liberamente - n.4 gennaio 2011

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L ibera M ente Il bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.4 gennaio 2011 APPROFONDIMENTO Le parole hanno quasi sempre un doppio senso, palese o na- scosto. A seconda dei contesti in cui vengono usate possono avere significati diversi o, addi- rittura, opposti. ˚ il caso della parola „gioco‰ di cui ci occu- piamo in questo numero: può darci immagini positive – bam- bini che giocano, cani che si rin- corrono sui prati, una partita di calcio, ecc. – o negative, quando il gioco assume la forma di una droga, come attestano recenti statistiche sullÊaumento delle „nuove dipendenze‰ tra cui, appunto, quella dal gioco. A tutti noi il compito di rivestire le parole di input positivi con la nostra vita, le nostre scelte quo- tidiane. EDITORIALE Giocando i giochi di Mauro Aquino Liberamente inizia questo 2011 con lÊuscita del suo quarto nu- mero che pone lÊattenzione sul „gioco‰, aspetto che viene trat- tato da diverse angolature e si- gnificati che „il gioco‰ riveste: gioco come dipendenza, come attività ludica, come relazione, come terapia,/.. E guardandoci un poÊ intorno, uno dei grandi „giochi‰ che os- serviamo quotidianamente, ad esempio, è quello della nostra politica composto da regole in continua metamorfosi che gli stessi giocatori cambiano a se- conda delle proprie conve- nienze e addirittura ribaltando le motivazioni o gli schemi di- fesi o osteggiati fino a poco tempo prima. Per poterci ci- mentare in questo gioco neces- sitano, come in ogni gioco, dei giocatori che hanno caratteristi- che ben definite a seconda del tempo storico in cui si gioca. QuandÊero bambino, ad esem- pio, i politici dellÊepoca si pre- sentavano ai nostri occhi come rigorosi studiosi ed attenti gen- tiluomini nelle relazioni, rite- nendo scontata lÊappartenenza ad una serie di principi e di va- lori che erano universalmente accettati, quali la trasparenza, la legalità, lÊeticità, la difesa dellÊinteresse nazionale.. / Oggi, invece, per poter giocare a questo gioco, occorre essere furbi, scaltri, opportunisti, affa- risti, immorali/ e chiaramente difendere esclusivamente il pro- prio interesse personale a di- scapito di quello nazionale. Ma una metamorfosi di questo tipo come è stata possibile ? I leader politici hanno la piena respon- sabilità di ciò, in quanto hanno delineato le regole del „proprio gioco‰, arrivando a scegliere accuratamente e selezionando i „giocatori‰ dei propri schiera- menti, acquisendoli e raccattan- doli anche da affaristi e conniventi malavitosi. Occorre anche esibire, in modo dili- gente, un tipo di comunica- zione esclusivamente „di spettacolo‰ e di promozione con cui ci si presenta al Paese con un darsi volutamente in pasto al chiacchiericcio del sa- lone di barbiere, per distrarre i più da i temi di comune impor- tanza. Di fatto cÊè più soddisfa- zione, sentendosi virtualmente partecipi poi del gioco, al com- mentare più lÊamarezza perso- nale di non poter beneficiare dei favori di giovani ed avve- nenti donne che lanciarsi in una discussione tra PIL e debito pubblico. LÊelettore, quale spettatore del gioco, resta attonito, ipnotiz- zato, abbagliato dal carosello, provando invidia ed ammira- zione per coloro che sono sul carro; però ogni elettore do- vrebbe ricordarsi che ha lÊocca- sione di poter contribuire e L’ASSOCIAZIONE Il Reinseri- mento Sociale pag.2 EVENTI Tra Natale e Convention pag.19 - 1 - Progetto Contatto - Sede della Comunità Terapeutica - Prata P.U. Una sorella scrive pag.6 La lettera di Camilla e Walter pag.7

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LiberaMente il bimestrale dell'Associazione La Casa sulla Roccia - Centro di Solidarietà

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Page 1: LiberaMente - n.4 gennaio 2011

LiberaMenteIl bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.4 gennaio 2011

APPROFONDIMENTO

I L G IOCO

Le parole hanno quasi sempreun doppio senso, palese o na-scosto. A seconda dei contestiin cui vengono usate possonoavere significati diversi o, addi-rittura, opposti. ˚ il caso dellaparola „gioco‰ di cui ci occu-piamo in questo numero: puòdarci immagini positive – bam-bini che giocano, cani che si rin-corrono sui prati, una partita dicalcio, ecc. – o negative,quando il gioco assume la formadi una droga, come attestanorecenti statistiche sullÊaumentodelle „nuove dipendenze‰ tracui, appunto, quella dal gioco. Atutti noi il compito di rivestire leparole di input positivi con lanostra vita, le nostre scelte quo-tidiane.

EDITORIALE

Giocando igiochidi Mauro Aquino

Liberamente inizia questo 2011con lÊuscita del suo quarto nu-mero che pone lÊattenzione sul„gioco‰, aspetto che viene trat-tato da diverse angolature e si-gnificati che „il gioco‰ riveste:gioco come dipendenza, comeattività ludica, come relazione,come terapia,⁄..E guardandoci un poÊ intorno,uno dei grandi „giochi‰ che os-serviamo quotidianamente, adesempio, è quello della nostrapolitica composto da regole in

continua metamorfosi che glistessi giocatori cambiano a se-conda delle proprie conve-nienze e addirittura ribaltandole motivazioni o gli schemi di-fesi o osteggiati fino a pocotempo prima. Per poterci ci-

mentare in questo gioco neces-sitano, come in ogni gioco, deigiocatori che hanno caratteristi-che ben definite a seconda deltempo storico in cui si gioca.QuandÊero bambino, ad esem-pio, i politici dellÊepoca si pre-sentavano ai nostri occhi comerigorosi studiosi ed attenti gen-tiluomini nelle relazioni, rite-nendo scontata lÊappartenenzaad una serie di principi e di va-lori che erano universalmenteaccettati, quali la trasparenza,la legalità, lÊeticità, la difesadellÊinteresse nazionale.. ⁄Oggi, invece, per poter giocarea questo gioco, occorre esserefurbi, scaltri, opportunisti, affa-risti, immorali⁄ e chiaramentedifendere esclusivamente il pro-prio interesse personale a di-

scapito di quello nazionale. Mauna metamorfosi di questo tipocome è stata possibile ? I leaderpolitici hanno la piena respon-sabilità di ciò, in quanto hannodelineato le regole del „propriogioco‰, arrivando a scegliereaccuratamente e selezionando i

„giocatori‰ dei propri schiera-menti, acquisendoli e raccattan-doli anche da affaristi econniventi malavitosi. Occorreanche esibire, in modo dili-gente, un tipo di comunica-zione esclusivamente „dispettacolo‰ e di promozionecon cui ci si presenta al Paesecon un darsi volutamente inpasto al chiacchiericcio del sa-lone di barbiere, per distrarre ipiù da i temi di comune impor-tanza. Di fatto cÊè più soddisfa-zione, sentendosi virtualmentepartecipi poi del gioco, al com-mentare più lÊamarezza perso-nale di non poter beneficiaredei favori di giovani ed avve-nenti donne che lanciarsi in unadiscussione tra PIL e debitopubblico.

LÊelettore, quale spettatore delgioco, resta attonito, ipnotiz-zato, abbagliato dal carosello,provando invidia ed ammira-zione per coloro che sono sulcarro; però ogni elettore do-vrebbe ricordarsi che ha lÊocca-sione di poter contribuire e

L’ASSOCIAZIONE

Il Reinseri-mento Socialepag.2

EVENTI

Tra Natale eConventionpag.19

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Progetto Contatto - Sede della Comunità Terapeutica - Prata P.U.

Una sorellascrivepag.6

La lettera diCamilla eWalterpag.7

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svoltare, quando gli sovviene un contrastotra coscienza e libertà, ma spesso, anchequi il gioco della politica giunge prima del-lÊinteresse nazionale e, quindi, il caroselloriparte.Uscendo dal gioco della politica e del po-tere, si entra nella stanza immediatamenteattigua, in quella delle confessioni religiose.Nutro un grande rispetto per ogni singolafede religiosa qualunque essa sia, purchéprofessata sinceramente, ma su ogni sin-gola fede lÊapparato del culto affonda e traenutrimento per la propria sussistenza, trat-tenendo „in gioco‰ i propri fedeli. Leaziende del culto hanno sempre di più ilfiato corto dovendo da un lato far fronte allepubbliche falle che si aprono sui temi dellapedofilia, omosessualità, traffici, commi-stioni tra politica e criminalità e dallÊaltra neltentativo di contenere la dispersione delproprio „elettorato‰ che demotivato e de-luso cerca nuove risposte ai propri bisognispirituali. La regola sostanziale di questogioco è quella di trovare formule e strata-

gemmi per nutrire un continuo „senso dicolpa‰ e far applicare a tutti gli altri, tranneche a sé, i dettami imposti da una strutturache non avrebbe né i titoli né le competenzeper „legiferare‰ sui più diversi argomenti;tutto questo „gioco‰ ha il solo scopo di sor-reggere e tenere in primo piano lÊimpalca-tura dellÊapparato di palazzo. Ci sono state

in passato ed anche oggi figure importantie straordinarie di sicuro riferimento sia peri fedeli che per i non credenti, ma la lorostoria, spesso isolata, viene diluita nel giococomplessivo di frequenti mercificazioni av-vicinandola anche al gioco esclusivo del

guadagno, nonostante la semplice consta-tazione che le ricchezze economiche diqueste aziende del culto traggono sussi-stenza dai principi di povertà.In ogni gioco cÊè un mazziere ma su questichi è ?LÊapparato paramilitare del PCI, lÊattaccomissilistico libico contro Lampedusa, lÊat-tentato a Giovanni Paolo II, la scomparsa diMauro De Mauro, i fascicoli SIFAR, lÊorga-nizzazione Gladio, lÊincidente di Sigonella,la banda della Magliana, il caso Moro, ilmostro di Firenze, la P2, la morte di PapaLuciani, la strage di piazza Fontana, di Por-tella della Ginestra, di Acca Larentia, di Bo-logna, di Gioia Tauro, di Piazza dellaLoggia, di via Palestro, di via d'Amelio, divia dei Georgofili, di Ustica, lo scandalo Te-lecom-Sismi, la trattativa tra Stato Italianoe Cosa Nostra, lÊincomprensibile sepolturadellÊefferato boss della Magliana Enrico DePedis, detto Renatino, nella basilica di San-t'Apollinare di Roma, ⁄e ancora,⁄ancora

L’ASSOCIAZIONE

IL REINSERIMENTOUna passeggiata nel reinserimento

sociale

di Davide ArdolinoIl Reinserimento, terza ed ultima Fase delProgramma Terapeutico Rieducativo, rap-presenta il momento conclusivo del perso-nale percorso di riabilitazione e lÊincontrocon la realtà sociale. Forti dellÊidea - e dellaconsapevolezza - di essere uomini nuovi. Sistruttura in tre sottofasi. La Fase „A‰, in cuii nostri ospiti, ancora in forma residenziale,restituiscono ciò che hanno appreso e lar-gamente sperimentato attraverso la vici-nanza ed il sostegno ai nuovi arrivatidellÊAccoglienza. Rafforzando, in tal modo,la nuova identità ed il senso di una vita che,senza più attese e ritardi, intravede ilmondo. La Fase „B‰ in cui il significato ul-timo dellÊesistenza si determina interse-cando il piano dellÊautonomia: personale elavorativa. La Fase „C‰, ultima del per-corso, attraverso la piena consapevolezzadi sé il miracolo della vita è nel suo pienocompimento. In ultimo la Graduazione. At-testazione e riconoscimento di un camminoe di una conoscenza sacra.Ma il Rientro è anche emozione, racconto,metafora di riscatto.⁄. CÊè sempre un giorno in cui ti chiedi ilperché di una partenza. Di una scoperta:hai paura che tutto possa riprendere sem-

pre uguale, come ieri. Come prima. Neltempo però hai la sensazione e la perce-zione che un salpare con il vento in poppae le vele che si confondono nelle sere dimare mosso è il tema del tuo vivere. Mipiace pensare così il Rientro. LÊincontro conuna realtà che, tuo malgrado, rimane sem-pre identica. Ma tu sei diverso. Ti vedo ri-percorrere strade e guardare muri e usci. Tivedo nel freddo dÊinverno dialogare con tedi quello che eri, mentre la vita si rigira frale lenzuola. Ti vedo nel solito bar attento anon fallire un sorriso⁄ a cercare un amico.E poi la vita. Il senso di una fatica che si in-namora di ogni istante, del silenzio e dellasera. Quando il mondo ritrova i suoi colorinon ti sembra il mondo. Ti vedo così: untempo a brancolare nel buio e poi unÊoradopo a desiderare vita e confidenza. E poi ti ritrovo a pensare a quellÊieri, nontroppo lontano nel ricordo, che oggi pro-prio con fatica riesci a perdonare. Hai la

pentola sul fuoco. Hai paura che il pasto sibruci. Tutto, se non sei attento, ti può scap-pare di mano⁄ mentre lÊamore suona allaporta. Mi raccontasti di tuo padre che se-duto sulla solita sedia - quella da cui sfuggiviper vergogna e pudore - ti era sembratopersino felice⁄ ma come è possibile? Il tuo incontro con le agenzie interinali⁄Quanto tempo ci vuole per ripercorrere unastrada di ritorno? Quanto tempo impieghiper capire che stai acquistando un bigliettodÊandata? E poi una casa prestata ai sogni.Agli amici di cena e lacrime. Ti immaginostretto a consumare memorie. A condivi-dere umori e malumori. „Anche un sologiorno senza un sorriso⁄ è un giornoperso‰. La nostra vita adulta, del resto, èpiccola, grande avventura, viaggio la cuipartenza è ormai lontana nel tempo. Siamotutti marinai, tutti imbarcati, diceva il filo-sofo, come mozzi o come capitani: siamoin viaggio. La vita è ciò che agiamo, cre-

