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Meridiana Bimestrale di astronomia Anno XXXIX Gennaio-Febbraio 2013 222 Organo della Società Astronomica Ticinese e dell’Associazione Specola Solare Ticinese

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Meridiana

Bimestrale di astronomiaAnno XXXIX Gennaio-Febbraio 2013 222Organo della Società Astronomica Ticinese e dell’Associazione Specola Solare Ticinese

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RESPONSABILI DELLE ATTIVITÀ PRATICHEStelle variabili:A. Manna, La Motta, 6516 Cugnasco(091.859.06.61; [email protected])Pianeti e Sole:S. Cortesi, Specola Solare, 6605 Locarno(091.756.23.76; [email protected])Meteore:B. Rigoni, via Boscioredo, 6516 Cugnasco(079-301.79.90)Corpi minori:S. Sposetti, 6525 Gnosca (091.829.12.48;[email protected])Astrofotografia:Dott. A. Ossola, via Ciusaretta 11a, 6933 Muzzano(091.966.63.51; [email protected])Inquinamento luminoso:S. Klett, Drossa, 6809 Medeglia(091.220.01.70; [email protected])Osservatorio «Calina» a Carona:F. Delucchi, Sentée da Pro 2, 6921 Vico Morcote(079-389.19.11; [email protected])Osservatorio del Monte Generoso:F. Fumagalli, via alle Fornaci 12a, 6828 Balerna([email protected])Osservatorio del Monte Lema:G. Luvini, 6992 Vernate (079-621.20.53)Sito Web della SAT (http://www.astroticino.ch):M. Cagnotti, Via Tratto di Mezzo 16a, 6596 Gordola(079-467.99.21; [email protected])Tutte queste persone sono a disposizione dei soci edei lettori di “Meridiana” per rispondere a domandesullʼattività e sui programmi di osservazione.

MAILING-LISTAstroTi è la mailing-list degli astrofili ticinesi, nellaquale tutti gli interessati allʼastronomia possonodiscutere della propria passione per la scienza delcielo, condividere esperienze e mantenersi aggiorna-ti sulle attività di divulgazione astronomica nel CantonTicino. Iscriversi è facile: basta inserire il proprio indi-rizzo di posta elettronica nellʼapposito form presentenella homepage della SAT (http://www.astroticino.ch).Lʼiscrizione è gratuita e lʼemail degli iscritti non è dipubblico dominio.

CORSI DI ASTRONOMIALa partecipazione ai corsi dedicati allʼastronomia nel-lʼambito dei Corsi per Adulti del DECS dà diritto ai socidella Società Astronomica Ticinese a un ulterioreanno di associazione gratuita.

TELESCOPIO SOCIALEIl telescopio sociale è un Maksutov da 150 mm diapertura, f=180 cm, di costruzione russa, su unamontatura equatoriale tedesca HEQ/5 Pro munita diun pratico cannocchiale polare a reticolo illuminato esupportata da un solido treppiede in tubolare di accia-io. I movimenti di Ascensione Retta e declinazionesono gestiti da un sistema computerizzato(SynScan), così da dirigere automaticamente il tele-scopio sugli oggetti scelti dallʼastrofilo e semplificaremolto la ricerca e lʼosservazione di oggetti invisibili aocchio nudo. È possibile gestire gli spostamentianche con un computer esterno, secondo un determi-nato protocollo e attraverso un apposito cavo di colle-gamento. Al tubo ottico è stato aggiunto un puntatorered dot. In dotazione al telescopio sociale vengonoforniti tre ottimi oculari: da 32 mm (50x) a grandecampo, da 25 mm (72x) e da 10 mm (180x), con bari-letto da 31,8 millimetri. Una volta smontato il tubo otti-co (due viti a manopola) e il contrappeso, lo strumen-to composto dalla testa e dal treppiede è facilmentetrasportabile a spalla da una persona. Per lʼimpiegonelle vicinanze di una presa di corrente da 220 V è indotazione un alimentatore da 12 V stabilizzato. È poipossibile lʼuso diretto della batteria da 12 V di unʼau-tomobile attraverso la presa per lʼaccendisigari.Il telescopio sociale è concesso in prestito ai soci chene facciano richiesta, per un minimo di due settimaneprorogabili fino a quattro. Lo strumento è adatto acoloro che hanno già avuto occasione di utilizzarestrumenti più piccoli e che possano garantire serietàdʼintenti e una corretta manipolazione. Il regolamentoè stato pubblicato sul n. 193 di “Meridiana”.

BIBLIOTECAMolti libri sono a disposizione dei soci della SAT edellʼASST presso la biblioteca della Specola SolareTicinese (il catalogo può essere scaricato in formatoPDF). I titoli spaziano dalle conoscenze più elemen-tari per il principiante che si avvicina alle scienze delcielo fino ai testi più complessi dedicati alla raccolta eallʼelaborazione di immagini con strumenti evoluti.Per informazioni sul prestito, telefonare alla SpecolaSolare Ticinese (091.756.23.76).

QUOTA DI ISCRIZIONELʼiscrizione per un anno alla Società AstronomicaTicinese richiede il versamento di una quota indivi-duale pari ad almeno Fr. 30.- sul conto correntepostale n. 65-157588-9 intestato alla SocietàAstronomica Ticinese. Lʼiscrizione comprende lʼabbo-namento al bimestrale “Meridiana” e garantisce i dirit-ti dei soci: sconti sui corsi di astronomia, prestito deltelescopio sociale, accesso alla biblioteca.

SOCIETÀ ASTRONOMICA TICINESEwww.astroticino.ch

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N. 222 (gennaio-febbraio 2013)

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Editoriale

Dopo aver schivato la fine del mondo, affrontiamo il 2013 (che pro-babilmente dovrebbe essere il 2017 o il 2020, dato per appuratoche Gesù sia nato da 4 a 7 anni prima di quanto supposto e cal-colato dal monaco Dionigi il Piccolo nel 525) con buone prospetti-ve dal punto di vista dellʼastrofilo.Questʼanno potrebbe essere ricordato come lʼanno delle comete.La prima sarà la Panstarrs, che sarà visibile di sera a partire dal10 marzo prossimo e sembra possa arrivare alla prima magnitudi-ne, quindi facilmente visibile a occhio nudo. La seconda, spettaco-lare cometa del 2013 dovrebbe essere la ISON, che nel mese didicembre dovrebbe raggiungere addirittura la magnitudine -10 (!)e quindi essere visibile anche in pieno giorno: questʼanno dovrem-mo avere una cometa di Natale eccezionale.In questo numero di "Meridiana" notiamo una notizia scientificache ci fa particolarmente piacere, dato che riguarda uno studioeffettuato dal nostro Philippe Jetzer, astrofisico allʼUniversità diZurigo.La rubrica “Con lʼocchio allʼoculare” sullʼattività divulgativa deinostri Osservatori in questi mesi invernali purtroppo rimane piutto-sto carente anche a causa dellʼinagibilità di due di questi e dellaancora indisponibilità della Specola di Locarno (speriamo di rimet-tere in funzione le sue serate pubbliche a partire dalla primavera),Auguriamo a tutti i nostri lettori un proficuo e sereno 2013.

Redazione:Specola Solare Ticinese6605 Locarno MontiSergio Cortesi (direttore),Mi chele Bianda, Marco Cagnotti,Anna Cairati, Philippe Jetzer,Andrea MannaCollaboratori:A. Cairati, S. SposettiEditore:Società Astronomica TicineseStampa:Tipografia Poncioni SA, LosoneAbbonamenti:Importo minimo annuale:Svizzera Fr. 20.-, Estero Fr. 25.-C.c.postale 65-7028-6(Società Astronomica Ticinese)La rivista è aperta alla colla bo ra zio ne deisoci e dei lettori. I lavori inviati sarannovagliati dalla redazione e pubblicati secondolo spazio a disposizione. Riproduzioni par-ziali o totali degli articoli sono permesse,con citazione della fonte.Il presente numero di “Meridiana” èstato stampato in 1.100 esemplari.

