maggio-giugno 2010 new tabloid via a. da recanate 1 20124 ... · sembra riferito a un passato...

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Tabloid Anno XL N.3 Maggio-Giugno 2010 Direzione e redazione Via A. da Recanate 1 20124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected] Pec: [email protected] Poste Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 2). Filiale di Milano New Ordine dei Giornalisti della Lombardia Inchiesta L’IMMAGINE FEMMINILE SU TELEVISIONE STAMPA E PUBBLICITA’ IN UNA RICERCA DI FINZI Elezioni IL 23 E 24 MAGGIO SI VOTA PER IL CONSIGLIO REGIONALE E NAZIONALE BALLOTTAGGIO IL 30 E 31 I Quaderni dell’Ordine REG0LE E SENTENZE DISCIPLINARI IL MASSIMARIO DELL’ODG LOMBARDIA DEL TRIENNIO 2007/2010 E LA GIURISPRUDENZA PRECEDENTE Donne in tv Veline e giornaliste: (dis)pari opportunità Associazione “Walter Tobagi”- Istituto per la formazione al Giornalismo “Carlo De Martino”

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TabloidAnno XL N.3 Maggio-Giugno 2010 Direzione e redazione Via A. da Recanate 120124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected]: [email protected] Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 2). Filiale di Milano

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Ordine dei Giornalistidella Lombardia

Inchiesta L’immagine femminiLesu teLevisionestampa e pubbLicita’in una ricerca di finzi

ElezioniiL 23 e 24 maggiosi vota per iL consigLioregionaLe e nazionaLebaLLottaggio iL 30 e 31

I Quaderni dell’Ordine reg0Le e sentenze discipLinariiL massimario deLL’odg LombardiadeL triennio 2007/2010e La giurisprudenza precedente

Donne in tvVeline e giornaliste: (dis)pari opportunità

Associazione “Walter Tobagi”- Ist i tuto per la formazione al Giornal ismo “Carlo De Mart ino”

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3Tabloid 3 / 2010

Sommario

4 editoriale Sentenze disciplinari garantiste e responsabili di Letizia Gonzales

6 inchiesta Rivoluzione rosa o crisi nera? di Maria Novella Oppo

8 Miss Tv e sexy spot: irreality show dalla ricerca di Enrico Finzi

17 Tv, giornaliste... avanti tutta di Natascia Gargano e Luciana Grosso

21 Donne discriminate? E’ una questione maschile di Clelia Pallotta

24 le iniziative dell’ordine Elezioni il 23 e 24 maggio Ballottaggio il 30 e 31

26 MultiMedialita’ E ora il web si fa sulla strada, di Mauro Munafò

28 l’angolo della legge Procedimenti disciplinari: ecco come si svolgono di Mario Consani

30 L’osservatorio sull’estero Usa, stampa ancora giù ma batte Internet a cura di Pino Rea

32 colleghi in libreria Tutti i migliori pezzi dei grandi giornalisti di Antonio Andreini

34 i nuMeri

New Tabloid n. 3 Maggio-Giugno 2010

New Tabloid - Periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della LombardiaPoste Italiane Spa. Sped. Abb. Post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano - Anno XLN. 3 / Maggio-Giugno 2010

Direttore responsabile: Letizia GonzalesRedazione: Paolo Pozzi (coordinamento) Antonio Andreini

Hanno collaborato:Mario Consani, Natascia Gargano, Luciana Grosso, Mauro Munafò, Maria Novella Oppo, Clelia Pallotta, Pino Rea. Progetto grafico e realizzazione: Maria Luisa Celotti

Studio Grafica & ImmagineCrediti fotografici:Photos, NewPress, Foto di copertina: Elaborazione R. MinoiaDirezione, redazione e amministrazione: Via Antonio da Recanate 1 20124 MilanoTel: 02/67.71.371 - Fax 02/66.71.61.94

Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia:Letizia Gonzales: presidenteStefano Gallizzi: vicepresidenteLaura Mulassano: consigliere segretarioAlberto Comuzzi: consigliere tesoriere Consiglieri: Amelia Beltramini, Mario Consani, Laura Hoesch, Mario Molinari, Paolo Pirovano Collegio dei revisori dei conti: Ezio Chiodini (presidente)Marco Ventimiglia, Angela Battaglia

Direttore OgL: Elisabetta GrazianiRegistrazione n. 213 del 26-05-1970 presso il Tribunale di Milano.Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC)

La tiratura di questo numeroè di 27.500 copie Chiuso in redazione il 30 aprile 2010Stampa: Italgrafica srlVia Verbano 146 - 28100 Novara Veveri

Concessionaria di pubblicità:iMagina di Gabriella CantùCorso di Porta Romana 128 20122 Milano E.mail: [email protected]: 02/58320509 - Fax: 02/58319824

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Editoriale

4

Sentenze disciplinarigarantiste e responsabili

Tabloid 3 / 2010

Editoriale di fine mandato per un numero un po’ speciale, ricco ma…..ridotto di pagine. Abbiamo dovuto “dimagrire” New Tabloid di 12 pagine e portarlo a 36 perché abbiamo voluto allegare il Massimario delle sentenze dei procedi-menti disciplinari, prodotte da questa consigliatura nei tre anni del nostro mandato. Non ci stavamo dentro con le spese di spedizione, viste anche le ultime ed infe-lici iniziative del governo di togliere le agevolazioni postali per riviste e giornali anche non profit, come il nostro New Tabloid. Speriamo che “lassù” qualcuno ci ri-pensi perché sarebbe davvero una lesione gravissima alla libertà di stampa, impedire la diffusione, perchè trop-po costosa, di tantissime testate che comunque occupano circa 3.000 colleghi. Tanti sono infatti i giornalisti che lavorano nella stampa specializzata molto colpita dal provvedimento.Ma veniamo al Massimario realizzato in pool dal consi-gliere Mario Consani e dall’avvocato Guido Camera, con-sulente dell’ordine. Si tratta del riassunto di 33 sentenze non tutte di col-pevolezza che abbiamo costruito in questi tre anni, dopo aver esaminato 220 esposti. Non solo. Gli autori hanno voluto aggiungere, per completare il quadro giuridico, le sentenze più innovative degli ultimi anni.Le regole della convivenza civile, espresse in principi che i giornalisti devono osservare ma soprattutto co-noscere non sono un patrimonio acquisito ed elaborato da tutti i professionisti dell’informazione. Ci siamo accorti che tanti giovani che praticano il mestiere non sempre sono a conoscenza dei limiti invalicabili che la deontologia impone. Si sbaglia per la velocità della scrittura richiesta dalle nuove tecnologie che hanno ri-baltato i modi classici di fare informazione. Si sbaglia perché è più difficile aggiornarsi, (ritmi di lavoro sempre più frenetici) e si commettono errori perché è passato un modello molto disinvolto di dare le notizie.

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5Tabloid 3 / 2010

Editoriale

Proprio recentemente si è innestata un’interessante pole-mica sulle funzioni disciplinari dell’Ordine. Ben vengano considerazioni e critiche che consentono una revisione profonda di questa istituzione del secolo scorso. Dal momento che c’è, per legge, è bene però che funzioni a tutela del cittadino, sia esso lettore o giornalista. Con questo spirito attento e garantista nei confronti della difesa, abbiamo costruito i percorsi disciplinari di cui diamo conto nel quaderno allegato. E’ un’utile lettura che testimonia del lavoro svolto ed al tempo stesso è una misura preventiva, un’indicazione per non sbagliare. Questo numero è davvero speciale anche perché dedicato in gran parte alle donne, all’immagine deforme e grottesca che ci propinano televisione e pubblicità.L’inchiesta che apre il giornale trae spunto da un’inte-ressante indagine che il sociologo Enrico Finzi, storico collaboratore dell’Ordine ha realizzato per una casa co-smetica. I dati desolanti di un immaginario televisivo e pubblicitario dello stereotipo più banale della donna che sembra riferito a un passato lontanissimo, documentato, come sempre fa Finzi da dati e grafici, sono commentati da tante colleghe che hanno voluto testimoniare l’irrealtà dei modelli che ci vengono proposti. Per fortuna l’analisi di Finzi si conclude con un moto di rabbia raccolto fra le donne intervistate, molte le giornaliste. Come ben scrive su Repubblica Loredana Lipperini nella presentazione del libro “Il corpo delle donne”di Lorella Zanardo occorrerà un grande impegno e una sana ribellione per “modificare un sistema simbolico insostenibile”.Per concludere parliamo di elezioni, quelle per il rinno-vo dei consiglieri regionali e nazionali che si terranno i prossimi 23 e il 24 maggio (l’eventuale ballottaggio si svolgerà invece il 30 ed il 31maggio). A questo proposito mi rivolgo ancora una volta a tutti quelli che mi leggono, invitandoli a partecipare alle elezioni, purtroppo non ancora telematiche, bensì attra-verso la presenza al seggio. La partecipazione dà senso al lavoro di chi si candida all’Ordine. Significa la condivisione del lavoro fatto e della progettazione per il futuro che prende spunto dalle iniziative realizzate. Significa investire su un gruppo di colleghi che si dedicano ai problemi della categoria con spirito di servizio. Significa infine dare valore a coloro che si impegnano per i prossimi tre anni a svec-chiare questa istituzione nata nel ’63. Arrivederci al seggio dunque!

Il presidenteLetizia Gonzales

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6 Tabloid 3 / 2010

Il 66% delle italiane ritiene che la Tv peggiori il Paese rendendolo più volgare e immorale, incivile e meno giusto, il 58% che non aiuta gli uomini a capire come sono davvero le donne

Dedichiamo l’inchiesta di copertina e gran parte di que-sto numero di New Tabloid al tema “Donne e Televisione” proponendo all’attenzione dei nostri lettori una ricerca del sociologo Enrico Finzi (da pag. 8 a 16) sull’immagine delle donne anche su stampa e cinema, oltre che sulla pubblicità. Ne viene fuori uno spaccato impietoso. Nellla seconda parte dell’inchiesta (da pag. 17 a 23) abbiamo invece raccolto pa-reri di colleghe e segnalato alcune case history. Dalla ricerca di Finzi risulta che la televisione propone quasi solo donne giovani, belle, attraenti ma rende le donne stesse più ansiose e infelici, peggiora l’Italia rendendola un Paese più volgare e immorale. Non meno crudo il ritratto della pubblicità che non aiuta gli uomini a capire come sono davvero le donne, non

parla quasi mai dei veri problemi, delle difficoltà quotidiane delle donne e presenta le donne quasi solo come oggetto di interesse sessuale. Il cinema è il mezzo che racconta storie vere di tanti tipi di donne diverse, aiuta le donne a sognare e a evadere dalla realtà quotidiana ma, da qualche tempo, mostra anche le donne normali, non perfette. Sono invece i quotidiani a essere leader nel descrivere le donne come sono davvero, illustrando il valore e le capacità delle donne e aiutandole spesso a fare scelte informate e consapevoli nella vita e nei consumi. I periodici sono i media che più di altri stanno dalla parte delle donne, aiutandole a vivere meglio in famiglia, con il partner e con i figli ma anche a sentirsi migliori, più autonome e sicure di sé.

Rivoluzione rosa o crisi nera?