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iamo, sbagliamo, ciò che abbiamo conquistato o dissipato, ma nonè solo quello: nessun viaggio è infatti completo senza la speranza,senza il pensiero e la bellezza di ciò che abbiamo lasciato o di ciòche non abbiamo avuto. Di ciò che abbiamo desiderato malgradotutto. Ma la vita è anche progetto presente. Impegno quotidiano. Lottaper la libertà. Appuntamento con passioni e desideri. Polmone erespiro - a volte asma - di sensazioni e sentimenti. La tua vita èesempio per altre vite. Tu puoi sbagliare: ma non puoi più fallire.Perché fallire è scelta estrema, sbagliare possibilità ed esperienza. Dunque questo è il Rientro. Una vicenda di vita e dÊamore. Unalotta che non si stanca. Una carovana che si muove mossa da

sogno e realtà. UnÊesperienza di gruppo che si dice la verità. Unavicenda di umana dignità. Insomma il senso dei vissuti individualie collettivi, lo strutturarsi delle dimensioni soggettive, la cosiddettalibertà - tutta personale - le crisi quotidiane e quelle dei valori, lagestione onesta di sentimenti contraddittori, il rapporto con iltempo e con i tempi. E ancora. Il riconoscere fratture interne e spe-rimentare, quotidianamente, la capacità di leggerle, rispettarle, con-dividerle e risolverle. I desideri mai più violentati, le azioni diriscatto, le gioie brevi, la sensazione del profumo⁄ insomma ilsenso di una vita, delle vite degli umani... Se ci sediamo sulla riva degli istanti e dellÊesistenza: ci è dato im-maginare l'orizzonte.

INTERVISTA APINA PEDICINIRESPONSABILEDEL REINSERI-MENTO di Anna Bellizzi

Dott.ssa, lei è responsabile dellÊultima fasedel programma terapeutico-educativo „pro-getto uomo‰, fase alla quale si arriva in se-guito a quella dellÊaccoglienza nella quale gliutenti riscoprono le proprie motivazioni alcambiamento, e quella della comunità in cuilentamente si strutturano nuove identità.Ma chi sono veramente i ragazzi del reinse-rimento? I ragazzi che giungono al reinserimentosono coloro che hanno imparato la vita.Hanno fatto allenamento rispetto a questonella struttura della comunità e, vengono alrientro per „verificare‰. Verificare significafar diventare realtà tutto ciò che hanno as-

similato nella fase precedente con lÊausiliodel leaving learning (lÊapprendimento so-ciale), dunque la vita che hanno imparato incomunità. Giungono al rientro per renderereale questo tipo di apprendimento.

Il reinserimento è dunque sostanzialmenteuna „verifica‰ del percorso?˚ un momento di verifica che sancisce lagraduale conquista dellÊautonomia perso-nale.

ComÊè articolata questa fase del pro-gramma? ˚ suddivisa in vari momenti che, in Pro-getto Uomo vengono convenzionalmentechiamati fase A, fase B e fase C. La primaè più tipicamente residenziale, i ragazzidella comunità tornano in accoglienza investe di capogruppo, la cui funzione èquella di farsi testimoni del loro cambia-mento per coloro che arrivano dalla strada,da un esperienza di tossicodipendenza. Di-ventano testimoni del fatto che in pro-gramma si può cambiare. Dopo questa fasein cui si verifica lÊadesione ai valori, il cam-biamento dello stile di vita e la capacità diessere attenti agli altri, che è quanto deter-mina la qualità del percorso, si passa allafase B, una fase non residenziale nella qualei ragazzi cominciano a guardare allÊesterno.

Iniziano a cercare lavoro e con i primi gua-dagni a trovare una sistemazione abitativaautonoma. La fase B è la fase del confrontocon la società. I ragazzi entrano in un con-testo di lavoro, nel contesto sociale di pro-venienza o in altri, attivano nella propriavita esperienze di lavoro, di studio, di par-tecipazioni ad ambienti sociali, o a gruppisociali che non avevano in precedenza. CÊèun percorso catartico allÊinterno della vitae della personalità dei ragazzi che ha delcolossale! I ragazzi in comunità prendono laloro vitae e la rigirano come calzini, fannoun lavoro di rielaborazione storica di ognivicenda di vita, un lavoro capillare, struttu-rato, profondo, e riescono, solo se si ren-dono conto che non si può cambiare ecrescere senza un rapporto di sofferenza.Sono questi i contenuti della fase C.Chiaramente essendo questa la fase finaledel percorso riabilitativo, il „distacco‰ dallavita protetta della comunità è obbligato,seppur graduale.Certamente, il graduale distacco dalla co-munità ma anche il graduale distacco dalprogramma. Il nostro obiettivo non è creareuna ulteriore dipendenza, ma accompa-gnare i ragazzi a diventare persone perfet-tamente autonome, in grado di gestire, congli strumenti che hanno acquisito, la lorovita.

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Affinchè questo distacco possa avvenire inmaniera meno traumatica, è previsto un pe-riodo di controllo e soprattutto di sostegnoper i ragazzi? Questo avviene in fase A, quanto in fase B,e anche in quella C. In tutte è previsto unaccompagnamento costante dei ragazzi, cÊèaccompagnamento nella ricerca del lavoro,cÊè accompagnamento nella verifica dinuove relazioni, anche con lÊaltro sesso,quindi relazioni affettive importanti. Inoltreviene parallelamente eseguito un lavoro conil settore famiglie, poiché, il coinvolgimentofamiliare in questa fase non perde corpo ri-spetto a quello della comunità, ma lo acqui-sta. NellÊimpatto con la società, ritorna unadimensione di paura, di incertezza, che vaaffrontata insieme, fortificando la relazionetra i ragazzi e i loro familiari, per far rendereconto a entrambe le parti che è in una rela-zione nuova, chiara, di aiuto, che si può tro-vare la forza per andare avanti e ri-costruire.

Quali sono gli strumenti terapeutici utiliz-zati? Certamente i gruppi di auto-aiuto, le attivitàformative, seminariali e di informazione. Iragazzi generalmente mancano di qualsiasitipo di informazione, anche perché solo peralcuni il livello scolastico ha raggiunto livelliaccettabili. Questo è un percorso formativodove i ragazzi sono accompagnati a ren-dersi conto che il mondo del lavoro ha delleregole, che per ottenere un lavoro cÊè undeterminato percorso e che le relazioni so-ciali vengono gestite in un particolaremodo. ˚ importante che il tutto avvenga in ma-niera progressiva e soprattutto misurata ri-spetto ai limiti e alle capacità di ognuno?Il nostro programma è personalizzato, que-sta è una regola che vale dalla fase dellÊac-coglienza alla fase del reinserimento. Se ilragazzo lavora in sinergia con lÊoperatore,se si riesce a stabilire questo tipo di rela-zione e di collaborazione sui contenuti delpercorso, il percorso procede. Prima dicevamo di quanto, fare della pro-pria vita una „testimonianza positiva‰ sianella fase del reinserimento, un importantesegnale di crescita e di cambiamento.

Dott.ssa, che cosÊè per lei il cambiamento? Il cambiamento in programma non è sololÊallontanamento da una abitudine di com-portamento, il cambiamento in programmapassa attraverso il mutamento completo deipropri riferimenti educativi e valoriali, dun-que il cambiamento è crescita. Ma non sipuò cambiare e crescere senza esporsi allasofferenza, ecco perché ogni crisi è benvistain programma, poiché non cÊè duttilità senon cÊè un momento di ripensamento su se

stesso e sulla propria vita. La catarsi com-porta sempre un grande impegno emotivo,i ragazzi che riescono a farsi carico di que-sto momento raggiungono il cambiamentovero, perché non si tratta solo un muta-mento di regole o di abitudini di vita, ma èun cambiamento interiore che è quello piùsolido e che perciò caratterizzerà la loro vitafutura.Si arriva così allÊultimo momento terapeu-tico del programma, la graduazione. Attra-verso la quale i ragazzi vengono premiatinon per essere usciti dalla tossicodipen-denza, ma per aver saputo restituire unsenso alla propria vita.

Vuole parlarci del valore che viene a que-sta attribuito? In „Progetto Uomo‰ uscire dalla tossicodi-pendenza è un dovere umano e civile. Lagraduazione è un momento in cui si resti-tuisce ai ragazzi la loro capacità di esserecresciuti in umanità. ˚ però importante ri-cordare che i ragazzi graduati non sono mo-delli di perfezione.. sono solo persone,ciascuna con le proprie caratteristiche. Ar-riva alla graduazione chi si è impegnato inun percorso di rielaborazione personale, chisi è coinvolto in un percorso di spiritualità,di raggiungimento di nuovi valori dunque,chi ha saputo sperimentare la propria uma-nità.Passiamo ora a qualche domanda di carat-tere piú personale.

Dott.ssa, da quanti anni fa questo lavoro?Io ho cominciato nel Ê89 come volontaria,dal Ê92 lavoro in comunità, il Ê94 ero diret-tore di comunità, e dal 2006 sono al rein-serimento.

Chi la conosce sa che è sempre molto vi-

cina ai ragazzi, che tipo di relazione si sta-bilisce con loro?La mia relazione con i ragazzi non è diversada quella che instaurano con gli altri opera-tori. I ragazzi riescono quando hanno lapossibilità di costruire con lÊoperatore unarelazione affettiva, affettiva nel senso che larelazione viene condita dal valore umanodella fiducia. I ragazzi sanno che lÊoperatorelavora e vive con loro per raggiungere il lorocambiamento. ˚ questo a determinare unarelazione di fiducia. Il ragazzo sa che tu seidalla sua parte rispetto al suo „buon pro-getto di vita‰, un progetto di successo, dibenessere. ˚ importante che il ragazzosenta che nellÊoperatore ci sia la volontà aseguirlo ed accompagnarlo per il raggiungi-mento del bene.

Cosa significa per una donna che è anchemoglie e madre, lavorare quotidianamentea contatto con le emozioni, i disagi, le pauree le debolezze di questi ragazzi? Quanto siporta a casa di tutto ció?Io in qualche modo mi porto tutto a casa.Anche mio marito lavora ogni giorno a con-tatto con la sofferenza in quanto è medico,dunque condividiamo la struttura sostan-ziale di questo percorso, di questa espe-rienza di vita. Ma ho dovuto stabilire unequilibrio tra ciò che posso condividere intermini di emozioni e sentimenti vissuti, eciò da cui devo necessariamente proteggereloro.

Cosa ritiene che questa professione le abbiadato da un punto di vista umano?Io mi sento portata per questa professione⁄. In realtà questa è una domanda che nonmi faccio spesso, probabilmente perché micommuove, ma ⁄. ha dato senso alla miavita!

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Il servizio di Consulenza Psicologica, della “La Casa sulla Roccia”, si rivolge

ad adolescenti e adulti con difficoltà di carattere psicologico, e a coppie e

nuclei famliari con problematiche di carattere coniugale o genitoriale.

Il servizio effettua: colloqui di consulenza psicologica, di psicodiagnosi, di con-

sultazione psico-pedagogica, di psicoterapia in setting individuale, di coppia

e di gruppo; gruppi di sostegno alla genitorialità; consulenze psico-pedago-

giche rivolte ai genitori e agli insegnanti; interventi di orientamento allo stu-

dio e di prevenzione della dispersione scolastica rivolto ad adolescenti;

progetti di prevenzione primaria alle dipendenze e laboratori socio-educativi

in collaborazione con le scuole secondarie di primo grado e di secondo grado;

progetti per adolescenti con disabilità.

La modalità del servizio prevede la possibilità di effettuare un colloquio gra-

tuito con uno psicologo dell’Associazione, con finalità conoscitive e di com-

prensione della richiesta effettuata. Contestualmente si definisce con il

paziente la tipologia di intervento per lui più idonea. Il contratto terapeutico

viene effettuato sulla base del Codice Etico della struttura e nella piena ga-

ranzia dei diritti dell’utente.

Si riceve su appuntamento presso la sede della Casa sulla Roccia, in rione

S.Tommaso n.85.

