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MESSAGGERIDI GIOIA

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Rivista di informazione e di collegamento della Fondazione MigrantesAnno XXXVI - Numero 1 - Gennaio 2014

Direttore responsabileIvan Maffeis

DirettoreGian Carlo Perego

Caporedattore Raffaele Iaria

Direzione e RedazioneFondazione MigrantesVia Aurelia 796 - 00165 RomaTel. 06.6617901Fax [email protected]@migrantes.itwww.migrantes.it

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 17475 del 13.12.1978

Contributo stampa 2014Italia: 21,00 EuroEstero: 31,00 Euro

(via aerea 52,00 Euro)Un numero: 4,00 Euro

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Progetto grafico e impaginazione:

www.taueditrice.com

Stampa: Litograftodi Srl (PG)

EditorialeAbolito il reato di clandestinità 3Gian Carlo Perego

Primo PianoBruciati vivi nella fabbrica dormitorio 4Damiano Fedeli

ImmigratiPer una città dell’integrazione 6Sara Vatteroni

Tratta strutturale 9A cura dell’Ufficio immigrazione di Caritas Italiana

Una tendopoli in Calabria 11Domenico Marino

Rifugiati e richiedenti asiloPer accogliere Cristo nei rifugiati 12Antonio Maria Vegliò

Per fare tesoro delle esperienze 15

Studenti internazionaliUna sfida da vincere 16Maurizio Certini

Italiani nel MondoGli italiani in Lussemburgo tra passato e presente 19

60 anni di sacerdozio 21Bruno Mioli

Rom e SintiUna monaca ortodossa e i rom 23Marisa Chirico

Fieranti e circensiTrent’anni del Golden Circus 29

News Migrazioni 32

Segnalazioni librarie 33

Osservatorio giuridico-legislativo della CEILe migrazioni nella legislazione e nella giurisprudenza 34Alessandro Pertici

sommario

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2014 MENSILE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES ANNO XXXVI - NUMERO 1 GENNAIO 2014

Iscritto allaFederazione Italiana Settimanali Cattolici

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Il Senato ha approvato l’abolizione del reatodi clandestinità. Al di là degli effetti dellanorma – di fatto già annullata in questi ultimi

anni, soprattutto dopo la condanna della Cortedi Giustizia europea nel 2011 – in seguito al ri-corso di un giovane algerino che aveva avuto lapena di un anno di carcere dal tribunale diTrento, perché rimasto in Italia dopo aver avutoun decreto di espulsione – la trasformazione delreato di clandestinità in illecito amministrativopunibile solo se reiterato è un fatto politico eculturale importante. Infatti, la decisione delSenato salva il diritto di migrare delle persone,che spesso avviene in condizioni difficili, senzadocumenti, soprattutto per chi è costretto a mi-grazioni forzate (profughi, vittime di tratta…);al tempo stesso, salva il diritto dello Stato di re-golamentare le migrazioni. L’introduzione delreato avvenne nel 2009 con il ‘pacchetto sicu-rezza’, dietro una spinta ideologica della letturadell’immigrazione nel nostro Paese che di fattonon ha che generato illegalità, insicurezza, sfrut-tamento, oltre che criminalizzare le persone im-migrate, favorendo una gestione ‘padronale’ dellenostre città. L’abolizione del reato di clandestinitàè, invece, coerente con la necessità di riconoscerele diverse situazioni delle persone che arrivanoin Italia da 200 paesi del mondo, prima di rin-

chiuderli nelle carceri e nei CIE. È la vittoria diuna politica che legge il Paese reale, che per usciredalla crisi ha bisogno di valorizzare la risorsadell’immigrazione. È la vittoria della culturadell’ospitalità di persone diverse, valorizzandonela storia personale e costruire una presenza re-golare. Dal 2009 ad oggi, nel nostro Paese, troppevolte abbiamo perso occasioni e risorse – bastipensare a cosa sono costati allo Stato le migliaiadi procedimenti amministrativi e penali alla lucedell’introduzione del reato – nell’inventare stru-menti inutili di pressione sull’immigrazione, an-ziché iniziare un iter per rinnovare una leggesull’immigrazione che di fatto non ha permessol’incontro fra domanda e offerta di lavoro, cre-ando irregolarità, sfruttamento, perdita di risorsesignificative per costruire i necessari percorsi diintegrazione nella scuola, nella salute, nella par-tecipazione, che le migrazioni chiedono all’Italia.La scelta del Senato di abolire il reato di clande-stinità speriamo sia un segnale politico per unalettura e un governo diverso delle migrazioni eper il passaggio – come ha richiamato Papa Fran-cesco nel Messaggio per la Giornata del migrantee del rifugiato 2014 – “da una cultura dello scartoalla cultura dell’incontro”. Di questo ha bisogno ilnostro Paese. ■

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1 EDITORIALE 1

Abolito il reato di clandestinitàDa una cultura dello scarto alla cultura dell’incontroGian Carlo Perego

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Sono stati avvolti dalle fiamme all’alba delprimo dicembre, qualcuno colto nelsonno, nel capannone dove, fianco a fianco

negli stessi locali, lavoravano e vivevano al Ma-crolotto, periferia sud di Prato. Sono morti così,in modo orrendo, inutile ogni tentativo di fuga,sette cinesi che lavoravano in un “pronto moda”,una ditta di confezione di abiti, una delle tantegestite da orientali nella città toscana. L’incendioalla “Teresa moda”, scoppiato in una improvvi-sata cucina, si è portato via cinque uomini e duedonne. A lungo la loro identità è rimasta scono-sciuta. Alla fine è stato accertato che cinque diloro non avevano regolare permesso di sog-giorno.La loro tragedia ha portato sotto i riflettori na-zionali e internazionali un problema che daqueste parti è ben noto da anni e che la città,

guidata dal sindaco Roberto Cenni, ha cercatodi fronteggiare con i controlli congiunti di poliziamunicipale e forze dell’ordine, ispettori del lavoroe Asl. Ma il fenomeno appare troppo vasto e ra-dicato. “Qui è un far west”, ha dichiarato senzamezzi termini il Procuratore capo di Prato, PieroTony fotografando nei giorni successivi al rogola realtà cittadina. Una situazione di “insostenibileillegalità e sfruttamento”, come l’ha definita ilPresidente della Repubblica Giorgio Napolitanoscrivendo a Enrico Rossi, Presidente della RegioneToscana.La fabbrica che ha preso fuoco è una dei tanticapannoni-dormitorio della periferia pratese.Qui, appunto, si lavora, si mangia, si dorme inuna sorta di loculi in cartongesso ricavati nel ca-pannone, accanto alle macchine dove la produ-zione non si ferma praticamente mai. Una con-

1 PRIMO PIANO 1

Bruciati vivi nella fabbrica dormitorioUna morte orrenda per sette cinesi che lavoravano in un “pronto moda” a PratoDamiano Fedeli

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dizione che ricorda da vicino la schiavitù. Anchese un mediatore culturale come Matteo Ye, vocefra le più ascoltate della comunità cinese, affermadeciso: “Ma quale schiavitù! I cinesi di Pratonon sono schiavi, sono soltanto persone povereche fanno di tutto per uscire dalla miseria»”. Permolti di loro il percorso è simile: vengono inItalia per un periodo di qualche anno. Lavoranonei capannoni di Prato anche 18 ore al giorno.Mettono su quello che serve loro per ripagare ilviaggio e il necessario per una vita di relativobenessere al loro rientro in madre patria. Un’im-migrazione con queste caratteristiche rende ancheproblematico il percorso di integrazione. Questotipo di lavoratori ha infatti scarsissimi contatticon il resto della città.Eppure, qualche cosa si muove, anche nella co-munità cinese. Prima la fiaccolata organizzatadai cinesi vicino al capannone della strage, poi lastessa console cinese a Firenze, Wang Xinxia, trale lacrime durante il consiglio comunale straor-dinario nel giorno di lutto cittadino per la strage,hanno lanciato un messaggio: “Basta all’illegalità”.Mentre l’indagine sul rogo ha finora coinvolto iltitolare cinese della ditta ma anche il proprietarioitaliano che affittava il capannone. ■

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1 PRIMO PIANO 1

“È opportuno che si proceda a una revisionedell’accaduto, perché non si ripetano fatti cosìsconvolgenti da addebitarsi non solo alla fatalità,ma soprattutto all’egoismo di tanta gente chenon si ferma di fronte a nulla in nome deldenaro, assunto come nuovo idolo a cui tutto sideve sacrificare”. Sono alcune delle parole dimons. Franco Agostinelli, vescovo di Prato emembro della Commissione CEI per le Migrazioni,per la tragedia del Macrolotto. “Le comunitàpratese e cinese devono riuscire a pensare a unfuturo insieme, per raggiungere gli stessi obiettivie gli stessi ideali. Molti amici cinesi hanno giàscelto Prato come luogo definitivo in cui vivere:vogliamo considerarli come un’opportunità percostruire la società del futuro”.

Mons. Agostinelli: mai più fatti così sconvolgenti

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Al convegno tenutosi a Siena, il 20 novem-bre 2013, promosso da Commissione Mi-grantes Toscana, Centro Internazionale

Studenti “La Pira” di Firenze e Università perStranieri di Siena, sono stati sviluppati in parti-colare due aspetti ispirati al messaggio di GiorgioLa Pira: la centralità della città e della persona inquella che è la sua massima espressione “la lin-gua”, vista come veicolo per riappropriarci deiluoghi in cui viviamo.Affermò il grande sindaco di Firenze in un suocelebre discorso tenuto nel 1954 all’Assembleadei Comuni d’Europa: “Signori, vi chiedo: unadelle cause fondamentali di questa crisi – una crisiche tocca le concezioni basilari della persona umana,della società umana, della storia umana – non staforse nella crisi della città? Crisi di sradicamento,come è stato giustamente detto: sradicamento dellapersona dalla città, da cui la persona trae perfezionee misura! Perché la persona umana è in qualchemodo definita dalla città in cui si radica: come lapianta dal suo campo. La città con le sue misure, ilsuo tempio, le sue case, le sue strade, le sue piazze, lesue officine, le sue scuole, rientra in qualche modonella definizione dell’uomo!”.Parole profetiche: la città e l’uomo, protagonistinell’incontro che ha segnato il primo passo versola “Carta di Siena”, una proposta per l’integrazionedelle comunità straniere e una strategia che ripensiil ruolo delle città e delle nostre comunità.

La città come sintesi tra locale e globale: visionee programmi a livello globale ma azione locale,facendo leva su norme che radichino i cittadiniimmigrati nel territorio. Da qui l’adesione allaCampagna “L’Italia sono anch’io”, che proponeuna nuova Legge sulla cittadinanza basata sulloIus soli, il diritto di voto esteso ai cittadini stranieriresidenti in Italia da più di 5 anni, piani diedilizia pubblica che escludano i ghetti, realiz-zazione di luoghi di culto e, non ultimo, un in-vestimento sulla formazione della persona, pun-tando sulla lingua e il riconoscimento dei titolidi studio.Il convegno ha confermato anche la centralità

Per una cittàdell’integrazionePresentata la “Carta di Siena” promossa dalla Migrantes Toscana

Sara Vatteroni

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1 IMMIGRATI 1

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1 IMMIGRATI 1

del ruolo degli studenti esteri, ancora troppopochi nei nostri atenei. Si attestano al 4% sultotale degli iscritti all’università, in un paese,l’Italia, che non è in grado di trattenere i cervellie neanche di attrarli. Da qui la proposta contenutanella Carta di “investire nei paesi di origine concorsi di italiano di base, riconoscere i percorsi univer-sitari e scolastici realizzati all’estero, garantirel’ingresso a studenti e docenti dei paesi stranieri per

accrescere la competitività del nostro paese nellaricerca scientifica e rinsaldare i rapporti con la classedirigente dei paesi emergenti”. Una intuizione diLa Pira, un progetto d’integrazione per la cittàdell’integrazione, in grado di realizzare gli obiettivieuropei 2020, per una crescita intelligente, so-stenibile e solidale.La Ministra dell’Integrazione, Cécile Kyenge, si èresa presente con un suo articolato messaggio,

“Prevedere master, convegni, ma soprattutto valo-rizzare gli strumenti in tema di formazione equalifica di operatori previsti dalla Fondazione Mi-grantes è una necessità essenziale in tema di pasto-rale dei migranti”. È quanto ha affermato Mons.Franco Agostinelli in merito al contributo apportatodal convegno intitolato “La Carta di Siena”, orga-nizzato lo scorso 21 Novembre presso l’Universitàper Stranieri di Siena dalla Commissione MigrantesToscana, in collaborazione con il Centro Interna-zionale Studenti Giorgio la Pira e la stessa universitàospitante. “I responsabili e i collaboratori vannoinviati ad occasioni del genere perché la pastorale

dei migranti chiama ad una nuova forma di evan-gelizzazione, una frontiera che richiede operatoriformati. Ora – ha proseguito - dobbiamo mettere adisposizione e far ricadere a livello locale i documentie le voci emerse in occasione del convegno relativoalla “Carta di Siena”. All’interno delle Chiese toscane“cosa si fa in questo senso”?, si chiede Mons. Ago-stinelli, che esorta a mettere in circolo “testimonianzeper motivare, esperienze, piste utili ed indicazioni”,affinché gli appuntamenti stessi dell’anno sianovissuti in modo non folcloristico, ma piuttosto pre-parati in un’ottica di normalizzazione del processodi integrazione”.