TelevIsIone, PubblIcITà, sTamPa, cInema: le donne vIsTe dalle donne

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7Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

ragazze (per non parlare dei ragazzi!) e da peggiorare l’Italia rendendola ‘un Paese più volgare e immorale, meno giusto e civile’. Giudizio spaventoso, ribadito dai professionisti con percen-tuali addirittura esagerate (un tempo si sarebbe detto bulgare), arrivando al 73 % per i giornalisti e al 77 % per i pubblicitari. Cosicché, non si può dire che manchi una diffusa consapevolez-za della pessima influenza esercitata dalla tv sulla società. In particolare su quella parte della società che qualcu-no in alto loco considera una appe-tibile ma ristretta categoria, mentre è la maggioranza assoluta del popolo italiano. C’è però una clamorosa ec-cezione a questa denigrazione: quella costituita dal ruolo delle donne nell’in-formazione televisiva. Qui, una rappre-sentanza eletta (anche se non eletta) di giornaliste conduttrici o inviate sembra in qualche modo risarcire le spettatrici delle umiliazioni di immagine subite in tutto il resto del palinsesto. Al posto delle veline scosciate e delle naufra-ghe sguaiate, ecco alcune professioni-ste moderne, intelligenti e ben vestite (benché rigorosamente belle), nelle quali non solo le altre donne possono identificarsi, ma di cui possono esse-re orgogliose. Benché, a dirla proprio tutta, quelle stesse donne-miraggio, non siano poi in grado di competere ad armi pari nella carriera con i loro colleghi uomini (tra l’altro molto meno avvenenti). E, anzi, la cronaca ci dice che le giornaliste del tg maggiore non sono riconosciute libere di pensare au-tonomamente, visto che alcune tra le più note e brave sono state allontanate dal video per non essersi espresse a favore del direttorissimo. Insomma, per quanto siano critiche nei confronti della tv come appare, le donne forse si fanno ancora qualche illusione sulla tv com’è. E magari dovrebbero rasse-gnarsi all’idea che l’unica vendicatrice della dignità femminile in video è la scatenata Luciana Littizzetto. Resta da capire come mai, nonostante la vera e propria inimicizia che la tv dimostra verso di loro, le donne spettatrici, nella loro stragrande maggioranza, non ri-escano a essere meno succubi della tv nei loro comportamenti di vita (e soprattutto in quelli politici!).

della persona femminile data dalla pubblicità e dalla tv, anche quando questa non sia denudata, usata e abusata. Nel caso citato, anzi, Belen Rodriguez interpreta una donna che lavora, addirittura una donna con la pistola, che, fin dall’inizio della serie commerciale è costretta a reagire alla corte asfissiante del protagonista ma-schile. Ma alla fine, una manata e via, il familismo culinario ha il sopravvento anche sull’attrazione erotica. Sembra una metafora della nostra vita politica: un grande alludere alla pas-sione per le donne da parte del capo del governo e, in parallelo, l’emargi-nazione delle donne stesse dai posti di potere, cioè dal posto a tavola, con l’eccezione costituita da qualche non ingrata velina, magari laureata.Passando poi alla programmazione te-levisiva cosiddetta non commerciale, l’immagine della donna è considerata dal 66% del campione Astra non solo offensiva, ma addirittura tale da con-tribuire alla cattiva educazione delle

di Maria Novella Oppo

Partiamo da un’immagine, anzi dall’im-magine che più passa in televisione in questo periodo. Si tratta del finale dello spot in cui Christian De Sica, l’odioso vigile Persichetti, per non dividere con la collega Belen Rodriguez, i fusilli pre-parati da una improbabile zia, allontana la bellissima ragazza, dandole una forte manata sul seno. Come dire che, per il maschilista nostrano, la pasta viene comunque prima della donna. E, pur ammettendo che un qualche intento critico possa essere passato per la testa dei creativi, alla fine il risultato delle loro pensate è una messinscena avvilente per la donna rappresentata e per tutte quelle che assistono. Belle o brutte che siano.Perciò, potrebbe essere consolante, per chi legge la ricerca Astra com-missionata da Cera di Cupra, sco-prire che le donne in genere, come i professionisti della informazione e della comunicazione commerciale, in realtà sono tutti estremamente severi nel condannare la rappresentazione

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8 Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

Come vorrebbero essere rappresentate le donne... Quale immagine dell’universo femmi-nile dovrebbe essere trasmessa dalla pubblicità e dai mass media? E qual è il ‘racconto’ che di esse viene in re-altà fatto dalla pubblicità e dai mezzi di comunicazione di massa (i quotidiani, i periodici, l’informazione radiotelevisiva, l’entertainment tv, il cinema)? A queste domande risponde la prima indagine de-moscopica. La nettissima maggioranza delle ‘lei’ pretende anzitutto che oggi le donne in Italia siano presentate come persone intelligenti e capaci di ragionare (77%), attive e impegnate (71%), autono-me e indipendenti (69%), forti e sicure di sé (57%), allegre e vitali (56%), simpati-che e divertenti (56%), valide e positive (56%), ottime madri (55%), moderne ed evolute (53%): dunque, come individui ricchi di qualità e di positività, vivaci e pieni d’esperienze, né deboli né passi-vi. All’opposto, è fortissimo il rigetto di un’immagine sociale delle donne come fragili e incerte (non lo vuole ben il 94%

Il metodo dell’indagine

Cera di Cupra della Farmaceutici Dottor Ciccarelli, ha commissionato ad Astra Ricerche due sondaggi on line: il primo, sulla popolazione italiana, è stato realizzato tramite 1.008 interviste Cawi (Computer Aided Web Interviewing) a fine 2009 a un campione rappresentativo di 18-60enni; il secondo è stato effettuato nel febbraio 2010 tramite 566 interviste Cawi a un campione di giornalisti (54%) e di professionisti della comunicazione commerciale (46%) e cioè pubblicitari, esperti di relazioni pubbliche e di direct marketing.

I giudizi circa l’immagine della donna in pubblicità

Troppo perfette, idealizzate

Sensuali, seduttive

False, finte

Sciocche, stupide

Esagerate, volgari

Moderne, evolute

Attive, impegnate(nel lavoro, con i figli, ecc.)

Di tanti tipi diversi

Forti, sicure di sé

Allegre, vitali

Fredde, distanti

Autonome, indipendenti

Incompetenti, incapaci

Incapaci di vivere senza un uomo che le guidi

Impegnate a favore degli altr, nel volontariato

Fragili, incerte

Vere, reali

Calde, ricche di umanità

Tradizionali

Superate, non come sono oggi

Anche brutte ma di valore

Nessuno di tali giudizi

19,9*

16,5

12,9

12,8

10,1

9,4

8,7

8,4

7,6

7,1

7,0

3,9

3,8

2,9

2,7

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2,4

1,9

1,8

1,5

3

56,9 %

51,6 %

47,3 %

36,9 %

36,7 %

29,1 %

27,0 %

24,9 %

24,2 %

21,7 %

20,2 %

20,1 %

11,2 %

11,0 %

8,4 %

7,7 %

7,1 %

6,9 %

5,4 %

5,1 %

4,4 %

0,9 %

•*Valori assoluti (in milioni) rappresentativi del campione delle donne intervistate

Miss Tv e sexy spot: irreality showPerfette, sensuali, finte, esagerate in pubblicità. False,sciocche, seduttive e volgari negli spettacoli televisivi. solo i film, la stampa e i Tg rappresentano la realtà delle donne

18,0

ecco la sInTesI dell’IndagIne demoscoPIca dI enrIco FInzI dI asTra rIcerche

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L’inchiesta

Tabloid 3 / 2010

delle italiane), aggressive e dominatrici (il ‘no’ è del 93%), sexy ed erotiche (84%), tradizionali (83%), semplici e ‘acqua e sapone’ (75%), sensuali e seduttive (qui il rigetto è del 66%). Alcune caratteristi-che, invece, sono apprezzate da mino-ranze di rilievo: il 47% amerebbe che le donne fossero raccontate come capaci di vivere senza un uomo che le guidi, ricche di calda umanità (45%), dolci e tenere (39%), impegnate a favore degli altri (anche nel volontariato: 35%), anche brutte ma di valore (35%). Al fondo, la netta maggioranza (57%) auspica una rappresentazione sociale delle italiane quali persone vere e reali, non certo come ideali modelli da imitare (24%).

... e come gli uomini vorrebbero che fossero rappresentate le donneI dati mostrano, in primo luogo, che il tema appassiona molto meno i maschi, in genere non granché in-teressati a questo tema. Basti dire che sono solo cinque (la metà che tra le donne) le caratteristiche che la maggioranza dei ‘lui’ amerebbe che venissero attribuite alle donne del Bel Paese: intelligenti e capa-ci di ragionare (58%: la domanda femminile era del 77%), simpatiche e divertenti (54%: versus 56%), al-legre e vitali (53%: vs 56%), dolci e tenere (53% vs 39%), sensuali e seduttive (50% vs 54%). La verità è che ancora molti maschi sognano le donne sexy ed erotiche (38% vs 16%), oppure semplici e ‘acqua e sapone’ (40% vs 25%), incapaci di vivere senza un uomo che le guidi (79% vs 53%), né forti né sicure di sé (65% vs 43%), non validamente positive (62% vs 44%), né moderne né evolute (60% vs 47%). Al fondo, ciò che terrorizza moltissimi uomini sono l’autonomia e l’indipenden-za femminile (che i ‘lui’ vorrebbero rappresentata nel 38% dei casi vs il quasi doppio 69% delle ‘lei’); e anche l’attività e l’impegno femminili piac-ciono ai maschi molto meno che alle femmine (50% vs 71%). Con l’aiuto di tecniche specializzate quali l’anali-si fattoriale e la cluster analysis sono stati individuati 5 tipi, costruiti sulla base delle aspettative sopra analizzate

I giudizi circa l’immagine della donna negli spettacoli televisivi, musicali e d’intrattenimento

False finte

Sciocche, stupide

Sensuali, seduttive

Esagerate, volgari

Troppo perfette, idealizzate

Di tanti tipi diversi

Simpatiche divertenti

Allegre, vitali

Ansiose,nevrotiche

Inconpetenti, incapaci

Moderne, evolute

Forti, sicure di sé

Fragili, incerte

Autonome, indipendenti

Intelligenti, capaci di ragionare, fredde, distanti

Valide, positive

Attive, impegnate(nel lavoro, con i figli, ecc.)

Incapaci di vivere senza un uomo che le guidi

Dolci, tenere

Vere, reali

Calde, ricche di umanità

Superate, non come sono oggi

Tradizionali

Ottime madri

Impegnate a favore degli altri, nel volontariato

Nessuno di tali giudizi

17,1*

16,1

15,4

14,7

12,6

10,3

9,4

8,7

8,4

8,1

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1,7

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44,3 %

42,1 %

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19,1 %

16,8 %

15,6 %

14,8 %

13,1 %

11,0 %

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8,6 %

7,5 %

7,3 %

5,2 %

4,9 %

4,8 %

4,6 %

1,2 %

Anche brutte ma di valore 8,6 %

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10 Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

dall’intero campione (dei due generi: maschi e femmine): se il 27% non ha grandi aspettative circa la rappre-sentazione sociale delle donne, il cui profilo si richiede piuttosto debole (qui i maschi ‘pesano’ per il 60%), il 18% amerebbe che le italiane fossero pre-sentate come ‘baiadere’ a un tempo sensuali e seduttive, sexy ed erotiche, dolci e tenere, dipendenti da un uomo, né valide né positive, né reali né ric-che di umanità (qui i maschi superano il 70%). Ma, per fortuna, c’è un’altra Italia maggioritaria (nell’insieme il 55% dei 18-60enni dei due generi) che pri-vilegia una rappresentazione positiva del nostro universo femminile: un 15% in qualche modo intermedio si conno-ta per una significativa ambivalenza, pretendendo che le italiane odierne siano raccontate come donne vere, dolci epperò non deboli, semplici ma attive, intelligenti e capaci (nel lavoro, nei rapporti di coppia, nell’educazio-ne della prole, nella cura della casa), allegre e simpatiche, con un valido partner e una bella famiglia, con un pizzico di seduttività non trasgressi-va, con una modernità che rinnova ma non contrasta l’assunzione delle responsabilità tradizionali (qui i maschi continuano a dominare con il 73%). La vera svolta - ovviamente a guida femminile - si ha con quel 20% che ama il racconto di donne di qualità, intelligenti e raziocinanti, attive e im-pegnate su più fronti, indipendenti ed evolute, forti e sicure di sé, variegate e ‘vere’. In sostanza, forti senza fronzoli e dunque senza alcuna enfasi su la fragilità, la tradizionalità, la semplicità, la tenerezza, l’allegria, la sensualità, la seduttività e anche l’aggressività da arpia (qui le donne raggiungono l’80%). Il restante 20%, sempre a pre-valenza femminile (67%), è talmente coinvolto nell’evoluzione femminile in Italia da pretendere che le donne siano presentate come adorabili Won-der Women e cioè quasi mai deboli (e sexy) ed invece massimamente intelligenti, attive, forti, indipendenti, dotate di autostima (e proprio perciò non aggressive e anzi tenere), ricche di umanità, allegre, vitali, simpatiche, ironiche, evolute, sensuali ma non in-chinate ai piedi di un uomo, impegnate

nel sociale, ottime madri ma non solo tali, di tanti tipi diversi, a volte – ma non necessariamente – belle e a volte (ma non tristemente) anche brutte ma di valore.Viene da chiedersi: tutti questi auspici sono soddisfatti dai mezzi di comuni-cazione di massa e dalla pubblicità? La risposta è, purtroppo, largamente negativa, come si vede esaminando le opinioni delle donne. Solo i film, la stampa e l’informazione in tv (telegior-nali e dibattiti) riescono a presenta-re a volte un’immagine delle italiane odierne significativamente positiva: ciò avviene secondo il 43% quando si parla dei film e del 40% quando si parla della stampa e della television information; all’opposto, in pubblicità si arriva ad un risicato 23%, mentre per l’entertainment televisivo ci si ferma a un infimo 20%. La verità è che, sempre secondo le italiane 18-60enni, in tv i varietà, i reality, i concorsi di musica o di miss, ecc., per il 49% raccontano in maniera assolutamente negativa l’attuale realtà femminile; il dato è quasi simile per la pubblicità (48%), mentre scende al 27% per quo-tidiani, periodici, telegiornali e dibattiti televisivi e ad un ancora minore 20% per i film. Ma c’è di più: l’innovazione di cui sono protagoniste le donne è adeguatamente messa in scena solo dai film (nel 51% dei casi) e dalla stam-pa con la television information (49%),

mentre in pubblicità si arriva a stento al 34% e con l’entertainment televisivo ci si ferma al 26%. Ancora, nessuna sfumatura di umanità s’insinua nell’im-magine delle donne trasmessa oggi dalla televisione (57%) e dalla pubbli-cità (56%), mentre tale drammatico deficit coinvolge ‘solo’ per il 37% la stampa e la television information e per il 30% il cinema. Ed è diffusa con-vinzione femminile che la pubblicità racconti in modo eticamente nega-tivo le donne nell’Italia d’oggi (53%), con a ruota l’entertainment televisivo (47%), mentre la positività etica è for-te e dominante solo per i quotidiani, i periodici, i telegiornali e le trasmissioni di approfondimento in tv (52%) oltre che discreta nei film (41%). Al fondo, il modo in cui vengono presentate le donne in pubblicità è considerato falso dal 75% delle interessate. Tale percen-tuale scende ma resta maggioritaria per gli spettacoli tv (62%), mentre il tasso di veridicità è considerato ac-cettabile o del tutto valido dal 62% delle intervistate se si parla di stampa e television information e dal 57% se si fa riferimento ai film.