Sudio di Consulenza PsicologicaSegreteria - La Casa sulla Roccia

Rione San Tommaso, 85 - 83100 Avellino

tel : 0825/72420 - 72419 fax : 0825/71610

email : [email protected]

web : http://www.lacasasullaroccia.it

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ATTIVIT¤ LUDICO-RICREATIVEIN COMUNIT¤di Fabio, Claudia, Giovanna, Donatella ed Emanuela

LÊattività ludico-ricreativa svolge un ruolo molto importante nellosviluppo di una persona, partendo dalla sua infanzia. „Surplus dienergia‰: Spencer sostiene che tanto lÊuomo quanto lÊanimalehanno delle energie in eccesso che vengono utilizzate nellÊattivitàludica. Man mano che si scendeva nello sviluppo educativo Spen-cer notò che vi era una diminuzione dellÊattività ludica perchélÊenergia veniva utilizzata per soddisfare i bisogni primari. Notò chenegli animali superiori vi è una conservazione maggiore di energiache si esprime nellÊattività ludica. Nel 1900 Carl Cross sostenneche lÊattività ludica è una sorta di esercizio utilizzato per svilupparedelle attività motorie e mentali dellÊindividuo. Una sorta di pre-eser-cizio per fare in modo che determinate strutture innate siano tra-sformate in strutture più complesse e soprattutto più adatte a quelleche sono le modificazioni ambientali. Le relazioni tra i pari rappre-sentano il punto di partenza per una crescita armoniosa degli utentiin comunità che, attraverso lÊinterazione con i compagni, possonosperimentare nuovi modi di essere e di stare insieme ed in tal sensoil gioco è il mezzo più efficace per favorire la socializzazione. Ilgioco diventa significativo per lo sviluppo intellettivo di una per-sona, in quanto quando gioca, riesce a sorprendere se stesso e at-traverso la sorpresa acquisisce nuove modalità che gli consentonodi relazionarsi con il mondo esterno. Nel gioco una persona mi-gliora le proprie potenzialità intellettive, affettive e relazionali; di-venta strumento poiché lo aiuta a sviluppare la creatività, lo aiutaa sperimentare le capacità cognitive, ha modo di poter entrare inrelazione con i suoi pari, dà vita allo sviluppo della sua personalità.LÊattività ludica è considerata importante dal punto di vista dellasocializzazione, non solo da un punto di vista socio-emotivo, macome strumento che consente ad una persona, sin da quando èbambina, di conoscere, di controllare e gestire le frustrazioni che

vengono sollecitate dalla vita sociale, dai rapporti con gli altri equindi comprendere i propri bisogni soggettivi e mediarli con quellidegli altri. Da qui è nata lÊesigenza di creare degli spazi dÊincontroe dei momenti ludici in modo tale da favorire anche il diritto algioco, riconoscendone lÊimportanza per lo sviluppo e il benesserepsico-fisico delle persone. Tra le attività che il settore culturale dellacomunità porta avanti, grande rilievo assumono le iniziative di ca-rattere ludico-ricreativo quali karaoke, momenti dÊinsieme, seminaritematici, visite a musei o iniziative specifiche dÊinteresse storico/cul-turale. LÊobiettivo primario di tali attività è quello di sviluppare nellepersone il sentimento di appartenenza al gruppo e la consapevo-

lezza che, al suo interno, ogni membro svolge un ruolo attivo eunico, attraverso la socializzazione ed il coinvolgimento dei ragazziin attività stimolanti, quali il gioco (individuale o di gruppo) e le at-tività laboratoriali (teatro, decoupage, ecc.).Gli obiettivi specifici che ci si prefigge di raggiungere con tali at-tività sono: Favorire la socializzazione e le relazioni tra i pari;Creare degli spazi dÊincontro per tutti gli utenti;Favorire lÊacquisizione di abilità artistico-espressive tramite il

LA TESTIMONIANZA DI UN FAMILIAREUn luogo bellissimo. Non soltanto visivamente e nel senso più con-creto del termine. La Casa sulla Roccia è tale perché dai suoi spazi,dal lavoro degli operatori, dai ragazzi ospitati, traspare tranquillitàe impegno, con lo sguardo sempre rivolto alla vita. Ed è anche ilmio spazio, quello della mia famiglia, quello di mio fratello, con cuiabbiamo scelto di entrarvi per condividere il percorso „ProgettoUomo‰. Cinque mesi fa, quando ho accompagnato mio fratello, oltrepas-sando il cancello dellÊaccoglienza ho sentito che ce lÊavremmo fatta.EÊ presto per testimoniarvi il raggiungimento di tale risultato maoggi, insieme a tutta la famiglia ed agli operatori, ho accompagnatomio fratello oltre il cancello della Comunità, che rappresenta la se-conda fase del programma. Oggi mio fratello non veniva dalla strada ma da centocinquanta

giorni di percorso formativo, di impegno, di introspezione, di ri-cerca del senso della vita. E anche di difficoltà, superate con lÊaiutodegli operatori, veri maestri di vita, non professionisti per mestierema per passione, e di tutti noi familiari che abbiamo scelto di cam-minare insieme a lui in questo progetto di vita. Non immaginavo potesse esistere un posto come „La Casa sullaRoccia‰, dove trova rifugio la disperazione di un genitore, di un fra-tello, di una sorella, di un ragazzo tossicodipendente. Non un rifugiodove nascondersi ma da dove ripartire alla ricerca del senso dellapropria esistenza, alla ricerca del senso dei propri errori, alla ricercadi se stesso attraverso un progetto mirato e personalizzato.So che non sarà un percorso semplice ma mio fratello non è e nonsarà mai solo. LÊho visto rialzarsi da un letto dÊospedale dopo un incidente chesembrava essere stato letale. In quellÊoccasione ha lottato con tuttele sue forze chiamando la vita a gran voce. Lo sta facendo, a maggior ragione, anche adesso. Da oggi per noiè iniziata una nuova sfida che ci deve vedere impegnati in primalinea e non fermi, lì, ad aspettare che il miracolo si concretizzi. Eanche se so che dovremo affrontare insieme tante difficoltà aspet-terò con ansia il giorno in cui mio fratello varcherà di nuovo quelcancello per iniziare il reinserimento sociale, abbracciando, final-

mente, la nuova vita.

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LÊINTERVISTA L’intervista sul modo di viviere il gioco ad un ragazzo

di Villa Dora

di Fabio Petitto

Qual è il tuo concetto di gioco?Per me il gioco oggi rappresenta il momento in cui riesco a starebene con altre persone, divertendomi e sorridendo in modo sano,sereno; prima di entrare al Centro il gioco per me non aveva alcunsignificato, e mi riportava solo alla mente cose pesanti come ilgioco dÊazzardo o altre forme di gioco estreme.

Che importanza dai ai momenti dÊinsieme che si svolgono su incomunità?EÊ il momento in cui si riunisce tutta la casa e dà a tutti, come ame, la possibilità di esprimersi al meglio; è il momento in cui sicondivide gioia ma si affrontano anche i propri pregiudizi, ti af-fronti, impari a superare la tua paura di esprimerti. I 18 mesi dipermanenza qui i comunità mi hanno portato ad unÊattenta rifles-sione: mentre in passato davvero mi sembrava strano e non davosignificato nel vedere le persone divertirsi e coinvolgersi in giochie momenti dÊinsieme, oggi il settore culturale e tutto ciò che ne faparte è diventato una tappa fondamentale, importante nel mio per-corso terapeutico qui in comunità.

CÊè un gioco in particolare che rispecchia il tuo modo di essere, ituoi tratti caratteriali, che fa particolarmente parte di te?Il karaoke in particolar modo mi piace molto, mi piace cantare no-nostante sia estremamente stonato; in passato canticchiavo spesso,quando lavoravo portavo sempre una radiolina con me, il canto mi

fa stare bene, esprime la mia voglia di libertà. Al mattino durantelÊIncontro Del Mattino (IDM), momento iniziale che dà lÊavvio allenostre attività in comunità, cÊè un momento dedicato al canto, cheè fondamentale per noi tutti residenti, e sembra che se manchi quelmomento la giornata non parta nel verso giusto. Il karaoke per meè unione di gruppo, è gratificante, crea armonia tra me e il mondoche è intorno a me.

Se tu fossi i responsabile del settore culturale in comunità oltre ilkaraoke cÊè un gioco in particolare che ti piacerebbe proporre?Non ho preferenze particolari, ogni gioco a me piace e va bene,lÊimportante è riuscire a rimandare qualcosa di positivo alle per-sone, che si riesca a creare partecipazione in tutta casa. Probabil-mente oltre al karaoke il gioco con la corsa ai sacchi per indovinarei titoli delle canzoni lo proporrei come prima scelta.

Chi ti ha aiutato ad apprezzare lÊimportanza del gioco?Come già ribadito prima il gioco inizialmente lo vivevo come unasfida con me stesso, abituato come ero a giudicare chi giocava inmaniera sana e divertente, ma ringrazio di cuore tutti gli operatoridi Villa Dora, tutti indistintamente, per avermi dato la possibilità diessere stato già in passato responsabile del settore culturale qui incomunità; mi hnno affiancato durante lÊesperienza del settore cul-turale e mi hanno dato sempre la possibilità di esprimermi al me-glio, proporre le mie idee, mi hanno supportato ed aiutato adapprezzare questa mia attività.

Quali sono i valori positivi che un gioco può trasmettere secondote?Per me la riscoperta del gioco significa trasmettere lo star bene conle persone divertendosi in modo sano, tutto ciò prima io non lovedevo affatto, ora invece mi rendo conto che il gioco mi ha aiutatoa crescere fortemente come persona.

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Guerreschi CesareGiocati dal giocoGiocati dal gioco. Quando il divertimentodiventa una malattia: il gioco d'azzardopatologico

Editore, San Paolo

Il gioco in sé e per sé è un semplice di-vertimento, una piacevole attività, un gra-dito diversivo ma spesso diventa, peralcuni, una vera e propria malattia. Lo

scopo di questo breve libro, pubblicato con il contributo della Ca-sinò Kursaal di Locarno, è innanzi tutto quello di far cambiare unmodo diffuso e comune di pensare: il gioco d'azzardo patologico èuna malattia psicologica grave e non un "brutto vizio". CesareGuerreschi, si è specializzato in psicoterapia della famiglia e dellacoppia. ̊ stato direttore del Servizio di Alcologia dell'Usl di Bolzanoed ha fondato lÊAssociazione "Gioco d'azzardo patologico".

Vallés Carlos G.Ti amo, ti odioIl gioco dei sentimenti nelle relazioniumane

Editore, Piemme - 2007

Vivere il presente non è facile comesembra: è la complessa arte di starepienamente lì dove si è, liberi da timorie condizionamenti per essere se stessi.Ma non esistono formule magiche, né

rivelazioni istantanee. L'invito che viene dall'autore, vissuto a lungoin India e conoscitore del pensiero orientale, è quello di trovareognuno la propria strada.

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l’APPROFONDIMENTO

IL GIOCO

Accanto alle classiche dipendenze da dro-ghe, negli ultimi anni sono proliferate le di-pendenze da attività legali; sempre piùspesso, infatti, si sente parlare di Techno-logical Addictions e di dipendenze da com-portamenti .Esse non possono essereinserite sotto la categoria diagnostica dei di-sturbi da abuso di sostanze, perché ciò cheviene abusato non è più una sostanza chi-mica, ma un comportamento o unÊattività,così vengono definite con il generico ter-mine di „Nuove Dipendenze‰ o „New Ad-dictions‰.In generale possiamo classificare le dipen-denze in: 1. Dipendenze sociali o legali 2. Dipendenze antisociali o illegaliLe prime sarebbero costituite da droghe le-gali (tabacco, alcool, farmaci, etc.) e da at-tività socialmente accettate come mangiare,lavorare, fare acquisti, giocare, guardare latelevisione, etc. Il secondo sottotipo comprenderebbe in-vece le dipendenze da droghe ed attività il-legali, per esempio oppiacei, cocaina,oppure rubare, incendiare, stuprare, etc.Nella prima categoria, le nuove forme di di-pendenza senza droga sono agevolate dal-lÊinnovazione tecnologica e dalla nuovaciviltà che, da una parte genera stress,

vuoto e noia, e dallÊaltra stimola la tendenzaallÊimmediata gratificazione, fornendo sem-pre gli strumenti appropriati.La dipendenza da gioco rientra a pieno ti-tolo nel primo sottotipo.Molti autori hanno affrontato il tema delgioco, considerandolo una prerogativa es-senziale degli esseri umani non soltanto nel-lÊetà infantile. Huizinga (1938) attribuisceun ruolo fondamentale al gioco nel suo sag-gio „Homo ludens‰: egli afferma che ogniaspetto della vita può essere ricondotto adun gioco; „ogni azione umana appare unmero gioco‰. Il gioco non è un prodottodella cultura ma al contrario: „La culturasorge in forma ludica, la cultura è dapprimagiocata (⁄) nei giochi e con i giochi la vitasociale si riveste di forme soprabiologicheche le conferiscono maggior valore. Con

quei giochi la collettività esprime la sua in-terpretazione della vita e del mondo. Dun-que ciò non significa che il gioco muta o siconverte in cultura, ma piuttosto che la cul-tura, nelle sue fasi originarie, porta il carat-tere di un gioco‰. Per quanto riguarda ilgioco dÊazzardo facendo un excursus storicovediamo che affonda le sue radici fin nel-lÊantichità, già a partire dal 4000 a.C. netroviamo notizia: si pensa addirittura che iprimi giocatori dÊazzardo fossero gli egizi, iquali per predire il futuro utilizzavano quelloche oggi è il gioco dei dadi. La stessa parolaazzardo del resto deriva dal francese ha-zard, che a sua volta deriva dallÊarabo az-zahr, un antico gioco orientale con tre dadi,in cui il punteggio massimo è 6-6-6. Si puòfacilmente notare che il numero 666, cono-sciuto come il numero del Diavolo, è anchela somma di tutti i numeri della roulette eaccostano questa simbologia al fatto che ilgioco dÊazzardo possa diventare anche unadannazione, se si pensa al suo essere com-pulsivo e alle disastrose conseguenze allequali può condurre questa „sete di rischio‰. Negli anni lÊatteggiamento nei confronti delgioco dÊazzardo è cambiato più volte, alter-nando fasi di permissivismo ad altre di proi-bizionismo. Negli ultimi due millenni,emerge come la competenza e la condanna

