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Le problematiche dello sviluppo rurale in Italia con un approccio di analisi territoriale sub-regionale: il livello provinciale Elisa Montresor*, Francesco Pecci** * Dipartimento di Scienze Economiche – Università di Verona – e-mail: [email protected] ** Dipartimento di Economie, Società ed Istituzioni – Università di Verona – e-mail: [email protected] Sommario Nel lavoro è definita e discussa una zonizzazione delle province italiane secondo i differenti livelli di sviluppo rurale. Lo scopo è di individuare i principali sistemi macro- regionali che sono un importante elemento di riferimento al fine di garantire il coordinamento dei livelli programmatori regionali e sub-regionali nell’istanza nazionale. I sistemi territoriali individuati sono 9: 4 riguardano l’Italia settentrionale, 3 i sistemi montani e collinari e 2 le regioni meridionali. La zonizzazione è il risultato dell’applicazione di una metodica, largamente sperimentata dagli autori, imperniata sul binomio GWR e cluster analysis che permette di pervenire ad apprezzabili risultati anche con un numero ridotto di indicatori. Questi fattori candidano la metodologia a porsi come un possibile strumento di ausilio per le scelte dei decisori pubblici. Infine è presentato un nuovo strumento di analisi che può fornire utili avanzamenti conoscitivi nelle analisi sullo sviluppo territoriale.

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Le problematiche dello sviluppo rurale in Italia con un approccio di

analisi territoriale sub-regionale: il livello provinciale

Elisa Montresor*, Francesco Pecci**

* Dipartimento di Scienze Economiche – Università di Verona – e-mail:

[email protected]

** Dipartimento di Economie, Società ed Istituzioni – Università di Verona – e-mail:

[email protected]

Sommario

Nel lavoro è definita e discussa una zonizzazione delle province italiane secondo i

differenti livelli di sviluppo rurale. Lo scopo è di individuare i principali sistemi macro-

regionali che sono un importante elemento di riferimento al fine di garantire il

coordinamento dei livelli programmatori regionali e sub-regionali nell’istanza

nazionale. I sistemi territoriali individuati sono 9: 4 riguardano l’Italia settentrionale, 3 i

sistemi montani e collinari e 2 le regioni meridionali. La zonizzazione è il risultato

dell’applicazione di una metodica, largamente sperimentata dagli autori, imperniata sul

binomio GWR e cluster analysis che permette di pervenire ad apprezzabili risultati

anche con un numero ridotto di indicatori. Questi fattori candidano la metodologia a

porsi come un possibile strumento di ausilio per le scelte dei decisori pubblici. Infine è

presentato un nuovo strumento di analisi che può fornire utili avanzamenti conoscitivi

nelle analisi sullo sviluppo territoriale.

2

1. Introduzione

Obiettivo di questo lavoro è di fornire alcuni elementi di analisi delle dinamiche in atto

nella complessa ed eterogenea realtà agricola e rurale italiana. Le indagini regionali e

sub-regionali non possono essere infatti pienamente valutate, se non si considera

l’ambito più complessivo in cui i processi si collocano, dato che essi sono il risultato di

relazioni e di interdipendenze più globali. Il raggiungimento di questo scopo richiede

alcune precisazioni in ordine alle assunzioni poste alla base dell’indagine; ciò è

necessario non solo per comprendere i risultati raggiunti, ma soprattutto per valutarne le

implicazioni nella ricerca futura. Queste assunzioni possono essere suddivise in due

gruppi. In primo luogo vi sono quelle relative al contesto italiano:

• La struttura e lo sviluppo del settore primario, soprattutto in Italia, nonché la sua

integrazione nel sistema alimentare, dipendono dal contesto socioeconomico,

demografico e territoriale in cui i processi produttivi si situano. Da un lato vi

sono i processi di concentrazione e di specializzazione a livello sia aziendale sia

territoriale, indotti da una PAC incentrata nel passato sul sostegno dei prezzi e

che la riforma del 2003 non ha significativamente mutato, ma anche da crescenti

livelli di innovazione tecnologica. Dall'altro vi sono le realtà territoriali in cui si

realizza comunque un'integrazione con il resto del sistema economico, attraverso

forme di specializzazione flessibile analoghe a quelle che si sono diffuse negli

altri settori produttivi; ne è esempio l'industrializzazione del Nord Est e di

alcune regioni centrali, che ha favorito la crescita di sistemi locali agroalimentari

di dimensioni più piccole, garantendo il mantenimento della redditività

dell'agricoltura. Infine vi sono le vaste aree del Paese, meno incidenti nella

formazione del reddito agricolo nazionale e meno integrate con il resto del

sistema economico, in cui l'agricoltura riveste ancora un ruolo fondamentale,

anche se non più prioritario, ed in cui è soprattutto l'assenza di sviluppo

complessivo che penalizza il settore primario. Queste dinamiche non possono

essere lette in chiave meramente dualistica, come contrapposizione fra Nord e

Sud, fra montagna e pianura, tra agricoltura "ricca" e "povera" o omologata e

non. I dualismi nel settore primario sono molto più articolati e comportano

diverse modalità di sviluppo secondo i contesti territoriali in cui si collocano,

3

determinando un "mosaico" di situazioni territoriali differenziate a livello

aziendale, sociale ed economico, nonché culturale;

• Queste disparità territoriali nello sviluppo agricolo sono determinate dalle

relazioni che s’instaurano non solo fra le diverse aree del Paese, ma anche con

l’UE ed il resto del mondo. Questi legami, che tendono ad evolvere fortemente

nel tempo e che sono profondamente influenzati dalle politiche pubbliche,

assumono un peso diverso secondo i comparti agricoli, provocando importanti

riflessi per il settore primario. L’integrazione dell’agricoltura nella catena

alimentare si differenzia notevolmente nel grado di collegamento a livello

territoriale, secondo le filiere implicate. Si passa infatti da rapporti molto stretti e

da un conseguente ruolo decisivo della produzione agricola locale nello sviluppo

dei sistemi territoriali, come nel caso delle produzioni DOC, DOP e IGP, ad altri

in cui le relazioni sono sempre meno dirette ed indipendenti. La delega della

produzione agricola, in molti sistemi locali agroalimentari non rappresenta

spesso un punto di crisi ma una maggiore valorizzazione della produzione

locale, a cui non sempre è legata una maggiore valorizzazione e competitività

dei sistemi territoriali di produzione di materia prima, che stentano ad inserirsi

competitivamente nella catena alimentare. Inoltre la loro attuale posizione può

risultare minacciata da nuove relazioni commerciali con altri Paesi dell’unione e

del resto del mondo. Tutto ciò conduce ad un sistema sempre più variabile ed

asimmetrico di relazioni di potere e di dipendenza, sistema che deve essere

indagato dato che la competizione già ora si svolge e soprattutto si svolgerà nel

futuro tra i singoli sistemi territoriali dei diversi Paesi, ognuno di essi sottoposto

ad un complesso di tensioni e vincoli;

