l’editoriale / 1 arriva - partito democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 così un governo sempre...

8
WWW.DEMOCRATICA.COM PAGINA 2 Def Governo sempre più diviso, Tria conferma l’aumento delle tasse: una stangata da 1.000 euro a famiglia n. 394 mercoledì 17 aprile 2019 «Ho ringraziato il Papa per la lotta per il clima e lui mi ha detto: “Vai avanti, Greta!”» (Greta Thunberg) N on è di circostanza esprimere un grande dolore per la morte di Massimo Bordin, 67 anni, “anima” di Radio Radicale – è sua la più bella rassegna stampa radiofonica di sempre. Ed è un destino cinico e violento quello che vede la scomparsa di Bordin proprio nel momento della massima incertezza per la vita della sua radio (per colpa di questi al governo che vogliono azzerare la convenzione): come se Massimo non potesse vivere senza Radio Radicale, e probabilmente viceversa. Chiunque sia appassionato di politica avrà ascoltato la voce roca, romana, ironica, puntuta di Massimo Bordin. Bordin, quella voce roca che non sentiremo più L’EDITORIALE / 2 Mario Lavia SEGUE A PAGINA 2 LUCIA ORLANDO A PAGINA 7 CARLA ATTIANESE A PAGINA 6 PAGINA 3 Con Ibsen Popolizio illumina il contrasto fra scienza e populismo “Quando a RaiTre s’inventarono Blob”. Parla Balassone Ora Salvini dà ordini e i militari si ribellano: è caos nella Difesa TEATRO TELEVISIONE GOVERNO N on esiste cronaca giudiziaria che coinvolga politici e rappresentati delle pubbliche istituzioni che inevitabilmente non conduca alla peggiore deformazione del sistema democratico. O ancora meglio alla sua abdicazione, alla sospensione della regola democratica di fronte ad una ragione presunta superiore: l’opportunità. L’opportunità è diventata e si è imposta come una sorta di norma non scritta, ma materialmente prevalente, capace di superare dettami costituzionali, diritto penale e in alcuni casi persino il buon senso. Quell’eterno dilemma tra opportunità e legalità L’EDITORIALE / 1 Camillo D’Alessandro SEGUE A PAGINA 5 Arr IVA

Upload: others

Post on 24-Dec-2019

1 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

WWW.DEMOCRATICA.COM

PAGINA 2

Def Governo

sempre più diviso,

Tria conferma

l’aumento delle

tasse: una stangata

da 1.000 euro

a famiglia

n. 394mercoledì17 aprile

2019

«Ho ringraziato il Papa per la lotta per il clima e lui mi ha detto: “Vai avanti, Greta!”»(Greta Thunberg)

Non è di circostanza esprimere un grande dolore per la morte di Massimo Bordin, 67 anni, “anima” di Radio Radicale – è sua

la più bella rassegna stampa radiofonica di sempre. Ed è un destino cinico e violento quello che vede la scomparsa di Bordin proprio nel momento della massima incertezza per la vita della sua radio (per colpa di questi al governo che vogliono azzerare la convenzione): come se Massimo non potesse vivere senza Radio Radicale, e probabilmente viceversa.Chiunque sia appassionato di politica avrà ascoltato la voce roca, romana, ironica, puntuta di Massimo Bordin.

“Bordin, quella voce roca che non sentiremo più

L’EDITORIALE / 2

Mario Lavia

SEGUE A PAGINA 2

LUCIA ORLANDO A PAGINA 7CARLA ATTIANESE A PAGINA 6PAGINA 3

Con Ibsen Popolizio illumina il contrastofra scienza e populismo

“Quando a RaiTre s’inventarono Blob”. Parla Balassone

Ora Salvini dà ordini e i militari si ribellano:è caos nella Difesa

TEATROTELEVISIONEGOVERNO

Non esiste cronaca giudiziaria che coinvolga politici e rappresentati delle pubbliche istituzioni che inevitabilmente non conduca

alla peggiore deformazione del sistema democratico. O ancora meglio alla sua abdicazione, alla sospensione della regola democratica di fronte ad una ragione presunta superiore: l’opportunità. L’opportunità è diventata e si è imposta come una sorta di norma non scritta, ma materialmente prevalente, capace di superare dettami costituzionali, diritto penale e in alcuni casi persino il buon senso.

“Quell’eterno dilemma tra opportunità e legalità

L’EDITORIALE / 1

Camillo D’Alessandro

SEGUE A PAGINA 5

ArrIVA

Page 2: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

2 mercoledì 17 aprile 2019

Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva

Le parole del ministro Tria sull’aumento dell’Iva non sono certo definitive, ma aggiungono un elemento di novità sulla di-scussione in atto da tempo. Oggi il ministro dell’Economia, in au-

dizione sul Def davanti alle commissioni Bi-lancio di Camera e Senato, è stato piuttosto chiaro: “Lo scenario tendenziale incorpora gli incrementi dell’Iva e delle accise dal 2020-2021”.

