liberamente n 22 marzo 2014

30
L ibera M ente Il bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.22 marzo 2014 APPROFONDIMENTO LA POVERTAÊ Poveri non si nasce, lo si di- venta. Perciò è più esatto parlare di impoveriti. Le po- vertà, sono figlie dellÊingiusti- zia, dellÊesclusione e delle inuguaglianze. Esse diven- tano la fragilità di esistenza. Ovviamente non ci si riferisce alla „povertà scelta‰: il ter- mine „povertà‰ assume, in altro paradigma, un'acce- zione assolutamente positiva. Le diverse forme di lotta con- tro la povertà realizzate nel corso degli ultimi decenni, a livello nazionale ed interna- zionale, non hanno potuto (voluto) intaccare le cause strutturali dei processi d''im- poverimento. Occorre indivi- duare e mettere fuori legge le cause strutturali che la gene- rano. Il sole a mezzogiorno pag.4 Come un volontario combatte la sua povertà pag.15 Crescita Sociale pag.21 Apre Telefono Azzurro a Casa sulla Roccia pag.24 - 1 - LA VERGOGNA DELLA POVERTAÊ di Francesco Iannicelli “Tra ricchezza e povertà io preferi- sco stare dalla parte della spe- ranza.” (cit. Robert Kennedy) Raccontare la povertà richiede un plurale. Biso- gna capirla come umiliazione, vergogna, perdita di sé e paura. LÊelenco potrebbe allungarsi, ma non è di elenchi che abbiamo bisogno, è impor- tante invece collegare tutto questo al senso di colpa. La povertà la si vive interiormente come oppressione, è semenza, cresce, e come ogni op- pressione ha bisogno di colpe reali o immagina- rie. Inoltre nel suo farsi condizione è una diminu- zione di umanità rispecchiata dai continui riferimenti a qualcosa che manca. Dare nome alla mancanza è entrare in una zona oscura, in cui chi ha la parola e nomina, spesso non sa niente di quello di cui parla o lo sa in modo ap- prossimativo. LÊapprossimazione è quando si cerca di immaginare, senza riuscirci. Attualmente il settanta per cento dei poveri nel mondo sono donne e bambine, ma quasi sempre chi parla di povertà sembra soffrire di amnesia o evita un punto difficile, ed è arduo far notare che nominare la questione come se riguardasse solo gli uomini è una mancanza di realtà. La cosa dif- ficile è rendere la complessità di chi vive la po- vertà, perché spesso, non sempre, sembra che la mancanza di opportunità di chi soffre il disagio economico, sia una mancanza interiore, un defi- cit di intelligenza, o peggio unÊincapacità. Così la condizione agisce a livello profondo proprio su chi la osserva, e magari vorrebbe aiutare, ma non sa percepire la complessità interiore e la singola- rità degli osservati e nemmeno che il proprio sguardo non è neutrale. Questo porta quasi sem- pre a non capire che le servitù imposte a una grande parte dellÊumanità fanno vivere bene una

Upload: la-casa-sulla-roccia

Post on 24-Feb-2016

217 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

LiberaMente il bimestrale dell'Associazione La Casa sulla Roccia - Centro di Solidarietà

TRANSCRIPT

Page 1: Liberamente n 22 marzo 2014

LiberaMenteIl bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.22 marzo 2014

APPROFONDIMENTO

L A P O V E R T A ÊPoveri non si nasce, lo si di-venta. Perciò è più esattoparlare di impoveriti. Le po-vertà, sono figlie dellÊingiusti-zia, dellÊesclusione e delleinuguaglianze. Esse diven-tano la fragilità di esistenza.Ovviamente non ci si riferiscealla „povertà scelta‰: il ter-mine „povertà‰ assume, inaltro paradigma, un'acce-zione assolutamente positiva.Le diverse forme di lotta con-tro la povertà realizzate nelcorso degli ultimi decenni, alivello nazionale ed interna-zionale, non hanno potuto(voluto) intaccare le causestrutturali dei processi d''im-poverimento. Occorre indivi-duare e mettere fuori legge lecause strutturali che la gene-rano.

Il sole a mezzogiorno

pag.4

Come un volontariocombatte lasua povertàpag.15

Crescita Socialepag.21

Apre Telefono Azzurro a Casasulla Rocciapag.24

- 1 -

LA VERGOGNADELLA POVERTAÊdi Francesco Iannicelli

“Tra ricchezza e povertà io preferi-

sco stare dalla parte della spe-

ranza.” (cit. Robert Kennedy)

Raccontare la povertà richiede un plurale. Biso-gna capirla come umiliazione, vergogna, perditadi sé e paura. LÊelenco potrebbe allungarsi, manon è di elenchi che abbiamo bisogno, è impor-tante invece collegare tutto questo al senso dicolpa. La povertà la si vive interiormente comeoppressione, è semenza, cresce, e come ogni op-

pressione ha bisogno di colpe reali o immagina-rie. Inoltre nel suo farsi condizione è una diminu-zione di umanità rispecchiata dai continuiriferimenti a qualcosa che manca. Dare nomealla mancanza è entrare in una zona oscura, incui chi ha la parola e nomina, spesso non saniente di quello di cui parla o lo sa in modo ap-prossimativo. LÊapprossimazione è quando sicerca di immaginare, senza riuscirci.Attualmente il settanta per cento dei poveri nelmondo sono donne e bambine, ma quasi semprechi parla di povertà sembra soffrire di amnesia oevita un punto difficile, ed è arduo far notare chenominare la questione come se riguardasse sologli uomini è una mancanza di realtà. La cosa dif-ficile è rendere la complessità di chi vive la po-vertà, perché spesso, non sempre, sembra chela mancanza di opportunità di chi soffre il disagioeconomico, sia una mancanza interiore, un defi-cit di intelligenza, o peggio unÊincapacità. Così lacondizione agisce a livello profondo proprio suchi la osserva, e magari vorrebbe aiutare, ma nonsa percepire la complessità interiore e la singola-rità degli osservati e nemmeno che il propriosguardo non è neutrale. Questo porta quasi sem-pre a non capire che le servitù imposte a unagrande parte dellÊumanità fanno vivere bene una

Page 2: Liberamente n 22 marzo 2014

- 2 -

minoranza di persone i cui bisogni sono sopravvalutati, e solo perqueste persone i diritti e la libertà di essere e scegliere sono pensatiinsopprimibili. I privilegiati possono passare la vita senza accorgersidi cosa viene negato ad altri e soprattutto, particolarmente se sitratta delle altre, non capiranno mai che il privilegio di ignorarnela sofferenza è parte della libertà che hanno.Toccando gli intrecci tra povertà, genere, razza, vediamo quantopoco riusciamo a comprendere e come ogni condizione è ripro-dotta, anche inconsapevolmente, dal modo in cui guardiamo e no-miniamo gli altri.Chi può dire davvero cosa significa essere donna, nero, diverso etoccare con mano, ogni giorno della propria vita, la svalutazioneche questo porta con sé e i suoi effetti in ogni campo dellÊesistenza?Domanda fondamentale a cui si evita di pensare, generalmente but-tando in scherzo la questione quando si pone e tacciando di mo-ralismo chi insiste a porla, senza soffermarsi sulla mancanza dieticità di chi usa il linguaggio per ferire e storpiare gli altri. Non sitratta di politicamente corretto, ma del livello di umanità da cuipartire per costruire dei rapporti, che sono sociali come ogni rap-porto umano, così come sociali e costruiti sono razzismo, misoginiae omofobia...Volete una traduzione nella realtà di tutti i giorni?Prego! Ex operaio lui, poi esodato, con la pensione minima la mo-glie. Li trova il fratello di lei che per il dolore si getta in mare. Nelbiglietto di addio la disperazione per una vita che si era fermata:ÿScusaci per quello che abbiamo fattoŸ. Avevano addirittura lasciatoun biglietto sulla macchina della vicina di casa. Andarsene senzadisturbare troppo, un poÊ come avevano vissuto. Romeo Dionisi,63 anni, e Anna Maria Sopranzi, di cinque anni più anziana, sisono impiccati nella notte tra un giovedì e un venerdì negli scanti-nati del palazzo in cui vivevano, in via Calatafimi, a Civitanova Mar-che. A trovarli è stata una condomina, intorno alle 8 del mattino:passava di lì e ha notato la porta del fondaco aperta.Il primo ad arrivare è Giuseppe, il fratello di lei. Ma non ha retto,qualcosa dentro di lui si è rotto definitivamente. ÿDovÊè finito?Ÿ, sichiede il capannello di gente che si è formato davanti al garage,tutti schierati dietro le macchine dei carabinieri che cercano di sot-trarre agli occhi della città la più crudele apparizione della crisi.Passano pochi minuti e il 118 riceve una chiamata da un pesca-tore: ÿCÊè un corpo in acquaŸ. ˚ lui, è Giuseppe. Provano a riani-marlo, ma i suoi polmoni sono pieni dÊacqua e il suo cuore si èfermato da troppo tempo. Tre cadaveri in una mattinata, un contotremendo da pagare agli anni peggiori della Repubblica. Entrati inscena con il boom economico, passati indenni tra scale mobili e li-cenziamenti selvaggi, i Dionisi si sono arresi alla macelleria sociale

degli anni zero. Dietro la parola crisi, oltre lo spread e i tentativi difare un governo, cÊè la disperazione autentica di una coppia senzavia dÊuscita. Lui era un operaio edile, dipendente di una ditta na-poletana fallita a settembre e da allora senza stipendio. Un esodato,come si dice oggi, senza lavoro, troppo lontano dalla pensione eirrimediabilmente ÿtroppo vecchioŸ perché qualcuno si convinca adargli un posto qualunque. Lei portava a casa quello che poteva,la sua pensione da ex artigiana. Poche centinaia di euro che, ulti-mamente, non bastavano più nemmeno per pagare lÊaffitto. Nientefigli per loro due, dietro di sé lasciano solo un ricordo sbiadito: ÿUnacoppia normalissima - dicono i vicini - sapevamo che avevano pro-blemi economici, ma da queste parti, sa, siamo in molti ad averneŸ.Il riflesso della crisi sul primo week-end primaverile della costa mar-chigiana, il sole batte sui caseggiati anonimi e riesce a renderli an-cora più brutti del solito. Puliti e sciatti come solo le cose diprovincia sanno essere, le parabole che spuntano come fiori daibalconi perché ÿsenza la televisione manco prendeŸ.Nel biglietto di addio tutta la disperazione per una vita che si erafermata: ÿScusaci per quello che abbiamo fattoŸ e un numero di te-lefono, quello della sorella di Anna Maria, per avvertirla che, in unmodo o nellÊaltro, per la famiglia Dionisi la crisi è finita.Nel palazzo della tragedia vive anche Ivo Costamagna, il presidentedel consiglio comunale, che proprio ultimamente aveva invitato lacoppia a recarsi in Comune, per parlare con i servizi sociali.ÿHanno preferito sparire piuttosto che chiedere aiuto - dice ai cro-nisti il sindaco di Civitanova, Tommaso Claudio Corvatta -, è undramma sul quale dobbiamo interrogarci tutti e che richiede, lodico esponendomi in prima persona, di produrre il massimo sforzoper cercare di risolvere il disagio economico che sta caratterizzandoquesto difficile momento storicoŸ. A fargli eco anche il governatoreGian Mario Spacca, con quella parola, ÿresponsabilitàŸ, che affioradalle labbra, e che è lÊultima moda delle dichiarazioni: ÿDi fronte avicende simili, che purtroppo si ripetono in tutto il Paese, non pos-siamo non sentirci tutti chiamati alla responsabilità. Affinché anchein regioni come la nostra, dove pure resta la solidarietà familiare edi vicinato, una forza di comunità e la vicinanza delle istituzioni lo-cali, non si debba ancora tornare a piangere la morte di chi h aperso la speranza e il futuroŸ.Cinquecento euro al mese, ecco con quanto Romeo e Anna Mariariuscivano a sopravvivere, lÊuomo non arrivava a versare i contributiprevidenziali della sua partita Iva e le banche bussavano alle portecon insistenza sempre maggiore per due mutui parecchio indietrocon le rate, ma lui ÿnon voleva niente da nessuno, si vergognavapure di chiedere un euroŸ.

progetto diprevenzione e recupero

l’Alcool non è un gioco

per appuntamenti 0825/72420 - 72419

Page 3: Liberamente n 22 marzo 2014

- 3 -

Page 4: Liberamente n 22 marzo 2014

- 4 -

Dicevano che non può piovere per sempre,ma questo diluvio è davvero spaventoso.Ormai sono anni che nonostante lÊimpegnodi un gran numero di persone si naviga in unmare in tempesta. La crisi economica nel no-stro paese ha investito una percentuale moltoalta dellÊintera popolazione e ad oggi sembranon esserci una vera e propria soluzione.Basta guardarsi in faccia, ognuno di noi portai segni di questo tempo che raccoglie giornodopo giorno i pezzi di una intera generazionedilaniata dal conformismo e dalla globalizza-zione. Crisi economica. Ma ne siamo propriosicuri? I soldi per molti sono sempre statipochi e ai periodi difficili, soprattutto nei suddel mondo, siamo stati „educati‰. In realtàquesta crisi porta con se alcuni aspetti terri-bilmente preoccupanti che non vanno asso-ciati solo ed esclusivamente alla mancanza didenaro. Il pericolo più grande è dentro le per-sone e non al di fuori di esse. Il denaroprende potere solo se va a soddisfare dei bi-sogni, bisogni che in realtà potrebbero esseresoddisfatti in altra maniera, e sempre dentrole relazioni interumane e non mediate dapezzi di carta o da oggetti luccicanti.Con ildenaro acquistiamo la nostra serenità? La no-stra felicità e il nostro benessere passano at-traverso il denaro? Crisi di valori. Possiamoidentificare il periodo attuale in un momentodi buio collettivo, dove la luce è data sola-mente dallo scintillio dei nostri sentimenti edalla nostra volontà di meravigliarci ancoraogni giorno di tante piccole cose. Ma piùpenso a cosa scrivere e più ho paura di sem-brare utopistico o irreale. Come faccio a direa mia moglie che oggi non ho percepito lostipendio? Che nostra figlia non potrà rice-vere per il suo compleanno un „phone‰ concui potersi connettere con questa giungla disolitudine? Come faccio a dire a mia figlia chenon possiamo permetterci di accendere il ri-scaldamento tutto il giorno e che deve sentirelo stesso freddo che sento io nel mio cuorenello stesso momento in cui sto per dirglielo?

