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A cura dell’Associazione culturale “La Grama”, C.P.62, 48026 San Pancrazio (RA) Supplemento a Ross zétar d’Rumagna - N.78 - Anno 40° - n.1 - Marzo 2007
Direttore Responsabile: Avv. Emilio Duranti - Redattore: Girolamo Fabbri Registr. Trib. Ravenna n.524 del 15-7-69 - Non contiene pubblicità.
Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (con. in L.27-2.2004 n.46)- Art. 1, comma 2 - DCB Ravenna In caso di mancato recapito inviare al CPO di Ravenna per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa.
Ermanno Marangoni un giorno mi ha dato copia di un
libro che racconta la vita di Madre Teresa, una giova-ne di Ragone che è diventata monaca a S. Umiltà a Faenza.
La lettura del libro mi ha subito affascinato perché si tratta della storia,di una ragazza della nostra terra della nostra Parrocchia, vissuta ai primi del 1900, che per tutta la vita ha dimostrato grande determinazione e grande co-raggio. Ho provato a tracciarne un ritratto, pur nei limiti dello spazio, cercando gli aspetti che io ho ritenuto più significativi. Lei stessa ha raccon-tato la sua vita prima di entrare in Monastero con grande limpidezza e serenità. (*) E’ un racconto molto bello perché offre un’ immagine mol-to reale della vita delle famiglie, dei legami affettivi solidi, della forza delle idee della nostra terra. La sua famiglia
Isotta era nata in via Ragone di Filetto (Ravenna) il 3 giugno 1909, era la quarta di cinque fratelli morti prema-
turamente. Figlia di Domenico Achille e di Teresa Golfarelli da tutti conosciuta come “la
Cina”. Il babbo veniva da una famiglia contadina ed era rimasto orfano di madre da piccolo, mentre la mamma veniva da una famiglia di pollivendoli e faceva anche lei
la pollivendola. I suoi genitori si sposarono molti giovani: il babbo aveva 19 anni, la mamma 17. Come tante famiglie dell’epo-
ca hanno conosciuto la miseria, la povertà, ma nono-stante le difficoltà economiche il babbo all’occasione dava anche in carità.
La nascita di Isotta e soprattutto la speranza che so-pravvivesse fu festeggiata dalla compera di una cavalli-
na di razza che è stata la compagna della mamma per molto tempo. Il primo problema sorse al momento del battessimo, il
padre era un repubblicano intransigente e sosteneva che la figlia poteva essere battezzata solo a 14 anni, se voleva.
Ma la nonna materna si adoperò tan-to e col consenso della mamma la fece battezzare in casa di una signora
amica che aveva un figlio sacerdote e madrina fu la zia Gigina, sorella della mamma. Era piccola, aveva un bel
rapporto di comunicazione e di confi-denza col padre al quale però non disse mai nulla del battesimo. Aveva
appena 5 anni quando scoppiò la pri-ma guerra mondiale e poiché un suo cugino fu chiamato alle armi la fami-
glia si trasferì da Ragone nella casa del nonno paterno in via Montone. Anche il padre fu chiamato alle armi,
ma perché era troppo grasso fu asse-gnato al corpo del Genio treno e stet-te sempre a Bologna o nelle vicinanze
per cui veniva a casa spesso e poteva dirigere la famiglia.
Isotta comincia la scuola, elementare, lei stessa affer-
ma: “ho avuto la fortuna di incontrare una bravissima maestra, Maria Garavini a cui mi affezionai moltissimo ed ero ricambiata. A scuola andavo bene, ma mi piace-
va soprattutto l’aritmetica. A scuola andavo molto volentieri, volevo bene alla mia maestra ed avevo sem-pre paura di arrivare tardi” Per quanto riguarda la sua
educazione familiare afferma: “ripensando al metodo che aveva il mio babbo di educarmi mi sono persuasa
(Continua a pagina 4)
Madre Teresa Costanza Isotta Gordini una donna determinata e coraggiosa
a cura di Luisa Calderoni
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concesso in prestito dei nostri attrezzi di lavoro per
la produzione “dal grano al pane”; gli oggetti del
nostro museo sono serviti per la scenografia della
mostra di scultura e pittura dell’artista pittore Edo-
ardo Succi all’interno dell’antica rocca.
Abbiamo accolto anche l’invito della Parrocchia di
Roncalceci a partecipare con un percorso museale
alla loro manifestazione. Per tre giorni le nostre
tessitrici hanno sperimentato con l’aiuto delle an-
ziane del paese la filatura con il filarino a pedale.