• Lo scenario rurale in Italia, come del resto in Europa comprende un’ampia

gamma di situazioni, con notevoli differenziazioni nell’uso delle risorse naturali,

nei metodi di gestione, nonché nel livello di tutela dell’ambiente. Negli spazi

rurali sono in atto profondi mutamenti, che vedono il dispiegarsi sia di processi

di deurbanizzazione, sia di crescita suburbana, sia infine di progressivo

spopolamento demografico e di scarsa utilizzazione delle risorse; questi processi

si accompagnano alle trasformazioni sociali delle famiglie e la diversificazione

del mercato del lavoro. Attualmente nuove funzioni, da quelle residenziali, a

4

quelle ambientali e paesaggistiche, sono esplicitamente richieste al mondo

rurale, sia nei sistemi territoriali più sviluppati, in cui le tensioni nell’uso delle

risorse si accentuano, sia in quelli con un diverso livello di svantaggio, in cui

nuove forme di sviluppo integrato devono essere ricercate. In questi ultimi

l’agricoltura è fondamentale per il mantenimento di forme di presidio

ambientale e diventa perciò importante esplicitarne i legami ed i vincoli, in

particolare quelli strutturali, per valutare l’evoluzione e l’efficacia delle misure

intraprese;

A queste peculiarità del contesto agricolo e rurale italiano, si aggiungono le

considerazioni relative alle implicazioni delle politiche adottate a livello comunitario e

nazionale. In particolare:

• A livello comunitario è in atto un ampio dibattito sul futuro della PAC, che nella

sua attuale formulazione, nonostante la riforma del 2003, risulta nettamente

inadeguata per affrontare le sfide dei prossimi anni. Nel I Pilastro, cui sono

destinate la maggior parte delle risorse, il disaccoppiamento basato sulla serie

storica delle produzioni, come già detto, non ha mutato significativamente la

concentrazione degli aiuti, pur valutando positivamente il fatto che gli aiuti

diretti sono subordinati al raggiungimento di obiettivi di tutela ambientale e di

sicurezza animale. Anche nelle recenti proposte per la riforma della PAC del

maggio 2008, la Commissione non affronta ancora il problema di trovare

strumenti differenziati per le politiche agricole e rurali per una situazione

fortemente polarizzata, non solo in Italia; da un lato le aziende familiari che

offrono uno scenario sociale, territoriale e identitario e dall’altro i problemi di

carattere soprattutto ambientale che pongono le concentrazioni e le

specializzazioni territoriali, ma che assicurano larga parte della produzione

agroalimentare. I mutamenti più significativi riguardano la gestione dei mercati

(limitazione degli interventi sui mercati al solo grano duro, soppressione delle

quote del latte e del set aside, autorizzazione agli Stati membri di passare dalle

serie storiche agli aiuti legati agli ettari, incremento della modulazione). Poche

sono anche le novità per la rinazionalizzazione della PAC, già avviata dal 2003,

in quanto i singoli stati potranno allocare soltanto un finanziamento pari al 10%

5

del totale degli aiuti agricoli a colture particolari, così come sono scarse le novità

per le misure del II pilastro cofinanziate a livello nazionale;

• La nuova stagione di programmazione 2007-2013 sullo sviluppo rurale ha

introdotto un approccio diverso rispetto a quello precedente. In particolare

l’innovazione è costituita dal passaggio ad un sistema di programmazione

strategica, che ha previsto la formulazione e l’articolazione delle strategie di

intervento dal livello comunitario (attraverso l’elaborazione degli Orientamenti

comunitari), a quello nazionale (attraverso il Piano Strategico nazionale – PSN)

e infine ai Piani regionali di sviluppo rurale. In particolare il PSN rappresenta lo

strumento attraverso il quale verificare la coerenza sia di tipo verticale tra gli

orientamenti comunitari e i PSR regionali, sia la coerenza orizzontale tra i

diversi PSR. Questo processo di programmazione coinvolge dunque sempre più

soggetti in un processo non gerarchico e di natura policentrica. In base al reg.

1698/2005 ogni regione ha elaborato dunque il proprio Piano di sviluppo, spesso

rielaborando i criteri indicati al livello comunitario per la territorializzazione

degli interventi. In molte realtà infatti gli indicatori OECD, ripresi nel PSN, sono

risultati inadeguati per cogliere le complesse articolazioni presenti nel mondo

rurale italiano e nei singoli Piani sono stati utilizzati ulteriori criteri. Se da un

lato questo percorso ha consentito di mettere in luce le singole realtà locali,

dall’altro emerge una lettura non univoca del territorio rurale italiano;

Alla luce di queste considerazioni, lo studio ha lo scopo di indicare un percorso

attraverso il quale individuare i principali sistemi macro-regionali, sistemi da porre al

centro della programmazione nazionale. Lo scopo è di verificare quali tra gli indicatori

sociali ed economici, assumibili come proxi degli obiettivi della nuova politica di

sviluppo rurale, sono quelli che spiegano il diverso grado di sviluppo rurale delle

province italiane. Per individuare le diversità territoriali si utilizzerà l’Exploratory

Spatial Data Analysis (ESDA), in particolare la Geographically Weighted Regression

(GWR) i cui parametri saranno sottoposti ad una cluster analysis, secondo una

sperimentata e consolidata metodologia (Montresor et al. 2007; Pecci, Sassi, 2008).

In particolare nel paragrafo 2 si descriveranno gli indicatori utilizzati, nel paragrafo 3

l’approccio statistico utilizzato ed i risultati e nel paragrafo 4 si spiegheranno i singoli

sistemi territoriali. Infine nel paragrafo 5 sarà presentato un nuovo strumento che

6

potrebbe consentire il superamento di alcuni dei problemi strutturali presenti nel

modello di analisi adoperato nel lavoro e che potrebbe consentire utili avanzamenti nelle

analisi territoriali.

