? “La crisi è caratteriz-zata da vertigine rotatoria, da nausea con o senza vomito, sudorazione fredda, tachicar-dia. La durata, di solito, è in-feriore al minuto e si attenua alla ripetizione del movimen-to. Altre volte il paziente può lamentare una violenta crisi vertiginosa, accompagnata da nausea e vomito, che permane anche se il paziente è comple-tamente immobile. In questi casi potrebbe trattarsi di ne-vrite vestibolare, che può por-tare ad una completa perdita della funzione della stessa. Tra le patologie a carico dell’orec-chio interno, responsabili di

vertigini, vi è da ricordare la sindro-me di Menière che, oltre ad accessi di vertigine, si mani-festa con acufeni e ipoacusia fluttuante (con sibili nell’orec-chio e diminuzione dell’udito )”.

- Come si giunge alla diagnosi?

“La diagnosi prende inizio da una accurata anamnesi. La presenza di una vertigine rotatoria va ricercata con minuziosità, come gli esa-mi audiologici, indagini oto-neurologiche, accertamenti con video oculoscopio e prove caloriche”.

- Come viene curata la ver-tigine?

“I pazienti affetti da disordi-ni dell’equilibrio oggi vengono trattati con terapia farmaco-logica, che ha il significato di controllare i sintomi, e suc-cessivamente sottoposti ad un trattamento riabilitativo. Nel caso della vertigine pa-rossistica posizionale spesso l’esecuzione delle manovre liberatorie è il presidio tera-peutico risolutivo. L’applica-zione della terapia farmacolo-gia e della terapia riabilitativa ha permesso la risoluzione delle problematiche vertigi-nose nella maggior parte dei pazienti. Va ricordato - con-clude il dottore Venticinque - che la salute non è assenza di malattia ma un dinamico equilibrio tra corpo, mente e ambiente”(Organizzazione mondiale della sanità, Yalta, 1948).

Salvatore Cifalinò

Il 2013 è l’anno della fede e contemporaneamente l’an-no del 1700° anniversario dell’Editto di Milano, con il quale cessò la persecuzione dei cristiani, per opera dell’imperatore Costantino.

Nel museo della Basilica San Sebastiano di Acireale, nel piano degli incontri culturali, l’Università popolare Giuseppe Cristaldi ha promosso una “Lectio Dantis”, a cura del docen-te, prof. Franco Battiato, con lettura e commento di alcuni passi del Paradiso e del Purgatorio di Dante, quale antesigna-no di verità e giustizia. Sappiamo per lunga esperienza come l’atteggiamento di Roberto Benigni, nell’esaltare Dante, in-fluenzi positivamente il pubblico, che in un mondo in crisi rileva la grandezza di pensiero del Sommo Poeta.

Il presidente, prof. Alfio Mazzaglia, nell’ introdurre l’ar-gomento ha messo in luce il famoso sogno di Costantino riguardo alla croce, simbolo di vittoria, nella lotta del 312 contro Massenzio. L’anno dopo, con l’Editto di Milano si rese pubblico il culto dei cristiani.

La conferenza del prof. Battiato, molto articolata, detta-gliata, vivacizzata da un acuto spirito critico sia sull’Editto di Costantino, interpretato come libertà di coscienza, sia circa

la vicenda umana di Dante nel testimonia-re l’ortodossia cristia-na della fede, ha tenu-to desta l’attenzione del pubblico.Il complesso tema, pur riferendosi ad un’epoca storica remota, ha risvolti anche attuali. Il viaggio di purifi-cazione del “profeta” Dante è una metafora di rinascita spi-rituale, ovvero è percepire il “grido” secondo l’ottica di Dio. Molto calzante la citazione dell’Epistola XIII a Cangrande della Scala, in cui il poeta fiorentino manifesta il suo impe-gno civile e morale, appello in sintonia con il nostro tempo.

Il discorso si è ampliato con la lettura di parti essenziali del 24° canto del Paradiso, che ritrae l’ottavo cielo di Giove, dopo che Dante ha assistito alla visione di Cristo e di Maria. Qui Dante, appassionato studioso della Scolastica,- nei suoi migliori rappresentanti, quali sant’Agostino, san Tommaso e san Bonaventura,- viene esaminato da san Pietro sulla fede, definita superiore alla razionalità, ricevendone l’approvazio-ne.

A. B.

UNIVERSITÀ POPOLARE “Lectio Dantis” di Franco Battiato

La svolta dell’Anno Costantiniano

Direttore responsabileGiuseppe Vecchio

EditoreAssociazione La Voce dell’Jonio

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Joniodell’

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10 marzo 2013 3Cultura & SpettacoloJoniodell’

LIBRI Presentata la raccolta di poesie “Grigiori e Scintille”

INTERVISTA Il prof. Giuseppe Rossi sui gravi problemi di approvvigionamento e di trattamento idrici

Acqua, diritto insopprimibileNella sala conferenze “San Paolo” di Acireale, si è svolto l’incontro-dibat-

tito del Movimento ecclesiale d’impegno culturale, sul tema “Custodia della Terra:l’impegno del cristiano per un’alleanza tra l’uomo e l’ambiente”.

Dopo il saluto della presidente, prof. Marinella Sciuto, il prof. Giuseppe Rossi, coordinatore, introduce con ampiezza di vedute l’argomento, citan-do Paolo VI e l’economista Max Weber: punta il dito sullo sfruttamento, causa di perdita di equilibrio, opponendovi gli ecosistemi, espressione di un’etica ambientale, basata su solidarietà e sussidiarietà.

E’ Agatino Sidoti, dottore forestale, dirigente della Regione Sicilia, il dotto protagonista, che con eccezionale competenza, servendosi di efficaci im-magini su video, illustra la crisi ecologica in tutti i risvolti, partendo dalle questioni globali agli effetti locali, correlati a gravi malattie, specie nei Paesi in via di sviluppo; mette a fuoco il dramma dell’ILVA di Taranto, che ha su-perato il limite d’inquinamento, con il suo carico di morti; e anche la situa-zione incresciosa di Gela.

Ingenti le problematiche mondiali: deforestazione in Amazzonia;scomparsa al 75% della barriera corallina nel Mar Rosso; sti-cks ittici sovrasfruttati, per cui se ne ipotizza il collasso nel 2050; agricoltura intensiva e relativa perdita della biodiversità; salinizzazione dei suoli e del-l’acqua, con riferimento specifico a Ragusa e Siracusa; aumento di attacchi parassitari, sull’Etna alle betulle, perdita di piante medicinali.

Approfondita la trattazione sull’effetto serra, fenomeno di riscaldamen-to con raggi solari, con tale aumento della temperatura globale, a causa di anidride carbonica, gas, varie sostanze, da determinare la più grande emergenza planetaria: si sciolgono i ghiacciai e s’ innalza il livello del mare, provocando danni incalcolabili alle città costiere, in seguito costrette ad in-nalzare apposite costruzioni per proteggersi. L’ONU stima che da oggi al 2050 saranno circa 150 milioni i “profughi climatici”, con previsioni di gran-di migrazioni interne e internazionali nel Sud del mondo, oltre ad eventuali conflitti ambientali.

Il dott. Sidoti cita la conferenza ONU su “Ambiente e sviluppo” del 2012, mirata alla lotta alla povertà, polemizzando con la società dei consumi e la massimizzazione del profitto, che mette in secondo piano la dignità umana. Richiama la Genesi, in cui si delinea l’alleanza di Dio con l’uomo: è chiaro il significato morale della natura; i beni primari, garantiti a tutti. Sul piano individuale e familiare, urge adottare nuovi stili di vita, incentrati sulla sobrietà. Per i popoli della Terra, responsabile impegno culturale-educati-vo, nonché politico, in difesa della bellezza della Natura, attraverso sviluppo sostenibile ed energia sostenibile, per il bene comune.

A. B.

Il problema dell’acqua, in tutte le sue prospettive, è molto com-plicato e differente, a seconda dei Paesi.

Nel luglio 2010 l’ONU vara l’essenziale, giusta “Risoluzio-ne” dell’acqua potabile, diritto

umano: giunge così il momento di riconoscere che è priva, in parte, di tale diritto buona parte del genere umano, specie in va-ste aree del continente africano. Sappiamo che già da parecchio tempo missionari e associazioni di sostegno ai Paesi in via di svi-luppo e ai Paesi diseredati hanno promosso iniziative mirate a tal fine, soprattutto con lo scavo di molti pozzi. Altra esigenza, la costruzione d’impianti atti ad evitare disastri idrologici, anche nel nostro territorio.

L’intervista al prof. Giuseppe Rossi, già ordinario di Idrologia e costruzioni idrauliche alla facoltà d’Ingegneria dell’Università di Catania, mira ad un’articolata co-noscenza della problematica.

“Gravi motivi di preoccupazio-ne: ritardi nella fornitura di acqua potabile sicura e di servizi sanita-ri in molti Paesi in via di sviluppo. Disastri, causati da piene e siccità, che, si prevede, s’aggraveranno a motivo dei cambiamenti climati-ci. Purtroppo, i programmi ONU non sono riusciti a modificare significativamente la situazione nei Paesi in via di sviluppo, che contribuiscono finanziariamente in modo più o meno adeguato. Tuttavia uno stimolo ad un mag-giore impegno si attua attraverso il trasferimento di tecnologie, mediante i “world water forum”, che si svolgono con periodicità triennale, per migliorare la poli-tica internazionale sull’acqua nel senso della sostenibilità e del-l’equità della distribuzione.”