Mons. Agostinelli: dopo Siena…

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1 IMMIGRATI 1

“Carta di Siena - Chiesa e Istituzioni per una cittàdell’integrazione, oltre l’emergenza”, questo il titolodel convegno svoltosi nell’Università per Stranieri diSiena lo scorso 21 Novembre. Un percorso ideato eorganizzato dalla Commissione Migrantes Toscana, instretta collaborazione con il “Centro InternazionaleStudenti Giorgio La Pira” di Firenze e la stessa Universitàper Stranieri di Siena, che per invito dei vescovi toscaniha interpellato numerose realtà ecclesiali e civili. Oltrealla delegazione Caritas regionale, la Pastorale giovaniletoscana, il Centro Missionario e l’Ufficio famiglia re-gionali, hanno trovato corrispondenza e ascolto lesollecitazioni derivanti dalla Settimana Sociale deicattolici toscani e le analisi fornite da alcune realtàdiocesane, in primis quella di Prato, interessata da unmassiccio fenomeno migratorio, per un percorso con-diviso e capace di portare ad una prima bozza prepa-ratoria di riferimento, intitolata appositamente “LaCarta di Siena”.Il documento è articolato in 8 punti tematici, com-plementari, condivisi e frutto di una costante sintesitra le commissioni laiche ed ecclesiali coinvolte. Pre-mettendo l’intento, gli autori ed i destinatari del do-cumento, il testo affronta l’approccio all’immigrazionetanto a partire dai primi contatti culturali, proponendola necessità di pianificare una promozione umana ecivile delle stesse unicità identitarie linguistiche,quanto ponendo senza mezzi termini l’accento sullanecessità di abolire il “reato di clandestinità” e di af-frontare la questione della cittadinanza e dei dirittipolitici. Non si sottrae in questi termini l’impegno

delle Chiese locali per una nuova evangelizzazione,chiamata a tenere conto di un processo avviato e in-controvertibilmente indirizzato alla promozione uma-na e civile in una società multiculturale. Vecchi enuovi spazi linguistici, vuoti o disumanità normativi,nuova evangelizzazione e soprattutto il cambio diparadigma e approccio culturale nei confronti delfenomeno migratorio, sono cardini che contraddi-stinguono il percorso che porta alla “Carta di Siena”. “Le centinaia di morti registrate nell’ultimo periodonel Canale di Sicilia, sono solo l’ultimo doloroso esitodi un processo mondiale divenuto permanente, quellodelle migrazioni, ancora gravemente trascurato emale interpretato nella nostra società, quando noncolpevolmente mal gestito in nome di interessi ga-rantiti da miopi e opportuniste posizioni politiche,le quali, a loro volta, hanno teso ad alimentare uncircuito mediatico spesso complice di un messaggioincompleto rispetto alla reale dinamica del fenomeno”,si legge nel paragrafo introduttivo della Carta. Èobiettivo di questo documento fornire un quadroche orienti istituzioni civili ed ecclesiali ad agire sullabase rispettivamente del Magistero della Chiesa edella Costituzione Italiana, ritenendo fondanti lacentralità della persona umana, dei diritti alla vita,alla libertà, alla giustizia, al lavoro, allo studio, allapartecipazione responsabile, alla pace, insieme alleresponsabilità individuali e collettive che sono ri-chieste.Ogni riferimento è rintracciabile sul sito www.mi-grantestoscana.it

La “Carta”

nel quale dice peraltro: “Focalizzarsi sul dibattitoin merito a temi fondamentali come l’integrazionelinguistica e la cittadinanza, sono certa, darà unprezioso contributo al cambiamento del Paese per ov-

viare, con azioni positive, a pregiudizi e atteggiamentidi intolleranza e sfruttamento che, nel nuovo orizzonteculturale e sociale che va delineandosi, diventanosempre più anacronistici”. ■

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Tratta StrutturalePresentato il Rapporto Caritas-Cnca

A cura dell’Ufficio immigrazione di Caritas Italiana

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“Una realtà consolidata e strutturale deisistemi di sfruttamento”. Definizioneapparentemente asettica, in realtà efficace

nel tratteggiare il carattere tutt’altro che estem-poraneo ed episodico che ha assunto, nel nostropaese, un fenomeno odioso: la tratta di esseriumani. Non ci sono improvvisazione né labilitàdi risorse e obiettivi, tra le reti criminali che ge-stiscono il fenomeno. E che lo vanno gonfiando,ogni giorno, sotto i nostri occhi.La definizione della tratta “consolidata e strut-turale” la si ricava da Punto e a capo sulla tratta.Primo rapporto di ricerca sulla tratta e il grave sfrut-tamento, presentato a Roma il 18 ottobre (in oc-casione della settima Giornata europea controla tratta di persone), da Caritas Italiana e dalCoordinamento nazionale delle comunità di ac-coglienza Cnca), in collaborazione con GruppoAbele e associazione On the Road.La ricerca ha ricostruito l’evoluzione del fenomenoin Italia dalla fine degli anni Novanta a oggi,mettendo a fuoco anche risultati e lacune del si-stema di protezione sociale rivolto alle vittimedi tratta. Il profilo è emerso dalla consultazionedi 156 enti e 199 operatori a vario titolo impegnatinel settore antitratta. Essi hanno evidenziatoche, pur rimanendo la prostituzione forzata instrada la tipologia di tratta più visibile e cono-sciuta, nell’ultimo decennio è progressivamenteil numero delle persone trafficate e sfruttate inaltri ambiti, tra cui quelli economico-produttivi

(in particolare agricoltura, pastorizia, edilizia,manifatture e lavoro di cura): la crisi economicae un mercato del lavoro precario e “flessibile”favoriscono l’invischiamento in sistemi di gravesfruttamento e tratta. Inoltre negli ultimi annisono state registrate non solo “nuove” forme ditratta, finalizzate all’accattonaggio forzato e adattività illegali coercitive, ma anche casi di vittimesoggette a sfruttamento multiplo (per esempiodonne costrette a prostituirsi e a spacciare; uominiobbligati a vendere merce al dettaglio, ad ele-mosinare e a spacciare o prostituirsi…).In Italia, i dati ufficiali sulle vittime di tratta ri-guardano quelle identificate e assistite dai progettidi protezione sociale secondo le normative invigore. In totale, dal 1999 al 2012, il dipartimentoper le pari opportunità della presidenza del con-siglio e gli enti locali hanno finanziato circa 830progetti, che hanno consistito di contattare o as-sistere circa 70 mila persone, a cui sono statiofferti informazioni, consulenza psicologica,consulenza legale, accompagnamenti socio-sa-nitari. Nel solo 2012, attraverso le unità di strada,gli enti partecipanti alla ricerca hanno effettuato23.878 contatti (21.491 con donne e ragazze,781 con uomini e ragazzi, 1.606 con personetransgender); più ridotti i numeri fatti registraredalle unità di contatto indoor. I contatti sonostati realizzati (anche per la maggior presenza diorganismi operanti nel settore) per il 61% alnord, il 25% al centro e il 14% al sud e nelle

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isole. Le persone assistite dagli enti sono soprat-tutto le giovani tra 18 e 25 anni (più del 50%); iprincipali paesi di provenienza sono Nigeria eRomania, ma in costante aumento risultano Bra-sile, Marocco, Cina, e si registra il ritorno del-l’Albania. Nella maggior parte dei casi, il percorsomigratorio inizia con la scelta volontaria dellapersona migrante di espatriare, più raramente lapartenza è frutto di un atto coercitivo. Ma ildebito contratto con persone terze per avere lapossibilità di lasciare il proprio paese diventaun fattore di vulnerabilità decisivo. A gestire latratta sono sempre più gruppi criminali fortementeradicati nei paesi di destinazione, con collegamentitransnazionali e notevoli capacità di abbinaretratta e sfruttamento ad altre attività illecite(traffico di migranti, di droga e di armi) e lecite(riciclaggio di denaro attraverso attività com-merciali regolari).Se mutevoli sono le rotte d’accesso all’Italia, chesovente coincidono con quelle di rifugiati e mi-granti “economici”, anche i luoghi di sfruttamentosi sono moltiplicati nell’ultimo decennio. Chi ècostretto a prostituirsi o mendicare, ora si trovanon solo sulla strada e nei classici luoghi alchiuso (appartamenti, hotel, night club), maanche in aree di grande scorrimento e flusso(stazioni ferroviarie, di metro e bus, mezzi pub-blici, centri commerciali, piazzole in prossimitàdegli ospedali, ecc.). Sempre più rilevante ancheil web, quale punto di incontro della domandae offerta di prestazioni sessuali, di lavori stagionaliin agricoltura, di cura o di altro tipo fornite(anche) da vittime di tratta. Insomma: il luogodi sfruttamento da “eccezionale” è diventato“normale”, compenetrato nella vita quotidianae teatro di uno sfruttamento non sempre rico-nosciuto come tale.Ciò che è rimasto immutato, è che le personetrafficate sono costrette a subire condizioni di

vita e di lavoro disumane. E vivono forme di di-sagio multiple. La violenza subita è ricomparsaa livelli elevatissimi: secondo gli enti intervistati,“il suo aumento è proporzionale al disinvesti-mento sul tema della tratta fatto sia di aiuto allevittime sia di contrasto”.Inevitabile, dunque, interrogarsi sulle responsa-bilità della politica. L’Italia dispone di strumentinormativi e di un sistema di interventi che alungo tempo ne hanno fatto il modello piùavanzato nel panorama europeo ed internazionaleper la tutela delle persone trafficate, nonché peril contrasto al fenomeno criminale. L’articolo 18del Testo unico sull’Immigrazione (decreto legi-slativo 286/98) e l’articolo 13 della legge 228/2003hanno permesso la costruzione della fitta rete diprogetti enumerati sopra: accoglienze residenziali,unità di strada, centri di ascolto e sportelli,azioni per l’inclusione socio-lavorativa e di for-mazione sportelli giuridici. La stragrande mag-gioranza dei servizi è erogata a donne. Questosistema, però, va ristrutturato per essere rivita-lizzato. Il rapporto sulla tratta elabora una seriedi raccomandazioni rivolte alle istituzioni centralie periferiche e a tutti i soggetti (anche privati)coinvolti. Occorre anzitutto rivedere e potenziarela governante del sistema degli interventi; permigliorare e potenziare l’attuale sistema di pro-tezione sociale, viene raccomandata l’istituzionedi un’Agenzia nazionale anti-tratta, provvista dirisorse umane ed economiche congrue, per svi-luppare una Strategia e un Piano nazionale anti-tratta pluriennali.Ai ministeri dell’interno e della giustizia sisollecita la piena e pronta applicazione delle di-sposizioni di legge, chiedendo a tutte le questuredi applicare entrambi i percorsi (“giudiziario” e“sociale”, quest’ultimo non richiede la denunciadegli sfruttatori da parte della vittima che collaboracon la giustizia) previsti dall’articolo 18 del Testounico.Infine, in considerazione del numero significativodi vittime di tratta non identificate e rinchiusenei Centri di identificazione ed espulsione (Cie),si raccomanda di migliorare le procedure diidentificazione e di collaborare con personaleanti-tratta specializzato, per evitare forme di ri-vittimizzazione istituzionale di persone trafficatecostrette al rimpatrio coatto o che, rilasciate, ca-dono di nuovo nelle reti di sfruttamento. ■