Il tema, va ricordato, è molto delicato e pone la maggioranza gialloverde di fronte a una difficile scelta di politica economica: se non verranno disinnescate le famigera-te clausole di salvaguardia, l’Iva aumenterà drasticamente al 25%, a partire dal 2020. Si tratta di una tagliola di oltre 23 miliardi di euro, peraltro voluta dallo stesso governo gialloverde nell’ultima manovra finanziaria. E la novità è che Tria intende andare avanti sull’aumento dell’imposta indiretta, almeno stando a quanto dichiarato oggi.

Non si comprende infatti dove l’esecuti-vo intenda trovare così tante coperture, so-prattutto perché invece di definire una stra-da concreta per farlo, continua piuttosto a promettere provvedimenti molto costosi,

vedi Flat tax. Riuscirà nel suo intento? Se-condo quanto riferito oggi dal titolare di XX settembre sembrerebbe di no, almeno per il momento. Ed è questa la novità politica im-portante. Perché se è vero che il Def di aprile solitamente rappresenta una fotografia ma-croeconomica del Paese e che le misure più concrete in genere vengono definite dopo l’e-state - più in prossimità con la scrittura del-la legge di Bilancio - è altrettanto vero che la maggioranza di governo avrebbe potuto di-sinnescarle già in queste settimane se davve-ro ci fosse stata una volontà politica.

Il fatto che invece siano ancora lì e che Tria sia costretto a dire che senza alternative l’I-va aumenterà dimostra le enormi difficoltà cui andrà incontro l’esecutivo nel momento in cui dovrà sedersi attorno a un tavolo per scrivere la prossima legge di Bilancio. Dif-ficoltà ingigantite dalle promesse (a questo punto davvero irrealizzabili) che i giallover-di continuano a fare.

Se ne riparlerà sicuramente dopo le ele-zioni europee, ma l’impressione è che la cal-da estate farà evaporare le tante parole di propaganda pronunciate in queste ore, come quelle di Di Maio di oggi, che ha risposto al ministro Tria promettendo (ancora?) che fino a quando ci sarà lui al governo l’Iva non aumenterà.

Ma il vero punto è che i soldi non ci sono: nel 2019 si è speso molto per reddito di cit-

tadinanza e quota 100, con misure che non sono certo in grado di generare Pil, come lo stesso governo ha riconosciuto nell’aggior-namento del documento di economia e Fi-nanza.

E preoccupa la strada ipotizzata oggi in Commissione di trovare risorse dal ta-glio drastico delle detrazioni fiscali. Perché accentuerebbe le conseguenze negative dell’aumento dell’Iva: all’aumento dell’im-posta indiretta che colpisce ingiustamente il ricco e il povero, infatti, si aggiungerebbe la cancellazione delle agevolazioni fiscali, che sono pensate proprio per i più deboli.

Ci si chiede inoltre come si possano rilan-ciare i consumi (esigenza più volte denun-ciata dallo stesso Mef) nel momento in cui si vanno ad aumentare le imposte legate alla vendita di beni e servizi. Si innescherebbe piuttosto una spirale di aumento dei prezzi che danneggerebbe ancora le famiglie.

Fatto sta che la scelta di aumentare o meno l’Iva divide fortemente il governo e pone da una parte il titolare dell’Economia nel dispe-rato tentativo di far quadrare i conti pubblici; dall’altra Di Maio, ma soprattutto Salvini, che con un aumento renderebbe carta straccia il suo programma fiscale di riduzione delle tas-se promesso agli elettori di centrodestra.

Come se ne uscirà? Sarà la prossima torna-ta elettorale a portare consiglio.

Economia

Stefano Minnucci CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Secondo Confcommercio si tratterebbe di una stangata da quasi 1000 euro a famiglia

Bordin, quella voce roca che non sentiremo più

Un fior di giornalista, e un gran galantuomo. Coerente oltre la coerenza, fino alla testardaggine – è un tratto dei radicali – uomo coltissimo, profondo conoscitore dalla storia della politica e della sinistra in particolare – da giovane era stato

trotzkista – e dunque sempre in grado di cogliere in fallo tutti i partiti, senza eccezione: nel nome, appunto, di una precisa e coerente linea.