Come faccio a dire a mio figlio che la partitanon potrà vederla in televisione perché nonpossiamo permetterci la pay-tv? Dove trovareil coraggio di dire alla salumiera che il contodella spesa non posso pagarlo ora perché hogià dovuto pagare la bolletta della luce, delgas, della spazzatura e dellÊacqua?...Non posso nascondere a mia moglie che nonpotremo andare a fare una passeggiata sullungomare a Napoli perché tra benzina, par-cheggio e pedaggio autostradale ci costerebbetroppo, e che i mezzi pubblici ancora più ri-dotti il fine settimana non ci permetterebberodi raggiungere alcun posto per poi fare ri-torno a casa in tempo per pranzare. E mi di-cono di mandare delle e-mail per cercarelavoro sulle innumerevoli offerte che si tro-vano in rete, ma ho bisogno della connes-sione ad internet e la ricarica alla chiavettacosta 15 euro al mese, che sommata alle ri-cariche ai nostri quattro cellulari fanno mi-nimo 50 euro al mese.E come faccio a spiegare a mio figlio che nondeve passare lÊintera giornata davanti allaplaystation perché deve socializzare e starecon gli altri ragazzini a giocare? Ma quali ra-gazzini? Ma a cosa giocano?...Strade desertedi giovani il tardo pomeriggio, tutti rinchiusinei loro lager-network. Non si sentono più fi-nestre rotte dal bellissimo super santos aran-cione che a noi giovani adulti ha dato quellameravigliosa iniziazione alla voglia di libertà.Ma quale crisi economica?!

Cioè, la crisi economica cÊè, è evidente, male cause che hanno portato ad essa vannoanalizzate dentro di noi, dentro il nostro egoi-smo, dentro la nostra voglia di primeggiare,dietro alle smanie di potere figlie di disturbipatologici della mente umana. Una crisi det-tata da errori motivazionali ed educativi, dafigli viziati e vinti. In un posto dove non cÊèpiù cultura per il sacrificio, per la lotta, per laresistenza. Dove non ci si è sforzati più ditanto per ottenere dei risultati, complice unacorruzione che rende abietti. Crisi econo-mica? Occorre evitare che il denaro complichile relazioni, o che addirittura le interrompa.Abbiamo bisogno di una comunità di personeche lottano per lo stesso scopo e che dedi-cano parte del loro tempo ad esso. Per forza!Non cÊè unÊaltra soluzione. Non ci sarà sem-pre unÊaltra possibilità.Non esiste il sole amezzanotte. Abbiamo bisogno di luce lad-dove il buio nasconde la verità, abbiamo bi-sogno di risvegliare le nostre coscienze e diintraprendere un cammino lungo fatto di pic-cole cose, senza fretta ma senza pausa, per-ché la crisi cÊè, è vero, ma anche GiovanniFalcone diceva che ogni fenomeno umano haun inizio e di conseguenza avrà una fine. Ab-biamo bisogno di credere che qualcosa di me-raviglioso sia ancora possibile.Alziamo gli occhi al cielo durante una bellagiornata e rendiamoci conto che il sole a mez-zogiorno, quello sì, è possibile ancora pertutti.

IL SOLE A MEZZOGIORNOdi Giovanni Esposito

Page 5: Liberamente n 22 marzo 2014

CONSERSANDO CON LA PSICHE

W I N T E RB L U E S

d i S e r e n a P e t r e t t a

Chiariamo subito: non tratteremo di un genere musicale, comemolti avranno potuto pensare dal titolo. Non parleremo di avvol-genti e calde note provenienti dal profondo sud dellÊAmerica, daicampi di cotone, dai lamenti, dai bisogni degli schiavi. Piuttosto una vera e propria patologia psicologica che, escluso ilnome, ha ben poco di accattivante. Ne parliamo qui in onore allastagione che ci sta attraversando corpo e mente e che ci sta lenta-mente lasciando, con qualche colpo di coda e qualche colpo ditosse, aspirando ad un marzo deumidificante. Il winter blues, infatti,è detto anche „depressione stagionale‰ ed è una vera e propriaforma di depressione che si acutizza con lÊinverno e che porta allapatologizzazione di tutti quegli effetti che il freddo e il buio hannosul nostro umore. É nellÊesperienza di molti un calo degli interessie delle attività, una propensione alla pigrizia e allÊaumento dellÊap-

petito, una generalizzata insofferenza che focalizza la nostra atten-zione solo su plaid, pasti caldi, posizioni supine e abbandoni datermosifone/camino.Fin qui siamo nella letteratura, nella pubblicità degli antipiretici edegli integratori vitaminici, nella comicità e nella satira come spessoavviene con tutte le cose di senso comune, che consentono lÊiden-tificazione della maggior parte delle persone con quello che vieneraccontato e proposto.Resta la fascinazione di come la nostra mente, il nostro umore, ele nostre attività possano essere tanto condizionate da quanto dipiù semplice e naturale esista come lÊavvicendarsi delle stagioni.Un retaggio antico che stride con la nostra evoluzione, così forte-mente orientata, in ottica progressista, a smarcarsi dalle restrizionidella biologia.Eppure in alcuni casi la normale ciclicità del nostroadattamento agli agenti esterni e alla loro influenza sulla chimicadel nostro cervello può nascondere la gravità di un vero e propriodisturbo.I sintomi del winter blues (conosciuto in diagnostica comeSAD, seasonale affective disorder) possono consistere in difficoltànella fase del risveglio, nausea, tendenza a dormire e mangiare piùdel necessario, mancanza di energie, difficoltà di concentramento,diminuzione o scomparsa dei rapporti sociali, affettivi e sessuali,pensieri ricorrenti negativi e pessimistici.Descritto così, a moltisembrerà soltanto il ritratto di una di quelle giornate no che capi-tano a tutti, più spesso quando il sole cala intorno alle quattro del

pomeriggio. Eppure immaginate di provare questi sintomi in pra-tica ogni giorno per sei mesi circa, di essere sempre stanchi, nau-

seati e affamati al tempo stesso. Di non riuscire a portare a termineil vostro lavoro, di non voler leggere, uscire di casa, passeggiare eneanche guardare la tv. Di non aver voglia di vedere la vostra fami-glia, di non sopportare il vostro partner, di non curarvi dei vostrifigli, di non telefonare ai vostri amici. Di pensare sempre a cosenegative o catastrofiche, di aver paura di ammalarvi o morire. Pertutto lÊinverno. E poi tornare alla vostra normalità appena tornatala primavera. Come ogni cosa in psicologia e più in generale neipensieri e nei comportamenti degli esseri umani, la „patologia‰ stanellÊinterferenza che i sintomi hanno sulla vita che vorremmo con-durre, sulla percezione di noi stessi e sulle difficoltà che genera inchi ci sta accanto. Ed è diversa per ognuno di noi.La SAD (la sigla è autoironica, lo ammetto) è ancora in gran partemisteriosa per gli addetti ai lavori. Sebbene influenzata da agentiesterni climatici ed ambientali, la SAD non è maggiormente pre-sente, come si potrebbe presumere, nelle popolazioni che vivononelle zone artiche, né colpisce maggiormente aree del globo piùpiovose o buie di altre. Gli studi in corso si stanno soffermando sucause genetiche o sulla sintesi di sostanze fondamentali della nostrachimica cerebrale che sono fotosensibili come la melatonina o laserotonina, coinvolte sia nella gestione dellÊumore che dei ciclisonno-veglia. Ad oggi non ci sono risposte univoche in materia,tranne la certezza che i pazienti traggono beneficio dallÊesposizionea una terapia della luce.La considerazione che ne possiamo trarreè solo quella di avere più attenzione e rispetto per le nostre neces-sità biologiche, di lasciarci guidare, corpo e mente, dalla naturalitàdei cicli, dai bisogni dellÊecosistema che creiamo nellÊinterazione

tra noi e il nostro ambiente, anche sociale; di spendere un poÊ menoenergie a voler piegare luce e buio, sole e vento e pioggia, notte egiorno ai nostri voleri. Godendoci anche lÊimmobilità, il torpore ela quiete dellÊinverno.

-

Page 6: Liberamente n 22 marzo 2014

- 6 -

IL DOVERE CIVILEE POLITICO DI RISPETTARE LACOSTITUZIONE

di Giovanni Sarubbi

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANADISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI⁄.XVIIILa presente Costituzione è promulgata dal Capo provvisorio delloStato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dellÊAs-semblea Costituente, ed entra in vigore il 1° gennaio 1948.Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di cia-scun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durantetutto lÊanno 1948, affinché ogni cittadino possa prenderne cogni-zione.La Costituzione, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nellaRaccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica.La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Leggefondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi delloStato.Data a Roma, addì 27 dicembre 1947.

Sembra una banalità affermare che una legge dello Stato debba es-sere rispettata, ma nel nostro Paese, dove lÊillegalità prevale in ogni

aspetto della vita sociale, una tale affermazione suona come unavera e propria eresia. Ancora di più sembra unÊeresia rispetto allanostra Costituzione, soggetta a violenti e reiterati attacchi oramaida oltre ventÊanni a questa parte, con interpretazioni capziose,false o revisionistiche sia del suo spirito che della sua lettera. In unatale situazione di confusione, è persino difficile riuscire a capire sesi debba o meno fare obiezione di coscienza rispetto ad una leggeingiusta o contraria ai diritti umani, cosa che può sempre capitarequando prevalgono gli interessi privati rispetto a quelli che riguar-dano lÊintera collettività, il cosiddetto „bene comune‰. Confondereil bene con il male è, di solito, il primo passo che i governanti cor-rotti mettono in atto per esercitare il proprio dominio.Eppure il rispetto della Costituzione è sancito nelle ultime paroledella nostra „carta fondamentale‰, contenute nella diciottesima „di-sposizione transitoria e finale‰ che testualmente recita: ÿLa Costi-

tuzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamen-tale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello StatoŸ.Non dovrebbero esserci dubbi su parole come „fedelmente osser-vata‰, eppure questa è forse la parte più violata della nostra Costi-tuzione.Ma cÊè un altro articolo della Costituzione altrettanto importante.EÊ lÊarticolo 54 che testualmente recita: ÿTutti i cittadini hanno ildovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costitu-zione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubblichehanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestandogiuramento nei casi stabiliti dalla legge.ŸAnche qui parole chiare: „dovere di essere fedeli‰, „osservarne laCostituzione e le leggi‰, e poi „giuramento‰, un atto impegnativoa cui non si dovrebbe mai venire meno.Chi è chiamato a ricoprire cariche pubbliche deve, infatti, prestaregiuramento sulla Costituzione. Il Governo, ad esempio, per entrarein carica deve prestare giuramento con la seguente formula: ÿGiurodi essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costi-tuzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nellÊinteresse esclu-sivo della nazioneŸ.Giuramenti analoghi vengono fatti dai sindaci, dai presidenti di Re-gione, dai magistrati, dai pubblici dipendenti. Il bene comune e lasua tutela è lÊelemento costitutivo di uno Stato e delle istituzioniche lo rappresentano.