1 10 1 migrantiPRESS 1 1 gennaio 2014

1 IMMIGRATI 1

Dal 1999 al 2012, il dipartimento per le pariopportunità della presidenzadel consiglio e gli enti localihanno finanziato circa 830 progetti

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Spenta la ribalta mediatica che si scorge asinghiozzo della favela di San Ferdinandoe Rosarno, baracche, tende, container e in-

visibili sono tornati a sopravvivere, e a morire,lontano dai riflettori. Al loro fianco, un giornodopo l’altro, la diocesi di Oppido-Palmi, le par-rocchie e una serie di sigle del volontariato laico.Le istituzioni locali cercano di fare la loro parteanzitutto nella gestione delle strutture più omeno adeguate che accolgono i braccianti im-pegnati in agricoltura per 25-30 euro al giorno,spesso in nero. Sono quasi un migliaio solo nellatendopoli, ma almeno altrettanti, sopravvivononelle baracche sorte di fianco all’accampamentoe nel resto della piana di Gioia Tauro, nella mi-gliore delle ipotesi occupando catapecchie ab-bandonate.

L’anno passato la Curia ha gestito 40 mila euro,30 messi a disposizione dalla Caritas Italiana e10 dalle casse diocesane. Hanno coperto unaserie di spese ma sono finiti presto. Anzi prestis-simo. Nelle settimane passate il Ministero del-l’Interno ha promesso a Domenico Madafferi, ilsindaco di San Ferdinando, nel cui territorio co-munale sorge la tendopoli, 40 mila euro, masubito impegnati per la disinfestazione di tendee bagni, lasciando il problema del riallacciodella corrente elettrica poiché solo per il contrattoservono 12 mila euro che il Comune non ha.Tant’è che, sentitosi abbandonato dalle istituzionisuperiori e incalzato dai concittadini, impossi-bilitato a fare di più e finito pure in procura inseguito alla morte d’un liberiano, a novembre,in un’auto, poiché per lui non c’era posto nem-meno nelle tende, Madafferi ha minacciato divergare una nuova ordinanza di sgombero dellatendopoli e poi rassegnare le dimissioni. In pas-sato, in seguito a una verifica degli ispettori sa-nitari, il sindaco fu costretto a fare sgomberarela baraccopoli poiché mancavano le minimecondizioni igieniche. Eliminata la favela preesi-stente, fu creata la tendopoli che inizialmentegarantiva il minimo sindacale di vivibilità, macol tempo, la situazione è drammaticamentepeggiorata. Tant’è che, nei giorni scorsi, sonostati isolati tre casi di scabbia nella tendopoli eun focolaio di Tbc all’esterno. Sono preoccupato,afferma Domenico Madafferi. La diocesi di Oppido Mamertina-Palmi continuaa seguire con attenzione il caso in prima personacol vescovo Franco Milito, che può contare sul-l’impegno ininterrotto delle parrocchie. DonPino Demasi, parroco di Polistena lo scorsoanno aveva lanciato un’idea che non ha trovatosponde: distribuire gli immigrati nei vari centridella piana, individuando in ciascuno una siste-mazione, magari con l’aiuto dei Comuni. A quelpunto bisognerebbe risolvere solo il problemadei trasporti, con un mezzo che la mattina e lasera porti i braccianti sui campi di lavoro e acasa. Bisogna parlare di inclusione sociale, di la-voro vero e abitazioni decenti. Così non potrannopiù essere invisibili né scivolare su strade nonpositive, a cominciare dal lavoro nero, ha spiegatodon Demasi. ■

Una tendopoliin CalabriaAl fianco degli immigratila diocesi di Oppido-Palmie le parrocchie

Domenico Marino

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Pubblicato qualche mese fa e presentato nellaSala Stampa della Santa Sede il 6 giugnoscorso, il documento Accogliere Cristo nei ri-

fugiati e nelle persone forzatamente sradicate, delPontificio Consiglio della Pastorale per i Migrantie gli Itineranti, si occupa della situazione dei ri-fugiati ma affronta anche il tema degli sfollatiinterni e delle persone forzatamente sradicate,come pure del fenomeno del traffico di esseriumani. Il documento prende in esame gli sfollati internie le persone forzatamente sradicate. Si tratta didue gruppi di persone le cui esigenze devono es-sere meglio risolte. Coloro che, in condizionisimili a quelle dei rifugiati, non oltrepassano iconfini nazionali (Idps) non hanno i requisitigiuridici e istituzionali per ricevere protezione e

assistenza umanitaria da parte della comunitàinternazionale. I loro governi hanno la respon-sabilità del loro benessere e della loro sicurezza.Spesso, però, non riescono a intervenire perchénon sono in grado di fornire tali garanzie, quandoaddirittura non sono gli Stati stessi o gruppiarmati non statali a provocare lo spostamentoforzato.Tutto ciò si traduce in tassi elevati di malnutri-zione, malattie che si potrebbero prevenire eviolazione dei diritti umani. Il numero deglisfollati interni è cresciuto rapidamente in questianni. Fortunatamente anche la preoccupazionedella comunità internazionale per queste personecontinua a crescere e per proteggere i loro dirittisono stati predisposti programmi di assistenzaumanitaria. Per affrontare tale fenomeno, si è

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Per accogliere Cristo nei rifugiatiUna responsabilità di tuttiAntonio Maria Vegliò*

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compiuto un passo in avanti con la pubblicazionedei Principi guida sugli sfollati interni, nel 1998,un quadro giuridico non vincolante che copretutte le forme di sfollamento interno. Questostrumento si basa su disposizioni vigenti deldiritto internazionale. Nel dicembre 2012, poi,è entrata in vigore la convenzione per la tutela el’assistenza degli sfollati interni in Africa, notacome convenzione di Kampala. Si tratta delprimo strumento regionale al mondo che imponeprotezione legale per i diritti e il benessere diquanti sono costretti a fuggire all’interno delproprio Paese a causa di conflitti, violenze,disastri naturali o progetti di sviluppo.Il documento si occupa poi delle vittime deltraffico di esseri umani. Questo traffico esistenella maggior parte dei Paesi del mondo, sottoforme molto diverse. Qui parliamo di personeprovenienti da altri Paesi o regioni, che sono

state ingannate sugli obiettivi delle attività cheavrebbero svolto e che invece si trovano a viverein condizioni di sfruttamento. Non hanno piùla possibilità di dire una parola sul loro destino,né sulla loro vita. Il fine ultimo dei trafficanti èdi trarre profitto da queste persone, non rispar-miando loro minacce e violenze. Il traffico diesseri umani va oltre la cosiddetta “industria delsesso” e coinvolge nel lavoro forzato uomini,donne e bambini in settori quali l’edilizia, la ri-storazione, la ricettività, l’agricoltura e l’impiegodomestico, come pure nel traffico per il trapiantodi organi, nell’obbligo all’accattonaggio e nelreclutamento di bambini per i conflitti armati.Recentemente, durante un viaggio in Africa, hoascoltato la storia di una delle tante vittime in-nocenti dell’insensata violenza tribale. “Anna”era ovviamente nervosa. Gocce di sudore le co-privano il viso. Le sue mani si muovevano incontinuazione, facendo una sorta di cerchi nel-l’aria. Non si fermava un attimo. Ella ricordavaancora l’accaduto. Aveva cinque anni quando èsuccesso. I ribelli entrarono nel suo villaggio ebruciarono le case. Lei era in piedi immobile,con i suoi genitori, davanti alla casa in fiamme.Quando le uccisero i genitori, Anna dovette sca-valcare i loro cadaveri per essere portata nellaforesta. I ribelli minacciarono di ucciderla seavesse tentato di fuggire. Fu costretta a stare conloro. Dato che era una bambina, fu consegnataalla moglie del capo dei ribelli della qualedivenne la cameriera. Più tardi Anna imparò ausare la pistola e a sparare, proprio come glialtri bambini soldato costretti a praticare la vio-lenza. Lei non avrebbe voluto raccontare quantoera successo. Era stato terribile. A volte ancora leappaiono dei volti nella notte. Durante i com-battimenti non aveva paura di nessuno, dopotutto lei era stata protetta. Rimase nove anni coni ribelli. Poi finalmente quella guerra finì.Le iniziative per combattere il traffico di esseriumani devono mirare a offrire e sviluppare realiprospettive per sfuggire al ciclo di povertà, abusie sfruttamento. Le congregazioni religiose che la-vorano nella rete internazionale denominataTalitha Kum (Rete internazionale della vita con-sacrata contro il traffico di persone) sono moltoimpegnate nell’assistenza alle vittime dello sfrut-tamento sessuale. Ciò comporta l’ascolto delleloro sofferenze, il sostegno con un’appropriata

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Le iniziative per combattere iltraffico di esseriumani devono mirare a offriree sviluppare realiprospettive per sfuggire alciclo di povertà, abusie sfruttamento

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assistenza, il supporto necessario per sfuggire allaviolenza sessuale, la creazione di alloggi sicuri, laconsulenza per favorire l’integrazione nella societàe l’acquisizione di un permesso di soggiorno o diun aiuto per ritornare in modo accettabile nelPaese d’origine. Inoltre, si promuovono attivitàdi prevenzione e di sensibilizzazione.La Chiesa si erge a difesa di immigrati, rifugiati,sfollati e vittime del traffico di persone sia alivello parrocchiale che nazionale e internazionale.Ciò si manifesta in molte forme diverse, comel’advocacy, il sostegno materiale, i soccorsi nelleemergenze, la risposta alle necessità spirituali, ilministero sacramentale e l’attenzione a tutto ciòche aiuta a guarire, rafforzare e responsabilizzarei singoli e le loro famiglie. Il nostro servizio nonè che la traduzione concreta della nostra fede.Bisogna comunque ribadire che la sollecitudinepastorale verso le persone sottoposte alla migra-zione forzata è una responsabilità collettiva.Sono necessari sforzi concertati per essere presentie portare conforto ai rifugiati e alle persone for-zatamente sradicate. Lo spirito di accoglienza èfondamentale e deve essere tradotto in un com-portamento sociale di particolare sensibilità. Ciò

avrà conseguenze immediate per le Chiese diorigine, di transito e di destinazione dei flussimigratori. Il documento Accogliere Cristo neirifugiati e nelle persone forzatamente sradicate faappello a un impegno supplementare, alla col-laborazione e allo scambio, come anche aldialogo sulla disponibilità di personale e sul di-verso uso dei mezzi finanziari.La Chiesa ha un particolare contributo da dareaffinché si comprenda che la migrazione forzatadeve essere vista in una prospettiva più ampia,che ha conseguenze individuali, sociali e comu-nitarie. In aggiunta, uno sforzo per creare consa-pevolezza e per sensibilizzare porterà a unamigliore comprensione del fenomeno, delle suecause e delle sue conseguenze. Questo favoriràancor più il dialogo interreligioso e la cooperazioneinterculturale. Lasciarsi interpellare dalla presenzadi rifugiati, richiedenti asilo e altre persone forza-tamente sradicate ci spingerà ad uscire dal piccolomondo che ci è familiare, in missione, nella co-raggiosa testimonianza dell’evangelizzazione. ■

* Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

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Per fare tesoro delle esperienzeÈ nata Europasilo

Ènata Europasilo, una rete nazionale per ildiritto di asilo che ha fra i suoi soggetti pro-motori realtà dislocate su tutto il territorio

nazionale, dal Piemonte alla Calabria. La rete hapreparato una carta d’intenti che riporta gli obiet-tivi perseguiti, gli strumenti operativi e la meto-dologia di lavoro.Fra i suoi obiettivi si legge nella Carta di intenti:• Promuovere un’evoluzione del diritto europeo

in materia di asilo adeguato a rispondere allesfide poste dai cambiamenti determinati dal-l’evoluzione degli scenari internazionali [...].