Il Circolino di San Pietro in Vincoli, ha organizzato
una serata culturale invitandoci a proiettare il no-
stro documentario “Una vita fra la canapa”. Nume-
roso era il pubblico presente, molto preparato e
documentato sulla lavorazione della canapa nel loro
paese. Alla fine della proiezione molti presenti sono
intervenuti e si è sviluppato un interessante dibatti-
to.
Nel nostro Comune abbiamo partecipato alla Fira
di 7 dulur nell’ex macello. Abbiamo allestito oltre al
percorso sulla tessitura anche una stanza matri-
moniale contadina degli anni 30.
L’esposizione ha avuto molto successo in quanto
ha creato un clima di rievocazione di memorie e
ricordi emotivi d’infanzia nei visitatori più anziani.
Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito a
questo allestimento mettendoci a disposizione alcu-
ni parti dell’arredo altrimenti difficili da reperire.
Durante la Sagra di San Pancrazio abbiamo espo-
sto a grande richiesta nella palestra della Scuola
Elementare il percorso “Tessitura che passione”.
Nonostante il maltempo non sono mancati i visita-
Anche nel 2006, oltre alla gestione del museo e dei
laboratori didattici, abbiamo partecipato a numerose
manifestazioni in Romagna.
L’obiettivo rimane sempre quello di farci conoscere,
allargare la collaborazione con Enti ed Associazioni.
E’ un impegno laborioso e faticoso ma lo facciamo
con la consapevolezza che comunicare e far cono-
scere la civiltà materiale, il tempo dei nostri nonni è un fatto educativo. E’ andare oltre il solo sapere. E’
crescita culturale che ci migliora e ci arricchisce.
Nelle prime settimane di gennaio presso l’Ente fiera
di Forlì in occasione della 4° Edizione del SAPEUR
(gastronomia) abbiamo allestito un percorso di vita
contadina “gastronomico” dal titolo “Pane e granotur-
co”, in collaborazione con gli amici del gruppo “Il Plau-
stro”. In questa occasione siamo stati visitati da un
pubblico molto numeroso.
Nel mese di febbraio, negli spazi della fiera di Pievesi-
stina (FC), nelle quattro giornate di esposizione dedi-
cate alla “Fiera del tempo libero” siamo stati presenti
con il percorso
“canapa e tessitura“ suscitando molto
interesse nei visita-
tori.
Sono stati consulta-
ti i nostri libri e le
nostre pubblicazioni
e nello stesso tem-
po abbiamo raccol-
to le emozioni che
ancora oggi produ-
ce nelle donne anziane il suono ritmico della battuta
della cassa del telaio sulla tela. Mamme, nonne e
bambini, coordinate dalle nostre tessitrici, si sono
alternati sia al telaio che ad altri strumenti di lavoro.
Eravamo presenti con l’allestimento canapa e tessi-tura anche alla Prima manifestazione presso la fiera
di Bologna denominata “Cannabis tipo forte”, la fiera
italiana della canapa ad uso industriale per uso medi-
co, ricreativo. La Manifestazione ha avuto in calenda-
rio numerosi convegni, dibattiti e sfilate di moda con
tessuti in canapa. Abbiamo incontrato tanti visitatori,
e relatori, scambiandoci opinioni, anche diverse.
Nonostante il pubblico fosse abbastanza giovane ab-
biamo notato attenzione alle nostre pubblicazioni.
Un particolare ringraziamento lo abbiamo ricevuto
dalla Pro Loco di Bagnara di Romagna, per avere
Il nostro museo itinerante a cura di Franco Bendandi
Corso di informatica. Nei mesi di ottobre, novem-
bre e dicembre del 2006 abbiamo dato vita al se-
condo corso di computer serale gratuito per adul-
ti, con la partecipazione di nuovi 10 allievi alla pri-
ma esperienza. Ricordiamo che per l’anno in corso
sono aperte le iscrizioni per un ulteriore corso di
base sull’uso del computer riservato agli adulti
over 50, per un numero massimo di partecipanti di 10 persone. Il nuovo corso avrà inizio ad ottobre,
Pievesistina, Fiera del tempo libero
Forlì, Fiera della gastronomia
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PIZZA FRITTA, PROSCIUTTO, FORMAGGIO E FICHI
Ingredienti per 4 persone :
250 g di farina (un altro po’ per la lavorazione)
25 g di strutto
6 g di lievito di birra
un uovo (non è nella ricetta classica, lo aggiungo io
per dare colore)
sale fine
strutto per friggere (in mancanza, olio)
Sciogliere il lievito di birra in 50 ml di acqua tiepi-
da. Sbattere l’uovo in una ciotola. Stendere la fa-
rina a cono sul tagliere, fare un buco al centro,
mettere lo strutto, il lievito con il suo liquido, il sale l’uovo sbattuto. Lavorare bene la pasta. Fare una
palla, poi coprirla con un telo, lasciare lievitare per
circa un’ora e comunque fino a quando è raddop-
piata. Prendere la pasta lavorarla con le mani poi
tirare col matterello fino a fare pezzi dello spesso-
re di 2-3millimetri.