- Dal momento che la struttu-ra socio-politica di alcuni Stati, specie africani, è instabile, come è opportuno intervenire?

“Sono problemi delicati, per-ché manca spesso da parte dei Paesi avanzati la volontà di aiuti concreti, amando conservare le esperienze locali, rifiutando in-

ACISANT’ANTONIO Al compimento dei 100 anni il grande maestro pittore Domenico Di Mauro vede coronarsi il suo sogno

Presto il museo del carretto siciliano

La conferenza del Meic

In occasione dei nostri periodici incontri, nel più puro dialetto, l’amico Domenico Di Mauro mi ripeteva: “Vidi prufissuri, iù haju canusciutu tanti pirsunalità, m’hanu datu tanti ricunuscimenti, haju ‘ntisu macari tanti chiàcchiri, ma ‘stu Museo ancora non si vidi…” Finalmente sembra che il suo desiderio possa essere esaudito: la Pro-vincia Regionale di Catania, infatti, sta cercando di inaugurare ad Aci S. Antonio la struttura che si attende da decenni .

Domenico Di Mauro, grande maestro pittore di carretti siciliani, in occasione dei suoi 100 anni, potrà avere il “suo” Museo, dove si potranno vedere e apprezzare le sue opere dipinte sulle sponde dei carretti sicilia-ni con i soliti personaggi della Cavalleria Ru¬sticana, di Orlando furio¬so, con immagini di santi, storie popolari e di briganti, uti-lizzando quei colori a vol¬te vivaci, a volte tenui, come richiede il soggetto da dipin¬gere.

Domenico Di Mauro nasce il 4 aprile 1913 a Guardia-Mangano, frazione di Acireale, dove trascorre i primi anni della sua adole-scenza fino a quando i genitori non si trasferiscono ad Aci S. An-tonio. A 12 anni comincia a frequentare la bottega del futuro suo-cero Antonio Zappalà “ Minicu u’surdu”, da tutti considerato un grande maestro del colore. Dopo soli due anni, trascorsi anche sotto la guida dello zio Vincenzo, “Minicu” fu in grado di mettersi a lavorare in proprio. Ritornato ad Aci S. Antonio, nel 1928, apre una bottega tutta sua.

Va a Milano su invito dell’Unesco per dipingere le fiancate di un carretto a piaz-za Duomo; nel ‘70 è invitato alla Mostra internazionale dell’Artigianato a Firenze. A Parigi nel parco “ La Corneuve ” rappresenta la Sicilia nel padiglione “tourisme et travail”. Il successo è tale che il responsabile dell’evento gli chiede di tornare per

esporre un carretto completo. L’anno dopo riesce a esporre addirittura nel museo etnologico più importante del mondo, il “Museè de l’homme” di Parigi, ottenendo un grande successo.

E’ la sua sensibilità figurativa che gli ha consentito di trasferire le atmosfere vive e palpitanti della Sicilia in modo sempre più plastico sulla sua tavolozza.

Della sua pittura ormai famosa, si sono frattanto interessati molti personaggi dell’arte e della cultura. Le sue opere dipinte sulle sponde dei carretti, si trovano in

tutto il mondo. Una sua anfora è al Circolo culturale di Mosca, un carrettino lo volle Jacqueline Kennedy per la Casa Bianca ed altri suoi lavori si trovano in Vaticano.

“Prima che io dipinga un carretto – mi ha spiegato quando sono andato a trovarlo - il lavoro spetta al “Carradore”, colui che scolpi-sce e compone tutte le parti del carretto, poi tocca a me, perché il lavoro del pittore di carretti si articola in tre fasi fondamentali: la “Coloritura” di fondo, la “Decorazione” con motivi geometrici e/o fitomorfi e antropomorfi, la “Figurazione” con la rappresentazione di vari soggetti sulle superfici esterne della cassa del carro”.

Ad ascoltarlo ci si sente come trasportati indietro nel tempo, fra i “don Alfio” e gli altri personaggi verghiani, lungo le trazzere e i vicoli di Trezza. Domenico riesce a proiettare nitidi fotogrammi di un passato pregno di nostalgie, filtrato da un delicato sentire d’artista.

Oggi, a cento anni, Di Mauro ha rallentato l’attività nella sua bottega di Aci S. Antonio, dove è rimasto il cognato Antonio Zappalà, anche lui figlio d’arte e suo indispensabile collaboratore.

Biagio Fichera

a. b.) La presentazione di un libro di poesie è un’occasione per leggere con emozione nel mondo interiore la storia personale con i suoi moti, percezioni e sensazio-ni connesse, è un’occasione magi-ca in cui entriamo spiritualmente in contatto con altri: questa, nei locali dell’Università popolare “Giuseppe Cristaldi” di Acirea-le, è la serata di presentazione di “Grigiori e Scintille” di Ludovico Anastasi, pubblicato in Acireale nel dicembre 2012.

Il presidente, prof. Alfio Maz-zaglia, in stile lapidario, ne fa la presentazione, iniziando con la citazione del filosofo tedesco Heidegger, “Solo la poesia potrà salvare il mondo e l’umanità dal-la sua perdizione”; a cui associa il giudizio di Oswald Spengler sulla capacità dei poeti di potere dominare le forze della tecnica,

riportando l’uomo alla sua uma-nità. E continua a commentare, attraverso un’accurata scelta di poesie, i versi del poeta acese vertenti sull’uomo, sulla natura, sui sentimenti, sui sogni e così via, nei loro motivi e risvolti più coinvolgenti. Particolare risalto Mazzaglia dà alla poesia, riporta-ta nella copertina, in cui si rivela la personalità dell’autore: “Ben-ché aduso / il capo a chinare / per non più spargere di illusioni sangue / torno ancora a lasciarmi incantare / da questo vento che / dalla innevata Etna / baciato / fra queste gialle case / riscende ad alitare / innamorato / per darmi ricompensa.”

Nel recital è il prof. Franco Battiato a leggere le poesie; dopo un breve e significativo dibattito, conclude Ludovico Anastasi, rin-graziando il pubblico plaudente.

LIBRI ”Il martirio del bagolaro” del giovane universitario acese Rosario Russo

Non accade frequentemente di leggere un romanzo stori-co scritto da un giovane universitario perché comunemen-te si crede che questo genere letterario appartenga a chi ha maturato una lunga esperienza di vita ed un itinerario di conoscenza consolidato. Invece “Il martirio del bagola-ro” dell’acese Rosario Russo (ed. Carthago, 2012) è un’ope-ra prima che rivela la propensione letteraria del giovane scrittore, che riesce a coinvolgere il lettore in una vicenda che viene immaginata tra Acirea-le e Catania, tra il 1848 e il 1862, dalla “pace” tra catanesi e “acitani” accomunati dalla lotta antiborbonica del 1848, suggellata dal dono da parte di Catania alla comunità acese di una bandiera e di una spada, e al “tradimento” del 1849, quando il ciantro della cattedrale acese riconfermò la devozione borbonica della città consegnando al generale borbonico Filangieri, sbarcato a Riposto con 12.000 uomini, quelli che erano il simbolo dell’intesa ritrovata tra le due città: un esito sconvolgente e inaspettato per i catanesi, non privo di conseguenze e nuovi conflitti.

L’avvento del Regno d’Italia del 1860-61 dopo l’impresa garibaldina, infatti, non attenuò il conflitto tra i filoborbo-nici e i sostenitori della monarchia sabauda. I personaggi

del racconto si muovono in un contesto in cui c’è forte ri-valità tra i nostalgici del vecchio regime e i sostenitori del nuovo, nei confronti del quale c’erano allora delle aspettati-ve di libertà, ma la nobiltà acese a qualsiasi costo si voleva mostrare ancora fortemente legata alla distinzione netta tra servi e padroni e non ammetteva trasgressioni di sorta, a costo di rimetterci il senso stesso della vita dei compo-

nenti di ciascuna famiglia, che dovevano apparire nei comportamenti pubblici sempre coerenti con il pro-prio rango e non destare scandalo.

I sei capitoli del romanzo sono tutti intitolati con un detto in dialetto, che condensa la saggezza popolare e anticipa il senso delle avventure del giovane conte Nardo alla ricerca della verità sulla misteriosa mor-te del nonno Lionardo Mancini , che gli fa superare , come afferma nella prefazione Maria Concetta Grava-gno, “lo scontro antitetico delle generazioni con una pietas filiale che gli fa comprendere le debolezze uma-

ne e in particolare quelle di coloro che gli sono più cari”. Il ritmo è quello di un romanzo giallo, ben orchestrato e

coinvolgente; il linguaggio, che non disdegna “modi di dire” locali e qualche “inciampo”, nel suo insieme risulta convin-cente e di sicuro sviluppo.

Giovanni Vecchio

Romanzo storico tra Acireale e Catania Il mondo di L. Anastasi

terventi massicci, che non tengo-no conto della realtà sociologica. Ad esempio, la polemica contro le grandi dighe. Gli accordi tra gli Stati sono regolati da una Con-venzione orientata a ripartire le acque di un fiume, che attraversa più Stati, in modo da evitare dan-ni irrimediabili a valle. Si opta per un’equa ripartizione delle risorse. Non sempre è facile da attuare tale accordo.”

- Passiamo a problemi del no-stro territorio. La recente alluvio-ne di Catania, che ha dato spet-tacolo d’inefficienza, in un’epoca in cui la tecnica risolve tanti problemi: il caso specifico, come va interpretato? E ancora, l’area attorno all’aeroporto, allagata in seguito a piogge?