La sua “Stampa e regime” era ormai un classico. Diciamo pure che per anni è stata il piatto forte di Radio Radicale, secondo solo alle me-morabili, lunghissime, trasmissioni con Bordin-spalla (ma che spalla!)

e Marco Pannella: ricordiamo Bordin fuori onda dire al leader: “Sbri-ghiamoci, oggi abbiamo solo 50 minuti”. Era severo, Bordin, quando polemizzava. Duro. Come accade alle persone più dolci.

Era diventata la voce dei Radicali: si disse persino che Pannella ne fosse infastidito. Ma Bordin di fare il prim’attore non ne ebbe mai vo-glia, mai nessun protagonismo, da vero uomo d’altri tempi. Uno così poteva diventare una star dei talk show, per dire. Macché: lui preferiva l’ombra delle stanze di Torre Argentina, l’eterna sigaretta fra le labbra. Con la passione di sempre.

Con Massimo Bordin se ne va dunque un gran personaggio, e lo scri-viamo con la pelle d’oca, pensando a domani mattina, quando non ac-cenderemo più la radio per ascoltare la sua rassegna stampa.

Mario LaviaSegue dalla prima

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Page 3: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

3 mercoledì 17 aprile 2019

Ha ragione Mattarella: il caos istituzionale regna sovrano

Candidamente ieri in tv il ministro leghista Centinaio ha ammesso che a lui stesso è capitato di non sapere che fine avesse fatto questo o quel decreto. Ma ci rendiamo

conto? Delle due l’una: o la burocrazia di palazzo Chigi sabota il governo, o il governo non è assolutamente in grado di padroneggiare i meccanismi istituzionali. Propendiamo per la seconda opzione. Anche perché i fatti più recenti dimostrano tutta l’imperizia di un esecutivo che pure è guidato da un sedicente giurista: dov’è il famoso decreto sblocca-cantieri? Dov’è il decreto crescita? Per non parlare del gigantesco conflitto messo su da Salvini con gli alti ranghi militari e la sua stessa collega della Difesa Elisabetta Trenta. Basta e avanza per allarmare il presidente della Repubblica, fortemente irritato con il premier

nel faccia a faccia di ieri. Abbiamo di fatto una Costituzione materiale che vede il primato degli annunci sui provvedimenti di legge; e una inedita gerarchia dei poteri che vede al suo apice il ministro dell’Interno (fra parentesi, continua il mistero sulla sorte del ministro degli Esteri, desaparecido da tempo). Mentre, infine, il titolare dell’Economia parla una lingua tutta sua chiaramente in contrasto con i dante causa (e infatti viene regolarmente bastonato da un altro ministro, il Di Maio). Ricapitolando: il caos istituzionale regna sovrano, effetto di un pasticcio politico fondato su un “contratto” ridicolo e continuamente bypassato dal protagonismo dei due partiti di governo e dai suoi due leader. Tutta legna messa a ardere, prima che divampi il fuoco del 26 maggio. (M.L.)

Governo

Succede sempre più spesso. Mat-teo Salvini indossa una felpa, prende un iniziativa, dice la sua in settori che non gli competono. Era per esempio già accaduto sul tema vaccini. Sugli esteri. Sulle

infrastrutture. Questa volta il vicepremier ha deciso d sconfinare in una zona altamen-te instabile e dopo l’escalation di tensione in Libia ha emanato una direttiva di chiusura a doppia mandata dei porti italiani e delle acque territoriali italiane anche alle navi dell’ong Mediterranea che battono bandie-ra italiana, indirizzandola anche al capo di Stato maggiore della Difesa e a quello della Marina militare, forze armate che non sono dipendenti dal Viminale.

Ne è scaturita immediata l’irritazione del-le forze armate: “Non è che un ministro può alzarsi e ordinare qualcosa a un uomo dello Stato”, spiegano gli uomini in divisa. “Que-ste cose accadono nei regimi, non in demo-crazia. Noi rispondiamo al ministro della Difesa e al capo dello Stato, che è il capo su-premo delle Forze armate”.

Salvini fa spallucce e spiega “il ministro dell’Interno è l’autorità nazionale di pub-blica sicurezza e deve autorizzare lo sbar-co. Ho tutta l’autorità di decidere. Il porto lo assegna il ministro dell’Interno, può piace-re o no, gli italiani mi pagano per difenderli e questo sto facendo”. Quanto alla presa di posizione contraria da parte dei generali, il ministro replica: “non ho tempo per rispon-dere a polemiche. Mi si citi nome e cognome di un generale che mi ha criticato. Si dice, pare, sembra... per questo non leggo i gior-nali”.