Oggi, troppi di quelli che siedono nelle nostre istituzioni dovrebberoessere accusati di spergiuro e privati dei loro diritti politici, visto ildegrado politico e morale a cui è giunta la nostra vita pubblica, conle istituzioni, ad ogni livello, asservite ad interessi privati legati dauna vera e propria rete corruttiva che sembra non avere mai fine.Abbiamo assistito, per esempio, al giuramento di fedeltà alla Re-pubblica di ministri appartenenti a partiti che sostengono la sepa-razione delle regioni del nord dal resto dellÊItalia. Come può esserefedele alla Repubblica chi vuole realizzare lÊindipendenza della ine-sistente „padania‰? Questi stessi ministri, ed i governi di cui essifacevano parte, hanno poi approvato vere e proprie leggi razzialinei confronti dei migranti, violando quella Costituzione su cui ave-vano giurato.Abbiamo assistito, negli ultimi venti anni, alla istituzionalizzazionedi fatto del „conflitto di interessi‰, diffuso in ogni settore della vita

Page 7: Liberamente n 22 marzo 2014

pubblica ed in tutte le regioni del paese. Ministri hanno avuto propriparenti in importanti istituzioni private legate al proprio ministero;presidenti di imprese pubbliche hanno avuto propri familiari alla

presidenza di imprese private da queste controllate; senza parlare,ma non cÊè stato solo questo, del macroscopico conflitto di interessidellÊoramai ex deputato ed ex presidente del Consiglio Berlusconi,che ha gestito le TV pubbliche pur continuando ad essere azionistadel principale gruppo di televisioni private. E se ogni cittadino simettesse a scavare nei rapporti di parentela delle imprese privateche svolgono attività a favore del comune nel quale egli vive, si tro-verebbero rapporti di parentele ramificate e diffuse. Altro che svol-gere le proprie funzioni ÿnellÊinteresse esclusivo della nazioneŸ.LÊutilizzo a fini privati delle istituzioni è la pratica costante, e infattii risultati si vedono. Servizi sociali oramai sempre più inesistenti,scuole alla bancarotta, sanità di fatto privatizzata.La privatizzazione dellÊeconomia, ad esempio, avviene in spregiodella Costituzione che, allÊarticolo 41, sancisce che lÊiniziativa eco-nomica privata ÿNon può svolgersi in contrasto con lÊutilità socialeo in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignitàumanaŸ. Una economia finalizzata esclusivamente al profitto delleimprese è esclusa dalla nostra Costituzione. E del resto che econo-mia è quella che garantisce profitti immensi a poche persone men-tre a tutto il resto della popolazione viene garantita miseria,disoccupazione e inquinamento ambientale? Che economia è quellache produce inquinamento ambientale grave (come quello che vi-viamo oggi in Campania) nel nome del „massimo profitto‰? Eppure

non cÊè governo, da trentÊanni a questa parte, che non abbia avutonei propri programmi la privatizzazione di imprese pubbliche o lasvendita dello stesso patrimonio dello Stato. Oggi parlano di ven-dere addirittura le spiagge.Lo Stato, inteso come struttura in grado di tenere insieme solidal-mente tutti i cittadini che di tale Stato fanno parte, è di fatto morto,perché tutta lÊeconomia pubblica è finalizzata agli interessi privati.Gli interessi del singolo imprenditore prevalgono sulle leggi e sullastessa Costituzione, e quando la Corte Costituzionale ricorda a co-storo che le loro pretese sono illegali, come è successo con la Fiatdi Marchionne, questi dicono che la Costituzione va cambiata, mi-nacciando al contempo di voler abbandonare un paese che nondovesse mettere al primo posto gli interessi dei singoli imprenditoriprivati. Interessi che hanno trovato la loro più alta forma di tutelanella cancellazione di tutti i contratti collettivi di lavoro, realizzatanella manovra finanziaria dellÊagosto 2011 dallÊallora governo Ber-lusconi, che approvò una norma in tal senso.Sono le imprese multinazionali a decidere come più gli aggrada,ed è per tale motivo che oggi vogliono stravolgere completamentela nostra Costituzione, nata dalla Resistenza al nazi-fascismo e che,nonostante varie manomissioni, come quella del Titolo V, è ancoraun baluardo al liberismo sfrenato e alla mortificazione dei diritti dei

lavoratori.La Costituzione va dunque rispettata e applicata, con lealtà ed ab-negazione. Per questo va difesa dalle manipolazioni che sono at-tualmente in discussione in parlamento.

- 7 -

Page 8: Liberamente n 22 marzo 2014

Giovanni VecchiIn ricchezza e in povertàEditore, Il Mattino

Una ricerca straordinaria sulle condizioni divita degli italiani, dal 1861 al 2011: nel ri-percorrere i 150 anni di storia unitaria il librodocumenta i successi e i ritardi con cui il pro-gresso economico ha distribuito i propri be-nefici alla popolazione. Nel corso di unsecolo e mezzo – un tempo breve quanto unbattito di ciglia se si usa il metro della storia– il benessere degli italiani ha compiuto un

balzo di di mensioni epocali. Sconfitte la fame e la miseria, lÊignoranzae la malattia, abbiano raggiunto un benessere pari a quello di pochi altripaesi al mondo. In termini di equità tuttavia non sempre e non tutti gliitaliani sono riusciti a partecipare nella stessa misura alla parabola asce-dente del paese.

Dambisa MovoLa carità che uccideEditore, Rizzoli

La strada che abbiamo scelto per aiutarelÊAfrica è la peggiore possibile: devolverefondi non solo è uno spreco, ma mette inmoto un circolo vizioso di corruzione e di-pendenza dagli aiuti internazionali che ral-lenta – o addirittura impedisce – losfruttamento delle risorse interne. Meglioinvece varare un vero progetto di sviluppo

che, come il piano Marshall, fornisca sul breve periodo finanzia-menti minimi per facilitare un rapido inserimento del Terzo Mondonel libero mercato. UnÊanalisi acuta basata su „case studies‰ e daticoncreti che sgombra la strada dalla finta carità e chiarisce qual èla nostra responsabilità: per una volta, tagliare i fondi.

- 8 -

Page 9: Liberamente n 22 marzo 2014

- 9 -

l’APPROFONDIMENTO

IL MODELLO CHAPLIN. LÊEFFETTODELLA „FAMIGLIA‰IN UN MONDO DIPOVERTAÊdi Jana Novellino

Negli anni Â20 del Novecento nasce uno dei generi più importanti del cinemadi quei tempi, registi come Chaplin, Keaton e Lloyd danno vita a nuovi lun-gometraggi, pure composizioni visive con storie solide e convincenti in cuiinseriscono delle divertenti gag fisiche. Viene alla luce il genere „slapstick‰,di cui Charlie Chaplin diviene subito simbolo. Temi a lui cari sono la denunciasociale, lÊattenzione ai più deboli, al mondo dei poveri, e il suo stile inconfon-dibile è caratterizzato da una magica fusione fra comico e drammatico. LÊim-pronta stilistica di Chaplin è visibile già dal suo primo lungometraggio daregista „The Kid‰, „Il monello‰, film che riflette sul significato del prendersicura dellÊaltro. Un bambino viene abbandonato dalla giovane madre che lolascia in una macchina di lusso sperando di regalargli un futuro migliore.LÊauto viene rubata da due malviventi e il bambino raccolto per strada da unvagabondo che decide di prendersene cura. Inizia così la dolce amicizia tra ilvetraio Charlot e „il monello‰ John da lui cresciuto con tanto amore. Il va-gabondo, allÊinizio costretto a prendersi cura del piccolo, inizia ad accudirlocome meglio può con mezzi di fortuna, costruisce un vasino bucando unasedia di paglia ed utilizza una teiera come biberon. Nel frattempo la ragazzamadre è diventata unÊattrice ricca e famosa che per riscattarsi dal senso dicolpa aiuta i poveri del quartiere. Quando la donna si renderà conto che inrealtà il monello è il figlio abbandonato anni prima, cercherà in tutti i modi

- 9 -

LA POVERTAÊ

Page 10: Liberamente n 22 marzo 2014

- 10 -

di riprenderselo. Il film prosegue con delle gag divertenti, mantenendo unperfetto equilibrio tra comico e tragico, fino alla straziante separazione traCharlot e il monello. Tutto il genio di Chaplin è espresso in questo capolavororicco di una grande potenza emotiva e comunicativa. Con questo film Cha-plin dimostra che un nuovo inizio è possibile solo se supportato da un fortevincolo dÊamore. Nella forza del rapporto tra il vagabondo e il ragazzo, sÊin-travede la speranza di un possibile cambiamento in una società fatta di pre-giudizi e ingiustizie. Il forte legame di questa „famiglia‰ particolare è basatosulle piccole cose che rendono felici pur vivendo in povertà. La stessa storiadellÊinfanzia di Chaplin fa pensare ad un parallelismo tra lÊesperienza perso-nale dellÊartista e quella che racconta nel film, anche il quartiere in cui è am-bientata la storia richiama i luoghi in cui visse i primi anni della sua vita, colmidi una povertà non solo materiale ma anche di rapporti umani. „Un filmche fa ridere e, forse, piangere‰, come recita la didascalia allÊinizio dellÊopera;molti critici lo considerano il miglior film di Chaplin perché riassume perfet-tamente lÊintento di tutta lÊopera del regista, è il primo tentativo dichiarato difusione tra comico e drammatico. Con „Il monello‰ Chaplin rappresenta larealtà del mondo povero degli anni tra il 1918 e 1919, cercando di „addol-cirlo‰ agli occhi dello spettatore attraverso piccole gag o scene di grande te-

nerezza, alternate alla crudeltà di scene come quella in cui il bambino vieneportato in orfanotrofio. Attraverso il suo stile sempre discreto, Chaplin tra-smette il calore del nido familiare, non invade gli spazi, non oltrepassa maila linea di demarcazione con la macchina da presa, guardando quindi lascena dalla parte dello spettatore, senza intaccare lÊintimità dei personaggi.Pochissimi primi piani che permettono di valorizzare al massimo la panto-mima con il personaggio sempre al centro dellÊinquadratura. Il film è un con-tinuo scambio tra i due personaggi principali che sÊintersecano tra loro, quasicome se fossero un unico personaggio. Spesso il ruolo dei due diventa in-terscambiabile come nella scena in cui il bambino cucina mentre Charlot,ancora a letto, fuma e legge il giornale. Il piccolo richiama il vagabondo in-vitandolo ad andare a tavola con atteggiamenti genitoriali. Il vagabondo rap-presentato da Chaplin è magistrale nel riuscire a vivere in completa povertàpur mantenendo una grande dignità ed eleganza. I suoi gesti e la sua mimicasono quelli di un gentiluomo che cerca di mantenere il suo status anche nelpieno degrado sociale. Il popolare vagabondo con cui il pubblico identificaChaplin tornerà in altri due film di successo, „La febbre dellÊoro‰ del 1925 e„Il circo‰ del 1927.

Page 11: Liberamente n 22 marzo 2014

- 11 -

„Quando quel giorno Francesco verrà io vo-glio dirgli così: dimmi se sono la tua Po-vertà, io che son povera qui. E luiFrancesco dirà: Povertà, Povertà non è Diose sarà come qui schiavitù. Pane e cielo sa-pore non ha se il tuo pane non è libertà.Quando quel giorno Francesco verrà ali dirondine avrò e su nel libero cielo con lui ioPovertà volerò.‰ ˚ questa una delle ultimecanzoni del famoso recital „Forza venitegente‰ del 1981 dedicato alla vita di SanFrancesco. ˚ la povertà personificata chechiede al santo assisano chi è davvero lei,se in cielo continuerà ad essere povera o secambierà qualcosa. E Francesco le rispondeche la povertà non è Dio se è schiava deibisogni e dei piaceri. E che pane e cielo nonhanno sapore se non sanno di libertà.Poche parole ma abbastanza profonde perstimolare una riflessione sulla povertà vistacon gli occhiali della fede. Sì, perché la sipuò vedere in tanti modi, soprattutto oggiquando nel nostro, ormai ex, opulento Oc-cidente aumentano ogni giorno le famiglieche fanno fatica ad arrivare alla fine delmese, senza contare quelle che sono giàsotto la soglia di povertà, chi da pocotempo chi da sempre⁄Ma in questo arti-colo non ci interessa lÊaspetto sociologicoo politico della povertà ma, ripetendo, vo-gliamo guardarla con occhi diversi e, visto

che gli occhi non li possiamo cambiare,cambiamo gli occhiali e inforchiamo quellidella ultramillenaria esperienza cristiana.Potremmo anche dare uno sguardo allealtre religioni e filosofie di vita (Islam, Ebrai-smo, Buddismo, Zen, ecc.) ma occupe-remmo troppo spazio magari costringendoil lettore a passare oltre. E poi per dire cosa,alla fine? Che la parola povertà, così bruttada pronunciarsi nel nostro, confermo, exopulento Occidente, vista con gli occhialinuovi assume un atteggiamento profonda-mente diverso, anzi diametralmente oppo-sto: diventa la Madonna Povertà di cui ilsanto di Assisi sÊinnamorò. Ma comÊè pos-sibile innamorarsi di una situazione che cifa vivere senza le comodità a cui siamo abi-tuati (televisori, computer, lavatrici, lavasto-

viglie, automobili e chi più ne ha più nemetta)? ComÊè minimamente pensabile diessere felici se non si può fare almeno unavacanza al mare o un viaggio di turistico disette giorni? Non è da folli vivere in unacasa fredda, senza il riscaldamento, magariin una sola stanzetta con un letto e unoscrittoio? Domande legittime, logiche,anche giuste, se vogliamo, nel momento incui a farle è semmai un padre di famigliache vuole dare ai suoi figli un minimo diagiatezza, la possibilità di studiare e farsi unfuturo, e magari lÊauto il sabato sera peruscire con gli amici. Ma queste perplessitànon possono essere criticate perché na-scono da un presupposto diverso e anchesocialmente giusto: lÊuomo è un essere pen-sante che deve mettere a servizio della so-

LA POVERTAÊ CRISTIANA: UN RICHIAMO DIVINO di Nicola De Rogatis

Page 12: Liberamente n 22 marzo 2014

- 12 -

MISERIA E POVERTAÊ: EÊ LÊITALIA BELLEZZA!di Enza Petruzziello

Ogni anno gli italiani si scoprono più poveri. Colpa della crisi eco-nomica, la cui morsa non sembra allentarsi. Ad offrire un quadroimpietoso del nostro Paese è ancora una volta lÊIstat. Secondo idati, infatti, sono 9 milioni 563 mila le persone in povertà relativa,pari al 15,8% della popolazione. Di questi, 4 milioni e 814 mila(8%) sono i poveri assoluti, che non riescono ad acquistare beni eservizi essenziali per una vita dignitosa.