La pubblicità non rappresentai problemi veri delle donne La pubblicità, seppur con alcune ec-cezioni, nell’insieme emerge come la modalità di rappresentazione dell’uni-verso femminile largamente peggiore

Negativo9.000.000

Nullo/Basso9.000.000

Alto / Altissimo2.700.000

Medio10.100.000

7,7%

25,7%

29%

37,6%

Indice di positiva immagine femminile

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L’inchiesta

e dunque massimamente disassata rispetto alla realtà: basti dire che per il 60% delle donne - sempre senza con-fronti - ha il particolare difetto di non aiutare gli uomini a capire come sono davvero le donne; per il 59% presenta – senza pari – le ‘lei’ quasi solo come oggetto d’interesse sessuale e per un identico 59% non parla quasi mai dei veri problemi, delle difficoltà quotidia-ne delle donne. In dettaglio, per ben il 68% propone quasi solo ‘lei’ giovani, belle e attraenti; per il 60% non aiuta a capire come sono davvero le donne; per il 59% le presenta quasi solo come oggetto d’interesse sessuale; per un uguale 59% non parla quasi mai dei veri problemi e delle difficoltà quotidia-ne delle donne; per il 51% contribuisce alla cattiva educazione delle ragazze, delle giovani; per il 42% addirittura peggiora l’Italia rendendola un Paese più volgare e immorale, meno giusto e civile; per il 34% rende le donne più ansiose e infelici; solo per il 17% da qualche tempo mostra anche donne normali, non perfette; per il 19% aiuta frequentemente le donne a fare scelte informate e consapevoli nella vita, nei consumi, ecc.; per un identico 19% aiuta le donne a sognare, a evadere dalla realtà quotidiana; per l’11% è ritenuta dalle italiane stare dalla loro parte; per solo il 9% aiuta le italiane a vivere meglio in famiglia, col partner, coi figli; per l’8% le aiuta a sentirsi mi-

gliori, più autonome e sicure di sé; per un infimo 5% racconta storie vere di tante donne diverse; per meno del 5% descrive l’universo femminile come davvero esso è; solo per il 4% descrive il valore e la capacità delle donne.In conclusione, il 92% delle donne ne-ga che l’advertising dia attualmente un contributo positivo alla condizio-ne femminile in Italia (l’82% giudica addirittura che la svantaggi). E la va-lutazione dei maschi del Bel Paese non risulta granché più favorevole, se è vero che non più del 12% dei ‘lui’ sostiene che la pubblicità oggi in Italia aiuta davvero le donne.

La Tv propone donne finte, sciocche, seduttive e volgariL’immagine della televisione presso le italiane è assai negativa. Essa, infatti, più di ogni mass medium “propone quasi solo donne giovani, belle e at-traenti” (70%) e “presenta le donne quasi solo come oggetto d’interesse sessuale” (60%), “non parlando quasi mai dei veri problemi, delle difficoltà quotidiane delle donne” (39%). Il risul-tato è che la tv – a detta del 66% dei 18-60enni – “contribuisce alla cattiva educazione delle ragazze, delle gio-vani” e in generale “peggiora l’Italia rendendola un Paese più volgare e immorale, meno giusto e civile” (66%). Di più, essa “non aiuta gli uomini a capire come sono davvero le donne”

(58%), “rendendole anche più ansiose e infelici” (49%): ma il 39% dice pure che “le aiuta a sognare, a evadere dalla realtà quotidiana”.Solo il 32% sostiene che la tv “rac-conta storie vere di tanti tipi di donne diverse”; il 30% che essa “da qual-che tempo mostra anche donne normali, non perfette”; il 26% che “spesso aiuta le donne a fare scelte informate e consapevoli (nella vita, nei consumi, ecc.)”, il 22% “a vivere meglio in famiglia, col partner, coi figli”, il 21% “a sentirsi migliori, più autonome e sicure di sé”. D’altra par-te solo il 18% dice che la televisione oggi in Italia “descrive le donne come sono davvero”, mostrandone pure “il valore e le capacità” (16%). Alla fin fine non più del 16% è certo che essa “sta dalla parte delle donne”.In definitiva, la tv è superata solo dal-la pubblicità nel non comunicare una valida immagine delle ‘lei’: solo il 9% le riconosce molto questo merito e il 10% un po’; il 15% appare ambiva-lente; il 66% largamente negativo.Le più critiche sono le 25-34enni, le residenti dall’Emilia all’Abruzzo e al Lazio, le laureate, le appartenenti ai ceti superiori (imprenditrici, dirigenti e professioniste).

I quotidiani descrivonovalori e capacità femminiliI quotidiani sono il mezzo di comuni-cazione di massa ritenuto dalle italiane 18-60enni leader nel “descrivere il va-lore, la capacità delle donne” (47%) e nel “raccontarle come sono davvero” (44%), variegate e “di tanti tipi diversi” (38%). Inoltre, per il 37% “spesso le aiuta a fare scelte informate e consa-pevoli (nella vita, nei consumi, ecc.)”, “a sentirsi migliori, più autonome e sicure di sé” (26%), “a vivere meglio in famiglia, col partner, coi figli” (22%). E così questo medium “aiuta gli uomini a capire come sono davvero le donne” (82%), anche perché “parla – a volte o spesso – dei loro problemi, delle loro difficoltà quotidiane” (82%), né imita la tv e la pubblicità nel “proporre quasi solo ‘lei’ giovani, belle e attraenti” (lo esclude ben l’86%).Il risultato è che i quotidiani magari “non aiutano le donne a sognare, a

Sono molto cresciute4.400.000

Non sanno 1.100.000

Sono molto diminuite 600.000 Sono un po’diminuite

1.300.000

Sono un po’cresciute 10.700.000

Non sonocambiateaffatto16.800.000

30,8%

12,5%48,0%

3,3%3,6%

1,8%

Le pari opportunità sono cambiate nell’ultimo anno

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L’inchiesta

evadere dalla realtà quotidiana” (ne è certo il 94% delle italiane) ma certo “non le rendono più ansiose e infelici” (86%), “non diseducano le giovani, le ragazze” (87%), “non peggiorano l’Ita-lia rendendola un Paese più volgare, immorale, ingiusto e incivile” (87%), “non presentano le donne quasi solo come un oggetto d’interesse sessua-le” (90%). Con una riserva, però: pur riconoscendo loro tutti questi pregi, solo il 27% delle intervistate dice che “i quotidiani stanno dalla parte delle donne”. In conclusione, non più del 21% giudica negativa l’immagine delle donne veicolata dai quotidiani italiani; un altro 21% la considera ambivalente; il dominante 58% valuta tale immagine come positiva (abbastanza per il 20% e molto per il quasi doppio 38%). Il che rende questo ‘mezzo’ il più valido per le nostre connazionali. Ed è interessante notare che le maggiori estimatrici della stampa quotidiana (e oggi pure delle sue edizioni sul web e sul mobile) ri-siedono in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Lazio, Abruzzo, Molise e Sardegna; risultano laureate; operano come libere professioniste, dirigenti e imprenditrici.

I periodici sono dalla partedei problemi delle donneI settimanali e i mensili (non solo quelli ‘femminili’) sono il mass medium re-putato dalle italiane 18-60enni quel-lo più “dalla parte delle donne”: non tanto in senso stretto (anche se così pensa – senza pari – il 28% delle no-stre connazionali) quanto per la sua imbattuta capacità di “aiutare spes-so le donne a fare scelte informate e consapevoli (nella vita, nei consumi, ecc.)”, come dice il 37% delle ‘lei’; di “raccontare storie vere di tanti tipi di donne diverse” (32%); di “aiutarle a sentirsi migliori, più autonome e sicure di sé” (31%) e pure “a vivere meglio in famiglia, col partner, con i figli” (30%); di “descriverne il valore e le capacità” (29%). La forza dei pe-riodici sta nella loro capacità di “non proporre quasi solo donne giovani, belle e attraenti” (ne è certo il 72%); di “parlare a volte o spesso dei veri pro-blemi e delle vere difficoltà delle ‘lei’” (77%), di “raccontarle come persone

...propone quasi solo danne giovani, belle, attraenti

Tv

Pubblicità

Cinema

Periodici

Quotidiani

23,1

22,8

11,1

9,8

5,9

66,3 %

65,4 %

31,8 %

28,2 %

17,0 %

...descrive il valore, le capacità delle donne

Quotidiani

Periodici

Cinema

Tv

Quotidiani

15,2*

10,5

10,1

5,7

1,5

43,4 %

30,0 %

28,8 %

16,3 %

4,4 %

...descrive le donne come sono davvero

Quotidiani

Periodici

Cinema

Tv

Quotidiani

14,0*

7,8

6,5

6,1

1,6

4,2 %

22 %

18,7 %

17,5 %

4,6 %

normali e non perfette” (80%), di “non presentarle quasi solo come oggetto di interesse sessuale” (80%).Ciò finisce per l’attribuire ai periodici alcuni punti di forza: essi “non ren-dono le italiane più ansiose e infelici” (79%), le sostengono e consigliano (78%), “aiutano o possono aiutare gli

uomini a capire come sono davvero” (74%), “non diseducano le giovani, le ragazze” (79%) e “non peggiora-no l’Italia rendendola un Paese più volgare e immorale, meno giusto e civile” (79%).Con tutto ciò, il 31% è certo che – pur con diverse eccezioni – l’imma-

I giudizi delle donne sui mezzi di comunicazioni di massa

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L’inchiesta

la sua complessiva ‘verità’, cioè per il “parlare spesso dei veri problemi e delle difficoltà quotidiane delle donne” (86%) e per il “raccontare storie vere di tanti tipi di donne diverse” (41%), “spesso normali, non perfette” (41%). Nel contempo esso non è solo do-cumentazione della realtà ma anche – senza pari – dream maker, con la sua straordinaria capacità di “aiutare le donne a sognare, a evadere dalla realtà quotidiana” (63%).Certo, il cinema “le aiuta raramente a fare scelte informate (nella vita, nei consumi, ecc.)” secondo l’88%; “a vi-vere meglio in famiglia, con il partner, con i figli” (81%); “a sentirsi migliori, più autonome e sicure di sé” (75%). Ma aiuta o può “aiutare gli uomini a capire come sono davvero le donne” (67%); avrà pure un basso contenuto di servizio nei problemi quotidiani ma ha anche smesso di “proporre quasi solo donne giovani, belle e attraenti” (68%), di “presentarle quasi solo come oggetto d’interesse sessuale” (73%).In fondo, solo per il 22% “sta dalla parte delle donne” – pur se il 33% delle ‘lei’ afferma che descrive il va-lore e le capacità delle donne – ma almeno “non le rende più ansiose e infelici” (75%), “non contribuisce alla cattiva educazione delle ragazze, delle giovani” (77%), “non peggiora l’Italia rendendola un Paese più volgare e immorale, meno ingiusto e incivile”, diversamente dalla tv e dalla pub-blicità (86%). In conclusione, il 34% delle italiane risulta critico nei confronti dell’immagine prevalente delle donne trasmessa dal cinema; il 17% la giu-dica ambivalente; il 49% si dice sod-disfatto (il 18% abbastanza e un ben maggiore 31% molto o moltissimo).Con un’aggiunta: le fan si trovano maggiormente tra le 25-34enni, le laureate, le impiegate e le insegnanti, le singles con o senza figli, le resi-denti nell’‘Italia di mezzo’ racchiusa tra le due linee che uniscono Pia-cenza e Ravenna a nord e Pescara e Cagliari a sud.