CopertinaUn'immagine ad alta risoluzione delle regioni settentrionali del Cigno ripresa da Alberto Ossola.Mosaico di 10 immagini singole, ciascuna ottenuta con 12-14 esposizioni di 3 min ciascuna per untotale di circa 7 ore. Obiettivo Canon 200 f/2,8, camera Canon 1000D modificata (tolto il filtro anti-IR),filtro H-alfa 12 nm, 1600 ASA. Luogo di ripresa: Muzzano (!). Riprese suddivise in diverse serate del-l'autunno 2012. Si riconoscono dal basso la nebulosa Nord America, la nebulosa Pellicano, la stellaalfa del Cigno (Deneb), la piccola nebulosa Sh2-112, la stella delta del Cigno (Sadr) circondata dalsuo complesso caratteristico di nebulose, in basso a sinistra la Crescent Nebula.

SommarioAstronotiziario 4Un nuovo impiego per gli orologi atomici 12Gli scherzi del Sole 13Giove, grazie! 21Ricordiamo Camille Flammarion (1842-1925) 24Con lʼocchio allʼoculare… 25Effemeridi da gennaio a marzo 2013 26Cartina stellare 27

La responsabilità del contenuto degli articoli è esclusivamente degli autori.

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UN AIUTO DAI VUOTI COSMICI

Li chiamano vuoti cosmici e potrebberodirci se lʼenergia oscura esiste davvero. I vuoticosmici sono regioni dellʼuniverso quasi del tuttoprive di materia, grandi decine di milioni di anniluce. Lʼestensione di queste regioni dipende davari fattori, come ad esempio le modalità secon-do le quali lo spazio si sta espandendo. Quindi,se riuscissimo a determinare con accuratezza laforma di ogni regione di vuoto cosmico, potrem-mo stabilire con maggiore precisione se lo spa-zio si sta espandendo allo stesso modo un poʼovunque o se lo sta facendo a velocità diverse inzone diverse. Al momento sappiamo che lʼuni-verso si sta espandendo sempre più velocemen-te, forse perché esiste una sfuggente energiaoscura che sta gonfiando lo spazio. Determinarecome lo spazio si sta gonfiando è quindi fonda-mentale per confermare o meno lʼesistenza diquesta energia. Obiettivo che potrebbe essereraggiunto con i grandi telescopi di nuova genera-

zione. Grazie alle loro misure sarà possibile rico-struire con precisione la forma dei vuoti cosmicigià conosciuti e scoprirne di nuovi. Molti astrono-mi sono ottimisti: potrebbero bastare meno diventʼanni per concludere questa lunga campa-gna di raccolta dati per risolvere il mistero del-lʼenergia oscura.

DIETA LIGHTPER IL NOSTRO BUCO NERO

A giudicare dalle sue abitudini alimentari, ilbuco nero supermassiccio che si trova al centrodella nostra galassia non è vorace come altrisuoi colleghi in altri sistemi stellari. Pare che silimiti a sbocconcellare qualcosa di tanto in tanto.È quanto emerge dai dati ottenuti con il telesco-pio orbitante Chandra, sensibile alla radiazioneX, dalla strumentazione sensibile agli infrarossipresso il Keck delle Hawaii e soprattutto dallasonda NuSTAR in orbita soltanto dallo scorsogiugno. NuSTAR, infatti, ha colto il nostro buconero mentre manifestava la sua presenza ovve-ro proprio nellʼatto di inghiottire uno dei suoi boc-coni. La materia inghiottita, nello spiraleggiareverso il buco nero, è stata sottoposta a enormiforze di marea, ha raggiunto temperature dellʼor-dine di 100 milioni di gradi e ha emesso la radia-zione X osservata dalla sonda. La vista acuta diNuSTAR ci permetterà di monitorare questogenere di pasti e di capire perché il nostro buconero sia più pigro rispetto ad altri.

ATMOSFERA SU MAKEMAKE? MACCHÈ!

Makemake è un pianeta nano, comePlutone, e si trova al di là dellʼorbita di questʼulti-mo. La sua lontananza, le dimensioni ridotte (ildiametro è circa la metà di quello della Luna), ilfatto che non brilli di luce propria ma rifletta quel-

a cura di Urania

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Astronotiziario

Vuoti cosmici.

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la del Sole, lo rendono un oggetto difficile daosservare. Bisogna avere pazienza e servirsi diogni aiuto possibile, anche quello delle stelle. Inaltre parole, bisogna aspettare che il pianetanano passi davanti, lungo la nostra linea di vista,a una delle stelle che stanno sullo sfondo. Anchese la stella si trova a parecchi anni luce di distan-za, la sua luce viene eclissata dal passaggio diun corpo celeste, in questo caso di Makemake.Studiando il comportamento della luce della stel-la, determinando se si affievolisce più o menobruscamente quando il bordo del pianeta nano lablocca, è possibile capire se questo possiede omeno unʼatmosfera. Questa osservazione èstata effettuata con tre telescopi dellʼESO, inCile. Il risultato? Makemake non avrebbe intornoa sé unʼatmosfera globale. Queste osservazionihanno anche permesso di determinare la densi-tà dellʼoggetto: mediamente un centimetro cubodi Makemake pesa circa 1,7 grammi, è una den-sità inferiore a quella della Luna (3,3 grammi percentimetro cubo).

IL METANO CHE NON CʼÈ

Marte continua a nasconderci la verità.Questa volta tocca alla presenza o meno di gasmetano nella sua tenue atmosfera, una presen-za misurata con certezza dalla sonda Mars

Express solo pochi anni fa. Ma il rover Curiosity,sceso ad agosto sul pianeta rosso, non ne hatrovato traccia. Il metano è un gas che può esse-re prodotto da organismi viventi, come nel casodi microscopici batteri: proprio per questo la suapresenza nellʼatmosfera marziana sembrava unindizio molto forte dellʼesistenza dei batteri equindi della prova che su Marte cʼè la vita, perquanto elementare. Ma dopo quattro giorni dianalisi dellʼatmosfera, il rover Curiosity non hatrovato metano. Il che sembra confermare lʼipo-tesi di chi crede che questo gas sia sì presente,ma in modeste quantità perché prodotto sempli-cemente da sporadici fenomeni vulcanici. Isostenitori dellʼorigine batterica fanno però nota-re che su Marte la presenza di metano cambiamolto rapidamente a seconda del luogo e dellastagione, Curiosity potrebbe quindi aver iniziatola sua ricerca nel posto e nel momento sbaglia-to. Per questo tutti concordano che prima di tira-re qualsiasi conclusione convenga attendereancora qualche mese, quando saranno passatealmeno un paio di stagioni.

TUTTO SOLO E NON TROPPO LONTANO

La sua identità è ancora in attesa di con-ferma ma, se le ipotesi sono corrette, lʼoggettodenominato CFBDSIR2149 sarebbe un pianeta

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La sonda marziana rover Curiosity.Ricostruzione della superficie di Makemake.

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solitario che si sposta nello spazio assieme a ungruppo di circa 30 stelle, noto comeAssociazione di AB Doradus. È solitario perchénon gira intorno ad alcuna stella, forse perché èstato sbalzato via dal proprio sistema planetariodi origine in seguito a interazioni gravitazionalicon gli altri pianeti. Scoperto grazie a strumentisensibili alla radiazione infrarossa presso il VeryLarge Telescope, in Cile, e il Canada FranceHawaii Telescope alle Hawaii, questo oggetto èmolto interessante perché particolarmente vici-no, a circa 110 anni luce. Se appartiene effettiva-mente al gruppo di stelle e non ci è capitato inmezzo per caso, allora è possibile dedurreinnanzitutto che si tratta di un pianeta, che hauna massa compresa fra le 4 e le 7 volte quelladi Giove, una temperatura di 430 gradi e la stes-sa età del gruppo a cui appartiene, ovvero fra i50 e i 120 milioni di anni. Se non appartieneallʼAssociazione AB Doradus, potrebbe inveceessere identificato come una piccola nanabruna. Si tratta comunque di una scoperta moltointeressante, in un caso perché aiuterebbe acapire meglio come si possano espellere i piane-ti dai sistemi planetari e, nellʼaltro, a comprende-re come oggetti molto leggeri possano derivaredai processi di formazione stellare.