Dei poveri assoluti italiani, quasi la metà (2 milioni 347 mila per-sone) nel 2012 risiede nel Mezzogiorno. Erano 1 milione 828 milanel 2011. I minori in povertà assoluta al Sud sono 1 milione 58mila (703 mila nel 2011, lÊincidenza è salita dal 7% al 10,3%) e glianziani 728 mila (977 mila, lÊincidenza è pari a 5,8% per entrambigli anni). La povertà relativa è più diffusa in Sicilia, Puglia e Cala-bria. Osservando il fenomeno con un maggior dettaglio territoriale,evidenzia lÊIstat, la provincia di Trento (4,4%), lÊEmilia Romagna(5,1%) e il Veneto (5,8%) presentano i valori più bassi dellÊincidenzadi povertà. Si collocano su valori dellÊincidenza di povertà pari al6% la Lombardia e il Trentino Alto Adige. Ad eccezione del-lÊAbruzzo (16,5%), dove il valore dellÊincidenza di povertà non èstatisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le altre re-gioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto delPaese. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residentiin Campania (25,8%), Calabria (27,4%), Puglia (28,2%) e Sicilia(29,6%) dove oltre un quarto delle famiglie sono povere.Le famiglie in povertà assoluta sono il 6,8% del totale delle famiglieitaliane, e la percentuale della popolazione passa dal 5,7% del 2011allÊ8% del 2012. Un record dal 2005. Dal 2011 al 2012 lÊincidenzadella povertà aumenta tra le famiglie con tre (dal 4,7% al 6,6%),quattro (dal 5,2% allÊ8,3%), cinque o più componenti (dal 12,3% al17,2%); tra le famiglie composte da coppie con tre e più figli, quellein povertà assoluta passano dal 10,4% al 16,2%. Se si tratta di trefigli minori, dal 10,9% si passa al 17,1%. Aumenti della povertàassoluta vengono registrati anche nelle famiglie di monogenitori(dal 5,8% al 9,1%) e in quelle con membri aggregati (dal 10,4% al13,3 %). La povertà assoluta aumenta non solo tra le famiglie di operai (dal

cietà la sua intelligenza creando le condi-zioni per una vita sempre migliore e ugualeper tutti senza lasciare nessuno indietro. Dipiù: deve fare in modo che chi è capacepossa sempre stare meglio, senza limiti, apatto che non danneggi gli altri. ˚, in fondo,il principio di un sano capitalismo non an-cora attuato e che, forse, non si attueràmai. Ma il principio è valido ed è anchequello che ha perseguito la Chiesa nei se-coli, pur con tanti errori, per contribuire acreare una società migliore. Ma, allora, haisbagliato tutto, Francesco? E tu, Madre Te-resa, chi te lÊha fatto fare di lasciare la tuacomunità di suore che insegnava ed edu-cava i figli delle famiglie perbene per andarea vivere a Calcutta? E potremmo citarnetanti di uomini e donne che, a un certopunto della loro vita, hanno fatto una sceltaradicale per incontrare Madonna Povertà evivere con lei, sia in epoche passate che at-

tuali. Penso, ad esempio, a Claudia Kollche, dopo un passato di attrice famosa, harinunciato a soldi e carriera per iniziare unanuova vita fatta di preghiera e di condivi-sione delle sofferenze di tante popolazionidel cosiddetto terzo mondo. ˚ una sceltamasochistica? Forse un nuovo modo perfarsi pubblicità? Voler fuggire le responsa-bilità di cittadina per lavorare alla crescitadi una società migliore, magari entrando inpolitica? Potremmo trovare tante risposte e,al tempo stesso, nessuna risposta. Se nonuna sola: chi sÊincammina sulla strada diFrancesco rinunciando a tutto quello che dibuono e piacevole può dare una vita mon-dana, lo fa per un solo motivo: somigliare,per quanto possibile e con tutti i propri li-miti, a colui che da ricco che era si è fattopovero per donarci la sua unica ricchezza,la sua divinità: Gesù di Nazareth, il Figlio diDio! Ho conosciuto tante persone, uomini

e donne, che vivevano nella più assoluta se-renità senza possedere niente, se non unabito per coprirsi e un letto dove poter pog-giare il capo. Ho conosciuto uomini edonne che guardavano negli occhi senzagiudicare, capaci di ascoltare senza pregiu-dizi, dando semplici e brevi risposte alletante domande che assillano lÊessereumano da quando è nato. Ho conosciutouomini e donne capaci di soffrire nella gioia,capaci di dare la propria vita per gli altri, ca-paci di accettare gli avvenimenti più impre-visti con una serenità assoluta. Hoconosciuto uomini e donne che erano comebambini in braccio alla madre, certi dellasua protezione e fiduciosi nel futuro. Matutto questo non è spiegabile a parole, vavissuto per comprenderlo appieno e, so-prattutto, va visto come la risposta a unamore unico, mai provato prima, che ti dicesoltanto: SEGUIMI!

Page 13: Liberamente n 22 marzo 2014

- 13 -

Bulgaria Kazakistan Ucraina Brasile Haiti ColombiaNepal Fed.Russa

Paesi esteri con cui adottiamo

Page 14: Liberamente n 22 marzo 2014

- 17 -- 14 -

7,5% al 9,4% in un anno), ma anche tra gliimpiegati e i dirigenti (dallÊ1,3% al 2,6%) etra le famiglie dove i redditi da lavoro si as-sociano a redditi da pensione (dal 3,6% al5,3). Per quanto riguarda la povertà rela-tiva, lÊunico segnale di miglioramento si os-serva per le persone anziane sole(lÊincidenza passa dal 10,1% allÊ8,6%), pro-babilmente perché – osserva lÊistituto di sta-tistica – hanno un reddito da pensione, pergli importi più bassi adeguato alla dinamica

inflazionistica. La povertà relativa per glianziani soli rimane invece stabile.La povertà è il risultato di processi sociali,culturali, economici e politici. UnÊeconomiaingiusta e una società ineguale comportanoinfatti la creazione dei fattori strutturali al-lÊorigine dei processi dÊimpoverimento,come dimostra lÊaumento scandaloso deipoveri in Italia. Insomma, oggi spesso nonsi nasce poveri ma lo si diventa. E poi si sce-glie (si è obbligati) di mangiare cibi scaduti,

si sceglie di non comprare un abito, perchépoi a fine mese diventa difficile arrivare.Perché gli stipendi non bastano. E cosìlÊeconomia non gira e ci ritroviamo di frontea un circolo vizioso dal quale appare semprepiù difficile uscire. Uscire da questa situa-zione di stallo sembra essere diventata lamission dei nostri governi. Ma non bastanomirate politiche di welfare, occorrerebbe farripartire lÊeconomia a cominciare dal lavoro.Ridare una speranza, ecco quello che ci vor-

„MISERIA LADRA‰: QUANDO LA POVERTAÊ E LÊILLEGALITAÊ

RUBANO LA VITAdi Pasquale Alessio Ciampa (Libera Avellino) Sono pochi i dati che si potrebbero citare per farsiunÊidea abbastanza chiara e definita sulla situazione eco-nomica che attanaglia il nostro „Bel Paese‰. I rapportiISTAT relativi al 2012, ci raccontano di unÊItalia in cui9 milioni e 563 mila persone, cioè il 15,8% della po-polazione, vivono in condizioni di povertà relativa, ov-vero con una disponibilità economica media di circa 506euro mensili. In condizioni di povertà assoluta, invece,si trovano ben 4 milioni e 814 mila persone, pari al7,9% della popolazione italiana. Rispetto al 2011 lepersone che vivono in condizioni di povertà relativa cre-scono del 2%, quelle che vivono in povertà assoluta cre-scono del 2,7%. A tutto questo si unisce il fatto che lacrescente crisi del mercato del lavoro ha portato ad unsignificativo aumento del tasso di disoccupazione, chedal 10,7% del 2012, ha raggiunto lÊ11,5% nel marzo2013, facendo registrare percentuali ben più alte nelMezzogiorno. Ad aggravare la situazione è, non per ul-

tima, la profonda condizione di disuguaglianza che si vive in Italia dove, secondo il rapporto 2012 della Banca dÊItalia, il 10% della po-polazione detiene oltre il 50% della ricchezza nazionale, confermandoci così la diffusa percezione di quella tendenza che porta ad allargarela forbice tra ricchi e poveri, facendo scomparire il vecchio ceto medio in favore di una polarizzazione tra chi possiede tutto e chi nonpossiede niente.CÊè un grande bisogno di giustizia sociale nel nostro Paese. Avanzano miseria e disuguaglianze e regrediscono i diritti alla vita, al lavoro,alla dignità della persona. La „crisi‰ ci viene descritta come unÊentità astratta impossibile da contrastare, ma alla crisi si risponde innan-zitutto con scelte politiche chiare e coraggiose. La povertà è illegale, lo è sia sul piano morale perché spinge alla „disumanità‰ e rischia di diventarlo anche in rapporto alla criminalitàorganizzata. Con lÊaumentare della povertà e della miseria, infatti, si rafforza la presenza delle mafie nei territori perché i gruppi malavitosidispongono di unÊimmensa liquidità illecita di denaro che, in tempo di crisi, sono in grado di immettere nel tessuto produttivo sano, ge-stendo così aziende, ricattando persone, riciclando denaro, praticando usura ⁄„Libera. Associazioni, Nomi e Numeri Contro le Mafie‰ proprio per questi motivi, attraverso la campagna „Miseria Ladra‰, si è fattaportavoce di un nuovo modello di welfare sociale e di una nuova etica pubblica, che aspira a combattere le mafie prendendosi cura dichi ha bisogno di aiuto. Lo facciamo portando avanti 10 proposte concrete: 1) Ricostituzione del fondo sociale e del fondo sociale per la non autosufficienza; 2)Moratoria sui crediti di Equitalia e sul sistema bancario; 3) Pagamenti immediati da parte delle Pubbliche Amministrazioni a chi forniscebeni, prestazioni e servizi; 4) Agricoltura sociale, riconversione ecologica, integrazione dei migranti, tagli alle spese militari e a grandiopere inutili; 5) Sospensione degli sfratti esecutivi; 6) Destinare il patrimonio immobiliare sfitto ai più bisognosi e allÊuso sociale; 7) Ri-conoscere la residenza ai senza dimora, in modo da farli accedere ai servizi sociali e sanitari; 8) Reddito minimo garantito; 9) Riportarein ambito pubblico i servizi essenziali, difesa dei beni comuni; 10) Rinegoziare il debito pubblico. Lo facciamo insieme agli attori sociali che si sentono parte di questo percorso comune che ci porta a contrastare lÊemarginazione delleesistenze, lo facciamo perché è scritto nella nostra Carta costituzionale e lo facciamo per un risveglio etico e culturale del nostro Paese.

Page 15: Liberamente n 22 marzo 2014

- 18 -

Come unvolontariocombatte la

sua povertàdi Raffaele De StefanoProvo ad articolare meglio ciò che può spingere unapersona, un volontario ad occuparsi di qualcosa da cui,solitamente, si fugge.Personalmente fuggo da tutto ciò che mi provoca soffe-renza. Essere a contatto con le varie forme di povertà èsicuramente una di quelle situazioni in cui vorresti cor-rere via a gambe levate.Ognuno trova la sua di interpretazione ed io, proveròcon una certa presunzione, a darvi la mia.Mi sento "rabbioso e violento". Prenderei a pugni le miepersonali miserie e quelle che incontro per la tua stradaper il mio personale appagamento egoistico ove gli altrisono un modo concreto per "placare la bestia" cheporto dentro di me.