• Rafforzare, nel diritto europeo e nella normaitaliana, un’effettiva protezione giuridica esociale garantita ai richiedenti asilo e airifugiati [...].

• Promuovere una nuova legislazione organicain materia di asilo che dia attuazione all’art. 10co.3 della Costituzione della Repubblica [...].

• Promuovere campagne di sensibilizzazioneed iniziative culturali e politiche finalizzate aottenere l’inserimento del reato di tortura nelcodice penale italiano.

• Promuovere studi e ricerche di taglio interdi-sciplinare, valorizzando quanto già realizzatoda singoli aderenti alla rete sottoforma di os-servatori regionali e in altre forme [...].

• Promuovere occasioni di confronto e di co-ordinamento, anche attraverso la realizzazionedi campagne e progetti comuni [...].

• Condividere esperienze, buone prassi e mo-dalità di gestione dell’accoglienza dei richie-denti asilo e dei percorsi di inclusione socialedei titolati di protezione internazionale oumanitaria anche al fine di elaborare modelliinnovativi di intervento da condividere alivello europeo.

• Sostenere e realizzare iniziative culturali e di-

dattiche che permettano di rafforzare nellasocietà italiana ed europea una maggiore at-tenzione alla tutela dei diritti fondamentali erafforzino una cultura dell’accoglienza e del-l’apertura verso una società multiculturale.

Spiega Gianfranco Schiavone, coordinatore na-zionale della rete, fondatore nel 1991 del Con-sorzio Italiano di Solidarietà, segretario dell’ASGIe autore dello studio “Il Diritto alla Protezione”(2010): “L’obiettivo della rete è quello di collegarele esperienze che condividono i principi presentinella carta superando quella che è stata la situ-azione che ha caratterizzato gli ultimi anni,ovvero una grandissima dispersione e frammen-tazione – quasi un’atomizzazione – delle realtàche si occupano di tutela dei rifugiati a livelloterritoriale in esperienze anche molto interessanti,ma che rimanevano isolate l’una rispetto all’altra.Si cercherà dunque di connettere, attraverso uncoordinamento nazionale, realtà diverse”. ■

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Aderiscono alla rete Europasilo l’AssociazioneAsilo in Europa (Bologna), Associazione perl’Ambasciata della Democrazia locale a Zavidovicionlus (Brescia), Associazione Progetto Accoglienza(Borgo San Lorenzo - Firenze), CIAC onlus (Parma),Società Cooperativa Sociale Camelot (Ferrara),Cooperativa Sociale Ethica (Cassino), GruppoLavoro Rifugiati onlus (Bari), ICS Ufficio Rifugiati(Trieste), Associazione Culturale Multietnica LaKasbah (Cosenza), Cooperativa Sociale K-Pax(Breno- Brescia), Coordinamento Nonsoloasilo(Piemonte), Cooperativa Sociale Promidea (Co-senza), Associazione Il mondo nella città onlus(Schio - Vicenza).

Realtà aderenti

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Una sfida da vincereStudenti internazionali nelle università italiane. Intervista al sociologo Giampiero ForcesiMaurizio Certini

Giampiero Forcesi è stato stretto collaboratoredi mons. Remigio Musaragno fondatoredell’UCSEI (Ufficio Centrale Studenti Esteri

in Italia), ente che fin dagli anni Sessanta si èoccupato dell’accoglienza, del sostegno, dellavalorizzazione degli studenti esteri universitari.Erano gli anni “nuovi” del Concilio Vaticano II,della “Populorum Progressio”, della “Gaudiumet Spes”, della “Evangelii Nuntiandi”, della“Nostra Aetate” ... Musaragno, sulla spinta di quelle grandi Encicli-che, aveva chiaro come l’evangelizzazione dovesseprocedere di pari passo con la promozioneumana ed il rispetto per ogni cultura o religione.Il giovane sacerdote si distinse per sensibilitàe lungimiranza scegliendo di mettere la sua vita

al servizio degli studenti che giungevano da lon-tano e che considerava potenziali ponti di pace,ponti culturali ed economici tra Paesi. Rivolgiamo a Forcesi alcune domande, ponendocidi fronte alla realtà di oggi.

Date le maggiori disponibilità per il sostegnopubblico agli studenti da parte di alcune Azien-de Regionali per il Diritto allo Studio, vedeancora utile la promozione di Centri per l’ac-coglienza degli studenti, sostenuti dal Volon-tariato? Dipende da come si guarda a questa realtà deglistudenti stranieri. Certamente oggi registriamoun atteggiamento delle istituzioni più favorevolenei confronti dei cosiddetti “studenti interna-

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zionali”. Le università credono di più nell’im-portanza di avere studenti di ogni parte delmondo nelle loro aule. Le Aziende regionali peril diritto allo studio non fanno discriminazioni.Però, restano aperti molti problemi soprattuttoper gli studenti non comunitari. Le norme deivisti d’ingresso e dei permessi di soggiorno,restano molto vischiose e scoraggianti. In alcuneregioni d’Italia, le borse di studio sono moltopoco sostanziose e i posti-letto scarsissimi. Se noi guardiamo agli studenti stranieri nell’otticadei giovani che provengono dai Paesi più arretrati(e di quelli che vorrebbero venire ma non ci rie-

scono) e, in generale, dei giovani non comunitariche hanno famiglie non abbienti, allora ritengoche un impegno, anche sul piano di strutture diaccoglienza comunitarie, gestite con l’aiuto delvolontariato, sia ancora oggi molto importante. Oltre l’accoglienza, cioè l’offerta di alloggi abasso prezzo, dovrebbe, io credo, riguardareanche alcune altre questioni importanti. Penso,ad esempio, alla necessità di premere sul Ministerodegli Esteri perché le rappresentanze consolari,specie in Africa, non respingano, spesso immo-tivatamente, le domande di visti d’ingresso perstudiare in Italia e svolgano, invece, un’azionedi promozione e di facilitazione (per esempioper quanto riguarda la lingua). Penso al ricono-scimento dei titoli di studio, che deve esseresemplificato. Penso alle enormi difficoltà, ancoraoggi, per ragioni di visti e permessi, a potersimuovere fra l’Italia e il proprio Paese d’originedurante gli studi e, ancor peggio, dopo averliterminati. Inoltre le università italiane dovrebberoavere più coraggio e lungimiranza nel collaborarecon le università anche dei paesi meno sviluppatie che sarebbe opportuno che, in questi percorsidi cooperazione, favorissero la partecipazionedei giovani di quegli stessi Paesi che studiano inItalia. Ma tutto questo è possibile se, agli studentistranieri provenienti da zone molto “arretrate”,oltre ad offrire migliori strutture di accoglienza(borse di studio, alloggi, tutor, etc.) si riesce adoffrire anche spazi di incontro, di dialogo, di ri-cerca comune, in cui si sostenga e si promuovain loro il desiderio di essere protagonisti di unpercorso di vita che migliori non solo le propriecondizioni ma anche quelle dei loro compagnie delle loro comunità di origine. In questo senso,iniziative come è stata quella dell’UCSEI e delsuo Centro Giovanni XXIII e, com’è ancor oggi,quella del Centro Internazionale Studenti LaPira di Firenze sono, io credo, molto importanti.

Come sono mutati nel tempo i flussi in entratadegli studenti internazionali? Qual è il pano-rama odierno?Dopo la stasi degli anni Ottanta e Novanta,negli ultimi dieci anni il numero delle presenzeha ripreso ad aumentare. Oggi sfiora il 4% dellapopolazione universitaria. Un numero che, però,resta molto inferiore rispetto alla Francia (8,8%),alla Germania (11%), alla Gran Bretagna (22%).

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Non c’è un nesso stretto tra la nazionalitàdegli studenti universitaristranieri e la nazionalitàdegli immigrati: ad esempio, il Marocco è il primo paeseper immigrati in Italia mapochi sono, in proporzione, gli studenti marocchininelle nostre università (meno di 2.000); alta èl’immigrazione filippina inItalia ma bassa lapercentuale di studentiuniversitari filippini…

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Si tratta di circa 67.000 studenti, a cui si debbonoaggiungere altri 6.000 giovani che frequentano icorsi post laurea e oltre 4.000 che sono iscritti aicorsi di alta formazione artistica e musicale. I trequarti sono studenti non comunitari. Rispettoal passato le novità maggiori riguardano anzituttoil fatto che ormai circa il 30 per cento deglistudenti stranieri iscritti nelle università sonofigli di famiglie immigrate; si tratta, dunque, distudenti di cittadinanza straniera residenti inItalia già anni prima dell’iscrizione all’università.Non c’è, però, un nesso stretto tra la nazionalitàdegli studenti universitari stranieri e la nazionalitàdegli immigrati: ad esempio, il Marocco è ilprimo paese per immigrati in Italia ma pochisono, in proporzione, gli studenti marocchininelle nostre università (meno di 2.000); alta èl’immigrazione filippina in Italia ma bassa lapercentuale di studenti universitari filippini, ecosì via. Dal punto di vista della provenienza, siè ormai stabilizzato il forte afflusso di studentialbanesi, che sono la popolazione studentescapiù numerosa (circa un quinto del totale). Par-tendo da zero ancora dieci anni fa, sono ora inforte ascesa gli studenti cinesi (al secondo posto,con circa 7.000 iscritti). Alto il numero deirumeni (quasi 7.000). Rispetto alle presenze“storiche”, quelle degli anni Sessanta e Settanta,si può osservare un calo, in generale, deglistudenti dell’Europa Occidentale e del NordAmerica, un forte calo degli studenti della Greciache per decenni è stata al primo posto (ora sonopresenti circa 2.000 giovani), e una costante pre-senza, con qualche oscillazione legata agli eventipolitici locali, di studenti dell’Iran (oggi circa2.700), di Israele e i Territori palestinesi, del Ca-merun (il solo paese sub sahariano con una pre-

senza significativa di studenti: circa 2.700) e dialcuni paesi sudamericani (in particolare, daalcuni anni, il Perù, con 2.000 presenze circa).Dal punto di vista della scelta degli studi, Medicinanon è più al primo posto (è al terzo); predomi-nano Economia (18,5% del totale) e Ingegneria(14,8%).