UN ALTRO PIANETA AL POSTO GIUSTO

Gira intorno a una stella nana bruna a 40anni luce di distanza, insieme ad altri 5 pianeti,ma fra questi sarebbe il solo a trovarsi alla giustadistanza. La stella è denominata HD40307 e inun primo momento intorno a essa erano statiindividuati tre pianeti. Ora, un gruppo internazio-nale di astronomi guidati da ricercatori delle uni-versità di Hertfordshire, Inghilterra, e Göttingen,Germania, analizzando i dati disponibili ne hascoperti altri tre. Di essi, lʼultimo in ordine di

distanza dalla stella si troverebbe in fascia di abi-tabilità: né troppo vicino, né troppo lontano…insomma al punto giusto perché lʼacqua, even-tualmente presente sulla superficie, possa resta-re allo stato liquido. Con una massa pari a circa7 volte quella della Terra, il pianeta potrebbeessere di tipo roccioso. Certo, perché un piane-ta possa garantire le condizioni adatte alla pre-senza di vita deve avere molti altri requisiti maper il momento questo nuovo candidato parte,possiamo dire, con lʼorbita giusta.

QUANDO LA MACCHIA CAMBIA ASPETTO

Cʼè una macchia che non solo è molto evi-dente, ma anche parecchio ostinata: è la GrandeMacchia Rossa del pianeta Giove, una vecchiaconoscenza che teniamo dʼocchio ormai da 400anni, fin da quando abbiamo potuto disporre distrumenti sufficientemente potenti per accorger-ci della sua presenza. È un enorme vortice gas-soso, una tempesta che non accenna a smette-re ma che cambia aspetto. Se nel tardo ʻ800aveva una forma allungata (larga ben 40 mila

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La Grande Macchia Rossa di Giove

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chilometri e alta 12 mila) oggi ha tirato la cinghia:è larga poco più di 20 mila chilometri. Gli ultimirapporti su dimensioni e comportamento del vor-tice, arrivano dalla British AstronomicalAssociation che ha analizzato le immagini ama-toriali realizzate da una rete internazionale diappassionati del cielo. Le immagini permettonodi seguire gli spostamenti, allʼinterno della mac-chia, di una piccola regione di gas più scuro,presa come punto di riferimento. Questo ha per-messo di calcolare la velocità del vortice. Perfare un giro completo su sé stessa la macchia cimette 4 giorni, con venti che raggiungono veloci-tà di 486 chilometri allʼora, quindi maggiorerispetto a quella misurata nel 2006 grazie al tele-scopio Hubble (circa 400 allʼora). La macchiaquindi è dimagrita e ha accelerato: intende forsescomparire? È improbabile, ma non impossibile.Vedremo come evolverà nei prossimi decenni.

UNA COMETA A PEZZI

Avventurarsi verso lʼinterno del sistemasolare non è stata una buona idea per la come-

ta Hergenrother. Da osservazioni effettuate conil Gemini North Telescope delle Hawaii, risultache il nucleo della cometa non ha saputo affron-tare al meglio questa parte del viaggio, non haretto e si è spaccato in almeno quattro parti. Unacometa a pezzi è più spettacolare di una tuttaintera: aumenta la superficie riflettente e aumen-ta, di conseguenza, la luminosità. È uno spetta-colo che, tuttavia, non si può vedere a occhionudo, ma con buon telescopio, fra le costellazio-ni di Andromeda e della Lucertola.

SUPERLUMINOSA E SUPERDISTANTE

È lʼesplosione stellare più lontana finoraindividuata ed è distante 12 miliardi di anni luce.Se i grandi telescopi delle Hawaii sono riusciti ascoprirne lʼesistenza è solo perché a esploderenon è stata una comune supernova, ma una ditipo superluminoso. Le supernove sono stellepiù grandi del Sole che giunte al termine dellaloro evoluzione, esplodono. E da appena 12anni abbiamo scoperto che esiste una nuovaclasse di supernove, dette superluminose per-ché sono 100 volte più brillanti delle altre. Perquesto riusciamo a individuarle anche se appa-iono a enormi distanze. Come quella trovata a12 miliardi di anni luce e che per ora stabilisce ilnuovo record di lontananza. Dodici miliardi dianni luce significa che la luce ha impiegato 12miliardi di anni per giungere sino a noi. Quindistiamo studiando una supernova esplosa 12miliardi di anni fa, quando lʼuniverso aveva soloun miliardo e mezzo di anni di vita. E qui viene laparte più suggestiva: gli astrofisici sono certi chei telescopi di ultima generazione possano trova-re supernove ancora più distanti e quindi andareancora più indietro nel tempo, sino a scoprirelʼesplosione di una delle prime stelle mai forma-tesi nellʼuniverso.

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La cometa Hergenrother.

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LA FASCIA AL POSTO GIUSTO

Che la Terra sia un pianeta speciale è undato di fatto. Se è adatto a ospitare la vita il meri-to è della sua struttura, della sua atmosfera,della posizione rispetto al Sole…ma non solo.Studi recenti hanno dimostrato lʼimportanza dellaLuna, che stabilizza lʼinclinazione del nostroasse e di Giove che, soprattutto in passato quan-do il sistema solare era molto più caotico, haagito nei nostri confronti come una sorta di para-fulmine, attirando verso di sé corpi rocciosi il cuiimpatto con il nostro pianeta avrebbe potutoessere devastante. Ma cʼè un nuovo studio chedimostra che anche la fascia degli asteroidigioca un ruolo importante. Gli asteroidi che inpassato si sono scontrati con il nostro pianetapotrebbero aver trasportato acqua e compostiorganici: gli impatti avrebbero innescato o acce-lerato lʼevoluzione della vita. Le cose nel nostrocaso sarebbero andate così, nella giusta misura,ma la fascia degli asteroidi avrebbe potuto esse-re spazzata via dal passaggio di un pianetagigante come Giove, oppure avrebbe potutoessere molto più ricca di corpi rocciosi, cheavrebbero quindi potuto colpire il nostro pianetacon intensità molto maggiore, rendendo impossi-bile la vita. Siamo il risultato di uno scenariomolto equilibrato: la domanda dunque è semprela stessa, siamo davvero unici o soltanto rari?

ANCORA SPAZZATURA

Ancora una volta torna alla ribalta il proble-ma della spazzatura spaziale. E ancora unavolta per un incidente. Ad agosto un razzo dove-va portare in orbita due satelliti per le telecomu-nicazioni, ma durante il volo un guasto hacostretto il razzo e il suo carico a vagare su unorbita molto più bassa di quella programmata. E

soprattutto con i serbatoi ancora pieni a metà:una vera bomba pronta a esplodere. Esplosioneche è avvenuta questo mese, riducendo il tutto aun migliaio di piccoli frammenti che ora vaganocome proiettili più o meno alla stessa quota dellaStazione Spaziale Internazionale e di altri satelli-ti. Per ora non cʼè pericolo per gli astronauti abordo della Stazione Spaziale ma una rete ditelescopi e di radar sta comunque cercando diindividuare le traiettorie dei frammenti. Possonoscovare quelli grandi come una palla da tennis,ma non quelli più piccoli che proprio per questosono i più pericolosi.

SATURNO: QUANDO PASSALA TEMPESTA?

A giudicare dalle apparenze, tutto sembre-rebbe tornato come un tempo, ma le apparenzenon ingannano la sonda Cassini, in orbita intor-no a Saturno. Qualche tempo fa, infatti, lʼemisfe-ro Nord del pianeta con gli anelli aveva cambia-

Spazzatura spaziale.

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to aspetto a causa di unʼenorme tempesta chene aveva sconvolto gli strati gassosi, rimescolan-doli in modo evidente, tanto da apparire comeuna grande pennellata chiara. Aveva fatto la suacomparsa a dicembre 2010 e aveva imperversa-to per qualche mese prima di dissolversi. Non sene vede più alcuna traccia: a guardare il pianetasi direbbe che la tempesta sia definitivamentepassata… Ma gli strumenti della sonda Cassini egli sguardi acuti di due telescopi, il Very LargeTelescope in Cile e lʼIRTF delle Hawaii, hannorilevato che al di sotto degli strati superficialiancora persiste un vortice gassoso. È la tempe-sta iniziata due anni fa e che ancora non si è pla-cata. Nascosta alla vista, ma visibile agli infra-rossi come un grande vortice ovale, continuerà aessere monitorata.

