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Le problematiche dello sviluppo rurale in Italia con un approccio di
analisi territoriale sub-regionale: il livello provinciale
Elisa Montresor*, Francesco Pecci**
* Dipartimento di Scienze Economiche – Università di Verona – e-mail:
** Dipartimento di Economie, Società ed Istituzioni – Università di Verona – e-mail:
Sommario
Nel lavoro è definita e discussa una zonizzazione delle province italiane secondo i
differenti livelli di sviluppo rurale. Lo scopo è di individuare i principali sistemi macro-
regionali che sono un importante elemento di riferimento al fine di garantire il
coordinamento dei livelli programmatori regionali e sub-regionali nell’istanza
nazionale. I sistemi territoriali individuati sono 9: 4 riguardano l’Italia settentrionale, 3 i
sistemi montani e collinari e 2 le regioni meridionali. La zonizzazione è il risultato
dell’applicazione di una metodica, largamente sperimentata dagli autori, imperniata sul
binomio GWR e cluster analysis che permette di pervenire ad apprezzabili risultati
anche con un numero ridotto di indicatori. Questi fattori candidano la metodologia a
porsi come un possibile strumento di ausilio per le scelte dei decisori pubblici. Infine è
presentato un nuovo strumento di analisi che può fornire utili avanzamenti conoscitivi
nelle analisi sullo sviluppo territoriale.
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1. Introduzione
Obiettivo di questo lavoro è di fornire alcuni elementi di analisi delle dinamiche in atto
nella complessa ed eterogenea realtà agricola e rurale italiana. Le indagini regionali e
sub-regionali non possono essere infatti pienamente valutate, se non si considera
l’ambito più complessivo in cui i processi si collocano, dato che essi sono il risultato di
relazioni e di interdipendenze più globali. Il raggiungimento di questo scopo richiede
alcune precisazioni in ordine alle assunzioni poste alla base dell’indagine; ciò è
necessario non solo per comprendere i risultati raggiunti, ma soprattutto per valutarne le
implicazioni nella ricerca futura. Queste assunzioni possono essere suddivise in due
gruppi. In primo luogo vi sono quelle relative al contesto italiano:
• La struttura e lo sviluppo del settore primario, soprattutto in Italia, nonché la sua
integrazione nel sistema alimentare, dipendono dal contesto socioeconomico,
demografico e territoriale in cui i processi produttivi si situano. Da un lato vi
sono i processi di concentrazione e di specializzazione a livello sia aziendale sia
territoriale, indotti da una PAC incentrata nel passato sul sostegno dei prezzi e
che la riforma del 2003 non ha significativamente mutato, ma anche da crescenti
livelli di innovazione tecnologica. Dall'altro vi sono le realtà territoriali in cui si
realizza comunque un'integrazione con il resto del sistema economico, attraverso
forme di specializzazione flessibile analoghe a quelle che si sono diffuse negli
altri settori produttivi; ne è esempio l'industrializzazione del Nord Est e di
alcune regioni centrali, che ha favorito la crescita di sistemi locali agroalimentari
di dimensioni più piccole, garantendo il mantenimento della redditività
dell'agricoltura. Infine vi sono le vaste aree del Paese, meno incidenti nella
formazione del reddito agricolo nazionale e meno integrate con il resto del
sistema economico, in cui l'agricoltura riveste ancora un ruolo fondamentale,
anche se non più prioritario, ed in cui è soprattutto l'assenza di sviluppo
complessivo che penalizza il settore primario. Queste dinamiche non possono
essere lette in chiave meramente dualistica, come contrapposizione fra Nord e
Sud, fra montagna e pianura, tra agricoltura "ricca" e "povera" o omologata e
non. I dualismi nel settore primario sono molto più articolati e comportano
diverse modalità di sviluppo secondo i contesti territoriali in cui si collocano,
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determinando un "mosaico" di situazioni territoriali differenziate a livello
aziendale, sociale ed economico, nonché culturale;
• Queste disparità territoriali nello sviluppo agricolo sono determinate dalle
relazioni che s’instaurano non solo fra le diverse aree del Paese, ma anche con
l’UE ed il resto del mondo. Questi legami, che tendono ad evolvere fortemente
nel tempo e che sono profondamente influenzati dalle politiche pubbliche,
assumono un peso diverso secondo i comparti agricoli, provocando importanti
riflessi per il settore primario. L’integrazione dell’agricoltura nella catena
alimentare si differenzia notevolmente nel grado di collegamento a livello
territoriale, secondo le filiere implicate. Si passa infatti da rapporti molto stretti e
da un conseguente ruolo decisivo della produzione agricola locale nello sviluppo
dei sistemi territoriali, come nel caso delle produzioni DOC, DOP e IGP, ad altri
in cui le relazioni sono sempre meno dirette ed indipendenti. La delega della
produzione agricola, in molti sistemi locali agroalimentari non rappresenta
spesso un punto di crisi ma una maggiore valorizzazione della produzione
locale, a cui non sempre è legata una maggiore valorizzazione e competitività
dei sistemi territoriali di produzione di materia prima, che stentano ad inserirsi
competitivamente nella catena alimentare. Inoltre la loro attuale posizione può
risultare minacciata da nuove relazioni commerciali con altri Paesi dell’unione e
del resto del mondo. Tutto ciò conduce ad un sistema sempre più variabile ed
asimmetrico di relazioni di potere e di dipendenza, sistema che deve essere
indagato dato che la competizione già ora si svolge e soprattutto si svolgerà nel
futuro tra i singoli sistemi territoriali dei diversi Paesi, ognuno di essi sottoposto
ad un complesso di tensioni e vincoli;
• Lo scenario rurale in Italia, come del resto in Europa comprende un’ampia
gamma di situazioni, con notevoli differenziazioni nell’uso delle risorse naturali,
nei metodi di gestione, nonché nel livello di tutela dell’ambiente. Negli spazi
rurali sono in atto profondi mutamenti, che vedono il dispiegarsi sia di processi
di deurbanizzazione, sia di crescita suburbana, sia infine di progressivo
spopolamento demografico e di scarsa utilizzazione delle risorse; questi processi
si accompagnano alle trasformazioni sociali delle famiglie e la diversificazione
del mercato del lavoro. Attualmente nuove funzioni, da quelle residenziali, a