2. La scelta degli indicatori

La scelta degli indicatori più appropriati per la lettura dello scenario agricolo e rurale

rappresenta un’operazione complessa, sul piano tecnico e ciò ha importanti riflessi sulla

interpretazione delle dinamiche in atto. Sul piano tecnico bisognerebbe infatti disporre

di serie storiche di un ampio numero di indicatori, per la definizione di sistemi

territoriali omogenei sotto un profilo agricolo e rurale. Questi indicatori dovrebbero

essere in grado di cogliere sia le componenti permanenti del territorio (altitudine, grado

di accessibilità ecc) sia le componenti temporanee, che in larga parte coincidono con i

dati socio-economici (demografia, densità della popolazione, fragilità del tessuto

economico, specializzazione agricola). La classificazione tra componenti permanenti e

temporanee non può però assumere un carattere definitivo, in quanto alcune di esse

considerate come permanenti potrebbero rivelarsi temporanee (ne è un esempio

l’accessibilità), mentre alcuni processi, quali il cambiamento climatico, possono

trasformare alcune componenti temporanee in ostacoli permanenti.

Per quanto riguarda il livello istituzionale, l’indagine è stata condotta a livello

provinciale (NUTS 3), pur nella consapevolezza che questa unità presenta numerosi

difetti, ma anche alcune opportunità. Attraverso un livello così ampio non è infatti

possibile valutare le disparità territoriali sub-provinciali, che sono spesso molto

profonde. Per interpretare meglio le multiformi realtà presenti a livello sub-provinciale,

oltre agli indicatori che saranno successivamente illustrati, sono stati introdotti 3

indicatori relativi alle percentuali di superfici ricadenti in pianura, montagna e collina di

ciascuna provincia. Come vedremo, questi indicatori sono risultati rilevanti, in quanto le

zone che si sono venute a delineare, presentano una relativa omogeneità sotto un profilo

altimetrico. Le opportunità di far riferimento alle province si riferiscono invece sia alla

possibilità di cogliere abbastanza agevolmente le complessità in atto in un Paese, sia al

fatto il NUTS 3 corrisponde spesso al livello istituzionale di intervento, in grado di

inserirsi, in alcune realtà nella programmazione regionale.

7

I parametri descritti in Montresor, Mazzocchi (1999) per l’indagine dell’articolazione

agricola e rurale a livello regionale, costituiscono un’adeguata base analitica, in quanto

possono dar conto sia del livello di sviluppo agricolo e non, sia delle principali

dinamiche demografiche e sociali, sia della specializzazione e della concentrazione

agricola, sia infine in una prima approssimazione del grado di integrazione

agroalimentare. In particolare quelli di specializzazione rappresentano un punto di

partenza per simulare le dinamiche evolutive in rapporto ai modelli di offerta nazionali

e regionali, a quelli di valutazione dell’impatto delle misure della PAC.

Tabella 1 – Indicatori utilizzati

Indicatore Descrizione Fonte GVASAU Valore aggiunto agricolo per ettaro di Sau EU/AC SAUSEMIN Sau a seminativi (% Sau totale) AC SAUPERMA Sau a colture permanenti (% Sau totale) AC SAUPRATI Sau a prati e pascoli (% Sau totale) AC BOSCHI Superficie a bosco (% su superficie totale) AC SAUINF05 Sau in aziende inferiori a 5 ha (% Sau totale) AC SAUSUP50 Sau in aziende superiori a 50 ha (% Sau totale) AC BOVSAU Capi bovini per ha Sau AC SUINISAU Capi suini per ha Sau AC OVICSAU Capi ovicaprini per ha Sau AC AVICSAU Capi avicoli per ha Sau AC GDPPPS Pil pro-capite (in poter d’acquisto - EU27=100) EU DISOCCU Tasso di disoccupazione (% su pop. attiva) EU ACCOGLIENZA Disponibilità di posti letto (per 1000 ab.) EU GVAAGR Valore aggiunto dell'agricoltura (% su totale VA) CE GVASEC Valore aggiunto dell'industria (% su totale VA ) CE GVASERV Valore aggiunto dei servizi (% su totale VA) CE EMPAGR Occupazione in agricoltura (% su occup. Totale) CE EMPIND Occupazione nell'industria (% su occup. Totale) CE EMPSERV Occupazione nei servizi (% su occup. totale) CE AGEING Indice di vecchiaia (pop. >=65/pop. 0-14) EU POPDEN Densità della popolazione (ab/km2) AC PIANURA Superficie di pianura (% su sup. totale) AM COLLINA Superficie di collina (% su sup. totale) AM MONTAGNA Superficie di montagna (%su sup. totale) AM

La fonte degli indicatori non è univoca, poiché non è facile reperire informazioni

statistiche a livello provinciale; nel nostro caso le fonti utilizzate sono state: il database

regionale di Cambridge Econometrics (CE), l’Atlante statistico dei comuni dell’Istat

(AC), l’Atlante statistico della montagna italiana, Istat e IMONT (AM) e il Rapporto

sullo sviluppo rurale della Commissione Europea per l’anno 2007 (EU). Si è inoltre

8

optato per la suddivisione del territorio nazionale in 103 province, poiché per le

province istituite dopo il 1992 l’informazione statistica è ancor più carente. Gli

indicatori strutturali dell’agricoltura si riferiscono al VII Censimento dell’Agricoltura

dell’Istat del 2000, per i rimanenti l’anno di riferimento è il 2004. Gli indicatori

utilizzati in questa indagine sono riportati nella tabella 1

3- La metodologia ed i principali risultati

La zonizzazione, che verrà descritta nel successivo paragrafo, è il risultato di una analisi

eseguita a due differenti stadi; la prima fase definisce, attraverso la GWR

(Fotheringham et al., 2002), le variabili che spiegano la diversità del valore aggiunto

agricolo provinciale, la seconda, una cluster analysis1, raggruppa le province che hanno

valori simili dei parametri stimati attraverso la GWR. Questa metodica di analisi è stata

lungamente sperimentata e messa a punto dagli autori in precedenti analisi sullo

sviluppo territoriale soprattutto delle regioni europee, fornendo sempre risultati

interessanti. A differenza di precedenti applicazioni si è cercato di contenere il numero

delle variabili, indirizzandosi verso quelle in grado di fornire risposte robuste sotto il

profilo statistico che, allo stesso tempo, facilitassero l’interpretazione dei risultati.

Brevemente la GWR, è una tecnica di analisi che permette di stimare per ogni variabile

indipendente n parametri locali, per n regioni. La stima utilizza n regressioni pesate

sulla base delle distanze fra le regioni e di cui viene definito un valore massimo d. I

valori delle variabili relativi alle n localizzazioni sono pesati in funzione inversa alla

distanza fino ad essere uguali a zero quando la distanza è maggiore di d. È possibile

definire un valore fisso di d, nel qual caso è variabile il numero di regioni con valori

non nulli, oppure un numero fisso di regioni con un valore di d variabile, come nei

modelli presentati in questo contributo.