9 MILIARDI DI PIXELPER IL CENTRO GALATTICO

Unʼimmagine da 9 miliardi di pixel: perstamparla con la risoluzione che di solito si utiliz-za per i libri bisognerebbe fare un bel po ̓di spa-zio. Otterremmo una foto lunga 9 metri e alta 7.Sono queste le dimensioni di una delle più gran-di immagini astronomiche mai realizzate. Il meri-

to è di VISTA, telescopio agli infrarossi dellʼESO,che ha osservato il cielo in direzione del centrodella nostra Galassia. Si tratta di una zona in cuilo sguardo dei telescopi ottici non riesce a pene-trare a causa della presenza di polvere interstel-lare, una zona che tuttavia è di fondamentaleinteresse per lo studio della struttura della nostraGalassia e, in generale, delle galassie a spirale.A partire dai dati di VISTA è stato anche possibi-le catalogare più di 84 milioni di stelle, un nume-ro dieci volte maggiore rispetto a quanto ottenu-to con lavori precedenti.

TUTTI PER TOUTATIS

È passato ma è un visitatore ricorrente:torna dalle nostre parti ogni 4 anni e quindi nesentiremo ancora parlare. Si tratta dellʼasteroideToutatis: un grosso pezzo di roccia lungo circa 4chilometri e mezzo che il 12 dicembre scorso haraggiunto la sua minima distanza dal nostro pia-neta. Le sue dimensioni non sono certo quelle diun sassolino: per la Terra un eventuale impattocon un oggetto simile avrebbe conseguenzecatastrofiche. Non a caso Toutais è noto comeuno dei più grandi asteroidi potenzialmente peri-colosi ed è tenuto sotto stretta osservazione. Ci

La Via Lattea ripresa da VISTA.Tempesta su Saturno.

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rassicura il fatto che nel momento in cui è venu-to a trovarsi più vicino a noi, il 12 dicembreappunto, si trovava a una distanza di circa 7milioni di chilometri, circa 18 volte quella che cisepara dalla Luna…decisamente rassicurante.Nessun timore quindi ma tanta curiosità che haspinto molti appassionati del cielo a osservarequesto passaggio con telescopi amatoriali. Gliastronomi hanno colto lʼoccasione per calcolarecon maggior precisione lʼorbita dellʼoggetto invista dei futuri passaggi che, in ogni caso, nonsaranno motivo di preoccupazione. Nelle prossi-me centinaia di anni Toutatis sarà un visitatoreinnocuo e i nuovi dati permetteranno di fare pre-visioni ancora più accurate su un periodo ditempo ancora più lungo.

UN FIUME NILO PICCOLO E NERO

Foce a delta o a estuario? A questa classi-ca domanda da interrogazione di geografia sipotrebbe rispondere anche guardando lʼimmagi-

ne di un fiume che non si trova nei libri di testo.Lʼimmagine è stata ottenuta dalla sonda Cassinie il fiume si trova sulla superficie di Titano, la piùgrande fra le lune di Saturno. Ma qui, a differen-za dei fiumi terrestri, per circa 400 chilometri,scorrono idrocarburi liquidi: etano e metano.Vediamo un fiume scuro in unʼimmagine ad altarisoluzione come non se ne sono mai ottenute

Un fiume su Titano.

Lʼasteroide Toutatis. (Cortesia: NASA)

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prima: mai, prima dʼora, era stato possibile vede-re un sistema fluviale così esteso su una super-ficie non terrestre. Lʼimmagine, ottenuta con latecnica radar, è stata realizzata lo scorso 26 set-tembre: il fiume è molto più corto del nostro Nilo,ma in qualche modo ce lo ricorda.

TANTO RUMORE PER NULLA

Tanto rumore per nulla. Si riassume così ilclamore suscitato dallʼannuncio di scoperte sto-riche ottenute dal rover Curiosity in missione suMarte. Sceso sul pianeta ad agosto Curiosity stalavorando a tempo pieno. Tra i suoi obiettivi cer-care batteri: scoprirli significherebbe che la vitapuò esistere anche su altri pianeti oltre al nostro.Ma finora nessuna traccia di questi possibili bat-teri. A novembre in unʼintervista radiofonica,John Grotzinger della NASA aveva annunciatoche una scoperta effettuata da Curiosity avrebbe

fatto riscrivere i libri di storia. Trovati i batteri?Trovati fossili di primitive forme di vita? Nulla ditutto questo. Curiosity ha trovato molecole orga-niche: i mattoni della vita. Ma nessuna forma divita. Delusione tra i tanti che si aspettavano benaltro. In ogni caso le analisi del suolo stanno for-nendo nuovi indizi per ricostruire il passato diMarte e per capire se circa due miliardi di anni fail pianeta era ricco di acqua allo stato liquido concondizioni forse simili alla Terra. La NASA nelfrattempo annuncia una nuova missione: un altrorover da spedire su Marte nel 2020. Sarà costrui-to in parte con i pezzi avanzati di Curiosity, ridu-cendo così costi e tempi.

Abbiamo ricevuto lʼautorizzazione di pubbli-care di volta in volta su “Meridiana” una scel-ta delle attualità astronomiche contenute nelsito italiano “Urania” a cura degli astronomiLuca Nobili ed Elena Lazzaretto.

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Con il “ticchettio” si potranno cercare i giacimenti

Un nuovo impiegoper gli orologi atomiciLʼorologio atomico è un tipo di orologio in

cui la base del tempo è determinata dalla  fre-quenza di  risonanza di un atomo. Ma come èpossibile cercare minerali sfruttando il “ticchettio”di un orologio atomico? Un team di astrofisici,guidati da Philippe Jetzer e RuxandraBondarescu, dellʼUniversità di Zurigo, è convintoche si possano trovare depositi di minerali egiacimenti dʼacqua attraverso precisissimi orolo-gi atomici.

Gli scienziati sostengono che con essi èpossibile misurare in modo accuratissimo ilgeoide terrestre, ossia la vera forma fisica dellaTerra, ed esplorare lʼinterno del pianeta, dalmomento che questi orologi hanno ormai rag-giunto un livello di precisione tale da poteressere utilizzati in rilevamenti geofisici. Infatti perla teoria della relatività generale lo scorrere deltempo è influenzato dalla presenza di masse.Quindi anche la frequenza di un orologio atomi-co cambierà in funzione della massa sottostante:lʼorologio sarà più lento su una miniera di ferro epiù veloce su una caverna vuota. Ormai la tec-nologia degli orologi atomici sta facendo pro-gressi a passi da gigante e tra pochi anni la loroprecisione sarà sufficiente per rilevare questedifferenze. Ed è in un articolo intitolato“Geophysical applicability of atomic clocks:direct continental geoid mapping” pubblicato su“Geophysical Journal International” che i dueastrofisici spiegano come si dovrebbe effettiva-mente fare per esplorare lʼinterno della Terra.Secondo Ruxandra Bondarescu, se si ponesseun orologio atomico a livello del mare e un se -condo orologio, sincronizzato con il primo, inqualunque altro posto della Terra, il secondoviaggerebbe più o meno lentamente a secondadelle rocce poste sotto di esso. Grazie a questiorologi, con ulteriori messe a punto del sistema,sarebbe anche possibile indagare fino a diversi

chilometri di profondità per identificare giacimen-ti petroliferi, riserve dʼacqua e minerali sfruttabilidallʼuomo senza ricorrere ad altri sistemi geofisi-ci. Lʼunico problema è che attualmente questiorologi ultraprecisi funzionano solo nei laboratorie, non essendo trasportabili a causa delle lorodimensioni, non possono essere utilizzati pro -priamente sul campo. Ma tutto questo in pochianni potrebbe cambiare.

“Entro il 2022, un orologio atomico por-tatile volerà nello spazio a bordo di un satellitedellʼESA”, assicura Philippe Jetzer, delegatosvizzero per la missione satellitare STE-Quest.Se davvero, in breve tempo, si costruissero degliorologi atomici portatili, si potrebbe cominciare atestare le ipotesi sullo studio dellʼinterno dellaTerra, con importanti ricadute scientifiche epratiche. Già nel biennio 2014-2015 il nuovoorologio atomico ACES (Atomic Clock Ensemblein Space), a bordo della Stazione SpazialeInternazionale, dovrebbe essere pronto allʼuso.Ma per ora questo non è altro che un primo pro-totipo che ancora non ha raggiunto la precisionenecessaria.

Guendalina Ligato

Un orologio atomico sulla Stazione SpazialeInternazionale.