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quelle ambientali e paesaggistiche, sono esplicitamente richieste al mondo
rurale, sia nei sistemi territoriali più sviluppati, in cui le tensioni nell’uso delle
risorse si accentuano, sia in quelli con un diverso livello di svantaggio, in cui
nuove forme di sviluppo integrato devono essere ricercate. In questi ultimi
l’agricoltura è fondamentale per il mantenimento di forme di presidio
ambientale e diventa perciò importante esplicitarne i legami ed i vincoli, in
particolare quelli strutturali, per valutare l’evoluzione e l’efficacia delle misure
intraprese;
A queste peculiarità del contesto agricolo e rurale italiano, si aggiungono le
considerazioni relative alle implicazioni delle politiche adottate a livello comunitario e
nazionale. In particolare:
• A livello comunitario è in atto un ampio dibattito sul futuro della PAC, che nella
sua attuale formulazione, nonostante la riforma del 2003, risulta nettamente
inadeguata per affrontare le sfide dei prossimi anni. Nel I Pilastro, cui sono
destinate la maggior parte delle risorse, il disaccoppiamento basato sulla serie
storica delle produzioni, come già detto, non ha mutato significativamente la
concentrazione degli aiuti, pur valutando positivamente il fatto che gli aiuti
diretti sono subordinati al raggiungimento di obiettivi di tutela ambientale e di
sicurezza animale. Anche nelle recenti proposte per la riforma della PAC del
maggio 2008, la Commissione non affronta ancora il problema di trovare
strumenti differenziati per le politiche agricole e rurali per una situazione
fortemente polarizzata, non solo in Italia; da un lato le aziende familiari che
offrono uno scenario sociale, territoriale e identitario e dall’altro i problemi di
carattere soprattutto ambientale che pongono le concentrazioni e le
specializzazioni territoriali, ma che assicurano larga parte della produzione
agroalimentare. I mutamenti più significativi riguardano la gestione dei mercati
(limitazione degli interventi sui mercati al solo grano duro, soppressione delle
quote del latte e del set aside, autorizzazione agli Stati membri di passare dalle
serie storiche agli aiuti legati agli ettari, incremento della modulazione). Poche
sono anche le novità per la rinazionalizzazione della PAC, già avviata dal 2003,
in quanto i singoli stati potranno allocare soltanto un finanziamento pari al 10%
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del totale degli aiuti agricoli a colture particolari, così come sono scarse le novità
per le misure del II pilastro cofinanziate a livello nazionale;
• La nuova stagione di programmazione 2007-2013 sullo sviluppo rurale ha
introdotto un approccio diverso rispetto a quello precedente. In particolare
l’innovazione è costituita dal passaggio ad un sistema di programmazione
strategica, che ha previsto la formulazione e l’articolazione delle strategie di
intervento dal livello comunitario (attraverso l’elaborazione degli Orientamenti
comunitari), a quello nazionale (attraverso il Piano Strategico nazionale – PSN)
e infine ai Piani regionali di sviluppo rurale. In particolare il PSN rappresenta lo
strumento attraverso il quale verificare la coerenza sia di tipo verticale tra gli
orientamenti comunitari e i PSR regionali, sia la coerenza orizzontale tra i
diversi PSR. Questo processo di programmazione coinvolge dunque sempre più
soggetti in un processo non gerarchico e di natura policentrica. In base al reg.
1698/2005 ogni regione ha elaborato dunque il proprio Piano di sviluppo, spesso
rielaborando i criteri indicati al livello comunitario per la territorializzazione
degli interventi. In molte realtà infatti gli indicatori OECD, ripresi nel PSN, sono
risultati inadeguati per cogliere le complesse articolazioni presenti nel mondo
rurale italiano e nei singoli Piani sono stati utilizzati ulteriori criteri. Se da un
lato questo percorso ha consentito di mettere in luce le singole realtà locali,
dall’altro emerge una lettura non univoca del territorio rurale italiano;
Alla luce di queste considerazioni, lo studio ha lo scopo di indicare un percorso
attraverso il quale individuare i principali sistemi macro-regionali, sistemi da porre al
centro della programmazione nazionale. Lo scopo è di verificare quali tra gli indicatori
sociali ed economici, assumibili come proxi degli obiettivi della nuova politica di
sviluppo rurale, sono quelli che spiegano il diverso grado di sviluppo rurale delle
province italiane. Per individuare le diversità territoriali si utilizzerà l’Exploratory
Spatial Data Analysis (ESDA), in particolare la Geographically Weighted Regression
(GWR) i cui parametri saranno sottoposti ad una cluster analysis, secondo una
sperimentata e consolidata metodologia (Montresor et al. 2007; Pecci, Sassi, 2008).
In particolare nel paragrafo 2 si descriveranno gli indicatori utilizzati, nel paragrafo 3
l’approccio statistico utilizzato ed i risultati e nel paragrafo 4 si spiegheranno i singoli
sistemi territoriali. Infine nel paragrafo 5 sarà presentato un nuovo strumento che
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potrebbe consentire il superamento di alcuni dei problemi strutturali presenti nel
modello di analisi adoperato nel lavoro e che potrebbe consentire utili avanzamenti nelle
analisi territoriali.
2. La scelta degli indicatori
La scelta degli indicatori più appropriati per la lettura dello scenario agricolo e rurale
rappresenta un’operazione complessa, sul piano tecnico e ciò ha importanti riflessi sulla
interpretazione delle dinamiche in atto. Sul piano tecnico bisognerebbe infatti disporre
di serie storiche di un ampio numero di indicatori, per la definizione di sistemi
territoriali omogenei sotto un profilo agricolo e rurale. Questi indicatori dovrebbero
essere in grado di cogliere sia le componenti permanenti del territorio (altitudine, grado
di accessibilità ecc) sia le componenti temporanee, che in larga parte coincidono con i
dati socio-economici (demografia, densità della popolazione, fragilità del tessuto
economico, specializzazione agricola). La classificazione tra componenti permanenti e
temporanee non può però assumere un carattere definitivo, in quanto alcune di esse
considerate come permanenti potrebbero rivelarsi temporanee (ne è un esempio
l’accessibilità), mentre alcuni processi, quali il cambiamento climatico, possono
trasformare alcune componenti temporanee in ostacoli permanenti.