Tagliare dei rombi o dischi di 5-6 cm. Figgere in
abbondante olio o strutto, (versarne poche per
volta perché non devono attaccarsi fra loro), asciu-
gare nella carta gialla e servire calde.
Accompagnare con: un bel piatto di prosciutto (il
prosciutto può essere presentato anche a casca-
ta), un piatto con formaggio morbido (si consiglia
squacquerone), i fichi: quelli freschi da abbinare al
prosciutto e quelli caramellati o la marmellata di
Cucina e tradizione di Luisa Calderoni
In questo numero ho voluto scegliere alimenti classici della tradizione culinaria romagnola, che pre-sento abbinati ad altre delizie della nostra terra, per crearne piatti squisiti: la pizza fritta o crescenti-
na, e la minestra coi piccioni. Le crescentine, (come le chiamano i forlivesi) che noi conosciamo come pizza fritta sono molto ap-
prezzare dalle persone della nostra terra, fanno parte della nostra tradizione; pochi ingredienti ma il principale è lo strutto fresco per l’impasto e per friggere, quindi al tempo della macellazione del maiale venivano preparate spesso e mangiate col formaggio fatto in casa. Questa resta una tradizio-
ne ancora rispettata in molte feste paesane; la pizza fritta viene preparata in grandi quantità di soli-to per la “merenda del pomeriggio” o per uno spuntino, e non c’è bisogno di chiedere se la fanno, perché quando si arriva alla festa si sente quel particolare odore dell’olio fritto che è unico diverso
da quello di altre fritture e ti fa venire l’acquolina in bocca, tanto da non poter resistere alla tentazio-ne di mangiarne una.
I piccioni sono a mio parere uno degli animali che hanno le carni più saporite e delicate insieme, un tempo erano in tutte le case e si mangiavano spesso in quanto una coppia in un anno può far nasce-re diverse covate. I piccioni oggi si trovano facil-
mente sia in macelleria che dai contadini. Il modo più tradizionale di prepararli è quello di farli arrosto
ed in effetti sono molto buoni. Molto delicati anche i
TORTELLONI AL SUGO DI PICCIONE
Ingredienti per 6 persone:
2 piccioni ruspanti, olio di oliva
bacche di ginepro (in base ai gusti)
brodo di buona qualità - vino bianco per la pasta: 300 g di farina 3 uova
per il ripieno: 250 g di ricotta di mucca,
100 g di parmigiano reggiano grattugiato.
1 uovo, odore di noce moscata, carne di piccione
per condire: burro, petto di piccione
Procedimento:
prendere i piccioni, togliere i petti conservarli in
frigorifero poi mettere il resto in una casseruola
con olio di oliva, due o tre bacche di ginepro, fare
rosolare bene, versare il vino fare evaporare. Ag-
giungere il brodo, mettere il coperchio e fare cuo-
cere lentamente; quando sono cotti lasciarli raf-
freddare. Prendere in mano i pezzi di piccione cot-
ti, togliere pelle e ossa selezionare la carne poi macinarla, conservare il fondo di cottura dopo a-
verlo filtrato.
Fare il ripieno amalgamando insieme: la ricotta di
mucca, il parmigiano reggiano grattugiato, la car-
ne di piccione cotta e tritata, l’odore di noce mo-
scata e l’uovo.
Fare la sfoglia e i tortelloni di cm 6.
Al momento di preparare il piatto togliere i petti di
piccione crudi tenuti a parte, tagliarli a fettine sotti-
li e metterli in una padella col burro e rosolare da
ambo le parti, aggiungere il fondo di cottura dei
piccioni e lasciare cuocere lentamente. In un ab-
bondante pentola di acqua bollente cuocere i tor-
telloni, scolarli e versarli nella padella in cui ci sono
i petti, condire, servire caldi accompagnati da par-
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che egli fosse un buon educatore. Con poche o nes-
suna parola, bastava il suo sguardo, io capivo tutto. Non aveva studi, ma era un senso innato di educar-mi, di farsi ubbidire sempre. Non era così la mia
mamma: io facevo i capricci ed essa gridava, ma io senza piangere dicevo: “Tanto non piango e la vincevo sempre”.