Concreto è contrapporre la rabbia che covi, con il farequalcosa di piccolo o di medio, impegnandoti nel vo-lontariato ammortizzando le tue, personali tensioni.L'incontro con gli altri è insieme, appagante e fru-strante: sai bene che spesso, il tuo impegno può esseresolo "accoglienza e ascolto".Puoi solo fornire un mattoncino a qualcuno che costrui-sce una casa.In questo ti senti presuntuoso e fortunato nell'avereavuto buoni maestri, una famiglia, un lavoro ma questonon è uno standard comune. Pensi a Don Milaniquando affermava che, bisogna dare di più a chi haavuto meno, perchè altrimenti perseveri nella disegua-glianza.Ecco, vivo in qualche modo una "restituzione" delle miefortune e delle mie capacità, con cui cerco di chiudereil circuito rabbia-frustrazione-impotenza che vivo quoti-dianamente.Arrivo al punto: volontariato è combattere contro la pro-pria povertà, la propria miseria quella che ti fa accettarepassivamente e con indifferenza la vita di tutti i giorni.Questa visione del tutto personale, psicopedagocica delvolontario che ha nella relazione con l'altro la ricercadelle verità nascoste che ognuno coltiva dentro di sè mifa sempre di più pensare di essere un volontario nongeneroso, egoista ...forse semplicemente un po' incaz-zato.

Progetto de

La Casa

sulla Roccia

e del Teatro

di GLUCK

- 15 -

Page 16: Liberamente n 22 marzo 2014

- 16 -

LE NUOVEPOVERTAÊLavoratori che non riescono ad

arrivare alla fine del mese

di Ornella Petillo

Le nuove povertà. Lavoratori che non rie-scono ad arrivare a fine mese Alla fine del mese di gennaio è stato pubbli-cato il rapporto 2013 su „Occupazione esviluppi sociali in Europa‰. EÊ un rapporto importante perché mette inevidenza un fenomeno che molte famiglie etanti lavoratori sperimentano sempre piùspesso: non arrivare a fine mese (in sensoeconomico). LÊaumento della povertà tra la popolazionein età lavorativa è una delle conseguenze so-ciali più evidenti del periodo di crisi chestiamo vivendo. Un posto di lavoro non può garantire, inmolti casi, lÊuscita della persona dallo statodi penuria. Ovviamente dipende molto dal tipo di lavoroe dalla composizione del nucleo familiare, ese i lavoratori o le lavoratrici hanno figli lacosa si complica. Il documento presenta anche alcuni dati in-teressanti sulla situazione dellÊItalia, dove lapercentuale della popolazione a rischio po-vertà ed esclusione sociale è, nel 2012, al29,9% con un aumento costante negli ultimitre anni. Le donne purtroppo, anche in questo caso,hanno un triste primato; hanno retribuzionipiù basse, minori possibilità di carriera e leproprie ore di lavoro retribuito sono moltedi meno rispetto a quelle non retribuite.Tutto questo, oltre a relegare gran partedelle lavoratrici in una condizione di povertàlavorativa, causa anche un futuro pensioni-stico incerto con livelli di pensione moltobassi.Il fenomeno dei lavoratori poveri è stato esa-minato con interesse in molti Paesi, soprat-tutto per i risvolti macro-economici chegenera; negli Stati Uniti è stato analizzatogià alla fine degli anni '70 collegandolo aduna progressiva deregolarizzazione del mer-cato del lavoro; in altre parole lÊaumentodella flessibilità contrattuale e delle retribu-zioni genera un mercato del lavoro duale chedetermina molte asimmetrie nelle carrierelavorative.Che cosa significa „mercato asimmetrico‰?

Significa che non tutti i lavoratori sono trat-tati allo stesso modo; vi sono lavoratori cheriescono ad avere protezioni contrattualisti-che più stabili e più dignitose attraverso lÊap-plicazione di contratti nazionali di lavorofirmati dalle organizzazioni sindacali dei la-voratori e dei datori di lavoro; di contro visono altri lavoratori che non riescono ad in-serirsi in tale circuito e rimangono intrappo-lati in una precarietà persistente di lavoroche si traduce, spesso, in precarietà di vita.I soggetti più deboli in questa situazionesono principalmente le donne, per le ragioniche abbiamo accennato prima, e i giovaniche si affacciano per la prima volta almondo del lavoro.Dal punto di vista delle aziende i datori di la-voro preferiscono assumere con contratti dilavoro flessibile per abbattere i costi di pro-duzione e scaricarli sui nuovi assunti; manon dormono sonni tranquilli neanche i„vecchi‰, cioè, per intenderci, i lavoratoriche godono di protezione contrattualistica.Infatti lÊalta percentuale di lavoratori pre-cari/flessibili trascina la „copertura‰ dei di-ritti lavorativi verso il basso. La concorrenza che si crea non aiuta ilmondo del lavoro ma lo appiattisce ridu-cendo il potere contrattuale dei lavoratori atempo indeterminato.Il fenomeno che abbiamo analizzato nondeve essere sottovalutato anche se, sempli-cisticamente, qualcuno potrebbe dire che i„lavoratori poveri‰ sono sempre esistiti so-prattutto nelle frange basse di lavori pocoqualificati.Prima di ogni cosa bisogna tenere sottocontrollo il livello di espansione che il feno-meno potrebbe assumere nella nostra so-cietà. Una forte dilatazione creerebbe cicatrici so-ciali difficilmente rimarginabili in termini dicrescente insicurezza nella pianificazione fa-miliare ed economica, con la conseguentetardiva transizione allo stato adulto e tuttoquello che ne consegue (bassi livelli di fecon-dità, aumento dellÊetà media del matrimonioe del primo figlio e così via).Inoltre, la crisi che stiamo vivendo ci stamettendo davanti a fenomeni che finora nonavevamo mai conosciuto, come quelli di unaflessibilità troppo dilatata per lavori anchespecialistici e qualificati.Il tempo di intervallo tra un contratto e lÊal-tro crea instabilità lavorativa che si scaricasul reddito.Soltanto una rete di protezione costante,una presenza di regole certe per la maggiorparte dei lavoratori e una struttura di welfareche sia a supporto del mondo del lavorosono le migliori pratiche innestabili nella so-cietà per garantire a tutti le migliori e più di-gnitose condizioni di lavoro.

Page 17: Liberamente n 22 marzo 2014

- 17 -

Nella vita di tutti i giorni la tua famiglia può incontrare diverse difficoltà che

non sempre è facile superare da soli. Il nostro lavoro è quello di ascoltarti,

aiutarti a comprendere e, se vuoi, risolvere insieme i tuoi problemi familiari.

Chiamaci, anche solo per un cosiglio o un ascolto. Siamo qui per questo, gra-

tuitamente.

la casa sulla roccia | rione san tommaso 85, avellino

[email protected] / www.lacasasullaroccia.it

Per appuntamenti contattare la segreteria dell’Associazione tutti i giorni feriali

dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 17,00.

[email protected] - http://www.lacasasullaroccia.it

Page 18: Liberamente n 22 marzo 2014

- 17 -

IMU, BANKITALIAE IL DECRETOMAGICO CHE RUBAVA AI POVERI PERDARE AI RICCHIdi Luigi NumisRicordate il gran casino rappresentato dai deputati grillini in occa-sione del voto parlamentare sul decreto IMU-Bankitalia più o menoa fine gennaio? Gli alfieri di Grillo e Casaleggio che organizzanolÊostruzionismo parlamentare a oltranza e la presidente della Ca-mera Boldrini che ricorre alla „ghigliottina‰? Per gli ignari di gia-cobinismo applicato alle prassi parlamentari, la cosiddettaghigliottina è una norma/escamotage introdotta da Luciano Vio-lante nella XIII legislatura per aggirare (e mozzare appunto) gliostruzionismi clamorosi, comunque mai utilizzata fino al recente ri-corso della Boldrini. Dopo lÊapprovazione picaresca (e secondoqualcuno pilatesca) di quel decreto sulla via della decadenza per so-pravvenuto termine di scadenza, il plotone grillino si scatena e tuttofinisce in rissa verbale (e a tratti pecoreccia) diffusa nelle stanzedella democrazia, pure con qualche accenno di rissa fisica. Non vo-

lendo prendere le parti di nessuna delle fazioni in rissa, pur nonnascondendo una certa preferenza per le ragioni politiche degli in-cacchiati grillini e del loro ostruzionismo (non condividendone lÊinu-tile gazzarra scatenata nelle ore successive), cerchiamo di farechiarezza sui contenuti di quel (ennesimo) decreto salva-banche.Premessa: le banche sanguisuga, comunque la si pensi sulle originidelle loro abitudini, sono indispensabili in unÊeconomia liberista edi mercato. Ancora di più in unÊeconomia iperliberista di (iper)mer-cato. Quindi, se si è liberisti e mercatisti, si è a favore delle banchesanguisuga. LÊassioma è semplicistico ma tutto sommato realistico.Veniamo a noi allora. La Banca dÊItalia, come istituto di diritto pub-blico, nacque nel 1936 grazie alla „Legge Bancaria‰, che ne ri-formò le funzioni e ne espropriò le azioni private. Un altro regio

decreto del 1926 le aveva già assegnato il monopolio sullÊemissionedella moneta, così estromettendo dalla funzione Banco di Napolie Banco di Sicilia (neo borbonici scatenatevi!). Il capitale della bancavenne fissato in trecento milioni di lire e suddiviso in trecentomilaquote da mille lire ciascuna, forse per evitare la formazione di pe-ricolose concentrazioni di azioni e di potere (altri tempi!). Gli azio-nisti privati come detto vennero espropriati delle loro quote, chefurono assegnate a enti finanziari di rilevanza o proprietà pubblica(assicurazioni, istituti previdenziali, banche e casse di risparmio).Va da sé che questi enti finanziari azionisti della banca centrale,nel corso degli ultimi anni, sono stati tutti privatizzati, portandoquindi la banca in mani sostanzialmente private. AttualmentelÊunico azionista (ancora) pubblico è lÊINPS, ultimo avamposto delsolidarismo statale (lasciando perdere lÊincaricomane Mastrapa-squa), che comunque detiene non più del 5%. Con lÊintroduzione

dellÊeuro questo (ormai mini) capitale è stato convertito in 156.000euro. Capitale che, fino allÊapprovazione del decreto che stiamocercando di analizzare, non era mai stato incrementato. E su questoaspetto necessariamente torneremo. La Corte Suprema di Cassa-zione nel 2006 ha ribadito il carattere pubblico della banca, esclu-dendo dalle possibilità „le società per azioni di diritto privato‰ erichiamandosi espressamente alla Legge Bancaria del 1936. In-somma la solita corte, baluardo eminente della legge fatta ma zim-bello impotente dellÊinganno trovato. Quindi, come ogni entepubblico che si rispetti, la banca persegue (o dovrebbe perseguire)fini di pubblica utilità e non è soggetta a fallimento, anzi, tramite ilsuo intervento può impedire il fallimento delle banche private pergarantire la stabilità dellÊintero sistema bancario nazionale. Ed ec-coci allÊalibi pratico e morale dellÊallora „governo di servizio‰ diLetta e compari. Embè, proprio un bel servizio⁄Ci spieghiamo.Le banche italiane (o almeno alcune di esse) sono titolari di unaserie impressionante di crediti inesigibili, elargiti a imprenditori (so-prattutto „grandi‰ imprenditori, mica i crediti ai piccoli imprenditorio quelli ai privati disgraziati, sempre esigibilissimi) ora e per sempreimpossibilitati a restituire. Allora cosa ha pensato di fare la nostrasempre più amata classe politica a rimorchio (e a servizio, adessosi) della sovrastruttura bancario/finanziaria? Si è scervellata per in-ventare questo decreto; in questa legge lo Stato italiano (?) garan-tisce alle banche non lÊeffettiva esigibilità dei crediti bensì,attraverso un sistema apparentemente complicato e adatto solo alcomprendonio degli esperti, maggiori guadagni provenienti da di-videndi azionari decisamente più lauti per effetto dellÊaumento dicapitale della banca centrale. E infatti, la legge approvata in zonaCesarini il 29 gennaio scorso aumenta il capitale della banca cen-trale italiana, o meglio, autorizza la banca centrale ad aumentare(ragazzi, sono liberali⁄) il proprio capitale a 7,5 miliardi (!) di euro.Il governatore della banca, Ignazio Visco, nel frattempo aveva prov-veduto ad apportare le necessarie modifiche statutarie per accon-discendere allÊautorizzazione del governo. LÊaumento di capitaledovrebbe dipendere (condizionale di prammatica) direttamentedallÊaumento di valore delle azioni esistenti, quindi nessun reale