Giornalisti e pubblicitarifustigatori accomodantiQual è la posizione dei giornalisti e dei comunicatori commerciali circa tutto

...rende le donne più ansiose e infelici

Tv

Pubblicità

Cinema

Periodici

Quotidiani

14,8*

11,9

8,6

7,6

5,0

42,5 %

34,0 %

24,5 %

21,8 %

14,3 %

...non parla quasi mai dei veri problemi, delle difficoltà quotidiane delle donne

Pubblicità

Tv

Periodici

Cinema

Quotidiani

18,6*

13,5

8,0

6,4

6,4

53,3 %

38,6%

22,9 %

18,5%

18,4 %

...presenta le donne quasi solo come oggetto di interesse sessuale

Pubblicità

Tv

Cinema

Periodici

Quotidiani

20,0*

18,9

9,5

7,1

3,5

57,3 %

54,2 %

27,3 %

20,4 %

10,0 %

gine delle donne comunicata oggi dai settimanali e dai mensili italiani sia negativa; il 18% la reputa ambi-valente; il 49% si dice soddisfatto (il 18% abbastanza e il 31% molto o moltissimo): e la soddisfazione è maggiore tra le 25-34enni, le laure-ate, le impiegate e le insegnanti, le

‘lei’ senza un partner, le residenti tra la linea Piacenza-Ravenna a nord e quella L’Aquila-Cagliari a sud.

Il cinema rappresentastorie vere e reali Dalle italiane 18-60enni il cinema è re-putato leader tra tutti i mass media per

I giudizi delle donne sui mezzi di comunicazioni di massa

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14 Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

ciò? L’analisi dei dati disaggregati del-la seconda ricerca mostra che, seppur con talune eccezioni, sia gli uni sia gli altri condividono il severo giudizio delle italiane. Ecco qualche esempio, cominciando dalla pubblicità:• è pressoché unanime (tra il 95% e il 97% dei tre gruppi sociali) la convinzio-ne che l’adv non descriva il valore e la capacità delle donne, non rappresenti le donne realisticamente, non racconti storie vere di tanti tipi di donne diverse, non le aiuti a sentirsi migliori, più auto-nome e sicure di sé oltre che a vivere meglio in famiglia, col partner, coi figli• l’81% delle donne e dei pubblicita-ri (versus l’88% dei giornalisti) si dice certo che essa spesso non aiuti affatto le donne a fare scelte informate e con-sapevoli nella vita, nei consumi, ecc.

• marcate differenze riguardano in-vece sia la convinzione che l’adv contribuisca alla cattiva educazione delle ragazze, delle giovani (lo pen-sa il 51% delle donne, il 40% dei giornalisti e il 35% dei comunicatori professionali); sia la certezza che “la pubblicità peggiori l’Italia rendendola un Paese più volgare e immorale, meno giusto e civile” (42% delle donne, 28% dei giornalisti, 21% dei pubblicitari e affini).Per quel che riguarda il cinema, i film, sia le italiane, sia i giornalisti, sia i co-municatori ne descrivono identica-mente (63%) la capacità di aiutare le donne a sognare e ad evadere dalla realtà quotidiana, rappresentando anche donne normali e dunque non perfette (56% dei giornalisti, 52% dei

• essa propone quasi solo donne gio-vani, belle e attraenti per il 78% dei pubblicitari e affini e per il 74% dei giornalisti: le donne lo pensano addi-rittura un po’ meno (68%)• il 61% dei giornalisti e il 54% dei pub-blicitari ecc. afferma che l’advertising presenta le donne quasi solo come oggetto sessuale (le interessate si col-locano al 59%)• il 64% dei giornalisti, il 60% dei comu-nicatori commerciali e un quasi identico 59% delle donne critica il fatto che essa non parli quasi mai dei veri problemi e delle difficoltà quotidiane dell’universo femminile• valori di consenso quasi identici (at-torno al 59%) riguardano l’affermazione “la pubblicità non aiuta gli uomini a ca-pire davvero come sono le donne”

Intelligenti, capaci di ragionare Allegre, vitali

Attive, impegnate (nel lavoro,in casa, con i figli, ecc.) Autonome, indipendenti Valide, positive

Simpatiche, divertenti Moderne, evoluteVere, reali

Ottime madri

67,7 % 54,1 %

60,1 % 53,5 % 46,7 %

55,0 % 46,6 %50,7 %

50,6 %

12,8 % 21,7 %

27,0 % 20,1 % 11,6 %

17,3 % 29,1 %7,1 %

15,7 %

29,8 % 22,1 %

32,1 % 32,5 % 20,1 %

30,0 % 34,2 %12,4 %

19,0 %

28,3 % 14,1 %

32,7 % 32,1 % 21,2 %

15,9 % 32,3 %12,5 %

12,6 %

14,8 % 25,0 %

11,0 % 15,6 % 13,1 %

27,0 % 20,4 %7,5 %

4,8 %

Le CaratterIstIChe Con CuI sI vorrebbe Che fossero Presentate oggI Le donne In ItaLIa e Come aPPaIono In effettI neI medIa

auspicate pubblicità film in tv, cinema quotidiani / riviste / tg / dibattiti in tv spettacoli televisivi

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15Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

comunicatori professionali, 44% delle donne), raccontando storie vere di tanti tipi di donne diverse (65% dei pubblicitari ecc., 59% dei giornalisti, 44% delle italiane). Qui le critiche alla proposta quasi esclusiva di donne giovani, belle e attraenti, oltre che og-getto quasi esclusivo d’interesse ses-suale, risultano del tutto minoritarie (ma più forti tra le italiane 18-60enni che tra i giornalisti e i comunicatori commerciali): nell’insieme emerge una maggiore capacità dei film di de-scrivere le donne come sono davvero (38% dei giornalisti, dei pubblicitari, ecc. ma solo 19% delle interessate), con una cospicua abilità (riconosciuta da oltre l’80% dei tre gruppi) di parlare spesso dei veri problemi, delle diffi-coltà quotidiane delle donne.

La televisione è oggetto di un’aspra critica collettiva, almeno per quel che attiene a tutto ciò che non è informa-zione giornalistica e trasmissioni di dibattito e approfondimento. Infatti circa il 70% - senza grandi differenze - la critica in quanto proponente quasi solo donne giovani, belle e attraenti; la grande maggioranza sostiene sia che essa contribuisce alla diseducazione delle giovani (si va dal 66% delle ita-liane al 73% dei giornalisti e al 77% dei pubblicitari, ecc.), sia che essa peggiora il nostro Paese rendendolo più volgare e immorale, meno giusto e civile (secondo il 66% delle italiane, il 79% dei comunicatori commerciali e l’81% dei giornalisti). In più, circa il 60% dei tre gruppi sociali è severo con l’entertainment televisivo poiché

non aiuta gli uomini a capire come sono davvero le donne, contribuen-do tra l’altro a rendere queste ultime più ansiose e infelici (48%: oppure qui senza disparità alcuna tra i tre sub-campioni).In effetti, solo l’informazione giornali-stica in televisione, sui quotidiani e nei periodici riesce a rendere conto - sep-pur parzialmente - della variegatezza dell’universo femminile (lo pensa il 48% delle italiane, il 40% dei gior-nalisti e solo il 32% dei pubblicitari ecc., così come del loro attivo impe-gno (38% senza cospicue differenze), della loro modernità evolutiva (si va dal 35% delle donne al 40% dei gior-nalisti sino al 42% dei comunicatori professionali) e della loro autonomia e indipendenza (32% in tutti i casi).

Dolci, tenere Anche brutte ma di valore Tradizionali

Calde, ricche di umanità Impegnate a favore degli altrinel volontariato Fragili, incerte

Forti, sicure di sè Sensuali, seduttive Di tanti tipi diversi

45,5 % 27,8 % 15,2 %

42,1 % 27,5 % 6,5 %

45,6 % 41,6 % 25,6 %

11,8 % 4,4 % 5,4 %

6,9 % 8,4 % 7,7 %

24,2 % 51,6 % 24,9 %

23,5 % 20,7 % 12,5 %

16,8 % 12,3 % 28,4 %

34,3 % 52,4 % 50,3 %

8,9 % 19,5 % 12,9 %

11,7 % 21,1 % 16,0 %

27,9 % 30,0 % 42,0 %

8,6 % 8,6 % 4,9 %

7,3 % 4,6 % 16,8 %

19,1 % 44,3 % 29,4 %

Le CaratterIstIChe Con CuI sI vorrebbe Che fossero Presentate oggI Le donne In ItaLIa e Come aPPaIono In effettI neI medIa

auspicate pubblicità film in tv, cinema quotidiani / riviste / tg / dibattiti in tv spettacoli televisivi

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16 Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

Più in dettaglio, i quotidiani vengono apprezzati per la loro capacità di de-scrivere il valore e le skills delle don-ne (lo pensa il 47% di queste ultime e dei giornalisti e il poco maggiore 52% dei pubblicitari ecc.), di descri-verle come sono davvero (44% delle italiane, 45% dei giornalisti e 41% dei pubblicitari ecc.), di aiutarle fre-quentemente a fare scelte informate consapevoli nella vita, nei consumi, ecc. (ma qui con differenze molto for-ti: si va dal 65% dei giornalisti al 53% dei comunicatori professionali sino al molto più basso 37% delle donne). I periodici risultano vincenti nel parlare spesso dei veri problemi, delle diffi-coltà quotidiane delle donne (82% dei comunicatori professionali e dei gior-

nalisti e 77% delle italiane); per quel che attiene al frequente sostegno alle donne nel fare scelte informate e con-sapevoli nella vita, nei consumi, ecc. (lo pensa il 54% dei pubblicitari ecc., il 51% dei giornalisti e il minore 37% delle donne); nel raccontare storie ve-re di tanti tipi di ‘lei’ diverse (44% dei giornalisti, 35% dei pubblicitari e affini, 32% delle donne); nell’aiutarle a vivere meglio in famiglia, col partner, coi figli (36% dei giornalisti, 33% dei comu-nicatori professionali, 30% delle don-ne), il tutto contribuendo assai poco alla diseducazione delle ragazze (solo 18% delle donne e dei pubblicitari e un ancora minore 14% dei giornalisti), senza peggiorare il Paese rendendolo più volgare e immorale, meno giusto

e civile (92% dei giornalisti, 84% dei pubblicitari ecc., 81% delle donne). In definitiva, al di là di alcune differenze non irrilevanti, viene universalmente condiviso il profondo disagio femmi-nile circa la non rappresentazione o la misrapprentazione delle donne in Italia da parte anzitutto della televisione e della pubblicità, meno ma sempre in misura significativa da parte del gior-nalismo radio-televisivo e stampa, un po’ da parte del cinema. L’autodifesa e l’autoidealizzazione dei giornalisti e dei pubblicitari e affini risulta assai modesta, spesso quasi inesistente: è come se ormai l’intera società italiana fosse consapevole della pericolosa deriva del sistema della mass com-munication.

• anche brutte ma di valore

• fragili, incerte

incompetenti, incapaci •

intelligenti, capaci di ragionare •

calde •ricchedi umanitàtradizionali •

• di tanti tipi diversi • valide, positive

• vere, reali

• ansiose, nevrotiche• simpatiche, divertenti

allegre, vitali

sciocche, stupide

•• esagerate, volgari superate,

• non come sono oggi

• spettacoli televisivi

• film in tv/cinema incapaci di vivere senza un • uomo che le guidi

• false, finte

• sensuali, seduttive

• fredde, distanti

• autonome,

indipendenti

dolci, tenere • •

forti, sicure di sè•

moderne,evolute

•troppo perfette,idealizzate

pubblicità •

•impegnate a favore

degli altri, nel volontariato

attive, impegnate• (nel lavoro, in casa, con i figli, ecc.)

• ottime madri

fragILItà

forza

so

sta

nz

a

su

Pe

rfIC

IaLItà

•quotidiani/riviste/tg/dibattiti in tv

La mappa qui sopra è costruita sulla base dell’analisi delle corrispondenze e mostra il diverso posizionamento delle forme di comunicazione di massa prese in considerazione. Tale mappa è la rappresentazione su un piano definito da due assi cartesiani: quello orizzontale va dal polo a sinistra (vicino al quale si trovano le caratteristiche di “sostanza” delle donne) all’opposto polo a destra (vicino al quale si trovano le connotazioni connesse alla superficialità, alla volgarità, alla stupidità, all’incompetenza, ecc. delle donne), quello verticale che vede il polo superiore (quello della debolezza e dell’incapacità femminili) contrapposto a quello inferiore

(vicino al quale si trovano le connotazioni di abilità e impegno in casa, fuori casa, nella società). In sintesi: l’entertainment televisivo (in alto a destra) racconta donne divertenti ma cretine, esagerate e volgari, incompetenti e del tutto finte. La pubblicità in prevalenza descrive donne troppo perfette, seduttive ma algide, idealizzate e false. Il cinema si presenta come più variegato e vicino alla realtà, in parte ambivalente appunto perché tanti e distinti sono i tipi di donne messe in scena. I quotidiani, i periodici, i telegiornali e i dibattiti televisivi raccontano meglio di tutti la capacità, l’autonomia, l’impegno, l’umanità (ma anche la tradizionalità) di tante italiane oggi.