Per spiegare la variabilità dal valore aggiunto agricolo provinciale per ettaro di Sau si è

costruito e stimato un modello, utilizzando le variabili indipendenti più attinenti allo

sviluppo socio-economico generale. Partendo cioè dall’assunzione che lo sviluppo del

settore primario è strettamente correlata alle dinamiche presenti a livello territoriale, lo

scopo è stato di identificare i principali sistemi territoriali presenti nella realtà italiana,

sufficientemente omogenei sotto un profilo rurale, ritenendo che il valore aggiunto 1 Si è utilizzata la libreria MCLUST (Fraley, Raftery, 2006). Tutto il software utilizzato per l’analisi è un software libero distribuito con i termini della licenza GNU.

9

agricolo possa considerarsi una proxi accettabile dell’indice di sviluppo rurale. Con una

scelta appropriata delle variabili indipendenti, la GWR si dimostra infatti una tecnica di

analisi molto potente; anche con un numero ridotto di variabili si possono ottenere stime

molto efficienti. I principali parametri dei modelli che hanno fornito le stime, a nostro

giudizio migliori, sono riportati nella tabella 2.

Nel modello il valore aggiunto agricolo per ettaro è correlato alla percentuale di Sau

delle aziende fino a 5 ha, INF05SAU, al tasso di disoccupazione, DISOCCU, alla

percentuale di valore aggiunto prodotta dal settore dei servizi, GVASERV, e

dall’industria, GVASEC, dall’indice di vecchiaia della popolazione, AGEING, dalla

densità della popolazione, POPDEN e dalla percentuale della superficie totale

provinciale classificata come montana, MONTAGNA.

Per verificare se è corretto il ricorso alla stima GWR si è utilizzato il test di non-

stazionarietà globale proposto da Brunsdon et al. (1999), o pseudo-F. Nel caso che

l’ipotesi nulla di stazionarietà sia rifiutata, il modello GWR si mostra appropriato, come

nel caso del modello presentato, mentre per testare la stazionarietà dei parametri si è

utilizzato il test F3 proposto da Leung et al. (2000). I risultati di questi due test sono

visibili in calce alla tabella 2 e nell’ultima colonna, rispettivamente.

Tabella 2 - Sommario dei parametri della stima GWR

Variabile Min Primo Quartile Mediana Terzo quartile Max Stazionarietà INTCP 16440,00 43840,00 77350,00 97780,00 158800,00 N INF05SAU 40,10 56,52 113,30 144,20 222,50 N DISOCCU -716,20 -392,20 -220,10 141,40 737,20 N GVASERV -1666,00 -1048,00 -786,30 -400,40 -203,60 N GVASEC -1709,00 -1025,00 -745,80 -405,50 -134,90 N AGEING -3287,00 -2133,00 -358,90 1131,00 2781,00 N POPDEN 2,61 4,17 4,70 6,34 17,84 N MONTAGNA -14,79 2,14 10,05 17,67 54,54 N R2 0,423 0,742 0,803 0,912 0,960 - Bandwidth adattativo: 43/103 AIC: 1736,859 Residui (RSS): OLS 385757359; GWR 91378861 Pseudo-F = 5,9727, p-value = 2,568e-13 Il modello possiede un valore di R2 elevato (ultima riga della tabella 2); il valore globale

di R2 è superiore a 0,9 (0,60 con stima OLS); il confronto fra i residui relativi alle stime

OLS e GWR conferma il notevole guadagno in efficienza della stima che permette

l’approccio GWR rispetto a quello OLS.

10

Tutti i parametri stimati sono non stazionari. La non stazionarietà di un parametro si

traduce nell’esistenza di gruppi di province, contigue territorialmente, che possiedono

valori simili del parametro stesso, ovvero, che il valore del parametro è, sotto il profilo

statistico, significativamente correlabile alla posizione geografica della provincia; se il

parametro è invece stazionario i valori sono tendenzialmente casuali rispetto alla

collocazione geografica delle province.

In linea generale, ai fini delle politiche, la presenza di non stazionarietà può contribuire

a spiegare l’esistenza a livello territoriale di aree in cui la variabile dipendente è

particolarmente sensibile a determinate variabili indipendenti e quindi suggerire

l’opportunità di specifici interventi o indicare le aree dove i singoli interventi

tendenzialmente avranno maggiore o minore impatto. Soprattutto per questi motivi nella

successiva cluster analysis si sono utilizzati solo i parametri non stazionari, che, come

già detto, corrispondono a tutti quelli stimati.

4- I principali sistemi agricoli e rurali presenti nella realtà italiana

Dopo aver identificato, attraverso l’approccio della GWR i fattori che influenzano la

produttività agricola e l’intensità del loro impatto, si è proceduto, tramite la cluster

analysis, all’identificazione dei principali sistemi territoriali, definiti attraverso valori

omogenei di parametri non stazionari. In altre parole lo scopo in questa parte del lavoro

è stato quello di verificare se l’impatto territoriale di questi parametri è o meno

combinato con la prossimità spaziale.

Come vedremo, anche attraverso l’impiego di poche variabili, è stato possibile delineare

con sufficiente chiarezza le peculiarità dei principali sistemi territoriali presenti nello

scenario italiano, sufficientemente omogenei sia sotto un profilo dello sviluppo socio-

economico, sia sotto un profilo agricolo e rurale (figura 1).

A) Sistemi settentrionali con elevato livello di sviluppo e con differenti livelli di

produttività agricola

Ricadono in questo gruppo 4 sistemi con caratteristiche agricole diverse e con una

differente domanda e capacità di risposta alle politiche, ma con un tratto comune

rappresentato dalla compresenza di elevato sviluppo economico (oltre il 55% del Valore

11

1 - Torino, Vercelli, Novara, Aosta, Varese, Como, Sondrio, Milano, Bergamo, Brescia, Biella, Lecco, Verbano-Cusio-Ossola; 2 - Cuneo, Asti, Alessandria, Imperia, Savona, Genova, Pavia, Cremona, Verona, Piacenza, Lodi; 3 - La-Spezia, Mantova, Parma, Reggio-Emilia, Modena, Bologna, Massa-Carrara; 4 - Bolzano-Bozen, Trento, Vicenza, Belluno, Sassari, Nuoro, Cagliari, Oristano; 5 - Treviso, Venezia, Padova, Rovigo, Udine, Gorizia, Trieste, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena, Pesaro-Urbino, Ancona, Pordenone, Rimini; 6 - Macerata, Lucca, Pistoia, Firenze, Livorno, Pisa, , Arezzo, Siena, Grosseto, Perugia, Terni, Viterbo, Prato; 7 - Ascoli-Piceno, Rieti, Roma, Latina, Frosinone, L'Aquila, Teramo, Pescara, Chieti; 8 - Caserta, Benevento, Napoli, Campobasso, Foggia, Isernia; 9 - Avellino, Salerno, Bari, Taranto, Brindisi, Lecce, Potenza, Matera, Cosenza, Catanzaro, Reggio-Calabria, Trapani, Palermo, Messina, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Catania, Ragusa, Siracusa, Crotone, Vibo-Valentia.