“Nel caso della città, vi è una causa strutturale dovuta al fatto che le fognature pluviali dei cen-tri urbani per motivi economici sono dimensionate per eventi di pioggia non particolarmente elevati; ad esempio, con tempi di ritorno 5-10 anni. Nel caso di Catania, alle portate della pioggia in città, si sono aggiunte le porta-te provenienti dai centri urbani delle pendici dell’Etna, a causa del mancato collegamento tra le fognature e il canale di gronda, che avrebbe dovuto raccogliere le acque con sbocco diretto al mare. Nel caso della piana di Catania, si deve tenere conto dell’insuffi-ciente manutenzione dei canali, inoltre dell’urbanizzazione di questi ultimi anni, che ha provo-

cato l’impermeabilizzazione di terreni che prima consentivano l’infiltrazione nel sottosuolo. Pur-troppo, la proposta avanzata dal-l’associazione Idrotecnica italiana d’inserire nelle norme urbanisti-che il principio della ‘invarianza idraulica’ non è stato recepito. In Italia, grande confusione a livello normativo. Anche gli indirizzi dei referendum del giugno 2011 aspettano d’essere inseriti nella normativa. Le direttive europee prevedono due piani.”

- E nel caso di Acireale e del-l’area etnea, le cose come stanno?

“Dopo l’alluvione del marzo 1995, che provocò la morte di due persone ad Acireale, tre a Giarre e una a Mascali, vi sono stati significativi interventi, che hanno esteso le zone della città dotate di tronchi di fognatura pluviale, tuttavia restano gravissi-mi rischi per il mancato comple-tamento della rete di fognatura e

soprattutto per l’incomprensibile situazione di quasi tutte le strade extraurbane, nelle quali non si provvede a realizzare adeguati si-stemi di smaltimento delle acque, ovvero cunette caolitoie, contro ogni buon senso e ogni regola

progettuale. Per l’area etnea, gra-vi sono i problemi tecnici: sovra-sfruttamento delle risorse idriche sotterranee dell’Etna, con abbas-samenti delle falde, che già pro-vocano gravi conseguenze sulla qualità dell’acqua; in futuro, ridu-

zione della quantità. Insufficiente la presenza di reti fognanti in tutti i comuni dell’area, con con-seguente rischio d’inquinamento delle falde. Ritardi nell’attuazione di impianti di depurazione delle acque reflue, che non dovrebbero interferire con le riserve naturali. Acicastello ha un progetto che trasferirà i liquami nel depura-tore di Catania, mentre Acireale non ha voluto o saputo proporre analoga soluzione.”

Urge passare all’azione per il bene comune.

Anna Bella (Nelle foto: a destra Aga-

tino Sidoti, a sinistra Pippo Rossi, tra loro al tavolo

Marinella Sciuto)

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4 10 marzo 2013 Joniodell’

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10 marzo 2013 5Spazio GiovaniJoniodell’

“Ricamare i Sogni e tesserli con Te!”: questo lo slo-gan che verrà proposto a tutti i giovani e gli adolescen-ti della Diocesi per la Festa del Perdono di quest’anno. Una festa speciale questa perché cade nell’anno della fede importante occasione anche per le giovani gene-razioni.

Il messaggio di quest’anno vuole educare gli adole-scenti ed i giovani che parteciperanno alla consapevo-lezza che l’amore di Dio non ci dà una vita “preconfe-zionata” ma ci dona ogni giorno, con la grazia del Suo perdono, la possibilità di tesserla con Lui.

È un servizio utile per fare riscoprire al settore gio-vanile il Sacramento della Riconciliazione in una di-mensione d’insieme col cammino della vita e di festa. Inoltre è l’occasione di dare l’opportunità di prepararsi bene alla Pasqua e fare una buona confessione.

L’appuntamento è per LUNEDI’ 11 MARZO 2013 alle ore 20.00 presso la Basilica Cattedrale di Acireale. Presiederà la liturgia il nostro Vescovo MONS. AN-TONINO RASPANTI.

Crediamo che partecipare, anche sacrificando qual-che altro impegno, è permettere ai giovani di vivere il senso ecclesiale e diocesano per aprire gli orizzonti della fede e crescere nella comunione.

Nell’attesa di incontrarvi alla Festa del Perdono vi ringraziamo per la vostra fondamentale collaborazione e vi assicuriamo la nostra preghiera in questo Tempo favorevole di salvezza verso la Pasqua del Signore.

Gabriella Spidaleri

FESTA DEL PERDONO 2013 Lunedì 11 tappa quaresimale della Pastorale giovanile della Diocesi

La gioia di vivere insieme la fede

CONVERSIONE Vivere la vita buona del Vangelo attraverso la Misericordia gratuita di Dio Padre

“Ricamare i sogni e tesserli con te”

Torna, come di consueto da quattro anni a questa parte nella nostra Diocesi, l’attesissimo appuntamento con la Festa del Per-dono, giorno 11 marzo presso la Basilica Cattedrale di Acireale.

Un appuntamento che, ogni anno, richiama centinaia di gio-vani della nostra Diocesi a riconciliarsi con Dio ed a fare festa tutti insieme per la grazia del perdono nuovamente gustata.

Il brano evangelico sul quale saranno chiamati a riflettere i ragazzi, accompagnati dai giovani preparatori loro coetanei, è tratto dalla testimonianza di fede di Marco (9,14-29).

E’ un momento difficile.Gesù, insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni, scende dal mon-

te sul quale si è trasfigurato e dove ha avuto una anticipazione

LA RIFLESSIONE La rilettura alla luce della nostra vita del brano evangelico in cui Marco racconta di Gesù che libera un giovane da uno spirito maligno

Stare in piedi per farsi guardare negli occhi da Dio

Ogni anno, per noi giovani della Diocesi, la Pastorale Gio-vanile ci ricorda che non c’è vera gioia senza conversione. L’incontro con il Perdono di Dio nel Sacramento della Ricon-ciliazione è quella goccia di acqua pulita e benefica che risa-na, guarisce, disseta la nostra aridità e le nostre ferite.

Insieme al nostro Vescovo Antonino, lunedì 11 marzo pros-simo, adolescenti e giovani, faremo questa esperienza comu-nitaria nella tradizionale notte della misericordia.

“Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta” (Lc 15,6). “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò… Il padre disse ai servi: “…facciamo festa, perché que-sto mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa” (Lc 15, 20; 22-24). Ricevuto il Perdono di Dio attraverso il ministro della Chie-sa, la tristezza del peccato si trasforma in gioia traboccan-te e in una profonda riconoscenza. Nella celebrazione stessa sperimento come il dono di una vita rinnovata sia motivo di festa grande, non solo per me ma per tutta la Chiesa, in cielo e sulla terra: chi mi ha aiutato a prepararmi alla confessione è presente accanto a me, per gioire insieme e innalzare un unico “grazie!” all’amore misericordioso del Padre. È una mo-dalità per rendere maggiormente visibile la comunione che lega ogni uomo, nella Famiglia di Dio che è la Chiesa.

Per questo invitiamo tutti i sacerdoti, i consacrati, gli edu-catori a coinvolgere tutti i giovani per la Festa del Perdono per offrire loro la vita buona del Vangelo attraverso la Mise-ricordia gratuita di Dio Padre.

Martina Di Bella

Anche quest’anno, per la quarta edizione, torna la Festa del Perdono promossa dal Ser-vizio Diocesano per la Pastorale Giovanile in collaborazione con il Gruppo Giovani Evan-gelizzazione Diocesano.

Quest’appuntamento, ormai tradizionale nella nostra chiesa “giovane” acese, è la tappa quaresima-le del Progetto Diocesano di Pastorale Giovanile che in quest’anno della fede ha come tema “SiFIDAdiTE”. Voler condividere con i giovani che la fede è amicizia con Gesù, fidarsi di Lui per sfidare la storia ed il nostro tempo nella certezza che solo l’Amore vin-ce ed è credibile.

“Gesù, fissatolo, lo amò” (Mc 10, 21). E’ proprio que-sto sguardo d’amore di Gesù il motivo che rende ogni con-fessione un grande motivo di gioia e riconoscenza sia per il penitente che per tutta la Chiesa. E’ un incontro, quello con il perdono di Dio e della Chiesa, degno di essere prepa-rato con cura, di essere celebrato con grande dignità e di essere festeggiato nella gioia, pro-prio come ci invita Gesù.

Nelle celebrazioni penitenziali anima-te da Giovani e Riconciliazione, la con-fessione viene inserita in un percorso di accompagnamento offerto da giovani vo-lontari, debitamente formati ed educati, verso i loro coetanei. L’invito - discreto,

ma personale e diretto - ad accostarsi al sacramento, l’offerta di una pausa di ri-flessione sulla parola di Dio che stimoli la coscienza ad interrogarsi ed esaminarsi, la sincera condivisione del-la gioia del perdono, sono gli strumenti attraverso cui il penitente è aiutato a vi-vere l’incontro decisivo con la misericordia del Signore, sperimentando concreta-mente la dimensione co-munitaria del sacramento della Riconciliazione e la partecipazione di tutta la Chiesa alla sua conversio-ne.

Lo stile globale della celebrazione è par-ticolarmente curato, perché una sobria solennità (nell’allestimento degli spazi liturgici, così come nelle parole e nei ge-sti del celebrante) possa aiutare a coglie-

re la dignità altissima dell’incontro sacramentale. Alcuni segni e testi sono appositamente pensati e pre-parati per ogni singola occasione, per poter esprimere l’opera di Dio e della Chiesa secondo il linguaggio e la sensibilità giovanile, in forma adatta al contesto specifico e per educare ad una corretta creatività.