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17Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

non è (più) un lavoro per uomini. Molto tempo è passato e molte cose sono cambiate dai tempi di Bian-ca Maria Piccinino, la prima storica conduttrice del TG1, in coppia con Emilio Fede. Da allora le giornaliste televisive si sono guadagnate, con impegno, fatica e professionalità, un ruolo di primo piano nell’informazio-ne e nella tv italiana. Lo si nota da un veloce zapping tra i canali e lo rivelano i numeri diffusi dalle emit-tenti e dall’attenta opera di monito-raggio promossa da Comunicazione Perbene, l’associazione non profit per l’ecologia della comunicazione fondata dal sociologo Saro Trovato. L’indagine ha monitorato i palinsesti di Rai, Mediaset e La7 nel periodo

Giornaliste in tv...avanti tutta

di Natascia Gargano e Luciana Grosso

Il canale televisivo con più donne in redazione è sky (le giornaliste sono il 51,57%), la più maschile è la rai. sulle reti mediaset spopolano le conduttrici. non mancano, in lombardia, significativi casi di redazioni o spazi femminili

daTI e commenTI sulle donne In Tv

tra il 1° febbraio e il 1° marzo 2010. Il risultato è stato notevole: i volti femminili, di giornaliste ma non solo, hanno occupato il video come pro-tagoniste o conduttrici per 35 ore e 45 minuti al giorno. Minor spazio per i colleghi uomini, cui sono spettate solo 29 ore e spiccioli. Tra i canali in chiaro, il titolo di “televisione più rosa” spetta alle reti Mediaset e in particolare Canale 5, in assoluto, si afferma come “la rete più femmini-le” (aiutata anche dalle onnipresenti Maria de Filippi e Barbara d’Urso, in video sei giorni su sette). La Tv che, invece, ha una maggior presenza di giornaliste donne nel proprio orga-nico redazionale è Sky che, almeno nei numeri, ha superato i maschi (il

mediaset, il “potere” delle conduttrici

45%

55%

Donne

Uomini

29 ore al giornolo spazio occupato da giornalisti e conduttori maschi in Tv

35 ore e 45 minuti al giornolo spazio occupato dalle giornaliste e conduttrici donne in Tv

67 Donne

51,57%

sky, la redazione più femminile

48,43%61 Uomini

51,57% donne) tallonata da La7 (il 48,2% donne) mentre la più maschile è la Rai (le giornaliste donne sono solo il 37,60%).

donne e tv, rapporto difficile Eppure difficilmente un dato, sep-pur rilevante, può dare per risolto il problema delicato del ruolo del-le donne in tv. Da anni si discute dell’uso del corpo delle donne nelle trasmissioni televisive. I numeri dello studio condotto da Astra Ricerche “L’immagine delle donne trasmessa in Italia secondo le donne, i giornali-sti e i comunicatori” che ha provato a guardare la tv con gli occhi delle telespettatrici, parlano chiaro: la tv dà una rappresentazione a dir poco

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18 Tabloid 3/ 2010

L’inchiesta

distorta dell’immagine femminile.«Bisogna pensare prima di tutto a come è cambiata la rappresentazio-ne della donna nel tempo - spiega Valeria Gandus, inviata di Panorama - negli anni ‘70 portare la minigonna o adottare il nude look era rivoluziona-rio, era contro l’immagine dell’epoca. Era il segno di un cambiamento inte-riore. Anche allora i media coglievano questa immagine e la trasmettevano, ma con curiosità. Un precursore, non

so quanto consapevole, della televi-sione di oggi – continua - fu Arbore con le sue ragazze Coccodè, a In-dietro Tutta!, tra l’87 e l’88. Pensate a programmi di oggi stile La pupa e il secchione: il modello è lo stesso, ma almeno quelle di Arbore erano galline finte, queste sono vere». Ma, nella lettura della Gandus, non è la sola televisione ad avere colpe: «In pub-blicità è ancora peggio, penso alle donne-guerriere che scimmiottavano

gli All Blacks in uno spot automobi-listico di qualche anno fa. Un’idea semplicemente ridicola che si spiega solo se se pensata da un uomo». Su come si può rappresentare in modo differente la donna in copertina o in Tv interviene Paola Manzoni, capore-dattore del mensile musicale Rolling Stone: <Non ci capita spesso di met-tere donne in copertina, ma il canone estetico non è certo il solo e unico criterio su cui puntare. Il nostro gior-nale ad esempio ha messo in coper-tina Beth Ditto (la voce dei Gossip, ndr) fotografata da Oliviero Toscani, dimostrando che si può fare una bella cover anche con una over size. E più recentemente abbiamo messo Elisa in versione contadino-naturalistica>.Come dire, insomma, che i periodici trattano la donna in modo più vero e naturale di quanto faccia invece l’ar-tefatta televsione. A questo proposito il documentario “Il corpo delle donne “ di Lorella Zanardo, cliccatissimo in rete e da poco diventato anche un libro, ha rappresentato con effica-cia le dinamiche con cui l’immagine femminile viene restituita dalla tv. In un montaggio di 25 minuti, questa manager milanese prestata al docu-film ha indagato l’uso mediatico del corpo della donna, convinta che «le donne, le donne vere, stiano scom-parendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante: un ve-ro pogrom di cui siamo tutti spettatori silenziosi». Una polemica aperta che

Donne48,2%

La7, la tv delle pari opportunità

51,58%Uomini

rai, la rete più maschile

37,60%

62,40%

Donne

Uomini

dIPendentI raI, In rosa soLo I redattorI ordInarI

Qualifica Donne Uomini

Direttori Giornalistici 2 14

Condirettori Giornalistici 0 1

Vice Direttori Giornalistici 3 33

Capi Redattori Centrali 1 11

Capi Redattori 57 223

Vice Capi Redattori 59 120

Capi Servizio Giornalistici 106 166

Inviati Speciali 27 62

Redattori Ordinari 503 454

Contratti Vari -Giornalisti 7 7

Corrispondenti Da Capoluogo Di Provincia 1 10

Pubblicisti 1 0

Telecineoperatori Coordinatori 0 12

Telecineoperatori Inviati 0 21

Telecineoperatori 2 142

Totale 769 1276

Fonte: Rai

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19Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

lo scorso inverno ha anche raggiunto le istituzioni. Gabriella Cims, coordi-natrice dell’Osservatorio Direttiva UE Servizi di Media Audiovisivi insediato dal viceministro delle Comunicazioni, si era fatta ambasciatrice di un ap-pello a Paolo Romani, viceministro dello Sviluppo Economico, Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e Paolo Garimberti, presidente in ca-rica della Rai. «Il servizio pubblico – recita il do-cumento in merito alle modifiche proposte per il nuovo Contratto di servizio pubblico radiotelevisivo – ha un’occasione da non mancare: evitare di condire ogni contesto di trasmissione televisiva con un pezzo di carne di donna. Perché è di que-sto che si tratta quando accanto al conduttore di turno, che in genere incarna l’autorevolezza, si espone una forma corporea femminile della cui testa il più delle volte nulla è dato sapere». L’appello si conclude con l’auspicio a «iniziare un nuovo corso dell’immagine femminile nel servizio pubblico» richiamandosi con forza alla Costituzione, «i cui articoli 3, 51 e 117 impongono alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che limitano l’uguaglianza anche dei sessi».

Flavia Filippi e Pina Debbi, vice diret-tore di speciali e dirette). Nel servizio pubblico su 1276 giornalisti assunti in tutta Italia, 769 sono donne. Ma se il rapporto è di circa 50/50 a livello di redattore ordinario con leggera pre-valenza femminile, la forbice si allarga sostanzialmente salendo nella scala gerarchica. Per citare alcuni dati: solo due donne sono direttori, contro i 14 colleghi uomini; tre vicedirettrici con-tro 33 vicedirettori; 57 capiredattori donne contro 223 uomini e una sola caporedattrice centrale. Secondo Margherita Acierno, giornalista che da anni si occupa di televisione, in particolare di digitale e nuove tec-nologie, per Prima Comunicazione e per Tv Talk, lo show-magazine di Rai Educational, nel panorama del-le redazioni italiane «ci sono pochi,

La giornalista italoinglese

Barbara Serra, un volto e una voce fuori dal coroDall’Italia è andata via a sette anni, non certo per scelta sua. L’adolescenza in Danimarca, poi il trasferimento a Londra e la passione per il giornalismo ad accompagnarla. Oggi Barbara Serra sta per compiere 36 anni e ha già lavorato nelle redazioni londinesi di BBC, Sky News e Five News, prima di approdare ad Al Jazeera English. Anchorwoman ma non solo: un anno fa era fra i cronisti al seguito di papa Benedetto XVI nel suo viaggio in Medio Oriente. In Italia i telespettatori la possono vedere a Tv Talk, su Rai 3, dove Barbara è la “corrispondente” dalla capitale britannica. Le sue idee sul nostro Paese sono chiare: «Posto che siamo indietro di 20 anni, mi sembra che donne serie, competenti e preparate nel piccolo schermo ci siano. Penso a Bianca Berlinguer, Monica Maggioni, Tiziana Ferrario». Il “velinismo”, «un aspetto tutto italiano», è condannato senza appello, ma il volto di Al Jazeera precisa: «Ciò

non significa che l’aspetto estetico in tv non conti. Solo che la bellezza non c’entra, è una questione di stile, una caratteristica fondamentale anche per gli anchorman». Quindi basta parlare di insidie tutte al femminile: «Perché nessuno chiede ad Alessio Vinci se il suo aspetto fisico l’ha aiutato ad arrivare alla CNN e a Matrix? Eppure è indiscutibilmente un bell’uomo, ma è evidente che il successo è dato dalla bravura». Si chiama merito ed è una parolina semplice semplice: «Negli Stati Uniti Katie Couric della Cbs è il mezzobusto più pagato, 15 milioni di dollari l’anno, mentre Diane Sawyer della Abc guadagna poco di meno. Non sono ragazzine, hanno 53 e 65 anni». Anche dove la donna vive in condizioni più difficili, il giornalismo premia le qualità: «Basta guardare i tg in arabo di Al Jazeera per vedere moltissime colleghe sul campo. E sono lì, in prima linea, dove si rischia la vita».

•L’inviata di Panorama, Valeria Gandus (a sinistra) e la direttrice di Novella 2000, Candida Morvillo.

direttori uominiconduttori donnaUna diatriba in cui un ruolo chiave non può che essere quello giocato dalle giornaliste. A sbirciare nelle redazioni parrebbe che tra uomo e donna regni la par condicio: svetta Sky con 67 giornaliste donne e 61 maschi, a Mediaset su 330 giornali-sti, 150 (ossia il 45% del totale) sono donne. Il 35% di queste occupa una posizione di rilievo, da capo servizio in su (basti citare le posizioni delle celebri Cesara Buonamici e Annalisa Spiezie). Ancora più “rosa” la situa-zione a La7: le donne giornaliste sono 46 su un totale di 95. La percentuale è del 48% (qui sono donne, solo per citarne alcune, il capo degli esteri Gabriella Caimi, quello della politica Gaia Tortora, quello della cronaca

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20 Tabloid 3 / 2010

pochissimi direttori donna, se si escludono le riviste femminili. Tante freelance, molte redattrici, ma ancora poche figure direttive. In tv, poi, non ne parliamo. La professione è ancora in mano agli uomini: sono bravi, ma troppo attaccati al ruolo e al potere, troppo aggressivi».Se le poltrone dirigenziali sono an-cora ampiamente occupate dagli uomini, la conduzione televisiva è in buona parte femminile: 178 ore di conduzione settimanale alle donne, 155 agli uomini. Anche in contesti televisivi tradizionalmente maschili, le donne stanno imponendo la lo-ro capacità e autorevolezza: basti pensare a Paola Ferrari, signora del calcio targato Rai, alla sua omologa Monica Vanali su Italia Uno, ancora

a Maria Leitner di TG2 motori, o alle numerose inviate di guerra o infine a Lilli Gruber dell’Otto e mezzo post Ferrara. Significativo, inoltre, è il fatto che tra le “Signore Grandi Ascolti” della quotidiana battaglia dell’Auditel molte sono giornaliste: Lucia Annun-ziata (unica giornalista donna che ha occupato la carica di presidente Rai), con il suo In 1/2 ora, Daria Bignardi con L’era glaciale (versione Rai del già fortunato Le Invasioni barbariche su La7), Ilaria D’Amico e il suo Exit, fino a Milena Gabanelli con Report e Federica Sciarelli conduttrice di Chi l’ha visto?. E forse non è neppure un caso che dieci giornaliste donne ex inviate in Iraq abbiano ricevuto dall’al-

L’inchiesta

•Maria Luisa Busi (in alto) e Tiziana Ferrario, le giornaliste che hanno capeggiatola rivolta al Tg1.

