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MACHIAVELLI Centro Studi Politici e Strategici Dossier del MACHIAVELLI Dossier del Machiavelli, n. 10 22 Novembre 2018 Le spese militari in Arabia Saudita Valutazioni comparative e prospettive future AUTORE: Annalisa Triggiano Università degli Studi Roma Tre

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MACHIAVELLICentro Studi Politicie Strategici

Dossierdel MACHIAVELLI

Dossier del Machiavelli, n. 1022 Novembre 2018

Le spese militari in Arabia SauditaValutazioni comparative e prospettive future

AUTORE:

Annalisa TriggianoUniversità degli Studi Roma Tre

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Le spese militari in Arabia Saudita

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♦ La spesa militare e in particolare l’acquisto di armamenti da parte dell’ArabiaSaudita sono costantemente aumentati negli ultimi anni.

♦ Ciò è avvenuto a causa delle innumerevoli minacce alle quali l’Arabia Sauditasi sente sottoposta (ascesa dell’Iran, gruppi terroristici, instabilità di Iraq,Yemen e Siria).

♦ L’Arabia Saudita è intervenuto in vario grado in Siria e Yemen, mostrando lavolontà di diventare la nazione leader della regione anche, se necessario,tramite l’utilizzo della forza.

♦ Il programma “Vision 2030” punta localizzare internamente il 50% dellaspesa per la Difesa, incrementando l’autonomia dai fornitori occidentali e ilknow-howmilitare.

♦ Le stime – nonostante le incognite legate alle conseguenze economiche delloscandalo Khashoggi – non prevedono alcun contenimento delle spese militarisaudite. Esso potrebbe ipotizzarsi unicamente in caso di una profonda ristrut-turazione delle Forze Armate, di una redistribuzione razionale della spesapubblica sulla base di rigorosi procedimenti di auditing e monitoraggio all’oc-cidentale, difficilmente realizzabili in concreto.

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SOMMARIO ESECUTIVO

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1. LE SPESE MILITARI A LIVELLO GLOBALE E REGIONALE

Il 2 maggio 2018 è stato presentato a Stoccolma ilRapporto SIPRI, l’Istituto di ricerca internazionaledi pace di Stoccolma. Il Sipri è un organismoindipendente che ha il compito di monitorarel’andamento e la distribuzione, in base a vari parametri,delle spese militari in tutto il mondo. Le spese militariindicate dall’Istituto concernono tutte le spesegovernative per le forze e attività militari, ivi compresii salari, le spese operative, l’acquisto di armi eattrezzature, le costruzioni di infrastrutture logistichemilitari, la ricerca e lo sviluppo, l’amministrazionecentrale, il comando e il supporto. In queste paginecercheremo di fare sinteticamente il punto sui dati,tralasciando qualsiasi implicazione e valutazione

politica degli stessi. L’Istituto1 ha evidenziato che iltotale della spesa militare mondiale, nel 2017, è salitoa 1739 miliardi di dollari, aumentando dell’1,1%rispetto all’anno precedente:

Gli analisti del Sipri spiegano2 questoimpressionante livello di spesa – il più alto mairaggiunto dalla fine della Guerra Fredda –principalmente in base a due ragioni, di evidenza,per la verità, piuttosto palmare anche per il comunecittadino: da un lato un miglioramento globale dellecondizioni di benessere economico dei singoli Paesi;dall’altro, un segnale per dare una risposta allacontinua instabilità di alcune zone-chiave. Su scala

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macro regionale e a livellostrategico, il dato significativoche si può osservare è un chiarospostamento verso l’Oriente degliaumenti complessivi delle spesemilitari rispetto all’Area Euro-Atlantica.