E così i nomi e cognomi sono arrivati. Il generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore della Difesa, ha commenta

all’Adnkronos “Sui temi di grande rilevanza che interessano più ministeri ci deve esse-re una concertazione a monte, in modo tale che gli atti che ne conseguono siano assolu-tamente condivisi. Se questo non avviene, siamo di fronte a un evidente problema isti-tuzionale”. “Il coinvolgimento dei militari nelle direttive di sicurezza è più che legitti-mo, ma deve essere concordato”, aggiunge Camporini. “E, soprattutto -rileva- anziché passare il tempo a litigare, nell’esecutivo farebbero meglio a pensare a tutti i dossier ancora aperti e bloccati, primo tra tutti il de-creto di finanziamento delle missioni mili-tari all’estero”. Stessa linea sostenuta dal ge-nerale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare: “Dove c’è una competenza plurima deve scendere in campo il Presidente del Consiglio”.

Insomma l’atto di Salvini doveva ricevere prima il consenso del ministero della dife-sa e del Presidente della Repubblica: “Quelli della Libia sono rifugiati e si accolgono”, ha

detto evidentemente stizzita dall’invasione di campo il ministro della difesa Elisabetta Trenta. “Non ho tempo di vaneggiare, come fa qualcun altro”.

Il primo ad attaccare l’iniziativa era stato lo stesso Luigi Di Maio: “Se abbiamo il pro-blema di 800 mila migranti in arrivo, non li fermi con una direttiva”, aveva detto il vi-cepremier grillino da Abu Dhabi. “E’ chia-ro che si tratta di misure emergenziali per il breve termine. Ma uno stato serio deve vedere a lungo termine: con l’Europa per la redistribuzione dei migranti che vengono bloccati proprio dagli alleati di Salvini come Orban”. Insomma caos completo in cui non

si consuma un tutti contro tutti. O per i maliziosi un furbo gioco delle parti.

La questione non riguarda semplice-mente il garbo isti-tuzionale. Di fatto l’Italia sulla crisi li-bica parla con due voci contrastanti. Tanto che le oppo-sizioni in aula a Montecitorio hanno chiesto chiarezza sulla gestione dei profughi. Per Tren-ta l’esistenza di una guerra determina l’esigenza di acco-gliere i rifugiati in fuga dal conflitto. Non è così per il mi-

nistro dell’Interno, per il quale, i porti reste-ranno chiusi. “E’ un fatto inedito per la storia politica del paese e soprattutto per la tragi-cità della crisi libica”, rimarca Piero Fassino del Pd in aula. “E’ richiesta unità d’intenti e visione chiara. Il presidente del consiglio venga in Parlamento a dire qual è la posi-zione del governo visto che due ministri di-cono cose diverse”, aggiunge l’ex segretario dei Ds. Richiesta condivisa da Riccardo Magi di Più Europa e da Nicola Fratoianni della Sinistra, che bolla la direttiva Salvini sulle navi come “un volantino di propaganda, strumento di campagna elettorale”.

Intanto il caos che ne sta conseguendo viene seguito con attenzione dal Capo dello Stato che è anche Capo delle Forze armate. Nessun commento, nessuna intenzione di far trapelare il suo pensiero. La regola del Presidente, da sempre, è il rispetto costitu-zionale dell’equilibrio dei poteri e il rispetto dei limiti propri e delle competenze altrui.

Ora Salvini dà ordini militari e fa infuriare i vertici della Difesa

Maddalena Carlino CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Il comportamento del ministro dell’Interno ha scatenato il duro commento del ministro Elisabetta Trenta

Page 4: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

4 mercoledì 17 aprile 2019

Fra bombe e appelli alla pace.E la Russia “chiama” l’Onu

Dal deserto del Sahara alle coste del Mediterraneo, l’odore bru-ciato della guerra copre la Li-bia. La Libia della Tripolitania, dove ieri notte i raid delle mili-zie dell’Lna, l’esercito nazionale

libico fedele al generale Haftar, hanno colpito la popolazione civile; quella della Cireneica, dove Bengasi, roccaforte di Haftar, è diventata obiettivo dell’esercito governativo di Al-Sarraj; quella del Fezzan, dove le tribù sostengono al momento Haftar che, a quanto riferisce il quo-tidiano di proprietà saudita Asharq al-Awsat, ha “respinto offerte di Italia e Francia per arri-vare a un cessate il fuoco”.

La situazione sembra essere a un punto di non ritorno. Gli attacchi missilistici su quartie-ri popolari di Tripoli hanno provocato cinque morti, tra cui un’intera famiglia di tre persone, e 23 feriti, alcuni in gravi condizioni. Il governo ha proclamato tre giorni di lutto nazionale in

memoria dei civili innocenti rimasti uccisi nei bombardamenti e dopo due settimane di scon-tri nella capitale libica, il bilancio delle vittime complessivo, secondo i dati dell’Associazione medici di origine straniera in Italia, è di 190 morti, tra cui 60 minorenni, e 850 feriti, mentre il numero degli sfollati è salito a 25mila.