Figura 1 – Zonizzazione delle province italiane

12

aggiunto prodotto in Italia)2 e di elevata produttività agricola. Pur riguardando circa il

35% della Sau nazionale si forniscono infatti quasi 43% del reddito agricolo nazionale e

l’agricoltura, pur non rivestendo un ruolo rilevante per l’occupazione, concorre in

misura determinante al loro sviluppo, sia per la presenza dei comparti agricoli di punta

nello scenario nazionale ed europeo, sia per l’elevata produttività agricola strettamente

connessa alla forte integrazione a livello locale con l’industria di trasformazione.

• Sistemi urbano/rurali con agricoltura in prevalenza estensiva (cluster 1).

Ricadono in questo gruppo un’ampia quota delle province piemontesi e

lombarde, con elevata densità demografica data la presenza di insediamenti

urbani di medie e grandi dimensioni. Si tratta tuttavia di un sistema composito,

con una produttività agricola relativamente modesta, sia per l’ampia presenza di

colture cerealicole, sia per l’elevata presenza di territori montani (quasi il 56%

della loro superficie totale). Di conseguenza pressoché irrilevante è il ruolo

dell’agricoltura per la formazione del reddito sia a livello locale (poco più

dell’1%), sia a livello nazionale (8%). Larga parte delle superfici agricole

appartengono ad imprese di grandi dimensioni (quasi il 60% della SAU totale),

sia in montagna sia in pianura. Poiché le indagini sull’impatto del

disaccoppiamento mettono in evidenza che larga parte degli aiuti diretti si

concentra proprio in queste unità, il consistente sostegno pubblico agli

agricoltori rischia di rappresentare un mero trasferimento, senza un reale impatto

macroeconomico a livello territoriale.

• Sistemi con la più elevata produttività agricola (cluster 2). Si tratta di 11

province del Piemonte, della Lombardia, dell’Emilia Romagna e del Veneto, cui

si aggiungono Savona e Genova, in cui ricade circa il 10% della SAU nazionale,

con quasi il 13% del reddito agricolo. Largamente diffusi sono gli ordinamenti

zootecnici bovini, suini e avicoli (con un concorso alla produzione nazionale

rispettivamente di circa il 21%, il 27% e il 20%). In queste aree, in cui la densità

demografica è nettamente inferiore a quella prima indicata, in quanto

caratterizzata da centri urbani di media dimensione, i problemi sono

prevalentemente di carattere ambientale.

2 Per i riferimenti quantitativi si vedano le tabelle 3 e 4.

13

• Sistemi caratterizzati da forte integrazione alimentare (cluster 3). In queste

province (6), con appena poco più del 5% della Sau nazionale, si produce

un’elevata quota del reddito agricolo nazionale. Sotto un profilo agricolo elevata

è la specializzazione e la concentrazione degli allevamenti suinicoli (27% del

totale nazionale) e bovino (13,4%), in aziende familiari di medie dimensioni. Le

indagini condotte nel corso del tempo hanno evidenziato come al loro interno

ricadano numerosi distretti agroalimentari presenti nella realtà italiana

(l’esempio più eclatante è quello del Parmigiano Reggiano). L’impatto delle

riforme della PAC non ha mutato significativamente la produttività della

trasformazione alimentare, in quanto questi territori mantengono un vantaggio

competitivo, rappresentato dalla presenza di un capitale umano altamente

Tabella 3 – Media degli indicatori per ciascun cluster

Cluster Indicatore 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Numero di province 13 11 7 8 14 13 9 6 22 Pianura (%) 25,73 38,12 35,97 12,26 53,75 6,68 9,09 21,41 21,65 Collina (%) 14,59 21,26 12,06 9,03 17,00 41,24 30,61 29,14 36,73 Montagna (%) 59,68 40,62 51,97 78,72 29,25 52,08 60,30 49,45 41,62 GDPPPS 127,08 117,64 129,86 109,00 122,43 112,31 102,56 72,67 71,14 Occup. agricoltura (%) 2,06 3,82 3,60 4,28 3,54 2,52 9,53 8,90 7,32 Occup. Industria (%) 33,96 28,40 38,61 39,56 34,35 21,02 25,64 25,02 22,71 Occup. servizi (%) 63,98 67,78 57,79 56,16 62,12 76,46 64,83 66,08 69,97 Densità popolazione 409,40 206,04 207,26 97,78 313,36 192,89 218,79 562,32 179,13 Indice di vecchiaia 1,49 1,99 1,94 1,23 1,83 1,89 1,42 1,08 1,03 Disoccupazione (%) 4,28 4,75 4,61 7,78 4,51 5,54 7,89 13,37 14,75 Val. agg. agricoltura (%) 1,39 4,11 2,87 3,94 2,82 3,36 2,96 4,83 5,86 Val. agg. industria (%) 33,80 27,77 32,83 27,01 28,89 27,85 26,76 21,95 21,10 Val. agg. servizi (%) 64,82 68,12 64,30 69,04 68,30 68,78 70,27 73,18 73,05 Posti letto (1000 ab.) 0,04 0,07 0,04 0,19 0,17 0,12 0,06 0,04 0,05 Val. agg. agr./Sau 2378,75 4579,16 3910,98 1798,15 4128,06 3122,73 2340,41 4464,40 2713,89 Sau aziende < 5 ha (%) 7,96 21,60 19,40 14,28 19,47 20,34 28,98 33,63 32,84 Sau aziende > 50 ha (%) 56,64 36,79 28,06 47,88 31,07 38,92 35,10 19,99 24,55 Sau seminativi (%) 42,55 56,83 60,41 29,26 72,90 59,57 45,69 58,00 45,52 Sau colt. permanenti (%) 1,93 16,28 14,25 8,24 13,89 22,15 21,12 24,77 37,32 Sau prati-pascoli (%) 55,53 26,89 25,34 62,51 13,21 18,28 33,19 17,23 17,17 Boschi su sup. totale (%) 11,55 10,26 9,78 29,01 8,57 25,57 15,21 9,07 10,31 Bovini su Sau 0,91 0,86 1,15 0,47 0,44 0,14 0,32 0,48 0,22 Suini su Sau 1,00 1,65 2,23 0,24 0,67 0,24 0,25 0,24 0,09 Ovicaprini su Sau 0,30 0,15 0,20 1,56 0,12 0,54 0,68 0,49 0,56 Avicoli su Sau 16,20 20,98 10,03 11,46 38,37 9,23 9,46 21,90 2,11

14

professionale, da un ruolo più efficiente delle Istituzioni, dalla diffusione di sistemi

locali di trasformazione alimentare, imperniati sia su grandi imprese, sia su piccole e

medie imprese. Il problema cruciale in queste aree è quello di trovare gli strumenti per

valorizzare in maggior misura gli elevati livelli qualitativi della produzione locale.