Notevoli, per il Medio Oriente,sono gli esborsi dell’ArabiaSaudita. Nel Rapporto Sipri siprecisa, a tale ultimo riguardo,che l’analisi dei rapporti sullaspesa totale militare del MedioOriente del 2017 si profila comeincompleta, a causa dellamancanza di dati precisi inerential Qatar, alla Siria, agli Emirati Arabi Uniti e alloYemen. Si tratta di un incremento stimato nel 9,2%in più rispetto al 2016. Gli Stati tradizionalmenteostili all’Arabia Saudita – nel Medio Oriente – nonpossono neanche lontanamente competere. L’IISSstima inoltre che l’Arabia Saudita ha speso per lasicurezza militare il 12,51% del PIL nel 2015, il12,61% nel 2016 e l’11,30% nel 2017. Si tratta di unlivello di spesa notevole per un Paese con moltiproblemi di arretratezza culturale e sicurezza internae che ambisce a trasformarsi radicalmente entro il20303. Non è facile avere un quadro chiaro edobiettivo dei fattori per i quali l’Arabia Saudita haraggiunto livelli di spesa così elevati. È però possibilefare il punto sulle eterogenee minacce alla sicurezzasaudita che coinvolgono, da tempi più e meno recenti,anche alleati chiave del Regno, come gli EmiratiArabi Uniti e gli Stati Uniti. Tali situazioni politiche,considerate unitariamente, concorrono a determinareil massiccio aumento delle spese militari:

♦� Minacce estremiste Is (ex ISIS) e AQAP♦ Instabilità interna legata alle tensioni tra Sunnitie Sciiti♦ Gli armamenti dell’Iran: i possibili acquisti diarmi nucleari; l’implementazione dei sistemimissilistici balistici e da crociera. Da considerare,inoltre, i missili aria-mare che l’Iran sta acquisendonel Golfo e nell’Oceano Indiano♦ Incertezza politica in Iraq♦ Instabilità della situazione siriana♦ La dispendiosa e sanguinosa guerra yemenita♦ Indebolimento di alcuni alleati ‘storici’ deisauditi (Egitto e Giordania)♦ Tensioni e ambiguità diplomatiche più o menolatenti con la Turchia♦ Le oscillanti posizioni degli USA in tema di

soluzioni che contribuiscano a garantire la sicurezzamediorientale♦ Indebolimento delle capacità militari di Franciae Regno Unito

Si tratta di una combinazione di minacce cheporrebbero questioni di sicurezza enormi anche sel’Arabia Saudita non avesse necessità pari o superioridi attuare riforme nella sicurezza civile e nellosviluppo economico. Il quadro solo sinteticamenterichiamato pone problemi soprattutto per le soluzionia lungo termine: non si intravedono progressi nellerelazioni dell’Arabia Saudita con l’Iran e la Siria.Non vi sono ancora prospettive concrete distabilizzazione dell’Iraq e non ve ne sono a propositodella fine della guerra in Yemen, sebbene inquest’ultimo caso gli Stati Uniti stiano chiedendocon maggiore insistenza – sorge il dubbio dellapraticabilità4 concreta di questi propositi – la finedelle ostilità, auspicando l’avvio di colloqui di pacein tempi ristretti e soprattutto una resa dei ribelliHouthi sostenuti dall’Iran. Nessun passo avanti èstato fatto in merito all’integrazione, nel GCC,dell’Iraq e della Giordania, anche a causa delledifficoltà nello sradicare le cellule estremiste diterroristi.

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2. IL PUNTO SULL’ARABIA SAUDITA