Al tempo stesso, il colonnello Mohammed Qannouno, portavoce della ‘war room’ delle forze governative, ha specificato che “l’ordine del comando centrale è di andare in ogni cit-tà della Libia che non è sotto controllo del go-verno di accordo nazionale. Quando parlo di ogni città libica intendo anche la Cirenaica”, ha sottolineato l’alto ufficiale fedele a Sarraj, in-tendendo che quella regione, sotto controllo di Haftar, ora deve ritenersi obbiettivo militare.

Come in ogni confronto bellico, contano non solo i missili, ma anche propaganda e alleanze. Per Sarraj il generale Khalifa Haftar “è un cri-minale di guerra” ed ha annunciato, visitando le zone della capitale libica colpite dai bombar-damenti, una denuncia alla Corte penale in-ternazionale per crimini contro l’umanità. Da parte sua Haftar nega di essere il responsabile dell’attacco e accusa “le milizie terroristiche che controllano Tripoli” di aver lanciato i mis-sili.

Sul fronte delle alleanze la situazione è anco-ra più complicata, sia all’interno sia all’esterno. La Libia conta 140 differenti tribù e l’importan-za dei clan è fondamentale per cercare di capi-re ciò che accade oggi; ad esempio la tribù dei Warfalla, la più numerosa del paese, è schiera-ta con Haftar. Sul piano internazionale, Francia e Arabia Saudita appoggiano Haftar, e in molti sospettano che l’esercito del generale sia arma-to anche grazie all’apporto di paesi stranieri. In realtà, i medesimi sospetti riguardano Sarraj: oggi il portavoce portavoce dell’Lna di Haftar ha denunciato l’arrivo di un carico di armi all’aeroporto di Zuwara di Tripoli, affermando

che l’Lna “conosce la provenienza delle armi”, facendo riferimento in particolare a Turchia e Qatar. “Altre armi turche – ha aggiunto - stanno arrivando alle milizie islamiste che combatto-no al fianco delle forze del Governo di accordo nazionale del primo ministro Fayez al Sarraj”.

Nello scacchiere, un attore pesante è certa-mente la Russia: è al fianco di Haftar, perché il generale avrebbe promesso a Mosca – come oggi scrive il quotidiano tedesco Die Welt - di continuare la cooperazione militare con la Li-bia, di attuare gli accordi multimiliardari già firmati da Gheddafi e il progetto di investimen-to nella ferrovia Tripoli-Bengasi.

A nessuno, però, fa comodo una lunga guer-ra che destabilizzi di nuovo il paese nord-afri-cano, nemmeno alla Russia, e oggi il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, a margine del Fo-rum di cooperazione russo-arabo che si tiene a Mosca, ha dichiarato che “La Russia sta lavo-rando con tutte le forze politiche libiche, senza eccezione, per aiutare i libici a superare le loro attuali divergenze e raggiungere un accordo stabile sulla riconciliazione nazionale”.

Libia

Giovanni Belfiori CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Il generale Haftar attacca ancora ma la situazione sul terreno resta ancora in bilico

Page 5: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

5 mercoledì 17 aprile 2019

Marini, il giorno dell’amarezza

Catiuscia Marini, dimessasi ieri da presidente della regione Umbria in relazione all’inchiesta sui presunti concorsi truccati (è indagata), ha mostrato molta amarezza:”Altri presidenti del mio partito sono in-

dagati, ma solo a me viene chiesto un gesto di responsabilità”, ha detto all’Ansa e a Repubbli-ca. “Fermo restando che nessuno mi ha chie-sto di dimettermi e che la scelta è avvenuta in totale autonomia – ha spiegato Marini – faccio fatica a comprendere perché il segretario a me che sono donna chiede di essere responsabile, mentre non lo fa con i presidenti uomini”.

Dura la critica al Pd: “Pensavo che il Pd del 2019 fosse una forza riformista e garantista, non una comunità di giustizialisti. Mi sbaglia-vo”.

Il Pd umbro è ovviamente in una condizio-ne difficilissima, e confida che le regionali si

tengano in autunno per poter avere del tempo per procedere ad una seria operazione di rin-novamento.

La Marini ha poi spiegato che l’idea di rasse-gnare le dimissioni l’aveva già maturata nella giornata di lunedì. “Chi guida le istituzioni non può avere nessuna ombra e questo è un prin-cipio a cui ho sempre fatto fede. E poi dovevo sottrarmi alla gogna mediatica alla quale sono stata sottoposta, come se il fulcro di tutto fossi io e all’uso strumentale da parte della politica. Uso strumentale – conclude Marini – che con-sidero grave”.