La dipendenzada giocodi Anna Iovino

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del gioco (e dei giocatori) sia stata in unprimo momento di pertinenza religiosa (gio-care è peccato), diventando quindi di domi-nio e preoccupazione del diritto (giocare èreato), mentre ora appaia sempre più di do-minio della medicina e della psicologia (gio-care- se in modo compulsivo- è malattia). Da quando si è iniziato ad applicare lenuove tecnologie al gioco dÊazzardo sonofiorite sempre più semplici e pratiche op-portunità di giocare. Non si gioca più solonei casinò e nelle sale corse, oggi lo pos-siamo fare nei luoghi più comuni come neibar, nelle ricevitorie e addirittura comoda-mente a casa nostra, basta disporre di uncollegamento ad internet e di una carta dicredito. La nostra non è solo lÊepoca dellenuove lotterie come il SuperEnalotto ma so-prattutto è lÊepoca dei videopoker, macchi-nette che simulano il gioco del poker ma incui non si sfida nessun avversario. Dallaloro comparsa si sono moltiplicati i casi didipendenza: in un intervista del 2 dicembre2001 sul quotidiano „La Nazione‰ MauroCroce (psicologo, psicoterapeuta e crimino-logo, Socio fondatore di Alea Associazioneper lo studio del gioco d'azzardo e dei com-portamenti a rischio) afferma: „Oggi il vi-deopoker sta trasformando in fenomenosociale di massa una ÂmalattiaÊ prima limi-tata a fasce circoscritte di popolazione. Fra

i miei pazienti, che cercano di liberarsi dallamania del videopoker, ci sono anziani cheprima si limitavano alla partita a carte. Ogginei bar ci sono queste macchinette, loro lepreferiscono alla briscola e cresce la dipen-denza‰. Alcuni esperti mettono in guardiarispetto al fatto di non considerare questemacchinette dei videogiochi; le differenzesono numerose: innanzitutto nei videopokermanca la componente di abilità necessariaper cimentarsi con i videogiochi, inoltre neiprimi si inserisce denaro contante, elimi-nando così il tramite del cambio dei soldiche potrebbe costituire un elemento di ri-flessione per il giocatore e potrebbe inter-rompere lÊautomatismo del comportamentodi gioco. UnÊaltra caratteristica peculiare deivideopoker è lÊobbligo per i gestori di pa-gare la vincita in buoni consumazione, mamolto spesso tale obbligo non viene rispet-tato ed il pagamento avviene sotto formamonetaria. Accanto a queste caratteristicheche potrebbero contribuire allÊinstaurazionedella dipendenza, ne troviamo unÊ altra diestrema importanza: lÊisolamento e lÊestra-neazione dalla realtà che producono, lostesso che troviamo anche nelle slot-ma-chine. UnÊaltra opportunità di gioco alienantedalla realtà è offerta da Internet. Digitandosu qualsiasi motore di ricerca la parola Âaz-

zardoÊ si aprono centinaia di siti che pro-pongono casinò virtuali, scommesse, asteon-line ed investimenti in azioni di borsa.Il successo dei cyber casinò è dovuto aduna „reciproca convenienza‰ tra chi li ge-stisce, perlopiù società che riescono adeludere divieti ed obblighi imposti dallalegge grazie alla non regolamentazione delgioco virtuale, e gli utenti. Questi godonodi vantaggi come il non doversi recare alcasino, risparmiando denaro per il viaggioe mantenendo la totale privacy.Per concludere, una volta riconosciutalÊesistenza e lÊimportanza del gioco dÊaz-zardo a livello sociale, possiamo chiederciperché lÊuomo è spinto a giocare, seppureoccasionalmente. Preferisco risponderecon una frase non mia ma pienamente at-tinente al tema: con la schedina si compraun poÊ di illusione e di speranza, che gio-carla è una forma di svago e divertimentoper la maggioranza delle persone, maanche un modo per vivere delle emozioni(Imbucci 1997). Si potrebbe affermare,quindi, che il giocatore sociale ottiene at-traverso il gioco una sorta di „fuga psi-chica‰ dalla realtà , un modo per usciredalla routine, uno „spazio magico‰ in cuipuò dare sfogo alla fantasia ed immagi-

nare se stesso in diverse situazioni di vita.

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LÊITALIA IN GIOCOdi Enza Petruzziello

LÊItalia è una repubblica democratica, fondata sul gioco. Potrebberecitare così il primo articolo della nostra Costituzione. E già, per-ché se da un lato sono sempre meno le opportunità di lavoro, dal-lÊaltro sono sempre più le occasioni di gioco. Secondo i dati raccoltidallÊEurispes, il gioco d'azzardo regolamentato dalla Stato, e quindilegalizzato, è la quinta industria nel nostro Paese dopo Fiat, Tele-com, Enel, Ifim. Il mercato italiano rappresenta il 9% di quello mon-diale. Gli italiani arrivano a spendere 50 miliardi di euro allÊanno,facendo entrare nelle casse del Ministero dellÊEconomia quasi 8 mi-liardi. Si tratta di attività che creano dipendenza come lÊalcool, ilfumo e la droga. Negli ultimi dieci anni poi si è passati dal giococome fenomeno sociale e sommerso, alla istituzione di una vera e

propria industria. A farla da padrone tra gli incassi dei principaligiochi sono soprattutto gli apparecchi da intrattenimento, le new-slot, per le quali il totale delle entrate è cresciuto di oltre 47 voltedal 2003 ad oggi, passando da 367 milioni a 17.282 milioni dieuro e che rappresentano, da sole, circa il 45% delle entrate com-plessive del totale dei giochi , seguiti, sempre nel 2008, dalle lot-terie e dal lotto.E chi pensa che la Campania sia la regione dove si gioca di piùsbaglia. Essa, infatti, è soltanto terza dopo Lombardia e Lazio. Laprima con 8,3 miliardi di euro ricopre il 19,9% del totale. Il Laziocon 4,6 miliardi di euro rappresenta l'11% e infine la nostra regioneche con 4,2 miliardi di euro è il 10,1% del totale. Per le forze del-l'ordine, il volume del gioco clandestino e delle scommesse illegalisi attesta intorno ai 23 miliardi di euro, che in termini percentualirappresentano il 13,1% dell'intero fatturato dell'economia crimi-nale.A tutto ciò si aggiungono i cosiddetti ludopatici. Basti pensareche il debito medio dei giocatori patologici si aggira intorno ai 10-12 mila euro, toccando punte di 40 mila. Ma chi è la persona chegioca in maniera compulsiva? ˚ uomo, tra i 30 e i 40 anni e lavo-ratore precario. Il profilo è del sognatore con un reddito medio-basso che tenta la fortuna e finisce sul lastrico. In base a uno studiodel Coordinamento gruppi per giocatori d'azzardo (Conagga) e delCoordinamento comunità di accoglienza (Cnca), in Italia i giocatorid'azzardo sono circa 1.353.000. Di questi almeno 16.000 sonogiocatori patologici. Imprenditori, professionisti, agenti delle forzedell'ordine, ma è accertato che a cadere più facilmente nel tunneldella dipendenza da gioco sono le persone meno abbienti. Il 23,7%dei giocatori, infatti, dice di avere un lavoro saltuario o precario,mentre il 18,4% è pensionato. Insomma, più le persone sono diceto basso e a rischio di povertà, più è facile che tentino la fortunaal gioco e chi ha meno è sicuramente spinto a spendere di più allaricerca della vittoria che può cambiare la vita. Purtroppo quasi maici si riesce e per loro uscire dal tunnel del gioco diventa la vera

scommessa.

DALLA CABALA AINTERNETdi Rosa De Angelis

In principio era la cabala. La combinazionevincente del Lotto veniva ricercata nellÊin-terpretazione dei sogni. Si scomodavanoparenti defunti come oracoli di Delfi. Si ri-cercavano interpretazioni fantasiose per ot-tenere i numeri vincenti. Oggi al contrarioè la statistica a farla da padrona attraversoelaborati sistemi basati sul calcolo delle pro-babilità e diffusi su internet. E proprio unodi questi sistemi, detto „La Mamma‰, hapermesso nei mesi scorsi ad alcuni fortunatidi vincere parecchi quattrini. Il 30 ottobrescorso, dopo molti mesi di attesa, è uscitoil 6 del Superenalotto, da quasi 178 milionidi euro. Si tratta del montepremi più altomai assegnato in Italia, vinto con un sistemaa caratura da 70 quote, dal costo di 24 eurociascuna. Una vincita molto attesa, il 6 in-fatti non usciva da 113 estrazioni, ovverodal 9 febbraio precedente. Il sistema vincente ha premiato molti gioca-tori in tutta Italia, ma la maggior parte delle

vincite è avvenuta nel Lazio. Una dellequote vincenti è stata giocata invece in unaricevitoria di Avellino, in via Tagliamento.Situato in pieno centro cittadino, lÊesercizioè molto frequentato da giocatori abituali, maanche di passaggio. LÊidentità del fortunatoche incasserà una vincita da 2 milioni e 538mila euro, per il momento, non è nota.Ad Avellino le bocche restano cucite e cÊèchi giura che il nome del vincitore non verràmai fuori. Il rischio è che accada come adOspedaletto dÊAlpinolo dove, nel 2008, suuna vincita milionaria, arrivarono anche lemani della camorra. Nel mirino finironomolti dei trenta fortunati che, giocando insocietà un sistema, il 17 gennaio del 2008avevano centrato un 6 da 33 milioni di

euro. Oltre che ad Avellino, in Campaniasono stati baciati dal 6 vincente anche a Na-poli, Castellammare di Stabia, Giugliano ePellezzano, per un totale di 12 milioni e600 mila euro.Ma per tanto denaro vinto da pochi eletti,in Italia cÊè un mondo di giocatori più omeno incalliti che probabilmente non vin-ceranno mai. Nel nostro paese giocano tuttie giocano tanto. Secondo il mensile Pano-rama, solo nel 2010 gli italiani hanno speso2 miliardi e mezzo di euro a fronte di 845milioni di vincite distribuite. QuestÊannosono stati 23 milioni gli italiani che hannogiocato, sognando la mitica sestina, capacedi cambiargli la vita. Il Superenalotto che fa impazzire tutti, dal

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LÊAELEATORIOGIOCO DELLÊIN-COMUNICABILE Ovvero: per chi chiude gli occhi

di Ramona Barbieri

Il rumore sordo e tintinnante delle monetesul metallo ⁄ lÊodore del caffè ⁄ per un at-timo il piacere del risveglio viene interrotto,ascolto lÊaffannarsi di una corsa, piccole urladi gioia e poi un tonfo e dopo un ticchettio,convulso, nervoso ⁄ e di nuovo il rumoresordo e tintinnante delle monete sul me-tallo. Mi giro, disturbata e attratta da quelqualcosa e lì, proprio dietro di me, o al miofianco o in un angolo: spalle, di solito due,a volte tre, spesso un mucchio, sembranoanimali famelici accaniti di fronte ad un mi-sterioso schermo, una macchina.Si girano, mi guardano e riesco ad intrave-dere le gocce di sudore, lÊaffanno ⁄ la di-sperazione e la voglia incontrollabile di

adrenalina, di vittoria, di rivincita ⁄ mi af-faccio per vedere il tesoro ⁄, un gioco, unamakkina, un oggetto, una SLOT MA-CHINE. E lì, quei detentori di anima si gio-cano il loro futuro, si vendono affetti,dignità, elemosinano unÊemozione, lÊillu-sione del benessere e faccio un parallelo ⁄comincio a pensare alle volte che ho vistouna base di droga, alla calca sotto lo spac-ciatore per avere il pezzo che possa dartilÊillusione del benessere dove ci si gioca ilfuturo, lÊanima, le emozioni, tutto gira in-torno alla rivincita. Ormai sei dentro, sei di-pendente. Ma a Secondigliano hai paurache arrivi la polizia, perché a volte capita.In un bar no. Così ritorno davanti a quelcaffè e riguardo i loro volti.A volte vestono panni usurati dal tempo,spesso sono in giacca e cravatta e sfilanodalle tasche mazzetti di banconote da 50euro. Che si trasformano in decine di me-talli da dare in pasto come fossero cara-melle alle loro „Slotlovers‰. Ma laDipendenza è la stessa, la sofferenza è lastessa. No lì non cÊè la polizia no, è soloun gioco ⁄ Così comincio a pensare, riflet-tere, ricordare e quei volti non mi lasciano.Riprendo il mio quotidiano, dÊaltronde è

tutto normale, è tutto concesso. Ma mi ca-pita di passare davanti ad un centro scom-messe, e mi capita di dare unÊocchiata, madi proseguire.Solo che quei volti non vogliono proprio la-sciarmi, così torno indietro e con una pauraantica varco quella porta. CÊè una luce forte(a Secondigliano è così buio!)Uomini, molti mi affiancano, mi lancianouno sguardo, ma sono da unÊaltra parte.Molti alzano e abbassano gli occhi schermo-foglio tra le mani-schermo –foglio tra lemani, di nuovo le spalle, questa volta tuttein fila, ricurve su una sottile mensola. Il lorobraccio si muove da destra a sinistra. Nonsi accorgono di me.I più però sÊincamminano verso grandischermi di vetro dove sono gentilmente ac-colti da due giovani ragazzi che manipolanocalcolatori e computer ogniqualvolta si av-vicina qualcuno ( a Secondigliano sei soloun cane da sfamare). EÊ il mio turno.Sono gentili, chiedo spiegazioni sulGIOCO, ma lo faccio inventando una fan-tomatica tesina di sociologia perché LOROmi guardano, i giocatori mi squadrano, mitrapassano e io ho paura, perché avvertoquanta disperazione cÊè in ogni gesto. La

gradino più basso a quello più alto della scala sociale, è nato solo13 anni fa ma la cifra raccolta è spaventosa: 30 miliardi di euro,540 mila euro ogni ora. I giocatori abituali sono 16 milioni ma neipicchi del jackpot arrivano anche a 22 milioni. E lo Stato ha il suobel tornaconto: 15 miliardi di euro raccolti, grazie alle schedine gio-cate, in soli 13 anni. Quanto basta per far sperare che i giocatoriaumentino ancora. La probabilità di centrare un 6 è una su 622

milioni. La statistica premia invece altri giochi. Da uno studio delmensile Focus emerge che la possibilità di indovinare i 5 numerimagici del Lotto è una su 23 milioni. Per il poker una mano discala capita una volta su 688 mila. Più facile sicuramente ottenereun premio del Gratta&vinci. Un tentativo su 15 va a buon fine.