Per quanto riguarda il livello istituzionale, l’indagine è stata condotta a livello
provinciale (NUTS 3), pur nella consapevolezza che questa unità presenta numerosi
difetti, ma anche alcune opportunità. Attraverso un livello così ampio non è infatti
possibile valutare le disparità territoriali sub-provinciali, che sono spesso molto
profonde. Per interpretare meglio le multiformi realtà presenti a livello sub-provinciale,
oltre agli indicatori che saranno successivamente illustrati, sono stati introdotti 3
indicatori relativi alle percentuali di superfici ricadenti in pianura, montagna e collina di
ciascuna provincia. Come vedremo, questi indicatori sono risultati rilevanti, in quanto le
zone che si sono venute a delineare, presentano una relativa omogeneità sotto un profilo
altimetrico. Le opportunità di far riferimento alle province si riferiscono invece sia alla
possibilità di cogliere abbastanza agevolmente le complessità in atto in un Paese, sia al
fatto il NUTS 3 corrisponde spesso al livello istituzionale di intervento, in grado di
inserirsi, in alcune realtà nella programmazione regionale.
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I parametri descritti in Montresor, Mazzocchi (1999) per l’indagine dell’articolazione
agricola e rurale a livello regionale, costituiscono un’adeguata base analitica, in quanto
possono dar conto sia del livello di sviluppo agricolo e non, sia delle principali
dinamiche demografiche e sociali, sia della specializzazione e della concentrazione
agricola, sia infine in una prima approssimazione del grado di integrazione
agroalimentare. In particolare quelli di specializzazione rappresentano un punto di
partenza per simulare le dinamiche evolutive in rapporto ai modelli di offerta nazionali
e regionali, a quelli di valutazione dell’impatto delle misure della PAC.
Tabella 1 – Indicatori utilizzati
Indicatore Descrizione Fonte GVASAU Valore aggiunto agricolo per ettaro di Sau EU/AC SAUSEMIN Sau a seminativi (% Sau totale) AC SAUPERMA Sau a colture permanenti (% Sau totale) AC SAUPRATI Sau a prati e pascoli (% Sau totale) AC BOSCHI Superficie a bosco (% su superficie totale) AC SAUINF05 Sau in aziende inferiori a 5 ha (% Sau totale) AC SAUSUP50 Sau in aziende superiori a 50 ha (% Sau totale) AC BOVSAU Capi bovini per ha Sau AC SUINISAU Capi suini per ha Sau AC OVICSAU Capi ovicaprini per ha Sau AC AVICSAU Capi avicoli per ha Sau AC GDPPPS Pil pro-capite (in poter d’acquisto - EU27=100) EU DISOCCU Tasso di disoccupazione (% su pop. attiva) EU ACCOGLIENZA Disponibilità di posti letto (per 1000 ab.) EU GVAAGR Valore aggiunto dell'agricoltura (% su totale VA) CE GVASEC Valore aggiunto dell'industria (% su totale VA ) CE GVASERV Valore aggiunto dei servizi (% su totale VA) CE EMPAGR Occupazione in agricoltura (% su occup. Totale) CE EMPIND Occupazione nell'industria (% su occup. Totale) CE EMPSERV Occupazione nei servizi (% su occup. totale) CE AGEING Indice di vecchiaia (pop. >=65/pop. 0-14) EU POPDEN Densità della popolazione (ab/km2) AC PIANURA Superficie di pianura (% su sup. totale) AM COLLINA Superficie di collina (% su sup. totale) AM MONTAGNA Superficie di montagna (%su sup. totale) AM
La fonte degli indicatori non è univoca, poiché non è facile reperire informazioni
statistiche a livello provinciale; nel nostro caso le fonti utilizzate sono state: il database
regionale di Cambridge Econometrics (CE), l’Atlante statistico dei comuni dell’Istat
(AC), l’Atlante statistico della montagna italiana, Istat e IMONT (AM) e il Rapporto
sullo sviluppo rurale della Commissione Europea per l’anno 2007 (EU). Si è inoltre
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optato per la suddivisione del territorio nazionale in 103 province, poiché per le
province istituite dopo il 1992 l’informazione statistica è ancor più carente. Gli
indicatori strutturali dell’agricoltura si riferiscono al VII Censimento dell’Agricoltura
dell’Istat del 2000, per i rimanenti l’anno di riferimento è il 2004. Gli indicatori
utilizzati in questa indagine sono riportati nella tabella 1
3- La metodologia ed i principali risultati
La zonizzazione, che verrà descritta nel successivo paragrafo, è il risultato di una analisi
eseguita a due differenti stadi; la prima fase definisce, attraverso la GWR
(Fotheringham et al., 2002), le variabili che spiegano la diversità del valore aggiunto
agricolo provinciale, la seconda, una cluster analysis1, raggruppa le province che hanno
valori simili dei parametri stimati attraverso la GWR. Questa metodica di analisi è stata
lungamente sperimentata e messa a punto dagli autori in precedenti analisi sullo
sviluppo territoriale soprattutto delle regioni europee, fornendo sempre risultati
interessanti. A differenza di precedenti applicazioni si è cercato di contenere il numero
delle variabili, indirizzandosi verso quelle in grado di fornire risposte robuste sotto il
profilo statistico che, allo stesso tempo, facilitassero l’interpretazione dei risultati.
Brevemente la GWR, è una tecnica di analisi che permette di stimare per ogni variabile
indipendente n parametri locali, per n regioni. La stima utilizza n regressioni pesate
sulla base delle distanze fra le regioni e di cui viene definito un valore massimo d. I
valori delle variabili relativi alle n localizzazioni sono pesati in funzione inversa alla
distanza fino ad essere uguali a zero quando la distanza è maggiore di d. È possibile
definire un valore fisso di d, nel qual caso è variabile il numero di regioni con valori
non nulli, oppure un numero fisso di regioni con un valore di d variabile, come nei
modelli presentati in questo contributo.
Per spiegare la variabilità dal valore aggiunto agricolo provinciale per ettaro di Sau si è
costruito e stimato un modello, utilizzando le variabili indipendenti più attinenti allo
sviluppo socio-economico generale. Partendo cioè dall’assunzione che lo sviluppo del
settore primario è strettamente correlata alle dinamiche presenti a livello territoriale, lo
scopo è stato di identificare i principali sistemi territoriali presenti nella realtà italiana,
sufficientemente omogenei sotto un profilo rurale, ritenendo che il valore aggiunto 1 Si è utilizzata la libreria MCLUST (Fraley, Raftery, 2006). Tutto il software utilizzato per l’analisi è un software libero distribuito con i termini della licenza GNU.
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agricolo possa considerarsi una proxi accettabile dell’indice di sviluppo rurale. Con una
scelta appropriata delle variabili indipendenti, la GWR si dimostra infatti una tecnica di
analisi molto potente; anche con un numero ridotto di variabili si possono ottenere stime
molto efficienti. I principali parametri dei modelli che hanno fornito le stime, a nostro
giudizio migliori, sono riportati nella tabella 2.