Nella lettera di dimissioni Marini aveva scritto: “Io sono una persona perbene, per me la politica è sempre stata ‘fare l’interesse gene-rale’, da Sindaco della mia città, da europar-lamentare, ed in questi anni da Presidente di Regione. Quello che sta accadendo non solo mi addolora, ma mi sconvolge e sono sicura che ne uscirò personalmente a testa alta, perché – credetemi – io non ho niente a che fare con pratiche di esercizio del potere che non siano rispettose delle regole e della trasparenza, ri-

fuggendo sempre da consorterie e gruppi di potere”.

La governatrice è indagata nell‘inchiesta della Procura di Perugia su concorsi per as-sunzioni che sarebbero stati pilotati.

La presa di posizione di Marini era stata su-bito seguita da una nota del segretario del Pd, Nicola Zingaretti: “Voglio ringraziare Catiuscia Marini, che con le sue dimissioni ha scelto di mettere al primo posto il bene della sua Regio-ne. Catiuscia, in questi anni è stata al servizio delle istituzioni e dell’interesse generale e ha garantito all’Umbria sviluppo e qualità della vita e dei servizi. E’ stata una guida apprez-zata per i suoi territori e benvoluta dalla sua comunità. Ora, sebbene in presenza di un’in-dagine che è ancora allo stato preliminare, ha scelto con responsabilità di fare un passo in-dietro proprio allo scopo di evitare imbarazzi e strumentalizzazioni per la sua Umbria. Da garantisti, aspetteremo che la giustizia faccia il suo corso prima di emettere giudizi definitivi. Spero lo facciano tutti”.

Democratica

Lo sfogo dell’ex presidente dell’Umbria: “Colpita anche perché sono donna”

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Partito Democratico

Quell’eterno dilemma tra legalità e opportunità

Un mantra, quello dell’opportunità, usato e abusato fino a sostituire il principio della legalità che si fonda, o dovrebbe fondarsi, sul dettato co-

stituzionale per cui nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. Un principio che nul-la toglie all’autonoma, doverosa, necessaria attività degli organi inquirenti e giudicanti. Non c’entra nulla il conflitto tra politica e giu-stizia, nulla. Il conflitto è tutto dentro la po-litica: il problema è della politica e della sua debolezza, che non è chiamata ad entrare nel merito di contestazioni mosse nei confron-ti del politico. Di fronte a quelle contestazio-ni, d’altra parte, la reazione non può essere l’opportunità e neanche la solidarietà, vera o presunta, ma l’affermazione del principio di legalità: difendersi nel processo, rispettare le sentenze, fino a quella definitiva. Perché solo

il tempo della sentenza definitiva è il tempo delle conseguenze.

In nome dell’opportunità un avviso di ga-ranzia, percepito come preventiva condanna (innanzitutto morale prima che giudiziaria) e strumentalizzato politicamente, a seconda dell’appartenenza politica dell’accusato, con-duce ad essere alternativamente garantisti o giustizialisti.

Il punto è che nel conflitto tra la percezione immediata, come penalmente rilevante dall’o-pinione pubblica, e la realtà nel tempo lungo, ovvero le sentenze di assoluzione e condanna, le valutazioni di opportunità hanno ceduto all’umore ad una piazza sempre più mediati-ca. Tutto ciò non riguarda solo il destino delle persone coinvolte in una inchiesta giudiziaria ma il limite della democrazia rappresentativa: è opportuno interrompere la scelta elettorale in assenza di un processo, di un rinvio a giudi-zio, di una condanna?

Non mi sfugge che dentro questo delicato crinale le forze politiche sono chiamate a com-

piere scelte complesse, che richiedono segnali ma che inevitabilmente anticipano sentenze e legittimano l’idea della prevalenza della op-portunità (politica), alle legalità (giustizia) solo successiva.

Spetta alla politica, senza farsi sostitui-re da altri poteri, giudiziari e mediatici, la selezione e la verifica della propria classe dirigente, garantendo tuttavia l’autorevo-lezza della tenuta garantista, perché è l’u-nica opzione costituzionalmente prevista. Il giustizialismo è ipotesi non contempla-ta dalla Costituzione e dal diritto, ma è una degenerazione dell’opportunismo politico. L’elenco quotidiano dei nomi degli assolti, che pure avevano riempito pagine e telegiornali, guadagna, al massimo, evanescente irrilevan-za mediatica (l’assoluzione non fa notizia) e non interessa. Perché? Rispondere a questa domanda significa iniziare a recuperare au-torevolezza della risposta nel devastante con-trasto tra percepito e realtà, tra opportunità e legalità.