Nel farsi grande Isotta esprimeva il desiderio di anda-re alla domenica a spasso con le altre compagne che frequentavano la chiesa, chiese il permesso al padre,
ma lui rispose “ti porto io a spasso”. Così tutte le do-meniche mattine il padre faceva preparare due pac-chetti dalla mamma, portava la figlia a Ragone dai
nonni materni ai quali Isotta era molto affezionata. Lungo la strada si fermavamo presso due case pove-re: quella della Maria e quella del-
la Bonda. La bimba andava a portare i pacchi e loro le davano un bacio per ringraziare e lei era
felice. Il babbo le insegnava a fare la carità ai poveri, dalla loro casa nessun povero partiva senza aver
ricevuto l’elemosina e se c’era il babbo questa era abbondante.
Il momento del dolore Aveva appena incominciato a otto-bre del 1918 la IV elementare
che aveva dovuto interrompere perché aveva avuto una itterizia. Il primo dicembre era ritornata a
scuola. Poi il due a pomeriggio, mentre era seduta vicino al cami-no si sentì chiamare, siccome i
suoi stavano travasando il vino ha pensato che forse volevano far-glielo sentire. Lei da ragazzina
incuriosita si alzò di scatto e nel correre inciampò in un paiolo do-ve avevano bollito un pollo. Fu un disastro. Chiamaro-
no il dott. Ghigi di Russi il quale sentenziò che la bru-ciatura era molto grave e intanto toglievano le bolle. I suoi genitori erano disperati. Cominciarono le cure e
trovarono un unto fatto di pelline dei rami di sambu-co, di olio di oliva e di cera di api e almeno il dolore si attenuò. Ma non era finita. Dopo Natale prese l’in-
fluenza spagnola con complicazione di broncopolmo-nite. Una febbre più di 40° e in pericolo di vita. Supe-rata anche questa crisi, rimaneva la scottatura che
non le permise di uscire dalla camera fin verso la metà di maggio. Durante il periodo della malattia riceveva le visite di
molte persone, ma le più gradite erano quelle della nonna Picia, della zia Norina, della maestra che anda-va tutti i giovedì, spesso accompagnata da compagni
di scuola. Verso metà maggio cominciò ad andare a scuola con le stampelle, ma le molte assenze impedi-rono alla maestra di dare la promozione. La maestra
propose al padre di prepararla per le vacanze per dare l’esame ad ottobre, il padre non accettò perché la bambina era molto gracile e doveva andare al ma-
re: dovette ripetere la quarta, ma per lei fu un grande
(Continua da pagina 1) dolore perché doveva cambiare la sua maestra alla quale era molto legata.
Riprese a ripetere la IV elementare, anno in cui un altro ben più grave dolore l’attendeva: la morte del babbo. Il babbo morì per una broncopolmonite la sera
del 22 maggio 1920. Lei stessa racconta : ”io che avevo già dormito, mi svegliai e raccontai alla mae-stra di aver sognato il babbo che mi aveva detto: ti saluto Isotta, sii buona con la mamma va’ alla Cresi-ma e alla Comunione. Era un sogno, ma purtroppo la morte era venuta alla stessa ora”. (Era il giorno della
festa di S. Umiltà). Un dolore certo grande per una bambina molto lega-ta al padre, che non aveva ancora computo gli 11
anni.
Gli studi
Finita la IV elementare fu accom-pagnata dalla maestra a Ravenna dall’Ispettore Scolastico interro-
gata, fu dichiarata idonea a salta-re la V e ad iscriversi al I Istituto Tecnico di Russi. Sempre vestita
di nero - portò il lutto per due anni - cominciò la scuola a Russi e vi andava tutti i giorni in bicicletta e
tutti i giorni al ritorno faceva una visita al cimitero. Non voleva stare a Russi la notte, ma poi si decise
a rimanere a pensione, anche se non fu facile per la madre convin-cerla. Quando frequentava la
terza era diventata lunga, non portava più il lutto e la mamma ci teneva a vestirla bene, questo è
stato il momento in cui anche lei, come tante sue coetanee ha avu-to i primi corteggiatori.
E se andassi in collegio?