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Gli scherzi del SoleLa nostra stella sembra divertirsi a prendere in giro i suoi osservatori

Che lʼattività generale del Sole e piùprecisamente delle macchie solari segua unandamento ciclico è un dato accertato giàdalla metà dellʼ800 grazie ai lavori di SamuelHeinrich Schwabe (1789-1875) e soprattuttodi Johann Rudolf Wolf (1816-1893). Fu pro-prio questʼultimo a proporre il metodo di va -lutazione quantitativa che permette la deter-minazione di un parametro, il numero di Wolf,ancora oggi usato dalla maggior parte degliosservatori solari. Il numero di Wolf è unindice dellʼattività del Sole che riguarda lemacchie solari ed è impiegato in quasi tutti glistudi di fisica solare come parametro di rife -rimento. Dal 1982 è attiva una rete di osser-vatori solari che fa capo allʼOsservatorioReale del Belgio, dove ha sede il SIDC (SolarInfluences Data Analysis Center) che ha ilcompito di rielaborare opportunamente i dati“grezzi” inviati da circa 80 osservatori sparsinel mondo per rendere noti gli ISN oInternational Sunspots Numbers, in altreparole i numeri di Wolf “ufficiali”. Questi datisono calcolati tenendo conto di tutte le va -riabili (o se preferite le complicazioni)introdotte dai vari osservatori, dal tipo di tele-scopio utilizzato, dalle condizioni di osser-vazione, dalla capacità di conteggio e via dis-correndo (si veda a tal proposito la serie diarticoli intitolati “I numeri del Sole”, apparsisu Meridiana dal numero 212 al numero215).

Grazie a queste precise analisi gli ultimicicli solari sono stati molto ben studiati ehanno confermato la loro periodicità media dicirca 11,2 anni (Schwabe aveva indicatoinizialmente una periodicità di 10 anni, cor-retta poi da Wolf in 11 anni circa). Chi peròcrede che, essendo stato studiato a fondo daWolf e successivi assistenti e collaboratori

tra Berna e Zurigo e che continuando aessere studiato con le osservazioni dellaSpecola Solare Ticinese, che prosegue ideal-mente e praticamente il lavoro iniziato daWolf quasi due secoli fa, il Sole si comporticon la tradizionale precisione di un orologiosvizzero, si sbaglia. I cicli non sono stati, nonsono e con tutta probabilità non saranno tuttiuguali. Se ne conoscono alcuni più brevi,della durata di circa nove anni e altri piùlunghi, che hanno sfiorato i 14 anni, mante-nendo però la durata media di 11,2 anni aoggi accettata.

In particolare quello attuale, cheseguendo la numerazione iniziata nel 1755 eproposta dallo stesso Wolf porta il numero24, è uno dei più strani, anomali, imprevedi-bili ma, permettetemi di dirlo, anche piùaffascinanti e intriganti mai osservati. Le“stranezze” del ciclo 24 sono parecchie e perelencarle tutte ci vorrebbe di sicuro un artico-lo dedicato interamente a questo argomento(si veda comunque quello pubblicato sulnumero 208 di Meridiana dal titolo “Ciclosolare 24: anomalie prevedibili”). Qui ci bastidire che, tra le tante, una ha particolarmentestupito gli osservatori e gli studiosi del Sole:la durata del suo minimo iniziale.Normalmente tra un ciclo e lʼaltro esiste unperiodo di alcuni mesi (detto di “overlapping”,cioè di sovrapposizione) in cui la fase finaledi debole attività di un ciclo viene progressi-vamente sostituita dallʼaltrettanto debole faseiniziale di quello successivo, destinata poi asalire nel tempo verso il massimo cheseguirà. Con le moderne tecniche di indaginedel comportamento del Sole è possibilecapire quasi con esattezza quando “cominciaun ciclo”, studiando alcune caratteristichemagnetiche della stella che seguono una

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Mario Gatti

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Figura 1 - Modello previsionale dell'andamento del ciclo solare 24 elaborato da D.Hathawaye collaboratori nel 2007, quando il ciclo avrebbe dovuto iniziare a salire verso il massimo.

All'epoca vi erano due tendenze: una che prevedeva un ciclo più "forte" del precedente, conun massimo nell'ultimo trimestre del 2012 e un'altra che al contrario prevedeva un ciclo piùdebole, con un massimo intorno al 2013. I due modelli sono evidenziati dalle relative curve

a forma di parabola sulla destra. Le curve tratteggiate rappresentano i margini di errore sullaprevisione dei numeri di Wolf. Poi il Sole ha di fatto smentito sia l'uno che l'altro modello.

Notare come anche nel ciclo precedente, il cui andamento è riportato nello stesso grafico, sisiano presentati due massimi in sequenza, uno tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001, l'altroall'inizio del 2003. Nei grafici sono riportati gli ISN (curve continue) in funzione del tempo.

(Cortesia: NOAA/SWPC)

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periodicità doppia di quella dei cicli dellemacchie. Ogni 22 anni circa infatti il campomagnetico del Sole fa un “giro completo”,cioè in circa 11 anni inverte la sua polaritàglobale e ripristina quella iniziale dopo altri11. Quindi dal punto di vista magnetico, unciclo solare dura circa 22 anni (lʼuso eccessi-vo del termine “circa” in questo contesto èdoveroso). Le zone del Sole dove compaionole macchie (dette regioni attive, che siaccompagnano anche ad altri fenomeni del-lʼattività solare come i flare) hanno delle benprecise caratteristiche magnetiche che pos-sono essere osservate con i magnetogram-mi, una sorta di “mappe magnetiche” delSole. In base a queste caratteristiche è pos-sibile stabilire se una certa regione attiva, inun periodo di overlapping ha caratteristichetali da poter essere assegnata al ciclo chesta morendo o a quello che sta nascendo.Nella fase di overlapping sul Sole convivonospesso regioni di un tipo e dellʼaltro.

Ebbene, questa volta puntuale come untreno svizzero, il Sole ha fatto vedere laprima regione attiva con le caratteristichegiuste per poter dire che il ciclo 24 era inizia-to, il 13 dicembre del 2007, esattamente seianni dopo il periodo di massimo precedente,avvenuto nel 2001. La regione in questioneera però solo una plage (o facola cromosfer-ica), cioè non presentava macchie sulla foto-sfera. La prima regione attribuibile al ciclo 24che ha prodotto macchie lʼha però seguita dipoco, ed è apparsa il 4 gennaio del 2008, auna latitudine di quasi 30 gradi Nord.

Quindi tutti felici e contenti di averassistito al felice parto del ciclo 24. E inveceno. Dopo cʼè stato il deserto, il nulla quasiassoluto. Fino quasi alla fine del 2010, quin-di con più di due anni di ritardo. Il Sole si è

divertito a giocare a nascondino con le mac-chie, producendone pochissime e per giuntaa basse latitudini (di solito le prime macchiedi un ciclo si presentano ad alte latitudini,anche oltre i 30 gradi in entrambi gli emis-feri), più volte anche con caratteristiche mag-netiche tali da essere attribuite al ciclo prece-dente, poi ha iniziato una lenta anche se pro-gressiva risalita verso il massimo. Valga undato su tutti: dal 10 luglio al 1. settembre del2009 non si è vista traccia di macchie. Nonaccadeva da oltre 100 anni che un interomese (quello di agosto 2009), se pur in fasedi minimo, trascorresse senza nemmenolʼombra (è il caso di dirlo) di una macchia.Quindi la fase di overlapping, che fisiologica-mente era stata di alcuni mesi almeno per gliultimi cicli accuratamente studiati, per lʼiniziodel ciclo 24 è durata circa due anni pro-ducendo quello che è stato giustamentedefinito come un eccezionale minimo prolun-gato. Questo ha indotto coloro che si occu-pano di una cosa difficilissima, una delle piùcomplicate di tutta la fisica solare, cioè laprevisione della durata e dellʼintensità di unciclo, a produrre un modello per il ciclo 24che viene illustrato, con le dovute spie-gazioni, in figura 1.

E qui uno si potrebbe aspettare che,tenuto debitamente conto di quanto era suc-cesso nei primi due anni di questo ciclopazzerello e con tutte le incertezze e gli erroridel caso, il modello avrebbe potuto più omeno funzionare. Ma ancora una volta il Soleha voluto prendersi gioco di noi e ci hamesso lo zampino, comportandosi a modosuo, alla faccia dei suoi previsori di attività,con un andamento che fino a oggi si è dis-costato di parecchio da quanto previsto daigrafici della figura 1. Qualcuno però sembra

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aver trovato una chiave non dico per spie-gare, ma almeno per interpretare questocomportamento bizzarro. Che poi magari èassolutamente normale, solo che a noi sem-bra strano solo perché non è allineato conquanto successo in passato, o almeno negliultimi cicli. Molto spesso infatti ciò che sem-plicemente è incomprensibile viene etichetta-to come diverso o bizzarro e non solo perquanto riguarda il Sole.