Grazie a questa modalità di ce-lebrazione, la confessione per tanti giovani ha veramente cambiato fi-sionomia: chi già l’amava ora l’ama di più; alcuni si sono avvicinati per l’efficacia di questo invito; per altri è aumentato il desiderio di una con-fessione più frequente.

Crediamo fortemente, ed in que-sti anni lo abbiamo sperimentato come Pastorale Giovanile, che li-berarsi il cuore dai peccati ed in-contrare una guida che ti aiuta nel cammino di conversione fa dei gio-vani persone libere, vere e felici. Per questo la Festa del Perdono è un momento di evangelizzazione da non perdere!

La Segreteria del Servizio Diocesano per la Pastorale

Giovanile

In quest’Anno della Fede

l’incontro ha per tema

“SiFIDAdiTE”Celebrazione insobria solennità

della Sua passione e trova gli altri discepoli che discutono ani-matamente con la folla e con alcuni scribi, che li accusavano di non essere riusciti a scacciare un demonio dal corpo di un gio-vane.

L’avvento di Gesù sulla scena ne cambia il corso e lo sviluppo successivo.

L’obiettivo è rileggere il brano evangelico alla luce della nostra vita quotidiana: scavare dentro di noi per vedere se il nostro in-contro con Gesù è un incontro fatto solo di parole formali, ma vuote, oppure se ci lasciamo contagiare dal Suo contatto di vita ed assumiamo una nuova postura. La postura dell’Amore.

Il brano ci mette in discussione come cristiani, Gesù ci invita ad essere più saldi nella fede, una fede che non deve essere fon-data solo sulle parole, ma sulla necessità di costruire un rappor-to di confidenza con Lui.

Di fronte alla richiesta di aiuto da parte del padre del giovane (“Se tu puoi qualcosa abbi pietà di noi ed aiutaci”), Gesù si fa carico della nostra incredulità e ci fa comprendere che tutto è possibile per chi crede.

Il Maestro libera il giovane dallo spirito che lo affliggeva e fa-cendolo alzare in piedi gli dà nuova dignità, indicando a ciascu-no di noi la postura che deve caratterizzare il cristiano: lo stare in piedi. Per farsi guardare negli occhi da Dio.

Tutto questo è possibile soltanto coltivando il dialogo con Dio attraverso la preghiera, elemento imprescindibile per potere percorrere un reale cammino alla sequela di Cristo.

Questi sono i presupposti attraverso i quali accostarsi nella giusta predisposizione d’animo all’abbraccio misericordioso di Dio.

Gaetano Cosentino

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6 10 marzo 2013 Chiesa e Società Joniodell’

Sabato 23 febbraio si è concluso presso il teatro” Turri Ferro” di Acireale il convegno che ha visto la partecipazione di centinaia di persone provenienti da tutta la diocesi acese, appartenenti al variegato mondo dell’associazionismo cattolico e laico.

Il titolo del convegno : “Circuito di solidarietà – L’associazionismo in dialogo con il vescovo –“, in-quadra perfettamente le intenzioni degli organizza-tori e l’esito dell’incontro.

Lo scopo di invitare quanti operano nel sociale, per un dialogo costruttivo, per verificare le nuove emergenze, per cercare di fare ed essere rete, è sta-to raggiunto. Il vescovo mons. Antonino Raspanti, aveva espresso il desiderio d’incontrare i “costruttori della civiltà dell’amore”, termine che ha coniato per i volontari il grande papa Giovanni Paolo II, per dia-logare con loro, comprendere le difficoltà di un cam-mino reso ancora più difficile da questa crisi morale e quindi economica, che attanaglia il Paese.

Il tema centrale del convegno è stato la povertà, illustrato da Marina Scardavi da Palermo, fondatri-ce dell’associazione la “Danza delle Ombre” che si occupa appunto del servizio di assistenza per i senza dimora del capoluogo siciliano. I dati illustrati dalla relatrice sono allarmanti, la povertà è un fenomeno in crescente aumento e riguarda non solo le persone più fragili, senza casa e senza famiglia, gli immigra-ti fuggiti da Paesi in guerra o falcidiati dalla miseria, ma intere famiglie che hanno perso il lavoro e si ri-trovano per strada non avendo le risorse necessarie per pagare un affitto ed affrontare le spese ordinarie.

La Scardavi non ha parlato solo di cifre, pur ne-cessarie per capire la gravità del problema ma, rac-

contando la sua esperienza in strada e raccogliendo spunti dal suo libro “La danza delle ombre” edito dalle Paoline.

Nel suo intervento, mons. Raspanti ha sorpreso tutti gli astanti : non ci si aspettava un discorso così intimo, che riguardasse la sua personale esperienza con gli “ultimi” , da giovane nel quartiere popolare di Ballarò a Palermo, poi nella comunità parroc-chiale di New York, dove presta servizio nel periodo estivo.

Sono state toccanti anche le testimonianze dei volontari intervenuti. La presidente del Gruppo do-natori di Sangue Fratres di Acireale, Antonella An-daloro, ha tracciato il percorso della sua associazione che negli ultimi dieci anni in particolare, ha visto cre-scere ogni anno il numero dei donatori.

Commovente anche la testimonianza di Sara Pri-mavera che ha creato l’associazione Vivere Insieme con cui ha coinvolto famiglie che hanno figli con disabilità impegnandoli in iniziative di auto aiuto ed attività di animazione per il potenziamento delle capacità ulteriori, ed ha promosso la RET.I.S. , coor-dinamento di associazioni, enti pubblici, scuole, nata per la promozione umana e sociale dei soggetti svan-taggiati e migliorare la vivibilità nel territorio.

Rosario Grasso, non vedente, presidente dell’asso-ciazione 104 Orizzontale, ha enumerato tutta una serie di attività a favore di soggetti con disabilità e non.

Giuseppe Gulisano, presidente della Caritas dio-cesana, e Rosario Musmeci, governatore dei Lions di Acireale, hanno invece illustrato la loro iniziativa congiunta a favore dei poveri con cui viene prestata

assistenza psicologica, sanitaria, materiale e consu-lenza professionale gratuita da parte di alcuni pro-fessionisti, avvocati, medici, commercialisti, notai.

La prestigiosa Corale Polifonica Jonia di Giarre, diretta dal maestro Giuseppe Cristaudo e curata dal compositore ed arrangiatore Giuseppe Mignemi, ha chiuso la serata con un’esibizione superba accompa-gnata dall’entusiamo del pubblico.

Da questo importante appuntamento si posso-no trarre alcune considerazioni : la solidarietà nella gratuità è un elemento fondamentale della nostra comunità che contribuisce fortemente a lenire i di-sagi di molte persone vittime non soltanto della crisi ma di una scarsa attenzione dell’Amministrazione comunale e dell’intero Consiglio che non riescono ad attuare politiche sociali capaci di rispondere ai bisogni della gente.

Il volontariato può dare risposte ad alcuni bisogni della comunità, come forza sussidiaria e non sosti-tutiva delle Istituzioni che hanno il dovere costitu-zionale di garantire le pari opportunità e giustizia sociale, nella misura in cui si crea una rete tra le va-rie realtà associative, condividendo le esperienze, le risorse, le forze, i progetti, per una missione e visione condivisa del bene comune.

Orazio Maltese

DIOCESI Positivo bilancio del convegno di Acireale su associazionismo e volontariato

Solidarietà nella gratuità

GIARREIntensa visita del Vescovo mons. Raspanti nella Parrocchia di S. Maria la Strada

Inaugurato l’Oratorio “Don Bosco” e “Acutis”Festa grande per la comunità parrocchiale di

Santa Maria della Strada che ha ricevuto la visita del vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti.

Il vescovo è stato accolto, nella piazza antistan-te il Santuario, dal parroco don Mario Gullo, dai

responsabili dei vari gruppi parrocchiali (Caritas, Ministranti, Catechisti, Azione cattolica, Rinnovamento dello Spirito, Ministri Straordinari S. Comunione, gruppo Preghiera Regina della pace, Associazione M. Ausiliatrice, Gruppo Famiglie dell’Oratorio, commissione festeg-giamenti in onore di Maria SS. Della Strada e in onore di S. Antonio da Padova, Suore figlie di Maria Immacolata) e dalle autorità civili e militari presenti.

A seguire breve processione fin dentro il Santuario ove ad attenderlo c’era una folla festan-tiedi fedeli che subito dopo ha partecipato attivamente al solenne pontificale concelebrato con don Mario Gullo, don Antonino Russo, vicario foraneo, don Rosario Di Bella, già guida spiri-tuale della parrocchia e “figlio” della stessa parrocchia, don Giuseppe Pavone assistente spiri-tuale diocesano “gruppi Oratorio”. Alla fine della cerimonia la comunità parrocchiale ha voluto donare al vescovo una “mitra mariana” da indossare per tutte le visite nei numerosi santuari “mariani” della Diocesi di Acireale.

Un altro momento importante è stato vissuto quando il Vescovo, seguito da tutta la comu-

nità parrocchiale e con la partecipazione di Anna Maria Belfiore, coordinatrice diocesana “oratori”, si è recato in processione nei vicini locali dell’ex scuola elementare per inaugurare, alla presenza del sindaco di Giarre, Teresa Sodano e di altre autori-tà civili e militari, l’oratorio festivo intitolato a Don Bosco e Carlo Acutis. E’ stata un’occasione di gran-de commozione che ha coronato il sogno inseguito da tanti giovani e “testardamente” portato avanti da don Mario Gullo, collaborato da numerosi volon-tari che hanno lavorato infaticabilmente nei ritagli di tempo libero per rimettere a nuovo parte della struttura.