Lei stessa scrive: “Alla mattina quando mi svegliai mi
venne un pensiero: e se andassi in collegio (c’era andata una mia compagna, Eleonora). Ma risi di me stessa. Intanto il tempo passava io non avevo certo
l’idea che il Collegio mi avrebbe fatto bene e conti-nuai la mia vita come se quel pensiero non mi toccas-se.”
Fini l’anno scolastico e fu rimandata a ottobre in ita-liano. Intanto si organizzava l’entrata in collegio, ma le suore avevano perplessità ad accoglierla perché
così grande non aveva ancora ricevuto i sacramenti. Dice lei stessa “ Mi vergognavo di fare la Cresima e la Comunione così grande in collegio”. Ma per mezzo di
una sua zia che abitava a Ravenna riuscì a ricevere questi sacramenti in una cappella dell’Arcivescovo a Ravenna. Entrò in collegio l’11 novembre 1923.
La notte di Natale del 23 inizia una vita nuova : il cam-mino di conversione e la vocazione.
“Venne la mezzanotte scendemmo in chiesa nel coro dei confratelli. Era un freddo terribile. Incominciò la Messa. I canti e i suoni mi commossero e quando
feci la S. Comunione una gioia immensa mi invase.
Madre Teresa nel 1976
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canza in montagna. Nel 1929 andò a Lourdes con l’Arci-prete Amaducci e con la signora Giulia Dolcini, nel 1930 andò a Roma e a Napoli.
Poi decise di riprendere gli studi e si iscrisse alle Scuole Magistrali, aveva 23 anni, le altre studenti 15, quindi era molto brava a scuola.
Dopo aver conseguito il diploma nel 1935 partendo con la nave da Ravenna raggiungeva Filli di Albona per fare l’insegnante. Poi si iscrisse all’Università a Torino alla
Facoltà di Magistero: fu accettata nel pensionato delle suore della Sacra Famiglia di Cesena. Il 21 novembre 1941 si laureò con 110/110.
In monastero A quel punto pensò di affrontare seriamente con la ma-
dre l’ingresso in Monastero, ma ricominciarono le liti. Decise di coinvolgere anche altri parenti, il tutore, lo zio Michele. Nel 39 era morto un suo cugino Domenico an-
negato nel fiume Ronco che era molto legato a lei e alla madre, ma poi era nato Giampaolo che era molto amato dalla mamma di Isotta.
Doveva entrare il 25 marzo 1942, ma la mamma ebbe una crisi e quindi non lo fece. Entrò da sola alle 2 del pomeriggio 14 aprile 1942.
La mamma che aveva detto che non sarebbe andata mai più a trovarla andò dopo otto giorni con la zia Gigina e il piccolo Giampaolo.
“Ero arrivata finalmente in porto “che cosa dirò al Signore per quanto mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore” Ha lasciato un segno molto importante anche nel Mona-stero di S. Umiltà di Faenza Entrata in Monastero i il 14 aprile 1942 Emise la professione semplice il 9 agosto 1943 Professione solenne 14 agosto 1946
Abbadessa dal 1955 al 1986 E’ morta il 10 gennaio 2005 a 95 anni di cui 62 vissuti in Monastero.
Realizzazioni Donna di doti non comuni, monaca innamorata dell’ Ope-ra di Dio e dell’educazione dei giovani, Abbadessa per oltre 30 anni ha guidato la Comunità sorretta da una sensibilità religiosa e umana veramente profetica. Nel
periodo in cui fu Abbadessa Madre Teresa orientò la comunità ad impegnarsi soprattutto in tre ambiti: il prose-guimento della ricostruzione edilizia, l’aggiornamento
della vita educativa, il rinnovamento della vita monastica. Voglio ricordare le opere più significative. Con totale donazione, già preparata culturalmente, ha
sostenuto e sviluppato la missione educativa della comu-nità. Nel 1957 ha aperto la scuola per segretarie d’a-zienda che operò per 10 anni fino alla istituzione della
Scuola Statale dello stesso tipo, nel 1960 istituì “la casa dei bambini” l’unica del territo-rio ispirata al metodo Montessori, dotandola di tutti i sus-
sidi didattici e provvedendo alla formazione adeguata degli educatori e alle strutture necessarie nel 1966 con felice intuizione dette inizio alla programma-
zione che portò nel 1972 all’apertura del Liceo Linguisti-co, il quinto in Italia il secondo in Emilia Romagna Fece parte per vari anni del Consiglio Scolastico Provin-
ciale
Tanta luce, tanto calore, tante lacrime! Nacque la fede e una voce chiara nel mio cuore “ Isotta ti voglio tutta per me “ ed io SI, si,si. Ma dovrai tanto soffri-
re! Io continuavo a dire SI,si,si,. Quanta gioia! Io com-presi benissimo chi era Gesù e anche le verità fonda-mentali e il mistero del Cristianesimo. Quanta luce!