- 18 -

Page 19: Liberamente n 22 marzo 2014

- 18 -

esborso di denaro per gli azionisti. UnÊazione passa da 0,56 euroa 25 euro! Neanche un pantano che diventa terreno edificabile⁄Ma non esageriamo con le malignità, il decreto prevede anche chegli azionisti non possano detenere più del 3% delle quote. QuindiIntesa San Paolo e Unicredit per esempio, i maggiori azionisti al30% e 22%, dovranno vendere fino ad arrivare alla quota morige-rata del 3%. Considerando tutti gli istituti finanziari che detengonopiù del 3%, il 56% del totale dovrà essere venduto. La vendita però,

con il prezzo della singola azione a 25 euro, favorirà enormi plu-svalenze per tali istituti. Ma a chi potranno vendere i titoli i simpaticiazionisti? La legge non lascia nulla al caso, e stabilisce anche i pos-sibili acquirenti, cioè banche, assicurazioni, fondazioni, istituti diprevidenza e di assicurazione compresi i nuovi fondi pensione isti-tuiti negli ultimi anni (che magari dovranno progressivamente so-stituirsi allÊINPS). Solo enti italiani ma forse (in attesa di verifica dicompatibilità con la disciplina comunitaria) anche non italiani. Tuttisoggetti che, a ulteriore garanzia di sicura speculazione, paghe-ranno di tasse unÊaliquota agevolata fissata al 12%. Di più, non an-cora sufficientemente protette, la banche e simili, nel caso in cuinon riuscissero a vendere le loro azioni, sarebbero aiutate dalloStato, automaticamente (ri)acquirente delle azioni (al prezzo esage-rato, ça va sans dire) a spese sue, cioè nostre. E vogliamo cercaredi capire (siamo pur sempre profani) come saranno i nuovi divi-dendi? Le regole precedenti stabilivano che la Banca dÊItalia nonpoteva distribuire utili superiori al 10% del capitale sociale (una cifrairrisoria considerato il capitale totale di 156000 euro). In verità eraprevista una quota straordinaria (decisa discrezionalmente dal „con-

siglio superiore‰ della banca) legata ai frutti dellÊinvestimento delleriserve, e comunque non superiore al 4% delle stesse, che propor-zionava la vera fetta degli invitati alla torta negli ultimi decenni. Se-condo calcoli complicati ma mai smentiti, negli ultimi quattordicianni lÊimporto distribuito (nel 2012 circa 70 milioni di euro) si èsempre collocato su valori di gran lunga inferiori al limite massimodel 4% delle riserve, più o meno sullo 0,5%. Il nuovo (liberalissimo)regolamento invece non fa più alcun riferimento a quote straordi-narie, e addirittura abbassa al 6% del capitale „sociale‰ (nel sensodi socializzazione delle perdite) la quota di utili distribuibili annual-mente sotto forma di dividendi. Epperò ora il capitale diventa di7,5 miliardi di euro, il 6% quindi equivale a circa 450 milioni dieuro allÊanno, il calcolo lo sappiamo fare pure noi. E qualcuno forseritiene che alla soglia massima del 6% non si arriverà?...Non cÊèche dire, un bel regalo agli azionisti privati (nel senso di privatizza-zione dei profitti) della nuova Banca dÊItalia. E una bella fregaturaper i cittadini italiani. O no?Ma cosa cavolo cÊentrava lÊIMU nel decreto del contendere? Pro-babilmente era messo lì per sensibilizzare lÊopinione pubblica sul-lÊurgenza popolare di approvazione del decreto, e forse anche amonito delle forze politiche per fare intendere che, senza i soldi im-mediati entranti nelle casse dellÊerario con la vendita iniziale delleazioni della banca (fu pubblica), prima dellÊinevitabile e successivosalasso dello Stato, la seconda rata dellÊIMU non poteva propriocancellarsi. La solita lunga visione⁄Sempre in proposito, nei giorni successivi allÊapprovazione del de-creto, evidentemente non ancora adeguato a certificare la soprav-vivenza delle banche, è comparsa sul Financial Times la notizia diIntesa San Paolo allo studio per la creazione di una „bad bank‰ in-terna, forse sul modello di quella già utilizzata dallÊallora San PaoloIMI (prima della fusione con Banca Intesa) per ripulire il neo incor-porato a prezzo di saldo Banco di Napoli, o forse solo per andareincontro alla nuova „leverage ratio‰ del comitato di Basilea, un sim-patico simposio di „regolamentatori‰ delle banche europee semprepiù spinto verso lÊinvestimento in derivati e sempre meno verso ilprestito a famiglie e imprese. Lo stesso governatore Visco, in undiscorso tenuto allÊassociazione dei cambisti italiani, da non con-fondersi con quella più nota degli scambisti italiani, premettendoche il decreto del governo potrebbe non bastare a salvaguardare laserenità delle banche italiane (signor governatore, vuole anche unpezzo di ⁄.?!), ha fatto aleggiare sulla platea lÊipotesi di una „badbank‰ di sistema. Ma qui entriamo nella fantafinanza⁄Forse.

- 19 -

La Casa sulla Roccia

Avellino

0825/72420 - 72419

[email protected]

Progetto per la dipendenza da gioco.

Page 20: Liberamente n 22 marzo 2014

LA POVERTAÊ AITEMPI DELLA SECONDA REPUBBLICAdi Samanta Gemma

„...Non chiedermi cosa è la povertà perché lÊhai incontrata nellamia casa. Guarda il tetto e conta il numero dei buchi. Guarda i mieiutensili e gli abiti che indosso. Guarda dappertutto e scrivi cosavedi. Quello che vedi è la povertà‰. La povertà, pur essendo qualcosa di tangibile ai nostri occhi, restacomunque un concetto relativo. Immaginiamo per assurdo una so-cietà composta di soli poveri, quello meno povero rispetto agli altrisarebbe paradossalmente il più ricco! Tuttavia, se chiedessimo ingiro cosa si voglia intendere per povertà, tal concetto ci rimande-rebbe immediatamente ad una mancanza, allÊassenza di qualcosache dovrebbe esserci e che non cÊè. Quindi la povertà, che potrebbeessere intesa in una moltitudine di accezioni (povertà di spirito, dilegalità, di principi morali, di diritti, di servizi sociali, di lavoro ecc.)nel suo aspetto più classico altro non è che quella condizione „defacto‰ di chi, non avendo a disposizione risorse economiche spen-dibili, si trova estromesso dallÊaccesso a quei beni e servizi indi-spensabili alla propria sopravvivenza.In questa „categoria‰ rientrano da sempre gli esclusi, gli emarginati,gli invisibili, quelli dei quali possiamo vedere il viso appostandocidavanti alle caritas durante la distribuzione dei pasti o dei pacchi.Invisibili che tuttavia si possono vedere! Sembrerebbe una contrad-dizione, eppure i poveri esistono, fanno parte della società in cuiviviamo, che nulla o poco fa per ridare loro la dignità che gli è stataportata via da eventi sfavorevoli nel corso della vita.LÊassurdità sta nel fatto che nel nostro belpaese europeo, alla fine

del primo quindicennio del 2000, stiamo ancora a parlare di po-vertà, „nuove‰ o „vecchie‰ che siano, nonostante tutti i progressieconomici e le belle parole di chi ci governa e bombarda con pro-messe utopiche. Eppure la povertà dilaga, crea disparità, divariotra le diverse classe sociali, sconforto, crisi di valori, abnegazionedella vita stessa che perde di significato. La mancanza di opportu-nità lavorative, di reti di sviluppo reali, solide, continuative, lÊas-senza di una classe dirigente equilibrata in grado di sostenere inegual misura i cittadini, creano un effetto boomerang sulle personestesse, che perdono fiducia nelle loro capacità, chiudendosi in unarido e sconfortante individualismo. Nella sottoclasse dei cosiddetti„poveri emarginati‰ rientrano barboni, homeless, disoccupati cro-nici, immigrati non integrati, ex carcerati, per i quali non si pro-spetta nessuna possibilità di vita decorosa. Ad essi, inoltre, siaggiungono nuove categorie di persone quali anziani, esodati,„n.e.e.t.‰ e tutti gli imprenditori finiti sul lastrico.Gli stessi giornali e servizi televisivi ci riportano quotidianamentestorie di anziani costretti a rubare perché, dopo una vita di sacrifici,vivono con pensioni da fame, di persone che hanno perso il lavoroe che, nella foga della disperazione, tentano il suicidio e spesso ciriescono.La povertà in realtà è sempre esistita ma oggi più che mai sembramanifestarsi in modo violento, irruento, direi disperato. LÊillegalitàspesso diventa la soluzione, non si trova lavoro e dopo averci ten-tato per una, due, tre volte, si dovrà pur mangiare un pasto caldoe allora si va a rubare. La povertà, concetto dalle mille sfaccetta-ture, non riguarda solo le mere mancanze materiali, ma anche ilnon potersi curare adeguatamente, lÊavere paura del futuro, il per-dere un figlio a causa del suolo inquinato, il non sentirsi rappre-sentati in modo adeguato. La povertà è sentirsi in gabbia, senzavia dÊuscita, senza libertà e senza possibilità di scelta. Essa limita lavita perché fa sentire alle dipendenze degli altri, fa sentire obbligatiad accettare offese ed umiliazioni e, a volte, ad essere trattati conindifferenza quando si chiede aiuto. Priva lÊuomo di un bene delquale ogni essere umano avrebbe diritto, toglie lÊopportunità di vi-vere una vita tollerabile. Porta ad una perdita di controllo sullÊam-biente circostante, dal quale ci si sente sempre più esclusi, e ad unaconsequenziale perdita dÊidentità, di ruolo e di status sociale. Glistessi ceti medi sono sempre più a rischio povertà, mentre chi èricco tende a diventarlo più di quanto lo fosse prima, e ciò è ricon-ducibile soprattutto ad una cattiva re-distribuzione della ricchezza.Se M.L. Bacci, politico e docente di economia, affermava che „ilgrado di civiltà della società si misura anche dalla capacità di distri-buire la ricchezza e di attenuare gli effetti negativi delle disugua-glianze‰, allora mi viene da pensare che noi non viviamo ancorain un paese tanto civile

- 20 -

Page 21: Liberamente n 22 marzo 2014

- 21 -

Quando si parla di abbondanza di solito sifa subito lÊassociazione alla ricchezza e so-prattutto al denaro, perché questo è ilmezzo per eccellenza, nella nostra cultura enella nostra economia, per poter compraretutto. EÊ vero, i soldi non danno la felicità,come recita un vecchio proverbio, ma glidanno una gran mano.Allora cominciamo a entrare più in profon-dità rispetto a ciò che è il denaro e ciò cheè la felicità. Ci accorgiamo subito che il de-naro è un mezzo materiale, unÊunità discambio, inizialmente con un valore intrin-seco in quanto aveva valore di per sé (eradÊoro, dÊargento), ma con il passar deltempo sempre più estrinseco, quale impe-gno e simbolo dello Stato che lÊemette. Il denaro ha a che fare con lÊavere che è fun-

zionale nella realtà materiale; è lo strumentoche permette di poter acquistare beni e ser-vizi, non certo virtù, anche se la sua popo-larità è cresciuta nel corso dei secoliassociandosi al potere che un individuo hanella scala sociale. Pertanto, sempre di più„chi possiede è‰, intendendo che chi habeni può acquistare cultura, conoscenza e,quindi, potere sia economico che intellet-tuale, diventando mezzo per dominare chinon ha e, dunque, non è.La felicità, al contrario, è uno stato dellÊes-sere, uno stato della mente come benspiega Swami Kriyananda (discepolo delmaestro Paramhansa Yogananda), unmodo di vedere, di percepire la vita indipen-dentemente da ciò che si ha. „La felicitànon dipende dalle circostanze, ma è unostato mentale; ancor di più, è la nostra vera

natura, la beatitudine divina della nostraanima‰. Una storia racconta di un asino che non vo-leva trascinare il suo carretto perché moltopesante; il contadino astuto attaccò un ba-stone alla testa dellÊasino, al cui terminependeva una carota. LÊanimale invogliato daquel „bocconcino‰ cercava di prenderlo enel contempo spostava il carretto. Non èdifficile riconoscerci nellÊasino mentre cer-chiamo di raggiungere la „carota‰ della feli-cità, attraverso il raggiungimento di benimateriali, trascinandoci dietro tutte le pre-occupazioni e le difficoltà. Pura illusione!Eppure fermiamoci un attimo per vedere lanostra vita quotidiana alle prese con le tantecarote da raggiungere nella ricerca del be-nessere e della felicità.