In tale occasione mons. Raspanti ha avuto modo di constatare la vivacità della parrocchia e delle numerose iniziative che quotidianamente si portano a compimento: fra tutti un breve concerto della band giovanile dell’oratorio Talitakum..

Alla fine brindisi e arrivederci alla prossima visita pastorale.Rosario Gullotta

DIOCESI 40 anni fa morirono mons. Cento e Maurizio Marinozzi

Due marchigiani che lasciarono traccia di séRicorre quest’anno il 40° anniversario della morte

di due personaggi marchigiani, che hanno lasciato la loro traccia nel territorio della nostra diocesi. Si trat-ta del cardinale Fernando Cento e dell’artista Manri-co Marinozzi (insieme nella foto). Il primo nacque a Pollenza il 10 agosto 1883. Parroco della cattedrale di Macerata e professore nei Licei, giovanissimo, il 22 luglio 1922 venne nominato da papa Pio XI, quarto vescovo di Acireale. Consacrato a Macerata il 3 settembre, il 12 no-vembre 1922 fece il suo trionfale ingresso nella sede episcopale. Sin dall’inizio seppe conquistarsi l’affetto dei suoi fedeli, dichiaran-do che, pur non potendo dimen-ticare la prima patria, la nuova “appassionatamente abbracciava”. Durante il suo breve episcopato diede impulso a tutta una serie di attività: dall’Azione cattolica diocesana agli oratori estivi, dalle attività missionarie alle conferenze di S.Vincenzo dè Paoli, dai circoli giovanili alla stampa cattolica, senza mai dimenticare il Seminario, che fu sempre in cima ai suoi pensieri. Istituì le collegiate di San Sebastia-no e San Pietro; pose la prima pietra del monastero delle Suore della Visitazione (4 maggio 1926), celebrò solennemente il terzo centenario della canonizza-zione di S.Filippo Neri e accolse il passaggio in città del braccio reliquiario di S.Francesco Saverio (1924). Sempre in prima fila nelle iniziative caritatevoli, visi-tò le popolazioni colpite dall’eruzione etnea del 1923, che minacciò Linguaglossa e Castiglione, e diede in beneficenza notevoli somme, sostenendo che “è me-glio dare in vita che lasciare, perché quando si muore si deve lasciare per forza”.

Da buon marchigiano, devotissimo alla Vergine Maria, ebbe una speciale predilezione per l’antico santuario acese di Loreto, a cui volle donare un’ar-

tistica statua, fedele riproduzione di quella che si trova nel più celebre santuario delle Marche. Per la realizzazione del manufatto diede incarico ad un suo concittadino, Manrico Marinozzi, un giovane artista (nato Pollenza il 17 dicembre 1903), versati-le sia nella pittura che nella scultura, il quale nutriva un’intensa devozione mariana, che si esprimeva tra l’altro nella recita quotidiana, in famiglia, del Santo

Rosario. Mons. Cento lasciò Acireale

nel giugno 1926, nominato Nun-zio apostolico in Venezuela. Il giorno prima della sua partenza, il 20 giugno, volle solennemen-te portare in processione fino al santuario di Loreto la statua del-la “bruna Madonnella”, che egli stesso incoronò. Successivamen-te inviato come Nunzio in Perù (1936), Ecuador (1937), Belgio e Lussemburgo (1946), Portogallo

(1953) e impegnato in numerose altre missioni diplo-matiche come legato pontificio, mons. Cento venne creato cardinale dal Beato papa Giovanni XXIII nel concistoro del 15 dicembre 1958. Lo stesso pontefice, nel 1962, gli conferirà il prestigioso incarico di Peni-tenziere maggiore. Durante il Concilio Vaticano II fu presidente della commissione per l’apostolato dei lai-ci e partecipò alla redazione della costituzione “Gau-dium ed Spes”. Morì a Roma il 13 gennaio 1973, sen-za mai dimenticare, nonostante la distanza fisica, la sua amata diocesi di Acireale, dove ebbe occasione di tornare più volte, sempre accolto con tutti gli onori.

Manrico Marinozzi, artista ormai affermato - nelle vesti di pittore, scultore, restauratore, intagliatore e intarsiatore - raggiunse la Casa del Padre poche set-timane dopo il suo amico Cardinale, il 5 marzo dello stesso anno.

Guido Leonardi

Anche quest’anno, come da plu-riennale tradizione, la Congregazio-ne dell’Oratorio di San Filippo Neri di Acireale ha celebrato la giornata di preghiera per la beatificazione di mons. Giovanni Battista Arista, se-condo vescovo di Acireale, sodale e preposito della congregazione tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo. Il programma delle celebrazioni, che culminava nella giornata ‘pro-beatificazione di domenica 3 marzo, con conclusione con la Santa Messa vespertina, pre-sieduta da mons. Giuseppe Malan-drino, vescovo emerito delle diocesi di Acireale e Noto, prevedeva un Triduo di preparazione. La giornata vigiliare, oltre alla Santa Messa, pre-sieduta da mons. Pio Vittorio Vigo, vescovo emerito di Acireale, conce-lebranti il preposito p. Cantarella e p. Bonsignore, della stessa Congre-gazione, comprendeva un momento ‘culturale’, affidato al prof. Alfonso Sciacca, esperto studioso di storia, con la sua dotta relazione sul tema ‘Il Congresso Eucaristico diocesano del 1913 ed il Giubileo Universale Costantiniano, indetto da Sua Santi-tà Papa Pio X ricorrendo il sedicesi-mo centenario dall’Editto di Milano, con il quale l’imperatore Costantino, nel 313 d.C., promulgava in Milano l’Editto che concedeva la pace alla Chiesa, dopo la vittoria riportata su Massenzio, in Roma.

Il logo con cui mons. Arista in-diceva cento anni fa il primo Con-

gresso Eucaristico diocesano ripro-duceva un’ostia a forma di croce; su ciascuno dei quattro bracci erano incise le parole ‘In Hoc Signo Vinces’ (Con questo simbolo vincerai) , che Costantino riconduceva alla visione che della Croce egli aveva avuto in sogno. mons. Arista si diceva lietissi-mo della coincidenza del Congresso Eucaristico con l’anniversario del-l’Editto costantiniano, nella certezza che la Croce e le feste dell’Eucaristìa potessero acquistare reciproco nuo-vo splendore. Egli definiva la Croce e l’Eucaristia ‘i tesori più preziosi del Cristianesimo, le ultime parole dell’Amore di Cristo per l’umanità intera’.

Nando Costarelli

Mons. Arista, in Diocesi Giornatadi preghiera per la Beatificazione

Incontro Vescovo-cresimandiSi svolge nel pomeriggio di sabato 9

marzo, nella Basilica Cattedrale di Aci-reale, l`annuale incontro diocesano dei cresimandi con S. E. Mons. Antonino Ra-spanti. Questo appuntamento con il Ve-scovo diventa, per i ragazzi che nel corso dell`anno riceveranno il sacramento della Cresima, motivo per testimoniare la gioia di essere discepoli di Gesù nella condivi-sione dell’unica fede. L`incontro, animato dai seminaristi del Seminario Diocesano, ha come spunto di riflessione il tema del-la 50° Giornata mondiale di Preghiera per le Vocazioni che si celebrerà il prossimo 21 Aprile: “Progetta con Dio ... abita il fu-turo”.

Guardia: festa di S. GiuseppeL’associazione culturale e sportiva “Notti magiche”

in collaborazione con la Parrocchia e l’associazione nazionale Carabinieri, sezione Guardia Mangano, organizzano per domenica 17 marzo nella frazione acese di Guardia la Festa popolare di San Giuseppe che, di anno in anno, è divenuta un momento di ag-gregazione per gli abitanti, arricchendosi di iniziative culturali e ricreative, rivolte anche ai bambini e ai gio-vani, finalizzate a trasferire la “memoria storica” ricca di tradizione e fede. In programma, tra l’altro, raduno e sfilata di moto d’epoca, artisti di strada e la tradizionale “Pasta e ceci”.

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10 marzo 2013 7Dopo BenedettoJoniodell’

“Non mi sono mai sentito solo - Gli ultimi discorsi di Benedetto XVI” Un piccolo omaggio, segno della fedeltà della LEV al Santo Padre

PASTORALEGIOVANILE Lode per “il dono di Benedetto, padre, maestro, guida e pastore”

“Grazie a Dio per il Papa”

La rinuncia di Benedetto XVI al ministero petrino è un avvenimento che va col-locato dentro l’orizzonte della fede: Cristo è il pastore dei pastori, la Chiesa è solida nella mani di Cristo che si serve degli uomini scelti da Lui. La decisione del Papa è certamente espressione di un animo profondamente umile, di un uomo che vive di fede e della libertà del proprio cuore. E’ la decisone di chi è ben consapevole che non deve affermare se stesso ma sa di dover annunciare Gesù Cristo. Tutta la sua vita, Benedetto XVI l’ha vissuta per questo; gesti, parole, scelte. L’Anno della Fede da lui voluto, rivela la preoccupazione che sin dall’inizio del suo pontificato egli ha confessato: la questione principale della Chiesa oggi è la fede; ad egli - ne ha dato prova in questi otto anni di pontificato- non importa essere conforme all’opinio-ne dominate, perché è un uomo libero e coraggioso. Infatti la decisione annun-ciata, nel giorno del Concistoro dell’11 febbraio scorso, ai cardinali riuniti trova nell’avanzare degli anni e nell’indebolimento delle forze fisiche il motivo della sua scelta.