Camillo D’AlessandroSegue dalla prima

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti ha indicato oggi Andrea Orlando e Paola De Micheli vicesegretari del Pd. Andrea Orlando sarà il vicesegretario vicario. Si legge in una nota del Pd. “La nomina sarà poi messa al voto nella prima assemblea utile del partito. Dopo l’elezione del Presidente e del Tesoriere, la chiusura delle liste per le europee e il confronto nei gruppi parlamentari, si allarga il gruppo dirigente del Pd. La segreteria nazionale sarà formata nei prossimi giorni e verranno ufficializzati anche i responsabili dei Forum tematici del partito”.

Zingaretti indica Orlandoe De Micheli vicesegretari

Page 6: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

6 mercoledì 17 aprile 2019

“Vi racconto quando a RaiTre 30 anni fa s’inventarono Blob”

Il 17 aprile del 1989, esattamente 30 anni fa, la RaiTre diretta da Angelo Guglielmi mandava in onda la prima puntata di Blob, il programma ideato da Marco Giusti ed Enrico Ghezzi destinato a diventare un cult che resiste ancora oggi.Stefano Balassone, oggi docente di Economia dei media, che incontriamo per Democratica, di Guglielmi in quegli anni fu

vice direttore e dunque tra gli artefici di quella che subito apparve come una piccola rivoluzione per il piccolo schermo.

Blob compie 30 anni. Nel 1989 deve essere sembrato una specie di terremoto, ce lo racconta?Ricordo che suscitò subito attenzione. Certo andando in onda alle 20, nel pieno di un rito a cui nessuno si sottraeva come quello dei Tg, non produsse uno sfracello negli ascolti. Ma suscitò interesse tra quelli che scrivevano di tv, e da allora ha iniziato una naviga-zione ininterrotta. Ricordo che lungo la strada dovemmo presto ri-solvere il problema dell’uso di pezzi di tv altrui. Facemmo accanite ricerche e la conclusione fu che la trasmissione sarebbe dovuta andare sotto l’ombrello di una testata, nella fattispecie il Tg3, per poter usufruire del cosiddetto diritto di cronaca. Quanto alla gesta-zione, ricordo che Marco Giusti ed Enrico Ghezzi si chiusero in un posto che aveva allora la strumentazione adatta per il montaggio e ne emersero un mese dopo col prodotto in mano. La fortuna fu che già dopo un anno era diventato uno status symbol esserci, se non andavi su Blob voleva dire che non eri in onda. Altra fortuna negli anni è stato il fatto che, essendo un programma di lunghezza variabile, ha spesso svolto la funzione di stabilizzatore dell’orario di palinsesto della rete, un compito preziosissimo grazie al quale sono nati molti prodotti di qualità. A un certo punto andavano in onda di fila Blob, Il postino di Chiambretti e la Cartolina di Andrea Barbato, e cioè tre modi diversi di fare l’editoriale della giornata, e ricordo che celebrammo la cosa con Guglielmi prenotando un tavolo per dieci persone in una trattoria e brindando davanti ai rigatoni con la pajata.

Blob appare innovativo ancora oggi anche al cospetto di web e social media, che di frammenti vivono. Come si spiega?Per la semplice ragione che Blob è un montaggio di frammenti che ha un doppio contributo autorale: quello del montatore che propo-ne una linea di connessione, e quello di ciascuno spettatore, che fa tra i frammenti i collegamenti che crede. Sono le due funzioni che si guardano in qualsiasi rapporto di comunicazione: l’intenzione di chi produce e la ricostruzione soggettiva di chi lo riceve. Stare sul web non costruisce di per sé un nesso o un senso, si tratta di parole spar-pagliate senza racconto.

Blob ha resistito a molte stagioni politiche, pur non risparmiando nessuno. Com’è possibile?È possibile perché è un oggetto tanto significativo per chi ne coglie il significato quanto marginale per chi non ci fa caso. Credo che i poli-tici abbiano imparato rapidamente che non era il caso di mostrarsi piccati, anche per non esporsi al rischio di sembrare persone con la coda di paglia.

Nel mondo della tv on demand che futuro ha una trasmissione così?Blob è strettamente legato all’esistenza della tv di flusso e allo zap-ping. È un po’ come se imitasse la marmellata che viene in testa a chi salta da un canale all’altro, ed è questa la sua vera originalità, e cioè che imita il comportamento del consumatore prendendo la tv dalla testa di chi la vede. Non credo che la tv di flusso e dei palinsesti scom-parirà tanto presto, dunque non credo che Blob sia sotto minaccia. Resta valido ciò che si è sempre detto, e cioè che per sapere ciò che è successo in tv non serve guardarla, basta vedere Blob.