Qualche analista5 sottolinea che, dal punto divista qualitativo, l’Arabia Saudita ha speso cifreingenti in armamenti non sempre necessari e ciòsenza alcuna valutazione dell’equilibrio tra costi ebenefici, anzi talvolta prescindendo dalle effettivenecessità e senza coerenti force improvements plans.In quanto a potenza militare complessiva, l’ArabiaSaudita è stimata – ma con una tendenza al ribasso,va sottolineato – al 26mo posto su 136 Paesi, secondoGlobalfirepower.com6, con circa 231.000 militari inservizio e 25.000 riservisti. Le Forze Armate sonodivise in 6 corpi: Esercito, Marina, Aviazione, DifesaAerea, Forza Missilistica Strategica e GuardiaNazionale. Il settore con più militari attivi è laGuardia Nazionale, che però ha soprattutto ruoliinterni (protezione della famiglia reale e dei luoghisacri); tuttavia può essere usata anche come forza diintervento esterno. Ci sono, come si può dunqueosservare, due tipologie di Forze Terrestri e non visono valide o razionali motivazioni per continuaread investire in un Esercito da circa 75.000 uomini ein una Guardia Nazionale che ne conta circa 100.000,alle quali si aggiungono 24.500 uomini impegnati inforze paramilitari.

Per quel che riguarda i maggiori sistemi d’arma leForze Armate saudite disporrebbero – sempre standoal Globalfirepower – di circa 1000 carri armati, 4500veicoli corazzati, 100 elicotteri, 300 caccia e uncentinaio di navi. Proprio grazie a questo parcomezzi le forze di Riyad risultano tra le più armate delMedio Oriente, nonostante ci siano eserciti con un

numero maggiore di truppe attive (uno su tutti l’Iran,principale avversario). Se si guarda alla funzionalitàdei mezzi, sono notevoli gli sforzi profusinell’improvement e nel rinnovamento della difesaaerea7 e terrestre. In tale direzione contribuirannoanche gli acquisti in corso dagli Stati Uniti (a menodi improbabili disdette legate al recente casoKhashoggi)8. Per quel che riguarda la difesa marittima,i Sauditi dispongono in particolare di 7 fregate e didue navi da rifornimento (nessuna portaerei). Quattrodi queste fregate ed entrambi i rifornitori sono staticostruiti agli inizi degli anni Ottanta e dunque sonoprossimi alla fine della loro carriera. Due contrattifirmati nel 20189 per acquisire fregate spagnole eamericane incrementeranno le dimensioni globali,già consistenti, della flotta. Doveroso sottolineareche, diversamente dagli Emirati Arabi, l’Arabia nonha alcuna esperienza di cantieristica militare edovrebbe fare sforzi notevoli per colmare il gap edunque fare a meno delle importazioni esterne. Piùin generale, dunque, il Medio Oriente è così dipendentedalle importazioni in quanto le industrie militari deivari paesi della regione risultano poco sviluppate.Fanno eccezione Israele e la Turchia (rispettivamente3 e 2 aziende presenti nella top 100 delle maggioricompagnie produttrici di armamenti), che, comunque,non riescono nemmeno a far fronte alla domandanazionale.

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3. IL ‘MILITARY PROCUREMENT’ SAUDITA

Nelle ingenti spese militari sostenute dai Paesimediorientali rientra, a pieno titolo, anche l’acquistodi armi. L’acquisizione di armamenti è la modalitàprincipale attraverso cui un Paese può accrescere lasua forza militare: come si è visto ciò rappresenta,per i governi mediorientali, uno dei modi per condurrela propria politica estera (spesso di forza) e imporsi

sullo scacchiere regionale ed internazionale. Infatti,larga parte delle spese militari dei paesi mediorientalisono composte da investimenti in armamenti e in ciòl’Arabia Saudita non fa, naturalmente, eccezione10;anzi, stando a quanto elaborato – dati SIPRI allamano – dall’Archivio IRIAD l’Arabia Saudita sarebbestata, alle spalle dell’India, il principale acquirente

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dei maggiori sistemi d’arma al mondo,quantomeno riferendoci all’anno 201611.

Su scala regionale, sempre secondo leelaborazioni IRIAD, le importazioni di armiverso il Medio Oriente sono cresciute dell’86%tra i quinquenni 2007-11 e 2012-16. La graficaproposta in questa pagina, elaborata di recenteda IHS-Jane’s12, individua i principali fornitoridi armi dei Paesi della zona. Il maggioreesportatore verso il Medio Oriente sono gliStati Uniti, che hanno da sempre un rapportoprivilegiato con gli Stati dell’area: essi hannosoddisfatto, nell’ultimo quinquennio, quasi lametà della domanda di materiale bellico dellaregione. Tra i Paesi europei seguono, ma anotevole distanza, la Francia, il Regno Unito el’Italia.