Tabella 4 – Rilevanza di alcuni indicatori sul totale nazionale (valori in %)

Cluster Variabile 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Numero di province (n) 13 11 7 8 14 13 9 6 22 Pianura 12,11 14,84 10,15 6,09 23,16 3,43 4,25 7,44 18,53 Collina 5,37 8,53 2,94 5,19 5,71 21,68 10,47 6,24 33,87 Montagna 12,59 7,17 4,61 22,04 5,66 11,84 9,96 4,96 21,17 Val. agg. totale 24,58 8,80 6,97 6,39 11,95 8,76 12,97 5,67 13,90 Val. agg. agricoltura 8,46 12,64 7,46 8,29 12,07 9,36 7,30 7,39 27,01 Val. agg. industria 29,87 9,01 9,02 6,93 13,25 9,00 8,52 3,85 10,55 Val. Agg. servizi 23,12 8,58 6,16 6,12 11,44 8,65 14,90 6,30 14,73 Occup. totale 22,31 10,43 6,17 5,24 11,33 19,81 5,83 5,69 13,19 Occup. agricoltura 10,88 9,42 5,25 5,30 9,47 11,80 13,11 11,96 22,81 Occup. industria 26,15 10,23 8,22 7,16 13,44 14,37 5,16 4,92 10,35 Occup. servizi 21,36 10,59 5,34 4,41 10,54 22,67 5,65 5,63 13,82 Popolazione residente 18,91 8,17 5,59 6,27 10,53 8,27 11,33 9,14 21,77 Sau 8,05 9,91 5,78 12,13 10,81 11,82 7,95 7,35 26,20 Sau aziende < 5 ha 3,18 6,30 3,12 7,37 10,31 9,08 11,10 8,00 41,54 Sau aziende > 50 ha 12,45 10,82 4,81 16,64 9,24 13,69 8,68 4,88 18,79 Seminativi 7,02 11,64 8,04 6,60 15,43 14,14 6,18 9,08 21,87 Colture permanenti 0,88 7,02 2,76 5,62 7,24 11,19 8,49 7,54 49,26 Prati-pascoli 15,40 8,25 3,10 28,67 3,49 7,30 11,37 3,50 18,91 Boschi 8,25 6,21 3,52 27,94 5,42 20,48 8,79 3,47 15,91 Bovini 18,74 21,03 13,41 10,05 11,25 3,68 5,09 4,89 11,87 Suini 19,96 27,01 25,39 3,51 10,64 5,60 2,74 1,54 3,62 Ovicaprini 2,83 1,23 0,74 40,29 1,81 13,90 9,34 4,72 25,13 Avicoli 12,74 20,33 5,77 6,61 32,32 8,51 4,75 5,52 3,45

• Sistemi distrettuali con agricoltura estensiva/estensiva (cluster 5). Questo

gruppo di province (14) appartiene in larga parte a quella che è stata definita la

Terza Italia (Bagnasco, 1977). Si tratta in altre parole di territori caratterizzati da

industrializzazione diffusa, spesso organizzata in distretti, nonché da elevata

antropizzazione. Ciò non significa che l’agricoltura, determinante nella fase

iniziale dei distretti (part-time e minor costo sociale di riproduzione del lavoro)

abbia esaurito il suo ruolo. Il concorso al reddito agricolo nazionale è elevato

(quasi il 12%); le strutture aziendali, spesso sede di pluriattività, sono in

15

maggioranza di piccola e media dimensione. Gli ordinamenti prevalenti sono la

cerealicoltura e l’allevamento avicolo (circa un terzo del patrimonio avicolo

nazionale).

B) I sistemi in prevalenza montani e collinari

Al loro interno ricade un’ampia quota della superficie agricola nazionale (32%), ma più

limitato è il concorso alla produttività agricola (23% del totale). I dati medi sono però il

frutto di situazioni estremamente diversificate a livello territoriale.

• Sistemi rurali dell’arco alpino e di alcune aree insulari (cluster 4). Soprattutto

in queste 8 province, in cui ricade oltre un quarto della montagna italiana, il

quadro è composito. Si va infatti dalle aree dell’arco alpino e della Sardegna in

cui sono diffuse forme di sviluppo integrato (in particolare turismo), ma anche

problemi di abbandono, a zone collinari caratterizzate da industrializzazione

diffusa (ne è esempio Vicenza). Elevata è la presenza di boschi (quasi 29% del

patrimonio forestale italiano). Forte presenza di unità aziendali di grandi

dimensioni, superiori ai 50 ettari, spesso però di proprietà pubblica e inefficienti

sotto un profilo produttivo: ne è testimonianza il valore medio della produttività

agricola, il più basso dello scenario italiano. L’ordinamento prevalente è quello

bovino nell’arco alpino e quello ovino nelle province sarde (con oltre il 40%) del

patrimonio ovino italiano.

• I sistemi collinari dell’Italia Centrale (cluster 6) Ricadono in questo gruppo

larga parte delle province toscane e umbre, con circa il 12% della Sau nazionale,

ma solo con un apporto di poco del 9% al reddito agricolo nazionale, nonostante

l’elevata produttività ad ettaro. Anche in questo caso si tratta di contesti molto

compositi, accanto a sistemi locali di prodotti DOC e IGP, vi sono le aree in cui

si realizzano forme di sviluppo rurale integrato (turismo e agriturismo).

• Sistemi appenninici interni (cluster 7). Si tratta di alcune province del Lazio, del

Molise e dell’Abruzzo, in cui si intravedono i tratti di ridimensionamento del

settore agricolo nello scenario nazionale (poco più di 7% del reddito agricolo e

la più bassa redditività per ettaro), le cui cause sono sia interne sia esterne. Fra le

prime basti ricordare il rallentamento delle crescita settoriale, imputabile alla

minor presenza di comparti di punta nello scenario nazionale, mentre quelli

prevalenti, tipicamente mediterranei, non svolgono spesso un ruolo significativo

16

nella catena alimentare italiana. In questa parte della dorsale appenninica, spesso

con rilevanti problemi di carattere ambientale, emerge soprattutto la necessità di

misure di sviluppo rurale, che comportino una diversificazione delle attività

produttive, a livello locale.