Nel modello il valore aggiunto agricolo per ettaro è correlato alla percentuale di Sau
delle aziende fino a 5 ha, INF05SAU, al tasso di disoccupazione, DISOCCU, alla
percentuale di valore aggiunto prodotta dal settore dei servizi, GVASERV, e
dall’industria, GVASEC, dall’indice di vecchiaia della popolazione, AGEING, dalla
densità della popolazione, POPDEN e dalla percentuale della superficie totale
provinciale classificata come montana, MONTAGNA.
Per verificare se è corretto il ricorso alla stima GWR si è utilizzato il test di non-
stazionarietà globale proposto da Brunsdon et al. (1999), o pseudo-F. Nel caso che
l’ipotesi nulla di stazionarietà sia rifiutata, il modello GWR si mostra appropriato, come
nel caso del modello presentato, mentre per testare la stazionarietà dei parametri si è
utilizzato il test F3 proposto da Leung et al. (2000). I risultati di questi due test sono
visibili in calce alla tabella 2 e nell’ultima colonna, rispettivamente.
Tabella 2 - Sommario dei parametri della stima GWR
Variabile Min Primo Quartile Mediana Terzo quartile Max Stazionarietà INTCP 16440,00 43840,00 77350,00 97780,00 158800,00 N INF05SAU 40,10 56,52 113,30 144,20 222,50 N DISOCCU -716,20 -392,20 -220,10 141,40 737,20 N GVASERV -1666,00 -1048,00 -786,30 -400,40 -203,60 N GVASEC -1709,00 -1025,00 -745,80 -405,50 -134,90 N AGEING -3287,00 -2133,00 -358,90 1131,00 2781,00 N POPDEN 2,61 4,17 4,70 6,34 17,84 N MONTAGNA -14,79 2,14 10,05 17,67 54,54 N R2 0,423 0,742 0,803 0,912 0,960 - Bandwidth adattativo: 43/103 AIC: 1736,859 Residui (RSS): OLS 385757359; GWR 91378861 Pseudo-F = 5,9727, p-value = 2,568e-13 Il modello possiede un valore di R2 elevato (ultima riga della tabella 2); il valore globale
di R2 è superiore a 0,9 (0,60 con stima OLS); il confronto fra i residui relativi alle stime
OLS e GWR conferma il notevole guadagno in efficienza della stima che permette
l’approccio GWR rispetto a quello OLS.
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Tutti i parametri stimati sono non stazionari. La non stazionarietà di un parametro si
traduce nell’esistenza di gruppi di province, contigue territorialmente, che possiedono
valori simili del parametro stesso, ovvero, che il valore del parametro è, sotto il profilo
statistico, significativamente correlabile alla posizione geografica della provincia; se il
parametro è invece stazionario i valori sono tendenzialmente casuali rispetto alla
collocazione geografica delle province.
In linea generale, ai fini delle politiche, la presenza di non stazionarietà può contribuire
a spiegare l’esistenza a livello territoriale di aree in cui la variabile dipendente è
particolarmente sensibile a determinate variabili indipendenti e quindi suggerire
l’opportunità di specifici interventi o indicare le aree dove i singoli interventi
tendenzialmente avranno maggiore o minore impatto. Soprattutto per questi motivi nella
successiva cluster analysis si sono utilizzati solo i parametri non stazionari, che, come
già detto, corrispondono a tutti quelli stimati.
4- I principali sistemi agricoli e rurali presenti nella realtà italiana
Dopo aver identificato, attraverso l’approccio della GWR i fattori che influenzano la
produttività agricola e l’intensità del loro impatto, si è proceduto, tramite la cluster
analysis, all’identificazione dei principali sistemi territoriali, definiti attraverso valori
omogenei di parametri non stazionari. In altre parole lo scopo in questa parte del lavoro
è stato quello di verificare se l’impatto territoriale di questi parametri è o meno
combinato con la prossimità spaziale.
Come vedremo, anche attraverso l’impiego di poche variabili, è stato possibile delineare
con sufficiente chiarezza le peculiarità dei principali sistemi territoriali presenti nello
scenario italiano, sufficientemente omogenei sia sotto un profilo dello sviluppo socio-
economico, sia sotto un profilo agricolo e rurale (figura 1).
A) Sistemi settentrionali con elevato livello di sviluppo e con differenti livelli di
produttività agricola
Ricadono in questo gruppo 4 sistemi con caratteristiche agricole diverse e con una
differente domanda e capacità di risposta alle politiche, ma con un tratto comune
rappresentato dalla compresenza di elevato sviluppo economico (oltre il 55% del Valore
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1 - Torino, Vercelli, Novara, Aosta, Varese, Como, Sondrio, Milano, Bergamo, Brescia, Biella, Lecco, Verbano-Cusio-Ossola; 2 - Cuneo, Asti, Alessandria, Imperia, Savona, Genova, Pavia, Cremona, Verona, Piacenza, Lodi; 3 - La-Spezia, Mantova, Parma, Reggio-Emilia, Modena, Bologna, Massa-Carrara; 4 - Bolzano-Bozen, Trento, Vicenza, Belluno, Sassari, Nuoro, Cagliari, Oristano; 5 - Treviso, Venezia, Padova, Rovigo, Udine, Gorizia, Trieste, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena, Pesaro-Urbino, Ancona, Pordenone, Rimini; 6 - Macerata, Lucca, Pistoia, Firenze, Livorno, Pisa, , Arezzo, Siena, Grosseto, Perugia, Terni, Viterbo, Prato; 7 - Ascoli-Piceno, Rieti, Roma, Latina, Frosinone, L'Aquila, Teramo, Pescara, Chieti; 8 - Caserta, Benevento, Napoli, Campobasso, Foggia, Isernia; 9 - Avellino, Salerno, Bari, Taranto, Brindisi, Lecce, Potenza, Matera, Cosenza, Catanzaro, Reggio-Calabria, Trapani, Palermo, Messina, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Catania, Ragusa, Siracusa, Crotone, Vibo-Valentia.
Figura 1 – Zonizzazione delle province italiane
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aggiunto prodotto in Italia)2 e di elevata produttività agricola. Pur riguardando circa il
35% della Sau nazionale si forniscono infatti quasi 43% del reddito agricolo nazionale e
l’agricoltura, pur non rivestendo un ruolo rilevante per l’occupazione, concorre in
misura determinante al loro sviluppo, sia per la presenza dei comparti agricoli di punta
nello scenario nazionale ed europeo, sia per l’elevata produttività agricola strettamente
connessa alla forte integrazione a livello locale con l’industria di trasformazione.