Per farsi un’idea concreta e quantitativa diqueste percentuali, ci si può affidare alle stimeSipri13. Il grafico mostra come il Medio Orientepossa attingere, per soddisfare la sua domandadi armamenti, ad una vasta gamma di fornitori. Èdifficile, al momento, effettuare qualche previsionecirca l’andamento delle importazioni di armi inArabia Saudita, alla luce dell’omicidio Khashoggi.Molto probabilmente gli Usa non si tireranno indietrodagli ingenti e vantaggiosi affari conclusi con ilRegno. Volendo limitare le riflessioni al versanteeuropeo, molto dipenderà dalla concreta attuazione,al di là dei proclami dei singoli Stati, di una recenterisoluzione del Parlamento Europeo che il 25 ottobre

scorso ha invitato nuovamente (lo aveva già fatto il 4ottobre) i Paesi membri dell’UE a raggiungere unaposizione comune per imporre un embargo allavendita di armi all’Arabia Saudita14. La Germania, almomento, ha congelato gli interscambi. La Spagna ela Francia proseguono con le commesse in atto el’Italia non ha ancora espresso una posizione ufficialeal riguardo.

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4. IL BUDGET PER LA DIFESA SAUDITA COME PARTE DOMINANTE DEL BI-LANCIO GLOBALE PER LA SICUREZZAGià all’inizio di questo 2018 gli analisti sauditi

enfatizzavano la volontà dei Reali di «accelerare lacrescita del settore privato come volano per l’interaeconomia. Il budget del 2018 è il più alto maiinvestito dal Regno nella sua storia e tende araggiungere gli obiettivi di Vision2030 attraverso unmassiccio investimento nei settori non collegati alpetrolio, quali la Difesa, l’Educazione, la Salute e leInfrastrutture»15. L’ambizione è quella, insomma, divalorizzare e diversificare l’economia privata perridurre la dipendenza dal settore petrolifero. Manon mancano mai riferimenti al settore Difesa.

L’immagine che segue mostra una stima grafica –elaborata da Vivian Nereim per Bloomberg16 sullabase dei dati del Ministero delle Finanze saudita –

delle percentuali delle spese militari sostenute da ReSalman rispetto al totale delle spese governative perl’anno in corso, in comparazione con il 2017. Inrosso è visualizzato l’importo per il 2017, in neroquello per il 2018 (che al momento della redazionedell’analisi era allo stato previsionale).

Come si può constatare, la somma del militaryand security spending saudita ammonterebbe, per il2018, a circa 290 miliardi di riyal sauditi (ovvero77,3 miliardi di dollari). Ciò significa – è abbastanzaevidente – che, a dispetto delle enormi riformeculturali e sociali annunciate e da attuare con ilProgramma Vision 2030, le spese di difesa e sicurezzaerodono da sole una buona parte del budget totale.E, del resto, uno degli aspetti meno convincenti di

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Vision2030 riguarda proprio l’impegno a svilupparein tempi brevi un sistema industriale autonomo ecompetitivo per la Difesa. Il che diventa ancora piùcomplesso quando si discuta di sistemi d’arma moltoavanzati, che l’Arabia Saudita difficilmente riusciràa produrre e vendere. Anche il sorpasso delle spesemilitari a danno di quelle di istruzione appareimpressionante. Una migliore e più razionaledistribuzione delle spese sembrerebbe, allo stato,quantomai auspicabile. Le riforme sociali –sinteticamente ricondotte dagli analisti americani al‘domestic spending’ – necessitano di maggioriinvestimenti per favorire l’espansione di un modernosettore industriale privato.