Una scelta di grande responsabilità per il bene della Chiesa come egli stesso ha sottolineato, con le parole rivolte ai cardinali al momento dell’annuncio: «Tutta-via nel mondo d’oggi soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza perla vita della fede, per governare la barca di S. Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore del corpo, sia dell’animo, vigore che negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato».

La rinuncia del Papa al ministero petrino è un gesto che certamente ha sorpreso ed ha anche scosso il cuore di tanti credenti. Ma esso va vissuto ed accolto dentro un orizzonte di fede ed di speranza.. Non è il momento di fare tanti discorsi o di avventurarsi su pronostici che riguardano la vita della Chiesa. Il vero credente ha fiducia in Cristo e sa che Egli guida la Chiesa. Questo è un tempo di preghiera ed il Papa lascia il suo servizio di pastore universale per dedicarsi totalmente ad un “al-tro servizio” necessario ed indispensabile per la vita della Chiesa: la preghiera. Con questa scelta egli sottolinea che l’essenza della fede cristiana è “stare con Gesù” con la preghiera. Preghiamo anche noi tenendo fisso lo sguardo fisso su Gesù Cristo, perché la Chiesa continui il suo cammino lungo i sentieri della storia. Preghiamo per Benedetto XVI che ancora una volta ci ha insegnato ad amare la Chiesa con sincero amore e profonda umiltà.

don Guglielmo GiombancoVicario Generale

La rinuncia di Sua Santità Papa Benedetto XVI al ministero petrino ha certamente colto di sor-presa l’umanità intera. L’abdicazione era stata annunciata dallo stesso Papa il quale, nel corso dell’ultimo Concistoro, ne dava comunicazione ai Cardinali presenti, sottolineando che la rinun-cia è dettata dal fatto che le attuali limitate forze fisiche non gli consentono più un’ottimale attivi-tà di guida della Chiesa, anche dal punto di vista spirituale; non si è, comunque, trattato, come lo stesso Benedetto XVI non ha mancato di sotto-lineare, di abbando-no della Chiesa da parte del successore designato del Cristo, Supremo Pastore, e degli Apostoli, Suoi successori al go-verno della Chiesa che, comunque, pur nell’attuale insolita situazione, non può definirsi, mutuando un’espressione del Sommo Vate, come una ‘nave sanza noc-chiero in gran tem-pesta’. La ‘nave’, infatti, può e deve continuare a veleggiare sicura in quanto condotta dal Signore Gesù, il quale, poi, si rende umanamente visibile attraverso la figura del Pontefice, il ‘dolce Cristo in terra’.

La Chiesa, dunque, vive attualmente un perio-do di orante attesa per il nuovo Papa; nell’occa-sione, anche la nostra Chiesa diocesana si riuniva

in preghiera, per impetrare dal Signore la grazia di un nuovo Pontefice e, all’inizio della celebra-zione in Cattedrale, in ringraziamento al Signore per i benefici ricevuti durante il pontificato di Be-nedetto XVI, il vescovo mons. Antonino Raspanti dava lettura del comunicato con cui il Papa, nel corso del recente Concistoro, annunciava la pro-pria rinuncia. Nella sua omelia, il vescovo ha sot-tolineato come Il Santo Padre ha da sempre dona-to il proprio cuore totalmente a Dio, confidando nel Signore e ritraendosi dai piaceri mondani;

come prega il sal-mista, è ‘benedetto l’uomo che confida nel Signore’; male-detto, è, invece, colui che infrange il patto d’amore con Dio. Il Santo Padre ha da sempre confidato nel Signore e con la sua rinuncia, pur nella piena consapevolez-za della complessi-tà del gesto, egli ha mostrato il coraggio

di una scelta consa-pevole, pur se questa risulta non poco difficile da comprendere e da apprezzare. Con la propria rinuncia egli non perde, comunque, il ministero ordinato, non ritorna alla vita privata; egli affer-ma, infatti, di essere stato chiamato dal Signore a salire sul monte della orante contemplazione, da cui continuerà ad amare ed a servire la Chiesa.

Nando Costarelli

La rinuncia del Papa, mons. Giombanco“Una scelta di grande responsabilità”

DIOCESI Celebrazione in Cattedrale per il Papa che lascia e per il successore

Un coraggio che va oltre la storia

Un “piccolo omaggio”, quale “segno della fedeltà del-la LEV al Santo Padre”. È in libreria “Non mi sono mai sentito solo – Gli ultimi discorsi di Benedetto XVI”, pubblicazione della Libreria Editrice Vaticana che raccoglie, in preziosa silloge, tutti gli interventi pro-nunciati dal Papa tra l’11 e il 28 febbraio, cioè tra l’an-nuncio della rinuncia al Pontificato e l’inizio della Sede Vacante.

La Libreria Editrice Vaticana, si legge nella presen-tazione dell’opera, “ha accompagnato il Papa nel suo ministero petrino” fin dall’inizio del suo Pontificato. “Il Magistero e gli insegnamenti di Benedetto XVI rappre-sentano il focus dell’intero catalogo LEV”, la cui missio-ne – si ricorda – è di essere “per sempre strumento per la diffusione della Parola di Dio e del Magisterium”.

La copertina del volume ritrae Benedetto XVI men-tre saluta i fedeli durante l’ultima Udienza generale, svoltasi in piazza San Pietro mercoledì 27 febbraio. E proprio una frase pronunciata in quella circostanza viene citata nel titolo: “Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino”.

Il primo testo riportato è la Declaratio con la quale Benedetto XVI ha annunciato l’11 febbraio in Conci-

storo “di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma”. Seguono, tra gli altri, la catechesi svolta nell’Udienza generale del 13 febbraio, poi l’omelia della Messa del Mercoledì delle Ceneri e il saluto rivolto al Papa a fine celebrazione dal cardinale Segretario di Stato, sempre il 13; il testo dell’incontro con i parroci e il clero di Roma, giorno 14; gli Angelus del 17 e del 24 febbraio; la riflessione al termine degli esercizi spirituali della Curia romana, la mattina del 23; il testo

dell’ultima Udienza generale, tenutasi il 27; il saluto di congedo ai cardinali presenti a Roma il 28 mattina e infine quello ai fedeli della diocesi di Albano dalla loggia centrale del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, subito dopo il suo arrivo nel piccolo centro laziale.

Il volume contiene anche il testo della Let-tera apostolica data Motu Proprio “Normas Nonnullas”, su alcune modifiche alle norme relative all’elezione del Romano Pontefice. Conclude l’opera un profilo biografico di Be-nedetto XVI.

Nella quarta di copertina sono riportate le parole pronunciate dal Papa nella sua ultima ap-parizione pubblica, a Castel Gandolfo, il pomeriggio del 28 febbraio: “Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra”. E proprio con grande semplicità quest’opera si propone quale “segno di ringraziamento e di riconoscenza” a Bene-detto XVI.

‘“Riconoscenza di tutta la Chiesa” per l’”instancabile lavoro nella vigna del Signore”. E’ la “gratitudine” espressa al Papa emerito dal Collegio cardinalizio, nel telegramma letto dal cardinale decano Angelo Sodano durante la terza Congregazione generale. “I padri cardinali riuniti in Vaticano per le loro Congregazioni generali in vista del prossimo Conclave – il testo del messaggio, letto oggi ai giornalisti da padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede – Le inviano in coro un devoto saluto con l’espressione della loro rinnovata gratitudine per tutto il Suo luminoso ministero petrino e per l’esempio loro dato di una generosa sol-lecitudine pastorale per il bene della Chiesa e del mondo”. “La loro gratitudine – prosegue il telegramma – vuole rappresentare la ricono-scenza di tutta la Chiesa per il suo instanca-bile lavoro nella vigna del Signore”. “I membri del Collegio cardinalizio – la conclusione del testo – confidano infine nelle sue preghiere per loro, come per tutta la Santa Chiesa”.

I CARDINALI AL PAPA EMERITO

Riconoscenzada tutta la Chiesa

Anche se con un po’ di ritardo, vo-lendo raccogliere le numerosissime impressioni sulle dimissioni del Papa registrate negli incontri con gli ado-lescenti ed i giovani della diocesi, ci facciamo umile e semplice “voce” per dire grazie a Dio per il dono di Bene-detto XVI nonostante quel certo sen-so di smarrimento e sorpresa che ini-zialmente ha colto il cuore di tutti.

Forse come gio-vani cominciamo a comprendere, attraverso il gesto di Benedetto XVI, che del ministero petrino, nella Chie-sa e per la Chiesa, si è servitori, non padroni. Per dimo-strarlo, non è ne-cessario che morte sopraggiunga. E così noi, dopo aver ricevuto innumerevoli doni e prove della sua custodia e del suo onore per la Chiesa come Papa, siamo te-stimoni, emozionati e sbigottiti, del gesto della sua restituzione, come la chiamerebbe il Serafico Francesco

d’Assisi.«Il cristiano Joseph Ratzinger, il

servitore fedele della Chiesa, resti-tuisce – da vivo – il ministero petri-no alla Chiesa, perché, ascoltando lo voce dello Spirito e interpretan-do l’indicazione del Signore, essa lo assegni all’uomo che sembrerà più

adatto a infondergli il nuovo vigore che la conferma della fede e la guida della Chiesa richiedono» (P. Se-queri).