•Nutrita presenza femminile nella redazione di Cnbc, la tv digitale di finanza ed economia del gruppo Class: in alto a destra Jole Saggese (caposervizio), sopra Valeria Patané e, a sinistra Mariangela Pira (vice caposervizio).

Le firme di Key4biz

Solo la bellezzafa audience?

Lo scorso novembre Gabriella Cims (in foto), coordinatrice dell’Osservatorio Direttiva UE Servizi di Media Audiovisivi presso il Ministero dello Sviluppo Economico, ha scelto il sito Key4biz,

portale tutto dedicato alle telecomunicazioni, media e internet, per pubblicare l’articolo “Solo la bellezza fa audience?”. Messaggio chiaro e inequivocabile, diretto in primis alla Rai, in occasione del rinnovo del contratto di servizio. Con tre richieste: la trasmissione, nella tv pubblica, di programmi ad hoc sulla vita reale delle donne; l’emendamento del contratto di servizio; l’adozione di un Codice di Autoregolamentazione Media e Donne e l’insediamento di un Comitato ad hoc che ne monitori l’effettiva applicazione. Dopo l’articolo di Gabriella Cims, ecco l’appello di 32 donne alle istituzioni, e poi la raccolta firme su Key4biz, che da mesi porta avanti la battaglia. «Abbiamo avuto la risposta del Presidente Napolitano – spiega il creatore e direttore del portale Raffaele Barberio (in foto) – ma non solo. Dalla raccolta firme è nato un workshop con il ministro Scajola e tutti i vertici Rai, si è discusso in Commissione di Vigilanza e nelle commissioni parlamentari. Il prossimo passo è la nascita del Comitato. Perché questa è un’iniziativa che non può morire con una semplice denuncia».

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21Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

lora capo delo Stato, Carlo Azeglio Ciampi, la nomina di cavaliere: Vera Baldini, Giovanna Botteri, Gabriella Caimi, Maria Cuffaro, Tiziana Ferrario, Lilly Gruber, Monica Maggioni, Mimo-sa Martini, Anna Migotto e Gabriella Simoni.Tuttavia, in forza del disagio avver-tito dalle telespettatrici testimoniato da Astra Ricerche, non si può fare a meno di chiedersi se il mero dato quantitativo di ore di presenza in tv o alti riconoscimenti ottenuti sul campo siano sufficienti per archiviare la que-stione sulla rappresentazione della donna sul piccolo schermo.Anna Praderio, caporedattrice degli spettacoli al Tg5, lo racconta chiac-chierando poco prima di un’intervi-sta: «Lo stereotipo che si ha del lavo-ro di giornalista è spesso maschile. Ma è un errore. L’essere donna non toglie nulla al mestiere per quel che riguarda impegno, cocciutaggine, forza e caparbietà. Anzi semmai lo arricchisce, som-mando a queste qualità le carat-teristiche femminili di sensibilità e introspezione. Va anche detto che sono molte le donne che proprio per la professione mettono in secondo piano la loro vita privata. Soprattutto lavorando in un tg o in un quotidiano

si è molto legati all’attualità, con ora-ri che comprensibilmente diventano imprevedibili, spesso molto lunghi. La cronaca non bada a feste co-mandate, a domeniche o ad altri impegni, magari con i propri fami-liari». Una lettura simile, seppure da ben più lontane latitudini, quella di Barbara Serra, anchor woman di Al Jazeera English. «Nessuna di noi si risparmia: basta guardare al-le moltissime colleghe sul campo, spesso in contesti di guerra, dove si rischia la vita». Un lavoro diffici-le, in cui le chiacchiere (e non solo quelle) contano poco: «La bellezza non c’entra, è una questione di stile, basti pensare alle colleghe di 50 e 60 anni, Katie Couric della Cbs o Diane Sawyer della Abc: volti po-polarissimi, pagati milioni di dollari. Il loro aspetto, ne sono certa, non c’entra». Opinioni discordi arrivano dalla car-ta stampata. Valeria Gandus dubita che l’aspetto conti poi così tanto: «Essere donna è stato ininfluente, credo. Ma è anche vero che io ho scelto la carriera di quella che scri-ve». La femminilità è invece un valore aggiunto per Candida Morvillo, di-rettrice di Novella 2000: «Per quan-to riguarda il mio settore, ma credo

per il giornalismo in generale, essere donna è un vantaggio perché noi ab-biamo più sesto senso, più intuito, qualità molto utili perché aiutano a capire gli umori delle persone. Per questo aspetto di vedere una donna dirigere un grande quotidiano italiano. Non è ancora successo, ma ci stiamo arrivando».

Clelia Pallotta, componente del Consiglio superiore della Comunicazione

Donne discriminate? E’ una questione maschileIl Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai per il triennio 2010-2012 negli ultimi mesi è stato al centro di un appassionante dibattito. L’appello di Gabriella Cims, il sostegno e l’iniziativa di molte altre donne, lo spazio offerto dal sito Key4Biz, l’adesione del Presidente della Repubblica, l’eco dei media, mi hanno fatto pensare che dopo tanti anni, tante parole e rarissimi mutamenti, ci potesse essere un modo semplice per rendere più rispondente al vero la rappresentazione delle donne in televisione. Nel testo firmato dal viceministro, mandato al parere obbligatorio ma non vincolante del Consiglio superiore della comunicazione, le parole donna e donne ci sono però spesso prive di autonoma evidenza, mescolate a fasce deboli, infanzia, problematiche sociali, bisogni e disgrazie. In questo modo il testo avvalla

la rappresentazione gregaria e mutilante che pure si propone di sanare. Tutte le ricerche parlano del primato femminile in tutti gli ambiti in cui conta il merito, se la presenza femminile fosse mostrata per quella che è nella realtà non ci sarebbe bisogno di salvaguardare niente. Abbiamo chiesto, come CSC, che nel Contratto fosse data autonomia alle tematiche riguardanti le donne, perché se è vero che un problema c’è non è di debolezza. Certo ci sono donne vittime di violenza, molte fanno i conti con il discrimine rispetto al lavoro e alla carri era, però questo a ben guardare rimanda alla questione maschile, che in fondo è la vera questione.

Clelia Pallotta

•Sopra a sinistra Anna Praderio, caporedattore spettacoli di Tg5, a destra, Margherita Acierno, conduttrice di Tv Talk, show magazine di Rai Educational e, a sinistra, Paola Manzoni, caporedattore a Rolling Stone.

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22 Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

I casi in LombardiaDal panorama nazionale a quello regio-nale. In Lombardia non sono poche le redazioni rosa. Succede, ad esempio, in due realtà completamente diverse, dove particolari competenze tecniche e dialettiche sono d’obbligo. Una è Class Cnbc, il canale digitale live di finanza e di economia, l’altro è C6.tv, l’esperimento di web tv dalle grandi città. Negli studi milanesi di Class Cnbc, ben quattro mezzibusti sono donne, con moltissime ore di diretta al giorno. Una delle anchorwoman è Mariangela Pira, carriera folgorante e un gran rifiuto a Bloomberg Tv dopo la bellezza di dieci colloqui superati: «Ma proprio nello stesso periodo ho avuto la possibilità di lavorare con il ministro degli esteri Frattini, da giornalista, nei suoi giri per il mondo. Così dalle news economiche mi so-no ritrovata in Afghanistan e Libano con telecamera al seguito». In questo caso essere donna ha contato non poco: «Ci sono mogli o figlie che non si sognerebbero mai di parlare di certe cose con gli uomini. Io in un mese in Afghanistan sono riuscita a toccare argomenti delicatissimi che non sa-rebbero mai stati confidati a un collega uomo». Anche Valeria Patané non nega van-taggi e svantaggi della condizione femminile, ma punta il dito contro il “fuoco amico”: «Chiaramente in te-levisione se sei carina hai un piccolo vantaggio. Questo non vuol dire pe-rò doversi sentire snobbata dalle tue

stesse colleghe della carta stampata. A volte succede, ed è la cosa che mi fa infuriare di più, basterebbe leggere un curriculum per capire la verità». Per Jole Saggese, caposervizio nella tv finanziaria: «Il vero problema nel no-stro mestiere non è il sesso, ma il fatto di essere un mondo tutto particolare, senza meritocrazia, senza dinamiche certe. Puoi fare una gavetta lunghis-sima e poi arriva uno che in un attimo ti ruba il posto. In questo non vedo proprio differenze di genere, può ca-pitare a tutte e a tutti». Nell’universo femminile di Class Cnbc c’è anche la stakanovista Marina Vale-rio: «Copro mediamente sei-sette ore di palinsesto live da oltre 10 anni, non so chi altro tenga un ritmo del genere in Italia! Senza contare che, alla fine, si lavora anche prima e dopo la diretta. E così a volte vengono fuori turni da 10-12 ore». Anche se in chiusura una riflessione: «Mi rendo conto che se avessi una famiglia, con dei figli da crescere, tutto questo non sarebbe sostenibile».Dalle dirette sui mercati finanziari di Class Cnbc alle cronache sul campo di C6.tv, dove non ci sono uomini a girare per la città come trottole, con computer, telecamera e microfono. Perché nel mondo C6.tv la giornali-sta è anche operatore: «Siamo tut-te donne ma facciamo un lavoro da uomini – dice Federica Giordani, una delle inviate – questo incuriosisce molto i colleghi. All’inizio è stata dura, cameraman e fotografi sono pratica-

mente tutti uomini, molto più grossi di noi e aggressivi». Un mondo che sembra girare a rovescio: «Qui forse c’è sessismo all’incontrario. Marco Di Gregorio, il nostro direttore, preferi-sce le ragazze. Forse perché questo lavoro porta ad occuparsi di più cose alla volta e secondo lui le donne sono più multitasking. A Milano in crona-ca ci sono tantissime colleghe, e sul campo sono delle vere iene. Succede anche a me, quando lavori stacchi la parte femminile e dolce e pensi solo a portare a casa il risultato». In realtà qualche collega maschio a C6.tv c’era, ma «abbiamo resistito solo noi», ride Claudia Bellante, altra web cronista d’assalto. Anche per lei, essere donna conta po-co: «Il razzismo non è di genere, nel nostro mondo. Non è legato a essere donna o uomo. Io faccio esattamente quello che fa la troupe Rai, però da so-la. E a volte mi guardano male perché sono “piccola”, con la telecamerina. Vai in giro con fotografi e cameraman, corri altrettanto, porti gli stessi pesi. e di certo non c’è tempo per essere sexy e seducenti». Certo, un vantaggio in effetti c’è: «Siamo agevolate nel rac-cogliere le voci per strada, specie con le vecchiette e con i ragazzi. In questo caso un po’ di disponibilità in più non dispiace affatto».

•Due immagini della redazione di C6Tv, la webTv dove le giornaliste sono tutte donne.

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23Tabloid 3 / 2010

L’inchiesta

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28 Tabloid 3 / 2010

che quando comincerà il procedi-mento di secondo grado la “pena” sarà già stata scontata. E allora?

“Sospensiva”Allora è possibile che venga ricono-sciuta la cosiddetta “sospensiva”: un provvedimento che sospende l’effet-to immediatamente esecutivo della sentenza di primo grado (e dunque della sanzione).

La decisione di concedere o meno la “sospensiva” all’esecutività della sentenza spetta al Consiglio regiona-le stesso al momento di emettere la sanzione, oppure al Consiglio Nazio-nale dopo la presentazione del ricor-so da parte del collega sanzionato ma prima del giudizio di merito. La “sospensiva” può essere dichia-rata su richiesta del giornalista ma anche d’ufficio.

L’angolo della legge

L’abbiamo fatto solo cinque volte.In tre anni di procedimenti disciplina-ri, solo in cinque occasioni abbiamo ritenuto di dover applicare la sanzio-ne della sospensione, la seconda in ordine di gravità (la radiazione, che è la prima, mai!). Tre casi hanno riguardato colleghi professionisti, decisioni prese sem-pre dopo lunghi confronti tra noi e fra mille dubbi. Dal giorno dopo, però, subito in tanti a chiederci: ma per-ché quel tale che avete sospeso è ancora in tivù? E perché quell’altro continua a firmare come direttore? Insomma: le sanzioni inflitte dall’Or-dine hanno un effetto o no? E se sì, da quando?