• Sistemi urbano/rurali con agricoltura in prevalenza estensiva (cluster 1).
Ricadono in questo gruppo un’ampia quota delle province piemontesi e
lombarde, con elevata densità demografica data la presenza di insediamenti
urbani di medie e grandi dimensioni. Si tratta tuttavia di un sistema composito,
con una produttività agricola relativamente modesta, sia per l’ampia presenza di
colture cerealicole, sia per l’elevata presenza di territori montani (quasi il 56%
della loro superficie totale). Di conseguenza pressoché irrilevante è il ruolo
dell’agricoltura per la formazione del reddito sia a livello locale (poco più
dell’1%), sia a livello nazionale (8%). Larga parte delle superfici agricole
appartengono ad imprese di grandi dimensioni (quasi il 60% della SAU totale),
sia in montagna sia in pianura. Poiché le indagini sull’impatto del
disaccoppiamento mettono in evidenza che larga parte degli aiuti diretti si
concentra proprio in queste unità, il consistente sostegno pubblico agli
agricoltori rischia di rappresentare un mero trasferimento, senza un reale impatto
macroeconomico a livello territoriale.
• Sistemi con la più elevata produttività agricola (cluster 2). Si tratta di 11
province del Piemonte, della Lombardia, dell’Emilia Romagna e del Veneto, cui
si aggiungono Savona e Genova, in cui ricade circa il 10% della SAU nazionale,
con quasi il 13% del reddito agricolo. Largamente diffusi sono gli ordinamenti
zootecnici bovini, suini e avicoli (con un concorso alla produzione nazionale
rispettivamente di circa il 21%, il 27% e il 20%). In queste aree, in cui la densità
demografica è nettamente inferiore a quella prima indicata, in quanto
caratterizzata da centri urbani di media dimensione, i problemi sono
prevalentemente di carattere ambientale.
2 Per i riferimenti quantitativi si vedano le tabelle 3 e 4.
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• Sistemi caratterizzati da forte integrazione alimentare (cluster 3). In queste
province (6), con appena poco più del 5% della Sau nazionale, si produce
un’elevata quota del reddito agricolo nazionale. Sotto un profilo agricolo elevata
è la specializzazione e la concentrazione degli allevamenti suinicoli (27% del
totale nazionale) e bovino (13,4%), in aziende familiari di medie dimensioni. Le
indagini condotte nel corso del tempo hanno evidenziato come al loro interno
ricadano numerosi distretti agroalimentari presenti nella realtà italiana
(l’esempio più eclatante è quello del Parmigiano Reggiano). L’impatto delle
riforme della PAC non ha mutato significativamente la produttività della
trasformazione alimentare, in quanto questi territori mantengono un vantaggio
competitivo, rappresentato dalla presenza di un capitale umano altamente
Tabella 3 – Media degli indicatori per ciascun cluster
Cluster Indicatore 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Numero di province 13 11 7 8 14 13 9 6 22 Pianura (%) 25,73 38,12 35,97 12,26 53,75 6,68 9,09 21,41 21,65 Collina (%) 14,59 21,26 12,06 9,03 17,00 41,24 30,61 29,14 36,73 Montagna (%) 59,68 40,62 51,97 78,72 29,25 52,08 60,30 49,45 41,62 GDPPPS 127,08 117,64 129,86 109,00 122,43 112,31 102,56 72,67 71,14 Occup. agricoltura (%) 2,06 3,82 3,60 4,28 3,54 2,52 9,53 8,90 7,32 Occup. Industria (%) 33,96 28,40 38,61 39,56 34,35 21,02 25,64 25,02 22,71 Occup. servizi (%) 63,98 67,78 57,79 56,16 62,12 76,46 64,83 66,08 69,97 Densità popolazione 409,40 206,04 207,26 97,78 313,36 192,89 218,79 562,32 179,13 Indice di vecchiaia 1,49 1,99 1,94 1,23 1,83 1,89 1,42 1,08 1,03 Disoccupazione (%) 4,28 4,75 4,61 7,78 4,51 5,54 7,89 13,37 14,75 Val. agg. agricoltura (%) 1,39 4,11 2,87 3,94 2,82 3,36 2,96 4,83 5,86 Val. agg. industria (%) 33,80 27,77 32,83 27,01 28,89 27,85 26,76 21,95 21,10 Val. agg. servizi (%) 64,82 68,12 64,30 69,04 68,30 68,78 70,27 73,18 73,05 Posti letto (1000 ab.) 0,04 0,07 0,04 0,19 0,17 0,12 0,06 0,04 0,05 Val. agg. agr./Sau 2378,75 4579,16 3910,98 1798,15 4128,06 3122,73 2340,41 4464,40 2713,89 Sau aziende < 5 ha (%) 7,96 21,60 19,40 14,28 19,47 20,34 28,98 33,63 32,84 Sau aziende > 50 ha (%) 56,64 36,79 28,06 47,88 31,07 38,92 35,10 19,99 24,55 Sau seminativi (%) 42,55 56,83 60,41 29,26 72,90 59,57 45,69 58,00 45,52 Sau colt. permanenti (%) 1,93 16,28 14,25 8,24 13,89 22,15 21,12 24,77 37,32 Sau prati-pascoli (%) 55,53 26,89 25,34 62,51 13,21 18,28 33,19 17,23 17,17 Boschi su sup. totale (%) 11,55 10,26 9,78 29,01 8,57 25,57 15,21 9,07 10,31 Bovini su Sau 0,91 0,86 1,15 0,47 0,44 0,14 0,32 0,48 0,22 Suini su Sau 1,00 1,65 2,23 0,24 0,67 0,24 0,25 0,24 0,09 Ovicaprini su Sau 0,30 0,15 0,20 1,56 0,12 0,54 0,68 0,49 0,56 Avicoli su Sau 16,20 20,98 10,03 11,46 38,37 9,23 9,46 21,90 2,11
14
professionale, da un ruolo più efficiente delle Istituzioni, dalla diffusione di sistemi
locali di trasformazione alimentare, imperniati sia su grandi imprese, sia su piccole e
medie imprese. Il problema cruciale in queste aree è quello di trovare gli strumenti per
valorizzare in maggior misura gli elevati livelli qualitativi della produzione locale.