Premi più modesti ma la soddisfazione è a portata di mano.

Progetto per la dipendenza da gioco

La Casa sulla Roccia - Avellino

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disperata voglia di poter essere qualcuno,avere qualcosa che ti faccia sentire menopovero, meno solo, meno stupido, piùuomo. Che non ti faccia pensare ai bambiniche hai lasciato a casa, al marito che nonvolevi, alla vita che vorresti cambiare ⁄‰magari con quei soldi mi faccio un viaggio,una casa, la macchina nuova⁄La VITA⁄‰E giù di nuovo ⁄ si imboccano caramelle⁄ come soldi ⁄ oops ⁄ soldi come cara-melle.Ma i ragazzi gestori del centro mi tranquil-lizzano, dicono che lì si gioca solo il calcioscommesse⁄. mi guardo intorno⁄ cavalli,corse, i volti mi si parano di nuovo davanti⁄ continuo a respirare denso ⁄Quelle luci⁄.forti⁄..La media dei giocatori,dicono, è di trentÊanni, ma puoi incontrarequalunque età, dice indicandomi lÊanzianosignore che con passo claudicante avanzaappoggiato al bastone verso lÊenormeschermata di vetro che separa i giocatori daisanti computer a cui offrono la sorte. Ilvetro sembra separi lÊirreale dalla realtà.Il ragazzo continua dicendomi che non cÊèun momento in cui non ci sia qualcuno chenon giochi e a me viene in mente la pubbli-cità dello Stato⁄ lÊimportante è giocarecon prudenza.LÊentrata in vigore della legge 425 del6.10.1995 per la prima volta, ammise lapossibilità di concedere,attraverso lÊutilizzo di apparecchi da intrat-tenimento, vincite in buoni (ticket o token)per consumazioni, piccola oggettistica op-pure in gettoni sino ad un massimo di 10,senza però nulla specificare sulla natura delgioco proponibile.L'immissione sul mercato degli apparecchiprima elettromeccanici poi elettronici hadato inizio al diffondersi del fenomeno delgioco d'azzardo per mezzo di apparecchi dagioco.Tali congegni erano già presenti alla finedegli anni ottanta (i vari videopoker di pro-venienza americana o austriaca), sottoforma di apparecchiature a doppia schedacon attivazione tramite telecomandi, carica-mento del denaro tramite chiave, spesso ce-lati nei retrobottega di bar e soprattuttocircoli privati, la diffusione era molto con-centrata in particolari aree geografiche.Devo trattenermi dal fare una sonora risata,lÊIGNORANZA ⁄ ignorare che possa es-sere dipendenza e far finta di non notarequante persone passino ore e ore chiuse inquei centri ⁄ avere la capacità di chiuderegli occhi ⁄Il 1999 fu lÊanno in cui i giochi di Stato toc-carono lÊapice storico del loro successo, dauna ricerca del CENSIS sul gioco, in sintesi:in Italia ci sono circa 30 milioni di giocatori,preferiscono i giochi di fortuna a quelli diabilità (skill), nel 1999, gli italiani hanno

speso 37.000 miliardi compresi i 3.000 mi-liardi dei Casinò, la fanno da padroni il

Lotto (19.500 Miliardi), il Superenalotto(6.100 Miliardi) e le Scommesse ippiche(2.800 Miliardi ), in forte calo il Totocalcioe affini.Secondigliano è male ⁄ lÊeroina è male ⁄eppure quando la ragazza mi dice che devoscrivere che le Slot, quelle sì che sono unadroga, scrivilo pure, dice ⁄ e il ragazzo mimostra un televisore, la telecamera puntatasulle slot e cÊè la calca, di nuovo quellÊim-

magine ⁄ la disperazione, la dipendenza,lÊastinenza ⁄ lo spegnersi un poÊ per voltatenendo nella propria mente un soloUNICO PENSIERO⁄.„E pensa che credono tutti di poter vincerefacendo una serie di combinazioni‰ sorridedicendomi questo. Gli chiedo a cosa si rife-risce e lui risponde che in realtà le slothanno un computer interno come unaruota che ad un certo numero di giri, pro-

grammato dal computer permette la fuoriu-scita di danaro ⁄ TUTTI CREDONO DIAVERE IL POTERE E IN REALTAÊ è solo

questione di GIRI. Vorrei chiedergli altro, ma lÊaria comincia afarsi pesante, pian piano stanno aumen-tando le persone accanto a me e con loroaumenta il denso. Mi guardano come ani-mali famelici aspettando IMPAZIENTE-MENTE il loro turno ⁄ mi allontano, pensoalla calca, alle spalle, alle mani sul foglio,Lo Stato, nella rappresentanza del GovernoAmato, pensò bene di modificare la normauna prima volta alla fine del 2000, di cui siricorda una burrascosa seduta alla Cameradove intervennero allora ben due Ministri:Visco (Bilancio e Tesoro) e Bianco (Interno),dove venne eliminata qualsiasi forma di vin-cita, (se pur nel testo iniziale, presentato dalMinistero delle Finanze, figuravano la vin-cita di 10 monete) fatta salva la possibilitàdi ripetere o prolungare le partite fino adun massimo di 10 volte e la vincita di og-getti. QuellÊanno si registrò la nascita delgioco del Bingo, con la prevista apertura di800 sale, di cui 420 iniziali e di seguito lealtre, già appena prima si era assistito allanuova legge sulle scommesse sportive conla prevista e quanto mai azzardata triplica-zione delle vecchie sale ippiche. Così mi accingo ad andare, con la testapiena di immagini di volti, di persone careche hanno lottato per uscire da una dipen-denza da sostanze e sono tornate a dipen-dere ⁄. dal GIOCO e mi si stampanodavanti i loro occhi, uguali a quelli del del-lÊanziano dal passo claudicante e della ra-gazza al bar del centro che mi dice „ognitanto la fortuna gira anche per me‰ racco-gliendo in un sacchetto le monetine che sulmetallo rimbalzavano come biglie.E penso alle parole di Eugenio Bernardi:Con il termine "giochi d'azzardo" inten-diamo tutti quei giochi il cui risultato finaleè determinato dal caso. Esistono quindi duetipi diversi di giochi: quelli "dentro ai casinò"e quelli "fuori dai casinò". Alla prima cate-goria appartengono giochi, cosiddetti fran-cesi, quali la roulette, il baccarà, lo cheminde fer, oppure le slot machine o videopoker,i cosiddetti americani; mentre alla secondacategoria appartengono le scommesse sullecorse dei cavalli e dei cani, le scommessesportive, il lotto, il totocalcio, il totogol, ilsuperenalotto, il gratta e vinci (lotterie istan-tanee), tutti i tipi di lotteria, il Bingo, i giochidi carte e di dadi. Si stima che circa l'ottantaper cento della popolazione adulta del no-stro paese giochi d'azzardo. Va detto cheper la maggior parte di queste persone, ilgioco d'azzardo rappresenta solo uno deitanti passatempi, oppure un'innocua tradi-zione (si pensi alla classica "tombolata di ca-podanno").Però, purtroppo, il gioco d'azzardo, per unasfortunata minoranza di persone, rappre-senta una vera e propria malattia, che porta

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alla distruzione della propria vita e di quelladella propria famiglia. Questo accadequando il gioco d'azzardo si trasforma inuna vera e propria malattia, nota con ilnome scientifico di "Gioco d'azzardo pato-

logico". Sono giochi dÊazzardo secondo ilC.P. (artt. 718-719 e 721 ) quelli in cuilÊalea (il rischio) è prevalente sullÊabilità edhanno come scopo quello di procurarelucro apprezzabile a chi, a qualunque titolo,

ha interessi economici negli stessi (cfr Eu-genio Bernardi, LÊevoluzione dell'art. 110T.U.L.P.S http://www.diritto.it/articoli/pe-nale/bernadi2.pdf)A me viene voglia di urlare ⁄ E a voi?

IL GIOCO NELLA RELAZIONE GENITORE-BAMBINO IN COMUNITAÊdi Serena Petretta

LÊaspetto ludico-ricreativo è considerato di fondamentale importanzaallÊinterno del programma riabilitativo. Attraverso la riscoperta del giocogli utenti possono riappropriarsi di quelle abilità sociali e creative chesono istintive nellÊessere umano e, in quanto tali, assolutamente neces-sarie al suo sviluppo e alla sua crescita. Spesso tali dimensioni, abitual-mente associate allÊinfanzia, perché per lo più caratteristiche di questafase di vita, sono state estromesse dallÊesperienza degli utenti che nesono stati privati o se ne sono privati loro stessi. Ma oltre a un percorsodi riscoperta personale del gioco, per tutti coloro che nel programmasi riappropriano o solidificano il proprio ruolo genitoriale la componenteludica rappresenta un tassello fondamentale.Il gioco è fondamentalmente relazione: relazione con lÊaltro, con lo spa-zio (fisico e sociale), con il proprio sé ed il proprio mondo, sia reale chefantastico. In quanto tale la capacità di giocare con i propri figli è espe-rienza di comunicazione, condivisione ed educazione.

Attraverso il linguaggio del gioco, che è spesso linguaggio simbolico,semplificato, immediato è più facile entrare in contatto con il propriobambino, sperimentare nuovi ruoli che consentono al bambino di co-noscere il genitore non solo attraverso modalità autoritarie, ma anchedi condivisione del proprio mondo, come una persona presente nelproprio universo. Inoltre attraverso il gioco è possibile insegnare al bam-bino, in modo propositivo, sia norme e regole, sia lÊimportanza della

condivisione, della socialità, della creatività, interagendo con lui e for-nendo un esempio concreto e comprensibile di comportamento e diattivismo. Il bambino si sente più facilmente accettato dal genitore epresta maggiormente attenzione ad esso e ciò permette di passare conmaggiore naturalezza da modalità autoritarie e modalità autorevoli direlazione. Il genitore impara modi più gratificanti di interazione con ilbambino, accettandolo in ogni suo aspetto e sperimentandosi conti-nuamente in una relazione dinamica.La comunicazione si arricchisce, ampliandosi di aspetti non verbali efisici che aumentano il grado di confidenza e intimità e la sensazione disicurezza. In comunità si cerca inoltre di promuovere nel genitore la ca-pacità di proporre giochi che siano il più attivi e creativi possibili cosìda rinforzare nel genitore lÊautostima e la sicurezza nel gestire situazionicritiche ed imprevedibili e alimentare nei bambini la fantasia, la parte-cipazione, la sensazione di sentirsi ascoltato, capace di fare da sé e nonsolo di essere esecutore passivo di prove di abilità. In questo modo vienestimolato sia lÊaspetto cognitivo che quello emotivo sociale della diadegenitore-bambino a tutto vantaggio della costruzione di una relazione

solida ed affettiva.