C) Sistemi agricoli e rurali delle regioni meridionali

Questi territori, che in larga parte ricadono nell’ob. 1, presentano notevoli ritardi nello

sviluppo; ciò è testimoniato sia dal PIL pro-capite, sia dall’elevato indice di

disoccupazione (intorno al 14%). Il ruolo del settore primario è perciò rilevante sia per i

redditi sia per l’occupazione (oltre il 35% degli addetti nazionali), ma nonostante

l’ampia quota di SAU investita (quasi il 35%) il loro apporto al reddito agricolo

nazionale (oltre 32%) è nettamente inferiore. Questi dati nascondono profonde

differenziazioni territoriali, che emergono nei due cluster individuati.

• Sistemi mediterranei altamente antropizzati e con agricoltura intensiva (cluster

8). Si tratta di 8 province in prevalenza campane e pugliesi, con un’elevata

produttività agricola, imputabile soprattutto alle colture orticole e frutticole. Le

strutture aziendali sono in prevalenza di piccole e medie dimensioni. Si tratta di

territori con un’elevata densità demografica, con consistenti livelli di

disoccupazione. Sotto un profilo agricolo, il reale problema è l’inserimento di

queste produzioni, spesso di elevata qualità, nelle catene alimentari competitive

del paese.

• Sistemi mediterranei con differenti livelli di svantaggio (cluster 9). In questo

gruppo, in prevalenza montano e collinare, ricade un’ampia quota della

superficie agricola nazionale (quasi il 26%). Si tratta di territori con elevati

problemi di ritardo di sviluppo (appena 13,9 del valore aggiunto totale) e nello

scenario agricolo. Ciò si evidenzia non tanto nel contributo al reddito nazionale

quanto nell’indicatore per ettaro. I nodi da affrontare sono rilevanti sia sotto un

profilo strutturale, sia produttivo, sia infine di integrazione con la catena

alimentare del paese.

5. Una ipotesi di lavoro per le future analisi

Una nuova interessante finestra di ricerca dell’analisi econometria spaziale è quella dei

filtri spaziali; con l’impiego dei filtri spaziali è possibile scindere le variabili

17

georefenziate, che si ipotizza siano spazialmente correlate, in due componenti: spaziale

e non spaziale. In altri termini significa eliminare per ogni variabile l’influenza

derivante dall’autocorrelazione spaziale.

Griffith (2008), in un contributo non ancora pubblicato, propone un approccio alla GWR

basato sui filtri spaziali attraverso la creazione di nuove variabili costituite dal prodotto

tra il filtro spaziale e le variabili georeferenziate.

Questa nuova tecnica, che, essendo nella sua fase di introduzione, deve essere

sottoposta ad ulteriori verifiche, consente, secondo noi, degli utili avanzamenti nelle

analisi territoriali che in questa sede vorremmo evidenziare, pur se in maniera succinta.

La tecnica di filtrazione spaziale utilizzata da Griffith si basa sulla statistica I di Moran

o MI utilizzata per calcolare il valore della correlazione spaziale. Con le tecniche di

decomposizione delle matrici in autovettori e autovalori (eigenvector e eigenvalue) è

possibile ottenenere delle componenti numeriche ortogonali non correlate (Tiefelsdorf,

Boots, 1995) che possono essere considerate dei modelli spaziali indipendenti e

rappresentano l’associazione spaziale latente presente in una variabile georeferenziata,

data una matrice dei pesi spaziali. Le componenti ortogonali sono gli eigenvector della

matrice modificata dei pesi spaziali

( / ) ( / )T Tn n! !I 11 C I 11 (1)

dove C è la matrice dei pesi geografici, I è una matrice di identità di dimensioni n × n e

1 è un vettore n × 1 contenente degli uno. Ogni eigenvector fornisce una differente

mappa della correlazione spaziale latente esistente e sono calcolati sequenzialmente

secondo un ordine che massimizza il valore di MI dei residui. Il primo eigenvector, E1,

è, quindi, quello con il valore più elevato di MI. Il secondo eigenvector, E2, è quello che

genera il valore di MI immediatamente inferiore al precedente e non è correlato con E1.

Il processo termina quando non sono stati calcolati n eigenvector. Un insieme più

piccolo di eigenvector può essere scelto tra gli n eigenvector iniziali, sulla base dei loro

valori di MI che superano un valore soglia predefinito. Il vantaggio collegato

all’ortogonalità degli eigenvector è l’assenza di correlazioni parziali e, quindi, di

multicollinearità che tende ad essere un fattore di forte criticità nelle stime GWR

(Wheeler, 2007; Pecci, Sassi, 2008). I primi due eigenvector (E1 e E2) identificano

spesso modelli spaziali che fanno riferimento ad andamenti Nord-Sud, e Est-Ovest.

18

Figura 2 - Mappe degli eigenvector: E1, E2, E12, E13, E24 e E25

19

Gli eigenvector con valori intermedi di MI evidenziano modelli spaziali regionali, mentre

eigenvector con valori più piccoli di MI focalizzano i modelli spaziali locali. Una

combinazione lineare dei precedenti eigenvector può essere definita come il filtro spaziale

della variabile esaminata.

Rilevante al fine del processo di scomposizione in eigenvector è la scelta della matrice dei

pesi spaziale relativamente a: (i) la definizione di prossimità; (ii) la variabile prescelta per

indicare la prossimità (o la distanza, fisica, economica, etc.); (iii) lo schema di codifica

impiegato per il calcolo della matrice (Tiefelsdorf et al., 1999, Getis, Aldstadt, 2004). La

scelta dello schema di codifica e quindi dei pesi geografici della matrice, non solo determina

l’insieme di eigenvector da cui i filtri spaziali sono ricavati ma è anche un fattore che

condiziona i risultati del modello spaziale. Nel nostro caso è stata utilizzata una matrice

spaziale di primo ordine di contiguità (queen) per le 103 province italiane e sono stati estratti

25 eigenvector con MI > = 0.25; nella figura 2 sono contenute le mappe di alcuni di questi

eigenvector. Si può notare come i primi eigenvector (riga in alto) colgano la correlazione

spaziale di grande scala. Nel primo è netto l’andamento Nord-Sud, nel secondo lo è di meno

quello Est-Ovest anche per la scarsa estensione longitudinale dell’Italia. Gli intermedi

interpretano la correlazione presente a livello regionale e quelli dell’ultima riga la

correlazione spaziale a livello locale.

Per un breve approfondimento dello strumento si sono stimati e posti a confronto due modelli;

per il primo si è utilizzato il metodo GWR classico, per il secondo la procedura suggerita da

Griffith (GWR-SF). In entrambi i modelli la variabile dipendente è costituita da GVASAU.