Un calore anche fisico mi invadeva, … e a letto conti-nuai il mio colloquio con il Signore. Erano le feste natalizie 1923, incominciò per me una vita nuova.
“Le ore della preghiera divennero la mia delizia e il Signore mi colmava sempre delle sue gioie”. Alla fine di febbraio comunicò la sua vocazione alla Madre
Abbadessa, la quale disse: “Subito? E la tua mam-ma? Ma tu sii buona prega molto”. Prima voleva far-si missionaria, ma il fisico debole forse non lo per-
metteva, solo più tardi pensò che poteva farsi suora benedettina nel Monastero di S. Umiltà. “Una cosa non mi venne mai a mancare: la certezza della voca-
zione. E’ stato con me assai buono e misericordioso il Signore a risparmiarmi i dubbi della vocazione. Or-mai ero certa sarei venuta qui, ma…. E la mia mam-
ma?. Sapevo che ci voleva un miracolo e speravo che il Signore l’avrebbe fatto”. La mamma l’ accon-tentava in tutto, andava a trovarla in collegio ogni
otto giorni e le portava ogni ben di Dio, aveva sem-pre tanta merenda che poteva darla anche alle compagne che non l’avevano. “ Io ero senz’altro la
più povera di famiglia, ma avevo quello che le altre non avevano.” Usci dal Collegio il 3 maggio 1927 e fu per lei un grande dolore.
Teresa pregate poi voi Andando a Russi a scuola in bicicletta Isotta aveva
conosciuto una donna anziana che faceva la sarta ambulante; ella andava a piedi da Cotignola per arri-vare a Messa e per pregare un santo. Una mattina
l’anziana disse ad Isotta, “perché non preghi mai?” “Ma Teresa pregate poi voi!” Le chiese i soldi per comperare un lumino da accendere davanti alla Ma-
donna. Un altro episodio colpì molto Isotta: la morte della Teresa la donna dei lumini: dice Isotta: “Andai più volte a trovarla ed ella era felice perché avevo
cominciato a pregare. Ebbi la fortuna di assisterla mentre moriva. Quante volte ho pensato che quelle sue preghiere mi avevano ottenuto la conversione!”
Di nuovo a casa Appena tornata a casa dal collegio andò subito dall’-
Arciprete di San Pancrazio Don Pasquale Amaducci per conoscere gli orari delle messe e delle altre fun-zioni e chiese di entrare nella Azione Cattolica, dove
fu molto attiva. La mamma cercava di comperare cose belle per lei, bei vestiti. Un giorno tornò da Ravenna con una bella
volpe argentata, quando Isotta aprì il pacco disse: perché spendere tanti soldi per me? Io voglio farmi suora, di lì scoppiò la guerra che doveva durare ben
15 anni. La mamma si disturbava sempre di più al pensiero che la figlia entrasse in convento, in fondo aveva solo lei, e minacciava anche di uccidersi. Isotta
a casa accudiva gli animali, aiutava la mamma e pre-gava, pregava molto, si era prepararata in casa un camerino dove si ritirava a pregare e a meditare.
Era di salute cagionevole e in estate andava in va-
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Un giorno mentre facevo la spesa al supermer-cato e guardavo le persone aggirarsi fra i ban-
chi a scegliere prodotti ben confezionati, già pre-parati, a volte già cotti, etichette che dicono tut-
to: peso, prezzo, origine, ho pensato fra me e me, come sono cambiati i tempi? Poi quando
sono arrivata alla cassa ho constatato che a molti capita come a me, il costo totale della
spesa fatta si conosce solo alla fine quando arri-
va lo scontrino. Le nostre nonne e anche le no-stre mamme da giovani questi “lussi” non se li
potevano permettere perché in tasca avevano sempre i soldi contati. E’ evidente che col pro-
gresso degli ultimi cinquant’anni nella gestione della spesa ci sono stati molti cambiamenti che
hanno interessato anche i piccoli paesi di cam-pagna.
Ho pensato che sarebbe stato simpatico un ritorno al
passato, anche solo col ri-
cordo per rinvigorire la me-moria.