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IL GIOCO E LÊADOZIONEQuanto più il bambino avrà avuto modo di godersi

la ricchezza e la libertà del gioco di immaginazione

in tutte le sue forme, tanto più solide saranno le basi

del suo sviluppo” (Bruno Bettelheim)

di Anna De Stefano

Per i bambini il gioco è lÊattività principale. EÊ fonte di piacere, dicomprensione della realtà esterna, di affermazione del proprio io,è occasione di sviluppo della propria capacità creativa, della propriaimmaginazione, del prestare attenzione e di rispettare le regole cheanche i piccoli si danno prima di iniziare a giocare, gettando le basiper un successivo apprendimento delle regole scolastiche e dellavita più in generale, essendo una modalità di socializzazione. Il be-neficio del gioco per i bambini è a trecentosessanta gradi: a livellocognitivo favorisce lo sviluppo della memoria, della concentrazione,dellÊattenzione tanto che una carenza dellÊ attività ludica potrebbecompromettere lo sviluppo cognitivo del bambino stesso.EÊ chiaro che il gioco segue il percorso evolutivo del bambino, dif-

ferenziandosi per età: dal gioco di manipolazione e scoperta di sée del mondo, al gioco più complesso di socializzazione con giochidi gruppo che comportano regole più raffinate, fino al gioco cheviene utilizzato per fini terapeutici : attraverso la „terapia delgioco‰il terapeuta aiuta il bambino a superare le difficoltà emotive,perché questÊultimo gli permette di arrivare al suo mondo interiore,esprimendo cose che non sarebbe in grado di tradurre in parole.Questa terapia oramai consolidata nasce dallÊintuizione di Freud,dalla sua puntuale osservazione e conseguente riflessione. Il padredella psicoanalisi sostenne che il gioco serviva a esorcizzare „lÊan-goscia nata dallÊassenza della madre‰ , ritenendo che i bambiniesprimono con precisione i loro pensieri e i loro sentimenti attra-verso di essi e che grazie al gioco stesso alcune emozioni, dallequale potrebbero essere sopraffatti, possono essere affrontate eagite. Successivamente lo psicologo Piaget propose una classificazionedei giochi basata sulla sua struttura, ma che al contempo seguelÊevoluzione genetica dei processi cognitivi: i giochi di esercizio cheriguardano i bambini dalla nascita ai due anni nel periodo di sco-perta dellÊutilizzo dellÊattività sensomotoria; i giochi simbolici ca-ratteristici della fascia tra i due e i sette-otto anni, grazie ai qualiazioni quotidiane e oggetti sono distaccati dai loro ruoli tipici edalle loro funzioni e usati in una maniera atipica, giocosa: è il giocodel far finta, del fare „come se‰ ; i giochi di regole che cresconocon il crescere dellÊetà del bambino che, a partire dai 7-8 anni,esprime in tal modo la sua voglia di socializzazione e relazioni coni suoi coetanei. Questa modalità di giocare, che esprime una fun-

zione sociale del gioco stesso,diventa fondamentale per il bambinostesso che impara attraverso di esso a stare con gli altri bambini, adarsi delle regole condivise che devono essere rispettate, altrimentiil gioco „non vale‰. I giochi di finzione diventano sempre più com-plessi inizialmente ci si mette dÊaccordo sulle regole e per il ruoloche ognuno dovrà avere; si cominciano a formare le squadre e afare le prime gare, dove la competizione si affaccia ma non la fa dapadrone. Queste sono per i bambini esperienze importantissime,perché fra pari, senza che ci siano gli adulti che smussano i con-trasti fra loro, essi imparano a cooperare, acquisiscono nuove abi-lità ed anche una propria identità, ad assumersi la responsabilitàdelle buone relazioni con gli altri, a relazionarsi senza prevaricare,pena la fuoriuscita dal gioco del bambino che si sente tiranneggiatoe che spesso comporta lÊinterruzione del gioco stesso. Come spiega la psicologa Anna Oliviero Ferrarsi nel suo libro„Non solo amore‰ „Nel fare una buca nella sabbia, nel parteciparealla costruzione di un castello o nel rispondere allÊaccusa di unamico secondo cui „così non vale‰, i bambini non possono fare af-fidamento nel fatto che gli altri si sobbarchino tutto lo sforzo del-lÊinterazione, come possono fare invece con gli adulti, più saggi ecomprensivi⁄. Stando con i coetanei si impara a difendersi, ad ag-girare un ostacolo, a distinguere uno scherzo da unÊoffesa, a farela pace, a capire le intenzioni degli altri, a convincere ecc.ecc.‰Conseguentemente, lÊelemento fondamentale del gioco e prerequi-sito per una armoniosa crescita è la spontaneità; gli adulti, in ge-nere, farebbero bene a non interferire con le attività del bambinostesso , anche quando sono animati dalle migliori intenzioni, men-tre diversa è la necessità espressa dal bambino di coinvolgere i ge-nitori nel gioco, per condividere unÊattività per loro importante,per averne la loro attenzione, per il piacere di stare con essi. Bruno Bettelheim, psicologo, psichiatra e scrittore, ha parlato alungo del gioco nei suoi libri. In particolare in „Un genitore quasiperfetto‰ così descrive lÊintervento nel gioco da parte dei genitori„Quando giochiamo con i nostri figli, hanno tanta importanza lapazienza, la tempestività e la disponibilità a lasciar loro fare le coseda soli. Mentre sono decisive e di sprone la nostra approvazionee la nostra gioia nel vederli impegnati nei loro giochi, anche se cene sfugge il senso e lo scopo.‰ I giochi che i bambini fanno spon-

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taneamente possono davvero essere „terapeutici‰, come quandoper esempio si prendono cura della bambola o del peluche comevorrebbero che i loro genitori si prendessero cura di loro „compen-sando così per interposta persona le carenze che avvertono‰.Spesso, però, i genitori non riconoscendo i significati sottesi algioco infantile interferiscono cercando, a volte, di „correggere‰ laripetitività nel gioco o dei gesti per loro privi di senso (comporta-mento questo che probabilmente tenderanno ad avere anche in fu-turo cercando di dirigere e determinare le attività del figlio), nonrendendosi conto che una ripetitività minuziosa del gioco „segnalache il bambino sta lottando con problemi di enorme importanzaper lui e che, pur non essendo ancora riuscito a trovare una solu-zione, continua a esplorare e a cercarla‰ (B.Bettelheim).Un bambino che ha scarse opportunità di giocare spesso presentacarenze o, quando subisce il trauma dellÊabbandono può manife-stare addirittura un arresto dello sviluppo intellettivo, perchè „nelgioco ed attraverso il gioco il bambino esercita i processi di pen-siero e senza una tale pratica il pensiero si appiattisce e si atro-fizza‰(B.Bettelheim), basti pensare a quanto è importante che lamadre giochi con il bambino piccolo, parlandogli in un clima di se-rena giocosità, perché ne stimola il linguaggio.Un bambino adottato è, prima ancora, un bambino che è stato ab-bandonato, che ha „perso‰ parte della propria storia e che quindidovrà, per proseguire adeguatamente il proprio processo di cre-scita, riuscire a sanare le ferite che porta dentro di sé . „Il bambinosi trova, infatti, a dover superare una sfida evolutiva aggiuntiva ri-spetto ai suoi coetanei. Egli deve riuscire ad integrare, pian piano,il suo passato nel presente dellÊadozione, per avere la possibilità diprogredire verso il proprio futuro‰ (Lifton, 2002).Pertanto lÊaccoglienza in seno alla famiglia passa anche attraversoil gioco che rappresenta un mezzo per avvicinare i genitori adottivial bambino stesso, soprattutto nella fase iniziale, molto delicata, diconoscenza reciproca. Attraverso il gioco si comunica, in maniera

non verbale, al bambino la propria disponibilità ad accoglierlo, lavolontà di essere dalla sua parte non come adulto ma come pari,di voler partecipare in maniera gioiosa ad unÊattività per lui impor-tante e che probabilmente ha poco o mal sperimentato a causadella sua condizione. Oltre al gioco, un ruolo importante riveste la fiaba perché i genitoriadottivi desiderano trovare uno strumento che li aiuti a trovare leparole „giuste‰ per parlare con il proprio bambino della storia cheha preceduto lÊincontro con lui. Anche la fiaba diventa una risorsaper una maggiore comprensione della realtà ,uno strumento diunione, di comunicazione fra il genitore ed il bambino tanto da es-sere utilissimo e stimolante per entrambi.„Così come il gioco è, per il bambino, qualcosa di molto serio,perché attraverso il gioco il bambino non solo sperimenta un pia-cere ma dà anche espressione alle sue paure e ai suoi desideri; cosìanche la fiaba è, per il bambino, una cosa molto seria: la fiaba nonè solo un favoleggiare e un fantasticare ma, come per il gioco, èun esprimere ricordi, emozioni, paure, con lo scopo ultimo di tro-vare una via di uscita, una composizione, che gli permetta di viverepiù radicato nella nuova famiglia‰ (Una fiaba per lÊadozione di An-gela Pennavaja).Proprio in virtù di tali considerazioni, lÊI.C.B.F. (LÊIstituto Colom-biano del Bienestar Familiar ), autorità centrare dello stato colom-biano che sovrintende alle adozioni internazionali e con il quale ilnostro Ufficio Adozioni interagisce, ha stimolato gli Enti Autoriz-zati a predisporre unÊadeguata formazione delle coppie proprio sulgioco, dopo aver constatato che tanti neo genitori erano in difficoltàsotto questo aspetto. Anche la Maloca e, conseguentemente noioperatori del progetto adozioni della Casa sulla Roccia,abbiamo re-cepito questo invito, tanto da farne diventare oggetto di un semi-nario fondamentale nel percorso di formazione alla genitorialitàdelle coppie in attesa di un figlio.

LA LETTERA DI CAMILLA EWALTERIn occasione dell’apertura dell’ufficio delle Adozioni Internazio-

nali di Avellino, Camilla e Walter dell’Associazione La Maloca

di Parma hanno lasciato un pensiero ai ragazzi di “Villa Dora”

Cari ragazzi,siamo venuti ad Avellino pensando che avremmo semplicementeinaugurato una nuova sede della nostra Associazione e cheavremmo lavorato un poÊ con i documenti e le carte. Tornando aParma però non ci porteremo dentro questo come lÊavvenimentopiù importante, anche se fondamentale per noi, del nostro viaggio.E questo perché le emozioni vissute negli incontri con voi, sia nel-lÊAccoglienza che nella Comunità, hanno molto segnato il nostroviaggio. Intravediamo punti comuni nelle nostre vicende.Noi ci sentiamo genitori un pò speciali : dobbiamo passare tanti„esami‰ prima di poter accogliere i nostri bambini, e quando final-mente ci incontriamo inizia un percorso di conoscenza che deveportare alla costruzione di una fiducia reciproca e della capacitàassoluta di affidarsi lÊuno allÊaltro.Vanno insomma costruiti con la testa e con il cuore quei legamifamiliari che di solito derivano semplicemente dal sangue.Voi siete persone un poÊ speciali : avete vissuto storie difficili e do-vete passare tanti „esami‰ per cambiare la vostra vita. Dovete ri-costruire la vostra fiducia nel mondo e comunicare al mondo di

avere di nuovo fiducia in voi. Cioè mettere tutto il vostro cuore ela vostra testa per fare quello che alla maggioranza delle altre per-sone risulta maturare. Forse per questo ci siamo sentiti toccati dallevostre storie e dal vostro sincero mettervi in gioco. Ci ha colpitoche tanti di voi ci abbiano apertamente parlato delle proprie diffi-coltà e raccontato di se come solo chi sta profondamente riflet-tendo sulla propria vita può fare. Nel nostro diventare genitorisiamo aiutati da persone esperte; nel vostro diventare personeavete la fortuna di essere aiutati da operatori non solo esperti, maappassionati e totalmente dedicati a voi. Avete cominciato davveroa ricostruire la vostra casa sulla roccia e non su un terreno friabile.Vi salutiamo e ringraziamo a nome della Maloca. Camilla e Wal-ter.

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IL GRANDE GIOCO DELTEATROdi Elena Spiniello e Maurizio Picariello

Il teatro è uno strumento di conoscenza e di relazione profonda traindividui e gruppi differenti per cultura, razza, status sociale, favo-risce lÊincontro e genera legami proprio come il gioco. Entrambequeste realtà appartengono al mondo trasformativo del come se.Giocare poi è la maniera naturale per ogni bambino di fare "sulserio" qualsiasi cosa... dunque anche il teatro. L'importanza delgioco nel suo processo di crescita e di formazione è, tra l'altro, sot-tolineata dai Programmi per la Scuola Elementare del 1985, lad-dove si fa riferimento all'importanza della "creatività" e al ruolo delleesperienze teatrali e parateatrali, e dagli Orientamenti della ScuolaMaterna del 1991 dove si afferma che "il gioco costituisce una ri-sorsa privilegiata" consentendo al bambino di "trasformare la realtàsecondo le sue esigenze interiori". Attraverso il gioco in generale,e il gioco teatrale in particolare, il bambino infatti ricrea l'esperienzarendendola più comprensibile, sviluppa la propria creatività e il pro-prio linguaggio, conosce il mondo esterno e impara a relazionarsicon gli altri.Il gioco del teatro è un pretesto e unÊoccasione in più per comuni-care, per esprimere, per capire e conoscere gli altri e se stessi. Tea-tro non inteso come spettacolo quanto come esperienza in cuimaturare liberamente il proprio rapporto con il mondo, utilizzandoun approccio diverso nei confronti della realtà e della vita sco-prendo che lÊobiettivo principale non sta nel risultato ma nel per-corso.Scrive la psico-pedagogista Maria Angiolini: Attraverso la dramma-tizzazione i bambini creano una situazione, reale o immaginaria,ne inventano gli svolgimenti, i vari personaggi, le azioni, gli scambie le interazioni. Il gioco simbolico è il gioco di finzione dei bambini,in cui fanno finta di vivere in una certa situazione. Gli oggetti e imateriali vengono utilizzati per rappresentare dell'altro. I bambiniutilizzano gli spazi, gli oggetti e il loro corpo per creare una situa-zione immaginaria. Tutte caratteristiche queste che si ritrovanoanche nella drammatizzazione. L'importanza dell'attività di animazione, drammatizzazione edespressione corporea viene poi fuori in tutta la sua consistenzaquando tali attività riguardano il riconoscimento e la conoscenzadel proprio corpo. Il "linguaggio del corpo" trova un'espressioneprivilegiata proprio attraverso tali attività che permettono al bam-bino di essere visto come una persona intera e relazionale. Proprioper questo è necessario intervenire precocemente in modo tale dafavorire nei bambini, attraverso una serie di tecniche ed esercizi,una buona conoscenza della propria realtà corporea, l'accettazionedella stessa e quindi di sé. Il teatro, in quest'ottica, può rappresen-tare una chance per ricomporre la completezza originaria dell'espe-rienza.La proposta ludico/teatrale deve rispondere quindi ad un naturale

bisogno di creatività, espressa con il corpo, con la parola guidata,col modello infantile della comunicazione sociale: il „ far finta ‰che è un momento fondamentale di crescita e maturità. Così, at-traverso il gioco, si impara a conoscersi, a sviluppare una co-scienza di sé in relazione agli altri. Le regole del teatrorappresentano la „grammatica ‰che permette alla fantasia

di liberarsi e svilupparsi e alla creatività di diventare creazione.