Mentre nel primo le variabili indipendenti sono: SEMINA, INF05SAU, GDPPPS, POPDEN,

PIANURA, nel secondo sono aggiunti: i) i termini di interazione, ottenuti dal prodotto di

ciascuna variabile indipendente per i 25 eigenvector: E1*SEMINA,…,E25*SEMINA,

E1*INF05SAU,…, E25*INF05SAU, E1*GDPPPS,…, E25*GDPPPS, E1*POPDEN,…,

E25*POPDEN, E1*PIANURA,..., E25*PIANURA; ii) gli eigenvector E1,…, E25.

A differenza della procedura di stima del modello classico per cui sono necessarie n equazioni

per il modello GWR-SF è necessario stimare un’unica equazione OLS tramite una procedura

stepwise di tipo forward che massimizza il valore di R2, con il vincolo dell’inserimento delle

variabili indipendenti originarie.

Nel successivo step si calcolano i parametri della GWR-SF sommando il parametro di

ciascuna variabile indipendente, ottenuto attraverso la procedura stepwise, con il prodotto dei

parametri della variabile interrelata con il corrispondente eigenvector, sempre ricavato dai

20

risultati della stepwise. Infine, l’intercetta è calcolata sommando al valore dell’intercetta

ottenuta con la stepwise il prodotto dei paramentri relativi agli eigenvector per il

corrispondente eigenvector.

Nella tabella 5 è riportata una estrema sintesi dei risultati ottenuti. Come nel modello GWR

classico, i parametri ottenuti attraverso la procedura GWR-SF sono parametri locali. Il

guadagno in termini di efficienza della stima è sensibile: nel nostro caso il valore di R2 passa

da 0,886 del modello GWR a 0,965, del modello GWR-SF.

Tabella 5 – Modello GWR-SF: eigenvector associati all’intercetta e alle variabili indipendenti Variabile Eigenvector

INTCP E3 SEMINA E1, E2, E12, E13, E18 INF05SAU E1, E2, E3, E4, E9, E10, E12, E15, E16, E23 GDPPS E3, E8, E9, E10, E15, E18, E21, E23 POPDEN E2, E15, E16, E25 PIANURA E1, E3, E10, E22, E23, E25

Ponendo a confronto i parametri locali ottenuti con le due metodologie, ad esempio per la

variabile INF05SAU, è possibile notare la loro sostanziale diversità (figura 3). La mappa di

sinistra ricorda le mappe degli eigenvector di figura 2, mettendo in evidenza soprattutto una

dicotomia Nord-Sud . Ciò è in sintonia con la tesi di Griffith, circa le propriètà della GWR di

agire come filtro spaziale. La mappa di destra, invece, presentando il valore depurato dagli

effetti della correlazione spaziale, mostra il contributo, molto più differenziato

territorialmente, del parametro locale della variabile INF05SAU nella spiegazione della

variabilità del GVASAU provinciale. Confrontando questa seconda mappa con la terza, quella

relativa ai valori medi provinciali, è possibile notare una certa tendenza a condizionare

negativamente il valore aggiunto per ettaro nelle aree con i valori più bassi della variabile,

positivamente nelle aree con i valori più elevati; in ogni caso i parametri del modello GWR-

SF sembrano cogliere le diversità che esistono nella variabile originaria. In queste differenze

riteniamo possa consistere il guadagno informativo per le analisi territoriali; non si è più di

fronte ad uno strumento analisi esplorativa ma ad un modello spaziale che, fornendo risposte

a livello locale, delinea i legami che esistono a livello territoriale tra le variabili analizzate. Si

tratta, sotto il profilo statistico, di uno strumento di indagine ancora più potente della GWR,

con un numero ancora più ridotto di indicatori è infatti possibile ottenere stime molto

efficienti, che necessita però di essere ulteriormente approfondito, soprattutto sotto l’aspetto

interpretativo, per una concreta applicazione.

21

Gli eigenvector E1, E2 ed E3 sono quelli che appaiono con maggiore frequenza, a testimoniare

la presenza di autocorrelazione spaziale di larga scala in tutte le variabili indipendenti. In ogni

caso l’esistenza di eigenvector, distribuiti in maniera abbastanza uniforme tra l’insieme dei 25

estratti, indica la presenza di correlazione spaziale alle diverse scale.

Figura 3 – Confronto tra i parametri locali ottenuti con la procedura GWR e GWR-SF e il valore medio provinciale della variabile INF05SAU

6. Conclusioni

L’analisi condotta ha cercato di mettere in evidenza i punti di forza e di debolezza della

complessa ed eterogenea realtà italiana, ma anche le intense relazioni di potere e di

dipendenza in atto tra le diverse aree del Paese. Le Istituzioni regionali, chiamate a

predisporre strumenti di intervento nei loro territori, non possono non tenere conto dello

scenario in cui le loro azioni si collocano, scenario che potrà essere ulteriormente complicato

22

e modificato dai processi in atto: la globalizzazione, l’impatto della PAC, i mutamenti nei

mercati, i successivi ampliamenti dell’Unione.

I risultati di questa analisi rappresentano soltanto un primo passo in questa direzione. Molti

aspetti restano infatti da indagare, da un maggiore approfondimento dei legami

nell’integrazione alimentare, ai vincoli strutturali e sociali presenti nei diversi sistemi per

nuove forme di sviluppo rurale. Ma soprattutto restano da comprendere quali aggiustamenti

spaziali si verranno a determinare dopo il 2013, quando cioè saranno costruite nuove politiche

agricole e rurali e di coesione territoriale.

Sotto l’aspetto metodologico la sequenza degli strumenti utilizzati, GWR e successiva cluster

analysis, si è dimostrata capace, anche in questo caso, di ottenere risultati di buon rilievo,

utilizzando pochi indicatori, disponibili presso le principali fonti statistiche nazionali ed

europee. Ciò riteniamo sia in sintonia con la necessità di mettere a disposizione dei decisori

pubblici degli strumenti di analisi, largamente sperimentati, facilmente riproducibili,

sufficientemente potenti, basati su dati agevolmente reperibili e che inoltre impiegano

software distribuito liberamente.

La nuova procedura di stima GWR-SF, che è stata brevemente delineata, apre interessanti

prospettive per le future ricerche sullo sviluppo territoriale, tenuto anche conto dei notevoli

avanzamenti che consente riguardo alle principali criticità dell’approccio GWR classico,

collegati soprattutto alla presenza di multicollinearità, così come non è più necessario

ricorrere a test per stabilire la stazionarietà o non stazionarietà dei parametri stimati, poiché la

presenza del filtro spaziale annulla gli effetti derivanti dalla possibile presenza di

autocorrelazione spaziale.

7. Bibliografia

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