Percepiamo silen-ziosamente e fuori da tutti i frastuoni mediatici che ac-compagnano questo gesto che la decisione di Benedetto XVI è frutto della preghiera ed è un segno esem-plare di obbedienza a

Dio! Un tale atteggiamento non può che destare la nostra più grande am-mirazione e stima. Si tratta, ancora una volta, di un tratto spirituale tipi-camente suo: l’umiltà, che lo rende libero davanti a Dio e agli uomini e rende palese il suo senso di responsa-

bilità. Lui stesso lo ha affermato: «La Chiesa non è mia ma del Signore che non la lascia affondare!»

Chi lo avrebbe mai detto che que-sto Papa, definito all’antica e anziano, già ci manca e manca persino ai gio-vani? È sorprendente vedere come proprio da loro sia definito un punto di riferimento, un’ancora in un tem-po ostile, un compagno nella crisi. C’è un senso di smarrimento, quasi a dire “prima o poi ci lasciano tutti quelli in cui crediamo e speriamo”, forse segno di una mancanza gene-ralizzata di adulti significativi, di mo-delli credibili, di educatori vicini. Che dire a tutti quei giovani che ci riem-piono di domande in questi giorni difficili e pieni di speranza? Intanto che “ci siamo” e che li ascoltiamo, poi che tirarsi indietro non vuol dire per forza abbandonare tutto e che a vol-te è eroico farlo quando è necessario per un bene più grande.

«Ma c’è altro da focalizzare: una debolezza che non è sconfitta ma abbandono a qualcosa di più grande, la forza di scegliere ciò che è scan-dalo per tutti ma è libertà nella fede, l’umiltà del chiedere perdono e rico-noscere i propri limiti per amore»

(M. Pappalardo). “Fà che i germi di bene, seminati

nei solchi di questa giornata, produ-cano una messe abbondante.”

Così abbiamo pregato all’orazione della compieta del lunedì, giorno in cui papa Benedetto XVI ha annun-ciato di rinunciare al ministero di Ve-scovo di Roma.

Padre, ti ringraziamo di vivo cuo-re per averci donato Benedetto XVI come padre e maestro, guida e pa-store: grazie per le sue parole che ci hanno ricordato la bellezza di una vita santa, tutta forgiata nel fuoco del Tuo amore dolce ed esigente; grazie per la franchezza con cui ha richia-mato la Chiesa ad un serio cammino di conversione, di riconciliazione, di coerenza, per poter così essere tra-sparente segno di comunione; grazie, Signore, perché il suo insegnamento ci ha sostenuti nel desiderio di testi-moniare a tutti i giovani il vangelo del perdono e della misericordia.

Ti chiediamo, Padre, di ricompen-sare, con abbondanza, la sua dedizio-ne e di custodire e far fiorire la grazia che hai riversato sulla Tua Chiesa at-traverso il suo ministero.

L’Equipe del S.D.P.G.

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Joniodell’8 10 marzo 2013 Cronaca e Salute

INTERVISTA Luca Ferlito vicequestore CF

L’Etna sarà sito Unesco?

LAVORO Un giovane di Aci Sant’Antonio che studia economia combatte la crisi con una piccola grande idea geniale

Lucaharealizzato lapizzeriaambulanteGiovani e lavoro, due parole che storicamente

non sono mai andate d’accordo ed in particolar modo negli ultimi anni. Il declino non risparmia nessuna zona d’Italia e coinvolge qualsiasi fascia di età, a maggior ragione i ragazzi che hanno porta-to a conclusione il ciclo di studi, siano essi liceali o universitari; il cammino nel mondo professionale non risulta affatto agevole ma anzi, pieno di dif-ficoltà ed insidie. In questi periodi, lo stato risulta assente e sordo ai tantissi-mi appelli dei ragazzi che nonostante la voglia di lavorare non riescono a concretizzare le loro conoscenze.

Ma quando tutto sembra buio, il genio italico emerge e soprattutto il genio siculo.

Nel caso specifico, parliamo di Luca Russo, un ventiseienne che vive ad Aci S.Antonio e studia economia all’università di Catania. Luca ha alle spalle, se pur giovane, tan-ti anni passati nel settore della ristorazione, tante esperienze che gli hanno fatto crescere dentro una rabbia sempre più grande, sempre più consape-vole; sentimento alimentato anche dalle reali pro-spettive di non poter trovare un impiego “stabile” che consentisse al giovane di potersi sostenere.

Luca fa parte proprio di quei giovani che hanno tanta voglia di imparare e pur di non gravare sul-l’economia familiare, martoriata da una pressione fiscale senza precedenti storici, arriva ad inventarsi un lavoro tutto suo.

Ecco che, da una ricerca appro-fondita, coadiuvato dal padre e da un amico di famiglia, mette in pratica quella genialità sicula tanto invidiata nel resto del mondo; nasce così, dalla sua fantasia, “Pomorello”.

Siamo andati ad incontrarlo per capire meglio di cosa si trattasse; “Po-morello è un carretto, stile vecchia gelateria ambulante, che sforna al momento pizzette espresse, – queste le parole del giovane – un prodotto artigianale che nasce dalla lievitazione naturale di diversi tipi di farine”.

In pratica, un carretto che rievoca le nostre tra-dizioni ma sposa a pieno titolo modernità e spirito imprenditoriale. “Ero esausto dei continui soprusi patiti nelle mie precedenti esperienze lavorative e così, spinto dalla voglia di continuare gli studi, è nata quest’idea”. Luca ci tiene a precisare che la lievitazione naturale comporta un “riposo” dei panetti di circa diciotto ore, solo in questo modo

riesce a rispettare tutti i principi al fine di servire un prodotto genuino oltre che originalmente tradizio-nale. “Il carretto, elemento fondamentale della no-stra tradizione, è anche molto diffuso in America e così, quando ho iniziato a ricercare un’idea che potesse far al caso mio, ho pensato: perché no?”.

E’ possibile trovare Luca ed il suo carretto “Po-morello” in giro per le sagre di paese ed in varie manifestazione, nei fine settimana si muove lungo le vie centrali di Acireale e non rifiuta feste di vario tipo.

Come tutte le attività neonate ci sono difficol-tà e sofferenze che caratterizzano quel percorso obbligatorio chiamato “gavetta”; “i guadagni non sono quelli che mi aspettavo ed il lavoro è molto stancante, ma sono molto fiducioso nel futuro e grazie alla mia fidanzata ed ai miei genitori, non mi perdo mai d’animo. La vita è una salita ed io voglio scalarla, consapevole del fatto che, essendo una sa-lita molto ripida, devo faticare per raggiungere gli obiettivi”. Tanta saggezza e maturità sono davvero da ammirare in un ragazzo della sua età.

L’incontro con Luca si conclude con il lancio della sua nuova creazione, il “Pansutello”, sempre una pizzetta che però viene ricoperta da crema o cioccolato.

Dario Liotta

L’Etna, il vulcano attivo più alto d’Eu-ropa, in seguito ad un dossier di candi-datura, è stato inserito nel 2011 nella “tentative list” dei siti naturalistici della World Heritage List dell’UNESCO. La candidatura e la stesura del complesso dossier necessario per l’iter successivo è stata proposta e predisposta dagli Uf-fici dell’Ente Parco dell’Etna.

Ne parliamo con il dottor Luca Fer-lito, laureato sia in scienze agrarie che forestali, viceque-store del Corpo Forestale del-la Regione Siciliana e coman-dante del nucleo operativo provinciale di Catania.

- Come e quando si è svolta la valutazione da parte dell’ UNESCO?

“ Nell’ottobre del 2012 è stata qui una delegazione guidata dal geografo Bastian Bertzky, un tedesco 36enne, che ha trasmesso le sue valutazioni alla I.U.C.N. (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura). È stato coadiuvato dai tecnici dell’Ente Parco coadiuvati da studiosi locali, sia dell’I.N.G.V. che dell’Università degli Studi di Catania che, hanno anche scelto i percorsi e le zone da mostrare alla de-legazione”.

- La bellezza dei luoghi è evidente, su cosa hanno focalizzato l’attenzione per le loro valutazioni?

“Hanno voluto verificare e appro-fondire tre aspetti:

1) integrità attuale dell’area da inseri-re, faccio presente che stiamo parlando solo della zona “a” di riserva integrale del Parco dell’Etna, già tutelata da qua-rant’anni dall’Azienda Foreste Dema-niali della Regione Siciliana. Il Parco dell’Etna, del resto, si estende per buo-na parte, su aree già sottratte ad ogni

intervento abusivo;2) Gestione del sito, sia

presente che futura, che ov-viamente fa capo all’Ente Parco dell’Etna in sinergia con l’Azienda Foreste Dema-niali della Regione Siciliana che sistematicamente esegue interventi idraulico-forestali all’interno dell’area protetta”;

3) Vigilanza e tutela delle aree in oggetto, che attual-mente è garantita dal Corpo

Forestale della regione con i suoi sette distaccamenti”.

- A che punto dell’iter ci troviamo adesso?

“ Credo che Bertzky e i suoi colleghi siano rimasti incantati dalle bellezze ambientali e paesaggistiche del vulcano e che non abbiano riscontrato criticità insormontabili, ma per l’esito ufficiale della valutazione dovremo aspettare giugno di quest’anno”.