Esecutivita’Il problema si pone, in realtà, solo per sospensione e radiazione (avver-timento e censura, infatti, hanno in genere un efficacia solo “morale”). A differenza del processo penale, dove nessuno è colpevole fino a senten-za definitiva, nel disciplinare vale il principio della immediata esecutività della sanzione. Non c’è una norma che lo dica espressamente, ma lo si ricava dai principi generali dell’ordi-namento giuridico e la giurispruden-za, sul punto, è quasi pacifica.

E L’appello? Che senso ha allora, se la sanzione è esecutiva da subito, il processo d’appello davanti al Cnog?Nel caso di sospensione inflitta per due mesi, per esempio, è evidente

Sanzioni disciplinariecco come funzionano

di Mario Consani*

Negli ultimi tre anni nessun collega è stato radiato dall’Albo. La sospensione invece è stata applicata in cinque casi. L’esecutività della sentenza è immediata, tranne in casi d’ufficio

breve vAdemecum per districArsi trA Norme e regoLAmeNti ordiNistici

colleghi sottoposti a procedimenti 220 esposti esaminati 176 Archiviati 102 sospesi 27 trasferiti 34 Aperture in corso 5 richieste chiarimenti 16 sanzionati: Avvertimento: 10 censura: 10 Assoluzione: 11 sospensione 2 mesi: 4 sospensione 6 mesi: 1 colleghi sanzionati 24

iL Lavoro dEL triEnnio 2007/2010

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29Tabloid 3 / 2010

i tempi Questo sistema, complicato già a prima vista, naturalmente deve an-che fare i conti con i tempi morti della burocrazia: i giorni previsti prima del deposito delle motivazioni della sen-tenza di primo grado; quelli utili per la presentazione del ricorso; quelli necessari al Consiglio nazionale pri-ma di potersi riunire ed esaminare le eventuali richieste di “sospensiva”,

e così via. Per dare un minimo di certezze, nel 2005 il Cnog ha “invita-to” i Consigli regionali a non rendere esecutive le loro sentenze prima che sull’eventuale istanza di sospensiva si sia pronunciato il Cnog stesso. Ov-vio, naturalmente, che se il collega sanzionato non presenta ricorso nei termini o non chiede la “sospensi-va” al Cnog, l’esecutività della prima sentenza sarà immediata.

L’angolo della legge

I procedimenti disciplinari Qui di seguito diamo conto, come sempre, del lavoro del Consiglio per quanto riguarda i procedimenti disciplinari esaminati negli ultimi due mesi.

Esposti esaminati : 9Esposti trasferiti ad altro Ordine : 2Archiviazioni: 1Assoluzioni: 1Procedimenti disciplinari aperti: 2Procedimenti disciplinari sospesi: 0Ha subito:- la sanzione della sospensione a 6 mesi il giornalista professionista Vittorio Feltri per violazione degli artt. 2 e 48 della Legge professionale n. 69/1963 e della Carta dei doveri del giornalista. - la sanzione della censurail giornalista professionista Gabriele Villa per violazione degli artt. 2 e 48 della Legge professionale n. 69/1963 e della Carta dei doveri del giornalista. Sul portale dell’Ordine, in un apposito form, sono pubblicati gli atti completi dei procedimenti disciplinari a carico dei colleghi sanzionati.

dal Consiglio dell’ordine della Lombardia

EffettiIn conclusione, a parte eccezioni possibili e previste dal sistema, in linea di massima una sanzione inflitta dal Consiglio regionale sarà realmen-te esecutiva solo dopo che il Con-siglio nazionale si sarà pronunciato sull’istanza di “sospensiva”: se essa viene rigettata, il collega sospeso o radiato in primo grado dovrà smet-tere di esercitare la professione per il tempo previsto, anche se la sen-tenza non è definitiva. Se invece la “sospensiva” viene concessa, allora potrà attendere il verdetto d’appello sperando di essere assolto in quella sede.Dopo questo secondo giudizio, però, l’eventuale sanzione dovrà essere immediatamente scontata anche se il collega colpito potrà comunque continuare ad impugnare il verdetto davanti a tribunale, Corte d’appel-lo, Cassazione. E se prima o poi dovesse ottener ragione avendo già scontato la “pena”, potrà eventual-mente chiedere un risarcimento per i danni sopportati.

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30 Tabloid 6 / 2007

L’osservatorio sull’estero

readership sulla Rete. Le misurazioni combinate della readership online e su carta se misurate in pagine viste o tempo speso, mostra anzi che c’è stato un significativo logoramento nell’audience totale dei contenuti dei giornali, e che la frazione di questa audience che consuma i contenuti online rimane a livello delle dita di una mano. Dopo una serie di calcoli e di complesse proiezioni Lagenfeld ritie-ne di poter dire che ogni mese ven-gono lette 70.602 miliardi di pagine di giornali a stampa. Mentre sull’online le pagine lette sarebbero 3.382 mi-liardi. Complessivamente per stampa e online insieme si può calcolare in 73.984 miliardi il numero di pagine viste al mese (contro i 90.300 miliardi dell’anno prima). Il 95,43% sono stati i contenuti letti sulla carta, il 4,57% sull’online. Quindi, se c’è la relativa-

pagine viste per i siti dei quotidiani è calato allo 0,63% e il tempo speso è sceso allo 0,50 per cento del totale del traffico web. Così solo fra il 3 e il 5% dei contenuti dei giornali Usa vengono consumati online.Racconta Langenveld: <Un anno fa, in un post sul Nieman Journalism Lab riferivo che solo il 3% del consumo dei contenuti dei giornali avveniva online; il resto veniva ‘consumato’ nella vecchia affascinante maniera, leggendo righe di inchiostro su fogli di carta che un tempo era stata le-gno e alberi. Sono andato a rivedere i numeri per capire se qualcosa era cambiata. Con qualche aggiorna-mento e qualche dato in più, la con-clusione generale è sostanzialmente la stessa: i giornali non hanno portato molti lettori sui loro siti web, né han-no seguito la migrazione della loro

Tabloid 3 / 2010

I contenuti dei quotidiani Usa ven-gono letti ancora per oltre il 95% su carta. Martin Langenveld, del Nieman Journalism Lab, aggiorna i dati che aveva diffuso un anno fa, scoprendo che complessivamente le proporzio-ni non sono cambiate ma che, anzi, tempo e attenzione dedicate ai gior-nali sono ancora scesi. Mentre i quo-tidiani perdono lettori dal lato carta, questa audience che svanisce non li segue online; al massimo, l’audien-ce online dei contenuti dei giornali è statica – E questo, commenta La-genfeld, significa che quei lettori che si spostano verso l’online ricavano le informazioni per la maggior par-te da siti diversi rispetto a quelli dei giornali – Tra l’altro negli ultimi nove mesi i giornali hanno perduto, sia sul versante carta che su quello online, in termini di share: la percentuale delle

Usa, stampa giùma batte il web

a cura di Pino Rea per Lsdi*

Secondo il nuovo studio i contenuti dei quotidiani vengono letti ancora per il 95% su carta: la stessa percentuale di un anno fa. Non più del 5% viene incece consumato online.

Nuova coNtraddittoria ricerca del NiemaN jorNaliSm

L'opinione di Robert Picard, specialista in economia dei media

News redditizie? Pubblicità e vendite non bastanoL’informazione non ha aspettato l’avvento di internet per diventare poco redditizia. E’ quello che ricorda Robert G. Picard, in un articolo dal titolo News has never been a commercially viable product (via Owni.fr). Gli editori – sostiene Picard – continuano ad assicurare che tutto andrebbe bene se potessero alzare le “mura” del pagamento per l’informazione online. Ma – dice Picard – il loro approccio “è sbagliato” perché “ignora questa fondamentale realtà: l’informazione non è mai stata un prodotto

commercialmente redditizio perché la maggior parte delle persone è stata, e resta, restia a pagare l’informazione. Che è stata sempre finanziata con ricavi che dipendevano dal valore che questa informazione aveva se utilizzata in altre attività”.E’ probabile che i fornitori di notizie debbano appoggiarsi su una gamma più ampia di flusso di ricavi in futuro piuttosto che limitarsi ai soli redditi che provengono dagli acquirenti e dalla pubblicità, come accade invece oggi”.

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L’osservatorio sull’estero

31Tabloid 3 / 2010

mente bella notizia che la percen-tuale dell’ online è cresciuta dal 3,5 al 4,57%, c’è anche la cattiva notizia che la lettura complessiva dei conte-nuti dei quotidiani Usa è calata di un quinto. Prevenendo le obiezioni di chi ritiene che le pagine su carta e quelle online non sarebbero comparabili, Langenfeld ricorre allora ad un’altra misura, quella del tempo dedicato, sia su carta che online, ai contenuti dei giornali. Per quanto riguarda la carta l’autore si rifa a calcoli secondo cui nei giorni feriali si tratterebbe di 25 minuti in media contro i 35 della domenica. Per i giornali su carta si tratterebbe di 78.471 miliardi di minu-ti al mese, mentre per l’online la cifra sarebbe di 2.535 miliardi di minuti al mese. E combinando stampa e on-line si ha un totale di 81.006 miliardi di minuti: con il 96,87% per la carta e il 3,13% per l’online. Esattamente gli stessi risultati dell’an-no scorso, quando Lagenfeld aveva rilevato che quello online era pari al 3% del tempo dedicato complessi-vamente ai contenuti dei giornali. Ma i giornali di carta quest’anno hanno perso un bel pezzo del tempo impie-gato, e cioè il 18,9% rispetto all’ana-lisi dell’anno scorso. <L’ audience stampa/online era enormemente di-varicata l’anno scorso: il gap rimane tale e, soprattutto, l’online non sta

crescendo - commenta il ricercatore - Nel giugno scorso la NAA calcolava 3.469 miliardi di pagine viste e 2.701 miliardi di minuti impiegati; nel gen-naio 2010 (per evitare febbraio, che è il più breve), si registravano 3.452 mi-liardi di pagine viste e 2.485 miliardi di minuti impiegati. Il tempo speso da ogni visitatore è caduto gradualmen-te da 38,24 minuti a giugno a 33,09 minuti a gennaio. Mentre i giornali perdono lettori dal lato carta, questa audience che svanisce non li segue online; al massimo, l’audience online dei contenuti dei giornali è statica .L’obbiettivo di questa analisi non è tanto paragonare tutto il consumo di informazione “online” con tutto quello offline. Ma è di analizzare l’au-dience dei contenuti dei giornali. Ma, come diversi commentatori hanno notato l’anno scorso, questo significa che quei lettori che si spostano verso l’online ricavano le informazioni per la maggior parte da siti diversi da quelli dei giornali. Oltre ad aver analizzato il gap fra lettori su carta e utenti on-line dei contenuti dei giornali, avevo rilevato anche su un altro post l’an-no scorso che i siti web dei giornali attiravano meno dell’ 1% di tutto il traffico web degli Usa – 0,69 per cento delle pagine viste e 0,56 per cento del tempo speso, nel giugno 2009. Aggiornando queste statisti-

che con i dati di febbraio 2010 di Nielsen online, negli ultimi nove mesi i giornali hanno perduto sia sul versante carta che su quello online: lo share delle pagine viste è calato allo 0,63% e il tempo speso è sceso allo 0,50 per cento del totale del traffico web.Mentre nei giornali il grosso de-gli sforzi e del dibattito continua

ad essere concentrato sul modo per convincere i lettori a pagare l’online e a combattere gli aggregatori – questa energia potrebbe essere utilizzata mol-to meglio immaginando come cercare di non perdere i lettori che rimangono, non “proteggendo la stampa” ma ag-ganciando gli attuali lettori nel momen-to in cui migrano gradualmente verso l’informazione online.

* Libertà di stampadiritto all’informazione

Quotidiani americani

Ogni copia vale 3,3 lettoriContrariamente alla convinzione diffusa secondo cui i lettori dei giornali sono diminuiti con la migrazione online i quotidiani cartacei possono essere considerati ancora più vitali se si fa riferimento a un dato importante: il numero di lettori per ciascuna copia. La ricerca – un’analisi della diffusione e della readership di 25 grandi quotidiani americani realizzata da Scarborough Research e dal Newspaper National Network (NNN) - ha rilevato infatti che il nunmero di lettori per copia dei quotidiani negli ultimi anni è in crescita, e non in calo. In particolare – secondo quanto riporta Mediapost - negli ultimi 3 anni il numero di lettori per copia è cresciuto del 7,5%, da 3,07 del 2007 a 3,30 adulti del 2009.Il dato è significativo per diverse ragioni – aggiunge Mediapost -. Il dato lettori-a-copia è una unità di misura importante perché mostra agli inserzionisti e alle agenzie pubblicitarie qual è la penetrazione del quotidiano.Si tratta di un elemento rilevante soprattutto “quando il quotidiano si batte per la propria frazione del budget di un determinato brand, specialmente a livello di inserzionisti nazionali”, rileva Gary Meo, vicepresidente della sezione Stampa e media digitali di Scarborough Research. “Più persone leggono una singola copia, più cresce il valore del giornale come mezzo pubblicitario e più aumenta la sua esposizione per gli inserzionisti pubblicitari”. Questo elemento indica anche che i quotidiani cartacei oltre ad allargare la propria readership online si stanno muovendo in maniera più efficace.