Non pensa che l’Italia, attraverso i laureatistranieri presso le proprie università, possacogliere l’opportunità di avere “ambasciatori”che favoriscano scambi ad ogni livello? Comepotrebbe il nostro Paese (attraverso il MAE,gli imprenditori, gli Enti Locali …) utilizzareun “capitale umano” così prezioso?Questo è, ad oggi, il punto dolente della questione.Maggiore sviluppo, e sviluppo più umano, si-gnifica pace per tutti. In seguito si è cercato difar leva anche su un altro aspetto dell’interessedel paese Italia a valorizzare i giovani stranierilaureati: quello, come lei dice, di vedere in loroun capitale umano prezioso per intensificare gliscambi, anche economici, con tante parti delmondo. Ma perché questo possa avvenire, ci vuole moltoimpegno. Si sta discutendo in Parlamento di ri-formare la Legge sulla cooperazione, che risaleal 1987. Vi si dovrebbe inserire la possibilitàanche per i cittadini stranieri che vivono estudiano in Italia di esercitare il ruolo di volontarie cooperanti nei progetti di cooperazione. Ma,al di là di questa auspicabile nuova norma, an-drebbero promosse esperienze di cooperazionetra comunità locali, imperniate su nuclei di mi-granti, e tra essi in particolare i giovani laureati,che vogliano impegnarsi a far nascere o a rafforzareiniziative locali di sviluppo nei loro paesi di ori-gine. In queste esperienze di cooperazione po-trebbero essere impegnati, in Italia, centri di for-mazione professionale, dipartimenti universitari,enti locali, camere di commercio, imprese, coo-perative, mondo dell’associazionismo. Non sono percorsi affatto facili. E anche qui ilvolontariato, l’associazionismo di base, e certa-mente le comunità ecclesiali locali, ricche comesono di esperienze missionarie e di relazionicon le aree più arretrate del Sud e dell’Est delmondo, possono essere il soggetto in molti casidecisivo per far nascere e progredire queste ini-ziative.■

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Il Lussemburgo ha una parte della sua storiaintrecciata a quella italiana: Celti, Romani eFranchi hanno popolato la regione, dall’anti-

chità fino alle soglie del Medioevo. La contea diLussemburgo è stata fondata nel 963, elevatanel 1354 al rango di ducato del Sacro RomanoImpero. Dalla fine del XV secolo, esso perse l’in-dipendenza e Borgognoni, Spagnoli, Austriaci,Francesi si susseguirono, fino alla ritrovata indi-pendenza del Paese nel corso del XIX secolo.Nel Medioevo, l’allora ducato diede i natali ad

Arrigo VII, meglio conosciuto come Enrico, im-peratore del Sacro Romano Impero, che nel 1308fu incoronato re d’Italia a Milano e, alla suamorte, dopo l’incoronazione imperiale a Roma,fu sepolto nel Duomo di Pisa nel 1313.Dante lo cita nel De Monarchia come colui cheavrebbe dovuto portare la pace in una terra, lanostra Italia, dilaniata da divisioni e lotte intestine«De(l) l’alto Arrigo, ch’a drizzare Italia verrà inprima ch’ella sia deposta». E nella Divina Commediagli riserva un posto in Paradiso (canto XVII):

Gli italiani in Lussemburgo tra passato e presentePer la prima volta il Rapporto italiani nel Mondo 2013,ha pubblicato un capitolo sulla comunità italiana

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con Clemente V «il guasco» c’è «l’alto» Arrigo,imperatore di Lussemburgo, seduto nell’anfiteatrodei Beati, accanto a Beatrice. La storia ci racconta che il legame tra i due Paesisi rafforza con l’emigrazione. «Risale infatti alla fine del 1800 la prima immi-grazione italiana – racconta la giornalista – inquesta terra dalle colline e montagne basse,solcata da numerose valli. Le miniere di ferroall'estremità meridionale, dove c’è una strettafascia di terra rossa, nota come Minette o Landadi terra rossa, attirarono la manodopera italiana. Inseguito, è stata la siderurgia a testimoniare ilduro lavoro di migliaia di nostri connazionali,che furono impiegati nelle acciaierie fino allacrisi degli anni ‘70. La nostra storia è stata rac-contata e trascritta da Benito Gallo nel libroCentenario. Gli italiani in Lussemburgo (2002),testimonianza delle vite non sempre facili deinostri connazionali».Il Rapporto Italiani nel Mondo della Migrantesè stato presentato in Lussemburgo lo scorso 18novembre, nella sede del Clae - la piattaformaassociativa che riunisce le associazioni stranierenel Granducato di Lussemburgo - che ha ospitatol’evento, organizzato da PassaParola Magazine(mensile italiano fondato nel 2004 da MariaGrazia Galati e Paola Cairo www.passaparola.in-

fo), la Dante Alighieri Comitato Lussemburgo(www.dante.lu), il CDMH (Centre de Documen-tation sur les Migrations Humaines,www.cdmh.lu),l’associazione Convivium (www.convivium.lu),con la Libreria italiana e la sezione di Lettereitaliane dell’Università di Lussemburgo (www.ital-ianistica.lu), oltre al Centre Jean XXIII(www.fmsc.cathol.lu). Tra i relatori don GiovanniEhret, sacerdote della comunità italiana dellacripta della cattedrale di Notre Dame e DelfinaLicata, curatrice del volume.«Oggi il Granducato – afferma ancora PaolaCairo – si presenta come “una miscellanea dinazionalità” (166) e negli ultimi 3 anni ha vistoaumentare esponenzialmente anche il numerodegli italiani (insieme agli spagnoli, portoghesie greci) che, a causa della crisi economica, cercanonuovi sbocchi di vita e di lavoro e arrivano inquesto piccolo Stato nel cuore d’Europa allaricerca di nuove opportunità». Proprio sull’argomento delle nuove mobilità siè concentrato l’intervento della giornalista, cheavvalorato da materiale raccolto e pubblicatosul mensile italiano, ha fatto emergere le storiedelle persone che vanno oltre i numeri e le sta-tistiche ufficiali. ■ (P.C.)

Il Granducato di Lussemburgo è situato nelcuore dell’Europa tra Francia, Germania e Belgioe con una superficie di 2.586 kmq è consideratouno degli Stati più piccoli d’Europa.Secondo i dati Aire aggiornati a gennaio 2013 icittadini italiani residenti in Lussemburgo sono23.960 di cui 11.515 donne. La Puglia, con 6.122presenze, è la prima regione di origine degliitaliani qui residenti seguita, a larga distanza,da Umbria (1.773), Friuli Venezia Giulia (1.705),Lombardia (1.616), Marche (1.564), Abruzzo(1.471), Calabria (1.368), Sicilia (1.261) e Veneto(1.202).

Alcuni dati

RAPPORTOITALIANI

MONDONEL

2013

FondazioneMigrantes

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“A ffido alla misericordia divina i sessan-t’anni di sacerdozio vissuti con gioia”,si legge sull’immaginetta ricordo raffi-

gurante un calice, un’ostia e spighe di grano, di-stribuita agli amici e simpatizzanti che gremivanola cattedrale di Reggio Calabria la sera del 26settembre: il carissimo don Antonino celebrava,

attorniato da decine di confratelli presbiteri ediaconi la messa giubilare, presieduta dall’Arci-vescovo Giuseppe Morosini. Il presule, anche se appena da due settimanenuovo vescovo di Reggio-Bova, deve ben conoscereda lungo tempo il festeggiato, perché ne ha trac-ciato il profilo sacerdotale con abbondanza di

60 anni di sacerdozioPer mons. Antonino Denisi per anni Direttore Migrantes in CalabriaBruno Mioli

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richiami alla sua molteplice e feconda attivitàanche fuori diocesi sul piano pastorale e in altrisettori, come quello delle comunicazioni sociali,che gli ha meritato dal vescovo la definizione diapostolo della “carta stampata”. Un accenno nel-l’omelia anche al suo apostolato nel settore dellemigrazioni, ciò che ha fatto esultare di gioia gliimmigrati presenti, in particolare i filippini, chegli hanno offerto al termine della messa unaelegante targa dove è scolpita a grandi caratterila loro riconoscenza per quanto hanno ricevutoda questo sacerdote; a lui infatti va il meritodella istituzione della “Comunità Cattolica Fi-lippina di Reggio”. A dire il vero don Antonino è vissuto immersoin questo grande mondo della mobilità umana,e non soltanto in quello delle recenti immigra-zioni, per la maggior parte della sua vita sacer-dotale, per almeno cinquant’anni. Solo pochiamici ricordano che già nel 1961 il giovane pretemeridionale aveva speso sei mesi a Torino peraiutare le parrocchie torinesi a far accoglienza aitantissimi giovani che lasciavano il Sud percercare un’occupazione e un avvenire al Nord.Come si sa, questa fiumana incontenibile di

gioventù non si fermava solo al triangolo indu-striale dell’Italia Settentrionale, ma valicava leAlpi e si disseminava per tutta l’Europa. Anchecostoro rientravano nel suo interesse e non perhobby personale, infatti per decenni ha assuntoformalmente il compito di Direttore Diocesanoe poi anche Regionale della Migrantes, un compitoche ha protratto, come ogni altro servizio, “conamore, intelligenza e dedizione” (colgo questeparole dall’omelia del Vescovo) fino al 2010;l’arco di tempo dal 1961 al 2010 è appunto dimezzo secolo: 50 anni spesi a servizio dei migrantinella sua Reggio, in Calabria e, di riflesso, araggio nazionale, dato il suo stretto e attivo rap-porto con la Fondazione Migrantes.Complimenti e gratitudine a lui dai tantissimiche l’hanno conosciuto, hanno beneficiato econtinuano a beneficiare della sua opera. Questagratitudine mons. Antonino Denisi la rivolge aDio nella immaginetta ricordo e in quelle breviparole dette al termine della celebrazione euca-ristica con voce che pareva stentata, ma era vocecommossa fino alle lacrime, che inutilmente hacercato di nascondere. Lacrime appunto di grati-tudine a Dio. ■

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Una monaca ortodossa e i romUn viaggio nel monastero di SeminaraMarisa Chirico

In una dolce mattina di ottobre, in viaggio perun lavoro di ricerca verso Seminara, il miosguardo si posa con incanto sul monastero or-

todosso dedicato ai santi Elia il Giovane e Filaretol’Ortolano, fondato nel X secolo da Elia di Ennaconsiderato dallo studioso Domenico Olivieri,“il santo della Chiesa indivisa, stimato ed onorato inoriente ed occidente, a Roma come a Costantinopoli”...Uno straordinario ed incantevole piccolo tesorodi arte bizantina, situato sulle pendici dell’Aspro-monte, nell’antica valle delle saline, in un punto

in cui anche la natura, ancora incontaminata,testimonia il tempo che fu. Gli ulivi, sentinelle di pace e messaggeri di ri-conciliazione come stelle comete, oggi comeieri, illuminano con il loro argento il camminodei nuovi pellegrini siriani, romeni, africani e ad-dolciscono delicatamente l’asprezza di questanatura indomita, affinchè ogni preghiera, ogniloro passo possa essere benedetto e confortato. Maestosi, stanno là da secoli, a creare ombra ri-storatrice quando il caldo vento di scirocco toglie

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il respiro, testimoniando con la loro imponenzae le forti radici tutta la magnificenza e la feconditàdi un passato ricco di culture, di mescolanze, dispiritualità alta. Rifugio tranquillo per tanti pel-legrini, filosofi e asceti basiliani che nei secoli sisono messi in cammino, giungendo in questoluogo lontano dal mondo, per vivere in solitudinela spiritualità più elevata.È in questa atmosfera leggera, in una dimensioneatemporale, nel silenzio dell’autunno appena ar-rivato, interrotto soltanto dai suoni della natura,che incontro per la prima volta Madre Stefania:alta, bella e sorridente mi viene incontro con in-cedere svelto e aggraziato. Elegante e sobria nellasua veste nera, mi guida all’interno della chiesa. Nel profumo speziato della basilica, ricca diaffreschi e bellissime icone della tradizione ortodossa- bizantina, dopo alcuni intensi momenti di rac-coglimento e preghiera, mi racconta del suo rap-porto spirituale con i migranti ortodossi.Poi, ci trasferiamo nel monastero, nell’antica bi-blioteca. In questo luogo mistico in cui si respiraun’atmosfera ancestrale, le icone bizantine, dipinteda Madre Stefania stessa, con la loro la luce divinariscaldano gli ambienti e danno il benvenuto. Qui, dove tutto rispecchia la sintesi creativa espirituale di madre Stefania, i piccoli oggettiprovenienti da ogni parte del mondo, la bibliotecacolma di libri, le ceramiche giallo-ocra dei maestriceramisti di Seminara, così come le foto dellasua Sarajevo, raccontano di una vita ricca di in-teressi, di fede, di cultura. Nella quiete del suo studio, mentre mi spiegal’antica tecnica iconografica, posso ammiraretante altre bellissime icone che, adagiate a bellavista, attendono di partire per Cipro e Gerusa-lemme, dove saranno allestite delle mostre.Nella molteplicità di mondi che compongono ilmonastero, centro spirituale e culturale per or-todossi greci, ucraini, serbi, diversi linguaggiconsentono di dialogare e diffondere l’anticomessaggio di unità spirituale e di fraternità, ere-ditato dai grandi Padri: una ricchezza divenutanei secoli patrimonio universale. In fondo anche le nostre antiche radici calabresiaffondano nello stesso humus ed ogni volta cheanche vagamente ne annusiamo il profumo fi-niamo per restarne inebriati.Forse sarà per questa ragione che una moltitudinedi genti, in cerca di speranza, continua a mettersi