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5. RENDITE PETROLIFERE E SPESE MILITARI

Buona parte del budget annuale del Governo diRiyad (tra i maggiori produttori di petrolio mondiali)è composto – sebbene i piani di Vision2030 prevedanouna sempre minore dipendenza del Paesedall’economia legata al solo petrolio – dalle renditepetrolifere: non è difficile immaginare come le propriedisponibilità di investimento (anche bellico) sianofortemente influenzate dal mercato del greggio. Glianalisti ritengono che le rendite petrolifere giochinoun ruolo notevole nel determinare il livello di spesamilitare nelle economie petrolifere, come evidenziatonei paesi africani, sudamericani e mediorientali dove

l’aumento della spesa militare nei dieci anni passati ècorrelato con gli alti prezzi del petrolio17. Al nettodelle difficoltà, in generale, nel trovare un rapportodi causalità tra variazioni del prezzo del petrolio espesa militare, è possibile accennare a come, nellospecifico della situazione mediorientale, la spesa siavariata durante l’ultimo shock petrolifero(l’abbassamento dei prezzi a cui si assiste ormai dal2014). Stando ai dati SIPRI, l’Arabia Saudita ha pertale ragione diminuito la sua spesa militare tra il2015 e il 201618:

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6. QUALCHE PREVISIONE SULLE SPESE MILITARI

Il Regno Saudita – come si enfatizza nei piani disviluppo collegati a Vision2030 – è chiamato afronteggiare una serie di sfide che andrebbero, sullacarta, ben oltre la necessità di effettuare massicciinvestimenti nel settore militare. Che però restaprioritario, al punto che gli analisti prevedonoun’ulteriore escalation delle spese militari dellaRegione del Golfo, partendo già dal prossimo annocon il raggiungimento e superamento della spesacomplessiva record – calcolata su tutta la regioneGCC – di 100 miliardi di dollari, come illustrato dalgrafico seguente:

La corsa al rialzo – evidentemente giustificataanche dalla previsione di una mancata soluzione alleinstabilità politiche e militari della zona – saràcapeggiata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati ArabiUniti. Non si raggiungerà il record dell’aumento del6% delle spese militari registratosi a cavallo tra il2017 e il 2018, ma un tasso annuo di crescita del 3-4% sembra apparire sostenibile per il prossimodecennio. Ciò senza intaccare la crescita delle spese,che entro il 2023 potrebbe raggiungere i 117 miliardidi dollari complessivi. Il fatto che i Sauditi abbiano

in programma di prendere a prestito grandi sommeper il 2019 – ancora una volta nell’ambito delprogramma Vision 2030 – potrebbe costituire unaulteriore conferma della bontà delle previsioni dirialzo della spesa militare per il prossimo anno.

Naturalmente, un significativo – e possibile, almomento – rialzo dei prezzi del petrolio potrebbegenerare una ulteriore crescita delle spese complessiveo, quantomeno, una significativa attività diprocurementmilitare. Anche le ambizioni saudite disviluppare una produzione industriale interna legataalla Difesa nel prossimo decennio non potranno cherealizzarsi, almeno inizialmente, in partnership congli abituali fornitori stranieri. Il giovane erede altrono saudita, entro il 2030, mira a localizzare il50% delle spese militari sul territorio nazionale,attraverso la creazione di un’industria bellica locale,l’acquisizione di competenze e di risorse umane euna pianificazione economica più efficiente.