Alessandra Distefano

L’aspettativa di vita di circa 40 anni nell’antico Egitto era ben lontana da quella attuale che per l’Italia è stimata in 77,5 anni per i maschi e 83,5 anni per le femmine. Il raddoppio della durata della vita umana è stato ottenuto attraverso il controllo di un gran numero di malattie altrimenti mortali quali peste, colera, diabete, malnutrizione, malattie dell’infanzia e malattie infettive quali la tubercolosi; senza contare che scarlattina, difterite, pertosse, morbillo, vaiolo, febbre puerperale, sifili-de, tifo e tubercolosi non respi-ratoria sono state virtualmente eliminate dalle cause di morte. Tuttavia il cancro e malattie car-diovascolari sono le patologie più frequenti e le maggiori cau-se di morte nell’età avanzata.

Ma è stato solo nell’ultima frazione del secolo scorso che larghe parti di popolazione hanno avuto la possibilità di raggiungere la settima, ottava e nona decade di vita, età in cui le predette malattie sono tra le più comuni cause di decesso.

Tra l’altro i miglioramenti ot-tenuti nel campo della diagnosi clinica hanno condotto ad indi-viduare un maggior numero di casi di cancro che nel passato non sarebbe stato identificato. Notevoli avanzamenti nella dia-gnostica per immagini e nelle altre tecniche di diagnosi han-no contribuito sensibilmente a perfezionare l’accuratezza nella diagnosi di cancro puntando alla diagnosi precoce in fase preclinica che oggi rappresen-ta un elemento fondamentale per sconfiggere questo terribile male. La prevenzione è quindi di fondamentale importanza per sconfiggere i tumori dato che, qualora attuata efficace-mente consente di contrastare adeguatamente i tumori, di qualsiasi natura essi siano. Mol-te leucemie oggi sono curabili e così tanti altri tipi di tumore. E’ ormai universalmente rico-nosciuto che il cancro è una patologia inquadrabile tra le malattie genetiche perché è una patologia del genoma. Da qui l’importanza della prevenzione

la cui attenzione dev’essere ri-volta soprattutto ai familiari dei pazienti.

L’I.R.M.A., prima con la dia-gnosi molecolare, e adesso con la visita specialistica di Oncolo-gia sta effettuando notevoli in-vestimenti nel settore della pre-venzione oncologica. L’Istituto

acese effettua infatti il PCA3 il nuovo esame per il carcinoma della prostata e altri esami di oncologia molecolare come ad esempio il BRCA1 e 2 per valu-tare la predisposizione genetica a contrarre il carcinoma della mammella e dell’ovaio.

Inoltre è già in fase di acquisi-zione una recentissima tecnolo-gia di sequenziamento di nuova generazione capace in poche ore di sequenziare qualsiasi trat-

to di DNA appartenente ai geni oggi conosciuti. La consulenza specialistica di oncologia è for-nita dal dott. Alessandro Pap-palardo, il quale ha al suo attivo decine di ricerche pubblicate in prestigiose riviste internaziona-li.

Un altro tassello in più nel mosaico delle eccellenze del-l’Istituto Ricerca Medica e Ambientale di Acireale che recentemente ha ottenuto la certificazione SIGUCERT per la Genetica Umana e che per la sindrome da ipersensibilità am-bientale, conosciuta anche come MCS, costituisce il principale ri-ferimento regionale con gli oltre cento casi clinici che vengono gestiti presso il poliambulatorio dell’Istituto diretto dalla dott.ssa Maria Grazia Bruccheri.

Nella foto: La sezione di Genetica Molecolare con in primo piano il sequen-ziatore di DNA oggi in dotazione all’I.R.M.A. che a breve verrà affiancato dalla recente tecnologia “IonAmpliSeq”.

IRMA Un altro presidio sanitario prezioso per il potenziamento delle iniziative di prevenzione

Presto attivo l’ambulatorio di Oncologia

Sabato 9 marzo, alle ore 18, nella “Casa del Vendemmiatore” di via Trieste a S. Venerina avrà luogo la seconda edizione di “Femminile Plurale”, manife-stazione culturale che si propone di focalizzare l’attenzione su donne di San-ta Venerina che si sono affermate nelle arti e nelle professioni, alle quali verrà conferito un riconoscimento. Non si tratta della “festa della donna”, bensì di un momento speciale per mettere in rilievo l’impegno, la tenacia e la creatività di tante donne, le quali, senza clamore pubblicitario e al di fuori degli schemi do-minanti nell’attuale società, sono riuscite a dimostra-re che i risultati si possono raggiungere facendo leva sulla volontà e sul talento. Quest’anno sono stati selezionati soltanto sette nominativi (rispetto agli 11 della precedente edizione) per consentire un dialogo più completo e conoscere meglio gli ambiti operativi e artistici di ciascuna. La mani-festazione, organizzata dall’associazione “Storia, Cultura e Sviluppo Territoriale”, presieduta dal dr. Domenico Strano, si avvale del patrocinio del Comune di Santa Venerina, Assessorato alla Cul-tura, e viene presentata ancora una volta da Anna Maria Patané (nella foto in alto). Le donne alle quali sarà conferita una perga-mena sono (nelle foto sotto da sinistra): Maria Grazia Calderoni (Calderoni alta sartoria), Carmen Cutuli (ceramista), Alfia Leotta (autrice opere teatrali in dialetto e attrice), Rosaria Raciti (alta dirigente Poste Italiane), Maria Sorbello (pittrice), Marika Tomarchio (mini-cantante Rai1), Concetta Trifirò (restau-ratrice). Saranno ospiti la poetessa e scrittrice Maria Bella Calabretta e GUIA JELO, attrice più volte entrata nelle terna come migliore attrice protagonista nel teatro e nel cinema; quest’ultima reciterà le poesie in lingua siciliana di Ma-ria Bella contenute nel recente volume “Tuppulìunu li … pinzeri”.

Nel corso della serata, ad ingresso libero, ci sarà un defilée di abiti da sposa della sartoria Calderoni, un’esposizione di quadri di Maria Sorbello e verranno presentati filmati e immagini concernenti le attività delle premiate. I momenti musicali saranno curati dal complesso “I Titani” , dal soprano Maria Grazia Calderone, che fa parte del coro del Teatro Massimo “Bellini” di Catania, e da Marika Tomarchio.

G. V.

A SANTA VENERINA “FEMMINILE PLURALE”

Riconoscimento a 7 donne

SPORT A Santa Venerina

La scherma rilanciaL’Italia ha la nomea di paese votato al calcio e questa

situazione condiziona il panorama sportivo dell’intero territorio; la condizione nazionale rispecchia perfetta-mente quella della nostra città.

Ma il panorama sportivo è una costellazione di disci-

pline che brillano e portano in alto il nome della nostra nazione ed in particolar modo della nostra amata Aci-reale; basti pensare al basket, alla pallanuoto, alla palla-volo, al rugby, allo scherma e chi più ne ha più ne metta.

Parleremo a fondo di questi sport volgarmente chia-mati “minori”, cercando di dar il giusto lustro a stelle che brillano solo agli occhi di certuni e risultano pressocchè sconosciuti agli occhi di altri.

Questa è la volta dello sport che ha portato il più alto numero di medaglie all’Italia nell’ultima edizione delle Olimpiadi, lo scherma.

Proprio in questi giorni è stato inaugurato il nuovo palazzetto dello sport del comune di Santa Venerina e questo, udite udite, è stato affidato (in seguito a gara d’appalto) allo “Scherma Acireale”; la società sportiva di casa nostra, ha anche spalancato le porte alla sede del comitato regionale siciliano della Federazione Italia-na Scherma, presieduta da Sebastiano Manzoni, figlio del memorabile maestro Raffaele, punto di riferimento per atleti, per la scuola della scherma azzurra che per il mondo sportivo in generale.

Proprio dal presidente del comitato regionale appren-diamo che “la scherma ad Acireale a radici storiche, un tempo si chiamava Acqua Pozzillo Acireale ed era gesti-ta e seguita dal maestro Raffaele Manzoni; successiva-mente si interruppe la scuola per riaprire nel 1986 come Club scherma Acireale grazie al mio impegno e all’aiuto di Salvatore Gorgone e Giovanni Grasso. Seguì un ulte-riore stop per poi riaprire i battenti nel 1996”.

Il settore giovanile del Club Scherma Acireale è uno dei vivai più promettenti del panorama nazionale ed il lavoro del maestro Mimmo Patti, coadiuvato da Salvo Tomarchio e Alessandro Di Bella (entrambe ex allievi del maestro Raffaele), è di ottimo livello.

“Ad oggi, il palmares della società granata – continua Sebastiano Manzoni - vanta 30 titoli italiani, 3 titoli eu-ropei, 3 titoli mondiali a livello giovanile ed una meda-glia d’oro alle ultime olimpiadi giovanili di Singapore.”

Le prospettive per lo sviluppo dello scherma nel terri-torio acese sembrano davvero entusiasmanti ed infatti il presidente Manzoni, particolarmente legato alla società acese, ci annuncia che “nell’ottica di sfruttare al meglio la nuova sede sono in fase di organizzazione eventi di caratura nazionale ed internazionale, supportati anche dalla federazione italiana a noi molto vicina”.

Lo scherma è uno sport nobile ed affascinante che riesce ad amalgamare splendidamente grinta e passione; auguriamo al Club Scherma Acireale di coronare tutti sogni raccogliendo successi sempre più importanti aiu-tando tutto il nostro territorio ad emergere da una stati-cità che ormai si trascina da troppo tempo.

D. L.