in cammino per giungere in questo lembo diterra generosa, oggi ferita e grondante di dolore,violata da profonde ferite inflitte dall’incuria e datante guerre di mafia. Qui, la spiritualità infinitadi un luogo che trascende il tempo e in cui ilmolteplice diventa uno e universale, ti fa assaporareil gusto di essere arricchito e rinnovato dalle piùdiverse ed impalpabili istanze ed alterità. La magia delle icone, venerate e dipinte da MadreStefania, con i loro giochi espressivi di colori, disguardi, di linee fornisce la cifra interpretativa ditutto. Per orientare un retto approccio all’arte spiritualedelle icone un grande teologo ortodosso, PavelEvdokímov, ha scritto: “Nell’iconografia, spesso laprospettiva è rovesciata. Le linee si dirigono in sensoinverso: il punto di prospettiva non è dietro il quadroma davanti … Il suo effetto è impressionante perchéha il suo punto di partenza in colui che contemplal’icona e allora le linee si avvicinano allo spettatoree danno l’impressione che i personaggi vanno aincontrarsi. Il mondo dell’icona è rivolto versol’uomo”. E conclude: “Non è la conoscenza che il-lumina il mistero, è il mistero che illumina la cono-scenza. Noi possiamo conoscere solo grazie alle coseche non conosceremo mai”. Dopo aver visitato il monastero, madre Stefania miracconta la sua vita dinnanzi ad una tisana alle erbedell’Aspromonte:“Sono una serba nata in Monte-negro, nella città che una volta faceva parte dellavecchia Erzegovina, chiamata Nikši�. Dopo la ma-turità sono andata a Sarajevo, in Bosnia, a studiarebiologia presso la Facoltà di scienze naturali ematematiche. Ho studiato per due anni e poi,seguendo il richiamo del Signore, ho abbandonatogli studi e sono andata in un monastero scap-pando dai miei, che sono rimasti a piangere e adisperarsi. Per la mia famiglia quel giorno èstato sicuramente il più difficile, come se fossimorta, ma per me era come se fossi entrata a farparte dell’eternità, cullata nell’abbraccio del Si-gnore Gesù e unita eternamente a Lui il piùbello tra i figli dell’uomo”.

A quanti anni ha abbracciato la vita monastica?

Avevo venti anni non ancora compiuti quandosono andata nel monastero. Sa, all’epoca c’era ilcomunismo e in Montenegro in chiesa ci andavanopoche persone o addirittura nessuno. Ma io dapiccola ho sempre avuto un senso di appartenenza

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alla Chiesa, al servizio di Dio, sebbene noncapissi nulla e non ci fosse nessuno che me lopotesse insegnare. Ma la grazia di Dio opera inmodi misteriosi e Dio se vuole parla anche at-traverso le pietre. Noi in Montenegro abbiamo ungrandissimo santo miracoloso, Vasilije di Ostrog,bellissimo tra i santi, il quale era anche il miopadre spirituale. E tutto ciò che ho mai desideratoe chiesto nella preghiera sinceramente da bambinae poi crescendo, lui me lo esaudiva. Lui era ilmio collegamento, il mio intermediario fra me eDio. Penso e credo che Gesù stesso Lo abbiamandato per indirizzarmi sulla strada di Dioperché io potessi raggiungerLo senza brighe epreoccupazioni. Tutto questo non si può certa-mente raccontare in due parole; ci sono statimeravigliosi misteri di Dio e rivelazioni alla miaanima, finché il Signore non mi ha portato finoin Grecia affinché mi potessi nascondere da miamadre, la quale, quando sono scappata, ha per-lustrato Serbia e Montenegro per trovarmi, masenza successo. Dio ha voluto fare e ha fatto iltutto per il meglio di entrambe. Col passar deltempo ovviamente si è aggiustato tutto. Ma non

senza dolore, poiché io ero la sua unica figlia, inme riponeva tutte le sue speranze e i suoi sogniirrealizzati…

Quale è il punto centrale della Sua vocazione?

Il mio principale e unico obiettivo è quello diunirmi a Gesù nei secoli e alla fine stare con Luiin Paradiso.

Lei è una “Suora ortodossa”, quale è il significatopiù profondo e spirituale?

Sono nata come cristiana ortodossa in un grandepaese ortodosso, la martoriata, crocifissa ma Ce-leste Serbia e di questo sono molto fiera e grataa Dio. La mia patria ha combattuto molte guerre,ma non è mai stata sconfitta, poiché ha sempreavuto Dio dalla sua parte. E anche se ancoraoggi continua a soffrire, la vittoria è e sarà sempresua fin quando i serbi continuano ad avere fede.E questa è la mia fede e la fede dei miei padri edè logico che loro e il mio santo padre Vasilije mihanno condotto sulla via della vera fede-orto-dossia.

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Quando è arrivata a Seminara, come è stata accoltadalla comunità?

È stata la provvidenza e la volontà di Dio aportarmi a Seminara. E per me era strano e insolitostare qui, e ammetto che questa sensazione duratutt’ora. Anche i seminaresi inizialmente non riu-scivano a capire chi fossi io, cosa ci facessi lì;come mai porto un abito nero. Tutte queste do-mande sono ancora attuali ma non li biasimo:per la prima volta dopo 1000 anni una suora or-todossa viene e vive in queste terre. Sì, si potrebbedire che sono spuntata “fuori dal nulla”. Inizialmenteil clima era nuvoloso ma adesso mi sto godendoil caldo e dolce sole calabrese e seminarese.

Come si svolge la sua giornata?

Mi alzo a volte alle 5, a volte alle 6, a seconda diquando sono andata a dormire, poiché la miagiornata è colma di impegni che cerco di portarea compimento con l’aiuto di Dio. Appena mialzo faccio una preghiera perché la mia giornatapossa essere benedetta. Mi reco in chiesa per lapreghiera del mattino “come il cervo che vuole beredal pozzo più fresco”. Poi mi affretto a compiere

tutte le incombenze del monastero, che sonoogni giorno di più. Dipende anche dal periodoe dal giorno, cioè, se quel giorno c’è la DivinaLiturgia o un battesimo, o abbiamo ospiti varianoanche gli impegni. Vado al vespro all’ora prevista,dopo cena faccio una preghiera nella mia stanza,ovvero la conversazione più dolce con Dio. Imomenti della preghiera sono i più preziosidella giornata, alla mattina e alla sera. L’inizio ela fine, ma la fine non c’è.

Quale è la principale attività della Chiesa?

L’attività principale della chiesa è la redenzionedell’anima umana, la sua unione con Dio, conGesù risorto. La nostra divinizzazione finchésiamo ancora sulla Terra, cioè l’acquisizionedella benedizione dello Spirito Santo, e anche ilservire il prossimo.

A Seminara la popolazione è prevalentemente cattolica.Come sono i rapporti con voi ortodossi?

Sì, a Seminara, l’antico centro della spiritualità,della storia, cultura, arte, filosofia... Posso direche il rapporto dei seminaresi con me e la mia

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chiesa sono buoni. I seminaresi sono chiusi congli estranei però Dio mi ha portato fra di loro ecol tempo ci siamo abituati gli uni agli altri epenso che ora mi rispettino e mi considerinouna di loro. Mi sento così e prego Dio perchécosì possa restare. Amano il mio monastero e nevanno fieri, ed esso appartiene anche a loro egrazie a questo monastero ortodosso adessostanno diventando conosciuti in tutto il mondo.Anche se passerà del tempo prima che colganoil significato di tutto ciò in modo più profondoe spirituale.

Da chi è frequentata la vostra Chiesa? Il monasteroè visitato da molte persone?

La mia chiesa è frequentata da tutte le personedi buona volontà, da tutta Italia, Grecia, Russia,Serbia, Cipro, sia dagli ortodossi (ovviamente inmaggior numero), che dai cattolici italiani cheentrano in questo tempio con uno stupore, unrispetto e una devozione indescrivibili e qui la-sciano per sempre una parte di sé stessi, poichéqui sentono la presenza del Dio vivente e dellaSantissima Madonna. Devo ammettere che intutti questi anni da quando vivo qua sonorimasta colpita dalla delicatezza d’animo degliitaliani e del loro gusto raffinato per ciò che èvero, giusto e degno di rispetto, e così è la fedeortodossa e la sua tradizione. Queste sono le pa-role delle migliaia di italiani che hanno visitatoquesto monastero. Gliene sono grata.

I migranti rom ortodossi presenti a Seminara e neipaesini limitrofi frequentano la chiesa ortodossa?

A Seminara vivono e lavorano molti Rom. Essirappresentano la comunità di immigrati più cor-posa di Seminara. Purtroppo vengono in chiesamolto raramente. Vengono maggiormente a Pa-squa, il che fa parte della tradizione; per questafestività non possono mancare in chiesa. Lachiesa cattolica della Madonna dei Poveri insiemealla gente del posto li aiuta a vivere. La nostrachiesa non possiede tali risorse materiali, il chemi dispiace moltissimo ma c’è poco da fare.

Quante persone vivono in questo monastero?

Al momento sono l’unica suora e sorella delmonastero, e spero che Dio mandi altre brave,fedeli e coraggiose sorelle che abbiano soprattuttola vocazione divina affinché possano servire

questo monastero e con la loro vita testimoniarela fede ortodossa attraverso l’obbedienza al Pa-triarcato Ecumenico, il quale è il primo fra tuttele nostre chiese, e servirlo è un grande onore. Sa,io sono stata per 25 anni una cenobita, ho accu-mulato esperienza di vita monastica prima cheDio mi abbia portata qui. Vengono ad aiutarmidalla Serbia, dalla Grecia, dal Montenegro e daCipro. Ognuno si trattiene secondo le propriepossibilità e volontà. Fra i nostri fedeli chevivono in Calabria ci sono tante anime buoneche ci sono sempre ogni qualvolta ce ne sia bi-sogno. Bisogna imparare ad amare questo posto,questa terra sacra, la storia della Magna Greciadi questa santa Calabria. È tutto così vivo e realeanche dopo tantissimi secoli. Ma cosa sono milleanni agli occhi di Dio?! Come il giorno di ieri cheè già passato.

Madre, come è arrivata in questo monastero?

Sono venuta a Seminara con la benedizione diSua Eminenza il Metropolita del Montenegro,Signor Amfilohije, il quale è stato in pellegrinaggio

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in Calabria e Sicilia con gli studenti di teologiadel Montenegro. Probabilmente in quell’occasioneDio ha rivelato a lui, da santo uomo di Dio,l’importanza di questo luogo nella risurrezionedell’ortodossia nell’anticamente gloriosa dellaMagna Grecia. E poi lui ha mandato me insiemead altre sorelle. Così rimasi, sebbene non l’avessimai potuto immaginare.Il mio ruolo qui? Ascolto solo le parole di Dio edi chi prega per me e crede che io possa essereutile in questo posto e in questo momento.Sua Santità il Patriarca Ecumenico, Signor Bar-tolomeo è un esempio luminoso di amore eampiezza d’animo, e le sue sante preghiere dallacrocifissa Costantinopoli benedicono il nostromonastero e tutte le persone in questa sacraterra Italia. Voi sapete che lui è un uomo diamore, dialogo e rispetto per ogni persona eogni religione, proprio come il vostro papa Fran-cesco. Sua Eminenza il Metropolita dell’Italia edi Malta, Signor Genadije è il mio Metropolita,ed è un uomo meraviglioso, saggio e cordialeche sa apprezzare il sacrificio e l’ascesi di ognunodi noi dell’Arcidiocesi, e questo è un motivo inpiù per cui rimango. Ma soprattutto l’amore el’ammirazione che nutro per i SS. Elia e Filareto,per i quali darei anche la mia vita se necessario,in difesa di questo bellissimo monastero imperialeed ecumenico, il quale è al contempo un centrospirituale e culturale per gli ortodossi russi,ucraini, romeni, serbi ed altri.