Allora cosa pensare rispetto ai soldi e allafelicità? E cosa essi hanno a che fare conlÊabbondanza? Intanto diciamo che viviamo in un mondodi „dualità‰ (buono-cattivo, brutto-bello, ric-chezza-povertà, essere-avere ecc.) e che vi-vendo contemporaneamente su più livelli(materiale, mentale, spirituale – corpo,mente, spirito) abbiamo bisogno di trovareun equilibrio, il cui risultato è la pace con sestessi, lÊaccettazione di sé, lÊamore verso sestessi che passa anche attraverso il soddi-sfacimento del nostro corpo materiale, vistoche siamo esseri spirituali dotati di un corpofisico. Ogni appagamento che interessi unsolo livello è parziale e, pertanto, non sod-disfacente, portandosi dietro una continuaricerca e insoddisfazione.Ecco che lÊabbondanza, intesa come ric-

chezza non solo materiale, ma anche men-tale e spirituale, porta con sé un concettodiverso che parte da quellÊabbondanza cheesiste tutta intorno a noi: la vita è energia,lÊenergia abbonda intorno a noi, la vita è ab-bondanza. Sono i nostri pensieri (le nostrecredenze) e le nostre conseguenti azioni chehanno realizzato il concetto di scarsità (nonce nÊè abbastanza, bisogna lottare peravere). Secondo la legge universale di attra-zione si attrae ciò che è simile (si ottienelÊessenza di quello che si pensa, sia che sitratti di qualcosa che si vuole o di qualcosache non si vuole).Nel corso del tempo il denaro è stato iden-tificato come qualcosa di negativo, non spi-rituale. Grande confusione di termini e ditraduzioni per „beati i poveri in spirito‰ op-

pure „è più facile che un cammello passiper la cruna di un ago che un ricco entri nelregno di Dio‰. LÊuomo che ama Dio nonpoteva essere ricco (di beni materiali), eSan Francesco ne è stato il massimo esem-pio ed ispiratore, mentre la Chiesa Cattolicaè stata ed è ancora criticata per le ricchezzemateriali possedute e spesso ritenute lÊanti-tesi della spiritualità.Ancora oggi opera sottilmente lÊidea, ere-ditata dal Medioevo, che se si è ricchi (dibeni) è perché si è truffato, imbrogliato, fro-dato qualcuno, oppure perché si è ereditatoa danno di altri. Martin Lutero affermò che „Il denaro è losterco del diavolo‰, assimilando il denaro aquanto di più sporco potesse esserci: gliescrementi.Ma se Dio è la massima Ricchezza, intesa

ABBONDANZA SPIRITUALEE CRESCITA SOCIALEdi Anna De Stefano

Page 22: Liberamente n 22 marzo 2014

- 22 -

Iniziativa dell’Associazione “La Casa sulla Roccia”

Assistenza Legale Gratuita a persone in difficoltà

Per appuntamento telefonare alla segreteria dell’Associazione

sita in Avellino al Rione San Tommaso, 85

tel.: 0825/72420 – 72419 fax 0825/71610

http://www.lacasasullaroccia.it – email : [email protected]

Page 23: Liberamente n 22 marzo 2014

- 23 -

in ogni senso e ad ogni livello come infinitoBene, non credo che (Dio) debba tradursi inpenuria per lÊessere umano, Suo figlio.Credo, invece, che il problema sia lÊattac-camento al denaro, con lÊuso fine a sestesso ed esclusivamente per se stessi o perla propria cerchia, comprensivo di tutte leemozioni negative che tale pratica com-porta. Rimanendo su un piano meramente mate-riale, come afferma Stuart Wilde nel suolibro Le leggi dellÊabbondanza: „EÊ difficilesintonizzarsi con il denaro se si pensa cheè qualcosa di malvagio e di sporco. Ma nonappena giungi a comprendere che il denaroè neutrale, che lÊabbondanza è naturale espirituale, ti rendi facilmente conto che pos-sedere denaro non danneggia necessaria-mente qualcun altro. Sono i sentimenti e ilpotere dei pensieri a creare abbondanzadentro ciascuno di noi.‰In realtà il denaro è energia neutra, fa partedel flusso dellÊabbondanza. In un suo inte-ressante articolo (Il denaro come simbolo:aspetti psicodinamici e clinici), lo psicotera-peuta Claudio Widmann descrive un

aspetto in particolare del denaro, quelloenergetico, traendo spunto dal Faust diGoethe.„Quando Faust, accompagnato da Mephi-sto giunge al palazzo dellÊimperatore, trovaun intero paese che langue sotto il peso diunÊenorme indigenza; i fornai non infor-nano il pane, i soldati non fanno la guerra,le donne non corteggiano i soldati, perchétutti sono oppressi dai debiti e nessuno hané risorse né entusiasmo per vivere (Goe-the, 1831). Mephisto escogita allora unadiabolica soluzione. Convince lÊImperatorea saldare i debiti dello Stato con una sem-plice scrittura, dove la firma imperiale fungada garanzia e i tesori (non ancora scoperti!)del sottosuolo costituiscono da coperturamateriale. EÊ lÊinvenzione della carta-mo-neta: quella scrittura viene stampata in mi-gliaia di copie, che si propaganofulmineamente fra la gente; con essa i pa-droni pagano i lavoratori e i lavoratori taci-tano gli strozzini; osti e puttane sono infesta: ci si ubriaca di vino o dÊamore e tuttolÊimpero si rianima. Il denaro ha trasformatoun paese moribondo in unÊesplosione di vi-

talità.‰ Poche narrazioni descrivono con lÊefficaciadel Faust che il denaro è simbolo operantedi energia. In termini psicologici, nel regno esanguedellÊimperatore riprende a circolare energiapsichica che vivifica, riattiva, rianima. Il de-naro si mostra anzitutto come il simbolo diunÊenergia‰LÊabbondanza di denaro o di beni ci offre lapossibilità di essere autonomi, cioè in gradodi gestire la propria vita, e ci dà lÊopportu-nità di sperimentare la solidarietà verso glialtri che fanno parte della famiglia umana.Siamo uno con lÊuniverso, con tutti gliumani e gli esseri viventi.LÊabbondanza nella propria vita si puòcreare soltanto se si accetta che lÊuniversoè illimitatamente ricco, che i corpi di tuttigli altri esseri umani fanno anche parte delproprio universo. Questo significa che si riu-scirà a creare lÊabbondanza nella propriavita solamente se si include anche quelladegli altri.

SIAMO TUTTI VISITATORI DI QUESTOTEMPO, DI QUESTO LUOGO.SIAMO SOLO DI PASSAGGIO.IL NOSTRO SCOPO QUI E’ OSSERVARE,CRESCERE, AMARE...

POI FACCIAMO RITORNO A CASA

Page 24: Liberamente n 22 marzo 2014

LA CASA SULLA ROCCIA APRE „TELEFONO AZZURRO‰Presso „La Casa sulla Roccia‰ è stato istituito il Telefono Azzurro,servizio di help line sul territorio di Avellino e provincia con lÊatti-vazione di una linea verde gratuita 800 111 111, attiva 24 ore su24 a favore dellÊinfanzia e dellÊadolescenza, alla quale si può acce-dere anche con segnalazioni che garantiscano lÊanonimato.Il servizio si sviluppa con il supporto e la collaborazione del „Tele-

fono Azzurro Centro Aiuto al Minore Onlus‰ di Napoli e si proponedi operare per la conoscenza e la difesa dei diritti del minore, sen-sibilizzando lÊopinione pubblica sui problemi dellÊemarginazione edel disagio dellÊinfanzia e dellÊadolescenza. Stimolare gli organicompetenti al senso di responsabilità civile e politica, tendere al-lÊemanazione di opportuni provvedimenti a sostegno della tuteladel fanciullo, promuovere in tal modo la cultura della solidarietà,dellÊascolto, dellÊaccoglienza, dellÊuguaglianza e del rispetto delledifferenze. LÊobiettivo del servizio è quello di far emergere situazioninascoste di violenza o trascuratezza, aiutando i minori in difficoltà,quelli emarginati o a rischio vitale. Ciò attraverso unÊazione di coo-perazione con le Autorità preposte alla difesa dei bambini, unpronto intervento attraverso un impegno di collaborazione realiz-zato con la Questura di Avellino. Oltre alle segnalazioni alle istitu-zioni pubbliche (Servizi Sociali, Tribunali per i Minorenni) o privatee allÊimpegno nel seguire i vari casi che di volta in volta potrannopresentarsi, sarà attuata unÊattività collaterale ma fondamentale disostegno psicologico, sia dei minori che delle loro famiglie attra-verso colloqui e consulenze professionali differenti per tipologiadÊintervento, e in più un supporto legale. Il 5 marzo 2014 si terràuna conferenza stampa di presentazione del Servizio al territorio.

- 24 -

Page 25: Liberamente n 22 marzo 2014

- 25 -

IL PIUÊ RICCO CHECONOSCO...di Ramona Barbieri

Carissimo, forse nei nostri discorsi non ti ho mai accennato che scrivo per ungiornale. Niente di che, non mi fraintendere, non mi reputo gior-nalista anche perché i miei scritti sono più „pezzi teatrali‰, citandouna cara amica, piuttosto che veri e propri articoli. Forse quandoho iniziato a scrivere per LiberaMente già mi ero chiusa in casa eavevo smesso di andare su e giù per quel corso in attesa di quelpullman che mi riportasse a casa. Eppure quelle ore sono state perme ricche di incontri e di emozioni. Certo, il mio lavoro da came-riera me lo permetteva. Beh, ti ricordi no? Ti aspettavamo tutti , a mezzogiorno di ognivenerdì; il tuo posto era già pronto. Il tuo mezzo litro di vino rigo-rosamente rosso e il cucchiaio per la pasta e fagioli che ti preparavala signora Maria. La metteva solo per te sul menù del venerdì, losai? Arrivavi col tuo sorriso e col tuo borsone. Chinavi la testa soltantose ti accorgevi che nel locale cÊera qualcuno che non ti aveva maivisto, e allora ci guardavi. Ho sempre creduto che con quel tuosguardo volessi chiederci scusa del fatto che fossi lì. Ma il tuo piattocaldo ti aspettava. Mi piaceva avvicinarmi e ascoltarti parlare ditua moglie e di tua figlia. Mi dicevi che ti stavano aspettando aPompei, ma che tu non potevi ancora tornare perché la tua mis-sione non era ancora terminata. A quel punto prendeva la parola lÊAltro. Chiudevi gli occhi e qual-

cuno iniziava a parlare con la tua voce e parlava di te, del fatto chetu dovevi aspettare che avvenisse quella Rivelazione. E sarebbe av-venuta, presto, in quella chiesa del Rosario alta e imponente inmezzo a shopping selvaggi e caffè al volo. E mi mostravi quel qua-derno pieno di scarabocchi e mi dicevi che era la scrittura di Dio.Poi lÊAltro andava via e ritornavi tu, i tuoi libri e la tua Divina Com-media. Le parole ti uscivano a fiotti eppure i tuoi occhi mostravanoil dolore della tua anima. Da lontano ti osservavo mangiare. Avevi una tale eleganza nel gu-stare ogni singolo boccone e sorso. Non mancavano i complimentialla cuoca e il pacchetto che ti facevamo prima che andassi via conquello che lasciavi nel piatto. Mi dicevi che lo portavi ai piccioniquel cibo. Non ci ho mai creduto.Quella mattinata gelida di pieno inverno mi obbligò a chiedertidove dormissi. Mi parlasti della casa di quellÊavvocato, senza acquané corrente elettrica. Ti riscaldavi sotto una montagna di coperte,ma non smettevi di ringraziare il proprietario avvocato perché ticoncedeva un tetto sulla testa. E poi ti alzavi, mi lasciavi la manciae mi salutavi sapendo che ci saremmo visti nelle mie passeggiateavanti e indietro per quel corso in attesa di tornare nella mia, permolti, umile dimore, per te, probabilmente, un Caldo Eldorado.E da lontano intravedevo il grigiore della tua barba, sentivo lÊodoreacre del tuo sigaro, ti vedevo sorridere e improvvisamente far pren-dere parole allÊAltro e alla tua Missione per conto di Dio, quasicome fossero pallottole lanciate a bruciapelo contro il tuo dolore ela tua solitudine. Ma questo è un mio pensiero.Mi permetto, oggi, dopo un poÊ di anni di nostro silenzio, oggi chepasseggiando per il corso non ti ho visto, mi permetto di scriveredi te, del mio incontro e dellÊenorme regalo che mi hai fatto: la con-sapevolezza che a volte (o chissà, spesso) la povertà coincide conla dignità e la ricchezza dÊanimo. Ai più abbienti lÊardua sentenza.A te, Mimmo, semplicemente grazie!