Richard C. Altrock, ricercatore delloSpace Weather Center of Excellence allʼAirResearch Laboratory di Sunpot, New Mexico,ha mostrato in passato (Altrock, “Solar Phys”.216, 343, 2003) che esiste una sorta di “mes-saggero” che preannuncia lʼapprossimarsi diun massimo solare. Altrock ha infattidimostrato, per i cicli 21 22 e 23, che il cosid-detto “rush to the poles”, cioè il progressivospostamento verso i poli delle protuberanzecoronali con associate emissioni di massa,raggiunge una latitudine critica, compresa tra74 e 78 gradi in entrambi gli emisferi dellastella, praticamente nello stesso periodo incui questa presenta il massimo di attività. Leosservazioni di questi fenomeni sono state

compiute da Altrock studiando lʼemissionecoronale nella riga del Fe XIV a 530,3nanometri, in una zona della corona centrataa 1,15 raggi solari. Solo due parole per spie-gare cosa si intende per “riga”: è un terminederivato dalla spettroscopia, branca della fisi-ca che analizza le frequenze della luce (spet-tro) emesse da atomi e molecole e dovuteallʼassorbimento e/o allʼemissione di energiada parte loro. Con “riga” si intende una certaradiazione monocromatica, cioè di frequenzafissa, prodotta da un elemento o da una mo -lecola. Nel plasma coronale del Sole sonopresenti, con diversi livelli di ionizzazione,numerosi elementi chimici e anche molecole,ma questo discorso ci porterebbe fuori tema.Tra questi anche atomi di ferro che, soprat-tutto per effetto dellʼelevata temperatura,hanno perso molti dei loro elettroni rispettoallo stato di neutralità elettrica. Sono quindidegli ioni positivi. Il ferro (ma anche gli altrielementi) è quindi presente nel plasma coro-nale con diverse specie ioniche, ciascunadelle quali produce uno spettro di frequenzecaratteristico. In particolare Altrock ha osser-vato lʼemissione di una certa frequenza (una

Figura 2 - Disegno della fotosfera, con gruppi e macchie, eseguito dall'autore il 21/10/2011.E' stata scelta questa data in quanto quel giorno, almeno per quanto riguarda le osser-

vazioni compiute nell'osservatorio dove l'autore lavora, è stato raggiunto il valore massimoper il numero di Wolf grezzo nel ciclo 24, valore a tutt'oggi ancora non superato. La data si

colloca pochi giorni al di fuori dell'intervallo temporale indicato da Altrock come quello possi-bile per l'ipotetico massimo emisferico anticipato del 2011 (Marzo-Settembre, si veda il

testo). Un margine di incertezza del tutto accettabile, di 21 giorni su sei mesi. Inoltre, comedetto nel testo, non è il singolo dato osservativo a essere significativo, ma la tendenza (in

questo caso mensile) su tempi più lunghi. Poiché l'autore utilizza il metodo di conteggio cheattribuisce un "peso" maggiore alle macchie con penombra o a quelle più marcate (special-mente in prossimità dei bordi del disco solare), il numero di macchie disegnate può non cor-rispondere con quelle conteggiate. Lo stesso metodo viene impiegato alla Specola Solare di

Locarno ed è la continuazione di quello introdotto dai successori di Wolf.

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riga corrispondente a una lunghezza dʼondadi 530,3 nanometri) emessa da atomi di ferroionizzati 14 volte, detti Fe XIV. Il nanometro,o nm, è pari a un miliardesimo di metro.

Lo studio di Altrock e quelli di altri ricer-catori che lo hanno seguito, ha mostrato chenon solo il “rush to the poles” annuncia lʼarri-vo di un massimo solare, ma che questoviene per così dire annunciato anche dalfatto che il numero di regioni attive osservatenella riga del Fe XIV supera il valore di 0,19(mediato su 365 giorni e in entrambi gli emis-feri) a latitudini comprese tra 18,3 e 21,7gradi. Applicando queste conclusioni allʼat-tuale ciclo 24 in un suo recente lavoro anco-ra in fase di pubblicazione Altrock ha notatoun rush intermittente che è stato possibileosservare bene solo nellʼemisfero Nord delSole. Nel 2009 è stata misurata una velocità(il termine è un poʼ improprio, ma rendelʼidea) di 4,6 gradi in latitudine per anno diavvicinamento alla zona critica. Se compara-ta con il valore di circa 9,4 gradi per anno deicicli precedenti questo dato non fa cheaggiungersi a quelli che mostrano la debolez-za di questo ciclo. Però nel 2010 la velocità ècresciuta fino a 7,5 gradi per anno: questosalto da 4,6 a 7,5 in un anno è un aumentorelativo mai osservato in precedenza, comese il ciclo 24 improvvisamente si fosse sve -gliato, senza seguire lʼandamento regolaredei suoi immediati predecessori... Estrapo -lando questo valore fino al raggiungimentodella zona critica intorno ai 76 gradi Altrockha ipotizzato che il Sole abbia già presentatoun massimo di attività in un periodo compre-so tra marzo e settembre del 2011. Ma

questo solo per quanto riguarda lʼemisferoNord. In quello Sud il rush, se esiste, è almomento davvero poco definito. Applicando idati degli scorsi cicli Altrock ha comunque sti-mato che intorno al mese di febbraio 2014 unsecondo massimo, questa volta nellʼemisferoSud, potrebbe seguire quello ipoteticamentegià avvenuto a Nord nel 2011.

Certo che ora lo scherzo del Sole si fapesantuccio: tutti pensavano che nel ciclo 24avrebbe presentato, dopo lʼeccezionale mini-mo prolungato iniziale, il massimo con unpaio dʼanni di ritardo, quindi grossomodoverso la seconda metà del 2013 ed ecco chelui prende tutti in contropiede. Anticipa di unanno il massimo rispetto al 2012 (calcolatocome 2001 più 11), lo fa solo in un emisferoe promette di regalarcene un altro nellʼemis-fero opposto ma con diversi mesi di ritardorispetto ai modelli previsionali iniziali, quellidella figura 1.

Premesso che in molti cicli (quasi tuttiquelli ben studiati) la stella ha presentato unmassimo (uno detto principale e lʼaltro secon-dario) in ogni emisfero sfasati di diversi mesi,e quindi almeno in questo caso il ciclo 24 nonsarebbe unʼeccezione, sorge comunquespontanea una bella domanda: ma Altrock ciavrà visto giusto? Le figure 2 e 3 mostranodue disegni della fotosfera eseguiti da mepresso lʼOsservatorio Solare dellʼISIS“Valceresio” di Bisuschio, in provincia diVarese, uno del 21 ottobre 2011 e lʼaltro esat-tamente di un anno dopo:

Ciò che balza subito allʼocchio èlʼenorme differenza nei numeri di Wolf grezzi:234 contro 84. Se il Sole avesse dovuto rag-

Figura 3 - Un altro disegno eseguito dall'autore esattamente un anno dopo quello della figu-ra 2, debitamente commentato nel testo e confrontato con quello dell'anno precedente.

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giungere un massimo nel 2013 le coseavrebbero dovuto andare quanto meno alcontrario. Nel disegno del 2011 si nota che,pur essendo presenti lo stesso numero digruppi (sei) nei due emisferi, il numero dimacchie è però prevalente nellʼemisferoNord: 81 contro 33, il che porta a un numerodi Wolf emisferico Nord (Rn) di 141 e unoemisferico Sud (Rs) di 93, con un rapportoRn/Rs di 1,23. Un anno dopo ci ritroviamosolo tre gruppi a Nord e due a Sud, con 24macchie per i primi e 10 per i secondi. È veroche cʼè ancora una certa prevalenza a Nord,però i valori sono estremamente più bassi: 54per Rn e 30 per Rs, quindi i due sono più“vicini” tra loro. Per di più i tre gruppi a Nordsi trovano a latitudini molto prossime allʼe-quatore (tra i 7 e i 15 gradi), comportamentotipico da Sole in fase post-massimo mentrealmeno un gruppo dellʼemisfero oppostoscende sotto i 20 gradi, quindi a una latitu-dine più normale per un gruppo in una faseascendente dellʼattività.