Mi parli del Suo rapporto con i seminaresi?

A Seminara e con i seminaresi vivo già da seianni. Mi sono abituata a loro e anche loro a me;come ho già detto loro sono protetti dalle pre-ghiere dei Ss. Padri Elia e Filareto, dalle Liturgiee preghiere che si fanno nel monastero e voglioloro un bene del cuore e dell’animo. Quello di

cui potrei biasimarli – ma non ne ho diritto – èche potrebbero impegnarsi di più con il mona-stero, che li rappresenta in tutto il mondo e cheli giustifica agli occhio di Dio e degli uomini.Spesso penso che molti di loro non sappianoneanche quello che hanno e chi li protegge e lidifende invisibilmente. Prego Dio perché si pos-sano al più presto svegliare e rivolgere ai santi(Elia e Filareto) che da secoli aspettano pazien-temente di essere chiamati. Vedrete che alloramolte cose andranno per il meglio. Amen.

Lei, è anche un’iconografa che ha dipinto la bellissimaimmagine della Madonna Panagia Katoliki tis agapis,esposta in chiesa. Osservandola dipingere, immersanella penombra calda ed avvolgente del Suo studio,la sensazione che ho provato e che a guidare la Suamano, oltre al talento, sia anche una grande spiri-tualità. È veramente così, madre Stefania?

Dio mi ha concesso il dono della pittura delleicone, e adesso dipingo i santi uomini di Dio,gli angeli, la Santissima Madonna e la miracolosaimmagine di Gesù. Sì, ho dipinto anche l’iconadella Santissima Madonna “Panagia Katoliki tisagapis”. Lei è la matrona e la protettrice del mo-nastero. Io la considero la mia Priora e la miaMadre Superiora. Ripongo le mie speranze inLei, che Lei possa dare a questa sacra famigliatutto quello che è necessario e di Suo piacimento.E che possa ascoltare tutti quelli che la bacianoe la pregano, Lei “più onorabile dei Cherubini eincomparabilmente più gloriosa dei serafini”…Attualmente sto preparando un’esposizione aCipro, Roma e in Calabria con l’intenzione diaiutare con il ricavato il rinnovo di questo bel-lissimo e glorioso monastero. Se Dio mi darà latenacia, la preghiera e la benedizione alla manoche dipinge. Pregate anche voi. ■

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Dal 21 dicembre al 12 gennaio Roma ha fe-steggiato i 30 anni d’oro del Golden CircusFestival con un’edizione speciale di questo

ormai storico e prestigioso appuntamento nata-lizio della Capitale. Ideato, diretto e condottofin dalla sua nascita da Liana Orfei, nelle sue 30edizioni il Festival ha riunito le più grandi scuolecircensi del mondo (5 continenti coinvolti e piùdi 50 paesi) per un totale di oltre 3.000 artisti,1.000 spettacoli e 1.300.000 presenze. Conside-rato dalla critica uno tra i più importanti festivalcircensi internazionali, ad ogni nuovo anno ilGolden Circus si conferma quale vetrina capacedi offrire quanto di meglio, innovativo e creativosi muova nel circo contemporaneo e tradizionale.L’occasione per far conoscere anche in Italia leultime tendenze delle arti circensi del panoramamondiale, messe a confronto in un appunta-mento speciale dove spettacolo e sogno fannoda protagoniste assolute. Abbiamo rivolte alcune domande a Liana Orfei.

Quest’anno il Golden ha festeggiato il 30° an-niversario. Come è nata l’idea di realizzarequesto Festival?Il Festival Internazionale del Circo di Roma Ca-pitale - Golden Circus nasce nel 1984 da un’ideamia e di Paolo Pristipino. L’idea era quella di

riunire le eccellenze del circo mondiale in unappuntamento unico e speciale. Un’offerta veradi cultura che mancava a Roma e in Italia. Peranni, e continuiamo tutt’oggi, abbiamo girato ilmondo alla ricerca della sola eccellenza di questaspeciale quanto antica forma d’arte.

Il Golden Circus Festival come si è impegnatonegli anni in azioni di solidarietà?Il Golden Circus non ha mai dimenticato di sot-tolineare il connubio profondo che sussiste tral’arte di fare spettacolo, e quindi l’arte di sapercomunicare la bellezza della creatività e di favo-rirne la condivisione, e il sostegno a cause socialidi particolare rilevanza poiché rivolte alle fascepiù deboli e sensibili, come quella degli anziani,dei bambini e degli ammalati. A riguardo voglio ricordare i progetti GenerazioneN – Nonni e nipoti al circo che, in versionisempre nuove, viene di anno in anno promossosul territorio nel segno dello scambio come pro-dotto di ricchezza per le generazioni. Ed ancorala collaborazione che nella XXVIII edizione ilGolden Circus ha avviato con l’Ospedale PediatricoBambino Gesù di Roma nell’ambito del progettoAiutiamo il futuro a diventare grande, raccoltafondi destinata alle attività svolte dalla stessastruttura ospedaliera. Sempre ai bambini è statadedicata la XXV edizione, con una raccolta fondi

Trent’anni del GoldenCircusIntervista con Liana Orfei

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da destinare al progetto Telefono Azzurro. Perchétutti i bambini possano essere felici. Ma va fatto cenno anche agli svariati Gala diapertura dedicati proprio alla solidarietà per lefamiglie meno abbienti, alle case famiglia, alleparrocchie, alle emergenze freddo che affliggonoi più poveri, agli ammalati che ricevono cure eassistenza dall’ospedale domiciliare Auser Lazio,per essere davvero vicini alla gente e con la gentein un momento di festa. Quest’anno la serata diapertura è stata destinata all’Associazione So.Spe.- Solidarietà e Speranza di Suor Paola.

Cosa ha caratterizzato questa trentesima edi-zione?Questa edizione è stata davvero speciale e maiavrei creduto tanti anni fa di poter arrivare a unrisultato così importante con questa manifesta-zione. Importante sia per l’afflusso di pubblicoche ormai ci segue da anni e che si conferma adogni nostra edizione, sia per le presenze artisticheche abbiamo vantato: abbiamo selezionato solo

primi premi internazionali e vincitori di recordmondiali, per un appuntamento davvero unico.

Il giorno 8 gennaio il Golden Circus si è esibitodavanti al Santo Padre. Ci dica qualche parolasu questa esperienza.Il Santo Padre ci ha fatto il più bel regalo che po-tessimo mai augurarci per il nostro trentennale.Sul sacrato erano presenti il monociclo del russoArtem Averyushkin, dalla Mongolia la contorsionedelle X Bud Roses, i furetti della AveryushkinFamily dalla Russia, il giocoliere brasiliano RogérioPiva, il duo juggler Daria & Dmitri ed Andrea An-dreuzzi accompagnato dal suo piccolo cavalloDonny. Più di ogni altra cosa sono state speciali,oltre alla sua grande partecipazione, le parole cheil Santo Padre ci ha riservati, ricordandoci la nostramissione di diffusori di gioia, felicità e speranza! Un’esperienza che ho avuto l’onore di fare condiversi Papi, tra cui amo citare Papa GiovanniPaolo II, che porterò sempre nel mio cuore. ■

(R. I.)

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Un 8 gennaio 2014 davvero da ricordare per il GoldenCircus Festival di Liana Orfei, che, con tutti i suoiartisti al completo, la sua direzione e il suo staff hapartecipato all’udienza generale con Papa Francescoe si è esibito, con alcuni numeri, davanti al Pontefice,sul sacrato della Basilica di San Pietro.“Prima di tutto un onore, oltre che un’esperienzache arricchisce la storia del magico Golden, confer-mandosi ancora una volta come un Festival unico especiale per lo spettacolo dal vivo italiano”, spiegauna nota: “Papa Francesco ha assistito divertito allagioia che i nostri artisti hanno irradiato nella già lu-

minosa e chiara Piazza San Pietro”. “Nel vostro viag-giare sentitevi messaggeri di gioia e di fratellanza,in una società che ne ha tanto bisogno”, ha detto alGolden il Papa e, separatamente a Liana Orfei e allasua famiglia, ha proseguito “continuate perché èimportante dare gioia e divertimento. Ricordatevi diessere portatori di felicità, allegria e speranza tra lagente”. Un messaggio che il Golden Circus Festivalporterà sempre nel cuore e nel suo futuro che, graziea questo magico incontro, sarà ancor più luminoso!Ad accompagnare gli artisti gli operatori della Mi-grantes. (R.I.)

Circensi dal Papa: “una giornata magica” per il Golden Circus

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I migranti nella “Evangelii Gaudium”

“È indispensabile prestare attenzione per esserevicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cuisiamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente, anchese questo apparentemente non ci porta vantaggitangibili e immediati: i senza tetto, i tossicodipendenti,i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre piùsoli e abbandonati, ecc.”. Lo scrive Papa Francesconella sua prima Esortazione Apostolica dal titolo“Evangelii Gaudium”. I migranti pongono al Papa“una particolare sfida perché – spiega nel testo sud-diviso in cinque capitoli e 288 paragrafi – sonoPastore di una Chiesa senza frontiere che si sentemadre di tutti”. Da qui l’esortazione ai Paesi perchési adoperino “ad una generosa apertura, che invecedi temere la distruzione dell’identità locale sia capacedi creare nuove sintesi culturali”.

VATICANO

Mons. Galantino segretariogenerale “ad interim” della Cei

Nato a Cerignola, in pro-vincia di Foggia dal marzo2012 (data dell’ingresso)guida la diocesi di Cassanoallo Ionio in Calabria. Par-liamo di monsignor NunzioGalantino, dal 30 dicembrenuovo segretario generaledella Cei. In una lettera ilPapa si è rivolto diretta-mente alla  comunità dio-cesana di Cassano Ionio co-me a “chiedere il permesso” di potere usufruire del-l'impegno del suo Pastore nell’importante ruolo alservizio della Chiesa italiana. Monsignor Galantino,comunque, ha chiesto e ottenuto da Francesco direstare alla guida della diocesi calabrese. Dal 2004fino alla nomina di vescovo in Calabria  - il 9 dicembre2011 - è stato in Cei responsabile del Servizio Nazio-nale per gli Studi Superiori di  teologia e di ScienzeReligiose. Ed è stato proprio il presidente della Cei,il cardinale Angelo Bagnasco a ordinarlo vescovo il25 febbraio del 2012.  A mons. Galantino gli auguridella Migrantes.

CEI

eWSN

MOSCA

La “nuova” immigrazioneitaliana

I dati statistici dell'immi-grazione in Svizzera degliultimi anni confermano lapercezione di un più forteafflusso di cittadini italianiverso la ConfederazioneElvetica. Dal 2007, il saldomigratorio degli italiani inSvizzera è tornato ad esserepositivo: era dal 1974 che ciò non avveniva. Tra il2012 e il 2013 la comunità italiana in Svizzera è au-mentata di circa 7000 unità (12800 arrivi, 5500 par-tenze). Questo fenomeno pone delle nuove sfidealle associazioni, alle missioni cattoliche italiane e atutte quelle strutture che da tempo avevano adattatole proprie attività alle esigenze di una comunità im-migrata ormai stabile e sempre più integrata.