•Il ricercatore Martin Langenveld e la sede del Nieman Journalism Lab.

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42 Tabloid 3 / 2010

Colleghiin libreria

L’autorEFranco Contorbia è professore ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università di Genova. E’ stato coordinatore del Dottorato di ricerca in analisi dei testi letterari italiani e romanzi nella stessa università e i suoi interessi di studio si sono particolarmente orientati sulla letteratura italiana dell’ottocento e del Novecento.

L’opera monumentale dedicata al “Giornalismo Italiano” dalla Monda-dori si è conclusa con l’uscita con-temporanea nei Meridiani del terzo e del quarto volume, entrambi a cura di Franco Contorbia, professore di letteratura all’università di Genova. I due volumi raccolgono il meglio degli articoli della stampa italiana dal 1938 al 1968 e dal 1968 al 2000. Volumi “di” e “sul” giornalismo. In pratica, un’antologia completa, esaustiva e appassionante. Per esempio, la chiu-sura dell’ultimo volume -che vede, in sequenza, “La rabbia e l’orgoglio” della Fallaci apparso sul “Corriere della Sera” del 29 settembre 2001 e le “risposte” puntuali, e puntute, di Terzani e di Scalfari su “la Repub-blica”- ci dà la misura del valore dei protagonisti di un’epoca d’oro del giornalismo, con i suoi Biagi, Mon-tanelli, Forcella, Fattori, Cavallari, Fallaci, Nozza, Terzani. In verità, nell’antologia di Contorbia non mancano gli articoli di giornalisti nati negli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta che rappresentano le firme

Tutti i migliori “pezzi”dei grandi giornalisti

a cura di antonio andreini

In due monumentali volumi dei Meridiani, curati da Franco Conturbia, sono raccolti, anno per anno, gli articoli più significativi delle firmepiù importanti del nostro giornalismo degli anni 1939-1968 e 1968-2001.

Pubblicati insieme il terzo e il quarto volume del “Giornalismo italiano”

più autorevoli del panorama attuale: dai direttori Mieli, De Bortoli, Mauro, Riotta e De Gregorio, ai vari Stella, Severgnini, Maltese, Berselli, Merlo. Grazie alle scelte di Contorbia, i due volumi si rivelano, comunque, di sor-prendente attualità. Non solo perché ci “rinfrescano la memoria” di come le migliori firme del giornalismo italia-no abbiano saputo iessere testimoni del proprio tempo. Ma anche perché spesso gli scritti scelti ci aiutano a ricostruire, a storicizzare, tanti avve-nimenti mai abbastanza chiariti.E, ciò, grazie alle felici intuizioni e al superamento delle apparenze delle “verità” di comodo, frutto del rigore morale e professionale dei rappresentanti del giornalismo “scomodo”, di destra e di sinistra. Nel terzo volume s’illumina, in parti-colare, il quadro straordinariamente sfaccettato del ventennio seguito al 25 aprile 1945, nel quale alcune grandi figure di interpreti e narratori del mondo contemporaneo –da Tom-maso Besozzi a Manlio Cancogni, da Camilla Cederna a Giorgio Bocca,

da Gian Carlo Fusco a Gianni Brera- affrontano i fatti della vita culturale, del costume, della cronaca bianca e nera e dello sport non solo sulle pagine dei giornali quotidiani, ma an-che su quelle di una sorprendente generazione di periodici di politica e attualità, a partire da “Il Mondo” di Mario Pannunzio e da “L’Europeo” di Arrigo Benedetti. Nel quarto vo-lume il meglio del giornalismo riflet-te i segni di una difficile transizione economica, politica e culturale nella nostra storia recente. In particolare, la strage di piazza Fontana inaugura una triste sequenza di misteri italiani che, seppure ancor oggi in gran parte irrisolti, trovano nella parte più atten-ta, e non allineata, della stampa un controcanto lucido e appassionato di cui, purtroppo, non si è fatto tesoro in altre sedi. Ecco dunque il valore degli scritti, delle testimonianze, di ecce-zionali cronisti, da Marco Nozza a Romano Cantore, a Corrado Staiano, indisponibili al malcelato riuso di mi-stificatorie verità ufficiali. Né manca-no le testimonianze di altri giornalisti

“esemplari”, che hanno dato la vita sul “fronte” della crimina-lità e del terrorismo, come gli indimenticabili Carlo Casale-gno, Walter Tobagi e Giancarlo Siani. Franco Contorbia (a cura di), Giornalismo italiano, voll. III (1939-1968) e IV (1968-2001), Mondadori, Milano, 2009, pagg. LXXII-1.973 e LXXII-2.038, € 55

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43Tabloid 3 / 2010

Colleghiin libreria

“W la Scuola”secondo PulitzerIl ricordo di Joseph Pulitzer (1847-1911), giornalista ed editore americano, è legato a due realtà fondamentali del giornalismo mondiale: il più ambito Premio e la Scuola di giornalismo della Colombia University, entrambi istituiti grazie a un suo generoso lascito. A un secolo dalla morte di Pulitzer, Bollati Boringhieri pubblica un prezioso volume, “Sul giornalismo”, che contiene due saggi di Pulitzer ancor oggi di stretta attualità, il primo argomenta sulla necessità delle scuole di giornalismo e il secondo sul potere dell’opinione pubblica. In “Scuola di giornalismo alla Colunbia University” Pulitzer risponde punto per punto a chi sostiene che ”un vero ‘uomo di giornale’ debba affidarsi unicamente alla sua inclinazione naturale, debba essere un giornalista nato, non esserlo diventato”. E puntualizza: “Oggi [quindi già agli inizi del secolo scorso, ndr] una delle principali difficoltà del giornalismo è tenere a bada l’istinto per la notizia, far sì che non prenda il sopravvento sull’accuratezza e la scrupolosità”. In una vibrante postfazione al breve ma succoso saggio (poco più di 100 pagine), Mimmo Candito, inviato speciale e commentatore di politica internazionale per “La Stampa”, rende omaggio alla coraggiosa iniziativa di Pulitzer –sempre attaccata da coloro che intendono privilegiare le formazione

professionale “sul campo”- e la sostiene con la semplice, inconfutabile constatazione che, in ogni Paese, le facoltà universitarie di giornalismo (o comunque della comunicazione) sono diventate oggi un percorso obbligatorio per la formazione delle figure professionali dei giornalisti. Quanto al peso e all’importanza attribuiti dallo stesso Pulitzer alla formazione di un’opinione pubblica corretta e al ruolo della stampa, basti la citazione di una sua frase: “Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Poiché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie o gli errori del governo: una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello”.

Viaggionella notizia Come rivela Giovanni Mantovani, giornalista da 50 anni e insegnante della Scuola di Giornalismo di Urbino, nella prefazione del suo prezioso manuale “Antica bottega informazione-Segreti e avventure della notizia”, “la scrittura destinata all’informazione non è solo scrivere, ma un atto finale, la conclusione di un processo lungo e complesso”. E, appunto, il suo non è un manuale sul linguaggio e le tecniche di scrittura giornalistica, ma un viaggio nella notizia e nelle sue parole: cos’è, come si scrive, come è nata, come si è trasformata, dal primo quotidiano al più recente blog. Semplice e chiaro nella forma e nella scansione degli argomenti, da “Il mezzo è il messaggio?” a “Dove va il multimediale”, questo è un utile strumento di lavoro.

Joseph Pulitzer, Sul giornalismo, Bollati Bo-ringhieri, Milano, 2009, pagg. 129, € 10

Giovanni Mantovani: Antica bottega informazione, Centro di Documentazione Giornalistica, Roma, 2009, pagg.189, € 15

Arrivati in redazione:

Enzo Biagi (a cura di Loris Mazzetti): I 14 mesi-La mia resistenza Rizzoli, Milano, 2009, pagg. 268, 18,50 €.

Memorie e brani d’epoca del giovane Biagi, rifugiatosi sulle montagne per fare la Resistenza con Giustizia e Libertà.

Piero ottone: La guerra della Rosa, Longanesi, Milano, 2009, pagg. 208, 12 €.

I Un testimone diretto narra, con il distacco di uno spettatore, i complessi avvenimenti -compreso il maxirisarcimento- legati al passaggio di proprietà della Mondadori alla Fininvest.

Vittorio Zucconi: Il caratteraccio, Rizzoli, Milano, 2009, pagg. 256, 18,50 €. La spiegazione di

“Come (non) si diventa italiani” attraverso dieci eventi-chiave della storia d’Italia. Ecco perché siamo come siamo, noi italiani!

Francesca Belotti-G. Luca Margheriti: Milano segreta, Newton Compton, Milano, 2009, pagg.

336, 25 €. I mille, affascinanti volti di Milano che rimangono invisibili, nascosti dietro le pieghe di una città poliedrica e votata al dinamismo.

Gian antonio Stella: Negri, froci, giudei & Co, Rizzoli, Milano, 2009, pagg. 331, 19,50 €.

L’eterna guerra contro l’”altro”. In un libro intenso, pieno di dati e di storie, Stella ricostruisce un ricchissimo e inquietante quadro d’insieme di ieri e di oggi del rapporto fra “noi” e gli “altri”.

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34 Tabloid 3 / 2010

Primo pianoI numeri

È il totale degli investimenti pubblicitari netti nel periodo gennaio-febbraio 2010 (+2,7%), suddivisi tra: Televisione 719,8 milioni (+4,9% rispetto al periodo omogeneo dell’anno precedente)Stampa 299 milioni (-4,3%), di cui 197,2 milioni (+1%) sui quotidiani a pagamento, 13,1 sui quotidiani free/paypress (-6,7%) e 88,7 milioni (-14,1%) sui periodiciRadio 58 milioni (+11%) Internet 89 milioni (+3,8%) Direct mail 86,9 milioni (-1,4%)Affissioni 17,1 milioni (+27%) Cinema 6,4 milioni (+23,7%)Cards 413 mila (+4,8%)Out of home tv* 1,2 milioni (+0,2%) Transit** 14,7 milioni

Fonte: Nielsen Media Research* Pubblicità televisiva in aeroporti e metropolitane.** Pubblicità mobile su metropolitane, aeroporti, autobus e tram.

e 1 miliardo 292 milioni

150 professionisti

127 praticanti

215 pubblicisti

93 elenco speciale

Sono le nuove iscrizioni all’Ordine dei giornalisti della Lombardia dall’1/1/2010 a oggi

lA nOSTRA ReAlTà “fOTOgRAfATA” In CIfRe

I 24 QUOTIDIAnI OnlIne Testata Utenti 2010 Utenti 2009

La Repubblica 1.260.040 1.157.400

Corriere della Sera 1.008.624 957.653

Gazzetta Sport 605.276 530.822

Il Sole 24 Ore 262.269 239.501

La Stampa 243.835 220.071

Corriere dello Sport 210.358 214.242

Tuttosport 140.847 142.799

Il Giornale 139.042 115.618

Il Messaggero 105.866 114.543

Quotidiano.net 68.956 59.945

L’Unità 67.295 77.287

Leggo 59.009 38.738

Il Mattino 45.722 37.971

Gazzettino 43.752 43.961

Unione sarda 43.586 37.536

Il Secolo XIX 41.803 39.027

Il Resto del Carlino 28.085 25.320

Il Tempo 25.421 21.189

Gazz.Mezzogiorno 21.654 26.281

Gazzetta di Parma 18.459 16.246

La Nazione 18.625 21.275

La Sicilia 16.005 14.266

Il Giorno 17.415 17.442

Il Foglio 9.492 6.875

Fonte: Audiweb 2008/2009 su dati Nielsen

Sono gli investimenti pubblicitari netti a gennaio 2010 (+1,8%), suddivisi tra: Televisione 328,6 milioni (+3,7%). Stampa 132 milioni (-4,9%), di cui 92,1 milioni (+0,7%) sui quotidiani a pagamento, 6,3 sui quotidiani free/paypress, 34,3 milioni (-17,7%) sui periodici. Internet: 42,9 milioni (+4,7%), Radio: 23,5 milioni (+6,9%), Direct mail: 42,1 milioni (+0,7%).Fonte: Nielsen Media Research

e 587,3 milioni