Tv

Carla Attianese CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

L’allora vicedirettore di Guglielmi spiega le ragioni del successo di una trasmissione ancora viva

Intervista a Stefano Balassone

Page 7: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

7 mercoledì 17 aprile 2019

La verità contro il populismo

I conflitti che la scienza e le sue applica-zioni portano con sé devono affascinare Massimo Popolizio se, dopo il successo di Copenhagen, dramma di Michael Frayn sul dilemma etico degli scienziati atomi-ci, porta ora sulle scene Un nemico del po-

polo, opera teatrale di Henrik Ibsen, in cui una scomoda verità scientifica minaccia gli equilibri instabili di una piccola comunità. Se il primo è opera drammaturgica contemporanea, il secon-do è un classico del 1882, le cui tematiche -grazie anche all’adattamento di Popolizio- restano asso-lutamente contemporanee.

Popolizio, alias il dottor Thomas Stockmann, scopre nel corso della sua attività di ricerca il gra-ve inquinamento delle acque degli stabilimenti termali, fulcro economico della cittadina dove si svolge l’azione. Non dubita sulla necessità di ren-dere pubblica la notizia, mettendo in moto così le reazioni degli altri stakeholders: il sindaco (e fratello del dottore) Peter Stockmann, interpreta-to da una straordinaria Maria Paiato, la stampa “indipendente”, l’associazione dei proprietari di case, il padrone della conceria inquinatrice, fino all’opinione pubblica. Ognuno porta in scena la sua verità, che inevitabilmente sbarra la strada alla verità scientifica, e lo sviluppo dell’azione richiama la cronaca dei fatti dell’Ilva di Taranto, della Xylella pugliese o degli interramenti di ri-fiuti tossici nella Terra dei fuochi.

Poiché c’è un prezzo da pagare per le costose e lunghe opere di bonifica delle condutture ter-mali, ciascuno si chiamerà fuori tranne il dottor Stockmann, nonostante la sua sicurezza econo-mica dipenda proprio da quelle terme. E’ lui che si fa interprete di quello che oggi chiameremmo lo spirito Pimby (please in my backyard), l’inten-

to di una comunità di compiere opere di pubblica utilità condivise e nel pieno rispetto delle regole.

La materia drammaturgica così si amplia e i temi si moltiplicano: l’esercizio della democrazia che scivola verso palesi forme di populismo; il di-ritto d’informazione messo sotto attacco non solo da conflitti d’interesse grandi e piccoli di editori e redattori, ma anche da pressioni politiche, “il pubblico non ha bisogno di idee nuove, semmai ha bisogno di quelle che ha già” sentenzia il sin-daco nella redazione del giornale cittadino La voce del popolo.

Popolizio dipana l’intrecciata matassa com-piendo scelte coraggiose: evita accuratamente toni seriosi e predilige il registro ironico e pungen-te del testo, strappando parecchie amare risate alla platea. Quest’ultima è costretta però anche a un esame di coscienza nella scena dell’assemblea cittadina con gli spettatori che diventano parte di quell’opinione pubblica -colpevole perché disin-formata e manipolabile- pronta a voltare le spal-le al “nemico del popolo”, il dottor Stockmann. E’ proprio a questo punto che Stockmann/Popolizio esorta ciascuno ad assumersi la responsabilità di alimentare la democrazia trovando il coraggio di far emergere le verità che ciascuno ha già nella propria coscienza, perché “essere popolo è un traguardo che bisogna conquistarsi”.

Popolizio coordina perfettamente un’opera corale in cui il ritmo dell’azione è scandito dal blues metallico delle dobro che accompagna gli intermezzi di una voce narrante (l’efficace Mar-tin Chisimba). La collocazione in un’America faulkneriana, invece che nella Norvegia di fine Ottocento dell’autore, non rimanda solo a un immaginario più condiviso, ma anche alla crisi economica che ha preceduto quella odierna, un altro parallelismo con l’oggi.

Al Teatro Argentina di Roma, in prima assolu-ta, fino al 28 aprile.

Pensieri e parole

Lucia Orlando CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Con il dramma di Ibsen Popolizio illumina il difficile rapporto fra scienza e società

Page 8: L’EDITORIALE / 1 ArrIVA - Partito Democratico2 mercoledì 17 aprile 2019 Così un governo sempre più diviso sta per aumentare l’Iva L e parole del ministro Tria sull’aumento

8 mercoledì 17 aprile 2019

In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Giovanni Belfiori, Stefano Cagelli,Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace, Stefano Minnucci, Agnese Rapicetta

[email protected]

PD Bob

Società editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 - 00187 Roma

www.democratica.comwww.partitodemocratico.it

Per ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it

DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia

TwitterInstagramSocial

Face

bo

ok