SVIZZERA

Un impegno per la caritàdella Mci

“La natura nostra ci dàl’esigenza di interessarcidegli altri. Interessarcidegli altri, comunicarciagli altri, ci fa compiereil supremo, anzi unico,dovere della vita, che èrealizzare noi stessi, com-piere noi stessi. La cari-tativa è un aiuto proprioa scoprire, nell’esperien-za questa legge innatain ciascun essere umano. Cristo ci ha fatto capire ilperché profondo di tutto ciò svelandoci la legge ul-tima dell'essere e della vita: la carità. La leggesuprema del nostro essere è condividere l’esseredegli altri, è mettere in comune se stessi”.È per questo che la missione cattolica di Mosca hapensato di proporre a tutti un gesto di carità: concadenza mensile (ogni primo sabato del mese) laMissione – spiega don Giampero Caruso – “aiuteràle Suore di Madre Teresa di Calcutta, nella loro casadi accoglienza di ragazzi down e disabili, in ciò cheogni volta loro ci chiederanno”.

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1 SEGNALAZIONI LIBRARIE 1

1 gennaio 2014 1 migrantiPRESS 1 33 1

Calabria Migrante

Un volume di 273 pagine perripercorrere e aggiornare lastoria dell’emigrazione cala-brese alla luce delle nuove ac-quisizioni storiografiche. Frescodi stampa, “Calabria Migrante”è il primo resoconto del Centrodi Ricerca sulle Migrazioni cheha sede all’Università della Ca-labria capace di offrire un’interpretazione du-ratura ed esauriente su un fenomeno complessoe dai risvolti sempre attuali. Curato da VittorioCappelli, Giuseppe Masi e Pantaleone Sergi,“Calabria Migrante” è frutto di una serie dinuove ricerche sul tema in cui l’approccio multi-disciplinare evidenzia il carattere plurale e di-namico degli studi, intrecciando storiografia eantropologia, sociologia, psicoanalisi e letteratura.Microstorie comuni di partenze e arrivi si riflet-tono nella macrostoria delle fonti e dei metodistatistici attraverso una scrittura agile, che rendeil volume di per sé denso, di avvincente lettura.Attraverso i contributi di docenti, studiosi, ap-passionati e ricercatori, la vicenda collettiva del-l’emigrazione calabrese nei paesi d’accoglienza,dall’America all’Europa, fino all’Australia, apparein tutto il suo carico di umana solitudine e desi-derio di rivalsa. Molte intuizioni, poi, che meritanodi essere riprese e approfondite, fanno di questolavoro un organico e importante strumento diriflessione sugli studi dopo anni di silenzio.

Vittorio Cappelli, Giuseppe Masi, PantaleoneSergi (a cura di), Calabria migrante. Un secolodi partenze verso altri mondi e nuovi destini,Icsaic – Centro di Ricerca sulle Migrazioni

L’Italia delle migrazioni

Per circa un secolo tra i mag-giori paesi d’emigrazione, l’Ita-lia è diventata negli anni re-centi una delle principali metedelle migrazioni internazionali.Non meno rilevanti sono statii flussi interni, che hanno ridi-segnato la geografia umanadel paese, spostando masse in-genti dalle campagne alle città, dalle aree eco-nomicamente svantaggiate a quelle più dina-miche. Il volume ricostruisce le tappe principalie i caratteri più significativi delle migrazioniitaliane dall’Unità ad oggi, considerando cinquegrandi periodi: l’Ottocento preunitario; la primaglobalizzazione e l’emigrazione di massa (1861-1914); la fase tra le due guerre; gli anni della ri-costruzione e del miracolo economico (1946-1975); la seconda globalizzazione e l’immigra-zione straniera.

Corrado Bonifazi, L’Italia delle migrazioni, IlMulino

Cercare un futuro lontano da casa

Hamin viene dall'Afghanistane l'ultima parte del viaggiol'ha fatta aggrappato a duetavole di legno tra le ruotedi un Tir. Anche Mehdi è arri-vato dentro un camion, na-scosto per due giorni tra lafrutta e la verdura. Tarik, cheviene dalla Tunisia, è appro-dato a Lampedusa dopo la traversata su un bar-cone, dove è stato attento a non addormentarsiper paura di essere gettato in mare. Sono viaggipieni di paure e di sofferenze quelli raccontatidagli adolescenti stranieri che giungono da solinel nostro paese, in fuga dalla povertà e dallaguerra. “Nelle pagine di questo breve ma stra-ordinario libro - scrive Romano Prodi - leggiamole impronte delle tragedie del mondo contem-poraneo impresse nel corpo e nell'anima degliadolescenti fuggiti dai paesi dove l'umanità èpiù rischio”.

Giancarlo Rigon, Giovanni Mengoli, Cercare unfuturo lontano da casa. Storie di minoristranieri non accompagnati, EDB

La ricerca da cui il volume traeorigine, ha documentato le con-dizioni di vita e di lavoro deibraccianti stranieri nell’agricol-turameridionale, non solo fa-cendo luce sulle situazioni piùgravi, ma mostrando anche comeinteri segmenti dell’agricolturaricca del Mezzogiorno si fondinoin modo strutturale sul lavoro sfruttato dei brac-cianti stranieri. Nel volume viene anche indagatala vita quotidiana dei lavoratori immigrati nellebaraccopoli che nascono durante i periodi dellegrandi raccolte.

Enrico Pugliese (a cura di), Immigrazione e di-ritti violati. I lavoratori immigrati nell’agri-coltura del Mezzogiorno, Ediesse

Immigrazione e diritti violati

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Domanda d’asilo: solo in caso di viola-zione dei diritti umani il richiedente puòcontestare la competenza dello Stato incui è entrato illegalmente

Con sentenza del 10 dicembre scorso la Corte diGiustizia Europea, Grande Sezione, (causa C-394/12) è tornata a pronunciarsi sulla problematicadella determinazione dello Stato membro compe-tente per l’esame di una domanda d’asilo. Adavviso dei giudici europei, se uno Stato ha preso incarico un richiedente asilo quale Stato membrodel primo ingresso nell’UE, il richiedente può con-testare tale criterio solo provando carenze sistemichedella procedura d’asilo e condizioni di accoglienzadei richiedenti asilo in tale Stato membro, che co-stituiscono motivi seri e comprovati di rischioreale di trattamenti inumani o degradanti, ai sensidell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione europea.

Decreto carceri ed espulsione degli stranieri

Il Decreto legge n. 146/13 recante misure urgenti intema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e diriduzione controllata della popolazione carceraria, ilcui ddl di conversione in legge è attualmente al-l’esame del Parlamento italiano, interviene, fral’altro, anche sulla disciplina dell’espulsione deidetenuti extraUE (circa 18.000 secondo le ultimestatistiche del Ministero della Giustizia), attraversoun ampliamento della platea dei potenziali desti-natari della misura dell’espulsione come misurasostitutiva o alternativa alla detenzione (art.16 delTesto Unico sull’Immigrazione), e mediante uncoordinamento dei vari organi coinvolti nell’iterprocedurale. Il decreto istituisce altresì la figuradel Garante nazionale dei diritti delle persone de-tenute o private della libertà personale, il qualeespressamente si occuperà anche di verificare il ri-spetto dei diritti degli stranieri trattenuti nei CIE(Centri di Identificazione ed Espulsione).

Interventi a favore delle popolazioni no-madi presenti nel territorio lombardo

Presso il Consiglio regionale della Lombardia èstato presentato il progetto di legge n. 59 concernentela “Regolamentazione e la disciplina degli interventisulla presenza delle popolazioni nomadi e di etniatradizionalmente nomade o semi-nomade nel ter-ritorio lombardo”.Le finalità del progetto sono perseguite mediantela realizzazione dei seguenti obiettivi generali: pre-disporre l’accesso ai servizi pubblici e l’utilizzo daparte delle popolazioni nomadi, promuovere corsidi educazione civica ed integrazione rivolte alpopolo rom, definire azioni a tutela sociale deiminori.La proposta stabilisce innanzitutto i requisiti perle aree di sosta e di transito che possono utilizzarele popolazioni nomadi e per l’ammissione, l’orga-nizzazione e la gestione degli stessi.Spetta ai Comuni disciplinare con regolamento lemodalità di ammissione a sostare nei campi, diutilizzo dell’area di sosta assegnata e di costituzionedi un comitato di gestione al quale sono affidati icompiti di cura del campo.Riguardo alle politiche d’intervento, la Regionedefinisce gli indirizzi di accesso ai servizi socio-sa-nitari e individua le idonee misure operative perprevenire, vigilare e controllare, da parte delleaziende sanitarie locali, nei campi di sosta o ditransito.Iniziative regionali anche attraverso convenzionicon i comuni maggiormente interessati al noma-dismo, vengono stipulate nel campo scolastico eprofessionale. Particolare attenzione è data allafrequentazione scolastica di minori nel territoriolombardo.Regione, comuni, altri enti pubblici e i soggettiprivati senza scopo di lucro che svolgono attivitànel settore in esame, devono individuare le situazionidi rischio e di disagio sociale dei minori nomadi estimolare l’accesso dei minori alla rete di unità diofferta del territorio. ■

1 OSSERVATORIO GIURIDICO-LEGISLATIVO DELLA C.E.I. 1

Le migrazioni nella legislazionee nella giurisprudenzaAlessandro Pertici

1 34 1 migrantiPRESS 1 1 gennaio 2014

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STRUTTURE A LIVELLO NAZIONALE

COMMISSIONE EPISCOPALE PER LE MIGRAZIONI (CEMi)00165 Roma – Circonvallazione Aurelia, 50 – Tel. 06.663981

Presidente : S.E. Mons. Francesco MONTENEGRO Membri:

S.E. Mons. Giuseppe ANDRICH (Vescovo di Belluno-Feltre);S.E.

Mons. Lino Bortolo BELOTTI (Vescovo già ausiliare di Bergamo);

S.E. Mons. Guerino DI TORA (Vescovo ausiliare di Roma);S.E. Mons. Salvatore LIGORIO (Vescovo di Matera-Irsina);

S.E. Mons. Domenico MOGAVERO (Vescovo di Mazara del Vallo);

S.E.

Mons.

Franco

AGOSTINELLI (Vescovo

di

Grosseto);

FONDAZIONE “MIGRANTES”00165 Roma - Via Aurelia, 796 - Tel. 06.6617901 - Fax 06.66179070-71

[email protected] - www.migrantes.it oppure: www.chiesacattolica.it (cliccare Migrantes)

Presidente : S.E. Mons. Francesco MONTENEGRO

Direttore Generale: Mons. Giancarlo PEREGOTel. 06.66179020-30 segr. - [email protected]

Tesoriere: Dott. Giuseppe CALCAGNO

Consiglio di Amministrazione:Presidente : S.E. Mons. Francesco MONTENEGRO;

Consiglieri: P. Tobia BASSANELLI SCJ;Dott. Antonio BUCCIONI;

Don Giovanni DE ROBERTIS;Mons. Pierpaolo FELICOLO;Mons. Luigi FILIPPUCCI;

Mons. Anton LUCACI

UFFICI NAZIONALI:

Pastorale per gli emigrati italiani:Tel. Segreteria: 06.66179035

[email protected]

Pastorale per gli immigratiPastorale per i richiedenti asilo,

rifugiati e profughi:Tel. Segreteria 06.66179034

[email protected]

Pastorale per la gente dellospettacolo viaggiante:

Tel. Segreteria [email protected]

Pastorale per i Rom, Sinti e nomadi:Tel. Segreteria: 06.66179033

[email protected]

Incaricata USMI-Migrantes per le religioseimpegnate nei vari settori o ambiti della mobilità:

Sr. Etra MODICAVia Zanardelli, 32 - 00186 Roma

Tel. [email protected]

S.E. Mons. Paolo SCHIAVON (Vescovo ausiliare di Roma)

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FISC Federazione Italiana Settimanali Cattolici via Aurelia, 468 - 00165 Roma Tel. 06 6638491 - Fax 06 6640339

...187 testateper un milione di copie in tutta Italia

Questa è la nostra forza...

Corpo alla speranza

Parole di vita

Obiettivo Sud

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MENSILE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES ANNO XXXV - NUMERO 6 GIUGNO 20132013

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