La strada per una futura riduzione – allo statomolto improbabile – delle spese militari sauditepasserebbe attraverso il raggiungimento di alcuniobiettivi politici chiave legati alla sicurezza:

1. un contenimento pacifico dell’influenza militaredell’Iran;

2. una conclusione pacifica del conflitto yemenita;

3. pressioni politiche (e magari incentivi economici)all’Iraq al fine di sostenere la creazione, con altriStati arabi, di una struttura regionale di sicurezzadel Golfo capace di limitare l’influenza iraniana;

4. ripresa e intensificazione delle relazioni con ilQatar, allo scopo di riformare il Gulf CooperationCouncil per conferirgli un più significativo livello diintegrazione e interoperabilità che sono mancati findalla sua istituzione. Il che comporterebbe una piùstretta cooperazione militare tra Sauditi e UAE, cosìcome una più stretta cooperazione con l’Oman, unaspinta al Bahrain per la realizzazione di riforme nelsettore Difesa e una consistente integrazione con ilKuwait e gli altri Stati del Golfo in ambito difesaaerea, navale e missilistica;

5. incremento delle relazioni con la Giordaniaper farne un affidabile alleato nella sicurezza (minacciaHizbullah)19. La Giordania riceve consistenti aiutidai Sauditi;

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7. NOTE

1. Materiale liberamente scaricabile al sito www.sipri.org. Oltreal rapporto SIPRI a cui qui si sta facendo cenno, altra fontedi riferimento per una stima delle spese militari a livello glo-bale è quello curato dall’IISS (International Institute for Stra-tegic Studies). In quest’ultimo caso il materiale non èliberamente consultabile.

2. Z. Keck, Report: in 2018, global defense spending will reachhighest level since cold war, su The National Interest, blog,23 dicembre 2017, http://nationalinterest.org/blog/the-buzz/report-2018-global-defense-spending-will-reach-hi-ghest-level-23763.

3. Per avere un quadro comparativo, l’IISS stima anche che, adesempio, gli Stati Uniti hanno speso in sicurezza e spese mi-litari il 3,25% del PIL nel 2015, il 3,19% nel 2016 e il 3,11%nel 2017. La media europea si è attestata solo al 1,37% nel2015, passando al 1,33 nel 2016 e 3,10 nel 2017.

4. Qualcuno sottolinea la strumentalità di tali iniziative: L.Trombetta, L’iniziativa di “pace” USA in Yemen non è stra-tegica, su limesonline, 2 novembre 2018, http://www.lime-sonline.com/usa-yemen-guerra-pace-strategia/109419.

5. A.H. Cordesman, Military Spending: the other side of SaudiArabia, 13 marzo 2018, www.csis.org.

6. Aa.Vv., Saudi Arabia Military Strenght, 2018, https://www.globalfirepower.com/country-military-strength-detail.asp?country_id=saudi-arabia. Dal punto di vista me-todologico, l’indice è basato su oltre 50 fattori, che includonoil numero di soldati, le forze aeree, terrestri, petrolifere, ilbudget (stimato) della Difesa, la geografia e il debito.

7. È nota la trattativa per l’acquisto di 48 aerei Typhoon dalRegno Unito.

8. Notizie qui: B. Brimelow, Trump Showed off Saudi Arabia’smassive US military buys, su Business Insider, 20 marzo2018, https://www.businessinsider.com/saudi-arabia-us-mi-litary-buys-charts-2018-3?IR=T#multi-mission-surface-com-batant-frigates-6-billion-7. In realtà, i contratti attualmentestipulati ammontano a circa 14 miliardi di dollari (moltimeno dei 110 ventilati): Aa.Vv., Rassegna stampa, L’incognita

siriana, 19 ottobre 2018, https://www.oasiscenter.eu/it/inco-gnita-siriana.

9. T. Waldwyn, Qatar, Saudi Arabia and the UAE: expandingnaval horizons? su www.iiss.org, blog del 26 ottobre 2018,https://www.iiss.org/blogs/military-balance/2018/10/qatar-saudi-arabia-uae-naval-horizons.