Tabella 4 – Rilevanza di alcuni indicatori sul totale nazionale (valori in %)
Cluster Variabile 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Numero di province (n) 13 11 7 8 14 13 9 6 22 Pianura 12,11 14,84 10,15 6,09 23,16 3,43 4,25 7,44 18,53 Collina 5,37 8,53 2,94 5,19 5,71 21,68 10,47 6,24 33,87 Montagna 12,59 7,17 4,61 22,04 5,66 11,84 9,96 4,96 21,17 Val. agg. totale 24,58 8,80 6,97 6,39 11,95 8,76 12,97 5,67 13,90 Val. agg. agricoltura 8,46 12,64 7,46 8,29 12,07 9,36 7,30 7,39 27,01 Val. agg. industria 29,87 9,01 9,02 6,93 13,25 9,00 8,52 3,85 10,55 Val. Agg. servizi 23,12 8,58 6,16 6,12 11,44 8,65 14,90 6,30 14,73 Occup. totale 22,31 10,43 6,17 5,24 11,33 19,81 5,83 5,69 13,19 Occup. agricoltura 10,88 9,42 5,25 5,30 9,47 11,80 13,11 11,96 22,81 Occup. industria 26,15 10,23 8,22 7,16 13,44 14,37 5,16 4,92 10,35 Occup. servizi 21,36 10,59 5,34 4,41 10,54 22,67 5,65 5,63 13,82 Popolazione residente 18,91 8,17 5,59 6,27 10,53 8,27 11,33 9,14 21,77 Sau 8,05 9,91 5,78 12,13 10,81 11,82 7,95 7,35 26,20 Sau aziende < 5 ha 3,18 6,30 3,12 7,37 10,31 9,08 11,10 8,00 41,54 Sau aziende > 50 ha 12,45 10,82 4,81 16,64 9,24 13,69 8,68 4,88 18,79 Seminativi 7,02 11,64 8,04 6,60 15,43 14,14 6,18 9,08 21,87 Colture permanenti 0,88 7,02 2,76 5,62 7,24 11,19 8,49 7,54 49,26 Prati-pascoli 15,40 8,25 3,10 28,67 3,49 7,30 11,37 3,50 18,91 Boschi 8,25 6,21 3,52 27,94 5,42 20,48 8,79 3,47 15,91 Bovini 18,74 21,03 13,41 10,05 11,25 3,68 5,09 4,89 11,87 Suini 19,96 27,01 25,39 3,51 10,64 5,60 2,74 1,54 3,62 Ovicaprini 2,83 1,23 0,74 40,29 1,81 13,90 9,34 4,72 25,13 Avicoli 12,74 20,33 5,77 6,61 32,32 8,51 4,75 5,52 3,45
• Sistemi distrettuali con agricoltura estensiva/estensiva (cluster 5). Questo
gruppo di province (14) appartiene in larga parte a quella che è stata definita la
Terza Italia (Bagnasco, 1977). Si tratta in altre parole di territori caratterizzati da
industrializzazione diffusa, spesso organizzata in distretti, nonché da elevata
antropizzazione. Ciò non significa che l’agricoltura, determinante nella fase
iniziale dei distretti (part-time e minor costo sociale di riproduzione del lavoro)
abbia esaurito il suo ruolo. Il concorso al reddito agricolo nazionale è elevato
(quasi il 12%); le strutture aziendali, spesso sede di pluriattività, sono in
15
maggioranza di piccola e media dimensione. Gli ordinamenti prevalenti sono la
cerealicoltura e l’allevamento avicolo (circa un terzo del patrimonio avicolo
nazionale).
B) I sistemi in prevalenza montani e collinari
Al loro interno ricade un’ampia quota della superficie agricola nazionale (32%), ma più
limitato è il concorso alla produttività agricola (23% del totale). I dati medi sono però il
frutto di situazioni estremamente diversificate a livello territoriale.
• Sistemi rurali dell’arco alpino e di alcune aree insulari (cluster 4). Soprattutto
in queste 8 province, in cui ricade oltre un quarto della montagna italiana, il
quadro è composito. Si va infatti dalle aree dell’arco alpino e della Sardegna in
cui sono diffuse forme di sviluppo integrato (in particolare turismo), ma anche
problemi di abbandono, a zone collinari caratterizzate da industrializzazione
diffusa (ne è esempio Vicenza). Elevata è la presenza di boschi (quasi 29% del
patrimonio forestale italiano). Forte presenza di unità aziendali di grandi
dimensioni, superiori ai 50 ettari, spesso però di proprietà pubblica e inefficienti
sotto un profilo produttivo: ne è testimonianza il valore medio della produttività
agricola, il più basso dello scenario italiano. L’ordinamento prevalente è quello
bovino nell’arco alpino e quello ovino nelle province sarde (con oltre il 40%) del
patrimonio ovino italiano.
• I sistemi collinari dell’Italia Centrale (cluster 6) Ricadono in questo gruppo
larga parte delle province toscane e umbre, con circa il 12% della Sau nazionale,
ma solo con un apporto di poco del 9% al reddito agricolo nazionale, nonostante
l’elevata produttività ad ettaro. Anche in questo caso si tratta di contesti molto
compositi, accanto a sistemi locali di prodotti DOC e IGP, vi sono le aree in cui
si realizzano forme di sviluppo rurale integrato (turismo e agriturismo).
• Sistemi appenninici interni (cluster 7). Si tratta di alcune province del Lazio, del
Molise e dell’Abruzzo, in cui si intravedono i tratti di ridimensionamento del
settore agricolo nello scenario nazionale (poco più di 7% del reddito agricolo e
la più bassa redditività per ettaro), le cui cause sono sia interne sia esterne. Fra le
prime basti ricordare il rallentamento delle crescita settoriale, imputabile alla
minor presenza di comparti di punta nello scenario nazionale, mentre quelli
prevalenti, tipicamente mediterranei, non svolgono spesso un ruolo significativo
16
nella catena alimentare italiana. In questa parte della dorsale appenninica, spesso
con rilevanti problemi di carattere ambientale, emerge soprattutto la necessità di
misure di sviluppo rurale, che comportino una diversificazione delle attività
produttive, a livello locale.