Page 26: Liberamente n 22 marzo 2014

- 32 -- 26 -

Page 27: Liberamente n 22 marzo 2014

- 27 -

„Lettera di presentazione ai giovaniitaliani (e meridionali soprattutto)‰di John (Philip Jacob) Elkann, ov-vero the world upside downdi Luigi Numis

Hi, my name is John Philip Jacob Elkann, I was born in New Yorkon first april 1976. Sorry boys, sto scrivendo in inglese, ma per ipoliglotti come me è sempre un problema parlare la lingua appro-priate alla circostanza. Mi scuserete allora anche se continuerò initaliano con qualche inevitabile (is stronger than me!) inglese. E poifaceste bene anche voi a imparare lÊinglese e a parlare una linguadoppia come la mia. Dicevo che sono nato negli Stati Uniti, in re-altà non perché i miei genitori vivevano proprio là, e nemmeno

per un pesce dÊaprile, ma perché during that period i miei genitoriavevano deciso che farmi nascere negli States era estremamentecool. E così comprarono un appartamento dentro il culone internodella statua della Libertà, proprio sotto tutte quelle pieghe del man-tello, allÊunico piano abitabile della statua, per farmi cool e free giàdalla nascita. Il termine „cool‰ in that period non esisteva ancora neanche nellalingua inglese, ma i miei genitori, e mia madre soprattutto che eraitaliana ma che chiamava zio il famoso Kissinger (che poi non homai capito stoÊ Kissinger che lavoro faceva, stava sempre in giro aparlare zitto zitto con chiunque trovava), già lÊutilizzava nelle cenea casa con gli amici di daddy, cioè babbo. Gli amici di daddy (e daddy stesso) non capivano niente di quelloche diceva mia mamma, ma pur di non perdersi le cene italianedel babbo sorridevano e dicevano che una donna più spiritosa, in-telligente e brava in cucina il babbo proprio non poteva trovarla.In realtà le cene le cucinava una cameriera di Caserta che il miobabbo chiamava scherzosamente „bersagliera‰, e che scherzosa-mente il mio babbo spennava every afternoon quando la mammaandava a Central Park per la caccia alla volpe. Poi, quando la mamma tornava con una volpe già fatta pelliccia econ la nurse del mio fratellino, il babbo le dava un kiss e chiedevacome mai il fratellino non era con loro. La mamma rispondeva sempre che il mio fratellino Lapetto si eraperduto nel parco e che ce lÊavrebbero riportato a casa i cani levrieridei Rockefeller dopo aver azzannato il beef arrosto che il dog sitterdi famiglia gli dava sempre in premio verso il tramonto, periododella giornata che i cani apprezzavano particulary e che avevano

lÊabitudine di contemplare dopo aver cenato. Quindi Lapetto, anotte fonda, rientrava a casa addormentato sul dorso di un canealato da caccia che era capace pure di prendere lÊascensore pernon dare troppo nellÊocchio. Mio fratello Lapetto non ha più persolÊabitudine di fare lunghi viaggi su bestie alate⁄Questi cani magni-fici e intelligentissimi non erano normali cani da caccia, ma veni-vano proprio dalla costellazione dei „Cani da Caccia‰ che la famigliaRockefeller aveva visitato durante una holiday trascorsa sulle stelledellÊOrsa Maggiore. Io invece non andavo mai con la mamma allebattute di caccia alla volpe perché preferivo rimanere dentro la sta-tua della libertà a giocare a mini golf nelle buche che si aprivanoon the floor di rame e a salire allÊultimo piano della statua, sulla

corona uguale uguale alla bocca di Mazinga Z. Avrete capito quindiche, oltre a me, i miei parents hanno fatto nascere già cool (e free)altri figli, due, che di name sono stati messi Lapo Edvard e Ginevra.Tutti i nostri names li ha scelti la mamma. Il babbo si è limitato a darci il surname, anche se il nostro nonnoitaliano, il padre di mamma, non era tanto dÊaccordo nemmenosul surname. E infatti, quando il nonno Giovanni veniva a trovarci, pur di nonchiamarci con i nostri nomi-cool e di dimenticarsi il surname, cichiamava tutti con surnames presi dai giocatori della Juventus: ionon ero John ma Charles (da John Charles), mia sorella non eraGinevra ma Boniek (perché riccioluta biondina come lÊattaccantepolacco) e Lapetto, il cocco di nonno Giovanni, era Bonini (perchébiondo come lui e perché, diceva il nonno, proprio come Boninianche Lapo un giorno could only correre per portate avantilÊazienda). Il nonno era proprietario e tifoso della Juventus e poco poteva sof-frire il babbo, anche perché al babbo non fregava nulla del calcio.Il nonno, oltre alla Juventus, possedeva anche una fabbrichetta diautomobili a Torino e altri stabilimenti piazzati soprattutto al southItaly per dare lavoro ai poveri sudisti. Si trattava comunque di unacosa modesta, visto che io fuori dallÊItalia una car fatta dal nonnoproprio lÊho mai vista. E io il mondo altroché se lÊho girato! Comunque gli operai cattivi

Page 28: Liberamente n 22 marzo 2014

- 28 -

del nonno, quelli ingrati per il lavoro che il nonno gli dava, quandoio ero ancora piccolo cominciarono a fare uno sciopero senza fine.Allora gli operai e gli impiegati buoni del nonno, quelli riconoscenti,andarono a in quarantamila a fare una manifestazione e così ilnonno riuscì a pagare le banche di un nostro amico africano che sichiamava Gheddafi e che poi poor man ha fatto brutta fine. Nonnodiceva sempre che Gheddafi era lÊunico socialista che non riuscivamai a prendere in giro.Tornando alla mia storia, io, i miei fratelli e i miei genitori siamostati a New York fino a quando la mamma non si è stancata di farele tante scale di ingresso alla statua. E così abbiamo preso armsand baggage e ci siamo trasferiti a London, in un piccolo apparta-mento di 400 metri quadrati dentro unÊala di un vecchio palazzottodi periferia chiamato Buckingham Palace. A London però lamamma, il babbo, la bersagliera e altre giovani cameriere trovatesul posto hanno cominciato a litigare sempre più spesso, fino a co-

stringere mamma e babbo a separarsi. Io allora sono stato mandatoin giro per lÊEuropa a stare in tutti i college privati più severi delvecchio continente, per poi diplomarmi in un liceo pubblico di Pa-rigi, dove non ricordo più come e quando sono arrivato. Ricordoperò che quando ho messo piede per la prima volta nellÊistitutopubblico mi è venuta una febbre alta che è durata quindici giorni,and so, la seconda volta che ci sono andato, il preside della scuolami ha fatto trovare una classe composta solo da me e altri tre ra-gazzi francesi discendenti diretti di Luigi XIV, Napoleone e JacquesAnquetil (io sincerely non conoscevo nessuno dei tre). In verità cÊeraanche un quinto iscritto, tale Antoine Mariotte figlio di un maestroelementare, che però non parlava mai con noi perché veniva in-terrogato tutti i giorni in tutte le materie. I professori dicevano chese Antoine andava bene era inutile interrogare pure a noi. Dopo la maturità scientifica nellÊostico liceo pubblico parisian, ilnonno di Torino, che nel frattempo mi aveva scelto come suo suc-cessore visto che Lapo erano cinque anni che non riusciva a supe-rare lo scoglio del quarto ginnasio (anche lui sarà mandato adiplomarsi a Parigi, in una scuola privata però), mi ha consigliatodi iscrivermi allÊuniversità della sua città per studiare qualcosa alPolitecnico, dove veramente mi sono laureato a 24 anni in un tipodi ingegneria che non ha mai capito bene che ingegneria è. Prima di ogni esame il nonno mi dava paio di paginette da impa-rare a memoria, io le imparavo e the next day il professore mi chie-deva proprio quelle cose che avevo letto. Tutti trenta e lode. Ilnonno era ingegnere pure lui, e già sapeva per ogni esame qualierano le cose importanti e quali no. Chissà perché per televisione lo chiamavano lÊavvocato. Con lalaurea in tasca allora il nonno, sempre più proud of me, ha comin-ciato a farmi mandare domande di assunzione in tutte le aziendemeccaniche del mondo, e quelle, le aziende, considerati i miei titolie i miei studi, mi hanno chiamate tutte per lavorarci. Cioè, veramente a lavorare lavorano altri, io metto solo qualchefirma e faccio un poÊ di public relations, però i miei colleghi diconotutti che il mio ruolo è fondamentale e che mai e poi mai facesseroa meno di me. Very often mi chiamano a far parte di qualche con-siglio di amministrazione, credo che sono arrivato ad essere mem-bro, presidente o vicepresidente di una quarantina di questi

consigli, dove però mi addormento sempre per la noia perché siparla solo di soldi, e a me i soldi non hanno mai interessato troppo.Ho pigliato dai miei genitori, che si sono preoccupati sempre piùdellÊarte che dei soldi. Anzi, vi svelo un piccolo segreto, io i soldinon li ho proprio mai usati, non ho mai pagato qualcosa in contantiin vita mia, sempre sulla parola. Yeah, da piccolo ho rubato qualchesoldo (cÊera scritto „lire‰ se non ricordo male) dal portfolio di miocugino grande quando andavamo tutti in vacanza in Val Chisonea farci due palle grandi come cucumbers, ma poi non li spendevomai perché il barista del posto non li voleva essendoci il conto difamiglia sempre aperto. Così finivo per regalarli sempre a mio fratello Lapetto che, a diffe-renza mia, subito li spendeva in occhiali da sole. E quindi io i soldi non li saprei neanche utilizzare. Ma anche questo deve essere un pregio per il settore in cui lavoro,visto che pur non pagando mai riesco sempre a ottenere qualchecosa. Soprattutto dallo Stato italiano.E anche adesso che il nostro capo azienda dice che è meglio farela delocalization e trasferire tutta le baracche in Honduras, il go-verno italiano ci prega di accettare qualche incentivo statale peraumentare le vendite, e le televisioni italiane continuano a farcitanti complimenti per aver comprato quellÊazienda americana colnome tedesco. La mia famiglia è sempre più orgogliosa di me e, pure se negli ul-timi anni sono successi un poÊ di casini per via dellÊeredità delnonno, mai nessuno si è sognato di litigare seriamente e svelare alfisco italiano dove il nonno ha nascosto il tesoro. Ma quale tesoro poi? Io non ne so niente. A me il nonno ha lasciato in eredità solo la Juventus, che con me

vince nuovi scudetti e non molla quelli vecchi che lÊInter e altri di-cono che abbiamo rubato. Come se parlare con gli arbitri e consigliarli su come arbitrare si-gnifichi rubare le partite. Allora dovrebbero toglierceli tutti gli scu-detti, no? No, noi Agnelli, cioè scusate, noi Elkann non abbiamo mai rubatonulla, tutto quello che abbiamo lo abbiamo built con le nostre forze.E sempre senza lÊappoggio dei poteri forti. Mica noi, a differenza di altri, siamo stati monarchici, fascisti, re-pubblicani e democristiani in base a come soffiava il wind? E ancheio mi sono fatto tutto con le mie forze. E anche mio fratello si èfatto tutto ancora più di me. Oh, giovani dÊoggi lamentosi e vittimisti, avete capito che giri diistruzione e di gavettone mi sono fatto prima di arrivare dove sonoe di possedere tutto quello che possedo? In realtà non so bene checosa possedo, ma i miei commercialisti dicono che sono moltoricco. Ma il money non è tutto nella vita, cari giovani italiani e me-ridionali soprattutto. Nella vita ci vuole pure tanto love. E io misono dato da fare per trovare pure quello, e mica su internet? Andavo alle feste di natale di beneficenza per i bambini calabresidove il nonno mi mandava per conoscere le nipotine delle sue ami-che. E mica mi sono messo con una ragazza ricca? Una semplice Borromeo, quelli di San Carlo Borromeo tanto per E anche mia moglie ovviamente ha fatto tanti sacrifici prima dipoter planning and implementing i nostri tre figli: Leone Mosè,Oceano Noah e Vita Talita. A proposito, i nomi li ha scelti la nonna...

Page 29: Liberamente n 22 marzo 2014

- 29 -

Associazione Culturale per il Sociale

Page 30: Liberamente n 22 marzo 2014

LiberaMenteLiberaMenteBimestrale dé La Casa sulla Roccia

Registrazione presso :Tribunale di Avellino N. Reg. Stampa : 5/10 R. del 15/07/2010

Direttore EditorialeDirettore EditorialeMauro Aquino

Direttore ResponsabileDirettore ResponsabileEnza Petruzziello

Capo RedattoreCapo RedattoreFrancesco Iannicelli

CoordinatoreCoordinatoreLuigi Numis

Redazione Redazione Anna De StefanoGiovanni EspositoGiovanni SarubbiJana NovellinoNicola De RogatisOrnella PetilloPasquale Alessio CiampaRaffaele De StefanoRamona BarbieriSamanta GemmaSerena Petretta

EditoreEditoreAssociazione La Casa sulla Roccia ONLUSVia San Tommaso, 8583100 Avellinohttp://www.lacasasullaroccia.it

Per contatti ed infoPer contatti ed infotel.: 0825/72420 - 72419fax: 0825/71610mail : [email protected]

- 30 -

- Mamma perchè hanno messo un muro a Gaza ?

- Per impedire alla pace di entrare...