Progetto di

reinserimento

lavorativo de

La Casa

sulla

Roccia

via

luigi

amabile

78

viale

Italia

85

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EVENTI

IL BACCAL¤, LA TOMBOLAE IL NATALE: UNA TRADIZIONE MERIDIONALEdi Nicola De Rogatis

Francesco è uscito da poco dal lavoro, finalmente: non ne potevapiù! Anche oggi, nonostante sia il 24 dicembre, è stato costrettoad andare in ufficio per terminare alcuni conti che il capo gli avevaimposto di consegnargli prima della fine dellÊanno. Ha voluto sba-razzarsi subito di questa incombenza per poter stare tranquillo finoa capodanno. La luce del giorno si spegne lentamente lasciandospazio alle ombre della notte. Fa freddo, la gente cammina velocee qualche fiocco di neve inizia a imbiancare le auto in sosta e poi,lentamente, il marciapiedi. Le strade si stanno svuotando, gli ultiminegozi abbassano le saracinesche, solo i venditori di fuochi artificialiresisteranno per unÊaltra ora: è la vigilia di Natale! Passando davantile case Francesco sente lÊodore del baccalà fritto, del capitone ar-rostito e delle pizzelle di alghe. Frotte di famiglie sÊinfilano nei por-toni ognuna portando un pacco: il panettone, gli struffoli e labottiglia di spumante. ̊ la vigilia di Natale! A casa sono già arrivatiil figlio con la moglie e il bambino piccolo, ben incappucciato e ziaAnna con famiglia al seguito. LÊaltra figlia è in cucina a dare unamano alla mamma. Francesco aspetta suo fratello Nicola che vivea Milano e che, come ogni anno, sceso per le feste con tutta la fa-miglia. Sono quasi le otto, zia Anna apparecchia la tavola aiutatadal nipote Luigi con il quale scambia qualche parola sul più e ilmeno. Alle otto e trenta sono tutti a tavola; Nicola, il più anziano,dice due parole di ringraziamento per la gioia di essere ancora unavolta riuniti attorno a una tavola imbandita e nel giorno più bellodellÊanno. I suoi figli, di nove e sette anni e i tre figli di Anna, man-giano un poÊ di pasta, qualche gambero fritto e due pizzelle, matutti sono impazienti perché attendono il momento magico dellaserata, dopo cena, il gioco della tombola. Amano sentire zio Nicolache ad alta voce e con accento napoletano che non ha mai persopur vivendo a Milano da venti anni scandisce i numeri estraendolidal bussolotto arancione, facendo bene attenzione a non farne maiuscire più di uno per volta. Ad ogni numero annuncia il suo signi-ficato: 1 lÊItalia, 5 a mano, 33 l'anne 'e Cristo, 45 'o vino bbuono,31 'o padrone 'e casa, 41 'o curtiello, e così via fino alla fine, finoa tentare di riempire il cartellone che, però, non si riempie mai per-ché cÊè sempre qualcuno che fa tombola prima della fine dei nu-meri. LÊambito cartellone, per tradizione, spetta al più anziano ilquale deve sempre litigare con i bambini per entrarne in possesso.˚ uno spasso vedere i bambini litigare con un ultraquarantenne peruna questione apparentemente banale, ma così non è: il cartellonecon novanta numeri è il simbolo del potere, chi lo possiede guidail gioco, ravviva la serata, se vuole può anche imbrogliare rimet-tendo nel bussolotto il numero che serve al parente antipatico osolo per il gusto di non far vincere la moglie. Il cartellone è il timonedella nave, guida i giocatori attraverso numeri e battute che da soleaddormenterebbero chiunque, ma che usate al momento giusto enel modo giusto rendono il gioco della tombola il più bel gioco di

società che esiste, più del monopoli e del mercante in fiera. Nonrichiede un grande impegno di denaro, le cartelle costano al mas-simo cinquanta lire, il cartellone cinquecento e il primo premio, latombola, al massimo arriva a mille lire. Quando Vincenzo, il figliopiù piccolo di Anna, fa la cinquina tutti battono le mani auguran-dogli anche di fare tombola e rendendolo il bambino più felice delmondo. Tra un giro e lÊaltro cÊè il tempo per la frutta secca, le noc-cioline tostate, le castagne del prete, gli struffoli e il panettone. Ipiù grandi bevono lo spumante mentre i piccoli si accontentanodellÊaranciata. A volte il timoniere prende sulle ginocchia uno deifigli al quale fa estrarre i numeri regalandogli la gioia di essere anchelui una persona importante. Verso le undici si fa lÊultimo giro rac-cogliendo gli ultimi sprazzi di allegria: è uscito il 77, iÊ gambe reÊsignorine ⁄ e adesso cÊè il 30, 'e ppalle d'o tenente ⁄ Alle undicie quarto ci si incappuccia tutti – fuori nevica – e si va alla parroc-chia vicina per il rito della Messa. ˚ Natale!Questa è la fotografia della classica vigilia di Natale in uno dei tantipaesi meridionali fino ad alcuni anni fa: il cibo e il gioco diventanoun tuttÊuno per vivere in armonia nellÊattesa della messa in cuinasce Gesù Bambino. Da molto tempo, ormai, soprattutto nellecittà, questa tradizione va sempre più scemando: si preferisce man-giare al ristorante e andare in discoteca e la messa ⁄⁄ neanche aparlarne. Una tradizione secolare sconfitta dallÊegoismo del singoloe dalle proposte di unÊallegria artificiosa che il consumismo riescea propinare sempre più, calpestando gli affetti e le cose semplici.La tombola è vista come un gioco soporifero e senza interesse, nonscatena lÊadrenalina della conquista di premi cospicui. Se si giocasi preferisce il mercante in fiera, il bingo o altri piccoli giochi dÊaz-zardo derivanti dal poker. Riusciremo a ritornare al profumo dellecose semplici, degli struffoli, delle castagne del prete e del piacere

di stare insieme?

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IL NATALE IN COMUNITAÊdi Giovanna Maiella e Donatella Pasquale

Puoi pensare al Natale in Comunità se ti metti su una sedia e seidisposto a rimanere in silenzio. Se ti spogli di ogni pregiudizio e tisenti libero di accettare ogni individuo come tuo fratello. Se ti ri-cordi che gli uomini sanno sbagliare - a volte ripetono per una vitagli stessi errori - ma poi sanno chiedere scusa e, per questo, puoiriservar loro, malgrado tutto, un pensiero affettuoso. Pensa poi alla neve. Immaginala come fatto fisico ma anche comeesperienza che richiama ricordi e sentimenti. Del resto, in Comu-nità, ogni esperienza è prima un fatto e poi vicenda di emozioni.EÊ vicolo che spunta su una piazza. Balcone. Finestra che sÊaffacciasulla strada e si nasconde alla folla. Paura, rabbia e dolore mesco-lata con ricordi antichi. Coscienza e possibilità di rimborso. Sintesidi dramma, sorriso e senso della vita. Ciò che restituisce importanza ad un albero di Natale - e continuapure ad immaginare – è la volontà e lÊimpegno nellÊabbellimento,filtrandone significato e valore. Tutto ritrova sapore e forma in unimpegno concreto e nella consapevolezza che vita ed affetto sonoprima di tutto un dovere. Un vissuto e un da vivere necessari. Ur-genti. Nessuna cosa si trasforma senza una chimera, un sogno,una speranza e soprattutto senza la consapevolezza che la realiz-zazione di un desiderio non sta nel destino, ma nel cuore, nellaquotidiana fatica, nel sangue prima che nelle parole. ˚ così che ilmondo, in Comunità, ritrova i suoi colori. Il Natale il suo presepe.Immagina, ora, che dÊun tratto viene la sera. Puoi immaginare chelì, nel profondo, sta accadendo il miracolo della rinascita. Vita chesi infiamma nel profondo, occhio sul mondo. Spiritualità. Dunque se ci stai seguendo, se hai deciso di proseguire: sei a VillaDora. Lì trovi le nuvole e la Cometa. Nella notte di Natale.Lontani dalle cose futili, e per questo periture, abbiamo attraversatosentieri vicini allÊanima e perciò stesso alla verità. Il ridare sensoalla propria esistenza che danza, arranca, si sforza, a volte cadeper rialzarsi prontamente. Che abbandona il fasto delle domenicadÊagosto e sÊavvicina alla dignità di un anonimo lunedì, con lÊim-portanza del saper tener duro. Eppure se vuoi capire devi fare uno sforzo in più. Devi sentire nelmodo dei pastori. Ripensare alla dignità del falegname Giuseppe -felice nella fatica dei suoi giorni sempre uguali -, alla costanza nel-

lÊamore di Maria - che abbandona la sua giovinezza per ritrovarneil significato ultimo -. Insomma il Natale. Il Natale in Comunità.A „Villa Dora‰ ritrovo grandi le cose piccole e vicine. Incontro ilperdono come atto di civiltà, prima che di religiosità e riscatto. Ca-pisco che la vita, infondo, finisce per tutti: e come la vivi intantofa la differenza. Rivivo quotidianamente lÊimportanza dei pastorinel presepe e degli ultimi sulla terra. Ma in fondo senza i pastori,Gesù, nella notte di Natale, non si sarebbe presentato allÊappellocosì dolce e tenero. E senza gli ultimi della terra, probabilmente, ilsuo rinascere non avrebbe il significato di riscatto che ogni annoporta con se. Mentre scorrono i titoli di coda unÊultima considerazione. Il mira-colo della vita in Comunità si realizza attraverso le azioni presentivotate al rispetto, alla dignità: al pensiero che solo la ricerca disenso allÊesistenza ci mette nella condizione di dire: io sono unuomo.

LÊANNUALE CELEBRAZIONEDEL NATALE PER LA CASASULLA ROCCIAdi Nicola De Rogatis

Chiesa di SantÊAlfonso deÊ Liguori, ore 16,30, frotte di ragazzi inabito scuro con tanto di cravatta, ragazze in tweet, mamme e papàprovenienti da tutta la regione e anche oltre, operatori e volontariche si salutano a vicenda e a loro volta scambiano baci e abbraccicon le ragazze e i ragazzi in programma e le loro famiglie: figli, ge-nitori, nonni, fratelli, sorelle, zie e zii, cognati, suoceri ⁄⁄ Il climaè quello della festa, uno dei tanti momenti per vedersi, raccontarsi,comunicarsi gioie e speranze. Il grande crocifisso posto in alto sullasede del celebrante sembra guardare tutti con fiducia, sembra direal Padre: Vedi, per loro io sono nato e sono morto, e per dare loro

speranza sono risorto. Prima della celebrazione risuonano nellachiesa le parole delle centinaia di persone presenti, il cercarsi perdefinire gli ultimi dettagli: chi deve leggere, chi porterà le offerteallÊaltare, chi farà lo scambio dei doni tra i partecipanti alle tretappe del programma terapeutico: lÊaccoglienza, la comunità e ilreinserimento. Maria salta da una parte allÊaltra per ricordare a tuttii propri compiti, il gruppo musicale degli scout accorda le chitarree rivede i canti che animeranno la messa: in tutti cÊè un gran fer-mento! Le autorità si salutano tra loro e con gli altri: il sindaco daràun saluto allÊinizio della messa perché atteso in altri luoghi di lì apoco promettendo di impegnarsi a dare una nuova sede alla Casasulla Roccia più rispondente alle esigenze attuali e alle nuove ini-ziative in campo, il questore parteciperà intensamente al rito reli-gioso, il comandante della Guardia di Finanza lÊamico Marioassente fisicamente ma presente con il cuore, il tenente dei carabi-nieri in rappresentanza della Benemerita e, infine, il parroco padreFrancesco che sostituisce il vescovo. Tutto si svolge regolarmentefino alla fine; al momento della distribuzione dellÊostia consacratasono in molti ad avvicinarsi allÊaltare, segno del grande bisogno

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dellÊAltro da parte dei giovani e dei loro familiari. Il presidenteMauro conclude con un forte augurio di speranza nellÊuomo e nellesue possibilità di vivere una vita dignitosa, priva di droghe e dipen-

denze di qualunque genere. DÊaltronde, cosÊè il Natale se non lafesta della speranza?