Qualcosa sembrerebbe deporre afavore dellʼidea di Altrock. Però, cʼè un però:lʼosservazione relativa a un giorno non haalcun significato. Un giorno vuol dire circa1/4000 di un ciclo ideale di 11 anni, cioènulla. Per avvalorare, o per smontare,unʼipotesi riguardante il Sole occorrono datidi anni, non di giorni e nemmeno di mesi.Fortunatamente sto seguendo giorno pergiorno lʼandamento dellʼattività solare diquesto interessantissimo ciclo e, analizzandoi dati completi del triennio 2010-2012 (2008 e2009 non fanno testo, perché in quegli anni ilciclo era in fase di gestazione prolungata),relativi non solo alle macchie ma anche ai

flare di potenza medio-alta, si può tentarenon dico di confermare (perché non ne sareiin grado) ma quanto meno di avvallarelʼipotesi di Altrock alla luce dei semplici datinumerici. I risultati di questo lavoro, attual-mente ancora in corso, verranno presentati inuno dei prossimi numeri di Meridiana.Pertanto abbiate pazienza qualche mese esaprete se, come direbbe Sherlock Holmes,un indizio non fa una prova, ma due fannolʼassassino. Salvo poi essere smentiti dal-lʼennesimo scherzo della nostra stella bur-lona.

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Tutti ricordiamo gli impatti multipli dellacometa Shoemaker-Levy 9 sul pianeta Giovenellʼestate del 1994 (vedi nostre osservazioni suMeridiana numero 113 e 114).

In questi ultimi anni gli assidui studiosi delpianeta gigante hanno osservato e fotografatoaltri impatti, anche se meno spettacolari perchédovuti a corpi più piccoli rispetto ai frammentidella cometa del 1994. Si calcola che il piùgrosso di questi ultimi (il “G”) avesse un diametrodi 2 chilometri, mentre si stima che gli asteroidiche hanno incontrato Giove nel 2009, nel 2010 equestʼanno, avessero un diametro inferiore ai100 metri.

Le tracce dellʼimpatto della cometa del1994, sottoforma di macchie più o meno scure,sono rimaste visibili da alcuni giorni a qualchemese sulla superficie nuvolosa del pianeta. Aseguito dellʼimpatto del 2009 si è osservata unamacchia scura simile a quelle del 1994 ma menopersistente, nel caso dei fenomeni del 2010 e del2012, si sono verificati semplicemente lampi diluce della durata media di 1-2 secondi, senzaresidui visibili (vedi foto dellʼevento 2012).

Un semplice calcolo di proporzione tra itempi di sorveglianza continua del pianeta equelli della durata dei fenomeni, ci portano apensare che impatti di tale portata su Gioveabbiano una frequenza di almeno uno al giorno(!). Ricordiamo che per quanto riguarda la Terrai relativi calcoli danno una frequenza di impattodi un corpo di 100 metri ogni 100 anni mentre unasteroide o un nucleo cometario di 2 chilometri(simile a quello della Shoemaker-Levy) precipitasulla Terra ogni milione di anni (mentre su Gioveciò avviene ogni 100 anni). Anche tenendo contodella differenza di superficie esposta, notiamoche la Terra subisce un millesimo degli impattiche avvengono su Giove. Molti studiosi pensanoche tale differenza sia proprio dovuta alla pre-

senza di grandi pianeti esterni (come Giove eSaturno) che fanno da “aspirapolvere” nei con-fronti dei piccoli corpi e delle comete che cir-colano in quelle regioni del sistema solare, pro-teggendo quindi i pianeti interni dagli impatti.

Guardando alla storia della vita sulla Terra,si è visto che molte delle estinzioni di massa chehanno modificato lʼevoluzione sono statecausate da impatti di corpi celesti di dimensionimaggiori di 10 chilometri. Il fatto che tali eventi siproducano solo ogni centinaio di milioni di anni(grazie alla presenza dei pianeti maggiori che ci“proteggono”), porta alla conseguenza che lavita può continuare a evolvere verso forme sem-pre più complesse. Anzi, sembra che una cata-strofe di questo genere, con questa frequenza,sia favorevole alla differenziazione e al rinnovodelle specie viventi. Dopo lʼevento del Cretaceo(65 milioni di anni fa) si sono estinti, oltre al 70per cento di tutti gli esseri viventi, anche i grandirettili che hanno lasciato il posto di dominatori anoi mammiferi.

Una frequenza maggiore di questi eventicatastrofici (per esempio ogni milione di anni)non permetterebbe alla vita unʼevoluzione pro-gressiva e quindi lo sviluppo di esseri intelligen-ti. Questo è uno degli argomenti macroscopiciche portano al ragionamento del “principioantropico forte” (PAF) ossia a quel pensierofilosofico detto anche “disegno intelligente”, chepresuppone lʼesistenza di un progettista-cre-atore. Tale principio afferma che la nascita elʼevoluzione dellʼuniverso sono finalizzati allamessa in esistenza di un essere vivente intelli-gente e cosciente (ma, aggiungiamo noi, nonnecessariamente solo dellʼuomo terrestre).

Questo principio nasce dalla con-statazione che l'esistenza dell'uomo dipendestrettamente dalle leggi fisiche che reggono lʼu-niverso, leggi che sono caratterizzate da costan-

Giove, grazie!Di nuovo a proposito del “principio antropico”

Sergio Cortesi

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ti numeriche, misurate attualmente con grandeprecisione. Per esempio: la costante gravi-tazionale (G), la massa dell'elettrone, (me), lavelocità della luce (c), la costante di Plank (h), lacarica dellʼelettrone (e), ecc.ecc.

Oggi la scienza è in grado di prevedere ecalcolare gli effetti di variazioni anche minime neivalori delle costanti fisiche e ha scoperto chequesti porterebbero a universi completamentediversi dal nostro. Anche solo lievi variazionidella costante di gravitazione per esempio nonpermetterebbero l'esistenza di stelle con duratadi vita di miliardi di anni, oppure non sarebbepossibile la sintesi del carbonio all'interno dellestelle ecc. ecc.

Tutto ciò ci fa pensare che tali costantifisiche (le stesse valide per tutto lʼuniversoosservato) siano state aggiustate molto fine-mente, tanto da rendere possibile la nostraesistenza.

Lʼunica alternativa a questa situazione

(ossia alla necessità di un progettista-creatore) èla soluzione logica a quello che prende il nomedi “principio antropico debole” (PAD). Esso affer-ma che “l'uomo (ed eventuali altri esseri autoco-scienti) esiste qui e ora proprio perché, casual-mente, in questo universo le costanti della fisica(e le sue leggi) sono precisamente quelle chesono”. Una tautologia che si limita alla sola con-statazione dei fatti: “se le leggi dell'universo nonfossero quelle che sono, noi non saremmo qui aparlarne”.

Hanno calcolato (ma è poi vero?) che leprobabilità di avere precisamente tutte le variabilicon i valori attualmente misurati (almeno fino alquarto decimale) è di una su 10120 (uno seguitoda 120 zeri). Lʼunica soluzione possibile è quindiche esistano innumerevoli universi, separati dalnostro e a noi inosservabili, in cui vi siano tutte lepossibili combinazioni delle costanti fisiche.

E qui viene in aiuto la cosmologia moder-na, con le soluzioni quantistiche (Multiversi di

Fotogramma di Gioveda un filmato del 10

settembre 2012 ripresodallʼastrofilo G.Hall

(Texas)

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Everett) o le teorie delle stringhe con il loro“Megaverso”. Teorie estremamente astruse pernoi poveri ignoranti, ma che, se prese per vere,portano il numero di universi possibili alla bellacifra di 10500 (!).

Si vede subito che, confrontata con lʼinfimaprobabilità citata più sopra, lʼesistenza di un uni-verso precisamente come il nostro non è solopossibile, ma altamente probabile. Anzi, tra i10500 universi esistenti ve ne saranno moltissimicon caratteristiche precise a quelle del nostro.

Riassumendo e semplificando molto laquestione, le alternative sono in definitivadue:1) il nostro universo è unico ed è stato creatoda un ente fuori dal tempo e dallo spazio (da noi

chiamato Dio) con il progetto di mettere inesistenza un essere cosciente che riassume insé una parte spirituale.2) esistono da sempre, in numero quasiinfinito, universi che non possono comunicaretra di loro e che hanno caratteristiche casualimolto o di poco diverse. Noi esistiamo in unodi quelli in cui le condizioni fisiche ce lo per-mettono.