Sono andata a parlare con una persona che conosco
che ha gestito assieme ai suoi genitori un negozio di
alimentari per tanti anni, (oltre 50 anni) quasi una vita
intera e chiacchierando tranquillamente è venuto
fuori un bel quadro.
Lucia, la tua famiglia gesti-
va un negozio di generi ali-mentari in via Farini prima poi in via Randi, ma
cosa vendevate? La Lucia col suo fare simpatico dice, gli alimenta-
ri? non solo, allora le licenze erano diverse, da-vano molte possibilità di vendita di prodotti.
Noi avevamo “di tutto e di più”: minestre sec-che, formaggi, salumi, latticini, carne di maiale
fresca, i panini, solo panini per farli imbottiti. Poi la “chincaglieria”: cotone, aghi, pizzi, bottoni, le
scarpe. Gli utensili da cucina: tegami, piatti, bic-
chieri, poi le candele, il petrolio da mettere nei lumi, gli scaldini dal letto.
I cereali per alimentare gli animali: frumento e crusca. Nel cortile vicino a casa c’era deposito
dove conservavamo per la vendita materiale per l’edilizia: cemento, calce, gesso, vetri.
Avevate un bel punto vendita molto fornito, nel suo piccolo come i medi negozi di oggi, erava-
te quindi solo voi? No, adesso i negozi di alimentari sono concen-
trati, ma in un paese piccolo come S. Pancra-zio allora ce n’erano sette per servire solo gli
abitanti del paese perchè Ragone e Chiesuola
avevano il loro negozio. C’erano: La Esmeralda e Raul, Balan, (Spada) Cencio, (che poi è di-
ventato cooperativa) Tiglio, noi, il sale e tabac-chi che vendeva anche gli alimentari, Gigì de
zei.
Come vendevate i vari prodotti? La vendita era tutta al dettaglio, tutto materia-
le sfuso. Si vendevano 5 lire di conserva, 10 lire di
veracchina, 1hg di mine-
stra, tonno e marmellate sfuse, c’era molto da fare
perché bisognava sceglie-re il contenitore, prendere
la carta, pesare e incarta-re. Ci voleva tempo per
servire, ma era bello per-ché intanto si parlava con
le persone, non c’era la fretta che hanno le donne
di adesso.
Oltre al materiale che
prendevate fuori, prepara-vate cose anche voi?
La produzione di formaggio veniva fatta da noi, morbido (tumè) in primavera e autunno, poi si
faceva la ricotta col siero e si usava l’acqua salata che veniva da Fratta Terme.
In inverno si ammazzava il maiale come nelle case, in genere uno alla settimana, “andava a
ruba” si vendeva tutto, anche la testa, i zampet poi non si arrivava ad esporli che erano già
venduti. Avevamo il nostro macellaio “Pireta”
che lavorava tutto, la carne fresca quella da mangiare subito, che tenevamo nel frigorifero
per i pochi giorni che durava, inoltre facevano gli insaccati da vendere nel periodo in cui era-
Ricordi della piccola bottega dove si faceva la spesa quotidiana Intervista a Lucia Laghi a cura di Luisa Calderoni
Lucia all’affettatrice nel negozio di via Randi
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no pronti. C’era il mugnaio che quando vede-va arrivare Pireta, quindi capiva che quel gior-
no si macellava, stava attento e appena sen-tiva l’odore dei ciccioli veniva e li comprava
tutti. Quando venivano le persone a fare la spesa?
Al mattino i contadini portavano il latte fresco
appena munto allora iniziava la fila delle donne
già pronte col loro tegame, a volte arrivavano anche prima del contadino, aspettavano con
pazienza perché volevano essere sicure di avere il latte fresco, quello di giornata.
Molte donne poi si fermavano a fare la spesa dopo che avevano portato i bambini a scuola.
Le braccianti invece venivano dopo il turno se gli era stato assegnato un posto di lavoro
prendevano da mangiare per il giorno dopo. Ma in genere le donne andavano a fare la
spesa “quando si ricordavano” che avevano
bisogno di qualche cosa, anche 2-3 volte al giorno, in fondo poi il negozio era sempre a-
perto, anche di do-menica. Quando ab-
biamo cominciato a chiudere il negozio
per una giornata in-tera le donne si la-
mentavano, erano un po’ disorientate in
quanto dicevano di
non riuscire a fare la spesa per diversi
giorni.
C’erano periodi di particolari vendite
durante l’ anno o durante la settima-
na?