C) Sistemi agricoli e rurali delle regioni meridionali
Questi territori, che in larga parte ricadono nell’ob. 1, presentano notevoli ritardi nello
sviluppo; ciò è testimoniato sia dal PIL pro-capite, sia dall’elevato indice di
disoccupazione (intorno al 14%). Il ruolo del settore primario è perciò rilevante sia per i
redditi sia per l’occupazione (oltre il 35% degli addetti nazionali), ma nonostante
l’ampia quota di SAU investita (quasi il 35%) il loro apporto al reddito agricolo
nazionale (oltre 32%) è nettamente inferiore. Questi dati nascondono profonde
differenziazioni territoriali, che emergono nei due cluster individuati.
• Sistemi mediterranei altamente antropizzati e con agricoltura intensiva (cluster
8). Si tratta di 8 province in prevalenza campane e pugliesi, con un’elevata
produttività agricola, imputabile soprattutto alle colture orticole e frutticole. Le
strutture aziendali sono in prevalenza di piccole e medie dimensioni. Si tratta di
territori con un’elevata densità demografica, con consistenti livelli di
disoccupazione. Sotto un profilo agricolo, il reale problema è l’inserimento di
queste produzioni, spesso di elevata qualità, nelle catene alimentari competitive
del paese.
• Sistemi mediterranei con differenti livelli di svantaggio (cluster 9). In questo
gruppo, in prevalenza montano e collinare, ricade un’ampia quota della
superficie agricola nazionale (quasi il 26%). Si tratta di territori con elevati
problemi di ritardo di sviluppo (appena 13,9 del valore aggiunto totale) e nello
scenario agricolo. Ciò si evidenzia non tanto nel contributo al reddito nazionale
quanto nell’indicatore per ettaro. I nodi da affrontare sono rilevanti sia sotto un
profilo strutturale, sia produttivo, sia infine di integrazione con la catena
alimentare del paese.
5. Una ipotesi di lavoro per le future analisi
Una nuova interessante finestra di ricerca dell’analisi econometria spaziale è quella dei
filtri spaziali; con l’impiego dei filtri spaziali è possibile scindere le variabili
17
georefenziate, che si ipotizza siano spazialmente correlate, in due componenti: spaziale
e non spaziale. In altri termini significa eliminare per ogni variabile l’influenza
derivante dall’autocorrelazione spaziale.
Griffith (2008), in un contributo non ancora pubblicato, propone un approccio alla GWR
basato sui filtri spaziali attraverso la creazione di nuove variabili costituite dal prodotto
tra il filtro spaziale e le variabili georeferenziate.
Questa nuova tecnica, che, essendo nella sua fase di introduzione, deve essere
sottoposta ad ulteriori verifiche, consente, secondo noi, degli utili avanzamenti nelle
analisi territoriali che in questa sede vorremmo evidenziare, pur se in maniera succinta.
La tecnica di filtrazione spaziale utilizzata da Griffith si basa sulla statistica I di Moran
o MI utilizzata per calcolare il valore della correlazione spaziale. Con le tecniche di
decomposizione delle matrici in autovettori e autovalori (eigenvector e eigenvalue) è
possibile ottenenere delle componenti numeriche ortogonali non correlate (Tiefelsdorf,
Boots, 1995) che possono essere considerate dei modelli spaziali indipendenti e
rappresentano l’associazione spaziale latente presente in una variabile georeferenziata,
data una matrice dei pesi spaziali. Le componenti ortogonali sono gli eigenvector della
matrice modificata dei pesi spaziali
( / ) ( / )T Tn n! !I 11 C I 11 (1)
dove C è la matrice dei pesi geografici, I è una matrice di identità di dimensioni n × n e
1 è un vettore n × 1 contenente degli uno. Ogni eigenvector fornisce una differente
mappa della correlazione spaziale latente esistente e sono calcolati sequenzialmente
secondo un ordine che massimizza il valore di MI dei residui. Il primo eigenvector, E1,
è, quindi, quello con il valore più elevato di MI. Il secondo eigenvector, E2, è quello che
genera il valore di MI immediatamente inferiore al precedente e non è correlato con E1.
Il processo termina quando non sono stati calcolati n eigenvector. Un insieme più
piccolo di eigenvector può essere scelto tra gli n eigenvector iniziali, sulla base dei loro
valori di MI che superano un valore soglia predefinito. Il vantaggio collegato
all’ortogonalità degli eigenvector è l’assenza di correlazioni parziali e, quindi, di
multicollinearità che tende ad essere un fattore di forte criticità nelle stime GWR
(Wheeler, 2007; Pecci, Sassi, 2008). I primi due eigenvector (E1 e E2) identificano
spesso modelli spaziali che fanno riferimento ad andamenti Nord-Sud, e Est-Ovest.
19
Gli eigenvector con valori intermedi di MI evidenziano modelli spaziali regionali, mentre
eigenvector con valori più piccoli di MI focalizzano i modelli spaziali locali. Una
combinazione lineare dei precedenti eigenvector può essere definita come il filtro spaziale
della variabile esaminata.
Rilevante al fine del processo di scomposizione in eigenvector è la scelta della matrice dei
pesi spaziale relativamente a: (i) la definizione di prossimità; (ii) la variabile prescelta per
indicare la prossimità (o la distanza, fisica, economica, etc.); (iii) lo schema di codifica
impiegato per il calcolo della matrice (Tiefelsdorf et al., 1999, Getis, Aldstadt, 2004). La
scelta dello schema di codifica e quindi dei pesi geografici della matrice, non solo determina
l’insieme di eigenvector da cui i filtri spaziali sono ricavati ma è anche un fattore che
condiziona i risultati del modello spaziale. Nel nostro caso è stata utilizzata una matrice
spaziale di primo ordine di contiguità (queen) per le 103 province italiane e sono stati estratti
25 eigenvector con MI > = 0.25; nella figura 2 sono contenute le mappe di alcuni di questi
eigenvector. Si può notare come i primi eigenvector (riga in alto) colgano la correlazione
spaziale di grande scala. Nel primo è netto l’andamento Nord-Sud, nel secondo lo è di meno
quello Est-Ovest anche per la scarsa estensione longitudinale dell’Italia. Gli intermedi
interpretano la correlazione presente a livello regionale e quelli dell’ultima riga la
correlazione spaziale a livello locale.
Per un breve approfondimento dello strumento si sono stimati e posti a confronto due modelli;
per il primo si è utilizzato il metodo GWR classico, per il secondo la procedura suggerita da
Griffith (GWR-SF). In entrambi i modelli la variabile dipendente è costituita da GVASAU.