10.Doveroso sottolineare che per calcolare il volume dei trasfe-rimenti viene utilizzata un’unità comune, il Trend IndicatorValue (TIV): ogni risorsa militare ha il proprio TIV specificoa seconda che sia nuova, di seconda mano o rimodernata. Inquesto modo è possibile calcolare il volume del trasferimentomoltiplicando il TIV specifico di un’arma per il numero diconsegne relative alla stessa. Facendo ciò si possono compa-rare i dati e identificare i trend generali. Essendo un indica-tore il TIV non rappresenta il prezzo di vendita di un sistemad’arma o il valore economico del trasferimento, pertanto nonpuò essere comparato con indicatori strettamente economicicome il PIL o le spese militari di uno stato o di una regione.

11. M. Tallani, Arabia Saudita: spese militari e impegno bellico,su Sistema Informativo a Schede (SIS), Gennaio 2018,www.iriad.it.

12. Aa.Vv., Jane’s Defense Budgets, 2018,https://ihsmarkit.com/products/janes-defence-budgets.html.

13. Aa.Vv., SIPRI ARMS TRADE DABATASE, 2018, http://ar-mstrade.sipri.org/armstrade/html/export_values.php.

14. Aa.Vv., MEPs demands end to EU arms exports to SaudiArabia, comunicato stampa del 25 ottobre 2018,ht tp : / /www.europar l . europa .eu/news/en/press -room/20181018IPR16536/meps-demand-end-to-eu-arms-expo-to-saudi-arabia.

15. Aa.Vv., Report del 23 gennaio 2018, https://us-sabc.org/saudi-arabias-2018-budget-emphasizes-growth-through-economic-diversification/.

16. Fonte: V. Nereim, Defense is Top Item in Saudi Budget, del20 dicembre 2017, https://www.bloomberg.com/news/arti-cles/2017-12-20/defense-is-top-item-in-saudi-budget-as-

6. concentrare risorse sui soli punti debolidell’assetto complessivo della sicurezza: difesamissilistica, forze aeree e navali capaci di megliocontenere le minacce asimmetriche iraniane e difenderei confini con lo Yemen.

Naturalmente, gli obiettivi suggeriti richiedonotempi di raggiungimento ragionevolmente lunghi enel loro perseguimento andrebbe consideratofondamentale il sostegno dell’alleato chiave deiSauditi, l’America. La quale dovrebbe inoltreincoraggiare – altra cosa assai improbabile, allo stato– il Regno a investire nella stabilità civile e nellosviluppo economico, anziché intrattenervi affari

militari. Dal punto di vista tecnico occorrerebberiformare profondamente il sistema di budgeting,nella direzione di una maggiore trasparenza nelplanning che integri e renda monitorabili (auditing)tutti gli aspetti della sicurezza. La trasparenzagarantirebbe un maggiore controllo dei costi. Unesempio concreto potrebbe essere rappresentatodalla redazione un libro bianco annuale sulla sicurezza.Infine, una soluzione possibile, e facilmente realizzabilenel concreto, consiste in una razionalizzazionedell’Esercito e della Guardia Nazionale, così comedelle altre Forze Paramilitari, per evitare inutiliduplicazioni di funzione.

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L’AUTRICE

Annalisa Triggiano, Ph.D., è docente a contrattodi Storia del diritto all’Università di Roma Tre.Ha collaborato con il Centro Militare di StudiStrategici (CeMiSS) e insegnato negli atenei diSalerno, Pavia, Salisburgo, Valladolid e Exe-ter.

yemen-fighting-rages-on.

17. N. Tian, Oil price shocks and military expenditure, in:SIPRI Yearbook 2017 armaments, disarmament and inter-national security; Oxford University Press, 2017, p. 343, ss.

18. Per il Kuwait sembra invece che la diminuzione dei prezzidel greggio dell’ultimo anno non abbia influito sulle spesemilitari, in continua crescita, così come la percentuale dellestesse in relazione alle spese governative: secondo l’analisiSIPRI ciò è dovuto all’economia del paese del Golfo, che èstata in grado di reggere il calo dei prezzi.

19. E. Ardemagni, Giordania-Arabia Saudita: fine di un’era nelGolfo, 13 giugno 2018, www.ispionline.it.