Non cʼè una risposta definitiva alladomanda posta all'inizio (ossia come mai noiesistiamo), certamente la scelta tra le duesoluzioni possibili è una questione squisita-mente personale.

Rappresentazionetridimensionale di un

multiverso a bolle

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Questa nota è scritta pensando in partico-lar modo ai giovani astrofili, che malgradoInternet e le tecnologie connesse (CCD, WebCam, Telescopi Remoti ecc.) forse hanno dellelacune in storia dell'astronomia amatoriale. ECamillo Flammarion fu il tipico astrofilo fai da te,divulgando la scienza astronomica in tuttaEuropa, tra la fine del XIX° e il principio del XX°secolo.

Flammarion nacque il 26 febbraio 1842 aMontigny-le-Roi nell'Alta Marna francese, ebbe ilprimo contatto con l'astronomia il 9 ottobre 1847osservando, su indicazione della madre, unʼe-clissi anulare di Sole riflessa in un secchio d'ac-qua.

A undici anni osservò la cometa del 1853e ne fece un disegno pubblicato poi su”Astronomia popolare” nell'edizione italiana del1885.

Lavorò dal 28 giugno 1858 all'Osservato -rio Astronomico di Parigi alle dipendenze diUrbano Leverrier (1811-1877), grazie ai cui cal-coli, insieme a John Adams (1819-1892), nel1846 fu scoperto il pianeta Nettuno.

Sin da giovane possedeva una bibliotecaastronomica di buon livello, soleva dire che illibro è il prodotto più elevato del pensiero umanoe consigliava che i libri fossero disposti su scaf-fali a portata di mano e visibili, mai in doppia fila.

Il 5 ottobre 1858 disegnò, dalla terrazzadell'osservatorio, la cometa Donati, la più bellacometa di sempre, scoperta il 2 giugno daGiovanni Battista Donati (1826-1873) a Firenze.Flammarion divenne amico di Donati in occa-sione dell'inaugurazione dell'Osservatorio diFirenze nel 1872.

Scrisse numerosi libri, tutti di grande gradi-mento e quasi tutti tradotti in italiano. Ne elencoqualche titolo con l'intenzione di sollecitarne lalettura, anche se sono molto datati: “Le terre del

cielo”, “Fantasie cosmiche”, “Urania”, “La storiadel cielo”, “Astronomia popolare”, “Le stelle e lecuriosità del cielo” (tradotto dal francese daIsidoro Baroni), “In cielo e sulla Terra”, “Ifenomeni del fulmine”, ecc.

Flammarion fu grande pacifista e natura -lista, meno affascinante è la sua dedizione allostudio dello spiritismo negli ultimi anni della suavita.

Nel 1882 fondò una rivista astronomica"L'astronomie" e nel 1887 diede vita alla "SociétéAstronomique de France", ambedue tuttoraesistenti.

Chiudo questo breve e incompleto ricordocon un esempio del grande amore che nutrivaper la natura: nel suo studio-osservatorio diJuvisy, Flammarion non aprì una finestra perlungo tempo per non disturbare un nido nelquale, toccando i vetri, gli uccellini aprivano ibecchi per l'imbeccata della madre. Solo quandola nidiata se ne volò via con le proprie ali,Flammarion diede il permesso di aprire la fine -stra.

Ricordiamo CamilleFlammarion (1842-1925)

Uranio

Camille Flammarion nel 1883, anno di fon-dazione del suo osservatorio di Juvisy.

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La divulgazione astronomica in Ticino da novembre 2012 a gennaio 2013

Con l’occhio all’oculare…

Calina di CaronaLe date previste per lʼosservazione sono, incaso di tempo favorevole:

venerdì 1 marzo (a partire dalle 20h30)ev. venerdì 15 marzo (cometa Panstarrs)venerdì 22 marzo (a partire dalle 20h30)

LʼOsservatorio è raggiungibile in automobile.Non è necessario prenotarsi. Responsabile:Fausto Delucchi (079-389.19.11).

Monte GenerosoIl Gruppo Insubrico di Astronomia del MonteGeneroso organizza le seguenti serate diosservazione per il pubblico:

sabato 16 marzo(Luna, Giove, Auriga, Perseo,

ev. cometa Panstarrs)sabato 23 marzo

(Luna, Giove, Leone, Cancro, Gemelli,ev. cometa Panstarrs)

sabato 30 marzo(galassie M51, M64, M65, M81, M82)

Salita 19h15, discesa 23h15 col trenino. Perprenotazioni telefonare alla direzione dellaFerrovia Monte Generoso (091 630 51 11) o contattare [email protected]. Il ristorante provvisorio e la caffetteriasono agibili.

Specola SolareÈ ubicata a Locarno-Monti nei pressi diMeteoSvizzera ed è raggiungibile in automobi-le (posteggi presso lʼOsservatorio).Sono sempre sospese le attività di divulga-zione a causa dei lavori di ristrutturazionedellʼOsservatorio.

Monte LemaÈ entrata in funzione la remotizzazione/robo-tizzazione del telescopio. Per le condizioni diosservazione e le prenotazioni visitare il nuovosito: http://www.lepleiadi.ch/sitonuovo/

Per questi tre mesi non sono pianificateosservazioni in cupola per il pubblico.

Previste eccezionalmente per lʼosservazionedella cometa Panstarrs due serate:

sabato 16 marzo e sabato 23 marzo(corse speciali:

consultare il sito delle Pleiadi)Eʼ prevista a Tesserete (zona piscina) unaserata di osservazioni astronomiche:

venerdì 8 marzo (Giove, profondo cielo, ev. cometa Panstarrs)

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Visibilità dei pianeti

MERCURIO Il 18 gennaio è in congiunzione eliaca, quindi invisibile tutto il mese, mentreil 16 febbraio è già in elongazione e rimane visibile, anche se con difficoltà,la sera verso occidente. Invisibile nella prima metà di marzo e quindi dinuovo visibile, al mattino, per il resto del mese.

VENERE Ancora visibile al mattino in gennaio e la prima metà di febbraio. In seguitoinvisibile e in congiunzione eliaca il 28 marzo.

MARTE Difficilmente visibile in gennaio e invisibile nei due mesi seguenti.

GIOVE Visibile praticamente tutta la notte in gennaio e febbraio, nella prima metàdella notte in marzo, tra le stelle della costellazione del Toro.

SATURNO Visibile nella seconda parte della notte in gennaio e febbraio, praticamentetutta la notte in marzo, tra le stelle della costellazione della Bilancia.

URANO Visibile, tra le stelle della costellazione dei Pesci, nella prima parte dellanotte in gennaio, nelle ultime ore serali in febbraio. Invisibile in seguito percongiunzione eliaca il 29 marzo.

NETTUNO Visibile nella prima parte della notte fino a metà gennaio, tra le stelle dellacostellazione dellʼAcquario, in seguito invisibile. Il 21 febbraio in congiunzio-ne eliaca.

FASI LUNARI Ultimo Quarto 5 gennaio, 3 febbraio, 4 marzoLuna Nuova 11 gennaio, 10 febbraio, 11 marzoPrimo Quarto 19 gennaio, 17 febbraio, 19 marzoLuna Piena 27 gennaio, 25 febbraio, 27 marzo

Stelle filanti Lo sciame delle Quadrantidi arriva al massimo di attività il 3 gennaio.

Cometa Panstarrs Visibile nella costellazione dei Pesci alla sera dal 10 al 20 marzo, alla matti-na in seguito a sinistra del Quadrato di Pegaso. La sua magnitudine prevista,anche se ipotetica, varia tra 0 e 3.

Primavera La Terra si trova allʼequinozio il 20 marzo alle 12h02. Ha così inizio la prima-vera per il nostro emisfero.

Ora estiva Inizia il 31 marzo.

Effemeridi da gennaioa marzo 2013

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12 gennaio 23h00 TMEC 12 febbraio 21h00 TMEC 12 marzo 19h00 TMECQuesta cartina è stata tratta dalla rivista Pégase, con il permesso della Société Fribourgeoise dʼAstronomie.

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G.A.B. 6616 LosoneCorrispondenza:Specola Solare - 6605 Locarno 5