Mentre nel primo le variabili indipendenti sono: SEMINA, INF05SAU, GDPPPS, POPDEN,
PIANURA, nel secondo sono aggiunti: i) i termini di interazione, ottenuti dal prodotto di
ciascuna variabile indipendente per i 25 eigenvector: E1*SEMINA,…,E25*SEMINA,
E1*INF05SAU,…, E25*INF05SAU, E1*GDPPPS,…, E25*GDPPPS, E1*POPDEN,…,
E25*POPDEN, E1*PIANURA,..., E25*PIANURA; ii) gli eigenvector E1,…, E25.
A differenza della procedura di stima del modello classico per cui sono necessarie n equazioni
per il modello GWR-SF è necessario stimare un’unica equazione OLS tramite una procedura
stepwise di tipo forward che massimizza il valore di R2, con il vincolo dell’inserimento delle
variabili indipendenti originarie.
Nel successivo step si calcolano i parametri della GWR-SF sommando il parametro di
ciascuna variabile indipendente, ottenuto attraverso la procedura stepwise, con il prodotto dei
parametri della variabile interrelata con il corrispondente eigenvector, sempre ricavato dai
20
risultati della stepwise. Infine, l’intercetta è calcolata sommando al valore dell’intercetta
ottenuta con la stepwise il prodotto dei paramentri relativi agli eigenvector per il
corrispondente eigenvector.
Nella tabella 5 è riportata una estrema sintesi dei risultati ottenuti. Come nel modello GWR
classico, i parametri ottenuti attraverso la procedura GWR-SF sono parametri locali. Il
guadagno in termini di efficienza della stima è sensibile: nel nostro caso il valore di R2 passa
da 0,886 del modello GWR a 0,965, del modello GWR-SF.
Tabella 5 – Modello GWR-SF: eigenvector associati all’intercetta e alle variabili indipendenti Variabile Eigenvector
INTCP E3 SEMINA E1, E2, E12, E13, E18 INF05SAU E1, E2, E3, E4, E9, E10, E12, E15, E16, E23 GDPPS E3, E8, E9, E10, E15, E18, E21, E23 POPDEN E2, E15, E16, E25 PIANURA E1, E3, E10, E22, E23, E25
Ponendo a confronto i parametri locali ottenuti con le due metodologie, ad esempio per la
variabile INF05SAU, è possibile notare la loro sostanziale diversità (figura 3). La mappa di
sinistra ricorda le mappe degli eigenvector di figura 2, mettendo in evidenza soprattutto una
dicotomia Nord-Sud . Ciò è in sintonia con la tesi di Griffith, circa le propriètà della GWR di
agire come filtro spaziale. La mappa di destra, invece, presentando il valore depurato dagli
effetti della correlazione spaziale, mostra il contributo, molto più differenziato
territorialmente, del parametro locale della variabile INF05SAU nella spiegazione della
variabilità del GVASAU provinciale. Confrontando questa seconda mappa con la terza, quella
relativa ai valori medi provinciali, è possibile notare una certa tendenza a condizionare
negativamente il valore aggiunto per ettaro nelle aree con i valori più bassi della variabile,
positivamente nelle aree con i valori più elevati; in ogni caso i parametri del modello GWR-
SF sembrano cogliere le diversità che esistono nella variabile originaria. In queste differenze
riteniamo possa consistere il guadagno informativo per le analisi territoriali; non si è più di
fronte ad uno strumento analisi esplorativa ma ad un modello spaziale che, fornendo risposte
a livello locale, delinea i legami che esistono a livello territoriale tra le variabili analizzate. Si
tratta, sotto il profilo statistico, di uno strumento di indagine ancora più potente della GWR,
con un numero ancora più ridotto di indicatori è infatti possibile ottenere stime molto
efficienti, che necessita però di essere ulteriormente approfondito, soprattutto sotto l’aspetto
interpretativo, per una concreta applicazione.
21
Gli eigenvector E1, E2 ed E3 sono quelli che appaiono con maggiore frequenza, a testimoniare
la presenza di autocorrelazione spaziale di larga scala in tutte le variabili indipendenti. In ogni
caso l’esistenza di eigenvector, distribuiti in maniera abbastanza uniforme tra l’insieme dei 25
estratti, indica la presenza di correlazione spaziale alle diverse scale.
Figura 3 – Confronto tra i parametri locali ottenuti con la procedura GWR e GWR-SF e il valore medio provinciale della variabile INF05SAU
6. Conclusioni
L’analisi condotta ha cercato di mettere in evidenza i punti di forza e di debolezza della
complessa ed eterogenea realtà italiana, ma anche le intense relazioni di potere e di
dipendenza in atto tra le diverse aree del Paese. Le Istituzioni regionali, chiamate a
predisporre strumenti di intervento nei loro territori, non possono non tenere conto dello
scenario in cui le loro azioni si collocano, scenario che potrà essere ulteriormente complicato
22
e modificato dai processi in atto: la globalizzazione, l’impatto della PAC, i mutamenti nei
mercati, i successivi ampliamenti dell’Unione.
I risultati di questa analisi rappresentano soltanto un primo passo in questa direzione. Molti
aspetti restano infatti da indagare, da un maggiore approfondimento dei legami
nell’integrazione alimentare, ai vincoli strutturali e sociali presenti nei diversi sistemi per
nuove forme di sviluppo rurale. Ma soprattutto restano da comprendere quali aggiustamenti
spaziali si verranno a determinare dopo il 2013, quando cioè saranno costruite nuove politiche
agricole e rurali e di coesione territoriale.
Sotto l’aspetto metodologico la sequenza degli strumenti utilizzati, GWR e successiva cluster
analysis, si è dimostrata capace, anche in questo caso, di ottenere risultati di buon rilievo,
utilizzando pochi indicatori, disponibili presso le principali fonti statistiche nazionali ed
europee. Ciò riteniamo sia in sintonia con la necessità di mettere a disposizione dei decisori
pubblici degli strumenti di analisi, largamente sperimentati, facilmente riproducibili,
sufficientemente potenti, basati su dati agevolmente reperibili e che inoltre impiegano
software distribuito liberamente.
La nuova procedura di stima GWR-SF, che è stata brevemente delineata, apre interessanti
prospettive per le future ricerche sullo sviluppo territoriale, tenuto anche conto dei notevoli
avanzamenti che consente riguardo alle principali criticità dell’approccio GWR classico,
collegati soprattutto alla presenza di multicollinearità, così come non è più necessario
ricorrere a test per stabilire la stazionarietà o non stazionarietà dei parametri stimati, poiché la
presenza del filtro spaziale annulla gli effetti derivanti dalla possibile presenza di
autocorrelazione spaziale.
7. Bibliografia
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