In inverno la carne di maiale fresca ma
anche il baccalà sec-
co o ammollato, lo tenevamo fuori dalla
porta dentro una bacinella e quando
qualcuno lo voleva si andava fuori c’era già il pezzo di legno pronto “la zoca” si tagliava in
base alle misure che la persona chiedeva. In inverno si vendeva molto cotone da ricamo,
pizzi perché le donne stavano di più in casa e ricamavano.
A quel tempo molti muratori e cittadini si fa-
cevano la casa “ a tempo perso” come modo di dire, cioè da soli, rinunciando a ferie e a
feste, quindi molte persone alla fine della setti-mana venivano a prendere il cemento, la cal-
ce il necessario per lavorare nelle loro case.
Durante le principali festività c’erano vendite particolari?
A Natale forma e formaggio per fare i cappel-
letti, allora usava preparare in casa il pan dol-
ce e quindi dovevano essere forniti di tutti gli ingredienti. C’è stato un periodo in cui a Ca-
podanno in quasi tutte le case si facevano i passatelli poi c’è stato un cambiamento nelle
abitudini alimentari, le donne si sono “passate la voce” scambiate le ricette ed hanno iniziato
a fare la minestra al forno verde con gli spina-ci, quindi in quel periodo ci richiedevano molti
spinaci. A Pasqua si faceva la pasta margheri-ta che poi si imbottiva con la crema.
Negli anni 60-70 le condizioni economi-
che delle famiglie
erano migliorate, si lavorava di più e si
lavorava anche in due, questo ha avuto
riflessi anche nelle abitudini alimentari.
Allora non c’erano le merendine per i
bambini come ades-so, molti genitori
prima dell’inizio delle
lezioni venivano a fare il panino, ne pre-
paravo circa 30 ogni giorno, ma il più gra-
dito era sempre la rosetta con la mor-
tadella. Ricordo an-che che a volte i
bambini della campa-gna, che avevano
quasi sempre il pani-
no con prosciutto o col salame chiedevano ai loro compagni di
fare il cambio.
Qualche cosa di caratteristico che ti ricordi e che adesso non troviamo più?
Le gemelle Laghi davanti al negozio di via Farini
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Libreria “La Grama”
“I sapori della campagna” “Racconti paesani”
vol. 1 - Una vita fra la canapa
vol. 2 - Tessitura che passione!
vol. 3 - Una vita fra i bigatti
vol. 4 - Una fèta d’furmaj
vol. 5 - Il Grano e il pane: ieri e oggi
Documentari Video n. 1 contenente: -Testimonianze dal Museo della civiltà
contadina;
-Il grano e il pane: ieri e oggi;
-Una vita con il maiale;
-Latte e formaggio: produzione
casalinga e artigianale;
Video n. 2 contenente: -Una vita fra la canapa;
Dri l'irola
Dri l’irola supplemento a Ross zéntar d’Rumâgna
a cura della
Associazione culturale “La Grama”
Via della Resistenza, 12
48026 San Pancrazio (RA)
Tel. 0544534303 - Fax 0544535033
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utilizzate il bollettino di C/C postale
intestato a “La Grama” C/C N.11939485 oppure presso tutti gli sportelli del
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Museo della vita contadina in Romagna
C/o Scuola Elementare
Via XVII Novembre, 48020 San Pancrazio RA
Tel 0544 534303 - Fax 0544 535033
Internet: www.racine.ra.it/russi/vitacontadina
E-mail: [email protected]
Orario del Museo:
giovedì, dalle 14,30 alle 18,00
domenica, dalle 9,30 alle 12,30
Ingresso euro 1,00, ridotti euro 0,50
Visite guidate su prenotazione
LA QUOTA 2007 RIMANE INVARIATA A € .12,00
Versa il 5 per mille a favore della Grama
I contributi saranno destinati al-l’arredo del nuovo Museo
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
definisce le modalità di destinazione della quota pari
al cinque per mille dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche, in base alla scelta del contribuente,
per finalità di volontariato.
Le persone interessate possono destinare la quota
del cinque per mille dell’ imposta sul reddito delle
persone fisiche, relativo al periodo di imposta 2006,
apponendo la firma nell’apposito riquadro.
E’ consentita una sola scelta di destinazione.
NON E’ UN COSTO AGGIUNTIVO
PER IL CONTRIBUENTE !
La scelta di destinazione del 5 per mille e quella
dell’8 per mille ( legge 222/85) non sono in alcun
modo alternative fra loro.
La scelta della Grama deve essere fatta scrivendo il seguente numero di codice:
92036530399