MANIFESTAZIONE DEL 22DICEMBRE 2010 NEL CENTRO DI AVELLINOdi Claudia Minocchia e Serena Petretta

Il 22 Dicembre 2010 La Casa sulla Roccia ha organizzato, in col-laborazione con lÊamministrazione comunale, una manifestazioneal Corso Vittorio Emanuele di Avellino in occasione della chiusuradel progetto „Con-tatto‰, progetto approvato dalla Regione Cam-pania – Assistenza Sanitaria – Servizio Dipendenze e finanziatocon il Fondo Lotta alla Droga annualità 2002.Tale progetto ha visto lÊUnità Mobile dellÊassociazione (camper) im-pegnarsi sul territorio di Avellino e Provincia in unÊattività di pre-venzione primaria e promozione alla salute con il duplice obiettivodi avvicinare materialmente e simbolicamente la popolazione a ri-schio di tossicodipendenza e rompere un muro di silenzio e vergo-gna sul problema droga nella nostra città.In particolare in questÊanno si sono avuti circa 700 contatti di cui:600 colloqui conoscitivi, 100 di sostegno e 50 invii in strutturespecializzate. Le forme di dipendenza riscontrate da coloro che si sono rivolti al-lÊéquipe dellÊUnità Mobile sono state: 1) dipendenza da sostanze: alcool, eroina, cocaina e soprattuttospeedbull (cocaina ed eroina) – fasce di età: 18-35 anni. I contattisono stati inviati al Ser.T. di competenza e alla Casa sulla Roccia.2) disturbi alimentari: giovani, soprattutto ragazze, dai 16 ai 24anni e familiari che sono stati inviati presso il Centro Operativodei disturbi del comportamento alimentare dellÊASL di Avellino, di-slocata presso lÊospedale di Solofra (AV).Di tali risultati si deve dare merito allÊ equipe composta dalla re-sponsabile Tiziana Barone e dagli operatori Regina Sabatino,Osvaldo Genovese, Ermerindo Manzi, Pasquale Pecora e France-sco DÊAvino. Il progetto realizzato è la prova dellÊefficacia della modalità di in-tervento del lavoro di strada che esce dallÊottica tradizionale dei ser-vizi sul disagio per portarsi dove il disagio si crea e si alimenta: lastrada, contesto di vita quotidiana che sembra aver perso nelmondo contemporaneo le sue caratteristiche positive di scena pub-blica per assumere connotati minacciosi di difficoltà e di lotta perla sopravvivenza. Lavorare sulla strada non va inteso come un merodecentramento dei servizi, ma come una ridefinizione completadelle professionalità degli operatori impegnati a raggiungere il som-merso, a contattare cioè tutti coloro per i quali risulta difficile nonsoltanto accedere ai servizi, ma anche essere in grado di formulare

i proprio bisogni e le proprie domande per ricevere aiuto.Ma la manifestazione ha voluto essere anche un momento di con-divisione e di gioia ed è per questo che sono saliti sul palco, in unaspettacolare cornice di astri proiettati sui palazzi circostanti, il coroSix souls, lÊorchestra di soli fiati Sonora sax ensemble e la band gliStragatti.Generi diversi che hanno accompagnato lÊindaffarata passeggiataavellinese prenatalizia con canti gospel, virtuosismi di sax e unÊal-legrissima quanto originale rivisitazione rock-a-billy di brani notis-simi del panorama internazionale.Inoltre i vari interventi musicali sono stati intervallati da piccoli mo-menti teatrali che hanno racchiuso il senso dellÊumanità e dellÊat-tenzione allÊaltro che è vero motore dellÊassociazione „La Casa sullaRoccia‰. Di grande impatto il brano sulla condizione femminile diFranca Rame, ritmato e incalzante, che ha permesso di rifletteresulla quotidianità affannosa, difficile e silenziosamente disperatadella donna di oggi.Due le poesie recitate che hanno espresso la costanza nei valori,la semplicità e lÊimportanza dei piccoli gesti quotidiani, del coltivarele proprie passioni, dellÊessere uomo tra gli uomini.Una festa e unÊoccasione per riflettere insieme, in un periodo,

come quello del Natale, di cui spesso ci sfugge il vero spirito.

Progetto de

La Casa

sulla Roccia

e del Teatro

di GLUCK

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MAI DIRE CONVENTIONdi Luigi Numis

Come ormai da diversi lustri, anche que-stÊanno, puntuale come il sacro baccalàfritto sulle tavole delle nostre case profana-mente addobbate a festa, si è tenuta la con-

vention di fine anno della „Casa sullaroccia‰. Ovviamente, niente a che vederecon il miserabile merluzzo dei mari del nord,nobilitato dagli odierni prezzi di vendita con-trari a tutte le teorie inflazionistiche e defla-zionistiche che vanamente hanno tentato dispiegarci nelle nostre epopee universitarie,tuttavia il paragone mi sembrava sufficien-temente chiarificatore per illustrare lÊim-mancabilità e gustosità dellÊappuntamento.Dunque, convention di fine anno, comeogni azienda che si rispetti, proprio comeuna di quelle che nei manuali vengono ama-bilmente definite „organizzazione di uominie mezzi finalizzata alla soddisfazione di bi-sogni umani attraverso la produzione, distri-buzione o il consumo di beni economici‰.Lo so, lo so, la Casa sulla Roccia non pro-duce beni economici ma solidarietà, i biso-gni umani vengono soddisfatti in moditroppo allargati per rientrare nella categoria

economica che tutti ormai ci fagocita, ilProgetto Uomo non è un bene né un servi-zio, la comunità è sì unÊorganizzazione pi-ramidale ma una piramide capovolta (ilpresidente dixit), i clienti non rientrano inalcun target predefinito, e potremmo conti-nuare ancora a lungo con i distinguo precisie orgogliosi ma, a questo punto, mi toccadifendermi dalle vostre critiche precisandovi

e ripetendomi che lÊinsidioso termine con-vention non lÊho dato io, quindi basta conle obiezioni e andiamo avanti. Sostanzial-mente questÊarticolo dovrebbe essere nientepiù che un resoconto scarno e imperturba-bile degli interventi dei relatori e del loro or-dine; stando così le cose chiniamo la testadi fronte alle direttive editorial-aziendali (an-cora⁄) e seguiamo una scaletta pratica efunzionale. Prima però unÊultimissima (loprometto) precisazione: nelle righe che leg-

gerete di qui alla fine non troverete qualifi-che ed etichette universitarie prima deinomi (cioè dottore, dottoressa e affini), lascelta risponde al bisogno di non rendere ilmio compito troppo simile a quello di una

segretaria dÊazienda (forse vi starà nascendoil sospetto che non amo particolarmente lelogiche aziendali); citerò tutti solo con nomee cognome (come se fosse poco) ed even-tualmente soprannome meritato sul campo.

La convention (o, a questo punto, chiama-tela come vi pare) si è aperta con una (for-tunatamente) breve introduzione delpresidente del Centro, Mauro Aquino, ilquale ha spiegato il canovaccio da seguiree invitato tutti a interpretarlo nei modi piùliberi e personali. Niente male per uno chechiamano rispettosamente presidente. Laprima interprete a sobbarcarsi la scena è

stata Lia Caserta, portavoce dello staff-ac-coglienza, che ha illustrato soprattutto leinevitabili difficoltà incontrate nellÊanno2010 dal suddetto staff, non tralasciandoperò i necessari cambiamenti (gestazionedel nuovo impegnativo servizio di AdozioniInternazionali, riorganizzazione del SettoreNotte ecc.) e le riflessioni per il nuovo annocariche di speranze, aspettative e proposteconcrete. Dopo Lia è stata la volta di MoenaPascale, portavoce dello staff-comunità, che

ha segmentato il suo intervento su più punti„critici‰: riunioni di sostegno, attività lavo-rative e terapeutiche, laboratorio teatrale esuo stretto rapporto con Progetto Uomo,cambiamenti nel gruppo operativo. Poi ètoccato ad Anna Gavitone, del settore am-ministrativo. „Sulla carta‰ unÊonesta e mo-rigerata funzionaria, in realtà unÊattriceconsumata che prima ha divertito la plateacon il suo stile estemporaneo e astratta-mente svagato (complimenti!), e poi ha im-postato la sua relazione sulla triade (dilavoro) Relazione-Formazione-Collabora-zione. Dopo Annagavitone (proprio così,una parola sola, come Monicavitti o Silva-namangano), ecco Franco Lo Priore, il di-rettore (o co-direttore), che inevitabilmentesi è concentrato su dati quantitativi e quali-tativi inerenti gli utenti del centro, i pro-blemi più comuni che si riscontrano neglistessi utenti („doppia diagnosi‰ su tutti), gli

obiettivi da raggiungere e i principali stru-menti da utilizzare. E così, quasi di sop-piatto, si è materializzata Maria Calabrese,la direttrice (o co-direttrice), che con la solitaeducata timidezza ha ringraziato tutti (pen-sate, ha ringraziato perfino il sottoscritto⁄) e raccontato una simpatica e strampalatastoriella di un gruppo di topolini che vivonoin un labirinto alla costante ricerca di un

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pezzo di un „formaggio‰ (autore SpencerJohnson, uno psicologo prestato alla comu-nicazione dÊazienda, se non ho capito male);alla fine del racconto noi casinari dellÊultima

fila (allÊinizio del racconto anche un poÊ in-terdetti in verità) abbiamo capito (era ora!Ma che volete, ognuno ha i suoi tempi) chesi trattava di una parabola sul cambiamento,una favoletta istruttiva e didascalica sullemodalità del cambiamento, insomma qual-cosa di utile, forse molto utile. Tutti ab-biamo tirato un sospiro di sollievo, ladirettrice è ancora presente e ragionevole⁄ Ehilà lettori, sto guardando lÊorologio enotando che sono le cinque e mezza del po-meriggio del 30 dicembre. Mi resta non piùdi mezzÊora per completare questo articoloin tempo per spedirlo a Nicola entro la fine

del pomeriggio (in verità avrei dovuto farloentro la fine di ieri, ma questi sono dettagli).Va buoÊ, cambiamo ritmo. Al bando i fron-zoli e gli orpelli natalizi! Inizia lo stile serrato

„Tutto il calcio minuto per minuto‰ com-menti finali delle partite prima del giornale-radio. Gentili ascoltatori, in rapida (micatanto) successione, dopo Franco e Maria, sisono succeduti al tavolo degli interventi:Pina Pedicini (settore Reinserimento, tri-pletta di argomenti per tema Graduati, As-sunzione di responsabilità ed Eticacostantemente al centro del Progetto), Fran-cesco Iannicelli (settore volontari, difensoree tessitore del gioco e dei fraseggi dei vo-lontari), Anna de Stefano (Adozioni Interna-zionali, regista dellÊoperazione Maloca edelle connesse attività divulgative ), ancora

Maria Calabrese (per le nuove iniziative diConsulenza Psicologica e ProgrammaBreve), Nicola de Rogatis (direttivo dellÊas-sociazione, glorioso centrocampista di tanti

campionati volontari), Mauro Aquino (inzona Cesarini arricchita da un abbondanterecupero il Presidente chiude i lavori, pre-senta il resoconto 2010, i progetti per il2011, ammonisce tutti al massimo impe-gno e al rispetto di un tangibile codiceetico).Di solito le partite di rugby si chiu-dono con il terzo tempo, le convention(s)aziendali di solito si chiudono con una cenadi gala. Ma non quelle di unÊassociazione disolidarietà. Tè e pasticcini per tutti. Moltosobrio, molto solidale, molto british ⁄ ÊAverità? PresideÊ, mancava Ânu poco Âe cioc-

colata calda. Buon anno a tutti voi.

F O T O G R A F I Edi Serena Petretta

Sono sempre imprevedibili le reazioni che abbiamo quando qual-cosa finisce. A qualcuno capita di piangere, di fare bilanci, di rac-cogliere i rimpianti in punta di piedi. In alcuni casi si lascia bruciareciò che ci ha fatto male. O ci si ritrova la braccia piene di splendidied inattesi doni.Nel mio caso mi sono venute a trovare le immagini di questa espe-rienza e negli ultimi giorni la mia mente si è trovata a sfogliare unprivatissimo album di ricordi.Ed è accaduto che le immagini che avevo davanti agli occhi mierano familiari eppure non pensavo di averle trattenute con me,fino a quando non ho avuto paura di perderle.Ho rivisto il salone addobbato la prima volta che scoprivo cosÊerauna ‰casa aperta‰, con le tovaglie stirate, le sedie in ordine, il ca-mino acceso e senso di famiglia.Ho rivisto lÊalbero di mimosa, davanti lÊufficio, fiorire troppo prestoe poi gelare al freddo inaspettato, improvviso.Ho rivisto un libro aperto sulla scrivania e una poesia splendida edimenticata, fatta di musica più che di parole.Un cucciolo bianco, un tovagliolo macchiato, foglie rincorse dalvento e giovanissime mani rovinate dal freddo. E occhi che parlano.E tanto altro.Ma quando la memoria si fa occhi gli altri sensi non possono cheseguirla.Tra il suono di risate di bambini e il sapore salato delle lacrime cÊèlÊodore di cipolla che sale dalla cucina e la musica nelle stanze che

ti dice che è domenica e il calore, infinito, indescrivibile, che puòdare un abbraccio.Un anno in Comunità è unÊesperienza che ti cambia. Che ha a chefare con la vita, con lÊumanità e con tutto quellÊuniverso di sensa-zioni che ognuno sa, ma che è difficile, o forse impossibile, dire.EÊ un viaggio con lÊaltro e nellÊaltro, per vincere la solitudine, perriuscire a percepire quel tutto di cui siamo parte. Per riscoprire ilsignificato di quelle parole e di quei gesti che a volte abbiamo giu-dicato ridicoli, ma che sono gli unici che ci fanno andare avanti,rendendoci padroni del nostro destino.Io mi ritengo privilegiata per aver potuto fare questÊesperienza, cheva oltre la solidarietà.E la sorpresa più bella che mi ritrovo alla fine di questo percorso èscoprire che non è finito: sta solo cambiando.LÊultima immagine che ho è il profilo di un ragazzo di spalle checammina verso la casa, nellÊangolo dello specchietto retrovisoredella mia auto. Poi il cancello si chiude dietro di me. Ma davanticÊè un raggio di sole dÊautunno, bellissimo e raro e io sono curiosa

di sapere cosa imparerò, cosa diventerò domani.

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LiberaMenteLiberaMenteBimestrale de La Casa sulla Roccia

Registrazione presso :Tribunale di Avellino N. Reg. Stampa :5/10 R. del 15/07/2010

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Per contatti ed infoPer contatti ed infotel.: 0825/72420 - 72419fax: 0825/71610mail : [email protected]

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L'EMERGENZA ACQUA È UN TEMA CHE TUTTO IL

PIANETA AFFRONTA SENSIBILIZIAMO TUTTI SU UN

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